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COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE

Bruxelles, 1.12.1999

COM(1999) 638 definitivo

1999/0258 (CNS)

Proposta di

DIRETTIVA DEL CONSIGLIO

relativa al diritto al ricongiungimento familiare

 

(presentata dalla Commissione)

RELAZIONE

  1. verso una politica comune europea in materia d'immigrazione dei cittadini di paesi terzi: il ricongiungimento familiare

    1. Le modifiche introdotte dal trattato di Amsterdam, entrato in vigore il 1° maggio 1999, prevedono la graduale creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Al fine di realizzare tale obiettivo, il trattato che istituisce la Comunità europea prevede sia l'adozione di misure finalizzate alla libera circolazione delle persone e misure di accompagnamento relative al controllo delle frontiere, all'asilo e all'immigrazione, sia l'adozione di misure in materia di asilo, di immigrazione e di tutela dei diritti dei cittadini di paesi terzi. Le misure relative alla politica d'immigrazione, indicate nell'articolo 63, paragrafi 3 e 4, riguardano le condizioni di ingresso e di soggiorno e il rilascio di visti e di permessi di soggiorno a lungo termine da parte degli Stati membri, l'immigrazione e il soggiorno irregolare, compreso il rimpatrio delle persone che soggiornano irregolarmente, nonché i diritti dei cittadini di paesi terzi, che soggiornano legalmente in uno Stato membro, di soggiornare negli altri Stati membri e le condizioni in cui possono farlo.
    2. È quindi possibile adottare ora, nell'ambito della Comunità europea, misure concernenti l'ingresso e il soggiorno dei cittadini di paesi terzi negli Stati membri, un settore che prima dell'entrata in vigore del trattato di Amsterdam era disciplinato dalle disposizioni del titolo VI dell'ex trattato sull'Unione europea e rientrava solo in parte tra le competenze comunitarie.

    3. Il 15 e 16 ottobre 1999, il Consiglio europeo, riunitosi a Tampere, ha riconosciuto la necessità di procedere ad un'armonizzazione delle legislazioni nazionali relative alle condizioni di ammissione e di soggiorno dei cittadini di paesi terzi, fondata su una valutazione comune sia dell'evoluzione economica e demografica all'interno dell'Unione che della situazione nei paesi d'origine. A tal fine, il Consiglio europeo ha chiesto al Consiglio di prendere rapidamente decisioni sulla base delle proposte della Commissione. Tali decisioni dovrebbero tener conto non soltanto della capacità di accoglienza di ciascuno Stato membro, ma anche dei legami storici e culturali degli Stati membri con i paesi d'origine.
    4. L'individuazione di linee guida su cui basare una politica comune in materia d'immigrazione è quindi un compito fondamentale a cui la Commissione intende dedicare la sua attenzione. La Commissione ritiene che la politica d’"immigrazione zero", cui ha fatto riferimento in passato il dibattito europeo sull'immigrazione, non è mai stata realistica né opportuna. D'altro canto tale politica non è mai stata attuata integralmente per diverse ragioni: non soltanto perché non potevano e non dovevano essere interrotti, a breve e medio termine, canali d'immigrazione come quelli del ricongiungimento familiare, ma anche perché in alcuni settori economici vi era necessità di forza lavoro. Inoltre, gli Stati desideravano conservare la loro apertura al mondo, segnatamente continuando ad avere relazioni privilegiate con alcuni paesi terzi. A più lungo termine, occorre considerare fattori demografici come l'invecchiamento della popolazione europea e le sue conseguenze sul piano della protezione sociale e del finanziamento delle pensioni.
    5. È vero che la situazione attuale del mercato del lavoro non permette alla Comunità di dotarsi di una politica in materia di ingresso e di soggiorno per motivi di lavoro del tipo di quella - molto liberale - attuata negli anni 50 e 60. Tuttavia, il tasso di disoccupazione non è l'unica componente da prendere in considerazione nell'elaborazione di tale politica: settori specifici dell’attività economica possono mancare di personale in possesso di una qualificazione particolare. Più in generale, una politica comune in materia di immigrazione su scala europea richiederà una certa flessibilità per tener conto delle molteplici dimensioni - economiche ma anche sociali, culturali o storiche - dei flussi migratori, sia per quanto riguarda il paese di accoglienza che quello d’origine.
    6. In linea con le conclusioni del Consiglio europeo di Tampere, la Commissione intende avviare e proseguire i lavori in materia di immigrazione legale, al fine di sfruttare tutte le possibilità offerte dal titolo IV del trattato CE. A medio termine, affronterà in successione tutti i punti relativi all'ingresso e al soggiorno dei cittadini di paesi terzi, segnatamente l'ingresso e il soggiorno a scopo di studio, a scopo di lavoro dipendente o autonomo e al fine di svolgere attività non retribuite. La Commissione intende anche affrontare il problema della situazione giuridica dei cittadini di paesi terzi titolari di un permesso di soggiorno di lunga durata; intende inoltre garantire l'applicazione dell'articolo 63, paragrafo 4, relativo ai diritti dei cittadini di paesi terzi residenti legalmente in uno Stato membro di soggiornare in un altro Stato membro.

  1. l'ingresso e il soggiorno ai fini del ricongiungimento familiare
    1. Da qualche anno l'ingresso e il soggiorno ai fini del ricongiungimento familiare costituiscono il principale canale d'immigrazione legale di cittadini di paesi terzi. L’immigrazione familiare è predominante in quasi tutti i paesi dell’OCSE, in particolare in Canada e negli Stati Uniti, e lo è anche negli Stati membri dell'Unione europea, benché i dati varino da uno Stato ad un altro. L'immigrazione familiare riguarda sia il ricongiungimento familiare stricto sensu - i membri della famiglia raggiungono il cittadino del paese terzo già residente - che la formazione della famiglia nel caso di legami familiari creatisi dopo l'ingresso del cittadino del paese terzo.
    2. Al di là della rilevanza in termini quantitativi di questa componente dell'immigrazione legale, il ricongiungimento familiare è uno strumento necessario per il successo dell'integrazione dei cittadini di paesi terzi che risiedono legalmente negli Stati membri. Infatti, la presenza dei familiari contribuisce a favorire la stabilità e radicare meglio tali persone permettendo loro di vivere una vita familiare normale.

     

     

  2. il quadro giuridico internazionale
    1. La normativa relativa al ricongiungimento familiare non è dettata esclusivamente dalle legislazioni nazionali, ma appartiene al quadro giuridico internazionale. La Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e i Patti internazionali del 1966 sui diritti civili e politici e sui diritti economici, sociali e culturali, riconoscono che la famiglia è l'elemento naturale e fondamentale della società e che, in quanto tale, ha diritto a protezione e assistenza da parte della società e degli Stati. La convenzione n. 143 dell'Organizzazione Internazionale del lavoro, ratificata dall'Italia, dal Portogallo e dalla Svezia, esorta gli Stati ad agevolare il ricongiungimento familiare di tutti i lavoratori migranti che risiedono legalmente sul loro territorio.
    2. La convenzione internazionale sulla tutela dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei loro familiari, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel dicembre 1990, stabilisce che "gli Stati aderenti prendono le misure che ritengono adeguate e che sono di loro competenza per agevolare il ricongiungimento dei lavoratori migranti con il coniuge o con le persone con cui hanno relazioni che, in virtù della legge applicabile, equivalgono al matrimonio e con i figli minori e celibi a loro carico". La convenzione illustra i settori in cui i familiari dovrebbero beneficiare della parità di trattamento con i cittadini nazionali: accesso all'istruzione, alla formazione professionale, ai servizi sanitari e sociali, alla vita culturale. Gli Stati dovrebbero anche facilitare, per i figli dei lavoratori migranti, l’apprendimento della lingua del paese di accoglienza e della lingua madre. Infine, le domande di permesso di soggiorno nel paese dopo il decesso del lavoratore o lo scioglimento del matrimonio dovrebbero essere oggetto di un esame benevolo da parte degli Stati membri, in funzione della durata della residenza. Qualora tale permesso non possa essere rilasciato, i familiari dovrebbero beneficiare di un tempo ragionevole prima della partenza. La convenzione non è ancora entrata in vigore in quanto non ha ancora raggiunto il numero minimo delle ratifiche necessarie; per ora nessuno Stato membro l'ha ratificata.
    3. La convenzione relativa allo status dei rifugiati del 1951 non prevede il diritto al ricongiungimento familiare. Il principio del ricongiungimento familiare dei rifugiati è stato però riconosciuto nell'Atto finale della conferenza che ha adottato la convenzione del 1951. Il comitato esecutivo dell'Alto Commissariato per i rifugiati (ACNUR) ha più volte ricordato agli Stati che il principio dell’unità della famiglia era stato proclamato negli strumenti internazionali dei diritti dell’uomo e che i governi dovevano prendere le misure necessarie per garantire l’unità familiare. Per quanto riguarda la definizione di famiglia e di familiari, è opportuno ricordare che il comitato esecutivo dell'ACNUR ha invocato un approccio pragmatico e flessibile che tenga conto degli elementi di dipendenza, fisica, economica e psicologica, del nucleo costituito dai genitori e dai figli.
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    5. Tra i vari strumenti di diritto internazionale è indispensabile ricordare la convenzione relativa ai diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, che esorta gli Stati aderenti ad adoperarsi affinché i figli non siano separati dai loro genitori. Pertanto le domande di uscita o di ingresso in un paese ai fini del ricongiungimento familiare devono essere esaminate con uno spirito positivo, con umanità e sollecitudine. In tutte le decisioni che riguardano i bambini, occorre tener conto in primo luogo del loro interesse.
    6. Tra gli strumenti giuridici europei pertinenti in materia di ricongiungimento familiare, la convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del 1950 è di importanza fondamentale. Essa consacra, infatti, nell'articolo 8, il diritto al rispetto alla vita privata e familiare e, nell'articolo 12, il diritto a sposarsi e a fondare una famiglia. Una vasta giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo ha interpretato le disposizioni della convenzione; pur non ritenendo che da esse derivi un diritto illimitato al ricongiungimento dei familiari dei cittadini di paesi terzi stabilitisi legalmente in uno Stato membro o una protezione assoluta contro la separazione dei familiari in caso di espulsione, tranne che nel caso in cui nel paese di origine non sia possibile una normale vita di famiglia, la giurisprudenza della Corte limita l'esercizio discrezionale della competenza delle autorità pubbliche in materia di controlli sulle entrate sul territorio e in caso di espulsione.
    7. Due strumenti europei riguardano specificamente il ricongiungimento familiare: si tratta della Carta sociale europea e della convenzione europea del 1997 relativa allo status giuridico dei lavoratori migranti. Con la Carta sociale europea, le parti contraenti s'impegnano, al fine di garantire l'esercizio effettivo del diritto dei lavoratori migranti e dei loro familiari alla protezione e all'assistenza, ad agevolare, ove possibile, il ricongiungimento della famiglia al lavoratore migrante autorizzato a stabilirsi sul loro territorio. La convenzione europea del 1977 relativa allo status giuridico dei lavoratori migranti dispone che il coniuge e i figli celibi sono autorizzati a raggiungere il lavoratore migrante già residente sul territorio di una delle parti contraenti. Tuttavia, la sfera d'applicazione personale della convenzione ha una duplice limitazione: riguarda solo i lavoratori dipendenti e si applica solo nei confronti dei lavoratori che siano cittadini degli Stati che partecipano alla convenzione. La convenzione non è stata ratificata da tutti gli Stati membri.

