Cari amici,

come accennavo in cordiale polemica via mail con Sergio Ferraiolo, la mia "latitanza" in questi giorni dall’etereo (nel senso dell’etere) lavoro della commissione è dovuto alla mia particolare posizione, che non è solo di "esperto" sulla possibile riforma dei Cpt ma di promotore dell’azione sociale, culturale e istituzionale per abolirli.

Me ne scuso comunque, e tuttavia approfitto della mia posizione di ultimo arrivato per "fare le pulci" al lavoro altrui.

Pongo dunque preliminarmente alcune questioni di metodo, che sono in realtà di sostanza.

1. Si era concordato con grande chiarezza con il sen. Maritati che la commissione fosse "delle associazioni", e non ministeriale né mista. Ho evitato, per la stima che porto alla persona, di recriminare quando mi sono reso conto che il segretario di Maritati era attivamente coinvolto nel giro di mail. Ma mi sembra assolutamente fuori misura il fatto che l’esponente forse più autorevole della commissione proponga a tutti noi un testo conclusivo steso in collaborazione con due alti funzionari ministeriali, dei quali non è ovviamente in questione la competenza e la buona fede, ma che non sono affatto membri della commissione. Dal mio punto di vista quel testo quindi non può essere assunto come base di discussione. Per una questione di principio, che però ha anche dei risvolti pratici. Infatti il testo propostoci (che d’ora in poi chiamerò "ministeriale", Sergio non me ne voglia) contiene aspetti apprezzabili, ma "non" contiene proprio i due aspetti risultati più ostici alla "controparte" nella prima e unica riunione della commissione presso il Viminale: la garanzia del diritto di chiedere asilo, e l’esplicita possibilità di verifica ("controllo") nei Cpt da parte di organismi di tutela non inclini a progetti o convenzioni. Credo che si tratti di omissioni non casuali, e non sono le sole. Occorre dunque una riunione non "eterea" ma fisica della commissione, in un luogo non governativo e senza la presenza di esponenti del governo, e se questo non è materialmente possibile occorre che i membri della commissione concordino nel dare fiducia ad alcuni di loro per la stesura di un nuovo documento conclusivo, da verificare poi via mail.

2. All’affermazione fatta dal sen. Maritati al GrRai - ma anche, in forma più sfumata, dal ministro in qualcuna delle numerose interviste - che le associazioni (più o meno: relata refero) "stanno già collaborando con il ministero per umanizzare i Cpt", nessuno degli esponenti della commissione ha replicato, tranne il sottoscritto. Questa affermazione, fatta in relazione ai diffusi e fondati addebiti di violazione dei diritti fondamentali, configurava esattamente quella funzione di "copertura" di due anni di inadempienze ed abusi, che avevo chiesto preliminarmente fosse esclusa per la commissione. E anche su questo il sen. Maritati s’era detto d’accordo, salvo poi smentirsi in pratica. Se sono contro i manicomi, posso anche prestarmi a proporre e praticare correttivi e argini alla segregazione dei malati mentali, ma non accetterò mai che essi siano usati per legittimare una proposta di "manicomi più umani", né tantomeno per stendere un velo sulla disumanità passata e presente. Non chiedo solo rispetto per la mia posizione, che peraltro so condivisa da altri anche nella commissione, ma il rispetto di noi stessi e di una decisione collettiva condivisa. Dunque chiederei che al documento finale sia associata una presa di posizione molto netta di critica non solo alla gestione passata e presente dei Cpt, ma anche alla loro funzione, rivelatasi, a due anni di distanza dalla legge 40, fortemente e pericolosamente ideologica, e quindi fuorviante (last but not least, anche in termini di gestione dei fondi disponibili) rispetto a una politica civile dell’immigrazione.

3. Avevo chiesto agli altri membri della commissione, a fronte della mia disponibilità a farne parte mettendo per un attimo da parte la mia obiezione di principio, la disponibilità delle associazioni non solo ad escludere qualsiasi ipotesi di gestione o cogestione, ma ad accettare e attivare un confronto con le forze politiche e i parlamentari (ed i giuristi) disponibili a una proposta legislativa di revisione della legge 40. Ora, mi pare che solo il Cir abbia esplicitato nella sua mail il rifiuto del coinvolgimento nella gestione (anche altri l’hanno fatto, anzi quasi tutti, ma in altre sedi ). Di più: nessuno ha posto il problema di un’esclusione di questa ipotesi per via regolamentare, che metta fine a pratiche ambigue e commistive specie nei Cpt del Meridione (profughi, sbarcati ed espellendi messi insieme in centri gestiti dal volontariato e presentati come "d’accoglienza", salvo applicare al momento opportuno le restrizioni e le procedure proprie dei Cpt). Viceversa, mi sono sentito un po’ solo nell’insistita richiesta ad alcuni parlamentari di incontri sul tema di una modifica della legge 40, poi risultati impossibili dato il forcing parlamentare di questi giorni. Nel frattempo però i partiti trovavano tempo e modo di incontrare la parte ministeriale, per sua natura non certo incline a cambiare la legge. Evidentemente non hanno avvertito altrettanta determinazione da parte dell’associazionismo. O no?

Se questa situazione non cambierà (e mi pare difficile invertire la rotta), sono orientato a dimettermi dalla commissione. Certo, dopo avervi inviato, per senso di responsabilità nei confronti dei reclusi attuali e futuri, la seconda parte di questo contributo, che entrerà nel merito delle questioni. Lo farei subito, se non fossero le sei del mattino e non dovessi partire fra un’ora per andare a discutere delle stesse cose nel convegno di Torino. Vi garantisco un contributo di merito entro lunedì mattina.

Cordialmente,

Dino Frisullo