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N E W S PROGETTO ATLANTE

E U R O P A

n. 3/2000

07 giugno 2000

a cura dell'

ASGI - Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione

La riproduzione di questo bollettino o anche di parte di esso, su supporto cartaceo o elettronico, non è consentita senza l'autorizzazione dell'autore

 

SOMMARIO

SPECIALE NEWS - EUROPA

PRIMO PIANO

1. In vista della scadenza delle misure di protezione temporanea adottate dai diversi paesi europei a favore dei rifugiati provenienti dal Kosovo, l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati definisce con un proprio documento le raccomandazioni relative alle politiche di rimpatrio e indica le categorie di persone da ritenersi ancora bisognose di protezione internazionale e per le quali il rientro in Kosovo dovrebbe essere per il momento escluso.

IL TRATTATO DI AMSTERDAM E LA FORMAZIONE DELLA POLITICA COMUNE EUROPEA IN MATERIA DI IMMIGRAZIONE E ASILO

2. A seguito delle conclusioni del vertice di Tampere, la Commissione Europea ha presentato al Consiglio Europeo per la Giustizia e gli Affari Interni, svoltosi a Bruxelles il 27 marzo 2000, una "tabella di marcia" per l'implementazione degli Accordi di Amsterdam nelle materie dell'immigrazione e dell'asilo. I contenuti del Vertice europeo di Tampere, in Finlandia, del 15-16 ottobre scorso ed i documenti propositivi di organismi italiani ed europei.

"Background information" sul Trattato di Amsterdam e le prospettive della politica europea

comune in materia di immigrazione e asilo.

LIBERTA' DI CIRCOLAZIONE E POLITICHE MIGRATORIE

3. La Grecia entra nello "spazio Schengen"

4. La Commissione Europea conferma il diritto del Belgio di reintrodurre il controllo alle frontiere interne in relazione al provvedimento di regolarizzazione degli stranieri.

5. La Commissione Europea adotta una proposta di regolamento del Consiglio Europeo contenente l'elenco dei paesi terzi ai cui cittadini deve essere richiesto il visto per l' ingresso nello spazio europeo.

6. Alcuni Stati membri dell'Unione Europea hanno espresso forti critiche e riserve su alcuni contenuti della proposta della Commissione Europea di direttiva sul diritto alla riunificazione familiare. L'ECRE con un proprio documento sostiene l'iniziativa della Commissione Europea e propone ulteriori emendamenti a favore dei rifugiati. Il Consiglio d'Europa raccomanda il rispetto del diritto alla riunificazione familiare per i rifugiati.

7. La Commissione Europea ha predisposto le bozze delle decisioni del Consiglio europeo

autorizzanti la commissione a negoziare accordi di riammissione della Comunità europea con taluni paesi terzi (in primo luogo Marocco, Sri Lanka, Pakistan e Federazione Russa). Le preoccupazioni dell'ECRE. La tematica degli accordi di Riammissione dibattuta anche nelle negoziazioni finali del nuovo accordo di partnership tra l'Unione Europea e i Paesi ACP (African, Caribbean, Pacific States).

RIFUGIATI E ASILO

  1. La Corte europea dei diritti umani afferma che i governi europei non possono applicare automaticamente i criteri della Convenzione di Dublino in merito alle determinazione dell'unico paese responsabile dell'esame dell'istanza di asilo, senza considerare le possibili implicazioni contrarie al principio di "non-refoulement" di cui all'art. 3 della Convenzione europea per la tutela dei diritti dell'uomo.

9. Il Consiglio europeo raggiunge un accordo sulla proposta di regolamento per l'istituzione del sistema informatico delle impronte digitali dei richiedenti asilo e dei clandestini (EURODAC).

10.La Commissione europea pubblica il suo documento di lavoro sulla sostituzione della

Convenzione di Dublino con uno strumento di diritto comunitario. Il Documento analizza le difficoltà incontrate nell'applicazione della Convenzione di Dublino e le possibili opzioni per il miglioramento del sistema di distribuzione degli oneri di solidarietà connessi all'accoglienza dei richiedenti asilo in seno all'Unione Europea.

11. La delegazione dell'UNHCR ad Atene (Grecia) afferma in un proprio documento che in certe situazioni riguardanti casi di richiedenti asilo vulnerabili o che necessitano di particolare attenzione, non appare raccomandabile ed opportuno il trasferimento in Grecia in base alle regole per la determinazione dell'unico paese responsabile dell'esame dell'istanza di asilo fissate dalla Convenzione di Dublino, a causa delle precarie condizioni di accoglienza previste per gli asilanti.

12. La Commissione Europea intenderebbe avanzare nella seconda metà del 2000 una proposta di direttiva sulle procedure di asilo. Previsto a Lisbona a giugno un seminario europeo sull'asilo convocato dalla presidenza portoghese dell'UE.

13. La Commissione Europea ha commissionato la redazione di uno studio preliminare sulle politiche e condizioni di accoglienza (reception policies) dei richiedenti asilo nei quindici paesi membri.

14. Prosegue la discussione sulla proposta della Commissione Europea per l'istituzione di

un "Fondo Europeo per i Rifugiati". Le proposte di ECRE e dell'UNHCR.

15. Il Comitato Rifugiati dell'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa redige un

rapporto sulle restrizioni in materia di asilo in Europa.

16. L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati diffonde le statistiche relative alle istanze di asilo presentate in Europa nel 1999.

17. Un rapporto di Amnesty International denuncia numerosi casi di violazione dei diritti umani nei confronti di rifugiati e richiedenti asilo in diversi paesi europei.

ALLARGAMENTO DELL'UNIONE EUROPEA

18. Il Consiglio Europeo prosegue il monitoraggio dei progressi registrati dai Paesi candidati all'accesso dell'Unione Europea nella trasposizione e implementazione dell' "acquis communautaire" in materia di giustizia e affari interni nelle legislazioni e prassi nazionali.

RAZZISMO E DISCRIMINAZIONE

19. La Commissione Europea adotta un pacchetto di misure per combattere il razzismo e la discriminazione razziale, religiosa e sessuale. Presentato un rapporto europeo sul

razzismo e la xenofobia.

20. Il Parlamento europeo esamina e discute due rapporti sui mezzi per combattere il razzismo in seno all'Unione Europea.

CITTADINANZA

21. Entrata in vigore il 1 gennaio 2000 la nuova legge tedesca sulla cittadinanza che crea condizioni più favorevoli per la naturalizzazione degli stranieri e per l'accesso alla cittadinanza dei bambini stranieri nati in Germania. L'Italia diviene ora il paese dell'Unione Europea con la legislazione più severa in materia di naturalizzazione degli stranieri e di acquisto della cittadinanza da parte dei bambini stranieri nati in Italia.

TRAFFICO DI MIGRANTI

22. Le Nazioni Unite pubblicano uno studio che afferma la necessità dell'accoglienza dei migranti in Europa per il mantenimento della competitività economica e dell'equilibrio demografico.

23. Il Comitato ad hoc previsto dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale elabora due protocolli sul traffico di immigrati. Le preoccupazioni degli organismi internazionali ed un documento del Consiglio canadese per i rifugiati.

VARIE

24. Entrata in vigore lo scorso 1 febbraio 2000 la nuova legge spagnola sui diritti e l'integrazione sociale degli stranieri immigrati, che contempla sia una norma transitoria di sanatoria degli stranieri irregolari, sia un'interessante previsione valevole "a regime" di regolarizzazione permanente degli stranieri clandestini.

 

 

S p e c i a l e N E W S

NEWS ATLANTE SPECIALE EUROPA

Abbiamo deciso di aprire una nuova rubrica destinata all'analisi degli sviluppi delle politiche e delle iniziative a livello europeo in materia di immigrazione e asilo. Se troveranno attuazione le volontà e gli intendimenti dei redattori del Trattato di Amsterdam, con la progressiva implementazione di quest'ultimo le politiche migratorie saranno sottratte alla sfera della piena sovranità dei singoli Stati, per essere integrate in un indirizzo globalmente elaborato in ambito europeo. Appare dunque essenziale seguire da vicino questi sviluppi.

Per la stesura di questi brevi commenti ci siamo avvalsi del materiale fornito dal Servizio di documentazione dell'ECRE (European Consultation on Refugees and Exiles), un coordinamento, con sede a Londra, di ONG europee attive sui temi dell'asilo politico e della protezione dei rifugiati e che si propone dalla sua costituzione come una struttura di lobby nei confronti dei soggetti responsabili della definizione delle politiche europee in questo settore. Membri dell'ECRE in Italia sono il Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR) ed il Consorzio Italiano di Solidarietà (ICS).Per maggiori informazioni sulle attività dell'ECRE, si può consultare il sito Internet: www.ecre.org.

 

PRIMO PIANO

1. In vista della scadenza delle misure di protezione temporanea adottate dai diversi paesi europei a favore dei rifugiati provenienti dal Kosovo, l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati definisce con un proprio documento le raccomandazioni relative alle politiche di rimpatrio e indica le categorie di persone da ritenersi ancora bisognose di protezione internazionale e per le quali il rientro in Kosovo dovrebbe essere per il momento escluso.

Con l'inizio dell'estate, vengono in scadenza nei paesi di asilo europei le misure di protezione temporanea a suo tempo accordate ai rifugiati provenienti dal Kosovo. In viste delle politiche di rientro prospettate dai governi, l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ha elaborato nel marzo 2000 una propria presa di posizione contenente le raccomandazioni affinché i provvedimenti e le politiche di rimpatrio adottate dai governi corrispondano ai principi di "non refoulement" sanciti da precisi obblighi internazionali a ai requisiti di dignità, sicurezza e umanità (Kosovo Albanians in Asylum Countries: UNHCR Recommendations as regards Return).