  3. La situazione a livello nazionale
    1. È opportuno ricordare che la protezione della famiglia è un principio esplicitamente riconosciuto nelle disposizioni costituzionali di alcuni Stati membri come la Germania, il Portogallo e l'Italia. Gli Stati membri riconoscono il diritto al ricongiungimento familiare o la possibilità discrezionale di concedere il ricongiungimento familiare a secondo della categoria e dello status giuridico dei cittadini dei paesi terzi interessati. Solo uno Stato membro subordina ad una politica di quote le domande di ingresso.
    2. L'esercizio di tale diritto è tuttavia subordinato a determinate condizioni come il rispetto dell'ordine pubblico e della pubblica sicurezza, l'esistenza di un alloggio e di risorse adeguate e alla fissazione di un periodo di attesa. Su tali aspetti, le legislazioni e le pratiche degli Stati membri variano considerevolmente.
    3. Per quanto riguarda l’alloggio, alcuni Stati esigono che il residente che aspira a farsi raggiungere dalla famiglia disponga di un alloggio sufficiente per poter accogliere convenientemente la propria famiglia. Tale condizione viene interpretata in maniera diversa nei vari Stati membri. In Germania, l'alloggio deve essere equivalente a un alloggio sociale. In Francia, Portogallo e Paesi Bassi, deve essere equivalente all'abitazione normale dei cittadini nazionali. Possono essere applicati altri criteri come le dimensioni, le condizioni igieniche e di sicurezza (Grecia, Italia, Austria, Regno Unito). La Spagna e il Lussemburgo non applicano regole prestabilite ed esaminano le situazioni caso per caso. Invece, disporre di un alloggio adeguato non è un requisito imposto dal Belgio, dalla Danimarca, dalla Finlandia e dalla Svezia.
    4. Anche il criterio delle risorse è soggetto a interpretazioni contrastanti. Le risorse devono essere equivalenti al salario minimo in Francia, Portogallo e Spagna, superiori o pari al minimo di sussistenza in Germania e Paesi Bassi. Il Regno Unito esige che non vi sia alcun ricorso a fondi pubblici e la Danimarca che il residente sia in grado di provvedere ai propri familiari. La Francia e i Paesi Bassi esigono inoltre che le risorse siano permanenti e stabili mentre l'Austria esige che i familiari siano beneficiari di un'assicurazione sociale. La condizione relativa all’esistenza di risorse sufficienti non è richiesta in Belgio, in Finlandia, nel Lussemburgo e in Svezia.
    5. Alcuni Stati membri impongono un periodo di attesa ai cittadini di paesi terzi appena ammessi. La durata di tale periodo varia a seconda del paese: un anno in Francia e Spagna, 3 anni in Danimarca e 5 in Grecia. Gli altri Stati membri non impongono formalmente periodi di attesa, ma i tempi necessari per il ricongiungimento familiare possono essere comunque lunghi a causa della durata dell'esame della domanda di ricongiungimento familiare. In Austria, a causa del regime delle quote, si possono rendere necessari diversi anni.
    6. Si riscontrano differenze anche per quanto riguarda i familiari ammessi al ricongiungimento, l'età dei figli e l'ammissione dei partner non coniugati.
    7. I cittadini di paesi terzi che sono stati riconosciuti rifugiati in base all'articolo 1A della convenzione di Ginevra del 1951, relativa allo status di rifugiati, beneficiano in alcuni Stati di un regime più favorevole in materia di ricongiungimento familiare: sono esentati dal documentare lo propria situazione economica e abitativa, non sono soggetti a periodi di attesa e vedono talvolta estendere il diritto al ricongiungimento familiare al di là della famiglia nucleare.

  4. La normativa comunitaria in materia di ricongiungimento familiare
    1. Il diritto comunitario si è già adoperato per regolamentare - almeno in parte - il ricongiungimento familiare dei cittadini di paesi terzi. Infatti, le disposizioni relative alla libera circolazione dei cittadini dell'Unione all'interno della Comunità europea si applicano ai loro familiari tanto nel caso in cui siano cittadini di uno Stato membro quanto nel caso in cui siano cittadini di paesi terzi. Il cittadino dell'Unione che esercita il proprio diritto alla libera circolazione può farsi accompagnare o raggiungere dalla famiglia; l’integrazione della famiglia nel paese di accoglienza costituisce infatti una condizione indispensabile per l'esercizio della libera circolazione in condizioni obiettive di libertà e dignità.
    2. Il diritto di farsi accompagnare o raggiungere dalla famiglia è riconosciuto ai cittadini dell’Unione che si stabiliscono in un altro Stato membro per esercitarvi un'attività economica, sia come lavoratori dipendenti sia come lavoratori autonomi. D'altro canto, i familiari di tali persone beneficiano del diritto di restare sul territorio del paese di accoglienza, a determinate condizioni, anche dopo la cessazione dell'attività economica o la morte del cittadino dell'Unione da cui dipendono. Il diritto al ricongiungimento familiare è accordato anche ai cittadini dell'Unione, diversi dai lavoratori dipendenti o autonomi, che beneficiano del diritto di soggiorno in un altro Stato membro purché dispongano di risorse sufficienti e di una assicurazione malattie.
    3. I familiari interessati sono il coniuge, i discendenti di età inferiore a 21 anni o a carico e gli ascendenti a carico. Invece, gli studenti possono farsi accompagnare o raggiungere solo dal coniuge e dai figli a carico a condizione di disporre di risorse sufficienti o di un'assicurazione contro le malattie. Tali norme si applicano anche ai cittadini dello Spazio economico europeo in virtù dell’accordo del 2 maggio 1992.
    4. Dato che i diritti dei familiari sono diritti derivati, connessi a quelli che detiene il cittadino dell’Unione titolare del diritto alla libera circolazione, viene loro rilasciato un documento di soggiorno che ha la stessa validità di quello concesso alla persona da cui dipendono. Gli Stati membri possono limitare l'esercizio dei diritti di ingresso e di soggiorno dei familiari per motivi di ordine pubblico, di sicurezza interna o di salute pubblica. La normativa comunitaria accorda anche al coniuge e ai figli il diritto di accedere ad un'attività retribuita anche se non hanno la nazionalità di uno Stato membro.
    5. Se si eccettua la situazione dei cittadini di paesi terzi che sono membri della famiglia di un cittadino dell'Unione che esercita il proprio diritto alla libera circolazione, il diritto comunitario non prevede norme in materia di ricongiungimento familiare dei cittadini di paesi terzi, né dei rifugiati, né delle altre categorie di migranti. Ciò è una conseguenza diretta della mancanza di una base giuridica a livello comunitario prima dell'entrata in vigore, il 1° maggio 1999, del trattato di Amsterdam.

     

     

  5. L'attività legislativa nell'ambito dell'Unione europea
    1. Nell'ambito dell'Unione europea - e prima dell'entrata in vigore del trattato di Amsterdam - l'importanza del problema del ricongiungimento familiare è andata affermandosi sempre più grazie alle attività intraprese dal Consiglio in materia. Il ricongiungimento familiare costituiva un tema prioritario nel programma per l'armonizzazione delle politiche di immigrazione adottato dai ministri responsabili dell'immigrazione e confermato dal Consiglio europeo di Maastricht nel 1991.
    2. Nel 1993, i ministri responsabili dei problemi dell'immigrazione hanno adottato una risoluzione sull'armonizzazione delle politiche nazionali in materia di ricongiungimento familiare. Il testo, giuridicamente non vincolante, contiene i principi che dovrebbero disciplinare le politiche nazionali degli Stati membri (familiari ammissibili, condizioni di ingresso e di soggiorno). Esso riguarda il ricongiungimento familiare dei cittadini di paesi terzi che risiedono sul territorio degli Stati membri su una base che offre loro una prospettiva di residenza duratura mentre non riguarda né il ricongiungimento familiare dei cittadini dell'Unione né quello dei cittadini di paesi terzi che hanno ottenuto lo status di rifugiati.
    3. Gli organi competenti del Consiglio hanno continuato a riservare un'attenzione particolare al problema del ricongiungimento familiare; esso è sempre stato all'ordine del giorno dei lavori del Consiglio, anche prima dell'entrata in vigore del trattato di Amsterdam, in forma di scambio di idee, di raccolta di informazioni, di documenti di riflessione, di discussione di proposte, sotto la presidenza olandese, lussemburghese, britannica e austriaca.
    4. Nel dicembre 1997, il Consiglio adottò una risoluzione sulle misure da prendere per lottare contro i matrimoni fittizi. Tale testo, pur non riguardando direttamente il ricongiungimento familiare, vi si ricollega in quanto concerne le misure per bloccare o reprimere l'eventuale aggiramento delle norme relative all'ingresso e al soggiorno mediante matrimoni fittizi.
    5. Nel 1997, la Commissione ha presentato una proposta di convenzione sull'ammissione dei cittadini di paesi terzi con l'obiettivo di promuovere la riflessione sui problemi dell'immigrazione prima dell'entrata in vigore del trattato di Amsterdam e gli importanti cambiamenti istituzionali che questo comportava. In una dichiarazione preliminare a tale proposta, la Commissione sottolineava la sua intenzione di presentare un nuovo progetto in forma di direttiva dopo l'entrata in vigore del nuovo trattato. Scopo di tale iniziativa era permettere di conservare gli aspetti positivi delle discussioni sulla sostanza del testo, nel quadro di uno strumento giuridico comunitario. Per la Commissione è venuto il momento di dare veste concreta all'impegno preso nel 1997 e di presentare, relativamente al ricongiungimento familiare, una nuova proposta sotto forma di uno strumento giuridico comunitario.
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    7. In seguito all'entrata in vigore del trattato di Amsterdam e all'inserimento nel trattato sulla Comunità europea del nuovo titolo IV sui visti, l'asilo, l'immigrazione e le altre politiche in materia di libera circolazione delle persone, è venuto il momento per la Commissione di concretizzare l'impegno assunto nel 1997 e di presentare una nuova proposta in materia di ricongiungimento familiare sotto forma di uno strumento giuridico comunitario.
    8. Ciò è conforme al contenuto del Piano d'azione del Consiglio e della Commissione del 3 dicembre 1998 sul modo migliore di attuare le disposizioni del trattato di Amsterdam concernenti uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Tale piano prevede l'adozione di uno strumento sullo status giuridico degli immigrati legali nei due anni successivi all'entrata in vigore del trattato e l'elaborazione entro cinque anni di una regolamentazione delle condizioni di ingresso e di soggiorno nonché di alcune norme relative alle procedure di rilascio da parte degli Stati membri di visti e di permessi di soggiorno a lungo termine, anche ai fini del ricongiungimento familiare. Si tratta di una conferma dell'attenzione che il Consiglio e la Commissione dedicano a tali temi. Infine, va ricordato che il Consiglio europeo riunitosi a Vienna l'11 e il 12 dicembre 1998 aveva chiesto al Consiglio di proseguire, tra l'altro, i suoi lavori sulle norme applicabili ai cittadini di paesi terzi.
    9. Va inoltre ricordato che nel corso del Consiglio europeo di Colonia del 3 e 4 giugno 1999, i capi di Stato e di governo hanno deciso di elaborare una Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea che dovrà riunire i diritti fondamentali riconosciuti nell'Unione europea in modo da garantire una loro maggiore visibilità. L’ambito di applicazione di questa Carta non dovrebbe essere limitato ai soli cittadini dell'Unione; tuttavia, in questa fase, non è stata ancora presa alcuna decisione in merito all’ambito di applicazione e alla forza vincolante della Carta.
    10. Durante i lavori preparatori, che hanno portato alla presentazione della proposta, sono state effettuate consultazioni al fine soprattutto di sondare le posizioni dell'Alto Commissariato per i rifugiati e delle organizzazioni non governative attive in questo settore. La presa in considerazione dei lavori del Consiglio sulla questione del ricongiungimento familiare e del parere del Parlamento europeo sulla proposta di convenzione relativa all'ammissione ha permesso alla Commissione di fondare la presente proposta su una visione globale della problematica del ricongiungimento familiare.

