Proposte di legge di modifica del Testo Unico recante norme sull’immigrazione attualmente in discussione presso la I Commissione permanente della Camera dei Deputati.

 

 

 

Le proposte di legge in esame intervengono sulla disciplina dettata dal testo unico in materia di immigrazione, adottato con D.lgs 25 luglio 1998, n. 286. Due di esse — la C 5062 e la C 5808 — hanno carattere di riforma complessiva, e mirano ad una integrale sostituzione della predetta disciplina, mentre la C 5585 è finalizzata all’abrogazione di alcune delle disposizioni contenute nel testo unico, oltre ad introdurre una specifica norma riferita al coordinamento della politica dell’immigrazione.

Nella sintesi che segue si darà conto delle modifiche più rilevanti che i testi all’esame della I commissione intendono apportare alla vigente normativa.

P.d.l. AC 5808 (Fini ed altri)

Questa proposta, assunta come testo base della discussione, dispone un’ampia revisione della normativa dettata dal testo unico n. 286 — senza peraltro sostituirla integralmente — ma intervenendo su quelle parti della disciplina che i presentatori considerano carenti, soprattutto con riferimento all’apparato di controllo e sanzionatorio del fenomeno dell’immigrazione clandestina.

Nel prosieguo vengono evidenziate le principali modifiche che il ddl in esame intende apportare alla normativa in esame e, nella colonna di destra, il parere di questo Ufficio.

Modifiche alla normativa sull’immigrazione apportate dal ddl

 

Osservazioni

(Art. 1) Viene in primo luogo modificato l’art. 3 del testo unico, in tema di programmazione dei flussi di ingresso dei cittadini stranieri, sostituendo il comma 4. Tale comma prevede che il Presidente del Consiglio determini annualmente, con proprio decreto, sentiti i ministri interessati e le competenti commissioni parlamentari, le quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per lavoro subordinato, anche a carattere stagionale, e per lavoro autonomo. Nel definire le quote massime si dovrà tener conto dei ricongiungimenti familiari e delle misure straordinarie di accoglienza temporanea per eventi eccezionali disciplinate dal successivo articolo 18. I visti di ingresso per le tipologie di lavoro sopra ricordate saranno quindi rilasciati entro i limiti così definiti.

 

 

La formulazione dell’art. 1 si ispira a criteri troppo restrittivi, difficilmente attuabili in pratica;

Il Testo Unico lascia la possibilità di emanare anche più di un "decreto flussi" in modo da rendere questo strumento quanto più flessibile ed adattabile alle esigenze del mercato del lavoro: non avere la possibilità di una "correzione in corsa" significa dover preventivare una sola volta l’anno l’esatto numero di extracomunitari da ammettere, con le relative possibilità di errori per difetto o per eccesso.

Il comma 4, come riformulato dall’art. 1 in esame, prevede che il decreto annuale di programmazione di flussi venga emanato tassativamente entro il 31 marzo di ogni anno. Viene inoltre disposta l’esclusione dalle quote di ingresso degli stranieri già sottoposto a provvedimento di espulsione, salvo deroghe previste per legge, ovvero provvedimenti straordinari del Ministro dell’interno. Viene anche modificata la previsione riguardante l’eventuale mancata emanazione del decreto annuale, stabilendo che, in tale ipotesi, non si fa luogo a rilascio di visti di ingresso. Restano confermati i criteri indicati dalla norma vigente per la definizione delle quote, con riferimento alle esigenze di lavoro, anche a carattere stagionale, ai ricongiungimenti familiari, ed alle misure di protezione temporanea.

 

Riguardo alla disposizione che preclude l’ingresso agli stranieri oggetto di espulsione, va osservato che tale norma dovrebbe trovare diversa collocazione, in quanto i decreti disciplinati dal comma in esame non recano indicazioni nominative, ma solo una quantificazione complessiva del numero di stranieri cui possono essere rilasciati i visti di ingresso.

Non è chiaro quale siano le possibili eccezioni costituite dai provvedimenti straordinari del Ministero dell’Interno di concerto con il Ministero dell’Immigrazione. Manca un raccordo con l’art. 13, comma 13 del T.U.

Se per una caso qualsiasi non viene pubblicato il decreto flussi non si fa luogo ad ammissioni di stranieri.