Il documento UNHCR innanzitutto precisa che le condizioni di sicurezza e di vita in generale delle persone di etnia non albanese in Kosovo restano estremamente precarie, per cui restano immutate le raccomandazioni già espresse con il precedente documento dell'ottobre 1999 (Asylum seekers from the FRJ. Particular groups) volte ad assicurare la proroga delle misure di protezione internazionale a favore di rifugiati kosovari di etnia diversa da quella albanese (rom, serbi,…).

Nell'attuale documento, l'UNHCR riconosce il significativo miglioramento delle condizioni di vita e di sicurezza per le persone di etnia albanese nella maggior parte del territorio del Kosovo, con l'esclusione di quei territori a maggioranza serba, dove gli albanesi continuano ad essere minoranza e a conoscere situazioni di discriminazione e persecuzione (municipalità a nord di Mitrovica). Per i rifugiati albanesi provenienti da tali municipalità, l'UNHCR raccomanda la proroga delle misure di protezione non considerando il loro rientro né sicuro, ne sostenibile.

A causa della situazione di violenza e di impunità ancora vigente in Kosovo, conseguente alla difficoltà di reale implementazione delle strutture preposte all'ordine pubblico e al funzionamento del sistema giudiziario da parte dell'Amministrazione provvisoria delle Nazioni Unite (UNMIK), così come alla permanenza di poteri paralleli facenti capo all'ex Esercito di Liberazione del Kosovo (UCK), anche talune categorie di kosovari albanesi subiscono pesanti e sistematiche violazioni dei diritti umani e serie minacce alla loro vita e libertà personale. Di conseguenza, l'UNHCR raccomanda ai governi di concedere, alla scadenza delle misure di protezione temporanea, ai rifugiati kosovari albanesi appartenenti alle categorie di seguito elencate, l'accesso a procedure di determinazione individuale dei motivi per cui non intendono rientrare in Kosovo: a) persone o nuclei familiari di origine etnica mista; b) persone che hanno collaborato con il regime serbo nel corso degli anni '90 o che vengono, anche a torto, ritenute di avervi collaborato dalla popolazione locale: c) persone che hanno rifiutato di unirsi all'Esercito di Liberazione del Kosovo o vi hanno disertato; d) persone che si sono espresse criticamente nei confronti dell'UCK e/o del governo provvisorio espresso dall'UCK o appartengono a partiti politici critici nei confronti dell'UCK; d) persone che hanno disubbidito a ordini e provvedimenti emanati dal governo provvisorio dell'UCK.

Al di là di tali situazioni, anche per rifugiati di etnia albanese non appartenenti a tali categorie potrebbe non ritenersi conforme ai requisiti di dignità e sicurezza un provvedimento di rimpatrio. Secondo il documento dell'UNHCR, con particolare attenzione dovranno essere esaminate le istanze di proroga della protezione avanzate da individui traumatizzati durante il conflitto in Kosovo (vittime di tortura o di violenza sessuale, ex detenuti, …), avendo anche in considerazione quanto previsto dal'art. 1 ( C ) 5 (2 par.) della Convenzione di Ginevra del 1951 e dal par. 136 del manuale ACNUR sui criteri e le procedure per la determinazione dello status di rifugiato, con riferimento alle condizioni per la cessazione dello status di rifugiato. Parimenti, anche rifugiati appartenenti a gruppi vulnerabili -secondo l'UNHCR - dovrebbero essere esentati da un rientro forzato in Kosovo e dovrebbero invece beneficiare della proroga delle misure umanitarie di protezione. E' il caso di persone handicappate o malate o di nuclei familiari comprendenti tali persone, di anziani soli, di minori non accompagnati e di donne con figli a carico prive di marito o di altri parenti in Kosovo.

Per tutti gli altri rifugiati di etnia albanesi, non ricadenti in alcuna delle categoria sopra menzionate ,l'UNHCR non ritiene vi siano necessità particolari di protezione che impedirebbero il loro rientro in Kosovo. Purtuttavia, l'UNHCR esprime la propria preferenza verso forme di rimpatrio volontario piuttosto che forzato, ed in ogni caso, raccomanda un rientro scaglionato e umano, che tenga in considerazione fattori quali la disponibilità per i rientranti di adeguata sistemazione, l'accesso ai servizi socio-educativi e sanitari e ad un reddito adeguato, in relazione alla situazione generale esistente nella regione e che viene analizzata - sempre dall'UNHCR - in un apposito documento intitolato UNHCR's Background Note on Ethnic Albanians from Kosovo Who are in Continued Need of Internatonal Protection.

Entrambi i documenti dell'UNHCR (in lingua inglese) possono essere richiesti alla segreteria organizzativa dell'ASGI (e-mail: ledaz@tin.it).

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IL TRATTATO DI AMSTERDAM E LA FORMAZIONE DELLA POLITICA COMUNE EUROPEA IN MATERIA DI IMMIGRAZIONE E ASILO

2. A seguito delle conclusioni del vertice di Tampere, la Commissione Europea ha presentato al Consiglio Europeo per la Giustizia e gli Affari Interni, svoltosi a Bruxelles il 27 marzo 2000, una "tabella di marcia" per l'implementazione degli Accordi di Amsterdam nelle materie dell'immigrazione e dell'asilo. I contenuti del Vertice europeo di Tampere, in Finlandia, del 15-16 ottobre scorso ed i documenti propositivi di organismi italiani ed europei.

Come richiesto dal Vertice europeo di Tampere, la Commissione Europea ha predisposto una "tabella di marcia" (scoreboard) contenente le diverse iniziative legislative che la Commissione intende adottare al fine di sviluppare l'area della libertà della sicurezza e della giustizia europea, nonché i tempi e le scadenze per la presentazione al Consiglio e al Parlamento europeo per la definitiva adozione. La tabella di marcia è basata sulle scadenze indicate dal Trattato di Amsterdam (cinque anni) e dal Piano di Azione di Vienna, che come sotto riportato, ha inteso suddividere le diverse iniziative legislative in misure di breve e medio periodo. Tale tabella di marcia è stata presentata al Consiglio Europeo sulla Giustizia e gli Affari Interni, svoltosi a Bruxelles il 27 marzo 2000, al termine di un giro di consultazioni svolte dal Commissario Vittorino con gli Stati membri, le Organizzazioni Internazionali ed il Parlamento europeo. Il Consiglio Europeo ha espresso soddisfazione per il lavoro svolto dalla Commissione, ma ha anche espresso la volontà di affinare ed ulteriormente espandere i temi oggetto della tabella di marcia, così come la necessità di intenderla come un documento in progress, da aggiornare ad ogni nuova Presidenza semestrale. Il testo del documento della Commissione Europea contenente la tabella di marcia (COM 2000 167) è reperibile anche in lingua italiana sul sito Internet della Commissione Europea (Tabella di marcia per esaminare i progressi nella creazione di un'area europea di libertà, sicurezza e giustizia nell'Unione Europea): http: www.europe.eu.int/cgi-bin/eur-lex/search-com.pl.

Le conclusioni del Consiglio europeo di Bruxelles del 27 marzo sono reperibili sul sito Internet della Presidenza portoghese dell'UE: www.portugal.ue-2000.pt

Il 15-16 ottobre scorso si era svolta a Tampere (Finlandia) la riunione speciale del Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo dei Paesi dell'Unione Europea, interamente dedicata alle materie della giustizia e degli affari interni, tra cui, in particolare, quelle concernenti l'immigrazione e l'asilo.

Le conclusioni del vertice hanno stabilito le linee indicative della politica dell'Unione Europea per i prossimi anni in questo settore, riprendendo e sviluppando il Piano d'azione di Vienna, precedentemente adottato dal Consiglio e dalla Commissione il 4 dicembre 1998, al fine di giungere entro i prossimi cinque anni alla "comunitarizzazione" delle questioni inerenti l'immigrazione e l'asilo prevista dal Trattato di Amsterdam.

Il consiglio europeo di Tampere ha così ribadito che entro i prossimi due anni dovrà essere istituito un regime europeo comune in materia di asilo, comprendente i meccanismi di determinazione dello Stato competente per l'esame dell'istanza di asilo (attualmente regolati dalla Convenzione di Dublino), norme comuni per una procedura equa ed efficace, condizioni minime comuni di accoglienza ed un'interpretazione comune della definizione di rifugiato e dei diritti sostanziali connessi allo status di rifugiato. Il regime di protezione dovrebbe essere completato dalla definizione a livello comune europeo di un sistema complementare a quello previsto dalla Convenzione di Ginevra. Tra i passi più immediati viene sollecitato il completamento dei lavori necessari all'istituzione del sistema per l'identificazione dei richiedenti asilo mediante le impronte digitali (Eurodac). Nel campo dell'immigrazione e della gestione dei flussi migratori, il Consiglio Europeo di Tampere ha confermato fra l'altro la volontà di giungere entro i prossimi due anni ad una politica comune in materia di visti di breve durata e di accordi di riammissione, a proseguire il partenariato con i paesi di origine, sulla base di piani di azione finora elaborati, nonché a rafforzare lo status dei migranti legali mediante una politica di eguaglianza di trattamento e di lotta al razzismo e alla xenofobia.

