SCHEDA INFORMATIVA

SULLA VERTENZA PER IL PERMESSO DI SOGGIORNO

DOPO L’INCONTRO AL VIMINALE DEL 20 GIUGNO 2000

(Volutamente scritta in linguaggio semplice e non giuridico)

 

1. I NUMERI: LA PRIMA VITTORIA…

Secondo il ministero dell’Interno, su 250.966 richieste sono stati già consegnati 197.719 permessi di soggiorno. Le richieste con risposta negativa (rigetto) o senza risposta sono 53.247. Queste pratiche in maggio erano state considerate tutte da rigettare. Si voleva chiudere in fretta la procedura di regolarizzazione a danno degli immigrati. La prima vittoria della lotta di Brescia e Roma è quindi che tutte le 53.247 pratiche sono ora considerate "in corso di valutazione". E’ stata cambiata una decisione già presa e si è riaperta la porta alla speranza per tutti: sia per chi aveva già ricevuto il "rigetto", sia per chi non l’aveva ancora ritirato.

2. L’AUTOCRITICA DEL GOVERNO

Il sottosegretario Brutti ha ripetuto più volte, nel corso della riunione, che l’esame delle domande è stato condotto con "criteri non uniformi", ed ha riconosciuto che, di fronte a una positiva richiesta di legalità degli immigrati, l’amministrazione dello Stato si è mossa con grande lentezza. Questi due anni, ha detto Brutti, hanno consolidato una presenza: la risposta non può essere il ritorno nella clandestinità. E’ stata anche riconosciuta l’utilità del confronto: la delegazione ha ricordato che questo era il primo confronto vero in due anni, se si fosse fatto prima, si sarebbero risparmiati molti errori e sofferenze. La delegazione ha anche tenuto a rilevare che questo incontro è venuto per la pressione degli immigrati, alla quale il governo finalmente ha risposto positivamente.

  1. LE DOMANDE GIA’ RIGETTATE
  2. Non si sa quante siano: forse circa diecimila. Il governo ha detto che si farà valere il "principio di autotutela": significa che le questure potranno revocare, su richiesta e sulla base della nuova verifica dei requisiti, il decreto di "rigetto" del soggiorno. Dunque non è più necessario, per ora, ricorrere al Tar: per chi l’ha già fatto, l’eventuale revoca del "rigetto" farà decadere automaticamente il ricorso.

  3. LE DOMANDE PRIVE DI DOCUMENTAZIONE
  4. All’inizio dell’incontro il sottosegretario Brutti aveva detto che la mancanza totale di documentazione indica la non volontà di uscire dalla clandestinità, e quindi queste pratiche (circa 7.500 in tutta Italia) sarebbero state respinte. Questa previsione è stata purtroppo anche comunicata alla stampa, che l’ha pubblicata. Nella riunione si è spiegato al governo che spesso sono state le questure a non accettare la documentazione finchè non fosse completa e perfetta: dunque la mancanza di certificati non vuol dire affatto che gli immigrati non abbiano interesse al soggiorno. Alla fine della riunione Brutti ha accettato questa impostazione: dunque anche i fascicoli che contengono soltanto la domanda di soggiorno saranno riaperti, e si potrà portare nuova documentazione.

  5. LE PRATICHE RESPINTE PERCHE’ C’ERA UN DECRETO DI ESPULSIONE
  6. Anche in questi casi, il governo ha detto che si potrà revocare la vecchia espulsione, se dovuta soltanto a presenza irregolare in Italia. La delegazione ha proposto che, per evitare complicazioni burocratiche, la revoca sia decisa dal ministero dell’Interno, per quei casi in cui la prefettura che emise l’espulsione è diversa da quella in cui si chiede il soggiorno.

  7. I TEMPI DELLA VERIFICA
  8. La richiesta di emettere un permesso di soggiorno provvisorio (valido un anno) per tutti e subito, è stata respinta dal governo per ragioni di politica generale. La scelta del governo è quella di muoversi dentro la normativa attuale, senza nuovi provvedimenti di legge o nuove circolari. Dunque si dovrà riesaminare tutti i casi, uno per uno, sulla base però di "criteri uniformi in tutta Italia e della volontà di una soluzione positiva del maggior numero possibile di casi". Il governo dice di aver già avviato questa verifica di tutte le 53.247 pratiche, e di poterla completare entro l’inizio di luglio a Brescia, entro la fine di luglio nelle altre città. La stessa delegazione di Brescia ha risposto che non vuole una priorità: il problema è nazionale, deve essere risolto a livello nazionale. Su questo criterio il governo è stato d’accordo.