     

Connesse alle disposizioni di cui all’art. 1, sono quelle recate dall’art. 11, con il quale si modificano parzialmente i criteri per la predisposizione dei decreti annuali sui flussi. Si introduce infatti un principio di uniformità della distribuzione degli stranieri nel territorio, in funzione della etnia di appartenenza. A tal fine, si prevede che nei decreti annuali si limiti a non oltre il 2% l’incremento di cittadini extracomunitari della stessa etnia rispetto a quelli già soggiornanti in ciascun comune, e si limiti l’incremento della presenza di cittadini extracomunitari in ciascuna regione entro il 5% rispetto al totale degli stranieri già soggiornanti. Per l’attuazione di tali disposizioni, si prevede inoltre l’istituzione, presso il Ministero dell’interno, di un ufficio per la rilevazione statistica della presenza e distribuzione dei lavoratori extracomunitari in Italia.

 

Una norma siffatta rende troppo rigido il sistema che, invece deve essere il più possibile elastico possibile per addivenire al miglio rincontro fra domanda e offerta di lavoro.

La vigenza delle norme proposte renderebbe l’ingresso dei lavoratori stranieri più simile ad un gigantesco puzzle con migliaia di tessere ce possono trovare una sola possibile collocazione: in una certa zona l’imprenditore che cerca un tornitore deve soprassedere solo perché l’etnia dei possibili assunti supera le quote etniche previste.

L’art. 2 modifica alcune disposizioni contenute all’art. 5 del testo unico, in materia di rilascio del permesso di soggiorno. Viene in primo luogo elevato da trenta a novanta giorni precedenti la scadenza del termine previsto per presentare la richiesta di rinnovo del permesso. Riguardo alla durata del rinnovo del permesso, che attualmente può essere stabilita fino ad un periodo doppio di quello iniziale, l’articolo in esame prevede una riduzione, stabilendo che la validità del rinnovo può essere estesa ad un periodo non superiore rispetto a quello iniziale.

 

E’ eccessivo pretendere che lo straniero richieda il rinnovo del premesso di soggiorno 90 giorni prima della sua scadenza.

 

 

 

Il rinnovo per un periodo doppio non è concessa di frequente;

Il comma 7 dell’art. 5 del testo unico ha introdotto una sanzione per lo straniero munito di permesso di soggiorno rilasciato da altro Paese U.E. che non adempia all’obbligo di rendere la dichiarazione di soggiorno al questore territorialmente competente (pagamento di una somma da lire 200mila a 600mila), prevedendo che a carico di tali soggetti possa anche essere disposta l’espulsione amministrativa, qualora la dichiarazione non venga resa entro 60 giorni dall’ingresso in Italia.

   

L’art. 2 in esame modifica tale ultima previsione, rendendo automatica l’espulsione al verificarsi della suddetta ipotesi.

 

Gli automatismi rendono rigido il sistema:

si corre il rischio di dover espellere uno straniero inadempiente, ma giustificato.

Di particolare rilevanza è la previsione recata dall’art. 3 che introduce la fattispecie di reato di immigrazione clandestina, disponendo la pena della reclusione da sei mesi a quattro anni per il cittadino straniero che entri nel territorio dello Stato in violazione della legge. Si procede con rito direttissimo, l’espulsione viene ordinata con la sentenza di primo grado, ed è immediatamente esecutiva.

 

La previsione del reato di immigrazione clandestina contrasta con le linee guida del Governo sull’immigrazione; non è poi conveniente né economico sottoporre a processo penale (2 gradi di giudizio, più l’eventuale ricorso in Cassazione etc etc, ai quali lo straniero deve essere presente) il clandestino quando è molto più semplice espellerlo.

E di ciò sembra rendersi conto anche il proponente perché, nell’impianto proposto, la pena è solamente teorica e serve solo come "custodia cautelare" nei centri di permanenza in vista dell’espulsione

E’ da chiarire cosa significa l’espressione "..il magistrato ordina la sanzione amministrativa dell’espulsione": il magistrato non può espellere uno straniero (competenza di un organo amministrativo) e resta da vedere se il magistrato può ordinare un facere determinato (appunto l’espulsione" alla Pubblica Amministrazione.

Una ulteriore ipotesi di reato è configurata dallo stesso art. 3 a carico dello straniero che rifiuti di fornire indicazioni circa la propria identità, per il quale si prevede la pena della reclusione da uno a quattro anni. Anche in questo caso sono previsti l’arresto obbligatorio, il rito direttissimo e l’espulsione immediatamente esecutiva con la sentenza di primo grado.