L'impegno espresso nelle conclusioni del Vertice europeo ad una "piena e completa applicazione della Convenzione di Ginevra sui rifugiati" è stato apprezzato dall'ECRE (European Consultation of Refugees and Exiles), un'organizzazione europea rappresentativa di 70 agenzie non governative per la protezione dei rifugiati in tutta Europea, che in un comunicato stampa ha dichiarato che "se le conclusioni del Vertice saranno applicate nello spirito con cui sono state scritte, saremo convinti che ci si è allontanati di almeno un passo dalla Fortezza Europa" (le prese di posizione dell'ECRE sul vertice europeo di Tampere possono essere consultate sul sito Internet: http://www.ecre.org )

In vista del vertice di Tampere, diverse organizzazioni italiane ed europee hanno stilato documenti e proposte inviate ai rispettivi governi. Tra questi, va segnalato il documento elaborato dal Gruppo di riflessione religiosa che sottolinea l'esigenza che "l'Europa punti ad una armonizzazione di "alto profilo" delle politiche e delle procedure in vigore nei settori dell'immigrazione e dell'asilo", adottando, nel campo dell'asilo, "un'ottica che privilegi la tutela dei diritti fondamentali della persona non subordinata a criteri di convenienza e di opportunità socio-economica", mentre nel campo dell'immigrazione viene auspicata "la definizione di vie di immigrazione legale effettivamente percorribili" quale alternativa all'immigrazione clandestina. Il testo del documento può essere richiesto al Servizio Migranti e Rifugiati della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (E-mail: sm.evangeliche@agora.it ). Sul processo di comunitarizzazione delle politiche in materia di immigrazione e asilo, si è soffermato pure un gruppo di accademici europei, coordinati dall'Università di Amsterdam, denominatosi AGIT (Accademic Group on Immigration-Tampere) che ha steso un lungo ed articolato documento propositivo, che può essere richiesto alla segreteria dell'ASGI (tel. fax. 040/382651, e-mail: ledaz@tin.it ). Le proposte più articolate sono giunte tuttavia da un gruppo di lavoro congiunto formato dall'ILPA (Immigration Law Practitionners' Association) e dal Migration Policy Group di Bruxelles e sono state raccolte nel volume "The Amsterdam Proposals: the IPLA/MPG proposed directives on immigration and asylum", che può essere richiesto ai seguenti indirizzi e-mail: info@ilpa.org.uk o info@migpolgroup.com.

"Background information" sul Trattato di Amsterdam e le prospettive della politica europea comune in materia di immigrazione e asilo.

Il 1° maggio 1999 è entrato in vigore il secondo trattato sull'Unione Europea, quello firmato ad Amsterdam il 2 ottobre 1997, che contiene importanti novità nelle materie dell'immigrazione e dell'asilo. Con il trattato di Amsterdam, esse vengono infatti a far parte gradualmente del cosiddetto "Primo Pilastro" dell'Unione Europea; sono cioè ricomprese in ambito comunitario, rafforzando anche il ruolo del Parlamento europeo e della Corte europea di giustizia.

I cambiamenti introdotti dal nuovo trattato sono finalizzati alla "creazione di un nuovo spazio senza frontiere interne" e all'obiettivo di "conservare e sviluppare l'Unione quale spazio di libertà, sicurezza e giustizia in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l'asilo, l'immigrazione, la prevenzione alla criminalità e la lotta contro quest'ultima".

Il nuovo titolo IV del Trattato CE si intitola "Visti, asilo, immigrazione ed altre politiche connesse con la libera circolazione delle persone" ed investe, nello specifico:
- l'attraversamento delle frontiere esterne ed interne dell'Unione;

- l'asilo, l'immigrazione, la politica nei confronti dei cittadini degli Stati terzi;

- la cooperazione giudiziaria in materia civile.

Il trattato di Amsterdam stabilisce una "comunitarizzazione" graduale della politica migratoria e un termine, cinque anni, affinché gli Stati membri arrivino ad avere una politica comune in materia di immigrazione. Per un periodo transitorio di cinque anni dall'entrata in vigore del trattato è previsto che il Consiglio, nelle materie di cui sopra, deliberi all'unanimità su proposta della Commissione o su iniziativa di uno Stato membro e previa consultazione del Parlamento. Trascorso tale periodo sarà il Consiglio a deliberare su proposta della Commissione che farà da filtro alle richieste formulate dagli Stati membri ed il Consiglio, deliberando all'unanimità previa consultazione del Parlamento europeo, deciderà in marito alle materie comunitarizzate secondo la procedura di codecisione (art. 189B).

Nel corso di questo periodo transitorio di cinque anni, ci si attende che il Consiglio Europeo adotti misure in materia di immigrazione nei seguenti ambiti:

La questione dell'asilo e dei rifugiati è disciplinata, insieme alla politica d'immigrazione, dall'articolo 63 del Titolo IV. La problematica dell'asilo è suddivisa in due ambiti diversi:

Le misure che saranno adottate nella materia dell'asilo riguarderanno i seguenti ambiti:

I processi di armonizzazione europea della questione dell'asilo si estenderanno dunque non solo alla questione dei rifugiati secondo la Convenzione di Ginevra , ma anche a quella, sempre più attuale e rilevante, dei rifugiati accolti in regime di "protezione temporanea". Il trattato di Amsterdam prevede peraltro che una piena comunitarizzazione della materia dell'asilo potrà avvenire solo al termine di un periodo transitorio di cinque anni.

Il trattato di Amsterdam contiene anche un protocollo sull'asilo, non firmato dalla Danimarca, in base al quale le eventuali richieste di asilo presentate da cittadini dell'Unione Europea dovranno di norma essere dichiarate inammissibili. Il contenuto di tale protocollo è stato criticato dall'ACNUR e dall'ECRE (European Consultation on Refugees and Exiles), perché giudicato in contrasto con la Convenzione di Ginevra del 1951.

Al testo del Trattato di Amsterdam è stato infine allegato un protocollo sull'integrazione dell'acquis di Schengen nell'ambito dell'Unione Europea, con il compito di far confluire le norme Schengen, il Segretariato Schengen ed il suo personale nell'Unione Europea.

Il Trattato di Amsterdam prevede significative eccezioni per il Regno Unito e l'Irlanda, che continueranno ad esercitare i controlli sulle persone alla proprie frontiere e saranno esclusi dalle previsioni del nuovo titolo IV in materia di visti, asilo e immigrazione.

 

LIBERTA' DI CIRCOLAZIONE E POLITICHE MIGRATORIE

3. La Grecia entra nello "spazio Schengen"

La Grecia è entrata ufficialmente a far parte dello "spazio Schengen" di libera circolazione a partire dal primo gennaio 2000.Da quella data, i controlli di frontiera ai porti greci sono stati aboliti per i collegamenti da e verso destinazioni in seno a paesi dell'Unione Europea che sono parte degli accordi di Schengen. I controlli di frontiera agli aeroporti greci sono stati tolti a partire dal 26 marzo 2000.

Pure il Regno Unito ha espresso la volontà di entrare a far parte, seppure in modo parziale, degli accordi di Schengen, ma il processo di adesione è bloccato dall'opposizione della Spagna in relazione alla controversa questione dell'applicazione di questo e altri strumenti anche al territorio di Gibilterra.

4. La Commissione Europea conferma il diritto del Belgio di reintrodurre il controllo alle frontiere interne in relazione al provvedimento di regolarizzazione degli stranieri.

Il 10 gennaio 2000 è entrata in vigore in Belgio una legge concernente la regolarizzazione degli stranieri presenti clandestinamente nel paese ed in grado di soddisfare uno o più requisiti. Gli interessati hanno avuto tempo fino al 31 gennaio per presentare istanza di regolarizzazione. Al termine di tale periodo, 35.000 sono risultate le istanza presentate. Nel periodo della regolarizzazione il governo belga ha ripristinato i controlli alle proprie frontiere con gli altri Paesi dell'Unione Europea , sospendendo temporaneamente l'applicazione degli accordi di Schengen.

In merito alla decisione del Belgio di reintrodurre il controllo alle frontiere, la Commissione europea ha auspicato la creazione di un regolamento chiaro che obblighi gli stati membri ad indicare il motivo e la durata del ristabilimento di tali misure. Nonostante ciò l'esecutivo europeo ha confermato il diritto del Belgio a attuare tale iniziativa, che secondo le autorità belghe è stata decisa per evitare che gli immigrati illegali non comunitari fossero attratti dalla regolarizzazione in corso nel paese. La reintroduzione dei controlli alle frontiere è prevista come procedura d'urgenza dalla convenzione di Schengen ed è già stata adottata da altri Paesi nel corso degli anni per contrastare l'immigrazione irregolare e il traffico di droga.

5. La Commissione Europea adotta una proposta di regolamento del Consiglio Europeo contenente l'elenco dei paesi terzi ai cui cittadini deve essere richiesto il visto per l'ingresso nello spazio europeo.

Il 26 gennaio 2000 la Commissione europea ha adottato una proposta di regolamento del Consiglio europeo contenente l'elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto per l'attraversamento delle frontiere esterne dello spazio europeo. Il regolamento del Consiglio è destinato a sostituire le disposizioni provvisorie fissate con la decisione del Consiglio europeo 574/99 nell'ambito dell'accordo di Schengen . L'adozione del regolamento del Consiglio europeo sulla base della proposta della Commissione, introdurrebbe importanti novità come, ad esempio, l'esclusione dalla lista di Romania e Bulgaria sulla base dell'avvio delle negoziazioni per l'adesione di tali paesi all'Unione Europea.

6. Alcuni Stati membri dell'Unione Europea hanno espresso forti critiche e riserve su alcuni contenuti della proposta della Commissione Europea di direttiva sul diritto alla riunificazione familiare. L'ECRE con un proprio documento sostiene l'iniziativa della Commissione Europea e propone ulteriori emendamenti a favore dei rifugiati. Il Consiglio d'Europa raccomanda il rispetto del diritto alla riunificazione familiare per i rifugiati.

