LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VELA - Primo Presidente -

Dott. Michele CANTILLO - Presidente di sezione -

Dott. Francesco AMIRANTE - Presidente di sezione -

Dott. Vincenzo CARBONE - Rel. Consigliere -

Dott. Raffaele CORONA - Consigliere -

Dott. Giovanni OLLA - Consigliere -

Dott. Alfio FINOCCHIARO - Consigliere -

Dott. Antonio VELLA - Consigliere -

Dott. Paolo VITTORIA - Consigliere -

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

BOYISELE KUMAYO JEAN, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BARNABA TORTOLINI 34, presso lo studio dell’avvocato NICOLO’ PAOLETTI, che lo rappresenta e difende, giusta delega in calce al ricorso;

-ricorrente-

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE CENTRALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLO STATUS DI RIFUGIATO;

-intimati-

per regolamento preventivo di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n.12069/98 del Tribunale amministrativo regionale di ROMA;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/10/99 dal Consigliere Dott. Vincenzo CARBONE;

udito l’Avvocato Nicolo’ PAOLETTI, per il ricorrente;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Alberto CINQUE che ha concluso per la giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Jean Boyisele Kumayo, nato il 15.9.1966 a Kinshasa, capitale dello Zaire, ora Repubblica democratica del Congo, assumendo che dopo il colpo di Stato che ha deposto Mobuto e insediato Kabilia, per sfuggire alle rappresaglie dei nuovi vincitori che gli hanno ucciso i genitori, è stato costretto a rimanere chiuso in una cantina per sei mesi ed a fuggire poi in Italia il 12.2.1988, ha chiesto il riconoscimento di rifugiato politico, non potendo più vivere nel Congo, perché sostenitore del precedente regime.

La Commissione per il riconoscimento dello status di rifugiato, costituita presso il Ministero dell’Interno, con provvedimento del 18.6.1998, ha negato la qualifica richiesta. Il diniego è stato impugnato, con ricorso al T.a.r. del Lazio, notificato in data 3.10.1998.

In pendenza del relativo giudizio davanti al giudice amministrativo, lo stesso Jean Boyisele Kumayo ha proposto istanza di regolamento di giurisdizione, con atto del 9.4.1999, chiedendo che sia dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’istanza è fondata.

La disposizione dell’art. 5 del d.l. 30.12.1989 n.416, convertito, con modificazioni, nella legge 28.2.1990, n.39, che attribuiva al giudice amministrativo la decisione dell’impugnazione del provvedimento di diniego del riconoscimento dello status di rifugiato, è stata espressamente abrogata, ancora prima dell’adozione del provvedimento impugnato e quindi della proposizione del ricorso innanzi al T.a.r. Lazio.

Trattasi di abrogazione espressa, contenuta nell’art.46 della legge 6 marzo 1998, n.40 e confermata dall’art.47 del Testo unico di cui al d.lgs. 25 luglio 1998, n.286.

Ne consegue che la giurisdizione deve essere determinata in base ai principi generali dell’ordinamento, secondo i quali tutte le controversie concernenti lo status delle persone rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario.

La qualifica di rifugiato politico, secondo le previsioni della Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, che garantisce ad ogni rifugiato il libero e facile accesso ai tribunali nel territorio degli stati contraenti, con conseguente sostanziale parificazione del rifugiato al cittadino ai fini della delibazione relativa alla sussistenza della giurisdizione, costituisce come quella di avente diritto all’asilo — dalla quale si distingue, perché richiede, quale fattore determinante, un fondato timore di essere perseguitato, cioè un requisito che non è considerato necessario dall’art.10, 3° comma, Cost. — uno status, un diritto soggettivo, con la conseguenza che tutti i provvedimenti, assunti dagli organi competenti in materia, hanno natura meramente dichiarativa e non costitutiva, per cui le controversie riguardanti il riconoscimento del diritto di asilo o la posizione di rifugiato rientrano nella giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria (Cass., sez. un., 26.5.1997, n.4674).

Un’ulteriore conferma si evince dall’art. 11 l. 6.3.1998, n.40, confluito nell’art. 13 del t.u. delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, approvato con d.lgs. 25.7.1998, n.286 che, nel regolare l’espulsione amministrativa dello straniero, ha previsto la cognizione camerale del Pretore sulle impugnazioni avverso le misure di espulsione.

A differenza del preesistente regime, contenuto negli artt.2 e ss. Del d.l 416 del 1989, convertito in legge 28 febbraio 1990 n.39, abrogati dall’art. 46, lett. e) della legge n.40/98, che prevedeva la "giustiziabilità" innazi al T.a.r. di tutti i provvedimenti di espulsione, in modo da delineare un sistema di controlli del tutto interno alla giurisdizione amministrativa, nel nuovo sistema è stato mantenuto il sindacato della giurisdizione amministrativa del T.a.r. del Lazio in relazione alla valutazione della sola legittimità dell’espulsione disposta dal Ministro per ragioni di ordine pubblico o sicurezza (comma primo), mentre il sindacato sulla validità dell’espulsione disposta dal Prefetto nei casi di cui alle lettere a), b), c) del comma secondo è stato affidato in via esclusiva al Pretore (Cass. sez. I, 9.2.1999 n.1082).

Alla stregua delle esposte considerazioni, va dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario.

Le spese dell’intero processo meritano di essere compensate, attesa la novità della questione.

P.Q.M.

La Corte dichiara la giurisdizione del giudice ordinario. Compensa le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio delle sezioni unite civili della Corte di cassazione, addì 8.10.1999