 

 

 

Le stesse ipotesi sono previste dall’attuale comma 3 dell’art. 6 del T.U. con pena dell’arresto fino a sei mesi e l’ammenda fino a 600.000 lire.

L’art. 4 impone che nella denuncia di cessione di alloggio allo straniero siano annotati gli estremi del permesso o della carta di soggiorno

 

Nulla quaestio se il permesso o la carta di soggiorno siano stati già rilasciati: la denuncia va fatta entro 48 ore e, se si tratta di straniero appena entrato, in questo lasso di tempo potrebbe non aver ancora chiesto il permesso di soggiorno (8 gg) e, comunque, non lo avrà ancora ottenuto.

L’art. 5 eleva a 8 anni il tempo occorrente per chiedere la carta di soggiorno (ora 5 anni)

   

L’art. 7 aggrava la sanzione prevista dal testo unico per chi compia attività dirette a favorire l’immigrazione clandestina, elevando da tre a cinque anni il limite massimo della reclusione.

   

Il regime delle espulsioni amministrative viene reso più rigido, con le modifiche introdotte dall’art. 8. Tale norma prevede che l’espulsione deve sempre essere immediatamente eseguita, anche in pendenza di ricorso e sempre con l’accompagnamento alla frontiera con detenzione nei centri di permanenza nei casi di incerte generalità.

 

Il ricorso contro il provvedimento di espulsione è rivolto al Questore che deve decidere entro 10 giorni; appare inopportuno non attenderne l’esito.

 

Su questo punto, il testo vigente dispone — salve le ipotesi di espulsione con accompagnamento alla frontiera — che il provvedimento di espulsione contenga l’intimazione a lasciare il territorio nazionale entro quindici giorni.

   

L’art. 9 prevede un periodo massimo di sessanta giorni — in luogo dei trenta previsti al testo unico — per la permanenza degli stranieri nei centri di accoglienza, nei casi in cui non sia possibile eseguire subito l’espulsione. E’ inoltre prevista la possibilità che il Governo italiano promuova accordi con Stati non appartenenti all’Unione europea, per la istituzione di centri di permanenza all’interno dei territori di questi ultimi Stati.

 

Il periodo massimo di permanenza previsto dal ddl si rivolge evidentemente ai soli irregolari espulsi e non ai clandestini espulsi che, ai sensi dell’art. 3 della proposta di legge, sono condannati ad una pena detentiva fino a quattro anni.

A che servono?

Con l’art. 10 si prevede il divieto di rientro in Italia per lo straniero sottoposto a procedimento penale, modificando la corrispondente norma del testo unico, con la quale si prevede l’autorizzazione al rientro, sia pure al solo fine di garantire l’esercizio del diritto di difesa.

 

Comprimere il diritto alla difesa appare in contrasto con i principi del nostro processo

L’art. 12 aggrava il regime sanzionatorio previsto a carico del datore di lavoro che occupi lavoratori stranieri sprovvisti del permesso di soggiorno, trasformando la pena dell’arresto da tre mesi a un anno, in quella della reclusione da sei mesi a due anni.

   

Viene poi introdotto l’obbligo di una cauzione per un importo pari a dieci milioni di lire, per i cittadini che intendano farsi garanti dell’ingresso di uno straniero, al fine di consentirgli l’inserimento nel mercato del lavoro (art. 13).

 

Il regolamento di attuazione già determina le modalità per la fidejussione richiesta. (art.34)

Con l’art. 15 vengono introdotte restrizioni alla possibilità di ingressi per ricongiungimento familiare, fissando un limite massimo del 25% rispetto al totale dei flussi previsti nei decreti annuali.

 

Per il nostro ordinamento la famiglia è un bene da tutelare e, soprattutto, costituisce elemento di stabilità per la vita dell’immigrato e appare anacronistico fissare le quote di ingresso per ricongiungimento familiare o l’età minima che il genitore deve avere perché sia considerato a carico.

Misure per l’integrazione sociale ed economica vengono definite dagli articoli 17 e 18, con specifico riferimento alla promozione di politiche di incentivazione fiscale, e di iniziative volte a favorire la mobilità e flessibilità del lavoro, in un quadro di sviluppo delle attività nelle quali possano essere impiegati i lavoratori extracomunitari.