Alcuni Stati membri dell'Unione Europea hanno espresso forti riserve e critiche all'indirizzo di alcuni contenuti della proposta per una direttiva del Consiglio europeo sul diritto alla riunificazione familiare per i cittadini dei paesi terzi, adottata il 1 dicembre 1999, su iniziativa del Commissario per la giustizia e gli affari interni, Antonio Vittorino, dalla Commissione europea. Questa è la prima di una serie di iniziative intraprese in base all'art. 63.3 lettera a) del Trattato di Amsterdam sulle condizioni d'ingresso e di soggiorno e sulle procedure per il rilascio di visti e permessi di soggiorno di lunga durata da parte dei Paesi membri. La proposta riconosce il diritto alla riunificazione familiare per i cittadini dei Paesi terzi legalmente residenti nei paesi membri ( con permesso di soggiorno della durata di almeno un anno ), in particolare per lavoro subordinato, autonomo o studio. Nella proposta di direttiva i rifugiati riconosciuti e gli asilanti che godono di un'altra forma di protezione complementare usufruiscono di più favorevoli condizioni nell'esercizio del diritto al ricongiungimento familiare. I familiari per i quali sarebbe possibile chiedere il ricongiungimento sono il coniuge, i figli minori, il convivente more uxorio (anche dello stesso sesso almeno per gli Stati membri che riconoscono tale legame), gli ascendenti a carico e i figli maggiorenni se dipendenti dai genitori per ragioni di salute e d'invalidità. Nella proposta vengono specificati i diritti connessi al permesso di soggiorno per riunificazione familiare, finalizzati all'inserimento sociale ( lavoro, studio e formazione professionale). Dopo quattro anni di residenza, successivi all'avvenuta riunificazione, i familiari potranno chiedere uno status di soggiorno autonomo.

I governi di taluni Stati membri ritengono la proposta troppo liberale, esprimendo perplessità ad esempio sull'estensione del diritto al ricongiungimento familiare anche alle persone che beneficiano di forme di protezione complementari a quella offerta dalla Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati. I governi spagnolo e francese hanno indicato che essi preferirebbero che la questione del diritto al ricongiungimento familiare dei rifugiati politici venga affrontata distintamente, con uno strumento separato, ma la Commissione finora ha espresso parere contrario in merito. Ci si può attendere dunque che la prossima presidenza francese dell'UE, nel secondo semestre del 2000, intensificherà i suoi sforzi per escludere ogni riferimento ai rifugiati nella proposta di direttiva. Ugualmente sono state espresse riserve sui diritti accordati ai membri della famiglia, alla definizione di famiglia usata e alle procedure prospettate per l'esercizio del diritto. Uno dei primi governi nazionali ad aver espresso la sua avversità alla proposta di direttiva è stato quello austriaco, con un comunicato del 14 dicembre scorso firmato dall'allora Ministro degli Interni, il social-democratico Karl Schlogl.

Appare improbabile che in tempi brevi gli Stati membri dell'Unione Europea raggiungano un accordo sulle proposte contenute mentre appare concreto il rischio che gli alti standard proposti dalla Commissione vengano abbassati su decisione degli Stati membri. Anche il Parlamento europeo stilerà un rapporto (relatore il deputato tedesco Ms. Klamt) in merito.

Il testo della proposta è disponibile nelle undici lingue ufficiali dell'Unione Europea sul sito Internet della Commissione europea : http://europe.eu.int/eur-lex/en/com/ind/en_analytical_index_19.html. Associazioni di diversi paesi europei, riunite nel Coordinamento Europeo per il diritto degli stranieri a vivere in famiglia, hanno negli ultimi anni seguito lo sviluppo del processo di armonizzazione europea delle politiche in materia di riunificazione familiare, promuovendo un'azione di lobby nei confronti delle istituzioni europee. Maggiori informazioni possono essere ottenute visitando il sito Internet del Coordinamento europeo: http://members.aol.com/coordeurop/italpre.html , oppure contattando la sezione italiana del coordinamento al seguente indirizzo: Via B. Buozzi, 19/A/3 - 16126 Genova tel. 010 2516315 E-mail: coordeurop.it@assicomitalia.it .

L'ECRE ha diffuso nell'aprile 2000 una propria presa di posizione sulla proposta di direttiva avanzata dalla Commissione. ECRE considera la proposta di direttiva in maniera assai positiva, ritenendola pienamente in accordo con i principi internazionali relativi alla tutela dell'unità familiare. In particolare, l'ECRE "condivide il punto di vista della Commissione che la riunificazione familiare è lo strumento necessario per rendere possibile la vita familiare e facilitare l'integrazione degli immigrati dei paesi terzi negli Stati membri" e "loda l'iniziativa della Commissione di esentare i rifugiati e i titolari della protezione complementare dai requisiti alloggiativi e di reddito quale pre-condizione per l'esercizio del diritto", auspicando peraltro l'adozione di emendamenti ed integrazioni al testo proposto dalla Commissione per rafforzare ulteriormente il diritto alla coesione familiare dei rifugiati, convenzionali e titolari di forme di protezione complementari, così come lo status dei loro familiari. Il testo del documento dell'ECRE (Comments from ECRE in the EU Commission Proposal for a Council Directive on the Right to Family Reunification) è disponibile sul sito dell'ECRE (www.ecre.org) oppure può essere richiesto alla segreteria organizzativa dell'ASGI (e-mail: ledaz@tin.it).

Anche il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa è recentemente intervenuto sul diritto alla riunificazione familiare per i rifugiati e per le altre persone bisognose di protezione internazionale, con un'apposita raccomandazione n. R(99) 23, adottata il 15 dicembre 1999. La raccomandazione enfatizza la necessità di un pieno rispetto dal diritto alla riunificazione familiare per i rifugiati da parte degli Stati membri, in accordo con gli standard fissati dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo. Una copia della raccomandazione può essere richiesta al Consiglio d'Europa, presso il funzionario addetto alle politiche per l'integrazione.

7. La Commissione Europea ha predisposto le bozze delle decisioni del Consiglio europeo autorizzanti la Commissione a negoziare accordi di riammissione della Comunità europea con taluni paesi terzi (in primo luogo Marocco, Sri Lanka, Pakistan e Federazione Russa). Le preoccupazioni dell'ECRE. La tematica degli accordi di riammissione dibattuta anche nelle negoziazioni finali del nuovo accordo di partnership tra l'Unione Europea e i Paesi ACP (African, Caribbean, Pacific States).

La Commissione Europea ha predisposto le bozze delle decisioni del Consiglio europeo autorizzanti la Commissione a negoziare accordi di riammissione della Comunità europea con taluni paesi terzi (in primo luogo Marocco, Sri Lanka, Pakistan e Federazione Russa).Gli accordi di riammissione saranno probabilmente impostati sul modello predisposto dal Consiglio Europeo nel 1994. A seguito dell'entrata in vigore del Trattato di Amsterdam , l'Unione Europea può concludere in prima persona accordi di riammissione con i Paesi terzi volti a facilitare il rientro degli immigrati illegali. L'ECRE insiste affinché in ogni futuro accordo di riammissione vi siano specifiche disposizioni volte a tutelare i richiedenti asilo dal rischio di respingimenti "a catena" ( chain refoulement). Poiché almeno tre dei quattro paesi indicati per la stipula di tali accordi sono noti per le continue violazioni dei diritti umani, ECRE sottolinea la necessità che negli accordi siano previste disposizioni volte a monitorare l'effettiva sicurezza delle persone rimpatriate o riammesse in base agli accordi .

La questione della riammissione degli immigrati illegali e dei richiedenti asilo la cui istanza è stata rigettata è stata al centro dell'ultimo round di negoziazioni per al stipula di un nuovo accordo di collaborazione ventennale tra l'Unione Europea e i paesi ACP (African Caribbean and Pacific States) destinato a succedere alla Convenzione di Lomé, stipulata nel 1975 e venuta in scadenza il 29 febbraio 2000. I Paesi dell'Unione Europea volevano inserire una clausola di riammissione nella formulazione adottata dal Consiglio europeo per la giustizia e gli affari interni del 2 dicembre 1999, ma hanno incontrato l'opposizione dei Paesi ACP contrari all'obbligo di riammettere, in quanto paesi di transito, gli immigrati illegali e i richiedenti asilo non riconosciuti originari di Paesi terzi. Alla fine è stato raggiunto un compromesso che prevede la possibilità di negoziazione su richiesta di una delle parti (l'Unione Europea o ciascuno degli Stati ACP) per la stipula di accordi di riammissione di immigrati illegali e apolidi . I Paesi ACP sono pronti a garantire la riammissione dei propri cittadini residenti illegalmente sul territorio degli Stati membri dell'Unione Europea, ma sono riluttanti a fare lo stesso con i cittadini di Paesi terzi che hanno solo risieduto temporaneamente o anche hanno solo transitato attraverso il loro Paese.

 

RIFUGIATI E ASILO

8. La Corte europea dei diritti umani afferma che i governi europei non possono applicare automaticamente i criteri della Convenzione di Dublino in merito alle determinazione dell'unico paese responsabile dell'esame dell'istanza di asilo, senza considerare le possibili implicazioni contrarie al principio di "non-refoulement" di cui all'art. 3 della Convenzione europea per la tutela dei diritti dell'uomo.

Con una sentenza emanata alla fine di marzo, la Corte europea di diritti dell'uomo di Strasburgo ha affermato che l'allontanamento di un richiedente asilo da uno Stato membro del Consiglio d'Europa in un paese dove potrebbe essere esposto a maltrattamenti viola la Convenzione europea sui diritti Umani, indipendentemente se i maltrattamenti vengano praticati dalle pubbliche autorità o dai cosiddetti agenti "non statali".