  6. Finalità della proposta della Commissione
    1. Il Consiglio europeo ha affermato, nella riunione speciale svoltasi e Tampere il 15 e il 16 ottobre 1999, che l'Unione europea deve garantire un trattamento equo ai cittadini di paesi terzi che risiedono legalmente sul territorio degli Stati membri. Il Consiglio ha inoltre riconosciuto che una politica più energica in materia di integrazione dovrebbe ambire ad offrire loro diritti e doveri comparabili a quelli dei cittadini dell'Unione europea.
    2. Per realizzare tale obiettivo, la Commissione ritiene necessario conferire ai cittadini di paesi terzi che risiedono legalmente sul territorio degli Stati membri il diritto al ricongiungimento familiare, subordinatamente al rispetto di determinate condizioni. Ciò permetterà loro di vivere una vita familiare normale e favorirà la loro integrazione nelle società degli Stati membri. Al fine di garantire che essi beneficino di un trattamento comparabile a quello dei cittadini dell'Unione europea, la proposta di direttiva s'ispira ad alcune disposizioni del diritto comunitario in vigore per il ricongiungimento familiare dei cittadini dell'Unione che esercitano il proprio diritto alla libera circolazione.
    3. Il principio del rispetto della vita familiare vale per tutti i cittadini di paesi terzi, indipendentemente dalle ragioni per cui hanno scelto di soggiornare sul territorio degli Stati membri (segnatamente lavoro, attività indipendente, studio). Il campo di applicazione personale della proposta di direttiva non è quindi limitato ad alcune categorie di cittadini di paesi terzi. L'unico criterio è quello della residenza legale. I rifugiati e le persone che beneficiano della protezione complementare possono godere del diritto al rispetto della vita familiare solo mediante il ricongiungimento in un paese in cui possono condurre insieme una vita familiare normale, dal momento che hanno dovuto fuggire dal loro paese di origine e che tale fuga ha spesso provocato la separazione dei membri della famiglia. Sulla base di tali circostanze particolari, la direttiva accorda loro un trattamento specifico per quanto riguarda le condizioni preliminari al ricongiungimento (alloggio, risorse, periodo di attesa) e i membri della famiglia che possono essere ricongiunti.
    4. In definitiva, la proposta di direttiva è intesa a ravvicinare le legislazioni nazionali avendo di mira due obiettivi: da una parte, garantire la certezza del diritto dei cittadini di paesi terzi che potranno beneficiare di condizioni in larga misura simili per quanto riguarda il ricongiungimento familiare, indipendentemente dallo Stato membro in cui sono ammessi a soggiornare; dall'altra, ridurre la possibilità che la scelta dello Stato membro in cui il cittadino di un paese terzo desidera risiedere si basi esclusivamente sulle condizioni più favorevoli che tale paese potrebbe offrirgli.
    5. La situazione dei familiari dei cittadini dell'Unione che risiedono nel paese di cui hanno la nazionalità e che non hanno esercitato il loro diritto alla libera circolazione è attualmente disciplinata soltanto dal diritto nazionale. Infatti, in passato si è ritenuto che, dal momento che tali cittadini non esercitano il loro diritto alla libera circolazione, si trattasse di una situazione puramente interna per la quale erano competenti gli Stati membri.

    I cittadini dell'Unione risultano pertanto soggetti a trattamenti diversi a seconda che esercitino o no il loro diritto alla libera circolazione. La Commissione ritiene che si debba trovare una soluzione adeguata onde eliminare tale differenza e colmare questa lacuna legislativa. La proposta ha quindi lo scopo di eliminare la differenza e di far beneficiare i cittadini dell'Unione del diritto comunitario in vigore.

    In questo esercizio la Commissione è tuttavia cosciente che il diritto comunitario in vigore non copre tutte le situazioni cui si riferisce la proposta di direttiva. Su uno specifico punto - la disposizione relativa allo status autonomo - la proposta offre ai familiari dei cittadini di paesi terzi condizioni più favorevoli di quelle offerte, allo stato attuale del diritto comunitario in materia di libera circolazione delle persone, ai cittadini di paesi terzi familiari dei cittadini dell'Unione. A medio termine, nell'ambito delle iniziative future in materia di libera circolazione delle persone, la Commissione si adopererà per ristabilire l'equilibrio tra la situazione giuridica dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari e quella dei cittadini di paesi terzi.

  7. Scelta della base giuridica
    1. La scelta della base giuridica è coerente rispetto alle modifiche introdotte nel trattato che istituisce la Comunità europea dal trattato di Amsterdam, entrato in vigore il 1° maggio 1999. L'articolo 63, paragrafo 3, lettera (a) del trattato CE precisa che il Consiglio stabilisce misure relative alle condizioni di ingresso e di soggiorno e norme sulle procedure di rilascio da parte degli Stati membri di visti e di permessi di soggiorno a lungo termine, compresi quelli rilasciati a scopo di ricongiungimento familiare.
    2. Tale articolo costituisce quindi il naturale fondamento di una proposta che stabilisce che il ricongiungimento familiare è un diritto dei cittadini di paesi terzi già risiedenti sul territorio di uno Stato membro, che determina le condizioni d'ingresso dei loro familiari e che stabilisce alcuni elementi dello status giuridico dei familiari.
    3. La proposta di direttiva deve essere adottata mediante la procedura prevista dall’articolo 67 del trattato in base al quale, per un periodo transitorio di cinque anni, il Consiglio delibera all’unanimità su proposta della Commissione e su iniziativa di uno Stato membro e previa consultazione del Parlamento europeo. Il titolo IV del trattato CE non si applica al Regno Unito e all’Irlanda, a meno che tali paesi non decidano altrimenti, secondo le modalità indicate nel protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda allegato ai trattati. In virtù del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato ai trattati il titolo IV del trattato CE non si applica neppure alla Danimarca.

  8. Sussidiarietà e proporzionalità: giustificazione e valore aggiunto
    1. L'inserimento nel trattato che istituisce la Comunità europea del nuovo titolo IV sulle politiche in materia di visti, di asilo, d'immigrazione e sulle altre politiche connesse alla libera circolazione delle persone, dimostra la volontà, da parte delle parti contraenti, di attribuire alla Comunità europea competenze in questi settori.
    2. Tuttavia, la Comunità europea non ha competenze esclusive in questo settore e di conseguenza, pur con la volontà politica di attuare una politica comune in materia di asilo e di immigrazione, deve intervenire conformemente all'articolo 5 del trattato CE, vale a dire nell'ipotesi, e nella misura in cui, gli obiettivi dell'azione prevista non possano essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possano dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell'azione in questione, essere realizzati meglio a livello comunitario. La proposta di direttiva risponde a tali criteri.
    3. Sussidiarietà
    4. La creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia comporta l'adozione di norme comuni in materia di politica di immigrazione. L'obiettivo specifico di questa iniziativa è di istituire un diritto al ricongiungimento familiare che possa essere esercitato secondo criteri comuni in tutti gli Stati membri. Infatti, l'ingresso e il soggiorno dei familiari dei cittadini di paesi terzi è disciplinato in modo diverso da uno Stato membro all'altro. La proposta nasce dalla necessità di un'azione a livello comunitario che stabilisca criteri comuni: la fissazione di tali criteri permetterà di limitare la possibilità che il paese di destinazione sia scelto dai cittadini dei paesi terzi esclusivamente in base alle condizioni più favorevoli di cui potrebbero beneficiare.

    5. Proporzionalità

La forma di tale azione comunitaria deve essere la più semplice possibile, così da consentire il conseguimento degli obiettivi della proposta e una sua efficace attuazione. In questa ottica si è scelto lo strumento giuridico della direttiva, come quello che permette di definire dei principi-quadro pur lasciando agli Stati membri, che ne sono destinatari, la scelta della forma e dei mezzi più adeguati per dare attuazioni a tali principi nel proprio quadro giuridico e nel loro contesto nazionale. Inoltre, la proposta di direttiva non pretende di affrontare la situazione giuridica di tutti i cittadini di paesi terzi che risiedono legalmente sul territorio degli Stati membri e lascia che siano questi ultimi a stabilire le norme che riguardano le persone il cui permesso di soggiorno ha un periodo di validità inferiore a un anno.

COMMENTO DEGLI ARTICOLI

Capo I: Disposizioni generali

Articolo 1

Il diritto al ricongiungimento familiare, istituito dalla proposta di direttiva, nasce dall'esigenza di tutelare la famiglia, elemento naturale e fondamentale della società, nonché dal diritto al rispetto della vita familiare, consacrato dal diritto internazionale e segnatamente dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. La proposta di direttiva istituisce un diritto al ricongiungimento familiare per i cittadini di paesi terzi che risiedono legalmente in uno Stato membro; la proposta conferisce tale diritto anche ai cittadini dell'Unione che non esercitano il loro diritto alla libera circolazione. Questo diritto non è assoluto, in quanto il suo esercizio è subordinato al rispetto delle condizioni, sostanziali e procedurali, fissate dalla proposta di direttiva.

Articolo 2

L'articolo contiene le definizioni dei diversi concetti utilizzati nelle disposizioni della proposta di direttiva.