  9. LE PRATICHE RIGETTATE O SOSPESE PER NON VALIDITA’ DELLA "PROVA DI PRESENZA"
  10. Si tratta dell’80-90% dei casi. Il governo ha riconosciuto che era già difficile chiedere nell’ottobre ’98 a un immigrato fino allora clandestino di "provare la sua presenza" sette mesi prima: adesso è ancora più difficile, ed è anche inutile, perché la "prova di presenza" serviva a evitare nuovi afflussi due anni fa, ora non serve più a nulla. Quindi il governo è disponibile a riesaminare le "prove" (vecchie o nuove) "con buonsenso". All’inizio della riunione il sottosegretario Brutti diceva che sarebbero state respinte le pratiche con "prova falsa": alla fine invece si è accettato il principio che la "falsità" della prova, insieme al "dolo" (cioè alla volontà dell’immigrato di affermare il falso), deve essere stabilita eventualmente dalla magistratura, non dalla polizia. Anche in questo caso, fino alla decisione dei giudici l’immigrato ha diritto al soggiorno, che poi potrà essere verificato solo in caso di condanna definitiva. In tutti gli altri casi, dovrà essere valutata la "idoneità" della prova, non la sua verità o falsità: se si sospetta un falso, si deve lasciar decidere la magistratura. Per chi non ha ancora fornito la "prova", o deve portarne un’altra, la delegazione ha proposto l’autocertificazione (cioè una semplice dichiarazione, sotto propria responsabilità, dell’immigrato): su questo il governo si è riservato di rispondere in seguito. Comunque esiste (mai abrogata) la circolare Masone di marzo 2000, che prescrive di dare il soggiorno nei casi dubbi, salvo la successiva revoca. E la precedente circolare considerava sufficiente una dichiarazione del responsabile dell’associazione o servizio che forniva la "prova": questo dovrebbe risolvere molti casi in sospeso.

  11. LE PRATICHE RIGETTATE O SOSPESE PER NON VALIDITA’ DELLA CERTIFICAZIONE DI LAVORO
  12. In questi casi il governo ha proposto che si presenti una nuova certificazione. La delegazione ha rifiutato questo principio (a meno che l’immigrato stesso non voglia farlo), perché dopo due anni per chi ha perso il lavoro significa, in tempi brevi, affidarsi agli affaristi. La delegazione ha proposto invece che la "ricevuta" della domanda sia considerata valida (come prevedeva una circolare del ministero del Lavoro) per iscriversi al collocamento, e quindi per avere diritto a un permesso di soggiorno valido un anno per "inserimento nel mercato del lavoro". Del resto già la circolare Masone di maggio ’99 lo prevedeva, sia in caso di perdita dell’offerta di lavoro dipendente, sia in caso di reddito insufficiente per il lavoro autonomo. Su questa proposta, condivisa anche dai sindacati, il governo si è riservato di rispondere "entro pochi giorni".

  13. IL REQUISITO DELL’ABITAZIONE "IDONEA"
  14. Il sottosegretario Brutti non ha neppure citato questo requisito, ed ha fatto capire che non se ne terrà alcun conto al momento della "verifica", come è logico dopo due anni. Per chi non l’aveva ancora certificato per nulla, dovrebbe essere sufficiente una dichiarazione di "ospitalità" da parte di qualcuno, come prevede una circolare. Per gli altri, basteranno le certificazioni già presentate.

  15. LE PRATICHE RIGETTATE O SOSPESE PER "PRECEDENTI PENALI"
  16. Anche queste pratiche, all’inizio della riunione, erano state presentate dal governo come casi da respingere. La delegazione ha però chiarito (e su questo il governo è parso d’accordo) che deve trattarsi solo delle condanne definitive per reati gravi, e che deve esserci una certificazione della "pericolosità sociale" attuale da parte del Tribunale di sorveglianza o comunque della magistratura. Negli altri casi, deve andare avanti la pratica di soggiorno.

  17. ALTRE VIE…

Sia per chi restasse fuori dalla "verifica", sia per chi è arrivato dopo l’avvio della regolarizzazione, si potrà poi ricorrere a due strade: il permesso "per motivi umanitari" in casi particolari (come è già avvenuto a Lucca), e la conversione del soggiorno in "altro titolo" (cure mediche, o famiglia, o studio…), solo però nei casi in cui si sia già richiesto un soggiorno che non può essere dato. Entrambe le possibilità sono state affacciate al tavolo di Brutti, senza attendersi una risposta immediata.

GIUDIZIO FINALE E INDICAZIONI PRATICHE

La delegazione ha dato un giudizio positivo sull’andamento dell’incontro (che ha cambiato realmente le posizioni iniziali del governo) e sulla sua conclusione, che lascia aperta la possibile soluzione positiva di TUTTI i casi pendenti. Si è riservata però di valutare le risposte del governo ai quesiti posti, e le indicazioni che il governo dovrà dare alle questure. Quindi la mobilitazione rimane e deve estendersi ad altre città. La delegazione ha anche proposto che non ci sia solo un tavolo nazionale, ma che tavoli di confronto si aprano in tutte le province, per risolvere ragionevolmente i vari casi, non soltanto attraverso il rapporto individuale dell’immigrato con l’ufficio di polizia. Anche su questo il governo si è riservato di rispondere. Per ora, in assenza di indicazioni chiare, gli immigrati NON DEVONO ancora ritornare alle questure e ai commissariati per rivedere le loro pratiche, per non rischiare risposte negative.

Brescia/Roma, 22 giugno 2000

A cura dell’avv. Manlio Vicini e di Dino Frisullo