La decisione non sarebbe una novità se non riguardasse un caso di allontanamento indiretto verso il paese di origine, nell'ambito dell'applicazione della Convenzione di Dublino sulla determinazione dell'unico paese all'interno dell'unione Europea responsabile dell'esame dell'istanza di asilo. La decisione della Corte infatti ha riguardato il caso di un cittadino srilankese che ha chiesto asilo nel Regno Unito dopo che la sua istanza di asilo era già stata rigettata in Germania. Il richiedente asilo aveva giustificato la riproposizione dell'istanza di asilo con la motivazione che il Regno Unito non fa distinzione tra agenti di persecuzione statali e non ai fini dell'interpretazione della nozione di rifugiato, al contrario della Germania, dove i richiedenti asilo che fuggono da persecuzioni nei paesi di origine non determinate da agenti statali non vengono riconosciuti quali rifugiati e corrono il rischio del rimpatrio. Le autorità del Regno Unito avevano deciso di non esaminare nel merito l'istanza dell'interessato, decidendo di rinviarlo in Germania in base agli impegni contenuti nella Convenzione di Dublino.

La Corte europea non si è opposta al rinvio del richiedente asilo in Germania, ma solo in quanto il governo tedesco ha fornito precise garanzie che non avrebbe espulso l'interessato nello Sri Lanka. I giudici di Strasburgo tuttavia hanno espressamente ricordato che i governi non possono applicare automaticamente i meccanismi di trasferimento previsti dalla Convenzione di Dublino, senza tenere in debita considerazione le possibili implicazioni negative sul rispetto, che deve essere pieno ed assoluto, del principio di "non-refoulement" contenuto nell'art. 3 della Convenzione europea sui diritti dell'uomo, che vietando i trattamenti inumani e degradanti, è stata interpretata da una consolidata giurisprudenza come vietante pure l'allontanamento e/o l'espulsione di stranieri verso paesi ove tali trattamenti potrebbero verificarsi.

L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha espresso piena soddisfazione per la decisione della Corte europea. In un comunicato, diffuso il 5 aprile scorso, Erika Feller, responsabile della sezione per i diritti dei rifugiati dell'UNHCR, ha affermato che "per la prima volta, una corte internazionale per i diritti umani conferma che il principio di non refoulement deve riguardare anche i "rimpatri indiretti" o "espulsioni a catena" che possono comportare situazioni di pericolo per gli interessati. Questa è stata da sempre la posizione sostenuta dall'UNHCR".

Ma la sentenza della Corte europea è destinata ad incidere anche sulla formazione di una politica europea comune in materia di asilo, a partire dalla revisione orami prossima dei criteri e dei contenuti della Convenzione di Dublino. Una delle critiche che fin dall'inizio sono state mosse alla Convenzione è che , negando di fatto la possibilità per il richiedente asilo di scegliere in quale paese essere esaminato, si basa sull'assioma fittizio che essendo tutti i paesi dell'Unione Europea firmatari della Convenzione di Ginevra, essi applicano gli stessi criteri di interpretazione della nozione di rifugiato e forniscono le stesse garanzie. In realtà, come messo a nudo dalla vicenda esaminata dalla Corte di Strasburgo, la stessa definizione di rifugiato viene interpretata in maniera difforme tra i diversi paesi dell'Unione Europea, con particolare riguardo a questioni delicate come quella degli "agenti non statali" della persecuzione e dei differenti regimi complementari di protezione. Tali difformità nelle legislazioni nazionali in materia di asilo debbono quindi necessariamente condurre ad una valutazione del possibile rischio di non refoulement insito in ogni decisione di trasferimento conseguente all'applicazione della Convenzione di Dublino.

Il testo della sentenza della Corte Europea dei diritti dell'Uomo può essere richiesto alla segreteria organizzativa dell'ASGI (e-mail: ledaz@tin.it ).

9. Il Consiglio europeo raggiunge un accordo sulla proposta di regolamento per l'istituzione del sistema informatico delle impronte digitali dei richiedenti asilo e dei clandestini (EURODAC)

Il Consiglio europeo per la giustizia e gli affari interni svoltosi il 2-3 dicembre 1999 ha raggiunto un nuovo accordo politico sulla proposta di regolamento per l'istituzione del sistema informatizzato EURODAC per il confronto delle impronte digitali dei richiedenti asilo e degli immigrati clandestini. Il sistema è concepito innanzitutto per garantire l'attuazione della Convenzione di Dublino sull'individuazione dell'unico Stato responsabile per l'esame dell'istanza di riconoscimento dello status di rifugiato. Il sistema EURODAC sarà applicato anche nel Regno Unito ed in Irlanda, che hanno manifestato l'intenzione di prendervi parte, ma non in Danimarca, a meno che il governo di tale Paese non decida di stipulare in proposito un accordo separato con la Comunità europea. Prima della definitiva adozione del sistema dovrà esprimersi, in via meramente consultiva, il Parlamento europeo.

10. La Commissione europea pubblica il suo documento di lavoro sulla sostituzione della Convenzione di Dublino con uno strumento di diritto comunitario. Il documento analizza le difficoltà incontrate nell'applicazione della Convenzione di Dublino e le possibili opzioni per il miglioramento del sistema di distribuzione degli oneri di solidarietà connessi all'accoglienza dei richiedenti asilo in seno all'Unione Europea.

Il 24 marzo scorso, la Commissione Europea ha pubblicato il suo documento di lavoro sul futuro strumento di diritto comunitario chiamato a sostituire la Convenzione di Dublino sulla determinazione dell'unico Stato responsabile dell'esame di un'istanza di asilo (Commission Staff Working Paper, Revisiting the Dublin Convention -SEC 2000 522-). Il documento analizza quelli che sono stati i pregi e i difetti dei meccanismi previsti dalla Convenzione di Dublino, con riferimento in particolare alla difficoltà che sono state evidenziate nella loro applicazione. Particolare sottolineatura nel documento viene data ai costi connessi all'applicazione della Convenzione, ai lunghi tempi richiesti per i trasferimenti dei richiedenti asilo, all'assenza di procedure di revisione giudiziaria, all'applicabilità ai soli rifugiati o anche alle persone in cerca di protezione complementare, anche in relazione a differenze sostanziali e procedurali nei diversi sistemi nazionali di asilo. Il documento presenta poche conclusioni e offre sostanzialmente due opzioni in merito all'adozione del futuro strumento comunitario: a) mantenere l'attuale sistema inaugurato dalla Convenzione di Dublino affinandone i meccanismi tecnici e procedurali o b) adottare un nuovo sistema in base al quale lo Stato responsabile dell'esame dell'istanza di asilo sarebbe quello dove il richiedente ha per la prima volta depositato l'istanza medesima. In questo secondo caso, la distribuzione degli oneri della solidarietà connessi all'accoglienza dei richiedenti asilo non si appoggerebbe sul trasferimento dei richiedenti asilo, bensì sul trasferimento delle risorse finanziarie dell'Unione Europea destinate ai rifugiati che verrebbero allocate in proporzione al numero delle istanze di asilo depositate nei paesi membri. Tale ultima soluzione viene sostenuta da molte ONG europee, quali l'inglese ILPA e il Migration Policy Group di Bruxelles, così come da ambienti accademici (si veda il documento redatto in occasione del vertice di Tampere da un gruppo di docenti universitari esperti di diritto delle migrazioni radunati dall'Università di Amsterdam sotto la sigla AGIT -Academic Group Immigration Tampere). Il pregio di tale soluzione è la sua chiarezza e semplicità, così come la mancanza di quel legame tra l'attribuzione di responsabilità per l'esame dell'istanza di asilo e la responsabilità per il controllo delle frontiere esterne, che ha fatto ritenere a molti che la Convenzione di Dublino più che essere uno strumento per la distribuzione degli oneri di solidarietà connessi all'accoglienza dei rifugiati, costituisce uno strumento ulteriore di rafforzamento dei controlli alle frontiere esterne dell'Unione Europea volto dunque ad impedire l'accesso dei richiedenti asilo nello spazio europeo (poiché il criterio di fatto più importante per l'attribuzione della responsabilità secondo la Convenzione di Dublino è quello del primo ingresso illegale in uno dei paesi UE, è evidente lo timolo che viene ad essere esercitato sui paesi aderenti a rafforzare il controllo alle frontiere esterne e a impedire l'accesso dei richiedenti asilo anche attraverso accordi di riammissione con paesi terzi confinanti, consentiti esplicitamente dalla Convenzione di Dublino medesima).

Il documento di lavoro della Commissione è stato presentato al Consiglio Europeo per la Giustizia e gli Affari Interni di Bruxelles del 27 marzo scorso ed ora inizierà la sua discussione in seno al Gruppo Asilo del Consiglio Europeo, così come da parte degli Stati membri. Spetterà poi alla Commissione raccogliere le proposte del Consiglio ed avanzare una proposta formale di sostituzione della Convenzione di Dublino. Ciò dovrebbe avvenire verso la fine di quest'anno.

Per la formulazione di tale proposta la Commissione si avvarrà anche dei risultati di una ricerca condotta dal Consiglio Danese per i Rifugiati, nell'ambito del programma Odysseus, con lo scopo di offrire un quadro dettagliato dei risultati pratici dell'applicazione della Convenzione di Dublino.

Sempre con riferimento alla Convenzione di Dublino, già alla fine dell'anno scorso il Consiglio europeo per la giustizia e gli affari interni aveva raggiunto un accordo per la sua estensione a Norvegia e Islanda attraverso un accordo parallelo, sempre che la Spagna tolga il veto relativo all'applicazione di questo strumento al territorio di Gibilterra.