   

L’art. 20 della proposta prevede infine l’istituzione — da attuarsi con decreto del Presidente della Repubblica — del Ministero dell’immigrazione. Al nuovo dicastero vengono affidate competenze in tema di coordinamento delle politiche dell’immigrazione, con particolare riguardo all’attuazione delle norme di controllo dell’immigrazione clandestina, ed alla predisposizione delle misure concernenti la predisposizione dei decreti annuali sui flussi di ingresso.

 

Va rilevato che l’istituzione di nuovi ministeri è riservata nel nostro ordinamento alla fonte legislativa, mentre l’organizzazione degli uffici — ai sensi dell’art. 13 della legge n. 59/1997 — sono demandate alla fonte regolamentare, di cui all’art. 17, comma 2, della legge n. 400/1988 (reg. delegificati).

 

   

Va anche osservato che il ddl in esame non reca indicazioni circa il raccordo con le previsioni del testo unico, che assegnano al Ministero dell’interno le principali competenze in materia di immigrazione.

     

 

P.d.l. C 5062 (Rivolta ed altri)

La proposta ha la finalità di sostituire la normativa vigente con una disciplina parzialmente innovativa, che, pur confermando i criteri sui quali è basata la programmazione dei flussi di ingresso, introduce misure intese a potenziare i controlli, e ad appesantire il relativo quadro sanzionatorio.

Alla base della normativa delineata nella proposta in esame resta il criterio della programmazione dei flussi, da definirsi con il documento sulla politica dell’immigrazione, che il Governo elabora ogni due anni (mentre la norma attuale prevede una cadenza triennale), e viene sottoposto al parere delle commissioni parlamentari. In relazione ai criteri fissati dal documento, vengono poi emanati i decreti annuali con i quali si indica la quota massima di stranieri da ammettere all’ingresso nel territorio nazionale.

Per la concessione dei visti di ingresso, l’art. 4 della proposta prevede che la competenza sia "unicamente degli uffici diplomatici o consolari italiani, non discostandosi sostanzialmente da quanto prevede la norma vigente.

Di rilievo sono le modifiche apportate dall’art. 5, in tema di controlli alla frontiera. Viene infatti soppressa la previsione dei centri di accoglienza, ed introdotto un controllo dei dati anagrafici dello straniero che lascia il territorio nazionale.

In tema di permesso di soggiorno, mentre vengono confermati i criteri vigenti quanto alle condizioni richieste per la concessione, si prevede una riduzione della durata di validità del rinnovo; tale durata non potrà essere superiore al periodo per il quale il premesso era stato rilasciato (la norma in vigore prevede una durata massima pari al doppio di tale periodo).

Per il rilascio della carta di soggiorno, si confermano i criteri già previsti; non viene peraltro riprodotta la disposizione riguardante la impugnabilità in sede di tribunale amministrativo del provvedimento di diniego o di revoca.

Per la determinazione delle offerte di lavoro in base alle quali possono concedersi i permessi — all’interno delle quote fissate con i decreti annuali — si attribuisce una funzione preminente alle sezioni circoscrizionali per l’impiego, cui è affidata la competenza di verificare la congruità delle domande presentate dai datori di lavoro, ed a concedere il relativo nulla osta per il rilascio dei visti.

In tema di controlli, va segnalata, all’art. 24, l’introduzione di una specifica forma di verifica, che gli uffici di polizia devono effettuare nei confronti di stranieri i quali svolgano attività che possano indurre a sospettare sulla regolarità della posizione di tali soggetti. Vengono indicate quali attività in relazione alle quali vanno effettuati i controlli: l’accattonaggio, la prestazione di lavori manuali o di commercio in luoghi non appositamente autorizzati, la prostituzione, il contrabbando.

Per quanto riguarda la disciplina delle espulsioni, la proposta prevede che l’esecuzione dell’espulsione amministrativa venga in tutti i casi effettuata immediatamente, con accompagnamento alla frontiera, laddove la normativa vigente dispone l’accompagnamento immediato solo in alcuni casi specifici. In tema di impugnabilità, viene riprodotta la norma che prevede la competenza del TAR del Lazio per i ricorsi avverso l’espulsione adottata con decreto del Ministro per motivi di ordine pubblico. Anche per le espulsioni disposte dall’autorità di pubblica sicurezza — che il testo unico n. 286 sottopone alla competenza del pretore — la proposta individua nel giudice amministrativo la relativa competenza.

