INTRODUZIONE E "GUIDA" ALLA LETTURA

Questo dossier nasce con l’obiettivo di cercare risposta ad alcune domande sulla questione dei minori stranieri non accompagnati, in un momento di transizione e di forte incertezza che deriva dall’entrata in vigore di nuovi strumenti normativi (la legge 40/98, il dlgs. 113/99, la legge 476/98, i relativi regolamenti di attuazione ...) in un periodo di tempo molto breve e spesso in modo incoerente e disorganico.

A tal fine, abbiamo cercato di raccogliere le diverse disposizioni aventi rilevanza in materia di minori stranieri non accompagnati e irregolari, disposizioni che si trovano disperse in una serie di leggi, regolamenti, Convenzioni, appartenenti in parte alla normativa sui minori e in parte alla normativa sugli stranieri.

Nella definizione di "minori non accompagnati" abbiamo compreso tutti i minori non accompagnati dai genitori (o altri esercenti la potestà genitoriale), e quindi anche quelli accompagnati da parenti entro il quarto grado.

Sono state escluse, invece, le disposizioni che riguardavano specificatamente i minori richiedenti asilo o protezione umanitaria (per i quali sono previste specifiche garanzie); la sottrazione internazionale di minori; l’ingresso regolare di minori nell’ambito di programmi solidaristici di accoglienza temporanea, o per motivi familiari, di studio, turistici ecc.; l’adozione.

La fattispecie cui si fa riferimento è dunque quella del minore straniero non accompagnato dai genitori ed irregolarmente presente sul territorio italiano, non richiedente asilo o protezione umanitaria, ed emigrato con il sostanziale consenso degli esercenti la potestà genitoriale o comunque non contro la loro volontà.

Le disposizioni così selezionate sono quindi state suddivise in base ad alcune problematiche come ad esempio: a chi deve essere segnalato il minore? Chi è competente a disporre il provvedimento di rimpatrio? A che tipo di permesso di soggiorno ha diritto il minore? ...

Infine, per ciascuna problematica (la segnalazione del minore, le competenze e le procedure relative al provvedimento di rimpatrio, il permesso di soggiorno ecc.) sono state analizzate le disposizioni precedentemente selezionate e si è tentato di fornire alcune risposte - ove la normativa era chiara - ovvero di porre in evidenza le contraddizioni, le lacune, le ambiguità.

Il dossier è suddiviso in base a queste diverse problematiche, e per ciascuna "sezione" vi è una prima parte di analisi e commento e una seconda parte in cui sono riportati gli articoli delle diverse fonti normative che risultano rilevanti per la specifica problematica in oggetto (e sui quali si fondano l’analisi e il commento della prima parte).

Naturalmente, molti articoli sono ripetuti in diverse sezioni, in quanto risultano rilevanti per diverse problematiche.

 

Anche sulle questioni più delicate (come ad esempio i criteri per decidere se sia nell’interesse del minore restare sul territorio italiano ovvero essere rimpatriato) si è tentato di condurre l’analisi e il commento solo basandosi sulle norme vigenti e non invece da un punto di vista puramente etico-politico; ovvero - si potrebbe forse dire - basandosi sulle norme e sulla visione etico-politica di cui quelle norme sono espressione.

Né tanto meno abbiamo "scelto" le disposizioni che potevano confermare dei nostri convincimenti, tralasciandone altre che andassero invece in senso contrario: abbiamo cercato, cioè, di essere il più possibile oggettivi e neutrali.

 

Molte delle domande che ci eravamo posti, tuttavia, sono rimaste senza risposta, in quanto le norme sono assai spesso lacunose e/o contraddittorie.

Per fare fronte a tale incertezza sarà necessario, in attesa di un intervento legislativo chiarificatore, che su alcune questioni fondamentali si giunga ad un accordo tra i soggetti a diverso titolo coinvolti nella questione dei minori stranieri non accompagnati.

Senza alcuna pretesa di esaustività o completezza, consapevoli che alcune interpretazioni proposte potranno essere discutibili e senza volere insegnare niente a nessuno, ci limitiamo a sperare che questo dossier possa essere un utile strumento di lavoro.

 

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Prima di iniziare la trattazione delle singole questioni, vorremmo concludere questa breve introduzione con un importante documento dell’Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e la famiglia, che mostra come il problema di una "legislazione più accogliente" per i minori stranieri non accompagnati sia sentito in quella parte della Magistratura più sensibile ai problemi dei minorenni.

 

"II Consiglio direttivo dell'Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e la famiglia,

preso atto dell’estrema difficoltà dell'intervento giuridico relativo ai minori stranieri non accompagnati, che dà origine a prassi molto differenziate da parte dei tribunali per i minorenni, dei giudici tutelari e della pubblica amministrazione;

considerato che nell'approccio al problema dei minori stranieri che si trovano per qualsiasi cause in Italia appare necessario sempre porsi, come deve avvenire per ogni minore, con un atteggiamento di accoglienza e di

attenzione ai concreti bisogni di ciascuno;

pur prendendo atto della positiva previsione della concessione ai minori stranieri del permesso di soggiorno per minore età, salvo l'iscrizione del minore di anni quattordici nel permesso di soggiorno del genitore o dell'affidatario straniero regolarmente soggiornanti in Italia (art. 28 regolamento del t.u. 25 luglio 1998, n. 286 sugli stranieri)

esprime

la propria preoccupazione in ordine alle seguenti questioni:

a) C'e una molteplicità di norme attinenti alla materia, alcune delle quali si sono in tempi recenti giustapposte l'una all'altra senza alcun coordinamento e ponendosi, anzi, piu volte l'una in contrasto con l'altra. In particolare, mentre la disciplina dettata dalla legge 4 maggio 1983 n. 184, come modificata dalla legge 31 dicembre 1998 n. 476 di riforma dell'adozione internazionale, esprime una scelta di piena tutela giurisdizionale prevedendo nell'art. 33, comma 5 che, qualora sia comunque avvenuto l'ingresso di un minore nel territorio dello Stato al di fuori delle situazioni consentite, va data notizia al tribunale per i minorenni che valutata la situazione può scegliere fra provvedimenti di protezione qualora ne sussistano i presupposti ovvero un rimpatrio assistito, e nell'art. 37-bis che al minore straniero in stato di abbandono si applichino tutti gli istituti di tutela disciplinati per il minore italiano, contraddittoriamente con l'art. 5 del d.lvo 13 aprile 1999, n. 113 si è attribuito esclusivamente al Comitato per i minori stranieri il potere di stabilire le modalità di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, del rimpatrio assistito e del loro ricongiungimento con la famiglia di origine, senza indicazione dei criteri per tale attività.

b) Con ciò si crea una sovrapposizione fra organi giudiziari e autorità amministrative, oltretutto rendendo possibili prassi differenziate che vanno ad incidere sui diritti soggettivi della persona minore, espressamente tutelati dalle convenzioni internazionali.

c) Ci poniamo inoltre la domanda se non sussista un profilo di incostituzionalità nel fatto che con il predetto art. 5 del d.lvo n. 113/1999 sia stata dettata una normativa al di fuori della delega prevista dall'art. 47, comma 2, legge n. 40/1998, contraddicendo inoltre la disciplina chiarissima che il Parlamento aveva dettato introducendo nella legge n. 184/1983 in materia di adozione internazionale l'art. 33, comma 5, e 1'art. 37-bis;

manda

pertanto al Comitato di presidenza di manifestare queste preoccupazioni al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la solidarietà sociale e al Ministro della giustizia, esprimendo la convinzione che debbano essere predisposti sollecitamente strumenti normativi che consentano ai giudici e alle pubbliche amministrazioni di operare con chiarezza in una materia così complessa e delicata".

(Mozione votata dal Consiglio direttivo dell'Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e la famiglia nella riunione del 26-27 novembre 1999, e pubblicata in Minorigiustizia, 1999, n. 4)

 

Fonti normative analizzate

Sono state prese in considerazione in particolare le seguenti fonti normative:

 

 

Purtroppo non è stato possibile avere copia della Convenzione tra il Servizio Sociale Internazionale e il Dipartimento per gli Affari Sociali, in quanto il SSI ci ha risposto che non è autorizzato ad inviare il testo richiesto. Le uniche informazioni a nostra disposizione sono dunque quelle riportate nella nota informativa redatta dal Servizio Sociale Internazionale stesso, che riportiamo in appendice.

 

Un’ultima notazione concerne la Convenzione dell’Aja del 1970 sul rimpatrio e le relative norme di attuazione dettate dalla legge 64/94: benchè tale Convenzione ad oggi non sia internazionalmente in vigore, abbiamo deciso comunque di citarne alcune disposizioni in quanto possono fornire utili indicazioni sul modo in cui è stato regolato a livello internazionale l’istituto del rimpatrio.

 

INDICE

 

I Parte: Aspetti procedurali: ........................................................................................ p. 6

La definizione di minore straniero non accompagnato .................................................. p. 7

La segnalazione del minore straniero non accompagnato .............................................. p. 9

Le indagini sull'identità e sulla situazione in Italia e nel Paese d’origine ........................ p. 15

La protezione del minore straniero nel sistema italiano di diritto internazionale privato .. p. 20

I provvedimenti di protezione del minore sul territorio italiano ...................................... p. 26

La scelta tra accoglienza e rimpatrio, l’adozione del provvedimento di rimpatrio

e la sua esecuzione ....................................................................................................... p. 39

Il permesso di soggiorno .............................................................................................. p. 53

Il diritto alla salute e all’istruzione ............................................................................... p. 69

L’espulsione e il respingimento .................................................................................... p. 75

 

II Parte: Aspetti di merito:

Qualche riflessione sui criteri di scelta tra accoglienza e rimpatrio .............................. p. 79

 

Appendice: ................................................................................................................... p. 95

Indice ......................................................................................................................... p. 96

Giurisprudenza ............................................................................................................ p. 98

Articoli ........................................................................................................................ p. 109

Interventi a seminari e convegni ................................................................................... p. 126

Altri documenti ........................................................................................................... p. 134

 

 

 

 

 

PARTE I:

 

ASPETTI PROCEDURALI

LA DEFINIZIONE DI MINORE STRANIERO NON ACCOMPAGNATO

 

Preliminarmente alle altre questioni, andrà chiarita la definizione di "minore straniero non accompagnato" e quindi quali minori rientrino in tale definizione.

Il Regolamento del Comitato per i minori stranieri stabilisce (riprendendo sostanzialmente la definizione della Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea del 26.6.97) che per minore straniero non accompagnato si intende "il minorenne non avente cittadinanza italiana o di altri Stati dell'Unione europea che, non avendo presentato domanda di asilo, si trova per qualsiasi causa nel territorio dello Stato privo di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell'ordinamento italiano".

E’ chiaro che la definizione di minore non accompagnato non coincide con quella di "minore in stato di abbandono": vi potranno essere, cioè, minori non accompagnati che non si trovano però in stato di abbandono, così come naturalmente potranno esservi minori accompagnati dai genitori che si trovano in stato di abbandono morale e materiale.

 

Alcuni aspetti restano però da chiarire:

1) Riguardo alla definizione di "non accompagnato", dovrà essere chiarito se il minore affidato di fatto ad un adulto idoneo a provvedervi (ma al quale non sia stata deferita la tutela del minore), ed in particolare il minore affidato a parente entro il quarto grado, sia da considerarsi "minore non accompagnato", in quanto si trova in Italia "privo di rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell'ordinamento italiano"; o se, al contrario, debba escludersi da tale definizione in quanto legittimamente affidato dai genitori nell’ambito del gruppo parentale.

2) Rispetto alla definizione di "minore", dovrà chiarirsi se essa debba basarsi sulla legislazione italiana o sulla legislazione dello Stato di nazionalità del minore.

La legge di riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato 218/95 stabilisce infatti all’art. 42 che la protezione del minore è regolata dalla Convenzione de L’Aja del 1961 e che tale Convenzione si applica anche ai cittadini stranieri considerati minorenni solo dalla legge nazionale dello Stato di cui hanno la cittadinanza.

Tale estensione della protezione del minore anche oltre i 18 anni, ove la sua legge nazionale ponga il raggiungimento della maggiore età oltre il compimento del diciottesimo anno, deve essere applicata anche nei procedimenti in cui si decide sul suo interesse a restare in Italia o ad essere rimpatriato?

 

 

FONTI NORMATIVE relative a "La definizione di minore straniero non accompagnato"

 

Regolamento del Comitato per i minori stranieri

art. 1, co. 2

2. Per "minore straniero non accompagnato presente nel territorio dello Stato", di seguito denominato "minore presente non accompagnato", s'intende il minorenne non avente cittadinanza italiana o di altri Stati dell'Unione europea che, non avendo presentato domanda di asilo, si trova per qualsiasi causa nel territorio dello Stato privo di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell'ordinamento italiano.

 

 

Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea 26.6.97

art. 1, co. 1

1. La presente risoluzione si applica ai cittadini di paesi terzi di età inferiore ai 18 anni che giungono nel territorio degli Stati membri non accompagnati da un adulto per essi responsabile in base alla legge o alla consuetudine e fino a quando non ne assuma effettivamente la custodia un adulto per essi responsabile.

La presente risoluzione è parimenti applicabile ai minori, cittadini di paesi terzi, rimasti senza accompagnamento successivamente al loro ingresso nel territorio degli Stati membri.

Le persone contemplate al primo e secondo comma sono in appresso denominate "minori non accompagnati".