11. La delegazione dell'UNHCR ad Atene (Grecia) afferma in un proprio documento che in certe situazioni riguardanti casi di richiedenti asilo vulnerabili o che necessitano di particolare attenzione, non appare raccomandabile ed opportuno il trasferimento in Grecia in base alle regole per la determinazione dell'unico paese responsabile dell'esame dell'istanza di asilo fissate dalla Convenzione di Dublino, a causa delle precarie condizioni di accoglienza previste per gli asilanti.

La delegazione per la Grecia dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ha rilasciato recentemente una dichiarazione, nella quale afferma che vi possono essere circostanze eccezionali collegate a casi individuali di richiedenti asilo appartenenti a categorie vulnerabili o che necessitano di speciale attenzione, per le quali è giustificato opporsi al trasferimento in Grecia previsto in base all'applicazione delle regole della Convenzione di Dublino per la determinazione dell'unico paese responsabile dell'esame dell'istanza di asilo in seno all'Unione Europea. Ciò in ragione delle insoddisfacenti condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo (incluso l'alloggio e l'assistenza sociale) in Grecia. Sebbene l'UNHCR, attraverso agenzie nazionali, cerchi di offrire assistenza sociale a casi limitati e vulnerabili di rifugiati, richiedenti asilo e persone sotto protezione temporanea, nel documento viene sottolineato che "i richiedenti asilo che rientrano in Grecia in base alle disposizioni della Convenzione di Dublino possono incontrare difficoltà nell'ottenere la necessaria assistenza dal governo greco, in termini di alloggio e di bisogni elementari di sussistenza".

Nel corso del 1998, l'unità Dublino del Ministero dell'Interno italiano ha presentato alla Grecia 283 richieste di informazioni generiche o di presa in carico di richiedenti asilo, la quasi totalità delle quasi è stata rifiutata o rigettata dalle autorità greche.

12. La Commissione Europea intenderebbe avanzare nella seconda metà del 2000 una proposta di direttiva sulle procedure di asilo. Previsto a Lisbona a giugno un seminario europeo sull'asilo convocato dalla presidenza portoghese dell'UE.

A seguito dei pareri redatti dai governi dei paesi membri sul documento di lavoro della Commissione del marzo 1999, una proposta di direttiva sulle procedure di asilo dovrebbe essere formulata nella seconda metà del 2000.

Esaminando i pareri degli Stati membri viene evidenziata la mancanza di un accordo sulla proposta di una procedura unificata a livello europeo, mentre con maggiore favore viene vista l'ipotesi di una graduale armonizzazione. Sempre secondo la maggioranza degli Stati membri, forme complementari di protezione rispetto al riconoscimento dello status di rifugiato dovrebbero risultare da un'unica procedura. Un sostanziale unanime consenso invece è presente sul mantenimento delle nozioni di istanza di asilo "manifestamente infondata", di "paese terzo sicuro" e sulle procedure accelerate. Si ravvisa inoltre un consenso sulla necessità di abbreviare i tempi delle procedure, con particolare riferimento alle fasi di appello. Controversa rimane la questione dell'armonizzazione del criterio della prova, soggetto ad interpretazioni che rimangono distanti tra i paesi membri.

Date queste divergenze, appare difficile che la prospettata direttiva sulle procedure di asilo e sull'interpretazione della definizione di rifugiato possa venire alla luce in tempi brevi.

La Presidenza portoghese dell'Unione Europea intende ospitare a Lisbona nel corso del mese di giugno un seminario internazionale sul tema delle politiche europee in materia di asilo, con la partecipazione dei ministri interessati. Dal seminario dovrebbe giungere ulteriore impulso per la preparazione della Comunicazione della Commissione sulla procedura comune in materia di asilo e sulla condizione comune del rifugiati in seno allo spazio europeo.

13. La Commissione Europea ha commissionato la redazione di uno studio preliminare sulle politiche e condizioni di accoglienza (reception policies) dei richiedenti asilo nei quindici paesi membri.

Tra gli impegni previsti dal Trattato di Amsterdam per la definizione entro il 2004 di una politica comune europea in materia di immigrazione e asilo, è contemplato anche lo sviluppo di condizioni minimi comuni di accoglienza dei richiedenti asilo. Per giungere a tale scopo, la Commissione Europea ha commissionato uno studio preliminare sulle politiche e condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo nei quindici Paesi membri dell'Unione Europea. Tale studio dovrebbe essere completato entro l'agosto del 2000. Una proposta della Commissione Europea di bozza di direttiva sull'accoglienza dei richiedenti asilo dovrebbe essere pubblicata all'inizio del 2001.

14. Prosegue la discussione sulla proposta della Commissione Europea per l'istituzione di un "Fondo Europeo per i Rifugiati. Le proposte di ECRE e dell'UNHCR.

Il Consiglio Europeo per la Giustizia e gli Affari Interni, svoltosi a Bruxelles il 27 marzo scorso, ha fatto il punto sulla discussione riguardante la proposta della Commissione Europea per la costituzione di un fondo europeo per i rifugiati, avanzata il 14 dicembre '99 (Il testo della proposta è reperibile nelle undici lingue ufficiali dell'Unione Europea nel sito della Commissione Europea : http: //europe.eu.int/eur-lex/en/com/ind/en_analytical_index19.html). Il Consiglio europeo ha sollecito gli organi preposti (Gruppo asilo) e gli Stati membri ad intensificare la discussione in modo da mettere in grado uno dei prossimi Consigli Europei per gli affari interni e la giustizia di approvare definitivamente la proposta. Ugualmente ha sollecitato la Commissione Europea ad elaborare il più presto possibile una proposta comune in materia di regime di protezione temporanea.

La proposta della Commissione, infatti, oltre a prevedere un fondo di 26 milioni di euro per il 2000 per le esigenze di accoglienza, integrazione e rimpatrio volontario dei rifugiati, include una riserva finanziaria pari a 10 milioni di euro da usare in caso di misure di assistenza in situazioni di emergenza connesse ad un flusso di massa di rifugiati (art. 5). Secondo alcuni paesi membri appare prematura tale previsione in assenza di una normativa comunitaria in materia di protezione temporanea o, perlomeno, di specifiche linee guida per l'identificazione dei gruppi che potrebbero beneficiare dei fondi di emergenza e delle modalità e termini per la loro utilizzazione. Dalla discussione sono emersi inoltre differenti punti di vista sui criteri relativi alla distribuzione dei fondi e sulle strutture amministrative previste per la loro gestione.

La Commissione afferma che la sua proposta si colloca nell'ambito delle iniziative volte a realizzare tra gli Stati membri l'equilibrio degli oneri connessi all'accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati (art. 63 del Trattato di Amsterdam). Gli obiettivi del Fondo sarebbero dunque quelli di ridurre i "movimenti secondari" (illegali) dei rifugiati e dei richiedenti asilo, di migliorare le condizioni di accoglienza negli Stati membri, sia dal punto di vista della tutela sociale che legale, così come di garantire il sostegno agli Stati membri nel rimpatrio dei rifugiati, delle persone in regime di protezione temporanea e dei richiedenti asilo respinti, sempre su base volontaria. Il Fondo verrebbe a sostituire tutte le linee di finanziamento comunitarie attualmente esistenti in materia di integrazione dei rifugiati, accoglienza dei richiedenti asilo, rimpatrio volontario delle persone in protezione temporanea e dei richiedenti asilo respinti. A ciascuno degli Stati membri verrebbe assegnata ogni anno una somma forfetaria, basata sul numero delle richieste di asilo e dei rifugiati presenti nel paese negli ultimi tre anni. Agli Stati membri verrebbe richiesto di stabilire le proprie strutture amministrative per la gestione dei progetti finanziati dal fondo, che dovrebbero tuttavia essere co-finanziati a livello nazionale.

L'ECRE (European Consultation on Refugees and Exiles), un coordinamento di ONG europee impegnate nel settore dell'asilo, e l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) hanno proposto che le risorse del fondo non siano distribuite soltanto in base al numero delle richieste di asilo, ma includano un ammontare fisso (ad es. il 30%) per quei Stati membri che necessitano di rafforzare il loro sistema di accoglienza degli asilanti, con la previsione di una soglia minima di finanziamento per ciascun Stato membro. ECRE e ACNUR hanno inoltro proposto di essere rappresentati negli organi di gestione nazionali del fondo, così come hanno richiesto che tra i beneficiari siano inclusi anche le persone che godono di forme complementari di protezione a quella offerta dalla Convenzione di Ginevra. Infine hanno raccomandato che possano essere coinvolte nei meccanismi di implementazione dei progetti anche le organizzazioni non governative.

15. Il Comitato Rifugiati dell'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa redige un rapporto sulle restrizioni in materia di asilo in Europa.

Il Comitato Rifugiati dell'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa ha redatto lo scorso 21 dicembre 1999 un rapporto intitolato "Restrictions on asylum in the member states of the Council of Europe and the European Union", nel quale esprime profonda preoccupazione per le politiche restrittive in materia di asilo adottate nei Paesi membri del Consiglio d'Europa e dell'Unione Europea. In particolare il Comitato esprime la propria preoccupazione per la possibilità che la creazione di un sistema comune europeo in materia d'asilo tra gli Stati membri dell'Unione Europea possa trasferire gli oneri dell'accoglienza sui meno preparati Paesi dell'Europa centrale e orientale. Il Comitato raccomanda l'esecutivo del Consiglio d'Europa a elaborare una Convenzione Europea sull'armonizzazione delle politiche di asilo in Europa e a incorporare il diritto di asilo nella Convenzione europea sui diritti umani.

Il rapporto può essere scaricato dal seguente sito Internet : http://stars.coe.fr/doc/doc99/doc8598.htm

16. L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati diffonde le statistiche relative alle istanze di asilo presentate in Europa nel 1999.

