Caro Sergio, eccomi.
Non ho risposto prima non perchè non avessi tempo. Non ne avevo, ma questa
è un'altra questione. E' che ho a lungo riflettuto (come credo molti
altri) sul tuo documento. Non sono per niente pronto a "impallinarti" per
vari motivi. In primo luogo perchè sono in larga misura d'accordo. Poi - e
questa è la cosa più importante - perchè non ho la più vaga idea di cosa si
possa fare di serio e definitivo su questo specifico aspetto della
questione della immigrazione (che poi tanto specifico non è). In terzo
luogo perchè - puoi stare ben tranquillo - nessuno di quelli che contano ti
prenderà sul serio su questo. Perciò non ci saranno ingressi tali da
comportare un significativo abbassamento dei salari: la classe operaia
nazionale sarà ben difesa dalle Turche e dai Bianchi di turno, che già da
ora si occupano di proteggerala da una invasione che non c'è.
Per inciso, vengo da un convegno di noti intellettuali internazionali in
una località termale dove ne ho sentito una davvero interessante su quelli
che, come te, si affannano nella difesa dei "diritti deboli" degli
immigrati. Ti chiederai cosa vuol dire, cosa diavolo sono, "i diritti
deboli". Non è chiaro neanche a me. In inglese - la lingua parlata nei
convegni termali - l'espresione era "defence of weak rights" (così mi
dembra di ricordare). Questa difesa dei diritti deboli (facilitazioni per i
permessi di soggiorno, regolarizzazioni et similia, da quanto ho capito) si
contrapporrebbe alla difesa dei "diritti forti" (come quello del voto) da
garantire agli immigrati regolari,entrati grazie a un meccanismo di
programmazione e controllo degli ingressi.
Ti chiederai "cosa c'entro io?". Suppongo infatti che - come me - tu sia
per tanto per la difesa dei diritti deboli che per la difesa di quelli
forti, voto compreso. Ma c'entri...c'entri! Secondo la summenzionata
teoria, i fautori della difesaa dei diritti deboli sarebbero "in primo
luogo le organizzazioni del volontariato cattolico".
Questo per dirti che tra quelli che contano ora - e ancor meno tra quelli
che conteranno tra qualche mese (che in parte sono gli stessi) - non c'è
alcun rischio che nè la prima, nè la seconda, nè la terza delle tue
proposta siano prese davvero in considerazione: intendo prese sul serio
nella loro forte e innovativa portata. Questa mia preventiva dichiarazione
di pessimismo-realismo serve a introdurre il mio ragionamento e a spiegare
il perchè della mia totale assenza di irritazione. Insomma ti impallinerei
a vuoto e saremmo privati delle trasmissioni da radiofrascati inutilmente.
Entriamo perciò nel merito. Io non vedo le tre proposte (apertura totale,
regolarizzazioni in itinere e apertura con limitazioni) in radicale
alternativa. Per la precisone la terza, la tua ( della "scuola salernitana"
mi sembra) simile alla prima con alcuni - ancorchè radicali - emendamenti,
con i quali, per altro, sarei d'accordo. Sarei d'accordo non perchè li
trovi umanamente, moralmente o scientificamente(su questo tornerò fra un
pò) giusti, ma semplicemente perchè politicamente opportuni. Per la
precisione tra la prima e la terza proposta c'è una differenza di fondo che
consiste nel carattere complementare, per così dire, degli ingressi liberi
nella proposta n.3. Questa differenza poi diventa fondamentale e la
proposta - per altro comunque giusta e buona - perde larga parte della sua
forza innovativa quando aggiungi che gli ingressi liberi (che già tanto
liberi non sono) devono rientrare nel numero programmato. Ma vedo che tu
stesso hai riserve su questo punto. Questa terza proposta allargherebbe le
maglie della situazione attuale. E mi va bene.
La seconda (Asgi etc. sulle regolarizzazioni in itinere), per me, è
complementare a questa. La tua (la terza) è una proposta che assume
comunque una situazione di chiusura. Le chiusure sono più o meno crudeli,
piò o meno inefficienti, più o meno rigide. La tua proposta intende rendere
la chiusura giustappunto un po' meno rigida, un po' meno inefficace, un
po' meno crudele, insomma un po' meno liviaturchica.
Ma procediamo. La prima proposta - quella degli ingressi liberi - non va
bene neanche a me. E ciò per diversi ordini motivi. Il primo è che essa è
astratta nella sua stessa formulazione. Il modellino teorico è a mio avviso
troppo lontano dalle stesse formulazioni degli economisti marginalisti
(quelli più astratti) che si occupano di migrazioni internazionali.Le
variabili che mettono in moto i movimenti migrtatori sono diverse e
complesse di quanto un modello basato sui semplici differenziali salariali
non implichi. Come ha scritto Alejandro Portes, il sociologo più competente
in materia di migrazioni internazionali, gli emigranti non vanno tutti dal
paese più povero al paese più ricco, come i differenziali salariali
suggerirebbero: alcuni sono troppo poveri per poter emigrare, altri vanno
dove è più facile entrare, altri vanno dove costa meno entare, altri vanno
dove è meno difficile rientrare un volta usciti, altri ancora seguono la
catena migratoria (e vanno in un posto anche quando un calcolo
economicistico suggerirebbe di andare in un altro), etc. Pensa un po' alle
filippine laureate e diplomate che sono venute qui a fare le domestiche.