 

 

Legge 218/95

Art. 42 Giurisdizione e legge applicabile in materia di protezione dei minori

1. La protezione dei minori è in ogni caso regolata dalla Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961, sulla competenza delle autorità e sulla legge applicabile in materia di protezione dei minori, resa esecutiva con la L. 24 ottobre 1980, n. 742.

2. Le disposizioni della Convenzione si applicano anche alle persone considerate minori soltanto dalla loro legge nazionale, nonché alle persone la cui residenza abituale non si trova in uno degli Stati contraenti.

 

 

 

 

LA SEGNALAZIONE DEL MINORE NON ACCOMPAGNATO

 

Il primo problema che si pone a chi viene a conoscenza della presenza di un minore straniero non accompagnato (ed in particolare al pubblico ufficiale o all’incaricato di pubblico servizio) é: a quale autorità deve essere segnalato?

 

 

1) Le disposizioni rilevanti in materia

In base alle disposizioni della legge 184/83 (come modificata dalla legge 476/98), del D.P.R. 492/99, del D.P.R. 394/99 e del Regolamento del Comitato per i minori stranieri, risulta che vi sono quattro autorità alle quali viene fatta la segnalazione: il Tribunale per i minorenni, il Giudice Tutelare, il Comitato per i minori stranieri e la Commissione per le adozioni internazionali.

Le disposizioni riguardano di volta in volta il "minore in stato di abbandono", il "minore straniero non accompagnato" (senza specificazioni ulteriori), il "minore straniero non accompagnato dai genitori o parenti entro il quarto grado", il "minore i cui genitori non possono esercitare la potestà" ecc., con alcune sovrapposizioni e senza che vi sia sempre una chiara definizione di queste categorie.

Cerchiamo di analizzare sinteticamente le principali disposizioni relative alla segnalazione, distinguendo tra i minori presenti sul territorio italiano e i minori che si trovano alla frontiera.

1.1) I minori presenti sul territorio italiano:

Per quanto riguarda i minori presenti sul territorio italiano, in base a:

  1. la legge 184/83, art. 9 e il D.P.R. 394/99, art. 28: I pubblici ufficiali, gli incaricati di un pubblico servizio, gli esercenti un servizio di pubblica necessità, devono segnalare il minore in stato di abbandono al Tribunale per i minorenni.
  2. il Regolamento del Comitato per i minori stranieri, art. 5: I pubblici ufficiali, gli incaricati di pubblico servizio e gli enti che vengano comunque a conoscenza dell'ingresso o della presenza sul territorio dello Stato di un minore straniero non accompagnato devono segnalare il minore al Comitato per i minori stranieri e agli altri uffici o enti previsti dalla legge; il Comitato per i minori stranieri segnala il minore agli altri uffici o enti previsti dalla legge se non è già stata fatta la segnalazione.
  3. la legge 476/98 (che modifica la legge 184/83) e il relativo regolamento di attuazione D.P.R. 492/99, art. 18: Il pubblico ufficiale o l’ente autorizzato che ne ha notizia devono segnalare il minore non accompagnato da genitore o parente entro il quarto grado entrato in Italia al di fuori delle situazioni consentite, al Tribunale per i minorenni del luogo in cui il minore si trova; il Tribunale, se non adotta un provvedimento di affidamento, di adozione o un provvedimento necessario in caso di urgenza, segnala a sua volta il minore alla Commissione per le adozioni internazionali perché prenda contatto con il Paese di origine (l.476/98, art. 3; l. 184/83, art. 33); la Commissione per le adozioni internazionali segnala a sua volta il minore al Comitato per i minori stranieri (D.P.R. 492/99, art. 18).
  4. la legge 184/83, art. 9: Il minore affidato a persona diversa dal parente entro il quarto grado per un periodo superiore a sei mesi deve essere segnalato al Giudice Tutelare, che trasmette gli atti al Tribunale per i minorenni.
  5. il Codice Civile, art. 343: Il minore i cui genitori non possono esercitare la potestà genitoriale viene segnalato al Giudice Tutelare per l’apertura della tutela.

 

1.2) I minori presenti in frontiera

Per quanto riguarda i minori presenti in frontiera, in base alla l. 184/83, art. 33 (come modificato dalla l.476/98), gli uffici di frontiera devono segnalare:

1. il minore non accompagnato da genitore o parente entro il quarto grado al quale non è consentito l’ingresso in Italia e che deve essere rimpatriato alla Commissione per le adozioni internazionali perché prenda contatto con il Paese di origine;

2. il minore non accompagnato da genitore o parente entro il quarto grado al quale viene consentito l’ingresso in Italia per "eventi bellici, calamità naturali o eventi eccezionali secondo quanto previsto dall'articolo 18 della legge 6 marzo 1998, n. 40, o per altro grave impedimento di carattere oggettivo" alla Commissione per le adozioni internazionali e al Tribunale per i minorenni del luogo di residenza di coloro che lo accompagnano.

 

 

 

 

2) Le questioni aperte

Alcune questioni restano da chiarire:

2.1) Relativamente ai minori presenti sul territorio italiano:

1. Per quanto riguarda i minori non accompagnati da parente entro il quarto grado (anche se non in stato di abbandono) e i minori accompagnati da parente entro il quarto grado ma in stato di abbandono morale e materiale, pare di capire che essi debbano essere segnalati contestualmente al Comitato per i minori stranieri e al Tribunale per i minorenni.

Per quanto riguarda invece i minori accompagnati da parente entro il quarto grado idoneo a provvedervi, non è chiaro se essi dovranno essere segnalati:

Nel caso in cui non si prevedesse alcuna segnalazione per questi minori, il controllo sul fatto che la persona che accompagna il minore sia effettivamente un parente entro il quarto grado e che questi sia moralmente e materialmente idoneo a provvedervi verrebbe di fatto attribuito ai "pubblici ufficiali, incaricati di pubblico servizio ecc.", i quali dovranno decidere se effettuare la segnalazione (ove non siano certi che il parente sia idoneo) o non effettuarla.

2. Non è chiara la funzione della segnalazione alla Commissione per le adozioni internazionali.

In primo luogo vi è contraddizione tra quanto previsto dalla l. 184/83 (come modificata da l. 476/98) e il relativo regolamento di attuazione D.P.R. 492/99: mentre la legge stabilisce che la Commissione debba prendere contatto con le autorità del Paese d’origine, nel regolamento si prevede che la Commissione debba segnalare il caso al Comitato per i minori stranieri.

In secondo luogo, il meccanismo previsto dal regolamento D.P.R. 492/99 (Tribunale per i minorenni > Commissione per le adozioni internazionali > Comitato per i minori stranieri) risulta da una parte ridondante, in quanto il Regolamento del Comitato per i minori stranieri prevede che la segnalazione venga fatta direttamente al Comitato stesso, e dall’altra parte rischia di prolungare ulteriormente i tempi di una procedura che al contrario dovrebbe essere più rapida possibile.

3. Andrà chiarito se il minore privo di rappresentanza dovrà essere sempre segnalato anche al Giudice Tutelare affinchè nomini un tutore (Codice Civile, art. 343), come sostenuto in un recente provvedimento della Corte d’Appello di Torino.

4. Stupisce il fatto che il Dipartimento per gli Affari Sociali, fornendo istruzioni in merito ai minori non accompagnati in una sede di grande visibilità quale il sito internet del’Ancitel, indichi che l’unico ente al quale vanno segnalati i minori albanesi non accompagnati è il Servizio Sociale Internazionale (e solo per conoscenza al Dipartimento Affari Sociali), che "espletati gli interventi opportuni, richiederà l’autorizzazione al Comitato Tutela Minori e procederà all’organizzazione del rimpatrio".

A conferma di questa indicazione sembra essere la circolare del Dipartimento degli Affari Sociali del luglio 1998, in cui si prevede che il Servizio Sociale Internazionale comunichi il nulla-osta al rimpatrio direttamente alla Questura o alla Prefettura, senza prevedere alcuna comunicazione al Tribunale per i minorenni e stabilendo invece la formula del silenzio-assenso da parte del Comitato per i minori stranieri.

5. Infine, relativamente alla specifica situazione di Torino, si ritiene ancora valida l’indicazione del Tribunale per i minorenni di Torino secondo cui i minori andrebbero segnalati solo all’Ufficio Minori Stranieri del Comune? Sarà quindi l’Ufficio Minori Stranieri del Comune a inoltrare la segnalazione al Tribunale per i minorenni e/o al Comitato per i minori stranieri? Oppure la segnalazione andrà fatta direttamente al Tribunale e/o al Comitato?

Se anche i minori affidati a parenti dovranno essere segnalati, la segnalazione andrà fatta all'Ufficio Minori o ai servizi sociali delle circoscrizioni?

 

 

2.2) Per quanto riguarda i minori presenti in frontiera:

1. Non è chiaro se la Commissione per le adozioni internazionali dovrà segnalare al Comitato per i minori stranieri anche i minori segnalati dagli uffici di frontiera (sia quelli ai quali non viene consentito l’ingresso e che devono essere rimpatriati, sia quelli ai quali viene consentito l’ingresso), in analogia a quanto previsto dal D.P.R. 492/99 per i minori presenti sul territorio italiano; ovvero se per questi minori sarà competente direttamente la Commissione per le adozioni internazionali (e, limitatamente ai minori ai quali viene consentito l’ingresso, il Tribunale per i minorenni), come sembrerebbe in base alla lettera della legge 476/98.

2. Infine, per quanto riguarda i minori ai quali viene consentito l'ingresso per "eventi bellici, calamità naturali o eventi eccezionali […], o per altro grave impedimento di carattere oggettivo", è di difficile interpretazione il riferimento alla competenza del Tribunale per i minorenni del "luogo di residenza di coloro che accompagnano il minore", trattandosi appunto di minori non accompagnati.

 

FONTI NORMATIVE relative a "La segnalazione del minore non accompagnato"

 

Legge 184/83 (come modificata dalla l. 476/98)

Art. 9. Chiunque ha facoltà di segnalare alla autorità pubblica situazioni di abbandono di minori di età.

I pubblici ufficiali, gli incaricati di un pubblico servizio, gli esercenti un servizio di pubblica necessità, debbono riferire al più presto al tribunale per i minorenni sulle condizioni di ogni minore in situazione di abbandono di cui vengono a conoscenza in ragione del proprio ufficio.

La situazione di abbandono può essere accertata anche d'ufficio dal giudice.

Gli istituti di assistenza pubblici o privati devono trasmettere semestralmente al giudice tutelare del luogo, ove hanno sede, l'elenco di tutti i minori ricoverati con l'indicazione specifica, per ciascuno di essi, della località di residenza dei genitori, dei rapporti con la famiglia e delle condizioni psicofisiche del minore stesso. Il giudice tutelare, assunte le necessarie informazioni, riferisce al tribunale per i minorenni sulle condizioni di quelli tra i ricoverati che risultano in situazioni di abbandono, specificandone i motivi.

Il giudice tutelare, ogni sei mesi, procede ad ispezioni negli istituti ai fini di cui al comma precedente. Può procedere ad ispezioni straordinarie in ogni tempo.

Chiunque, non essendo parente entro il quarto grado, accoglie stabilmente nella propria abitazione un minore, qualora l'accoglienza si protragga per un periodo superiore a sei mesi, deve, trascorso tale periodo, darne segnalazione al giudice tutelare, che trasmette gli atti al tribunale per i minorenni con relazione informativa. L'omissione della segnalazione può comportare l'inidoneità ad ottenere affidamenti familiari o adottivi e l'incapacità all'ufficio tutelare.

Art. 33. – 1. Fatte salve le ordinarie disposizioni relative all'ingresso nello Stato per fini familiari, turistici, di studio e di cura, non è consentito l'ingresso nello Stato a minori che non sono muniti di visto di ingresso rilasciato ai sensi dell'articolo 32 ovvero che non sono accompagnati da almeno un genitore o da parenti entro il quarto grado.

[…]

3. Coloro che hanno accompagnato alla frontiera un minore al quale non viene consentito l'ingresso in Italia provvedono a proprie spese al suo rimpatrio immediato nel Paese d'origine. Gli uffici di frontiera segnalano immediatamente il caso alla Commissione affinché prenda contatto con il Paese di origine del minore per assicurarne la migliore collocazione nel suo superiore interesse.

4. Il divieto di cui al comma 1 non opera nel caso in cui, per eventi bellici, calamità naturali o eventi eccezionali secondo quanto previsto dall'articolo 18 della legge 6 marzo 1998, n. 40, o per altro grave impedimento di carattere oggettivo, non sia possibile l'espletamento delle procedure di cui al presente Capo e sempre che sussistano motivi di esclusivo interesse del minore all'ingresso nello Stato. In questi casi gli uffici di frontiera segnalano l'ingresso del minore alla Commissione ed al tribunale per i minorenni competente in relazione al luogo di residenza di coloro che lo accompagnano.

5. Qualora sia comunque avvenuto l'ingresso di un minore nel territorio dello Stato al di fuori delle situazioni consentite, il pubblico ufficiale o l'ente autorizzato che ne ha notizia lo segnala al tribunale per i minorenni competente in relazione al luogo in cui il minore si trova. Il tribunale, adottato ogni opportuno provvedimento temporaneo nell'interesse del minore, provvede ai sensi dell'articolo 37-bis, qualora ne sussistano i presupposti, ovvero segnala la situazione alla Commissione affinché prenda contatto con il Paese di origine del minore e si proceda ai sensi dell'articolo 34.

 

 

D.P.R. 394/99

art. 28

1. Quando la legge dispone il divieto di espulsione, il questore rilascia il permesso di soggiorno:

a) per minore età, salvo l’iscrizione del minore degli anni quattordici nel permesso di soggiorno del genitore o dell’affidatario stranieri regolarmente soggiornanti in Italia. Se si tratta di minore abbandonato, è immediatamente informato il Tribunale per i minorenni per i provvedimenti di competenza;

 

 

 

D.P.R. 492/99

Art. 18.

