CHIAMA L’AFRICA

Comunicato stampa

(Con preghiera di partecipazione)

ARMI LEGGERE & BAMBINI SOLDATO

DISARMIAMO L’AFRICA DEL 2000

LETTERA APERTA AL MINISTRO DINI

"L’Italia destini 1.600.000 dollari di armi vendute

alla Sierra Leone in progetti per ricostruire il paese"

"Nel periodo 1993-97, l’Italia ha fornito armi leggere alla Sierra Leone, per un importo pari a 1.600.000 dollari, dei quali 500 tonnellate di esplosivo. Inoltre, secondo i dati del commercio con l’estero, forniti dall’Istat, nei primi undici mesi del ’97, sono stati venduti a questo paese in guerra 1.600.000 bossoli di fucile". Inizia così la lettera aperta che Chiama l’Africa rivolge al ministro degli Affari esteri, Lamberto Dini, per denunciare le responsabilità italiane sul fronte del commercio di armi a paesi in guerra. "Una situazione - ha detto Eugenio Melandri, coordinatore nazionale della Campagna di informazione - in palese contraddizione con la legge 185 che regola il commercio italiano di armi e che proibisce all’Italia l’esportazione verso paesi in guerra". "Signor Ministro - continua Melandri nella lettera a Dini - Lei sa che otto anni di guerra hanno distrutto la Sierra Leone e ridotto allo stremo la popolazione. Il paese è distrutto, decine di migliaia sono le vittime e migliaia i bambini sequestrati, rapiti e addestrati all’uso delle armi". Per invertire la rotta Chiama l’Africa chiede che "all’Italia di essere in prima linea nella ricostruzione del paese, per la ricollocazione dei miliziani di eserciti irregolari nella vita civile e per il recupero dei bambini soldato". "L’Italia - afferma Melandri - deve destinare 1.600.000 dollari, il ricavato della vendita di armi ed esplosivi, a progetti di sviluppo in Sierra Leone"

E SONO MIGLIAIA I BAMBINI SOLDATO in tutta l’Africa. Un triste primato per il Continente. A pochi giorni dalla celebrazione del "Giubileo dei bambini" e dopo l’appello di Giovanni Paolo II° contro il commercio delle armi, Chiama l’Africa lancia la "Campagna 2000 contro il commercio delle armi leggere in Africa", alla presenza di mons. Giorgio Biguzzi, Vescovo di Makeni (in Italia con dieci bambini-soldato strappati alla guerra), con tre proposte concrete: 1. il recupero e rieducazione di migliaia di bambini; 2. la ricollocazione dei soldati irregolari in attività civili; 3. la moratoria di 5 anni sulle esportazioni di armi leggere verso paesi africani

Conferenza stampa: 30 dicembre 1999 ore 11

Sala Conferenza Centro Astalli - Via degli Astalli 17 - Roma

Intervengono: mons. Giorgio Biguzzi, Vescovo di Makeni, Sierra Leone - Eugenio Melandri, coordinatore nazionale Chiama l’Africa - mons. Elvio Damoli, direttore Caritas Italiana - Silvestro Montanaro, giornalista Rai - mons. Diego Bona, presidente Pax Christi

Per informazioni: tel 06.5430082 - 0338.6251806 - 0347.5940107

CHIAMA L’AFRICA

LETTERA APERTA AL MINISTRO DEGLI ESTERI, ON. LAMBERTO DINI

PER CONOSCENZA AL MINISTRO DEL COMMERCIO ESTERO, PIERO FASSINO

 

Sig. Ministro,

da dati attendibili apprendiamo che nel periodo 1993 - 1997 l’Italia avrebbe fornito armi leggere alla Sierra Leone, per un importo pari a 1.600.000 dollari, dei quali 500 tonnellate di esplosivo. Inoltre, secondo dati del commercio con l’estero Istat, nei primi undici mesi del 1997 sarebbero stati venduti a questo stesso paese 1.600.000 bossoli di fucile.

Si tratta di un dato molto preoccupante, anche perché in palese contraddizione - al di là di possibili ecamotages giuridici - con lo spirito e la lettera della legge che regola il commercio italiano di armi e che proibisce l’esportazione verso paesi in guerra. Le chiediamo, quindi di fare un’indagine accurata in proposito, anche per appurare - là dove ci fossero - eventuali responsabilità.

Ciò tuttavia non può essere sufficiente e proprio il fatto che l’Italia, con le sue armi abbia contribuito a mantenere una guerra tanto sanguinosa accresce la sua responsabilità - ora che pare si sia raggiunto un accordo di pace - nella ricostruzione del paese.

Lei sa che otto anni di guerra hanno ridotto allo stremo la Sierra Leone. Il paese è distrutto. L’economia bloccata. La popolazione pesantemente toccata non sono dalle tante vittime, ma anche perché sono stati raggiunti limiti inauditi di violenza: rapimenti di persone, soprattutto di bambini, per poi addestrarli all’uso delle armi, uccisioni e mutilazioni, in un’escalation senza fine.

Oggi c’è bisogno di tutto: dalla ricostruzione delle infrastrutture indispensabili, alla rimessa in moto dell’economia; dalla ricollocazione dei miliziani di eserciti irregolari nella vita civile, alla rieducazione dei bambini soldato che, imparando ad uccidere, sono stati defraudati della loro fanciullezza.

L’Italia, sia per la sua tradizione di solidarietà, ma soprattutto perché ha contribuito direttamente con le sue armi alla guerra, dovrebbe essere in prima linea nell’opera di ricostruzione. Per questo le avanziamo una proposta: il nostro paese destini l’importo di 1.600.000 di dollari, pari al ricavato della vendita di armi e di esplosivi, a progetti di sviluppo in Sierra Leone.

Sarebbe il minimo per compiere un gesto di riparazione verso un popolo che - senza volerlo - è stato vittima di una guerra sanguinosa, foraggiata purtroppo anche da armi "made in Italy".

Per parte nostra vigileremo perché mai più la legge 185 venga nei fatti invalidata da una prassi che ignora o "by-passa" le restrizioni volute da legislatore e perché la cooperazione aiuti la Sierra Leone a rinascere e svilupparsi, nel momento in cui la pur fragile pace raggiunta, sta consolidandosi.

Attendiamo una risposta

Auguri per un 2000 di pace

Eugenio Melandri

coordinatore della campagna Chiama L’Africa

Roma 29 dicembre 1999