L’art. 28 reca disposizioni contro le immigrazioni clandestine, prevedendo un inasprimento delle sanzioni a carico di quanti compiano attività intese all’ingresso di stranieri in Italia in violazione della legge. Viene inoltre aggravata la sanzione penale — reclusione da due a cinque anni — per lo straniero che, dopo essere stato espulso, compia un ulteriore ingresso clandestino. La norma attuale (art. 13, comma 13) prevede in tali casi l’arresto da due a sei mesi; tale sanzione si applica peraltro solo se il reingresso avviene entro cinque anni dalla data della prima espulsione.

Si prevede anche un aggravamento delle sanzioni penali a carico del datore di lavoro il quale impieghi cittadini stranieri che non siano in regola con le norme concernenti il permesso di soggiorno.

L’art. 31 della proposta, infine, dispone l’abrogazione di una serie di disposizioni. Nell’elenco sono contenute numerose disposizioni già abrogate dal d.lgs. n. 286/1998, entrato in vigore successivamente alla presentazione della proposta di legge.

P.d.l. AC 5585 (Signorini, Gambato)

Con la proposta di legge in esame si prevede l’abrogazione di numerose norme contenute nel testo unico n. 286, e l’inserimento di una disposizione intesa ad affidare alle autorità degli enti locali competenze in materia di coordinamento delle politiche dell’immigrazione. La relazione di accompagnamento sottolinea l’intento di sopprimere quelle parti della disciplina vigente che ad avviso dei proponenti hanno mostrato di non permettere un efficace funzionamento dell’impianto normativo, con specifico riferimento ai controlli ed alle misure di contenimento della immigrazione.

La principale modifica derivante dalle abrogazioni proposte è quella riguardante la carta di soggiorno, che risulta soppressa.

Vengono inoltre abrogate alcune norme contenute all’art. 13, in tema di espulsione amministrativa, al fine di rendere tale provvedimento automatico quando lo straniero non abbia richiesto nei termini previsti il rilascio del permesso di soggiorno. Un’altra abrogazione colpisce la norma che consente al cittadino straniero la partecipazione alla vita pubblica locale (art. 2, comma 4). Vengono anche soppresse le norme che sanzionano i comportamenti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (artt. 43 e 44). Viene infine soppressa la norma istitutiva della Commissione per le politiche di integrazione (art. 46).

L’art. 2 della proposta di legge attribuisce una competenza generale in materia di coordinamento delle politiche di immigrazione al sindaco di comuni con oltre 100mila abitanti, ed ai presidenti di provincia. Sono oggetto del conferimento tutte le iniziative e le azioni destinate ai cittadini non appartenenti all’Unione europea. Il potere di coordinamento delle autorità locali si estende anche all’impiego delle forze dell’ordine, in funzione di controllo ed espulsione degli stranieri. Alle stesse autorità è pure rimessa la facoltà di istituire appositi uffici e strutture, in relazione allo svolgimento delle predette attività.

 

A.C. 6888 presentata il 22 maggio 2000 dagli on. Gardiol, Cento, Boato e altri

Stato della discussione: non ancora iniziata, ora abbinata alle proposte di legge in argomento.

La proposta di legge, praticamente identica alla proposta di legge A.S. 4506, mira, con alcune modifiche al Testo Unico in vigore ad abolire i Centri di permanenza temporanea (CPT) sostituendoli con misure di sicurezza e a fornire maggiori garanzie di difesa agli stranieri espulsi.

Più in particolare, partendo dall’assunto del parziale fallimento dei CPT e dalla sostenuta illegittimità della privazione della libertà per chi non ha commesso alcun reato, la proposta di legge sostituisce il trattenimento con "la misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con l’obbligo di soggiorno in una determinata località e l’obbligo di dimora in determinate ore della giornata" disposta dal tribunale, su richiesta del Questore, in attesa della effettiva espulsione .

L’osservanza volontaria della misura limitativa della libertà personale è incentivata dalla previsione della non irrogazione del divieto di reingresso che colpisce — oltre all’arresto fino ad un mese - gli stranieri espulsi che si siano volontariamente sottratti all’obbligo di soggiorno.