Minori stranieri accolti o presenti nello Stato ai sensi dell'articolo 33 del decreto legislativo n. 286 del 1998

1. Sono fatte salve le competenze del Comitato per i minori stranieri di cui all'articolo 33 del decreto legislativo 25 luglio 1988, n. 286, come modificato dal decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 113, e del relativo decreto di attuazione, concernenti l'ingresso, il soggiorno, l'accoglienza e l'affidamento temporanei e il rimpatrio assistito dei minori accolti nell'ambito di programmi solidaristici, ovvero presenti per qualsiasi causa nel territorio dello Stato e privi di assistenza e di rappresentanza. La Commissione provvede a comunicare al Comitato per i minori stranieri i nominativi dei minori la cui presenza e' segnalata sul territorio dello Stato ai sensi dell'articolo 33, comma 5, della legge sull'adozione.

 

Regolamento del Comitato per i minori stranieri

art. 5, co. 1 e 2

1. I pubblici ufficiali, gli incaricati di pubblico servizio e gli enti, in particolare che svolgono attivita' sanitaria o di assistenza, i quali vengano comunque a conoscenza dell'ingresso o della presenza sul territorio dello Stato di un minorenne straniero non accompagnato, sono tenuti a darne immediata notizia al Comitato, con mezzi idonei a garantirne la riservatezza. La notizia deve essere corredata di tutte le informazioni disponibili relative, in particolare, alle generalita', alla nazionalita', alle condizioni fisiche, ai mezzi attuali di sostentamento ed al luogo di provvisoria dimora del minore, con indicazione delle misure eventualmente adottate per far fronte alle sue esigenze.

2. La segnalazione di cui al comma 1 non esime dall'analogo obbligo nei confronti di altri uffici o enti, eventualmente disposto dalla legge ad altri fini. Il Comitato e' tuttavia tenuto ad effettuare la segnalazione ad altri uffici o enti, quando non risulti in modo certo che essa sia stata gia' effettuata.

 

 

Circolare del Ministero dell’Interno 20.6.1998

oggetto: Presenze in Italia di minori non accompagnati di nazionalità albanese — Questioni connesse al rimpatrio

[...] Relativamente poi alla questione nei suoi aspetti generali, appare doveroso ricordare che la presenza di tali minori deve essere prontamente segnalata dalle autorità responsabili affinché siano adottati i conseguenti provvedimenti sia ai sensi della l.40/98, sia dell’art.9, l.184/83, al fine dell’accertamento dell’eventuale stato di abbandono.

Comunque, a prescindere dall’effettiva esistenza di uno stato di abbandono e degli eventuali provvedimenti conseguenti a tale accertamento, di competenza del tribunale per i Minorenni, si raccomanda alle SS.LL che ogni singola posizione venga comunicata al Comitato per i minori stranieri, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri — dipartimento Affari Sociali, ai sensi dell’art.31, l.40/98, per i necessari contatti con le autorità albanesi, al fine di adottare le misure più opportune, secondo procedure già concordate.

Tali contatti, in base ad un Accordo intergovernativo, promosso nel 1997, dal Ministro per la Solidarietà Sociale con il Governo albanese, sono curati dal Servizio Sociale internazionale di Roma a cui è affidato il compito di promuovere tutte le possibili iniziative per il rimpatrio assistito e protetto dei richiamati minori, sempre previo favorevole avviso dell’autorità giudiziaria minorile.

Per motivi di uniforme trattazione delle richieste, si pregano le Prefetture che avessero già interessato il Comitato Minori o il Servizio Sociale Internazionale sui singoli casi, di rinnovare la segnalazione aggiungendo gli elementi informativi a disposizione.

 

 

 

 

 

 

Circolare Presidenza del Consiglio dei Ministri — Dipartimento per gli Affari Sociali — Comitato per la tutela dei minori stranieri 8.7.1998

oggetto: minori albanesi non accompagnati

In merito alle procedure relative al rilascio del nullaosta per il rimpatrio di minori albanesi, nell’ambito della convinzione stipulata tra codesto S.S.I. e questo Dipartimento, si ritiene opportuno che codesto S.S.I. comunichi direttamente il nullaosta al rimpatrio alla competente Prefettura o Questura (nonché ad eventuali altre amministrazioni) ed al Comitato, riportando nel testo la frase "…salvo diverso avviso di codesto Comitato tutela minori" che si riserva di esprimere parere contrario entro 48 ore dalla comunicazione.

Pertanto attraverso la formula del "silenzio assenso", si viene a razionalizzare la procedura stessa.

Un’identica procedura del soggiorno di un minore, può essere impiegata nei casi in cui, sulla base degli accertamenti esperiti, si ritenga opportuno formulare parere positivo alla regolarizzazione del soggiorno di un minore da comunicarsi alle amministrazioni interessate.

 

 

 

 

 

 

LE INDAGINI SULL’IDENTITA’

E SULLA SITUAZIONE IN ITALIA E NEL PAESE D’ORIGINE

 

Le indagini sull’identità e sulla situazione del minore in Italia e nel Paese di origine costituiscono un aspetto centrale al fine del perseguimento del superiore interesse del minore, e in particolare per una valutazione in ordine all’interesse del minore a restare sul territorio italiano ovvero ad essere rimpatriato.

E’ importante che le indagini siano efficaci e tempestive, in modo da consentire una decisione ben fondata in tempi rapidi, riducendo al minimo quel periodo di incertezza sul proprio futuro che può provocare gravi danni al minore.

Per questo è importante che siano chiaramente stabilite le competenze e le procedure, evitando inutili ripetizioni delle indagini.

Questione più complessa, ma altrettanto centrale, è poi quella relativa agli elementi che verranno presi in considerazione per valutare la situazione in Italia e nel Paese d’origine. Questa seconda questione è naturalmente strettamente connessa agli aspetti di merito nella scelta tra accoglienza e rimpatrio: i criteri che saranno utilizzati per decidere se sia nell’interesse del minore restare in Italia o essere rimpatriato determineranno quali fattori andranno considerati nelle indagini.

Accenniamo qui ad alcune problematiche in ordine sia alle competenze ed alle procedure, sia ai fattori da considerare per valutare la situazione in Italia e nel Paese d’origine.

 

 

 

Le competenze e le procedure

1) La competenza a disporre le indagini

La competenza a disporre le indagini è ovviamente connessa alla competenza ad adottare i provvedimenti a tutela del minore straniero non accompagnato, questione analizzata nelle sezioni successive.

Qui facciamo riferimento sia alle indagini disposte dal Tribunale per i minorenni che a quelle disposte dal Comitato per i minori stranieri.

Non è chiaro se la disposizione dell’art. 33 della l. 184/83 (come modificata dalla l. 476/98), che prevede che la Commissione per le adozioni internazionali "prenda contatto con le autorità del Paese di origine del minore", abbia rilevanza rispetto alla competenza a disporre le indagini sulla situazione (familiare e non) nel Paese d’origine; o se invece tale competenza debba escludersi dato che il regolamento di attuazione della l. 476/98 stabilisce che la Commissione per le adozioni internazionali debba comunicare al Comitato per i minori stranieri i nominativi che le vengono segnalati.

Infine, nei casi in cui vi è sovrapposizione di competenze tra il Comitato per i minori stranieri e il Tribunale per i minorenni, andrà chiarito come verranno distribuite le competenze sulle indagini relative alla situazione del minore in Italia e sulla situazione nel Paese di origine, e in particolare se saranno previsti accordi tra i due organi in modo da non ripetere più volte le indagini.

 

 

2) La competenza a svolgere le indagini

In base alla l. 184/83 ed al Regolamento del Comitato per i minori stranieri:

Le indagini sull’identità del minore sono svolte dalle autorità di pubblica sicurezza, se necessario in collaborazione con le rappresentanze diplomatico-consolari del Paese d'origine (Regolamento del Comitato per i minori stranieri, art. 5, co. 3);

Le indagini sulla situazione del minore in Italia e nel Paese d’origine:

- se disposte dal Tribunale per i minorenni sono svolte dai servizi locali e dalle autorità di pubblica sicurezza (l. 184/83, art. 10), delegando all’autorità consolare competente ove i genitori o i parenti entro il quarto grado risiedano all'estero (l.184/83, art. 12);

- se disposte dal Comitato per i minori stranieri sono svolte dalle "competenti amministrazioni pubbliche e da idonei organismi nazionali ed internazionali", con i quali il Dipartimento per gli affari sociali può stipulare apposite convenzioni (Regolamento del Comitato per i minori stranieri, art. 2, co. 2);

Andranno chiariti i rispettivi ruoli dei diversi organi, e in particolare:

1. riguardo alle indagini sulla situazione del minore in Italia: quale sarà il ruolo del Servizio Sociale Internazionale (al quale sembra che la Convenzione attribuisca anche questa competenza) e degli altri organismi nazionali o internazionali con cui il Dipartimento per gli Affari Sociali stipulerà convenzioni, rispetto al ruolo che compete ai servizi sociali locali?

2. riguardo alle indagini sulla situazione nel Paese d’origine: quale sarà il ruolo:

3. verranno previste modalità diverse a seconda della nazionalità dei minori, ad esempio per i minori albanesi le indagini saranno svolte dal Servizio Sociale Internazionale, mentre per i minori marocchini, poichè il SSI non dispone di una sezione in Marocco, saranno svolte da altri enti?

 

 

 

3) Le procedure:

1. Sarà garantito un ultimo controllo subito prima dell’eventuale rimpatrio in modo da verificare che, nel periodo tra il momento in cui sono state effettuate le indagini e il momento in cui viene effettuato il rimpatrio, la situazione (familiare e non) nel Paese d’origine non si sia modificata?

2. Quali saranno le modalità con cui il minore dovrà essere sentito (come indicato dalla Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea del 26.6.97, art. 3, co. 1)?

Saranno utilizzati per valutare la situazione del minore anche i colloqui con gli insegnanti o altri operatori con i quali si sia creato un rapporto di fiducia, come sembra indicare il riferimento agli "enti interessati all’accoglienza" nel Regolamento del Comitato per i minori stranieri (art. 7, co.2)?

 

 

 

 

 

I fattori da valutare

Riguardo agli elementi che saranno presi in considerazione per valutare la situazione in Italia e nel Paese di origine, ci limitiamo ad accennare ad alcune questioni:

1) Quali saranno i criteri per valutare la situazione nel Paese di origine?

- l’esistenza dei genitori, o di altre persone cui il minore sia affidato, o di parenti entro il quarto grado con i quali il minore abbia mantenuto rapporti significativi, o di parenti tenuti agli alimenti;

- l’idoneità della famiglia a provvedere al mantenimento, all’educazione e all’istruzione del minore;

- il grado di consapevolezza dei genitori, nei casi in cui essi abbiano "mandato" il minore in Italia in una situazione di pregiudizio (ad es. affidandolo ad adulti che lo sfruttano);

- la volontà della famiglia di riaccogliere il minore;

- la disponibilità ad accogliere il minore da parte di istituti di assistenza;

- le opportunità formative, lavorative e assistenziali nel Paese di origine;

- altro …

2) Quali saranno i criteri per valutare la situazione del minore in Italia?

- l’esistenza ed idoneità di parenti entro il quarto grado in Italia;

- la disponibilità di famiglie, singoli o comunità di tipo familiare ad accogliere il minore in affidamento;

- la disponibilità di associazioni ed altri enti a prendere in tutela il minore ed a provvedervi;

- le opportunità formative, lavorative e assistenziali disponibili in Italia;

- altro …

 

 

 

 

 

 

FONTI NORMATIVE relative a "Le indagini sull’identità e sulla situazione in italia e nel paese d’origine"

Legge 184/83 (come modificata dalla l. 476/98)

Art. 10. Il presidente del tribunale per i minorenni, o un giudice da lui delegato, ricevute le informazioni di cui all'articolo precedente, dispone di urgenza tramite i servizi locali e gli organi di pubblica sicurezza approfonditi accertamenti sulle condizioni giuridiche e di fatto del minore, sull'ambiente in cui ha vissuto e vive ai fini di verificare se sussiste lo stato di abbandono.

Art. 12. Quando attraverso le indagini effettuate consta l'esistenza dei genitori o di parenti entro il quarto grado indicati nell'articolo precedente, che abbiano mantenuto rapporti significativi con il minore, e ne è nota la residenza, il presidente del tribunale per i minorenni con decreto motivato fissa la loro comparizione, entro un congruo termine, dinanzi a sé o ad un giudice da lui delegato.

Nel caso in cui i genitori o i parenti risiedano fuori dalla circoscrizione del tribunale per i minorenni che procede, la loro audizione può essere delegata al tribunale per i minorenni del luogo della loro residenza.

In caso di residenza all'estero è delegata l'autorità consolare competente.

[...]

Art. 13. Nel caso in cui i genitori ed i parenti di cui all'articolo precedente risultino irreperibili ovvero non ne sia conosciuta la residenza, la dimora o il domicilio, il tribunale per i minorenni provvede alla loro convocazione ai sensi degli articoli 140 e 143 del codice di procedura civile, previe nuove ricerche tramite gli organi di pubblica sicurezza.

Art. 33 "[...] segnala la situazione alla Commissione [per le adozioni internazionali] affinché prenda contatto con il Paese d’origine del minore [...]"