(a) Il concetto di cittadini di paesi terzi è definito per difetto, escludendo i cittadini dell'Unione, come individuati nel trattato CE, e comprende sia le persone che hanno la nazionalità di uno Stato terzo che gli apolidi, ai sensi della convenzione di New York del 28 settembre 1954.

(b) Il concetto di rifugiato copre i cittadini di paesi terzi che hanno ottenuto lo status di rifugiato in applicazione della convenzione di Ginevra del 1951, nonché quelli che l'hanno ottenuto in virtù delle disposizioni costituzionali degli Stati membri, come nel caso della Francia (asilo costituzionale per "i combattenti per la libertà") e della Germania (rifugiati riconosciuti in forza dell'articolo 16, paragrafo 1) della Costituzione).

 

(c) Il concetto di "persona che beneficia di una protezione sussidiaria" copre tutti i casi in cui a una persona, che non può beneficiare della protezione offerta dalla convenzione di Ginevra del 1951, viene accordata una protezione da uno Stato membro in virtù di obblighi umanitari connessi alla prassi o alla legislazione nazionale, oppure in virtù degli obblighi internazionali (al riguardo va ricordato, in particolare, il divieto di espellere una persona verso un paese in cui rischia la pena di morte o pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, divieto che deriva dall'articolo 3 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e dagli articoli 1 e 3 della convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani e degradanti).

(d) Per richiedente il ricongiungimento si intende il cittadino di un paese terzo che risiede legalmente sul territorio di uno Stato membro, indipendentemente dalle ragioni per le quali è stato autorizzato a soggiornare (segnatamente, a scopo di lavoro, per esercitare un'attività autonoma, a scopo di studio, al fine dell'esercizio di un'attività non lucrativa, perché ha ottenuto lo status di rifugiato o perché ha beneficiato di una protezione sussidiaria). La definizione comprende anche i cittadini dell'Unione europea che non esercitano il proprio diritto alla libera circolazione.

(e) Per quanto concerne i cittadini di paesi terzi, il concetto di ricongiungimento familiare si riferisce a due situazioni: il ricongiungimento familiare in senso stretto e la formazione di una famiglia. Nel primo caso, il richiedente il ricongiungimento ha dovuto lasciare i familiari per trasferirsi in uno Stato membro e desidera che essi lo raggiungano. Nel secondo, il richiedente il ricongiungimento ha deciso, dopo il suo ingresso nello Stato membro, di fondare una famiglia con un cittadino di un paese terzo che non risiede nello Stato membro e desidera che tale persona lo raggiunga. La situazione giuridica delle persone che desiderano entrare nel territorio di uno Stato membro al fine di sposarsi con un cittadino di un paese terzo che già vi risiede già non rientra nella proposta di direttiva e resta di competenza del diritto nazionale.

(f) Il permesso di soggiorno è definito in senso lato in modo da includere tutte le categorie di richiedente il ricongiungimento interessate: la direttiva si applica a tutti i cittadini di paesi terzi che risiedono sul territorio di uno Stato membro, indipendentemente dalle ragioni del loro soggiorno; analogamente, la definizione di permesso di soggiorno include tutti i permessi di soggiorno rilasciati dagli Stati membri senza distinguere tra i motivi del loro rilascio o le loro forme. Sono escluse dalla definizione di permesso di soggiorno le autorizzazioni provvisorie di soggiorno che possono essere rilasciate ai richiedenti asilo.

Articolo 3

  1. L'articolo riguarda l'ambito di applicazione personale della proposta di direttiva. Il richiedente il ricongiungimento deve appartenere a una delle categorie di persone di cui al paragrafo 1:

    1. La prima categoria di persone comprende i cittadini di paesi terzi che si trovano legalmente sul territorio di uno Stato membro e che possiedono un permesso di soggiorno il cui periodo di validità sia di almeno un anno. Tale definizione comprende tutti i cittadini di paesi terzi, indipendentemente dalle ragioni della loro residenza, comprese le persone che beneficiano di una protezione sussidiaria. Invece, ai cittadini di paesi terzi che soggiornano in uno Stato membro con un permesso di soggiorno con periodo di validità inferiore a un anno, come nel caso dei lavoratori temporanei, o con un permesso di soggiorno legato ad un lavoro stagionale, non si applica la direttiva. La questione del loro ricongiungimento familiare sarà disciplinato dalle disposizioni nazionali degli Stati membri.
    2. La seconda categoria di persone comprende i rifugiati. Nel loro caso, la proposta di direttiva si applica indipendentemente dal periodo di validità del permesso di soggiorno rilasciato loro dallo Stato membro. La loro qualità di rifugiati deve farli usufruire del diritto al ricongiungimento familiare.
    3. La terza categoria di persone riguarda i cittadini dell’Unione che non hanno esercitato il loro diritto alla libera circolazione delle persone.

La proposta di direttiva non impone alcun requisito in merito allo status giuridico dei familiari. In altri termini, i familiari possono essere residenti in uno Stato membro per altri motivi, risiedere all'esterno dello Stato membro, essere richiedenti asilo, godere di un regime di protezione temporanea ecc.

  1. Il secondo paragrafo dell'articolo 3 riguarda le esclusioni dal campo di applicazione della proposta di direttiva a causa della situazione giuridica del richiedente il ricongiungimento.

    1. La proposta non riguarda il ricongiungimento familiare dei richiedenti asilo in quanto la loro situazione dipende dall'esito incerto dell'esame della domanda.
    2. La proposta non riguarda il ricongiungimento familiare delle persone che beneficiano di una protezione temporanea. Nel 1997, la Commissione aveva presentato una proposta di azione comune relativa alla protezione temporanea degli sfollati; nel 1998 era stata presentata una proposta modificata. I due testi riguardavano il ricongiungimento familiare delle persone che beneficiano della protezione temporanea. La Commissione intende presentare una nuova proposta per tener conto delle conseguenze dell'entrata in vigore del trattato di Amsterdam. È preferibile affrontare il problema del ricongiungimento familiare nel contesto della futura proposta, tenuto conto delle peculiarità della problematica della protezione temporanea.

  1. Il terzo paragrafo tratta il caso generale di esclusione dal campo di applicazione della proposta. La situazione giuridica dei cittadini di paesi terzi membri della famiglia di un cittadino dell'Unione europea che eserciti il proprio diritto alla libera circolazione delle persone è esclusa dal campo di applicazione della proposta; essi sono e restano soggetti alle disposizioni del diritto comunitario in materia di libera circolazione delle persone.
  2.  

     

  3. Nel momento in cui si adopera per armonizzare le norme in materia di ricongiungimento familiare, la Comunità europea mantiene i suoi impegni internazionali e gli accordi, comunitari o misti, già entrati in vigore.

(a) Pertanto, la proposta di direttiva non pregiudica le disposizioni più favorevoli di accordi comunitari o misti conclusi con Stati terzi e già entrati in vigore che disciplinano la situazione giuridica dei cittadini dei paesi terzi interessati. Tale esclusione è valida nella misura in cui tali disposizioni sono pertinenti rispetto al contenuto della proposta di direttiva e riguarda gli accordi, le decisioni presi in applicazione degli accordi e la giurisprudenza corrispondente. Anche se non disciplinano direttamente la questione del ricongiungimento familiare, tali accordi contengono tuttavia disposizioni in materia di diritti dei familiari che non saranno modificate dalla direttiva se sono più favorevoli per questi ultimi.

Si tratta segnatamente:

(b) La proposta di direttiva non pregiudica neanche le disposizioni più favorevoli di due strumenti internazionali creati nel quadro del Consiglio d’Europa, che si applicano ai lavoratori migranti, cittadini dei paesi membri del Consiglio d’Europa.

Articolo 4

Fino ad oggi il ricongiungimento familiare dei cittadini dell’Unione che non esercitano il loro diritto alla libera circolazione delle persone è disciplinato esclusivamente dalle disposizioni nazionali. Tale situazione crea una differenza di trattamento ingiustificata tra la famiglia dei cittadini dell’Unione che non hanno esercitato il loro diritto alla libera circolazione e sono restati nel paese di cui hanno la nazionalità e la famiglia di quei cittadini che hanno esercitato il loro diritto alla libera circolazione. Il diritto nazionale disciplina, in alcuni casi, il ricongiungimento familiare dei propri cittadini in maniera più restrittiva di quanto faccia il diritto comunitario. Dal momento che la cittadinanza dell'Unione è unica, è opportuno colmare questa lacuna normativa. Pertanto, questo articolo permette ai familiari dei cittadini dell’Unione di essere soggetti alle disposizioni pertinenti del diritto comunitario in materia di ricongiungimento familiare.

Capo II: Membri della famiglia

Articolo 5

  1. L'articolo precisa quali sono i membri della famiglia del richiedente il ricongiungimento ammissibili al ricongiungimento.

    1. Questo comma concerne il coniuge del richiedente il ricongiungimento, o il suo partner non legato da vincoli di matrimonio, e comprende anche il partner dello stesso sesso. La disposizione relativa al partner non legato da vincoli di matrimonio si applica solo negli Stati membri il cui ordinamento assimili la situazione delle coppie non sposate a quella delle coppie sposate. Tale disposizione non comporta alcuna armonizzazione delle norme nazionali relative al riconoscimento delle coppie non sposate; permette solo di applicare il principio della parità di trattamento. Al fine di evitare eventuali abusi, i partner non legati da vincoli di matrimonio devono avere una relazione duratura, che possa essere dimostrata da una prova di convivenza o da testimonianze degne di fede.
    2. Questo comma riguarda i figli della coppia, coniugata o meno. Non viene fatta alcuna differenza di trattamento nei confronti dei figli nati al di fuori del matrimonio, da matrimoni precedenti o adottati. Tuttavia, se l’adozione non è stata decisa dall’autorità competente dello Stato membro, deve essere riconosciuta da tale autorità, conformemente alle norme di diritto internazionale privato applicate da tutti gli Stati membri. Pertanto, l'ingresso di bambini "in affidamento", secondo alcuni usi locali, non è possibile a meno che l’autorità competente dello Stato membro non riconosca che tali usi producano gli stessi effetti di un'adozione.
    3. I figli di uno solo dei coniugi, o dei partner, rientrano anch'essi nella categoria delle persone che possono beneficiare del ricongiungimento. Tuttavia, il coniuge o il partner che richiede il ricongiungimento deve avere un diritto di affidamento e i figli devono essere a suo carico. Se i figli sono affidati ad entrambi i genitori, è necessaria l'autorizzazione dell'altro genitore per procedere al ricongiungimento. Tale norma permette di evitare che il ricongiungimento metta in pericolo, nei fatti, il diritto di affidamento dell'altro genitore.
    4. Questo comma riguarda gli ascendenti; il loro ricongiungimento è possibile quando tali persone non hanno più alcun sostegno familiare nel loro paese di origine e sono a carico del richiedente il ricongiungimento. È una disposizione che dà la possibilità di garantire diritti comparabili tra cittadini di paesi terzi e cittadini dell'Unione che esercitano il loro diritto alla libera circolazione; infatti, le norme di diritto comunitario prevedono il ricongiungimento familiare degli ascendenti a carico del lavoratore migrante e delle persone inattive.
    5. In base alla norma generale beneficiano del ricongiungimento familiare i figli minorenni; il presente comma introduce una norma specifica che si riferisce ai figli maggiorenni. Il loro ricongiungimento è possibile allo scopo di risolvere situazioni particolarmente difficili. Sarebbe infatti inopportuno vietare il ricongiungimento familiare di un figlio che non disponga di mezzi autonomi di sussistenza e abbia bisogno delle cure e del sostegno materiale e affettivo della propria famiglia per via ad esempio di un handicap grave.