L'Acnur ha raccolto ed elaborato i dati statistici forniti dai governi di 28 Paesi europei relativi alle istanze di asilo inoltrate nel corso del 1999. Nel complesso i richiedenti asilo sono aumentati del 18,6% rispetto al 1998 .La Germania continua a essere il paese che si fa carico del maggior numero di richiedenti in Europa (95.330), anche se nel corso del 1999 le istanze di asilo sono diminuite del 3,5% rispetto al 1998. Al secondo posto si è collocato il Regno Unito con 91.390 istanze di asilo presentate con un incremento del 53% rispetto al 1998. L'Italia ha registrato 12.150 istanze di riconoscimento dello stato di rifugiato ed un incremento pari al 9% rispetto al 1998. Confrontando il numero delle istanze di asilo rispetto alla popolazione complessiva del paese, il Liechtenstein ha ricevuto il più alto numero di richiedenti asilo per mille abitanti ( 16,3), seguito dal Lussemburgo (6,8 ), dalla Svizzera (6,5), dal Belgio (3,5) e dall'Olanda (2,5).L'Italia si trova molto in basso nella graduatoria con un tasso di richiedenti asilo per mille abitanti pari allo 0,21 .

La crisi nel Kosovo ha influito in maniera determinante sull'origine e composizione nazionale dei richiedenti asilo. Nel giugno 1999 il numero degli albanesi del Kosovo che hanno chiesto asilo in Europa (20.360) è risultato quasi equivalente alla restante parte dei richiedenti asilo (23.200). Tuttavia, con la cessazione del conflitto bellico in Kosovo il numero delle richieste di asilo presentate da kosovari albanesi si è rapidamente ridotto a circa 4.000 istanze nel dicembre 1999. Le statistiche UNHCR sono reperibili sul sito Internet: http: //www.unhcr.ch/statist/0002euro/text.htm

17. Un rapporto di Amnesty International denuncia numerosi casi di violazione dei diritti umani nei confronti di rifugiati e richiedenti asilo in diversi paesi europei.

Nel suo rapporto pubblicato nel marzo del 2000 "Concerns in Europe", Amnesty International denuncia numerosi casi di presunte violazione dei diritti umani nei confronti di rifugiati e richiedenti asilo nei diversi paesi del continente europeo nel periodo compreso tra luglio e dicembre 1999. Il rapporto in particolare si sofferma su alcuni casi di decesso di rifugiati e richiedenti asilo

durante la custodia amministrativa e la deportazione forzata. Il rapporto è disponibile in lingua inglese nel sito Internet di Amnesty International: http: //www.amnesty.org/ailib/aipub/2000/EUR/40100100.htm.

ALLARGAMENTO DELL'UNIONE EUROPEA

18. Il Consiglio Europeo prosegue il monitoraggio dei progressi registrati dai Paesi candidati all'accesso dell'Unione Europea nella trasposizione e implementazione dell' "acquis communautaire" in materia di giustizia e affari interni nelle legislazioni e prassi nazionali .

Il Gruppo di valutazione collettiva del Consiglio Europeo continua la sua azione di monitoraggio dei progressi registrati dai Paesi candidati all'accesso dell'Unione Europea nella trasposizione e implementazione dell' "acquis communautaire" in materia di giustizia e affari interni nella legislazioni e prassi nazionali. Il Gruppo ha prodotto finora dei dossier sull'asilo in Polonia ed Estonia, mentre i dossier sui sistemi di asilo in Repubblica Ceca , Ungheria e Slovenia stanno per essere completati . E' iniziata pure la valutazione del sistema di asilo a Cipro . Rapporti preliminari complessivi sul grado d'implementazione dell' "acquis communautaire" nell'area della giustizia e degli affari interni da parte di Repubblica Ceca e Ungheria sono stati oggetto di esame pure del Consiglio Europeo svoltosi a Bruxelles il 27 marzo scorso.

 

RAZZISMO E DISCRIMINAZIONE

19. La Commissione Europea adotta un pacchetto di misure per combattere il razzismo e la discriminazione razziale, religiosa e sessuale. Presentato un rapporto europeo sul razzismo e la xenofobia.

Al termine di un processo di consultazioni con gli Stati membri, il Parlamento europeo e la società civile, lo scorso dicembre, la Commissione Europea ha adottato un pacchetto di misure per combattere il razzismo e la discriminazione, in base a quanto previsto dall'art. 13 del Trattato di Amsterdam. Il pacchetto comprende tre proposte: a) una bozza di direttiva volta a proibire ogni forma di discriminazione per ragioni di razza o origine etnica, religione, invalidità, età o orientamento sessuale nel settore dell'impiego; b) una bozza di direttiva volta a proibire ogni discriminazione per motivi di razza e di appartenenza etnica, in un'ampia serie di settori, incluso l'impiego, l'istruzione, la fornitura di merci e servizi, la protezione sociale; c) un programma di azione volto a sostenere l'implementazione delle direttive cenate, attraverso lo scambio di informazioni e di esperienze, la diffusione delle strategie più appropriate. Per tale programma sono destinati 100 milioni di EURO in aggiunta ai 2,8 miliardi di EURO disponibili nei programmi dell'Unione Europea destinati agli affari sociali.

Il Parlamento europeo ha accolto positivamente l'iniziativa della Commissione, ma ha espresso scetticismo e preoccupazione per l'esclusione dalle due direttive e dal programma di azione della discriminazione di genere. Inoltre, il Parlamento ha espresso perplessità per il fatto che la Commissione ha voluto presentare una direttiva allo scopo di combattere ogni forma di discriminazione unicamente nel settore dell'impiego, ed un'altra per combattere la discriminazione in ogni settore della vita sociale, ma solo in base a motivi di razza o origine etnica.

Nel frattempo, il centro di monitoraggio dell'Unione Europea sul razzismo e la xenofobia, con sede a Vienna, ha pubblicato il suo rapporto annuale relativo al 1998. Il rapporto documenta le iniziative intraprese dagli Stati membri sul piano legislativo e amministrativo per combattere il razzismo e la xenofobia, così come l'allarmante numero di episodi ed incidenti razzisti registrati in un gran numero di Paesi membri. Un sommario del dossier nelle 11 lingue ufficiali dell'Unione Europea, così come l'intero dossier nelle lingue inglese, francese o tedesca , è consultabile sul seguente sito: http: //www.eumc.at.

20. Il Parlamento europeo esamina e discute due rapporti sui mezzi per combattere il razzismo in seno all'Unione Europea.

Nella sessione del 15 marzo scorso, il Parlamento europeo ha esaminato due rapporti sui mezzi per combattere il razzismo in seno all'Unione Europea. Il primo rapporto, predisposto dal deputato liberale britannico Sarah Ludford, ha invitato gli Stati membri ad essere sensibili ai bisogni delle comunità minoritarie e ad incoraggiare i loro strumenti di autonoma rappresentanza. Il rapporto ha invitato inoltra gli Stati membri che non l'hanno ancora fatto a firmare e ratificare la Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sulla protezione delle minoranze nazionali e la Carta Europea delle lingue regionali e minoritarie, anche se questi due strumenti sembrano rivolgersi alla tutela dell'autonomia culturale dei gruppi minoritari autoctoni e non di quelli formati da immigrati.

Il rapporto inoltre ha suggerito che le competenze del Centro Europeo di Monitoraggio sul Razzismo di Vienna vengano ricomprese nel terzo pilastro delle politiche europee (giustizia e affari interni).

Il secondo rapporto, curato dal deputato olandese Baastian Belder, ha invece criticato la Commissione per non aver voluto proporre specifiche azioni rivolte a combattere la discriminazione contro i richiedenti asilo, i rifugiati e i migranti nei diversi paesi europei.

CITTADINANZA

21. Entrata in vigore il 1 gennaio 2000 la nuova legge tedesca sulla cittadinanza che crea condizioni più favorevoli per la naturalizzazione degli stranieri e per l'accesso alla cittadinanza dei bambini stranieri nati in Germania. L'Italia diviene ora il paese dell'Unione Europea con la legislazione più severa in materia di naturalizzazione degli stranieri e di acquisto della cittadinanza da parte dei bambini stranieri nati in Italia.

Con l'entrata in vigore, il primo gennaio scorso, degli emendamenti alla legge tedesca sulla cittadinanza, si stima che almeno 4 milioni dei 7 milioni e mezzo di stranieri residenti in Germania possiedano i requisiti per richiedere la cittadinanza tedesca e che almeno 550.000 intendono farlo nel corso del 2000. La nuova legge abbrevia il periodo di residenza in Germania richiesto ai fini della naturalizzazione da 15 a 8 anni e dà agli stranieri nati in Germania con almeno un genitore residente nel paese da almeno 8 anni l'opzione di scegliere tra la cittadinanza tedesca e quella di origine entro il compimento del 23° anno di età. I richiedenti devono sostenere e superare un test linguistico così come rinunciare alla loro cittadinanza di origine, non venendo consentita la doppia cittadinanza.

Con l'entrata in vigore di queste modifiche alla legislazione tedesca l'Italia diviene il paese dell'Unione Europea che assieme alla Spagna richiede i tempi di residenza legale più lunghi ai fini della naturalizzazione degli stranieri (10 anni), che è anche la soglia massima prevista dalla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla cittadinanza del 1997. Ugualmente, la legislazione italiana contiene norme molto severe e restrittive per l'applicazione del principio dello jus soli, consentendo l'acquisto della cittadinanza da parte degli stranieri nati in Italia, su richiesta presentata tra il 18° e il 19° anno di età , solo in presenza del requisito della residenza continuativa in Italia dal momento della nascita.