 

 

Regolamento del Comitato per i minori stranieri

art. 2, co. 2

2. Ai fini del comma 1, il Comitato: [...]

e) accerta lo status del minore non accompagnato ai sensi dell'articolo 1, comma 2, sulla base delle informazioni di cui all'articolo 5;

f) svolge compiti di impulso e di ricerca al fine di promuovere l'individuazione dei familiari dei minori presenti non accompagnati, anche nei loro Paesi di origine o in Paesi terzi, avvalendosi a tal fine della collaborazione delle competenti amministrazioni pubbliche e di idonei organismi nazionali ed internazionali, e puo' proporre al Dipartimento per gli affari sociali di stipulare apposite convenzioni con gli organismi predetti;

[...]

i) provvede al censimento dei minori presenti non accompagnati, secondo le modalita' previste dall'articolo 5.

art. 5, co. 3

3. L'identita' del minore e' accertata dalle autorita' di pubblica sicurezza, ove necessario attraverso la collaborazione delle rappresentanze diplomatico-consolari del Paese di origine del minore.

art. 7, co 2

2. Salva l'applicazione delle misure previste dall'articolo 6, il Comitato dispone il rimpatrio assistito del minore presente non accompagnato, assicurando che questi sia stato previamente sentito, anche dagli enti interessati all'accoglienza, nel corso della procedura.

 

 

 

 

 

 

Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea 26.6.97

art. 3, co. 1 e 3

1. Gli Stati membri dovrebbero sforzarsi di stabilire l'identità di un minore il più rapidamente possibile dopo il suo arrivo, come pure il fatto che non è accompagnato. Le informazioni sulla identità e situazione di un minore possono essere ottenute in vari modi, in particolare attraverso un adeguato colloquio con l'interessato, che deve aver luogo al più presto e in modo adatto alla sua età.

Le informazioni ottenute devono essere adeguatamente registrate. Nella richiesta, raccolta, trasmissione e archiviazione delle informazioni ottenute si deve dar prova di grande cura e riservatezza, in particolare nel caso di richiedenti asilo, al fine di proteggere tanto i minori quanto i loro familiari. In particolare, queste prime informazioni possono aumentare le prospettive di ricongiungimento del minore con la sua famiglia nel paese d'origine o in un paese terzo.

[…]

3. Gli Stati membri dovrebbero adoperarsi, ai fini del ricongiungimento, per rintracciare il più rapidamente possibile i familiari di un minore non accompagnato o per individuare il domicilio di detti familiari, indipendentemente dal loro status giuridico e senza previo esame della fondatezza di un'eventuale domanda di soggiorno.

I minori non accompagnati possono anche essere incoraggiati e aiutati a prendere contatto con il Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR), con organizzazioni nazionali della Croce Rossa o altre organizzazioni per rintracciare i loro familiari. Soprattutto nel caso di richiedenti asilo, in tutti i contatti presi in tal senso si dovrebbe garantire la debita riservatezza al fine di proteggere sia il minore sia i suoi familiari.

 

 

 

LA PROTEZIONE DEL MINORE STRANIERO

NEL SISTEMA ITALIANO DI DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO

 

In base alla legge di riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato 218/95, la protezione del minore straniero presente sul territorio italiano è regolata:

 

 

Il richiamo alla Convenzione del 1961

L’art. 42 della legge 218/95 di riforma del diritto privato internazionale stabilisce che:

Rientrano nelle misure di protezione dei minori (tra le altre): la tutela, l’affidamento, il collocamento in luogo sicuro del minore in stato di abbandono, la limitazione e decadenza dalla potestà genitoriale.

 

 

L’autorità competente

La Convenzione del 1961 regola la competenza in materia di protezione dei minori nel modo seguente:

Il riferimento alla Convenzione del 1961 ha quindi determinato nel diritto internazionale privato italiano l’abbandono dei criteri della cittadinanza del minore e della cittadinanza, residenza o domicilio del genitore, e l’assunzione invece, a criterio generale, della residenza abituale del minore.

1) La competenza in via generale:

Le autorità giudiziarie e amministrative italiane sono competenti in via generale ad adottare misure di protezione nei confronti del minore che sia abitualmente residente in Italia, indipendentemente dalla sua nazionalità (art. 1 Convenzione del 1961).

Le autorità italiane devono però riconoscere i rapporti d’autorità ex lege, cioè quei rapporti che derivano di pieno diritto dalla legislazione dello Stato di nazionalità del minore e che non necessitano di alcun provvedimento giudiziario o amministrativo (in primo luogo, dunque, la potestà genitoriale) (art. 3 Convenzione del 1961).

I rapporti d’autorità ex lege costituiscono dunque un limite alla competenza in via generale dello Stato di residenza abituale: si ritiene che le autorità italiane, in quanto autorità dello Stato di residenza abituale del minore straniero, possano intervenire con misure che incidano su tale rapporto d’autorità, ma non sopprimerlo.

 

2) La competenza in via sussidiaria, ove l’interesse del minore lo esiga:

Le autorità dello Stato di nazionalità del minore che sia abitualmente residente in Italia possono adottare misure di protezione del minore ove l’interesse del minore lo esiga, esigenza che dovrebbe rilevarsi ove le autorità italiane non adempiano all’obbligo di protezione nei confronti del minore. Le misure adottate dallo Stato di nazionalità del minore sostituiscono quelle eventualmente adottate in via generale dallo Stato di residenza abituale.

Lo Stato di nazionalità del minore deve previamente informare lo Stato di residenza abituale dell’adozione di misure di protezione e può affidare a quest’ultimo l’applicazione delle misure adottate (artt. 4 e 6 Convenzione del 1961).

3) La competenza in via provvisoria e d’urgenza:

In base all’art. 8 della Convenzione del 1961, le autorità giudiziarie e amministrative italiane possono intervenire ove il minore abitualmente residente in Italia sia minacciato da un serio pericolo, adottando misure di protezione provvisorie, fintantochè il minore è minacciato dal serio pericolo.

In base all’art. 9 della Convenzione del 1961, le autorità giudiziarie e amministrative italiane in tutti i casi di urgenza possono adottare misure di protezione nei confronti del minore che si trova in Italia (anche se non abitualmente residente).

Le misure provvisorie ed urgenti possono modificare le misure eventualmente adottate dallo Stato di nazionalità o di residenza abituale del minore e i rapporti d’autorità ex lege.

4) Il coordinamento con lo Stato di nazionalità del minore:

Quando le autorità giudiziarie o amministrative italiane adottano delle misure di protezione nei confronti del minore straniero abitualmente residente o che si trova in Italia devono informarne le autorità dello Stato di nazionalità del minore, tramite l’autorità centrale designata allo scopo (art. 11 Convenzione del 1961).

 

 

La legge applicabile

Dal punto di vista della legge applicabile, la Convenzione del 1961 distingue tra due regimi:

 

 

Le autorità italiane competenti

1) Per quanto riguarda la competenza in via generale dello Stato italiano in quanto Stato di residenza abituale del minore straniero, la competenza delle diverse autorità giudiziarie e amministrative è regolata dalla legislazione italiana in materia (art. 2 Convenzione del 1961).

2) Per quanto riguarda la competenza sussidiaria (ove l’interesse del minore lo esiga) dello Stato di nazionalità del minore:

Ove lo Stato di nazionalità del minore abitualmente residente in Italia adotti misure di protezione e ne affidi l’applicazione alle autorità italiane, la competenza all’attuazione di tali provvedimenti è del Giudice Tutelare del luogo ove il minore risiede, in base a quanto disposto dalla legge 64/94, art. 4, co. 4.

3) Per quanto riguarda la competenza in via provvisoria e d’urgenza, la legge 64/94, art. 4, co. 3 stabilisce che la competenza è del Tribunale per i minorenni del luogo ove il minore risiede.

Questa formulazione sembra voler intendere un’interpretazione restrittiva in contrasto con il dettato della Convenzione del 1961, in quanto fa riferimento al "luogo ove il minore risiede" (espressione che sembra riferirsi alla residenza anagrafica) invece che al luogo ove il minore risiede abitualmente (art. 8) o ove si trova (art. 9).

E’ da ritenersi che la norma debba interpretarsi in conformità a quanto disposto dalla Convenzione del 1961, e che quindi il Tribunale per i minorenni possa adottare misure provvisorie ed urgenti anche nei confronti dei minori abitualmente residenti in Italia o (per le misure ex art. 9) anche solo presenti in Italia.

4) Per quanto riguarda il coordinamento con lo Stato di nazionalità del minore, la legge 64/94, art. 3, co. 4 stabilisce che l’autorità centrale competente ad informare lo Stato di nazionalità del minore circa le misure adottate dalle autorità giudiziarie o amministrative italiane è l’Ufficio per la Giustizia Minorile presso il Ministero di Grazia e Giustizia.

Dunque, ogni volta che un’autorità giudiziaria o amministrativa italiana adotta una misura di protezione nei confronti di un minore straniero, deve comunicarlo all’Ufficio per la Giustizia Minorile presso il Ministero di Grazia e Giustizia, in modo che questi informi le autorità dello Stato di nazionalità del minore.

 

 

Le norme di applicazione necessaria

L’art. 17 della legge 218/95 di riforma del diritto internazionale privato stabilisce la prevalenza delle norme italiane di applicazione necessaria.

Tali possono essere considerate le disposizioni della legge 184/83 e del Codice Civile relative ai minori in stato di abbandono.

 

 

I rapporti tra genitori e figli

L’art. 36 della legge 218/85 di riforma del diritto internazionale privato stabilisce che i rapporti personali e patrimoniali tra genitori e figli, compresa la potestà dei genitori, sono regolati dalla legge nazionale del figlio.

Si ritiene, tuttavia, che le autorità italiane possano intervenire sull’esercizio della potestà da parte del genitore a protezione del minore ex artt. 8 e 9 della Convenzione del 1961 ove questi sia minacciato da un serio pericolo e nei casi di urgenza.

 

 

La definizione di residenza abituale

Dato che in via generale la competenza relativa alla protezione del minore è attribuita allo Stato ove questi ha la sua residenza abituale, è evidente che gli obblighi dello Stato italiano e l’ampiezza delle misure che le autorità italiane potranno adottare nei confronti del minore straniero dipenderanno in modo cruciale dalla definizione di "residenza abituale" .

La Convenzione del 1961 non contiene una definizione di residenza abituale. Tale definizione non è univoca, ma nella giurisprudenza straniera la residenza abituale viene in genere definita come il centro di gravità della vita del minore, facendo riferimento agli effettivi legami familiari e sociali del minore.

La definizione dello Stato di residenza abituale attiene a una valutazione di fatto e non di diritto, tanto che può essere considerato tale anche lo Stato in cui il minore sia stato trasferito illegittimamente (cioè contro la volontà dei genitori). Esso non coincide né con lo Stato nazionale né con lo Stato di residenza anagrafica, né del minore né dei genitori.

In questa valutazione assume particolare importanza (anche se non risolutiva, dato che si tratta di una valutazione di fatto e caso per caso) l’elemento temporale: lo Stato in cui il minore si trova può essere cioè considerato "Stato di residenza abituale" dopo un certo periodo di tempo, che in giurisprudenza viene spesso fissato intorno ai 6 mesi.

Altro aspetto importante nella valutazione è la volontà del minore e quella della sua famiglia, fattori che naturalmente hanno una loro rilevanza nel far sì che un determinato ambiente possa essere considerato come il centro di gravità della vita del minore.

Dunque il minore straniero irregolarmente presente sul territorio italiano può essere considerato "abitualmente residente" in Italia in considerazione degli effettivi legami che si sono creati tra il minore ed il territorio, del tempo trascorso, della volontà sua e dei genitori.

In tal caso, ove il minore venga considerato "abitualmente residente" sul territorio italiano, lo Stato italiano diviene competente in via generale ad adottare tutte le misure di protezione nei suoi confronti (tranne quelle che modificano radicalmente i rapporti d’autorità ex lege) e, ove il minore sia minacciato da un serio pericolo, anche misure che modificano misure eventualmente adottate dallo Stato di nazionalità del minore e rapporti d’autorità ex lege.

 

 

FONTI NORMATIVE relative a "La protezione del minore straniero nel sistema italiano di diritto internazionale privato"

 

Legge 218/95

Art. 17

Norme di applicazione necessaria

1. E’ fatta salva la prevalenza sulle disposizioni che seguono delle norme italiane che, in considerazione del loro oggetto e del loro scopo, debbono essere applicate nonostante il richiamo alla legge straniera.

Art. 36

Rapporti tra genitori e figli

I rapporti personali e patrimoniali tra genitori e figli, compresa la potestà dei genitori, sono regolati dalla legge nazionale del figlio.

Art. 42 Giurisdizione e legge applicabile in materia di protezione dei minori

1. La protezione dei minori è in ogni caso regolata dalla Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961, sulla competenza delle autorità e sulla legge applicabile in materia di protezione dei minori, resa esecutiva con la L. 24 ottobre 1980, n. 742.

2. Le disposizioni della Convenzione si applicano anche alle persone considerate minori soltanto dalla loro legge nazionale, nonché alle persone la cui residenza abituale non si trova in uno degli Stati contraenti.

 

Convenzione dell’Aja del 1961

Art. 1 Le autorità, sia giudiziarie che amministrative, dello Stato di residenza abituale di un minore sono competenti, salvo le disposizioni degli artt. 3, 4 e 5, terzo capoverso della presente Convenzione, ad adottare misure tendenti alla protezione della sua persona o dei suoi beni.

Art. 2 Le autorità competenti ai sensi dell’art. 1 adottano le misure previste dalla loro legislazione interna.