  1. I matrimoni poligami non sono, di norma, compatibili con i principi fondamentali dell'ordinamento giuridico degli Stati membri. Tuttavia, dal momento che tali matrimoni sono validi nel paese in cui sono stati contratti, è opportuno tener conto di alcuni dei loro effetti. Inoltre, vietare in maniera assoluta il ricongiungimento familiare significherebbe privare il coniuge che risiede in uno Stato membro della possibilità di vivere una vita di famiglia. Pertanto, è vietato il ricongiungimento familiare di più coniugi ma è consentito il ricongiungimento con una moglie e i suoi figli. Il ricongiungimento con i figli di una seconda moglie è possibile quando l'interesse dei figli prevalga sulle altre esigenze, per esempio in caso di decesso della madre biologica.
  2. Il principio generale su cui si basa il ricongiungimento familiare dei figli impone che essi si trovino, de jure et de facto, in una situazione di dipendenza rispetto al richiedente il ricongiungimento. L’età dei figli deve quindi essere inferiore alla soglia stabilita dagli Stati membri nel loro diritto nazionale per il raggiungimento della maggiore età legale e i figli non devono essere coniugati. Tale disposizione mira ad evitare che vi siano differenze tra l'età in cui diventano legalmente maggiorenni i cittadini nazionali e quella richiesta perché un figlio possa beneficiare del ricongiungimento familiare.
  3. Qualora il richiedente il ricongiungimento sia un rifugiato, tenuto conto dei fattori che l'hanno costretto a fuggire dal suo paese e che gli impediscono di farvi ritorno, gli Stati membri devono agevolare il ricongiungimento familiare di altri membri della famiglia, per esempio i parenti in linea collaterale. Tale disposizione riprende uno degli elementi delle conclusioni del Comitato esecutivo dell'Alto Commissariato per i rifugiati del 1981 e del 1999. Tale agevolazione riguarda però solo i membri della famiglia che sono a carico del richiedente il ricongiungimento.
  4. Il principio secondo cui non si deve spezzare o ostacolare la vita della famiglia vale anche per quanto riguarda i cittadini di paesi terzi che risiedono legalmente in uno Stato membro a scopo di studio. Tuttavia, considerata la durata limitata del loro soggiorno e il fatto che in alcuni Stati membri essi non hanno accesso al lavoro, gli studenti non possono beneficiare degli stessi vantaggi degli altri residenti. Il loro diritto al ricongiungimento familiare si riferisce solo al coniuge o al partner non legato da vincolo di matrimonio, ai figli minorenni e ai figli maggiorenni a carico.

Articolo 6

L'articolo contiene alcune deroghe alle disposizioni dell'articolo 5, in favore dei rifugiati minorenni e non accompagnati, per via delle loro esigenze peculiari e della loro vulnerabilità. Si ispira all'articolo 22 della convenzione delle Nazioni Unite relativa ai diritti del fanciullo del 1989.

In primo luogo, prevede che i minori non accompagnati possono farsi raggiungere dai loro genitori, senza che ricorrano le condizioni specifiche dell'articolo 5, paragrafo 1, punto d) (ascendenti a carico del richiedente il ricongiungimento e senza altro legame familiare nel loro paese d'origine).

La seconda deroga riguarda la possibilità di autorizzare l'ingresso e il soggiorno di altri membri della famiglia, per esempio dei parenti in linea collaterale, quando tali minori non hanno genitori o quando sia stato impossibile ritrovarli.

L'articolo lascia impregiudicate le disposizioni nazionali relative all'accesso dei minori non accompagnati al territorio degli Stati membri, la loro eventuale espulsione o la procedura d'esame delle loro domande d'asilo. Nel 1997, il Consiglio ha adottato una risoluzione sui minori non accompagnati, cittadini di paesi terzi, che stabilisce norme minime applicabili per gli Stati membri per il trattamento di tali casi.

Capo III: Presentazione e esame della domanda

Articolo 7

  1. L'articolo stabilisce la procedura da seguire in materia di ricongiungimento familiare. A presentare la domanda di ricongiungimento dei membri della sua famiglia deve essere il richiedente il ricongiungimento in quanto titolare di tale diritto. Costui, inoltre, essendo già residente, ha maggiori possibilità di orientarsi per quanto riguarda le procedure amministrative, grazie alla conoscenza della lingua del paese e delle abitudini delle amministrazioni nazionali. L'articolo non osta ad un ricongiungimento familiare parziale. È possibile lo scaglionamento nel tempo delle domande. Spetta al richiedente il ricongiungimento fornire i documenti giustificativi che dimostrino i legami familiari nonché gli elementi di prova utili per controllare se siano soddisfatte le condizioni previste dagli articoli 5, 8, 9 o 10. A tale titolo, lo Stato membro può richiedere, ad esempio di fornire un estratto del casellario giudiziale, il contratto di affitto o la busta paga.
  2. Il richiedente il ricongiungimento deve presentare la domanda quando i membri della sua famiglia si trovano all’esterno del territorio dello Stato membro. Tale norma può talvolta essere flessibile in casi particolari, segnatamente quando un familiare si trova già sul territorio ad altro titolo e deve semplicemente cambiare status o sulla base di considerazioni di ordine umanitario, come nel caso, per esempio, di un figlio di cui il richiedente il ricongiungimento sia l'unico genitore e che non possa quindi essere espulso nel proprio paese di origine.
  3. Le autorità competenti dello Stato esaminano la domanda sulla base dei documenti giustificativi forniti e degli altri elementi di prova che sono libere di acquisire. L’esame della domanda può essere il risultato del lavoro comune delle amministrazioni centrali, locali o, se del caso, consolari. Al fine di garantire la certezza del diritto del richiedente il ricongiungimento, è indispensabile che la domanda sia esaminata nel termine massimo di sei mesi e che, in caso di risposta negativa, essa sia debitamente motivata per permettere al richiedente di ricorrere contro la decisione.
  4. I rifugiati e le persone che beneficiano di una protezione sussidiaria sono spesso dovuti fuggire dal loro paese in condizioni che non permettevano loro di munirsi di tutti i documenti necessari per l'esame della domanda; non bisogna penalizzarli ma è necessario rendere flessibili le norme nei loro confronti prendendo in considerazione ogni altro mezzo di prova (testimonianza, fotografie, corrispondenza, colloqui separati del richiedente il ricongiungimento e del presunto familiare, ecc.).
  5. Tale disposizione è conforme all’articolo 3 della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989 che stabilisce che in tutte le decisioni che riguardano i figli deve essere preso in considerazione, prima di tutto, il loro interesse superiore.

Capo IV: Condizioni materiali del diritto al ricongiungimento familiare

Articolo 8

  1. Gli Stati hanno una competenza discrezionale per decidere in merito all'ingresso e al soggiorno dei cittadini di paesi terzi quando entrano in gioco ragioni di ordine pubblico, di sicurezza interna e di salute pubblica. Tuttavia, il potere discrezionale degli Stati non è illimitato ed è necessaria una certa trasparenza. Le ragioni di ordine pubblico, di sicurezza interna e di salute pubblica devono rispettare alcune modalità ed essere motivate, conformemente alla norma enunciata all’articolo 7, paragrafo 3 della proposta.
  2. Le ragioni di ordine pubblico o di sicurezza interna che possono determinare il rifiuto di ingresso devono essere fondate sul comportamento personale del familiare interessato. Si tratta di un criterio analogo a quello utilizzato nel diritto comunitario (direttiva 64/221/CEE del 25 febbraio 1964 per il coordinamento dei provvedimenti speciali riguardanti il trasferimento e il soggiorno degli stranieri, giustificati da motivi d'ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica). Questa norma non dispensa però gli Stati membri di esaminare la proporzionalità tra la gravità dei fatti contestati e l'obbligo di rispettare il diritto al ricongiungimento familiare.
  3. Anche se gli Stati possiedono una competenza discrezionale in materia di salute pubblica, non devono essere penalizzate le persone colpite da una malattia dopo il loro ingresso. Lo stato di salute non è motivo sufficiente per rimettere in causa il permesso di soggiorno rilasciato.

Articolo 9

Gli Stati membri possono esigere la prova che il richiedente il ricongiungimento sia in grado di provvedere alle esigenze della sua famiglia. Tuttavia, i criteri di valutazione sono rigorosamente stabiliti per non annullare il diritto al ricongiungimento familiare. A tale scopo può essere richiesto al richiedente il ricongiungimento di dimostrare, all'atto della domanda, che dispone di:

  1. Un alloggio che possa essere considerato adeguato. La valutazione della natura dell'alloggio spetta agli Stati membri ma i criteri adottati non devono essere discriminatori. I criteri relativi alla dimensione o alle norme sanitarie e di sicurezza non possono essere più severi di quelli relativi a un'abitazione situata nella stessa regione e destinata ad una famiglia paragonabile dal punto di vista del numero delle persone e della situazione sociale.
  2. Un'assicurazione contro le malattie che copra tutti i rischi. Tale condizione è finalizzata anche ad evitare che le persone diventino un onere per la previdenza sociale dello Stato membro di accoglienza e corrisponde a quella richiesta in alcuni casi in materia di libera circolazione delle persone (cfr. per esempio la direttiva 90/364/CE del 28 giugno 1990, relativa al diritto di soggiorno).
  3. Risorse stabili e sufficienti. L'importo delle risorse minime richieste per assicurarsi che il richiedente il ricongiungimento sarà in grado di provvedere ai bisogni della propria famiglia non può essere superiore alla soglia di reddito minimo garantito dallo Stato. Se la legislazione sociale dello Stato non prevede tale forma di assistenza sociale, il livello di risorse richiesto non potrà superare l'importo del minimo di pensione versato dallo Stato. Tali criteri corrispondono a quelli utilizzati, in alcuni casi, in materia di libera circolazione delle persone (cfr. la direttiva relativa al diritto di soggiorno).

Ai rifugiati e alle persone che beneficiano di una protezione sussidiaria, dovuta a ragioni imperative che le hanno costrette a fuggire dal loro paese e che impediscono loro di vivere una vita familiare normale, non può essere imposta l'osservanza di tali condizioni supplementari che rischiano di compromettere il loro diritto alla vita familiare.