Il tuo modello della prima ipotesi (apertura delle frontiere) - stiamo
ragionando accademicamente - vale solo se riferito a un mondo di due paesi:
quello di emigrazione e quello di immigrazione. Ma , come appena detto, la
gente va da diversi posti a diversi altri posti. E sarebbe buffo che ce ne
fosse solo uno con le froniere aperte in entrata. E comunque, prima ancora
di una radicale (dico radicale) riduzione generalizzta dei salari per
effetto della immigrazione in massa sarebbe già successo il pandemonio.
Ma anche qualora il primo modello (apertura) in termini astratti
funzionasse, occuparsene sarebbe spreco di tempo: non esiste e - puoi stare
sicuro - non esisterà alcun paese sviluppato a froniere completamente perte
all'immigrazione. D'altronde non è mai esistito. Lo è stata per un po'
l'America; e quando dico "per un po" intendo per qualche raro anno - almeno
a partire dalla fine della Guerra Civile. Infatti nell'800, anche quando a
New York poteva sbarcare chiunque, le limitazioni contro gli asiatici,
(cinesi e giapponesi) che arrivavano direttamente sulla costa californiana,
venivano emanate, disattese, cancellate e ri-emanate continuamente.
E poi, come diceva il compagno Trotzky, non si può fare la libera
circolazione della mano d'opera in un paese solo (lui veramente parlava
della costruzione del socialismo, ma vale lo stesso).
Vorrei insistere su questa questione del "paese solo". Gicchè siamo entrati
in Europea - come si dice con espressione di dubbia logica: io ero convinto
di esserci, come sono convinto di essere in Italia - non è pensabile una
politica migratoria radicalemnte alternativa a quella europea generale . Ma
c'è di più: credo che rispetto a temi così radicali come l'apertura delle
frontiere è giusto e necessario muoversi a livello europeo). E qui sorge un
problema grosso. Come si fa? Cosa significa muoversi a livello Europeo?. Io
non credo molto a micro-reti antirazziste più o meno competenti, più o meno
estremiste. Credo tuttavia che in Europea possa svilupparsi un complessivo
orientamento più solidaristico di quello attuale e si possa ridurre
l'allarme sulla questione dell'immigrazione.
Da questo punto di vista chiarezza e competenza sono condizioni necessarie
di base. Non amo nè palingenetiche prospettive di invasione, nè misure
draconiane di restrizione, che sono così diffuse. Lascio le prime ai
rivoluzionari - e Dio ce ne scampi - i secondo invece hanno fin troppi
adepti. La tua terza ipotesi (che è comunque una ipotesi realistica di
apertura parziale) mi piace appunto per questi motivi:perchè è basata su
competenza. Ma - ripeto - trattandosi di una ipotesi di parziale apertura (
e quindi di parziale chiusura) essa implica comunque l'esistenza di
irregolari, clandestini e quant'altro: esistenza che si accompaga sempre
alle chiusure.
Non credo che l'ASGI o Magistratura Democratica intendano la loro proposta
come ideale. Io vedo le regolarizzazioni in itinere come una pratica che
serve a rimediare situazioni pregresse di irregolarità. O mi sbaglio? Forse
sarebbe il caso di chiedere a MD e all'ASGI di esprimersi più
dettaglitamente su questo punto, intervenendo in questo dibattito.
Insomma siamo d'accordo credo su tutta la linea, almeno credo. Non mi è
neanche balenato il sospetto che la tua proposta intendesse barattare più
bassi salari (non avremmo la forza con maggiori ingressi). D'altro canto
Nigel Harris nel suo splendido volume "I nuovi intoccabili" se la prende
con chi come la nostra Zincone predica che gli immigrati ("fuori da una
seria programmazione e rigorosi controlli")causano l'estensione
dell'economia informale (del lavoro nero, cioè) nonché un abbassamento dei
salari.
Parlando dell'America - ma il commento vale altrettanto bene per la
situazione di Frosinone - Nigel Harris scrive che per evitare tutto questo
bisogna regolarizzare subito i clandestini, talché locali e clandestini
insieme possano difendere meglio i loro salari e i loro diritti. Perciò
Harris suggerisce agli studiosi e ai tecnocrati americani di schierarsi
dalla parte di chi vuole le regolarizzazioni.
Infine, è veramente stupefacente la convinzione diffusa che chi vuole le
regolarizzazioni vuole anche l'irregolarità, la balla che ci sono i
clandestini perche ci sono le sanatorie, balla per il 90% perchè per l'1% e
per il 9% non so) è falsa quanto atroce. Ma queste cose tu e i
brigugliodipendenti di internet già le sapete.
A questo punto mi fermo, è inutile farla troppo lunga. Ho commentato solo
la parte finale del tuo testo, quella con le proposte, tralasciando l'altra
pur significativa sulle contradditorietà e le situazioni paradossali create
dalla normativa attuale e dalle sue dettagliate specificazioni. Su quello
che tu scrivi sono totalmente d'accordo e credo che bisogna fare una
battaglia matura per le semplificazioni. Se proprio gli ingressi devono
continuare ad essere così rigidamente controllati e le norme per i
soggiorni così restrittive, ci facciano almeno il piacere di evitare
aggiuntive irrazionali complicazioni burocratiche.
Questo è tutto. Puoi distribuire nell'etere questi miei pensamenti.
Cari saluti, Enrico Pugliese.