Tale legislazione stabilisce le condizioni di istituzione, modifica e cessazione di dette misure. Essa regola egualmente i loro effetti sia per quel che concerne i rapporti fra il minore e le persone o istituzioni che lo hanno a carico, sia nei confronti dei terzi.

Art. 3 Un rapporto d’autorità risultante di pieno diritto dalla legislazione interna dello Stato di cui il minore è cittadino è riconosciuto in tutti gli Stati contraenti.

Art. 4 Se le autorità dello Stato di cui il minore è cittadino giudicano che l’interesse del minore lo esiga, esse possono, dopo aver informato le autorità dello Stato di sua residenza abituale, adottare in base alla loro legislazione interna misure miranti alla protezione della sua persona o dei suoi beni.

Tale legislazione stabilisce le condizioni di istituzione, modifica e cessazione di dette misure. Essa regola anche i loro effetti sia per quel che concerne i rapporti fra il minore e le persone o istituzioni che lo hanno a carico, sia nei confronti dei terzi.

L’applicazione delle misure adottate è assicurata dalle autorità dello Stato di cui il minore è cittadino.

Le misure adottate ai sensi dei capoversi che precedono del presente articolo sostituiscono le misure eventualmente adottate dalle autorità dello Stato in cui il minore ha la sua residenza abituale.

Art. 5 In caso di trasferimento della residenza abituale di un minore da uno Stato contraente in un altro, le misure adottate dalle autorità dello Stato della precedente residenza abituale resteranno in vigore fino a che le autorità dello Stato della nuova residenza abituale non le avranno abolite o sostituite.

Le misure adottate dall’autorità dello Stato della precedente residenza abituale saranno abolite o sostituite solo dopo un preavviso alle suddette autorità.

In caso di trasferimento di un minore che era sotto la protezione delle autorità dello Stato di cui egli è cittadino, le misure da queste adottate sulla base della loro legislazione interna resteranno in vigore nello Stato della nuova residenza abituale.

Art. 6 Le autorità dello Stato di cui il minore è cittadino possono, d’accordo con quelle dello Stato in cui egli ha la sua residenza o possiede dei beni, affidare a queste ultime l’applicazione delle misure adottate.

La stessa facoltà è data alle autorità dello Stato di residenza abituale del minore nei confronti delle autorità dello Stato in cui il minore possiede dei beni.

Art. 7 Le misure adottate dalle autorità competenti ai sensi dei precedenti articoli della presente Convenzione sono riconosciute in tutti gli Stati contraenti. Se tuttavia dette misure implicano atti di esecuzione in uno Stato diverso da quello in cui esse sono state adottate, il loro riconoscimento e la loro esecuzione sono regolati sia dal diritto interno dello Stato in cui è richiesta l’esecuzione, sia dalle Convenzioni internazionali.

Art. 8 Nonostante le disposizioni degli artt. 3, 4 e 5, terzo capoverso, della presente Convenzione, le autorità dello Stato di residenza abituale di un minore possono adottare misure di protezione fintantoché il minore è minacciato da un pericolo serio alla sua persona o ai suoi beni.

Le autorità degli altri Stati contraenti non sono tenute a riconoscere tali misure.

Art. 9 In tutti i casi di urgenza, le autorità di ogni Stato contraente, sul territorio del quale si trovano il minore o dei beni ad esso appartenenti, adottano le necessarie misure di protezione.

Le misure adottate in applicazione del precedente capoverso cesseranno, salvi i loro effetti definitivi, non appena le autorità competenti ai sensi della presente Convenzione avranno adottato le misure imposte dalla situazione.

Art. 10 Per quanto è possibile, al fine di assicurare la continuità del regime applicato al minore, le autorità di uno Stato contraente adottano misure nei suoi confronti soltanto dopo aver proceduto a uno scambio di vedute con le autorità degli altri Stati contraenti di cui sono ancora in vigore le decisioni.

Art. 11 Tutte le autorità che hanno adottato ai sensi delle disposizioni della presente Convenzione ne informeranno senza indugio le autorità dello Stato di cui il minore è cittadino e, se del caso, quelle dello Stato di sua residenza abituale.

Ogni Stato contraente designerà le autorità che possono dare e ricevere direttamente le informazioni di cui al precedente capoverso. [...]

Art. 16 Le disposizioni della presente Convenzione possono essere non applicate negli Stati Contraenti solo se la loro applicazione sia manifestamente incompatibile con l’ordine pubblico.

 

 

Legge 64/94

Art. 3, co. 4

4. Il Ministero di grazia e giustizia, Ufficio per la giustizia minorile, è altresì designato come autorità centrale competente per gli adempimenti di cui agli articoli 6 e 11 della convenzione de L'Aja del 5 ottobre 1961 sulla competenza delle autorità e sulla legge applicabile in materia di protezione dei minori.

Art. 4, co. 3 e 4

[…]

3. Il tribunale per i minorenni del luogo ove il minore risiede è competente ad adottare i provvedimenti provvisori ed urgenti previsti dagli articoli 8 e 9 della convenzione de L'Aja del 5 ottobre 1961. Del provvedimento è dato avviso all'autorità centrale.

4. L'attuazione nello Stato, ai sensi dell'articolo 6 della convenzione de L'Aja del 5 ottobre 1961, dei provvedimenti adottati dalle autorità straniere è di competenza del giudice tutelare del luogo ove il minore risiede, ovvero, ricorrendo l'ipotesi, del luogo ove si trovano i beni in ordine ai quali sono stati adottati i provvedimenti.

 

I PROVVEDIMENTI DI PROTEZIONE DEL MINORE SUL TERRITORIO ITALIANO

 

Analizziamo in questa sezione alcune problematiche relative ai provvedimenti che le autorità giudiziarie e amministrative italiane possono adottare a protezione del minore straniero non accompagnato (con l’esclusione del provvedimento di rimpatrio).

Ricordiamo in primo luogo quanto disposto dall’art. 20 della Convenzione di New York:

"1. Ogni fanciullo il quale é temporaneamente o definitivamente privato del suo ambiente familiare oppure che non può essere lasciato in tale ambiente nel suo proprio interesse, ha diritto ad una protezione e ad aiuti speciali dello stato.

2. Gli Stati Parti prevedono per questo fanciullo una protezione sostitutiva, in conformità con la loro legislazione nazionale.

  1. Tale protezione sostitutiva può in particolare concretizzarsi per mezzo di sistemazione in una famiglia, della kafalah di diritto islamico, dell'adozione o in caso di necessità, del collocamento in un adeguato istituto per l'infanzia. Nell'effettuare una selezione tra queste soluzioni, si terrà debitamente conto della necessità di una certa continuità nell'educazione del fanciullo, nonché della sua origine etnica, religiosa, culturale e linguistica."

 

 

 

I provvedimenti urgenti

 

1) La competenza dello Stato italiano

Le autorità italiane sono competenti a disporre provvedimenti urgenti nei confronti del minore straniero presente sul territorio italiano,

 

2) Le competenze dell’Autorità Giudiziaria minorile e del Comitato per i minori stranieri

In base a quanto disposto dal Codice Civile, dalla legge 184/83 e dalla legge 64/94, i provvedimenti urgenti sono preminentemente di competenza dell’Autorità Giudiziaria minorile.

Il Regolamento del Comitato per i minori stranieri, art. 3, co. 5 dispone che: "In caso di urgenza, per situazioni in relazione alle quali sia improcrastinabile l'intervento a tutela della salute psicofisica del minore, i poteri del Comitato sono esercitabili dal presidente o da un componente da lui delegato, salva la ratifica da parte del Comitato nella prima riunione successiva all'esercizio dei poteri medesimi. I provvedimenti non ratificati perdono efficacia dal momento in cui sono stati adottati."

Andrà chiarito come si concilia la competenza del Comitato per i minori stranieri con quella dell’Autorità Giudiziaria minorile, ed in particolare se il Comitato debba intervenire solo quando non sia stata fatta la segnalazione all’Autorità Giudiziaria minorile.

Non è chiaro, inoltre, se il Comitato può adottare gli stessi provvedimenti che possono essere disposti dall’Autorità Giudiziaria minorile.

 

 

 

L’affidamento

 

1) L’autorità competente

1.1) La competenza dello Stato italiano

Le autorità italiane sono competenti a disporre provvedimenti di affidamento nei confronti del minore straniero presente sul territorio italiano:

Ove, invece, il provvedimento di affidamento sia considerato come provvedimento urgente, valgono le osservazioni fatte sopra in relazione ai provvedimenti urgenti: in tal caso, dunque, le autorità italiane potranno disporre provvedimenti di affidamento anche nei confronti del minore non abitualmente residente in Italia.

Come già ricordato, l’art. 37-bis della l. 184/83 stabilisce esplicitamente che al minore straniero in stato di abbandono si applica la legge italiana in materia di affidamento.

 

1.2) Le competenze dell’Autorità Giudiziaria minorile, dei servizi locali e del Comitato per i minori stranieri

L’art. 4 della l. 184/83 prevede che l’affidamento familiare sia disposto:

  1. dal servizio locale, previo consenso manifestato dai genitori o dal genitore esercente la potestà, ovvero dal tutore (c.d. affidamento consensuale);
  2. dal Tribunale per i minorenni, ove manchi l’assenso dei genitori esercenti la potestà o del tutore; in tal caso si applicano gli articoli 330 e seguenti del Codice Civile (c.d. affidamento giudiziale).

Il regolamento di attuazione della legge 476/98, D.P.R. 492/99, "facendo salve" le disposizioni del dlgs. 113/99, attribuisce al Comitato le competenze "concernenti l’ingresso, il soggiorno, l’accoglienza e l’affidamento temporanei e il rimpatrio assistito dei minori […] presenti per qualsiasi causa nel territorio dello Stato e privi di assistenza e rappresentanza": che significato ha tale riferimento all’accoglienza e all’affidamento temporanei? Implica che i provvedimenti di affidamento nel caso di minori stranieri non accompagnati dovranno essere disposti non dai servizi sociali o dal Tribunale per i minorenni, ma dal Comitato per i minori stranieri?

 

 

 

 

 

2) I minori affidati a parenti entro il quarto grado

Una delle situazioni più frequenti e nel contempo più discusse è quella dei minori stranieri affidati di fatto a parenti entro il quarto grado idonei a provvedervi.

In tali casi, può essere disposto l’affidamento formale del minore al parente in base all’art. 4 della legge 184/83?

 

2.1) Affidamento giudiziale e affidamento consensuale

A) L’affidamento giudiziale:

Per quanto riguarda l’affidamento giudiziale (cioè l’affidamento disposto dal Tribunale per i minorenni quando manca l’assenso dei genitori o del tutore), alcuni giudici hanno effettivamente disposto affidamenti a parenti entro il quarto grado (ad esempio presso il Tribunale di Venezia), talvolta con la motivazione della mancanza dell’atto di assenso dei genitori.

Altri Tribunali (tra cui anche il Tribunale per i minorenni di Torino) si sono invece dichiarati incompetenti a provvedere in ordine alla domanda di affidamento da parte di parenti entro il quarto grado, non ravvisandosi una situazione di pregiudizio ed argomentando a contrariis in base all’art. 9 della l. 184/83 ("Chiunque, non essendo parente entro il quarto grado, accoglie stabilmente nella propria abitazione un minore, qualora l’accoglienza si protragga per un periodo superiore a sei mesi, deve, trascorso tale periodo, darne segnalazione al giudice tutelare, che trasmette gli atti al tribunale per i minorenni con relazione informativa").

Questo secondo orientamento sembra effettivamente più corretto, dato che il Tribunale per i minorenni ha la funzione di controllo dell’esercizio della potestà genitoriale e di tutela del minore dalla condotta pregiudizievole dei genitori, con conseguente limitazione o decadenza della potestà (artt. 330-333 del Codice Civile), mentre non sembra sostenibile, ove il parente risulti idoneo a provvedere al minore, l’ipotesi di una condotta pregiudizievole da parte del genitore.

B) A differenza dell’affidamento giudiziale, sembrerebbe invece potersi disporre l’affidamento consensuale (cioè l’affidamento disposto dai servizi locali, previo consenso dei genitori).

In genere, infatti, il minore è affidato al parente dai genitori stessi e quindi con il loro pieno consenso. L’assenso dei genitori manca dunque non in senso sostanziale, ma in senso formale: manca cioè un atto con cui i genitori manifestano il loro consenso al servizio locale.

In questa ipotesi dovrà essere chiarito, naturalmente, con quali modalità i genitori possano manifestare ai servizi locali il proprio consenso all’affidamento del minore, ed in particolare se tale consenso debba essere manifestato attraverso un atto notarile legalizzato presso la Rappresentanza Diplomatico-Consolare italiana nel Paese d’origine.

 

 

2.2) L’affidamento formale a parenti entro il quarto grado

Per quanto riguarda, poi, la possibilità che venga disposto un affidamento formale al parente entro il quarto grado, in base all’art. 9 della l. 184/83 il parente entro il quarto grado non ha il dovere di segnalare l’affidamento di fatto al Giudice Tutelare, ma tale disposizione non sembra escludere che egli possa segnalare tale circostanza, chiedendo un provvedimento formale. Nè tanto meno sembra escludere che il parente possa chiedere la formalizzazione dell’affidamento consensuale ai servizi locali. La formalizzazione dell’affidamento al parente entro il quarto grado non è necessaria, ma non sembra neppure essere esclusa.

La disposizione formale dell’affidamento in questo caso non sarebbe un mero escamotage per ottenere il permesso di soggiorno, superando il problema determinato dalla mancata armonizzazione del T.U. 286/98 con la l. 184/83.

