Allegato I

Numeri, problematiche e raccomandazioni della Banca Dati Servizi a giugno 2000

-Nel verificare le condizioni di esclusione urbana e di assistenza umanitaria dei rifugiati e profughi considerati da Azione Comune nel 1999 (area balcanica) e nel 2000 (tutte le provenienze), sono emersi dati approssimativi nazionali (Mininterno, Acnur, tecnici locali dell'accoglienza), che vale la pena raccogliere in una tabella esplicativa sulle presenze ,i flussi e i blocchi di accesso all'Asilo politico del 1999:

Rom kosovari rintracciati dal Mininterno negli sbarchi pugliesi

Ca 8.000

Curdi Iracheni, Turchi, Iraniani, Siriani sbarcati

Ca 7.000

Richieste asilo

34.300

Richieste asilo esaminate in commissione

Ca 8000

Richiedenti asilo mai arrivati in Commissione perché irreperibili al colloquio

Ca 6000

Permessi di Soggiorno per riconoscimento Asilo politico

148

P.S. Protezione Temporanea

17.918

P.S. Convenzione di Dublino

13.230

Rifugiati riconosciuti già presenti in Italia

22.900

Rom italiani e stranieri in Italia

Ca 130.000

Curdi presenti in Itala

Ca 500

Ne consegue che diverse migliaia di richiedenti asilo non sono stati censiti ed accolti, I volontari locali si sono dovuti spesso dividere tra la difesa degli insediamenti Rom e degli irregolari, regolari, regolarizzabili. L'inserimento alloggiativo(campi nomadi e CdA), lavorativo(al nero e in regola), culturale(scuola, italiano) sanitario (vaccini, cure specifiche, prevenzione) etc. richiedono in Italia gruppi di lavoro flessibili, in grado di spaziare dalla sensibilizzazione della popolazione locale all'assistenza diretta, dalla gestione di Lobby a collaborazioni e/o vertenze locali e nazionali.

- All’interno dei quasi 1.000 posti letto che il nostro progetto ha offerto in diversi piccoli Centri di Accoglienza sparsi in tutta Italia ai rifugiati dal Kosovo, abbiamo reso disponibili più della metà dei posti (n° 618 al 10-11 99) per queste famiglie di rifugiati che avranno difficoltà a rimpatriare in Kosovo in tempi brevi, o medi, o come alcuni esperti e rifugiati dicono, mai. A questi vanno aggiunti i Rom contattati attraverso i servizi trasversali di Azione Comune che attualmente non sono stati presi in carico dal punto di vista alloggiativo, e si trovano soprattutto in Sicilia (2.000) e in misura minore in Toscana, Lombardia, Veneto, Puglia, perlopiù in condizioni di irregolarità e di esclusione urbana.

- La mancata presa in carico non riguarda solo i Rom kosovari ma comprende altre minoranze "deboli". Le percentuali di stanzializzazione dei profughi albanesi kosovari (3%) e dei curdi, caucasici e iraniani sono ancora più basse per l'assenza di parenti e comunità già residenti nel nostro paese. Forse questo è il dato da assumere per l'effettivo adempimento della Convenzione di Dublino in termini di "accoglienza adeguata".

- Dall'agosto 1999, in seguito ad un decreto ministeriale oggetto di molte critiche, i Rom kosovari vengono accolti in Puglia con l'intimazione di lasciare il territorio nazionale in 15 giorni, che viene spesso percepito come il termine improrogabile per recarsi in Nord Europa o entrare in condizioni di irregolarità nei campi nomadi italiani, presso le famiglie di Rom kosovari già presenti nei campi nomadi italiani dalla fine degli anni ottanta (nota bene: nell'89 i primi conflitti etnici in Kosovo), i quali ospitano nelle proprie baracche i parenti profughi, stringendosi all’interno delle baracche senza servizi, in campi dove sono presenti focolai di TBC, epatiti, dermatosi, in assenza di interessamento da parte di Comuni, scuole, ASL, operatori dei servizi di base e dell'asilo etc. Non aiutano le difficoltà e i tempi del riconoscimento dell'asilo da parte della Commissione Centrale, in contrasto con i comunicati di KFOR, OSCE, e delle ONG più competenti in materia. Va considerato che la maggior parte di queste famiglie di Rom in patria viveva in case, mischiata ai contadini e ai cittadini kosovari, sino all’inasprirsi delle tensioni tra albanesi e serbi, che li hanno allontanati sia dai primi che dagli altri. Queste persone non sono abituate alle durissime condizioni di vita dei campi nomadi italiani.

- Gli Enti Locali, in assenza di direttive centralizzate recepiscono il problema in termini di aumento incontrollato di popolazione a rischio di devianza, anziché accoglienza dei profughi di un esodo, accentuando il carattere repressivo delle misure necessarie al mantenimento dell’Ordine Pubblico. Il risultato è che molte persone che avrebbero diritto ad un Permesso di Soggiorno per protezione umanitaria, per richiesta asilo, o a cure mediche, all'Ufficio di Collocamento, o alle scuole, o altri servizi diretti all’inclusione, ne rimangono escluse, o sgomberate dal territorio.

- Ricordiamo allora a tutti gli operatori umanitari che l'insegnamento dell'italiano è irrinunciabile, i minori in età dell'obbligo devono frequentare la scuola pubblica, e gli adulti devono essere iscritti al Collocamento, agli EdA, e ai corsi professionali regionali, che le ASL e i comuni devono prendere in carico anche questa parte della popolazione, e che sull'inserimento territoriale si gioca la qualità dell'accoglienza, anche oltre il 30 giugno, per molti ospiti.

la Banca Dati Servizi aspetta come sempre le vostre segnalazioni e richieste al 03474735067, manberg@tin.it