Articolo 10

  1. Al fine di accertare la stabilità della residenza del richiedente il ricongiungimento, gli Stati membri possono fissare un periodo di attesa. Per non verificare l'esercizio del diritto al ricongiungimento familiare questo periodo di attesa non può essere superiore ad un anno. Ne risulta che, in ogni caso, il richiedente il ricongiungimento ha il diritto a farsi raggiungere dalla propria famiglia al massimo un anno dopo il suo ingresso nello Stato membro, se soddisfa le condizioni fissate dagli articoli 8 e 9.
  2. Tale misura non può essere applicata ai rifugiati e alle persone che beneficiano di una protezione sussidiaria perché è opportuno riservare loro condizioni più favorevoli di quelle applicabili alle altre categorie di cittadini di paesi terzi.

Capo V: Ingresso e soggiorno dei familiari

Articolo 11

  1. Il primo paragrafo disciplina l'ingresso dei familiari. Una volta che le autorità dello Stato membro abbiano preso una decisione positiva sulla domanda presentata dal richiedente il ricongiungimento, l'ingresso del familiare è autorizzato. Se il cittadino di un paese terzo, membro della famiglia del richiedente il ricongiungimento, ha bisogno di un visto per entrare nello Stato membro in cui questi risiede, tale Stato membro agevola il rilascio del visto, segnatamente provvedendo al suo rilascio in tempi brevi. Tale Stato ha l’obbligo di non esigere il pagamento delle spese per il rilascio del visto. Se il cittadino di un paese terzo, per recarsi sul territorio dello Stato membro in cui risiede il richiedente il ricongiungimento, deve passare per un altro Stato membro che esige un visto di transito, viene agevolato anche il rilascio di questo tipo di visto ed esso è concesso a titolo gratuito.
  2. Il permesso di soggiorno dei familiari ha una validità temporale identica a quella del permesso di soggiorno del richiedente il ricongiungimento. È prevista un'eccezione qualora il permesso di soggiorno del richiedente il ricongiungimento abbia una validità illimitata: in tal caso gli Stati membri possono limitare a un anno la validità del primo permesso di soggiorno dei familiari. Tale eccezione permette di prevenire gli abusi e, eventualmente, di verificare all'atto del rinnovo la sussistenza delle relazioni familiari.

Articolo 12

I familiari autorizzati a entrare e soggiornare in uno Stato membro beneficiano, al pari dei come i cittadini dello Stato membro in cui risiedono, di alcuni diritti necessari alla loro integrazione nel nuovo ambiente sociale. Ciò è pienamente in linea con le conclusioni del Consiglio europeo straordinario di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999 in materia di politica di immigrazione e di trattamento equo dei cittadini di paesi terzi.

  1. Tutti i familiari beneficiano dell’accesso all’istruzione, che comprende non solo l'accesso all’istruzione generale, elementare e media superiore, ma anche l’accesso a insegnamenti specialistici e agli studi universitari.

(b) e (c) I membri della famiglia nucleare (coniuge e figli) hanno accesso alle attività di lavoro dipendente e autonomo nonché alla formazione professionale. Gli altri familiari - segnatamente i figli maggiorenni e gli ascendenti a carico - non sono autorizzati a esercitare un’attività lucrativa o a seguire un corso di formazione professionale in quanto hanno beneficiato del ricongiungimento soltanto in ragione della loro dipendenza esclusiva dal richiedente il ricongiungimento.

Articolo 13

  1. L’accesso a uno status autonomo permette ai familiari di non dipendere più dal permesso di soggiorno del richiedente il ricongiungimento e garantisce loro quindi la certezza del diritto. Se il richiedente il ricongiungimento lascia lo Stato membro di residenza o in caso di rottura dei vincoli familiari, gli Stati membri non possono ritirare il permesso di soggiorno ai membri della famiglia nucleare. Il diritto di soggiorno autonomo è concesso entro quattro anni di residenza. Il periodo di validità del permesso di soggiorno rilasciato ai familiari quando acquisiscono uno status autonomo è stabilito dagli Stati membri in funzione del periodo di validità legale dei comuni permessi di soggiorno rilasciati ai cittadini di paesi terzi.
  2. Questa disposizione copre situazioni più complesse rispetto a quelle prese in considerazione attualmente per il diritto al soggiorno dei cittadini di paesi terzi membri della famiglia dei cittadini dell'Unione che esercitano il loro diritto alla libera circolazione e anche rispetto a quelle che rientrano nel campo di applicazione della proposta di modifica del regolamento del Consiglio (CEE) n. 1612/68 e della direttiva 68/360/CEE, presentata dalla Commissione nel marzo 1988.

    I motivi vanno ricercati nella particolare situazione delle persone cui è destinata la direttiva: i cittadini di paesi terzi membri della famiglia di cittadini di paesi terzi; in quanto tali, essi sono maggiormente esposti ad una precarizzazione del loro status in caso di allontanamento del richiedente il ricongiungimento o di rottura dei legami familiari con quest'ultimo. Si è quindi ritenuto necessario proporre misure adeguate alle loro esigenze, nel quadro di una politica migratoria da sviluppare sulla base delle nuove disposizioni del trattato di Amsterdam. La Commissione si adopererà per mantenere l'equilibrio della situazione giuridica dei cittadini di paesi terzi - che siano o no membri della famiglia di un cittadino dell'Unione - negli sviluppi futuri del diritto comunitario in tema di libera circolazione delle persone e in tema di politiche migratorie nei confronti dei cittadini di paesi terzi.

  3. Per gli altri familiari a carico del richiedente il ricongiungimento, gli Stati membri conservano la possibilità di concedere loro uno status autonomo.
  4. Il cambiamento di situazione familiare (per decesso, separazione, divorzio) autorizza i familiari a presentare una domanda di status autonomo prima della scadenza dei quattro anni. Dopo un anno di residenza e qualora il richiedente si trovi in una situazione particolarmente difficile, gli Stati membri hanno l'obbligo di concedere un permesso di soggiorno autonomo. Si tratta di una disposizione che non è prevista dal vigente diritto comunitario e che è destinata ad affrontare situazioni specifiche. Tale disposizione mira segnatamente a proteggere le donne vittime di violenza nella loro famiglia che non devono essere penalizzate con il ritiro del permesso di soggiorno se decidono di lasciare la famiglia. La disposizione può anche riferirsi alla situazione delle donne vedove, divorziate o ripudiate che si troverebbero in situazioni particolarmente difficili se fossero costrette a ritornare nel loro paese di origine.

Capo VI: Sanzioni e mezzi di ricorso

Articolo 14

  1. Se la proposta di direttiva mira a istituire un diritto al ricongiungimento familiare, deve anche provvedere a sanzionare l'eventuale aggiramento delle norme e delle procedure. L'elenco dei casi sanzionabili è circoscritto (frode, falsificazione di documenti, matrimonio o adozione fittizi). Per matrimoni e adozioni fittizie si intendono i matrimoni e le adozioni posti in essere al solo scopo di permettere alle persone interessate di entrare e soggiornare in uno Stato membro. Nel caso in cui venga dimostrato l'aggiramento della legge o la frode, lo Stato membro può rifiutare il rilascio di un permesso di soggiorno, ritirarlo o rifiutarne il rinnovo.
  2. I controlli finalizzati a combattere gli abusi non possono però sconfinare in un'interferenza arbitraria delle autorità pubbliche nella vita privata e familiare. Pertanto, sono vietati i controlli sistematici. I controlli sono effettuati quando esiste una fondata presunzione d’illegalità.

Articolo 15

Le conseguenze negative per la vita familiare provocate dalle misure che possono rimettere in causa lo status personale della persona interessata non devono essere sproporzionate rispetto ai fatti contestati. È opportuno pertanto ispirarsi all’interpretazione dell’articolo 8 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali quale risulta dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (per esempio sentenze Moustaquim c/ Belgique del 18 febbraio 1991, Beldjoudi c/ France del 26 marzo 1992) e tenere debitamente conto dei tre criteri seguenti: i vincoli familiari, la durata della residenza, l’esistenza di legami nel paese d’origine.

Articolo 16

In ogni caso, quando viene respinta la domanda, ritirato o non rinnovato il permesso di soggiorno dei familiari o vengono adottate misure di allontanamento, le persone interessate, cioè il richiedente il ricongiungimento o i membri della sua famiglia, devono poter avvalersi di mezzi di tutela giurisdizionale che permettano loro di impugnare tali decisioni anche nel caso in cui essi abbiano già potuto avvalersi di altri tipi di ricorso.

Articolo 17

L'articolo contiene una norma, ormai abituale nel diritto comunitario, che prevede sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive. Esso lascia agli Stati membri la facoltà di determinare in via discrezionale le sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali emanate in applicazione della direttiva.

Capo VII: Disposizioni finali

Articolo 18

La Commissione è incaricata di redigere una relazione sullo stato dell’applicazione della direttiva da parte degli Stati membri, conformemente al suo ruolo di vigilanza sull'applicazione delle disposizioni emanate dalle istituzioni in virtù del trattato. Tra i suoi compiti rientra anche quello di proporre eventuali modifiche.

Articolo 19

Gli Stati membri sono tenuti a recepire la presente direttiva nel proprio ordinamento entro il 31 dicembre 2002. Essi informano la Commissione sulle modifiche delle loro disposizioni legislative, regolamentari o amministrative e inseriscono un riferimento alla presente direttiva quando adottano le disposizioni.

Articolo 20

L'articolo stabilisce la data di entrata in vigore della direttiva.

Articolo 21

Destinatari della direttiva sono gli Stati membri.

Proposta di

DIRETTIVA DEL CONSIGLIO

relativa al diritto al ricongiungimento familiare

IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea e segnatamente l’articolo 63,

vista la proposta della Commissione,

visto il parere del Parlamento europeo,

visto il parere del Comitato economico e sociale,

considerando quanto segue:

  1. L'articolo 63, paragrafo 3 del trattato CE prevede che il Consiglio adotti misure in materia di politica dell'immigrazione; la lettera a) di tale articolo prevede segnatamente che il Consiglio adotti misure in materia di condizioni d’ingresso e di soggiorno e fa esplicito riferimento all'ingresso e al soggiorno a scopo di ricongiungimento familiare.
  2. Le misure relative al ricongiungimento familiare devono essere adottate conformemente all'obbligo di tutela della famiglia e di rispetto della vita familiare sancito da numerosi strumenti di diritto internazionale, e segnatamente dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950. Ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 2 del trattato sull'Unione europea l'Unione rispetta i diritti fondamentali garantiti dalla suddetta convenzione.
  3. Il Consiglio europeo ha riconosciuto, nella riunione speciale svoltasi a Tampere il 15 e 16 ottobre 1999, la necessità di un ravvicinamento delle legislazioni nazionali relative alle condizioni di ammissione e soggiorno dei cittadini di paesi terzi, fondata su una valutazione comune sia dell'evoluzione economica e demografica all'interno dell'Unione sia della situazione nei paesi d'origine. A tal fine il Consiglio europeo ha chiesto al Consiglio di adottare rapidamente decisioni sulla base di proposte della Commissione. Tali decisioni dovrebbero tener conto non solo della capacità di accoglienza di ciascuno Stato membro, ma anche dei legami storici e culturali con i paesi d'origine.
  4.  