La formalizzazione rappresenterebbe invece una maggiore garanzia per tutelare l’interesse del minore in quanto comporterebbe un controllo da parte del servizio sociale sull’identità e l’idoneità del parente.

In caso contrario, infatti, non vi sarebbe alcuna verifica sul fatto che l’adulto al quale il minore è affidato di fatto sia realmente un parente entro il quarto grado, né che questi sia effettivamente idoneo dal punto di vista morale e materiale: gli insegnanti delle scuole e gli altri operatori che venissero a conoscenza del minore affidato di fatto avrebbero dunque la responsabilità di questa valutazione, responsabilità alla quale tra l’altro non corrisponde la predisposizione dei mezzi necessari. Tale assenza di controllo, da alcuni ritenuta discutibile anche per quanto riguarda i minori italiani, è ancora più discutibile quando si tratti di minori stranieri i cui genitori risiedono all’estero.

Il controllo da parte dei servizi sociali potrebbe rappresentare una giusta via di mezzo tra la totale assenza di controllo e il controllo esercitato dall’Autorità Giudiziaria minorile che trova fondamento in una supposta situazione di pregiudizio.

 

 

2.3) L’idoneità del parente a provvedere al minore

Infine, sia che l’affidamento formale possa essere disposto, sia che non possa essere disposto, andranno chiariti quali sono i requisiti perché il parente venga considerato idoneo a provvedere al minore, e in particolare se saranno applicati gli stessi requisiti richiesti dal T.U. 286/98 per il ricongiungimento familiare.

Tale ipotesi non sembrerebbe legittima in quanto i requisiti previsti dal T.U. si riferiscono alle norme sull’ingresso e il soggiorno degli stranieri ed ai provvedimenti di competenza della Questura, e non alle norme di tutela del minore di competenza dell’Autorità Giudiziaria minorile o dei servizi locali. Tali requisiti, inoltre, proprio in quanto si riferiscono alle norme sull’ingresso e il soggiorno, sono criteri rigidi che mal si adattano alla valutazione discrezionale necessaria per perseguire il superiore interesse del minore.

Infine, l’applicazione di tali criteri comporterebbe un’irragionevole disparità di trattamento tra minori stranieri e minori italiani, in violazione del principio di non discriminazione.

Ci sembra dunque che l’idoneità del parente a provvedere al minore dovrebbe essere valutata caso per caso e indipendentemente dal procedimento relativo al permesso di soggiorno.

 

 

La tutela

 

1) L’autorità competente

Le autorità italiane sono competenti a disporre provvedimenti di tutela nei confronti del minore presente sul territorio italiano:

 

Ove, invece, il provvedimento di tutela sia considerato come provvedimento urgente, valgono le osservazioni fatte sopra in relazione ai provvedimenti urgenti: in tal caso, dunque, le autorità italiane potranno disporre provvedimenti di tutela anche nei confronti del minore non abitualmente presente in Italia.

 

 

2) La necessità di aprire sempre la tutela

Non è chiaro se dovrà sempre essere aperta la tutela per ogni minore non accompagnato dai genitori.

2.1) Nel senso di una risposta positiva, le seguenti considerazioni:

 

2.2) Nel senso di una risposta negativa, invece:

  1. La stabile lontananza dei genitori non comporta necessariamente l’impossibilità di esercitare la potestà, presupposto per l’applicazione dell’art. 343 Codice Civile;
  2. Il Regolamento del Comitato per i minori stranieri, art. 3, co. 6 prevede la segnalazione al Giudice Tutelare per l’apertura di una tutela non in via generale ma "in caso di necessità" e solo come ipotesi eventuale: "In caso di necessita', il Comitato comunica la situazione del minore al giudice tutelare competente, per l'eventuale nomina di un tutore provvisorio."

 

 

 

 

3) I "requisiti" per l’apertura della tutela

3.1) Un primo aspetto importante da chiarire è se per l’apertura della tutela sia necessario (come è stato talvolta richiesto dal Giudice Tutelare) che il minore possieda documenti di identità e in particolare il passaporto.

Il provvedimento di tutela è un provvedimento a protezione del minore, che trova il suo presupposto nell’impossibilità dei genitori di esercitare la potestà (art. 343 C.C.) e che dovrebbe essere disposto dal Giudice Tutelare "appena avuta notizia del fatto da cui deriva l’apertura della tutela" (art. 347 C.C.).

Di conseguenza, sembra pacifico che anche nei confronti del minore privo di documenti possa e debba essere aperta la tutela.

3.2) Per quanto riguarda le cosiddette "tutele civili", andranno chiariti i requisiti che dovrà avere il progetto educativo e di inserimento su cui tali tutele si fondano, e in particolare se valgano ancora le indicazioni fornite nella nota della Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Torino riportata in appendice.

In tale nota si indicavano come condizioni indispensabili perchè la tutela costituisca un effettivo sostegno educativo per il minore:

  1. una situazione abitativa stabile e decente, che consenta la costante reperibilità del minore;
  2. un progetto formativo o un’occupazione lavorativa volti a favorire l’inserimento sociale del minore, non potendosi a tal fine ritenere sufficiente la sola frequenza di corsi di alfabetizzazione o di scuola media per stranieri;
  3. la vicinanza (non in senso fisico) di adulti che possano costituire per il minore figure positive di riferimento.

3.3) Per quanto riguarda invece i minori affidati di fatto a parenti, sembra che la tutela debba essere deferita al parente, ove questo risulti idoneo a prendersi cura del minore ed a rappresentarlo: il Codice Civile, art. 348 prevede infatti che il Giudice Tutelare scelga il tutore "preferibilmente tra gli ascendenti o tra gli altri prossimi parenti o affini".

In tal caso, andranno chiariti i criteri per stabilire se il parente sia idoneo, e in particolare se essi coincidano con i requisiti richiesti per il ricongiungimento familiare, ipotesi che - come già argomentato in relazione all’affidamento - ci sembrerebbe non corretta.

3.4) Infine, ove non sia verificata la sussistenza di un valido progetto educativo (per quanto riguarda le tutele civili), o il parente al quale il minore è affidato non risulti idoneo, sembra che la tutela debba comunque essere aperta, deferendola ad un "ente di assistenza", presumibilmente al Comune.

 

 

 

La competenza del Comitato per i minori stranieri rispetto all’accoglienza

Al Comitato per i minori stranieri sono attribuiti "i compiti di impulso e di raccordo con le amministrazioni interessate ai fini dell'accoglienza" (dlgs. 113/99, art. 5).

Il Comitato, "al fine di garantire l'adeguata accoglienza del minore [...] puo' proporre al Dipartimento per gli affari sociali di stipulare convenzioni con amministrazioni pubbliche e organismi nazionali e internazionali che svolgono attivita' inerenti i minori non accompagnati in conformita' ai principi e agli obiettivi che garantiscono il superiore interesse del minore, la protezione contro ogni forma di discriminazione, il diritto del minore di essere ascoltato" (Regolamento del Comitato per i minori stranieri, art. 6, co. 2).

Come già notato sopra, infine, il regolamento di attuazione della legge 476/98 (D.P.R. 492/99) attribuisce al Comitato le competenze "concernenti l’ingresso, il soggiorno, l’accoglienza e l’affidamento temporanei e il rimpatrio assistito dei minori […] presenti per qualsiasi causa nel territorio dello Stato e privi di assistenza e rappresentanza".

FONTI NORMATIVE relative a "I provvedimenti di protezione del minore sul territorio italiano"

Convenzione di New York

art. 20

1. Ogni fanciullo il quale é temporaneamente o definitivamente privato del suo ambiente familiare oppure che non può essere lasciato in tale ambiente nel suo proprio interesse, ha diritto ad una protezione e ad aiuti speciali dello stato.

2. Gli Stati Parti prevedono per questo fanciullo una protezione sostitutiva, in conformità con la loro legislazione nazionale.

3. Tale protezione sostitutiva può in particolare concretizzarsi per mezzo di sistemazione in una famiglia, della kafalah di diritto islamico, dell'adozione o in caso di necessità, del collocamento in un adeguato istituto per l'infanzia. Nell'effettuare una selezione tra queste soluzioni, si terrà debitamente conto della necessità di una certa continuità nell'educazione del fanciullo, nonché della sua origine etnica, religiosa, culturale e linguistica.

 

 

Codice Civile

Art. 317-bis Esercizio della potestà

Al genitore che ha riconosciuto il figlio naturale spetta la potestà su di lui.

Se il riconoscimento è fatto da entrambi i genitori, I'esercizio della potestà spetta congiuntamente ad entrambi qualora siano conviventi. Si applicano le disposizioni dell'art. 316. Se i genitori non convivono l'esercizio della potestà spetta al genitore col quale il figlio convive ovvero, se non convive con alcuno di essi, al primo che ha fatto il riconoscimento. Il giudice, nell'esclusivo interesse del figlio, può disporre diversamente; può anche escludere dall'esercizio della potestà entrambi i genitori, provvedendo alla nomina di un tutore. Il genitore che non esercita la potestà ha il potere di vigilare sull'istruzione, sull'educazione e sulle condizioni di vita del figlio minore.

Art. 330 Decadenza dalla potestà sui figli

Il giudice può pronunziare la decadenza della potestà quando il genitore viola o trascura i doveri (147; Cod. Pen. 570) ad essa inerenti o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio. In tale caso, per gravi motivi, il giudice può ordinare l'allontanamento del figlio dalla residenza familiare.

Art. 332 Reintegrazione nella potestà

Il giudice può reintegrare nella potestà il genitore che ne è decaduto, quando, cessate le ragioni per le quali la decadenza è stata pronunciata, e escluso ogni pericolo di pregiudizio per il figlio.

Art. 333 Condotta del genitore pregiudizievole ai figli

Quando la condotta di uno o di entrambi i genitori non è tale da dare luogo alla pronuncia di decadenza prevista dall'art. 330, ma appare comunque pregiudizievole al figlio, il giudice, secondo le circostanze può adottare i provvedimenti convenienti e può anche disporre l'allontanamento di lui dalla residenza familiare. Tali provvedimenti sono revocabili in qualsiasi momento.

Art. 336 Procedimento

I provvedimenti indicati negli articoli precedenti sono adottati su ricorso dell'altro genitore, dei parenti (77) o del pubblico ministero e, quando si tratta di revocare deliberazioni anteriori, anche del genitore interessato. Il tribunale provvede in camera di consiglio (Cod. Proc. Civ. 737) assunte informazioni e sentito il pubblico ministero. Nei casi in cui il provvedimento e richiesto contro il genitore, questi deve essere sentito. In caso di urgente necessità il tribunale può adottare, anche di ufficio, provvedimenti temporanei nell'interesse del figlio.

Art. 337 Vigilanza del giudice tutelare

Il giudice tutelare deve vigilare sull'osservanza delle condizioni che il tribunale abbia stabilito per l'esercizio della potestà e per l'amministrazione dei beni.

 

 

Art. 343 Apertura della tutela

Se entrambi i genitori sono morti o per altre cause non possono esercitare la potestà dei genitori, si apre la tutela presso il tribunale del circondario dove è la sede principale degli affari e interessi del minore (att. 129). Se il tutore è domiciliato o trasferisce il domicilio in altro circondario, la tutela può essere ivi trasferita con decreto del tribunale.


Art. 347 Nomina del tutore e del protutore

Il giudice tutelare, appena avuta notizia del fatto da cui deriva l’apertura della tutela, procede alla nomina del tutore e del protutore.

Art. 348 Scelta del tutore

Il giudice tutelare nomina tutore la persona designata dal genitore che ha esercitato per ultimo la patria potestà. La designazione può essere fatta per testamento (587-2), per atto pubblico o per scrittura privata autenticata (2699; 2703).

Se manca la designazione ovvero se gravi motivi si oppongono alla nomina della persona designata, la scelta del tutore avviene preferibilmente tra gli ascendenti o tra gli altri prossimi parenti o affini (74, 78) del minore, i quali, in quanto sia opportuno, devono essere sentiti.

Il giudice, prima di procedere alla nomina del tutore, deve anche sentire il minore che abbia raggiunto l'età di anni sedici.

In ogni caso la scelta deve cadere su persona idonea all'ufficio, di ineccepibile condotta, la quale dia affidamento di educare e istruire il minore conformemente a quanto è prescritto nell'art. 147.

Art. 354 Tutela affidata a enti di assistenza

La tutela dei minori, che non hanno nel luogo del loro domicilio parenti conosciuti o capaci di esercitare l'ufficio di tutore, può essere deferita dal giudice tutelare a un ente di assistenza nel comune dove ha domicilio il minore o all'ospizio in cui questi e ricoverato (402). L'amministrazione dell'ente o dell'ospizio delega uno dei propri membri a esercitare le funzioni di tutela (355-2)

E' tuttavia in facoltà del giudice tutelare di nominare un tutore al minore quando la natura o I'entità dei beni o altre circostanze lo richiedono.

Art. 357 Funzioni del tutore

Il tutore ha la cura della persona del minore (371), lo rappresenta in tutti gli atti civili e ne amministra i beni (362 e seguenti).

Art. 361 Provvedimenti urgenti

Prima che il tutore o il protutore abbia assunto le proprie funzioni, spetta al giudice tutelare di dare, sia d'ufficio sia su richiesta del pubblico ministero, di un parente o di un affine del minore, i provvedimenti urgenti che possono occorrere per la cura del minore o per conservare e amministrare il patrimonio. Il giudice può procedere, occorrendo, all'apposizione dei sigilli (Cod. Proc. Civ. 752 e seguenti), nonostante qualsiasi dispensa.