Le "maggiori garanzie" all’espellendo sono individuate nella previsione dell’ampliamento del termine, portato da 5 a 15 giorni, per impugnare il provvedimento di espulsione, nello spostamento di competenza territoriale, dal tribunale del luogo ove ha sede l’autorità che ha emesso il provvedimento impugnato al tribunale del luogo di residenza o di dimora dello straniero e nella possibilità di accoglimento del ricorso anche quando il provvedimento di espulsione sia legittimo, quando lo straniero adduca "ragionevoli motivi che giustifichino il soggiorno regolare nel territorio dello Stato" .

Altre innovazioni sono rappresentate dall’inclusione delle Regioni fra gli enti da sentire per la predisposizione del decreto-flussi, nella previsione di un maggior dettaglio delle quote di ingresso e nella previsione dell’espulsione a richiesta dello straniero che debba scontare una pena detentiva non superiore a tre anni o analoga parte di pena di durata superiore.

 

A.C. 5801 presentato l’11 marzo 1999 dall’On. Di Luca.

Anche la proposta di legge 5801 tende a rendere più rigoroso l’ingresso degli stranieri in Italia.

In particolare impone che il Documento Programmatico governativo abbia carattere annuale (anziché triennale) e che la relazione sui risultati raggiunti abbia cadenza semestrale, anziché annuale.

Come la proposta di legge 5808, quella in esame prevede che se il Governo non emana il "Decreto flussi" non si faccia luogo a nuovi ingressi.

All’art. 4 prevede nuove cause di diniego o revoca del permesso di soggiorno, nonché la competenza, estesa al merito, del TAR che deve decidere entro 10 giorni dal deposito, a conoscere del ricorso.

All’art. 5 prevede l’inasprimento delle pene per chi favorisce l’immigrazione clandestina.

Il termina massimo di trattenimento nei centri di permanenza è portato a 140 giorni.

L’art. 13 prevede che la prestazione di garanzia (sponsor) debba dar luogo ad un contratto di lavoro con la sanzione per lo sponsor di non poter più esercitare tale forma di garanzia. (Tale previsione è completamente al di fuori della normativa attuale: lo sponsor non garantisce il lavoro, ma solo la sussistenza dello straniero sponsorizzato).

All’art. 16 limita la possibilità del ricongiungimento familiare ai parenti entro il secondo grado anziché a quelli entro il terzo grado (art. 29 T.U.)

All’art. 20 è prevista la possibilità di una sorta di regolarizzazione permanente (riservata ai clandestini presenti in Italia prima, o un mese dopo, l’entrata in vigore della legge) per gli stranieri che riescono ad esibire un contratto di lavoro sottoposto alla sola condizione sospensiva dell’ottenimento di un permesso di soggiorno: ogni decreto flussi può riservare una quota di "ingressi" per tali regolarizzati.

Atto Camera 6259. Proposta di legge di iniziativa popolare.

La proposta di legge, veicolata dalla Lega Nord, è fortemente restrittiva rispetto alla normativa in vigore. Pone limiti stretti (meno dell’1 per mille) per i flussi di ingresso. Anzi l’impiego di lavoratori stranieri non già presenti sul territorio nazionale è permesso (nei primi 5 anni di vigenza della legge, solo per quegli imprenditori che possano dimostrare di non poter sopperire con l’impiego di manodopera italiana o di stranieri già presenti sul territorio nazionale.

Nella programmazione degli ingressi viene stabilita una sorta di responsabilità di nazionalità: "qualora i cittadini di un determinato stato abbiano subito nel territorio italiano un numero di arresti superiore alla media del totale degli arresti di tutti gli stranieri, nell’anno solare precedente, la quota di quello Stato per l’anno successivo viene cancellata."

Viene introdotto il reato di ingresso clandestino e sono soggetti ad espulsione i familiari che siano entrati in Italia per ricongiungersi all’espulso.

Il ddl in esame abroga il T.U. sull’immigrazione vigente abrogando, di fatto, tutte le misure per favorire l’integrazione in esso contenute.

 

Atto Camera 6365. (Casini e altri)

La proposta di legge in esame reca (art. 1) la previsione dell’uso legittimo delle armi verso le persone in transito clandestino attraverso la frontiera che non rispettano l’alt..

All’art 2 reca la previsione della prosecuzione della permanenza dell’espellendo nei Centri di Permanenza fino all’accertamento dello Stato di provenienza.

All’art. 3 commina una pena detentiva allo straniero che, già espulso, fa rientro clandestino nel territorio nazionale.