  5. Il Consiglio europeo, nella riunione speciale di Tampere, ha affermato che l’Unione europea deve garantire un trattamento equo ai cittadini di paesi terzi che risiedono legalmente sul territorio degli Stati membri e che una politica più energica in materia d’integrazione dovrebbe proporsi di offrire loro diritti e doveri comparabili a quelli dei cittadini dell’Unione europea;.
  6. Conformemente al Piano d'azione del Consiglio e della Commissione del 3 dicembre 1998, si deve procedere all’adozione di uno strumento sullo status giuridico degli immigrati legali nei due anni successivi all’entrata in vigore del trattato di Amsterdam e di una normativa sulle condizioni di ingresso e di soggiorno, e devono essere elaborate, entro cinque anni, norme sulle procedure di rilascio da parte degli Stati membri di visti e di permessi di soggiorno a lungo termine, anche ai fini del ricongiungimento familiare.
  7. Il ricongiungimento familiare è uno strumento necessario per permettere la vita familiare; esso contribuisce a creare un ambiente socioculturale che facilita l'integrazione dei cittadini di paesi terzi negli Stati membri, permettendo d’altra parte di promuovere la coesione economica e sociale, obiettivo fondamentale della Comunità, enunciato agli articoli 2 e 3, paragrafo 1, punto k) del trattato CE.
  8. Al fine di garantire la tutela della famiglia e il mantenimento o la creazione della vita familiare è opportuno istituire un diritto al ricongiungimento familiare riconosciuto dagli Stati membri ed è importante stabilire, sulla base di criteri comuni, le condizioni materiali per l'esercizio di tale diritto.
  9. La situazione dei rifugiati e di coloro che beneficiano della protezione sussidiaria richiede un'attenzione particolare, in considerazione delle ragioni che hanno costretto queste persone a fuggire dal loro paese e che impediscono loro di vivere una vita di famiglia; pertanto, occorre prevedere condizioni più favorevoli per l'esercizio del loro diritto al ricongiungimento familiare.
  10. Al fine di evitare discriminazioni tra i cittadini dell'Unione che esercitano il loro diritto alla libera circolazione e quelli che non lo esercitano, è opportuno prevedere che il ricongiungimento familiare dei cittadini dell'Unione che risiedono nei paesi di cui hanno la nazionalità sia disciplinato dalle norme del diritto comunitario in materia di libera circolazione.
  11. Il ricongiungimento familiare riguarda i membri della famiglia nucleare, cioè il coniuge e i figli minorenni. Nel caso in cui, in uno Stato membro, la situazione delle coppie non sposate sia assimilata a quella delle coppie sposate, occorre rispettare il principio della parità di trattamento e prevedere che il partner non legato da vincoli di matrimonio possa beneficiare del ricongiungimento.
  12. Il ricongiungimento familiare deve riguardare anche i figli maggiorenni e gli ascendenti, qualora la loro situazione personale non consenta loro, per ragioni importanti e obiettive, di essere separati dal cittadino di un paese terzo che risieda legalmente in uno Stato membro.
  13. Occorre stabilire un sistema di regole procedurali che disciplinano l'esame della domanda di ricongiungimento familiare, nonché l'ingresso e il soggiorno dei familiari; tali procedure devono essere efficaci ed eque e offrire agli interessati un livello adeguato di protezione.
  14. Deve essere incoraggiata l'integrazione dei familiari; a tal fine, deve essere loro attribuito, dopo un periodo di residenza nello Stato membro, uno statuto indipendente da quello del richiedente il ricongiungimento. Essi devono avere accesso all'istruzione, all’occupazione e alla formazione professionale.
  15. Devono essere previste misure adeguate, proporzionate e dissuasive per evitare e sanzionare l'aggiramento delle norme e delle procedure per il ricongiungimento familiare.
  16. Conformemente al principio di sussidiarietà e al principio di proporzionalità di cui all'articolo 5 del trattato, l'obiettivo dell'azione prevista, cioè la previsione di un diritto al ricongiungimento familiare dei cittadini di paesi terzi che venga esercitato secondo modalità comuni, non può, in quanto tale, essere sufficientemente realizzato dagli Stati membri e può invece essere realizzato meglio a livello comunitario, a causa delle dimensioni e dell’impatto dell’azione proposta. La presente direttiva si limita al minimo richiesto per raggiungere tale obiettivo,

HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:

CAPO I

Disposizioni generali

Articolo 1

Scopo della presente direttiva è istituire un diritto al ricongiungimento familiare a beneficio dei cittadini di paesi terzi residenti legalmente sul territorio degli Stati membri e dei cittadini dell'Unione che non esercitano il loro diritto alla libera circolazione. Tale diritto è esercitato in conformità delle disposizione della presente direttiva.

Articolo 2

Ai sensi della presente direttiva si intende per:

  1. "cittadino di un paese terzo": chiunque non sia cittadino dell'Unione ai sensi dell'articolo 17, paragrafo 1 del trattato che istituisce la Comunità europea;
  2. "rifugiato": il cittadino di un paese terzo o l’apolide cui sia riconosciuto lo status di rifugiato ai sensi della convenzione relativa allo status dei rifugiati del 28 luglio 1951, modificata dal Protocollo di New York del 31 gennaio 1967;
  3. "persona che beneficia di una protezione sussidiaria": il cittadino di un paese terzo o l’apolide autorizzato a soggiornare in uno Stato membro in virtù di forme sussidiarie di protezione, conformemente agli obblighi internazionali, alle legislazioni nazionali o alle pratiche degli Stati membri;
  4. "il richiedente il ricongiungimento": cittadino di un paese terzo residente legalmente in uno Stato membro ovvero cittadino dell’Unione che chiede di ricongiungersi ai propri familiari;
  5. "ricongiungimento familiare": l'ingresso e il soggiorno in uno Stato membro dei familiari di un cittadino dell'Unione o di un cittadino di un paese terzo residente legalmente in tale Stato membro, al fine di formare o conservare l’unità familiare, sia che i vincoli familiari siano anteriori, sia che siano posteriori all'ingresso del residente;
  6. "permesso di soggiorno": un permesso o un'autorizzazione, rilasciati dalle autorità di uno Stato membro nella forma prescritta dalla sua legislazione, che permettono a un cittadino di un paese terzo di risiedere sul suo territorio, ad eccezione delle autorizzazioni provvisorie rilasciate in attesa dell'esame di una domanda d'asilo.

Articolo 3

  1. La presente direttiva si applica quando il richiedente il ricongiungimento è:

    1. un cittadino di un paese terzo che risiede legalmente in uno Stato membro ed è titolare di un permesso di soggiorno rilasciato da tale Stato membro, per un periodo pari o superiore a un anno,
    2. un rifugiato, indipendentemente dalla durata di validità del suo permesso di soggiorno,
    3. un cittadino dell’Unione europea che non esercita il suo diritto alla libera circolazione,

se i membri della famiglia del richiedente il ricongiungimento sono cittadini di paesi terzi, indipendentemente dal loro status giuridico.

2. La presente direttiva non si applica quando il richiedente il ricongiungimento è:

    1. un cittadino di un paese terzo che chiede il riconoscimento della qualità di rifugiato e la cui domanda non è ancora stata oggetto di una decisione definitiva;
    2. un cittadino di un paese terzo autorizzato a soggiornare in uno Stato membro in virtù di una protezione temporanea o che ha chiesto l'autorizzazione a soggiornare per questo stesso motivo ed è in attesa di una decisione sul suo status.

3. La presente direttiva non si applica ai familiari di cittadini dell'Unione che esercitano il loro diritto alla libera circolazione delle persone.

4. La presente direttiva fa salve le disposizioni più favorevoli contenute:

    1. negli accordi bilaterali e multilaterali stipulati tra la Comunità, ovvero tra la Comunità e i suoi Stati membri da una parte, e alcuni paesi terzi dall'altra, entrati in vigore prima della data di entrata in vigore della presente direttiva;
    2. nella Carta sociale europea del 18 ottobre 1961 e nella convenzione europea relativa allo status di lavoratore migrante del 24 novembre 1977.

Articolo 4

In deroga alla presente direttiva, il ricongiungimento familiare dei cittadini di paesi terzi, familiari di un cittadino dell’Unione che risiede nello Stato membro di cui ha la nazionalità e che non ha esercitato il diritto alla libera circolazione delle persone è disciplinato, in quanto compatibili, dagli articoli da 10, 11 e 12 del regolamento (CEE) n. 1612/68 del Consiglio e dalle altre disposizioni di diritto comunitario indicate nell'allegato.

CAPO II

Membri della famiglia

Articolo 5

  1. In virtù della presente direttiva e subordinatamente al rispetto delle condizioni stabilite al capo IV, gli Stati membri autorizzano l'ingresso e il soggiorno dei seguenti familiari:

    1. il coniuge del richiedente il ricongiungimento, o il partner non legato da vincoli di matrimonio che abbia una relazione duratura con il richiedente il ricongiungimento, se la legislazione dello Stato membro interessato assimila la situazione delle coppie non sposate a quella delle coppie sposate;
    2. i figli minorenni del richiedente il ricongiungimento e del suo coniuge o partner non legato da vincoli di matrimonio, compresi i figli adottati secondo la decisione presa dall’autorità competente dello Stato interessato o una decisione riconosciuta da tale autorità;
    3. i figli minorenni, compresi quelli adottati, del richiedente il ricongiungimento o del coniuge o partner non legato da vincoli di matrimonio, quando uno di essi sia titolare dell'affidamento e responsabile del loro mantenimento; nel caso in cui i figli siano affidati ad entrambi i genitori, è necessario il consenso dell’altro genitore;
    4. gli ascendenti del richiedente il ricongiungimento o del suo coniuge o partner non legato da vincoli di matrimonio, qualora essi siano a loro carico e non abbiano alcun altro sostegno familiare nel paese d’origine;
    5. i figli maggiorenni del richiedente il ricongiungimento o del coniuge o partner non legato da vincoli di matrimonio, qualora essi non siano coniugati e non possano oggettivamente provvedere al proprio sostentamento a causa del loro stato di salute.