Art. 371 Provvedimenti circa l'educazione e l'amministrazione

Compiuto l'inventario, il giudice tutelare, su proposta del tutore e sentito il protutore, delibera:

l) sul luogo dove il minore deve essere allevato e sul suo avviamento agli studi o all'esercizio di un'arte, mestiere o professione, sentito lo stesso minore se ha compiuto gli anni dieci, e richiesto, quando è opportuno, I'avviso dei parenti prossimi e del comitato di patronato dei minorenni;

2) sulla spesa annua occorrente per il mantenimento e l'istruzione del minore e per l'amministrazione del patrimonio, fissando i modi d'impiego del reddito eccedente;

[...]

Art. 402 Poteri tutelari spettanti agli istituti di assistenza

L'istituto di pubblica assistenza esercita i poteri tutelari sul minore ricoverato o assistito (406, 412), secondo le norme del titolo X, capo I di questo libro (343 e seguenti), fino a quando non si provveda alla nomina di un tutore, e in tutti i casi nei quali l'esercizio della potestà dei genitori o della tutela sia impedito. Resta salva la facoltà del giudice tutelare di deferire la tutela all'ente di assistenza o all'ospizio, ovvero di nominare un tutore a norma dell'art. 354.

Nel caso in cui il genitore riprenda l'esercizio della potestà dei genitori, l'Istituto deve chiedere al giudice tutelare di fissare eventualmente limiti o condizioni a tale esercizio.

Art. 403 Intervento della pubblica autorità a favore dei minori

Quando il minore è moralmente o materialmente abbandonato o è allevato in locali insalubri o pericolosi, oppure da persone per negligenza, immoralità, ignoranza o per altri motivi incapaci di provvedere all'educazione di lui, la pubblica autorità, a mezzo degli organi di protezione dell'infanzia, lo colloca in luogo sicuro, sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione.

 

 

 

Legge 184/83 (come modificata dalla legge 476/98)

Art. 2. Il minore che sia temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo può essere affidato ad un'altra famiglia, possibilmente con figli minori, o ad una persona singola, o ad una comunità di tipo familiare, al fine di assicurargli il mantenimento, l'educazione e l'istruzione.

Ove non sia possibile un conveniente affidamento familiare, è consentito il ricovero del minore in un istituto di assistenza pubblico o privato, da realizzarsi di preferenza nell'ambito della regione di residenza del minore stesso.

Art. 3. L'istituto di assistenza pubblico o privato esercita i poteri tutelari sul minore ricoverato o assistito, secondo le norme del capo I del titolo X del libro I del codice civile, fino a quando non si provveda alla nomina di un tutore, ed in tutti i casi nei quali l'esercizio della potestà dei genitori o della tutela sia impedito. All'istituto di assistenza spettano i poteri e gli obblighi dell'affidatario di cui all'articolo 5.

Nel caso in cui i genitori riprendano l'esercizio della potestà, l'istituto deve chiedere al giudice tutelare di fissare eventualmente limiti o condizioni a tale esercizio.

Art. 4. L'affidamento familiare è disposto dal servizio locale, previo consenso manifestato dai genitori o dal genitore esercente la potestà, ovvero dal tutore, sentito il minore che ha compiuto gli anni dodici e, se opportuno, anche di età inferiore. Il giudice tutelare del luogo ove si trova il minore rende esecutivo il provvedimento con decreto.

Ove manchi l'assenso dei genitori esercenti la potestà o del tutore, provvede il tribunale per i minorenni. Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile.

Nel provvedimento di affidamento familiare debbono essere indicate specificatamente le motivazioni di esso, nonché i tempi e i modi dell'esercizio dei poteri riconosciuti all'affidatario. Deve inoltre essere indicato il periodo di presumibile durata dell'affidamento ed il servizio locale cui è attribuita la vigilanza durante l'affidamento con l'obbligo di tenere costantemente informati il giudice tutelare od il tribunale per i minorenni, a seconda che si tratti di provvedimento emesso ai sensi del primo o del secondo comma.

L'affidamento familiare cessa con provvedimento della stessa autorità che lo ha disposto, valutato l'interesse del minore, quando sia venuta meno la situazione di difficoltà temporanea della famiglia di origine che lo ha determinato, ovvero nel caso in cui la prosecuzione di esso rechi pregiudizio al minore.

Il giudice tutelare, trascorso il periodo di durata previsto ovvero intervenute le circostanze di cui al comma precedente, richiede, se necessario, al competente tribunale per i minorenni l'adozione di ulteriori provvedimenti nell'interesse del minore.

Il tribunale, sulla richiesta del giudice tutelare o d'ufficio nell'ipotesi di cui al secondo comma, provvede ai sensi dello stesso comma.

Art. 5. L'affidatario deve accogliere presso di sé il minore e provvedere al suo mantenimento e alla sua educazione e istruzione, tenendo conto delle indicazioni dei genitori per i quali non vi sia stata pronuncia ai sensi degli articoli 330 e 333 del codice civile, o del tutore, ed osservando le prescrizioni eventualmente stabilite dall'autorità affidante.

Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 316 del codice civile.

L'affidatario deve agevolare i rapporti tra il minore e i suoi genitori e favorirne il reinserimento nella famiglia di origine.

Le norme di cui ai commi precedenti si applicano, in quanto compatibili, nel caso di minori ospitati presso una comunità alloggio o ricoverati presso un istituto.

Art. 8. Sono dichiarati anche d'ufficio in stato di adottabilità dal tribunale per i minorenni del distretto nel quale si trovano, i minori in situazione di abbandono perché privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché la mancanza di assistenza non sia dovuta a forza maggiore di carattere transitorio.

La situazione di abbandono sussiste, sempre che ricorrano le condizioni di cui al comma precedente, anche quando i minori siano ricoverati presso istituti di assistenza o si trovino in affidamento familiare.

Non sussiste causa di forza maggiore quando i soggetti di cui al primo comma rifiutano le misure di sostegno offerte dai servizi locali e tale rifiuto viene ritenuto ingiustificato dal giudice.

Art. 9. Chiunque ha facoltà di segnalare alla autorità pubblica situazioni di abbandono di minori di età.

I pubblici ufficiali, gli incaricati di un pubblico servizio, gli esercenti un servizio di pubblica necessità, debbono riferire al più presto al tribunale per i minorenni sulle condizioni di ogni minore in situazione di abbandono di cui vengono a conoscenza in ragione del proprio ufficio.

La situazione di abbandono può essere accertata anche d'ufficio dal giudice.

Gli istituti di assistenza pubblici o privati devono trasmettere semestralmente al giudice tutelare del luogo, ove hanno sede, l'elenco di tutti i minori ricoverati con l'indicazione specifica, per ciascuno di essi, della località di residenza dei genitori, dei rapporti con la famiglia e delle condizioni psicofisiche del minore stesso. Il giudice tutelare, assunte le necessarie informazioni, riferisce al tribunale per i minorenni sulle condizioni di quelli tra i ricoverati che risultano in situazioni di abbandono, specificandone i motivi.

Il giudice tutelare, ogni sei mesi, procede ad ispezioni negli istituti ai fini di cui al comma precedente. Può procedere ad ispezioni straordinarie in ogni tempo.

Chiunque, non essendo parente entro il quarto grado, accoglie stabilmente nella propria abitazione un minore, qualora l'accoglienza si protragga per un periodo superiore a sei mesi, deve, trascorso tale periodo, darne segnalazione al giudice tutelare, che trasmette gli atti al tribunale per i minorenni con relazione informativa. L'omissione della segnalazione può comportare l'inidoneità ad ottenere affidamenti familiari o adottivi e l'incapacità all'ufficio tutelare.

Nello stesso termine di cui al comma precedente uguale segnalazione deve essere effettuata dal genitore che affidi stabilmente a chi non sia parente entro il quarto grado il figlio minore per un periodo non inferiore a sei mesi.

L'omissione della segnalazione può comportare la decadenza dalla potestà sul figlio a norma dell'articolo 330 del codice civile e l'apertura della procedura di adottabilità.

Art. 10. Il presidente del tribunale per i minorenni, o un giudice da lui delegato, ricevute le informazioni di cui all'articolo precedente, dispone di urgenza tramite i servizi locali e gli organi di pubblica sicurezza approfonditi accertamenti sulle condizioni giuridiche e di fatto del minore, sull'ambiente in cui ha vissuto e vive ai fini di verificare se sussiste lo stato di abbandono.

Il tribunale può disporre in ogni momento e fino al provvedimento di affidamento preadottivo ogni opportuno provvedimento temporaneo nell'interesse del minore, ivi comprese, se del caso, la sospensione della potestà dei genitori sul figlio e dell'esercizio delle funzioni del tutore e la nomina di un tutore provvisorio.

In caso di urgente necessità, i provvedimenti di cui al comma precedente possono essere adottati dal presidente del tribunale per i minorenni o da un giudice da lui delegato.

Il tribunale, entro trenta giorni, deve confermare, modificare o revocare i provvedimenti urgenti così assunti.

Il tribunale provvede in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, i genitori, il tutore, il rappresentante dell'istituto presso cui il minore è ricoverato o la persona cui egli è affidato e tenuto conto di ogni altra idonea informazione. Deve inoltre essere sentito il minore che ha compiuto gli anni dodici e, se opportuno, anche il minore di età inferiore. I provvedimenti adottati debbono essere comunicati al pubblico ministero ed ai genitori.

Si applicano le norme di cui agli articoli 330 e seguenti del codice civile (5).

Art. 11. Quando dalle indagini previste nell'articolo precedente risultano deceduti i genitori del minore e non risultano esistenti parenti entro il quarto grado, il tribunale per i minorenni provvede a dichiarare lo stato di adottabilità, salvo che esistano istanze di adozione ai sensi dell'articolo 44. In tal caso il tribunale per i minorenni decide nell'esclusivo interesse del minore.

[...]

Art. 12. Quando attraverso le indagini effettuate consta l'esistenza dei genitori o di parenti entro il quarto grado indicati nell'articolo precedente, che abbiano mantenuto rapporti significativi con il minore, e ne è nota la residenza, il presidente del tribunale per i minorenni con decreto motivato fissa la loro comparizione, entro un congruo termine, dinanzi a sé o ad un giudice da lui delegato.

Nel caso in cui i genitori o i parenti risiedano fuori dalla circoscrizione del tribunale per i minorenni che procede, la loro audizione può essere delegata al tribunale per i minorenni del luogo della loro residenza.

In caso di residenza all'estero è delegata l'autorità consolare competente.

Udite le dichiarazioni dei genitori o dei parenti, il presidente del tribunale per i minorenni o il giudice delegato, ove ne ravvisi l'opportunità, impartisce con decreto motivato ai genitori o ai parenti prescrizioni idonee a garantire l'assistenza morale, il mantenimento, l'istruzione e l'educazione del minore, stabilendo al tempo stesso periodici accertamenti da eseguirsi direttamente o avvalendosi del giudice tutelare o dei servizi locali, ai quali può essere affidato l'incarico di operare al fine di più validi rapporti tra il minore e la famiglia.

Il presidente o il giudice delegato può, altresì, chiedere al pubblico ministero di promuovere l'azione per la corresponsione degli alimenti a carico di chi vi è tenuto per legge e, al tempo stesso, dispone, ove d'uopo, provvedimenti temporanei ai sensi del secondo comma dell'articolo 10 .

Art. 13. Nel caso in cui i genitori ed i parenti di cui all'articolo precedente risultino irreperibili ovvero non ne sia conosciuta la residenza, la dimora o il domicilio, il tribunale per i minorenni provvede alla loro convocazione ai sensi degli articoli 140 e 143 del codice di procedura civile, previe nuove ricerche tramite gli organi di pubblica sicurezza.

Art. 15. A conclusione delle indagini e degli accertamenti previsti dagli articoli precedenti, ove risulti la situazione di abbandono di cui all'articolo 8, lo stato di adottabilità del minore è dichiarato dal tribunale per i minorenni quando:

1) i genitori e i parenti convocati ai sensi degli articoli 12 e 13 non si sono presentati senza giustificato motivo;

2) l'audizione dei medesimi ha dimostrato il persistere della mancanza di assistenza morale e materiale e la non disponibilità ad ovviarvi;

3) le prescrizioni impartite ai sensi dell'articolo 12 sono rimaste inadempiute per responsabilità dei genitori.

La dichiarazione dello stato di adottabilità del minore è disposta dal tribunale per i minorenni in carnera di consiglio con decreto motivato, sentito il pubblico ministero, nonché il rappresentante dell'istituto presso cui il minore è ricoverato o la persona cui egli è affidato. Deve essere, parimenti, sentito il tutore, ove esista, ed il minore che abbia compiuto i dodici anni e, se opportuno, anche il minore di età inferiore.

Art. 33, co. 5

Qualora sia comunque avvenuto l'ingresso di un minore nel territorio dello Stato al di fuori delle situazioni consentite, il pubblico ufficiale o l'ente autorizzato che ne ha notizia lo segnala al tribunale per i minorenni competente in relazione al luogo in cui il minore si trova. Il tribunale, adottato ogni opportuno provvedimento temporaneo nell'interesse del minore, provvede ai sensi dell'articolo 37-bis, qualora ne sussistano i presupposti, ovvero segnala la situazione alla Commissione affinché prenda contatto con il Paese di origine del minore e si proceda ai sensi dell'articolo 34.

Art. 37-bis. – 1. Al minore straniero che si trova nello Stato in situazione di abbandono si applica la legge italiana in materia di adozione, di affidamento e di provvedimenti necessari in caso di urgenza.

 

 

 

 

 

 

 

D.P.R. 492/99

Art. 18.