 

FLUSSI MIGRATORI E TRAFFICO DI MIGRANTI

22. Le Nazioni Unite pubblicano uno studio che afferma la necessità dell'accoglienza dei migranti in Europa per il mantenimento della competitività economica e dell'equilibrio demografico.

Il 21 marzo 2000, il dipartimento per la popolazione (Population Division) delle Nazioni Unite ha diffuso un proprio studio che afferma la necessità per il continente europeo di accogliere nei prossimi anni un maggior numero di immigrati per mantenere competitive le proprie economie ed essere in grado di fronteggiare l'invecchiamento della popolazione.

Lo studio, intitolato "Replacement Migration: It is a solution to declining and ageing populations?", esamina i dati demografici di otto paesi (Francia, Germania, Italia, Giappone, Russia, Sud Corea, Regno Unito e Stati Uniti), dell'Unione Europea e del continente europeo nel suo complesso. Tra gli scenari proposti, una particolare attenzione viene riservata alle stime dei flussi immigratori ritenuti necessari per mantenere un giusto equilibrio tra la popolazione in età di lavoro e quella pensionabile. Dati i cambiamenti demografici attesi nei prossimi cinquanta anni, lo studio ritiene che le politiche migratorie costituiranno un fattore decisivo di una necessaria più ampia riconsiderazione delle politiche sociali, economiche ed istituzionali che i paesi europei dovranno effettuare.

Esaminando il caso italiano, lo studio delle Nazioni Unite parte della constatazione del costante declino del tasso di natalità negli ultimi decenni, cui ha fatto riscontro un deciso incremento dell'aspettativa di vita, con conseguente trend di forte invecchiamento della popolazione. La ricerca delle Nazioni Unite giunge dunque alla conclusione che per mantenere costante il livello della popolazione complessiva tra il 2000 ed il 2050, l'Italia avrebbe bisogno di un flusso migratorio annuale pari a più di 230.000 unità, tre volte superiore a quello registrato annualmente nel periodo 1995-2000. Per mantenere costante il livello della popolazione in età di lavoro, il flusso migratorio dovrebbe essere ancora maggiore, pari a circa 350.000 unità annuali.

Per maggiori informazioni sullo studio delle Nazioni Unite si può consultare il sito Internet: www.un.org/esa/population/migration.htm

23. Il Comitato ad hoc previsto dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale elabora due protocolli sul traffico di immigrati. Le preoccupazioni degli organismi internazionali ed un documento del Consiglio canadese per i rifugiati.

All'ottava sessione del Comitato ad hoc della Convenzione ONU contro il crimine organizzato transnazionale svoltasi a Vienna il 21 febbraio 2000 sono stati elaborati due protocolli concernenti il traffico di migranti e di persone, donne e minori. Con un apposito comunicato, l'Alto Commissariato ONU per i diritti umani, l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), l'ACNUR e l'UNICEF hanno espresso diverse preoccupazioni in relazione ai contenuti dei due protocolli sottolineando la necessità che essi non violino o diminuiscano gli standard internazionali a tutela dei migranti e dei rifugiati . Un interessante documento sul traffico di migranti ( Migrants smuggling and trafficking in persons) è stato recentemente redatto dal Consiglio Canadese per i Rifugiati.

Tale documento così come la nota degli organismi internazionali sopra menzionati può essere richiesta alla segreteria organizzativa dell'ASGI all'indirizzo e-mail : ledaz@tin.it

VARIE

24. Entrata in vigore lo scorso 1 febbraio 2000 la nuova legge spagnola sui diritti e l'integrazione sociale degli stranieri immigrati, che contempla sia una norma transitoria di sanatoria degli stranieri irregolari, sia un'interessante previsione valevole "a regime" di regolarizzazione permanente degli stranieri clandestini.

Il 1 febbraio scorso è entrata in vigore la nuova legge spagnola n. 4/2000 sui diritti e le libertà degli stranieri e la loro integrazione sociale (Ley organica 4/2000 de 11 de enero, sobre derechos y libertades de los extranjeros en Espana y su integracion social), approvata nella precedente legislatura con il sostegno di tutti i partiti rappresentanti in parlamento e che sostituisce la legge precedente sull'immigrazione risalente al 1985.

Tra i contenuti della nuova legge va innanzitutto segnalata l'attribuzione di un nucleo di diritti fondamentali a tutti gli stranieri, indipendentemente dal loro status legale e, dunque, anche ai clandestini. Tra questi l'assistenza legale gratuita in caso di espulsione o di respingimento alla frontiera, le cure sanitari essenziali e di emergenza, quelle legate alla gravidanza e alla cura dell'infanzia, l'accesso alle istituzioni scolastiche per i minori.

Per gli stranieri regolarmente residenti, invece, è stato affermato il principio della non discriminazione e dell'eguaglianza di trattamento rispetto ai cittadini spagnoli nel settore dell'occupazione, dell'assistenza sanitaria e sociale, dell'accesso all'abitazione con alcune previsioni relative alla partecipazione politica. Particolari disposizioni sono state introdotte per proteggere gli stranieri dalla discriminazione e dal razzismo, in particolare con l'introduzione dei emendamenti alle norme del codice penale spagnolo in relazione a reati commessi con motivazioni di ordine razziale o prevedendo specifiche fattispecie di reato di discriminazione.

Con la nuova legge viene meglio specificata la politica di programmazione dei flussi di ingresso di immigrati per motivi di lavoro mediante il sistema delle quote, già introdotto a partire dal 1993, mentre speciali garanzie di protezione sociale vengono offerte agli/alle stranieri/e vittime di organizzazioni criminali e che con la loro collaborazione con le autorità di polizia o giudiziarie spagnole permettono il rinvio a giudizio di persone coinvolte in tali organizzazioni.

La nuova legge spagnola sull'immigrazione contiene pure una norma transitoria di regolarizzazione (sanatoria) degli stranieri irregolari, previa apposita istanza che essi possono inoltrare nel periodo compreso tra il 21 marzo ed il 31 luglio 2000, purché in possesso dei seguenti requisiti: a) dimostrazione della presenza in Spagna prima del 1 giugno 1999; b) possesso di documenti identificativi; c) non essere stati assoggettati a provvedimenti espulsivi per gravi motivi.

Esaminando quanto fin qui esposto, i contenuti della nuova legge spagnola sull'immigrazione sembrerebbero dunque ricalcare, almeno nelle sue linee essenziali, quelli della legge "Turco-Napolitano", ma in realtà se ne differenziano per gli aspetti delle politiche repressive dell'immigrazione clandestina. Il sistema sanzionatorio introdotto in Spagna appare infatti molto più equilibrato, limitando le espulsioni ai casi più gravi di violazione delle norme ed escludendole per gli stranieri con speciali legami con la Spagna. La novità più interessante, tuttavia, è l'introduzione di una norma valevole "a regime" cioè "definitiva", di regolarizzazione degli stranieri clandestini, per cui ogni straniero presente irregolarmente in Spagna può in qualsiasi momento acquisire uno status legale di residenza se è in grado di dimostrare: a) di essere presente in Spagna da almeno due anni; b) di avere un reddito sufficiente; c) di non aver commesso reati penali o di non essere impossibilitato ad accedere alla residenza legale in base alle disposizioni contenute negli Accordi di Schengen.

L'ipotesi di "regolarizzazione permanente" adottata in Spagna costituisce dunque un'interessante tentativo di offrire una soluzione alla questione della clandestinità, al di fuori di logiche esclusivamente repressive fondate sullo strumento espulsivo. Queste ultime, infatti, oltre a comportare l'adozione di strumenti normativi e "tecnici" sempre meno garantisti e lesivi della dignità umana (ad. es i centri di detenzione amministrativa), si rivelano sempre più irrealistiche, per l'evidente impossibilità di eseguire materialmente la maggior parte dei provvedimenti espulsivi, tanto per la mancata collaborazione dei paesi di origine o di transito o per l'impossibilità di individuare l'esatta identità dello straniero, quanto per le limitate risorse finanziarie disponibili per il pagamento dei voli aerei e la gestione dei centri di detenzione amministrativa. Il risultato è dunque che, come avviene in Italia, buona parte degli stranieri espulsi continuano di fatto a vivere nel paese di immigrazione e l'impossibilità di emergere ad uno status legale rafforza il rischio di un inserimento nelle reti della piccola media criminalità.

La normativa spagnola appare dunque potenzialmente in grado di offrire una soluzione alla questione della clandestinità più attenta non soltanto alle ragioni della tutela della dignità umana dei migranti , ma anche alle esigenze di sicurezza dell'intera collettività nazionale.

Non è peraltro sicuro che tali innovative e originali misure adottate dal legislatore spagnolo vengano confermate dal Parlamento uscito dalle elezioni generali del 12 marzo, che hanno visto la vittoria del Partito Popolare (conservatore), che attualmente dispone della maggioranza assoluta dei seggi. Quest'ultimo, infatti, ha già annunciato l'intenzione di emendare la legislazione sull'immigrazione, con l'intento di allinearla a quella dei partner europei e di soddisfare i requisiti e gli obblighi previsti dopo il Vertice europeo di Tampere, così come di porre rimedio a "difetti tecnici" contenuti nell'attuale normativa. Il rischio evidente è che più che a risolvere eventuali difetti tecnici, il nuovo legislatore cerchi di cambiare lo spirito progressista della normativa.

Una copia in lingua inglese della legge spagnola sull'immigrazione (traduzione curata dall'ufficio spagnolo dell'UNHCR) può essere richiesta alla segreteria organizzativa del'ASGI (e-mail: ledaz@tin.it).

Bollettino news aggiornato alla data del 07 giugno 2000 e curato da Walter Citti, della segreteria dell'ASGI - Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione (tel. fax.040/382651).