  1. In caso di matrimonio poligamo, se il richiedente il ricongiungimento ha già una moglie convivente sul territorio di uno Stato membro, lo Stato membro interessato non autorizza l'ingresso e il soggiorno di un'altra moglie né dei figli di quest'ultima. L'ingresso e il soggiorno dei figli di un'altra moglie sono autorizzati se lo esiga l'interesse superiore dei figli.
  2. I figli minorenni di cui al paragrafo 1, lettere b) e c) devono avere un'età inferiore a quella in cui si diventa legalmente maggiorenni nello Stato membro interessato e non devono essere coniugati.
  3. Quando il richiedente il ricongiungimento è un rifugiato o una persona che beneficia di una protezione sussidiaria, gli Stati membri agevolano il ricongiungimento di altri membri della famiglia non previsti al paragrafo 1, qualora essi siano a carico del richiedente il ricongiungimento.
  4. I cittadini di paesi terzi che risiedono in uno Stato membro a scopo di studio non possono farsi raggiungere dagli ascendenti di cui al paragrafo 1, lettera d).

Articolo 6

Se il rifugiato è un minore non accompagnato, gli Stati membri possono:

  1. autorizzare l'ingresso e il soggiorno ai fini del ricongiungimento familiare degli ascendenti, senza applicare le condizioni previste all’articolo 5, paragrafo 1, lettera d);
  2. autorizzare l'ingresso e il soggiorno ai fini del ricongiungimento familiare di altri familiari non previsti dall'articolo 5, quando il minore non abbia ascendenti o quando è impossibile ritrovarli.

CAPO III

Presentazione ed esame della domanda

Articolo 7

  1. Al fine di esercitare il proprio diritto al ricongiungimento familiare, il richiedente il ricongiungimento presenta alle autorità competenti dello Stato membro in cui risiede una domanda di ingresso e di soggiorno per un membro della sua famiglia. La domanda deve essere corredata da documenti che provino i vincoli familiari e l'osservanza delle condizioni previste dagli articoli 5 e 8 e, ove opportuno, dagli articoli 9 e 10. La domanda è presentata quando il membro della famiglia si trova all'esterno del territorio di tale Stato membro.
  2. In deroga al paragrafo 1, lo Stato membro interessato esamina una domanda presentata quando il membro della famiglia risiede già sul suo territorio, in casi particolari o sulla base di considerazioni di ordine umanitario.
  3. Dopo aver esaminato la domanda, le autorità competenti dello Stato membro comunicano per iscritto al richiedente il ricongiungimento la loro decisione entro un termine di sei mesi. Il rigetto della domanda deve essere debitamente motivato.
  4. Se il richiedente il ricongiungimento è un rifugiato o persona che beneficia della protezione sussidiaria e non può fornire documenti che provino i suoi vincoli familiari, gli Stati membri tengono conto anche di altri mezzi idonei a provare l’esistenza dei vincoli familiari. Il rigetto della domanda non può essere motivato unicamente dall'assenza di documenti probatori.
  5. Nell'esame della domanda, gli Stati membri si adoperano per tenere nella dovuta considerazione l’interesse superiore dei figli minorenni.

CAPO IV

Condizioni materiali per l’esercizio del diritto al ricongiungimento familiare

Articolo 8

  1. Gli Stati membri possono rifiutare l’ingresso e il soggiorno di un membro della famiglia per ragioni di ordine pubblico, di sicurezza interna e di salute pubblica.
  2. Le ragioni di ordine pubblico o di sicurezza interna devono essere fondate esclusivamente sul comportamento personale del membro della famiglia in questione.
  3. L’insorgere di malattie o infermità dopo il rilascio del permesso di soggiorno non costituisce motivo sufficiente per giustificare il rifiuto di rinnovo del permesso di soggiorno o l'allontanamento dal territorio da parte dell’autorità competente dello Stato membro interessato.

Articolo 9

  1. Al momento della presentazione della domanda di ricongiungimento familiare lo Stato membro interessato può chiedere al richiedente il ricongiungimento di dimostrare che egli dispone:

    1. di un alloggio adeguato, cioè di un'abitazione considerata normale per una famiglia comparabile che viva nella stessa regione dello Stato membro interessato;
    2. di un'assicurazione contro le malattie che copra complessivamente i rischi nello Stato membro interessato per lui stesso e per i membri della sua famiglia;
    3. di risorse stabili e sufficienti, vale a dire superiori o almeno pari al livello di risorse al di sotto del quale può essere concessa un'assistenza sociale nello Stato membro interessato.

Quando non possa essere applicato il primo comma, le risorse sono considerate sufficienti qualora siano pari o superiori al livello della pensione minima di sicurezza sociale versata dallo Stato membro interessato.

  1. Le condizioni relative all'alloggio, all'assicurazione malattia e alle risorse di cui al paragrafo 1 possono essere fissate dagli Stati membri solo al fine di assicurarsi che il richiedente il ricongiungimento sarà in grado di provvedere alle esigenze dei membri della famiglia ricongiunta, senza ulteriore ricorso ai fondi pubblici. Tali disposizioni non possono comportare discriminazioni tra i cittadini dello Stato e quelli di un paese terzo.
  2. Il paragrafo 1 non si applica se il richiedente il ricongiungimento è un rifugiato o una persona che beneficia di una protezione sussidiaria.

Articolo 10

  1. Gli Stati membri possono esigere che il richiedente il ricongiungimento, prima di farsi raggiungere dai membri della sua famiglia, abbia risieduto legalmente sul loro territorio per un periodo non superiore ad un anno
  2. Il paragrafo 1 non si applica se il richiedente il ricongiungimento è un rifugiato o una persona che beneficia di una protezione sussidiaria.

CAPO V

Ingresso e soggiorno dei membri della famiglia

Articolo 11

  1. Una volta che sia stata accettata la domanda d'ingresso ai fini del ricongiungimento familiare, lo Stato membro interessato autorizza l’ingresso del familiare. Gli Stati membri agevolano il rilascio dei visti necessari, compresi, se del caso, i visti di transito. Tali visti sono gratuiti.
  2. Lo Stato membro interessato rilascia al familiare un permesso di soggiorno rinnovabile con un periodo di validità identico a quello del richiedente il ricongiungimento. Se il permesso di soggiorno del richiedente il ricongiungimento è permanente o illimitato, gli Stati membri possono limitare il primo permesso di soggiorno del familiare a un anno.

Articolo 12

  1. I membri della famiglia del richiedente il ricongiungimento hanno diritto, allo stesso titolo dei cittadini dell'Unione:

    1. all'accesso all’istruzione;
    2. all'accesso a un'attività lavorativa dipendente o autonoma;
    3. all'accesso all'orientamento, alla formazione, al perfezionamento e all'aggiornamento professionale.

  1. Le lettere b) e c) del paragrafo 1 non si applicano agli ascendenti e ai figli maggiorenni, quali definiti dall’articolo 5, paragrafo 1, lettere d) ed e).

Articolo 13

  1. Trascorso un periodo massimo di quattro anni di residenza e sempreché continuino a sussistere i vincoli familiari, il coniuge o il partner non legato da vincoli di matrimonio e il figlio diventato maggiorenne hanno diritto a un permesso di soggiorno autonomo, indipendente da quello del richiedente il ricongiungimento.
  2. Gli Stati membri possono concedere un permesso di soggiorno autonomo ai figli maggiorenni e agli ascendenti di cui all'articolo 5, paragrafo 1, lettere d) e e).
  3. In caso di vedovanza, divorzio, separazione o decesso di ascendenti o discendenti, le persone entrate in virtù del ricongiungimento familiare e residenti da almeno un anno, possono chiedere un permesso di soggiorno autonomo. Quando situazioni particolarmente difficili lo richiedono, gli Stati membri accolgono tali domande.

CAPO VI

Sanzioni e mezzi di ricorso

Articolo 14

  1. Gli Stati membri possono rifiutare la domanda d'ingresso e di soggiorno ai fini del ricongiungimento familiare, ritirare o rifiutare il rinnovo del permesso di soggiorno dei membri della famiglia se è accertato che:

    1. il loro ingresso e/o soggiorno è stato ottenuto mediante falsificazione di documenti o con la frode, ovvero se
    2. il matrimonio o l’adozione hanno avuto luogo allo scopo esclusivo di permettere all'interessato di entrare e/o soggiornare in uno Stato membro.

  1. Gli Stati membri procedono a controlli puntuali in caso di fondata presunzione di violazioni.

Articolo 15

In caso di rigetto o di mancato rinnovo del permesso di soggiorno o di adozione di una misura di allontanamento nei confronti del richiedente il ricongiungimento o dei membri della sua famiglia gli Stati membri prendono nella dovuta considerazione la natura e la solidità dei vincoli familiari della persona e la durata della sua residenza nello Stato membro, nonché l’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo paese d’origine.

Articolo 16

In caso di rigetto della domanda di ricongiungimento familiare, di mancato rinnovo, di ritiro del permesso di soggiorno o di adozione di una misura di allontanamento, il richiedente il ricongiungimento e i membri della famiglia possono avvalersi dei rimedi giurisdizionali previsti nello Stato membro interessato.

Articolo 17

Gli Stati membri determinano le sanzioni da irrogare in caso di violazione delle disposizioni nazionali di attuazione della presente direttiva e prendono tutti i provvedimenti necessari per la loro applicazione. Le sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano tali disposizioni alla Commissione non oltre la data prevista all’articolo 19, nonché, quanto prima possibile, le relative modificazioni.

 

 

CAPO VII

Disposizioni finali

Articolo 18

Al più tardi entro due anni dal termine di cui all’articolo 19 la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione negli Stati membri della presente direttiva e propone, se del caso, le modifiche necessarie.

Articolo 19

Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 31 dicembre 2002 e ne informano immediatamente la Commissione.

Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.

Articolo 20

La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo a quello di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.

Articolo 21

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

Fatto a Bruxelles, addì

Per il Consiglio,

Il Presidente

ALLEGATO

 

Direttiva 64/221/CEE del Consiglio del 25 febbraio 1964, per il coordinamento dei provvedimenti speciali riguardanti il trasferimento e il soggiorno degli stranieri, giustificati da motivi d'ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica.

Direttiva 68/360/CEE del Consiglio del 15 ottobre 1968, relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei lavoratori degli Stati membri e delle loro famiglie all'interno della Comunità.

Regolamento (CEE) 1251/70 della Commissione, del 29 giugno 1970, relativo al diritto dei lavoratori di rimanere sul territorio di uno Stato membro dopo aver occupato un impiego.

Direttiva 73/148/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1973, relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei cittadini degli Stati membri all'interno della Comunità in materia di stabilimento e di prestazione di servizi.

Direttiva 75/34/CEE del Consiglio, del 17 dicembre 1974, relativa al diritto di un cittadino di uno Stato membro di rimanere sul territorio di un altro Stato membro dopo avervi svolto un'attività non salariata.

Direttiva 90/364/CEE del Consiglio, del 28 giugno 1990, relativa al diritto di soggiorno.

Direttiva 90/365/CEE del Consiglio, del 28 giugno 1990, relativa al diritto di soggiorno dei lavoratori salariati e non salariati che hanno cessato la propria attività professionale.

Direttiva 93/96/CEE del Consiglio, del 29 ottobre 1993, relativa al diritto di soggiorno degli studenti.