il manifesto
21 Gennaio 2000
 

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IMMIGRAZIONE

Condividere ogni diversità

NAZZARENA ZORZELLA *

V ari elementi, ultimo e visibile il rapporto dell'Onu sulla necessità di forza lavoro immigrata, sembrano suggerire un dibattito sui valori che il fenomeno dell'immigrazione provoca e sposta nei Paesi di arrivo. Gli interventi di Dino Frisullo, di Silvia Boba e di Sergio Briguglio, pur nella diversità delle impostazioni, convergono verso la soluzione di consentire agli immigrati l'ingresso in Europa, ma divergono quanto alla legittimazione di siffatta "apertura". E' bene allora affrontare questo tema non solo dal punto di vista di chi arriva ma anche dal nostro, di noi cittadini italiani ed europei, noi "sinistra", noi "addetti ai lavori", perché solo se questi valori sono chiari e condivisi l'immigrazione non sarà più motivo di allarme sociale ma diverrà una effettiva risorsa umana.

Molti tra noi hanno tirato un sospiro di sollievo leggendo, il fondo del 9 gennaio di Eugenio Scalfari "Immigrati, future ricchezza d'Europa", contenti nel verificare che anche da quell'autorevole opinionista provenisse un inequivoco invito all'apertura all'immigrazione in quanto supportata da ragioni economiche. Anche il rapporto Onu è sembrato inaspettata "manna dal cielo", perché legittima - seppur non per le stesse ragioni - ciò che da tempo affermiamo e pratichiamo in termini di accoglienza, assistenza e tutela degli immigrati. Ma, passato l'iniziale conforto, dobbiamo renderci conto dell'illusorietà dell'emozione e affrontare una questione che non possiamo più disattendere: parlo e mi rivolgo all'associazionismo e alla sinistra anche istituzionale disaffezionata ai temi della solidarietà e dei valori della persona e ignara che su questi temi potrebbe cercare un'identità non più riconoscibile e per la quale non basta uno slogan congressuale.

Allora: perché ci prendiamo cura degli immigrati e facciamo scelte di vita incompatibili con il profitto per tutelare persone "deboli"? Non abbiamo tutti le stesse motivazioni, alcune sono di tipo etico, altre religiose o sociali o più politiche. Ma con il passare del tempo si è insinuata una tendenza - non prevalente ma non per questo meno rischiosa - a cercare di legittimare il fenomeno dell'immigrazione con motivazioni economiche: chi di noi non ha mai citato gli articoli di Cipolletta sul Sole 24 Ore, quando rivendicava la necessità per l'industria di avere frontiere umane aperte? Avere un simile "alleato" non guastava di certo! Come oggi il rapporto Onu. Così facendo abbiamo avuto, e abbiamo, timore a rivendicare una legittimazione della mobilità umana con ragioni che trovano fonte in principi di libertà ed uguaglianza, di equità nella distribuzione delle risorse e nel trattamento giuridico, di rispetto e condivisione della diversità, temi non facilmente opponibili non solo alle istituzioni bensì alla società che è l' unico soggetto che ha potere di indurre reali ed effettive modificazioni sociali.

Non dico che abbiamo dimenticato o ignorato queste motivazioni nell'attività di tutti i giorni, ma che l'abbiamo accantonato nelle richieste pubbliche, negli interventi presso i centri di decisione, spesso preoccupati di trovare punti di mediazione che inevitabilmente erano un compromesso al ribasso. Chi non si è prestato a questo ruolo è stato estromesso dai centri di decisione, senza grande clamore! Dico anche che non siamo stati capaci (non ancora) di costituire insieme un progetto unitario ove fare convergere finalità, azioni e discussioni da proporre/imporre all'esterno, con il risultato che Dino Frisullo può bacchettarci per non essere ampiamente partecipativi (se non assenti) e dunque scarsamente incisivi nella battaglia sui centri di detenzione amministrativa.

E' vero che sarebbe solo velleitario trovare e diffondere motivazioni per l'accettazione degli immigrati prescindendo dalla ricerca di compatibilità e dall'effettiva capacità recettiva delle società di arrivo, sotto tutti i profili. Cercare i termini e i contorni di questa compatibilità dovrebbe essere, dunque, l'impegno da affrontare, ricordando che la storia e il buon senso ci insegnano che le persone si muovono, a prescindere dalle leggi, verso luoghi ove vi sono reali possibilità occupazionali e un livello minimo di rispetto della dignità. Non lasciamoci ingannare dalle sirene dell'economia, ma tentiamo percorsi che da essa si differenzino, per fondare nuovi - o riprendere vecchi - valori da consegnare alle generazioni che ci seguiranno: questa è, secondo me, la vera scommessa umana. L'economia - dalla quale, è vero, non possiamo prescindere - ha un valore autoreferenziale, prende o lascia, apre o chiude per ragioni che nulla hanno a che vedere con le libertà. Noi no.

* associazione studi giuridici sull'immigrazione


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