Minori stranieri accolti o presenti nello Stato ai sensi dell'articolo 33 del decreto legislativo n. 286 del 1998

Sono fatte salve le competenze del Comitato per i minori stranieri di cui all'articolo 33 del decreto legislativo 25 luglio 1988, n. 286, come modificato dal decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 113, e del relativo decreto di attuazione, concernenti l'ingresso, il soggiorno, l'accoglienza e l'affidamento temporanei e il rimpatrio assistito dei minori accolti nell'ambito di programmi solidaristici, ovvero presenti per qualsiasi causa nel territorio dello Stato e privi di assistenza e di rappresentanza. La Commissione provvede a comunicare al Comitato per i minori stranieri i nominativi dei minori la cui presenza e' segnalata sul territorio dello Stato ai sensi dell'articolo 33, comma 5, della legge sull'adozione.

 

 

Dlgs. 113/99

Art. 5

[...] b) le modalita' di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati presenti nel territorio dello Stato, nell'ambito delle attivita' dei servizi sociali degli enti locali e i compiti di impulso e di raccordo del Comitato di cui al comma 1 con le amministrazioni interessate ai fini dell'accoglienza, del rimpatrio assistito e del ricongiungimento del minore con la sua famiglia nel Paese d'origine o in un Paese terzo.".

 

 

Regolamento del Comitato per i minori stranieri

Art. 3.

3. Il Comitato e' presieduto dal rappresentante designato dal Dipartimento per gli affari sociali e si riunisce, su convocazione del presidente, che redige l'ordine del giorno della riunione, in relazione a singole necessita' e almeno una volta ogni trimestre.

[...]

5. In caso di urgenza, per situazioni in relazione alle quali sia improcrastinabile l'intervento a tutela della salute psicofisica del minore, i poteri del Comitato sono esercitabili dal presidente o da un componente da lui delegato, salva la ratifica da parte del Comitato nella prima riunione successiva all'esercizio dei poteri
medesimi. I provvedimenti non ratificati perdono efficacia dal momento in cui sono stati adottati.
6. In caso di necessita', il Comitato comunica la situazione del minore al giudice tutelare competente, per l'eventuale nomina di un tutore provvisorio.

Art. 6.

Accoglienza

1. Al minore non accompagnato sono garantiti i diritti relativi al soggiorno temporaneo, alle cure sanitarie, all'avviamento scolastico e alle altre provvidenze disposte dalla legislazione vigente.

2. Al fine di garantire l'adeguata accoglienza del minore il Comitato puo' proporre al Dipartimento per gli affari sociali di stipulare convenzioni con amministrazioni pubbliche e organismi nazionali e internazionali che svolgono attivita' inerenti i minori non accompagnati in conformita' ai principi e agli obiettivi che garantiscono il superiore interesse del minore, la protezione contro ogni forma di discriminazione, il diritto del minore di essere ascoltato.

 

 

Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea 26.6.97

Articolo 3: Garanzie minime per tutti i minori non accompagnati

[...]

2. I minori non accompagnati, indipendentemente dal loro status giuridico, dovrebbero aver diritto alla protezione e alle cure elementari necessarie, in conformità del diritto interno dello Stato membro in questione.

3, Gli Stati membri dovrebbero adoperarsi, ai fini del ricongiungimento, per rintracciare il più rapidamente possibile i familiari di un minore non accompagnato o per individuare il domicilio di detti familiari, indipendentemente dal loro status giuridico e senza previo esame della fondatezza di un'eventuale domanda di soggiorno.

I minori non accompagnati possono anche essere incoraggiati e aiutati a prendere contatto con il Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR), con organizzazioni nazionali della Croce Rossa o altre organizzazioni per rintracciare i loro familiari. Soprattutto nel caso di richiedenti asilo, in tutti i contatti presi in tal senso si dovrebbe garantire la debita riservatezza al fine di proteggere sia il minore sia i suoi familiari.

4. Ai fini dell'applicazione della presente risoluzione gli Stati membri dovrebbero aver cura di fornire il più rapidamente possibile ai minori la necessaria rappresentanza tramite:

a) una tutela legale, o

b) un organismo (nazionale) incaricato della cura e del benessere dei minori, o

c) altra forma adeguata di rappresentanza.

5. Qualora ad un minore non accompagnato venga assegnato un tutore, questi dovrebbe provvedere in conformità della legislazione nazionale, affinché le esigenze, per esempio giuridiche, sociali, mediche o psicologiche, del minore siano debitamente soddisfatte.

 

 

 

LA SCELTA TRA ACCOGLIENZA E RIMPATRIO,

L’ADOZIONE DEL PROVVEDIMENTO DI RIMPATRIO E LA SUA ESECUZIONE

 

Tentiamo ora di affrontare la questione della scelta tra accoglienza e rimpatrio e dell’attuazione del rimpatrio dal punto di vista procedurale, rimandando alla seconda parte ("Aspetti di merito: Qualche riflessione sulla scelta tra accoglienza e rimpatrio") per gli aspetti di merito.

 

 

La competenza per la scelta tra accoglienza e rimpatrio e per l’adozione del provvedimento di rimpatrio

1) Le disposizioni rilevanti in materia

Richiamiamo brevemente le principali disposizioni in materia di competenza alla scelta tra accoglienza e rimpatrio del minore e all’adozione del provvedimento di rimpatrio:

1) La legge 184/83, art. 33, co. 5 (come modificata dalla legge 476/98) stabilisce che:

"Qualora sia comunque avvenuto l'ingresso di un minore nel territorio dello Stato al di fuori delle situazioni consentite, il pubblico ufficiale o l'ente autorizzato che ne ha notizia lo segnala al tribunale per i minorenni competente in relazione al luogo in cui il minore si trova. Il tribunale, adottato ogni opportuno provvedimento temporaneo nell'interesse del minore, provvede ai sensi dell'articolo 37-bis, qualora ne sussistano i presupposti, ovvero segnala la situazione alla Commissione [cioè la Commissione per le adozioni internazionali] affinché prenda contatto con il Paese di origine del minore e si proceda ai sensi dell'articolo 34."

In questo articolo sembra essere implicitamente attribuita al Tribunale per i minorenni la decisione tra l’accoglienza (da attuarsi con gli strumenti previsti dall’art. 37-bis: affidamento, adozione e provvedimenti necessari in caso di urgenza) o il rimpatrio, che non viene però disposto dal Tribunale stesso.

La formulazione dell’articolo è però estremamente ambigua e confusa: esso prevede infatti la segnalazione alla Commissione per le adozioni internazionali, che deve prendere contatto con il Paese di origine e "procedere ai sensi dell’articolo 34", articolo che però non riguarda in alcun modo il rimpatrio.

2) Dlgs. 113/99; regolamento del Comitato per i minori stranieri; D.P.R. 492/99:

a) Il dlgs. 113/99, art. 5, co. 2 stabilisce che "[...] Il provvedimento di rimpatrio del minore straniero non accompagnato per le finalita' di cui al comma 2, e' adottato dal Comitato di cui al comma 1 [cioè il Comitato per i minori stranieri]. Nel caso risulti instaurato nei confronti dello stesso minore un procedimento giurisdizionale, l'autorita' giudiziaria rilascia il nulla osta, salvo che sussistano inderogabili esigenze processuali."

b) Il Regolamento del Comitato per i minori stranieri dispone:

c) Il regolamento di attuazione della legge 476/98, D.P.R. 492/99, art. 18 stabilisce che:

"Sono fatte salve le competenze del Comitato per i minori stranieri di cui all'articolo 33 del decreto legislativo 25 luglio 1988, n. 286, come modificato dal decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 113, e del relativo decreto di attuazione, concernenti l'ingresso, il soggiorno, l'accoglienza e l'affidamento temporanei e il rimpatrio assistito dei minori accolti nell'ambito di programmi solidaristici, ovvero presenti per qualsiasi causa nel territorio dello Stato e privi di assistenza e di rappresentanza. La Commissione provvede a comunicare al Comitato per i minori stranieri i nominativi dei minori la cui presenza e' segnalata sul territorio dello Stato ai sensi dell'articolo 33, comma 5, della legge sull'adozione."

Il regolamento di attuazione della legge 476/98 prende dunque atto dell’innovazione introdotta dal dlgs. 113/99 e, in modo assai discutibile dal punto di vista della gerarchia delle fonti, modifica la legge stessa di cui dovrebbe essere mera norma attuativa: la Commissione per le adozioni internazionali dovrà infatti comunicare a sua volta al Comitato per i minori stranieri i nominativi dei minori segnalatile dal Tribunale per i minorenni.

Þ Dunque, in base al dlgs. 113/99, al Regolamento del Comitato per i minori stranieri e al D.P.R. 492/99, la competenza ad adottare il provvedimento di rimpatrio è attribuita in modo chiaro al Comitato per i minori stranieri.

3) Il Codice Civile stabilisce all’art. 371 che "[...] il giudice tutelare, su proposta del tutore e sentito il protutore, delibera: 1) sul luogo dove il minore deve essere allevato [...]": questo articolo è stato talvolta richiamato per giustificare la competenza del Giudice Tutelare a disporre il provvedimento di rimpatrio, benchè questo riferimento sia stato da più parti messo in discussione.

4) Infine, la legge 64/94, art. 5, co. 1 e 4 stabilisce che "1. Le decisioni sulle richieste di rimpatrio di minori dal territorio dello Stato, avanzate dalle autorità straniere, ai sensi dell’art. 2, paragrafo 1 e dell’art. 4 della convenzione de L’Aja del 28 maggio 1970, sono adottate dal tribunale per i minorenni del luogo dove il minore risiede. [...] 4. Le richieste di rimpatrio di minori verso uno Stato contraente ai sensi dell’art. 2, paragrafo 2, e dell’art. 14 della convenzione de L’Aja del 28 maggio 1970, sono di competenza del tribunale per i minorenni del luogo ove il minore risiede."

In questo articolo, dunque, la competenza a decidere sulla richiesta di rimpatrio da parte dello Stato estero ai sensi della Convenzione dell’Aja del 1970 ovvero a formulare la richiesta di rimpatrio allo Stato estero (per il tramite dell’autorità centrale, cioè dell’Ufficio per la Giustizia Minorile del Ministero di Grazia e Giustizia) è chiaramente attribuita al Tribunale per i minorenni.

Abbiamo citato le disposizioni della legge 64/94, benchè la Convenzione dell’Aja del 1970 sul rimpatrio non sia ancora internazionalmente in vigore, in quanto ci sembra interessante notare come il legislatore abbia voluto attribuire all’Autorità Giudiziaria minorile (e non ad un’Autorità Amministrativa) tale competenza.

 

 

2) Le questioni aperte

Se la competenza ad adottare il provvedimento di rimpatrio è chiaramente attribuita al Comitato per i minori stranieri, numerosi aspetti restano invece poco chiari, in particolare riguardo alla scelta tra accoglienza e rimpatrio:

1) La decisione sull’interesse del minore a restare in Italia o ad essere rimpatriato è di competenza del Tribunale per i minorenni o del Comitato per i minori stranieri? E quale sarà la relazione tra i provvedimenti del Comitato per i minori stranieri e i provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria minorile?

a) Le disposizioni della l. 476/98 e del dlgs. 113/99 sono evidentemente in contrasto:

In base a tale disposizione, dunque, la decisione tra accoglienza in Italia e rimpatrio sembra essere attribuita in prima istanza al Tribunale per i minorenni.

La competenza a decidere sull’interesse del minore a restare in Italia o ad essere rimpatriato sembra dunque essere attribuita unicamente al Comitato per i minori stranieri.

In modo assai poco chiaro, poi, il Regolamento del Comitato per i minori stranieri, stabilisce che il provvedimento di rimpatrio dovrà essere conforme alle disposizioni dell’Autorità Giudiziaria (Regolamento del Comitato per i minori stranieri, art. 1, co. 4 e art. 7, co. 1).

b) Rispetto al nulla-osta dell’Autorità Giudiziaria minorile al rimpatrio disposto dal Comitato, inoltre, andrà chiarito che cosa accadrebbe se l’Autorità Giudiziaria opponesse "inderogabili esigenze" non processuali ma sostanziali, con riferimento al superiore interesse del minore.

 

2) Non è chiaro quale sia il significato del riferimento dell’art. 33 della legge 184/83 (relativo all’intervento della Commissione per le adozioni internazionali) al successivo art. 34.

L’art. 34, infatti, stabilisce che "1. Il minore che ha fatto ingresso nel territorio dello Stato sulla base di un provvedimento straniero di adozione o di affidamento a scopo di adozione gode, dal momento dell'ingresso, di tutti i diritti attribuiti al minore italiano in affidamento familiare. 2. Dal momento dell'ingresso in Italia e per almeno un anno, ai fini di una corretta integrazione familiare e sociale, i servizi socio-assistenziali degli enti locali e gli enti autorizzati, su richiesta degli interessati, assistono gli affidatari, i genitori adottivi e il minore. Essi in ogni caso riferiscono al tribunale per i minorenni sull'andamento dell'inserimento, segnalando le eventuali difficoltà per gli opportuni interventi. 3. Il minore adottato acquista la cittadinanza italiana per effetto della trascrizione del provvedimento di adozione nei registri dello stato civile."

Il riferimento all’art. 34 significa che il minore non accompagnato ed irregolare gode degli stessi diritti del minore entrato in Italia con provvedimento di adozione o affidamento a scopo di adozione, o che il minore deve comunque essere affidato, o deve intendersi in altro modo?

Non è chiaro, in ogni caso, se vi sia una relazione con il provvedimento di rimpatrio.

 

3) Riguardo alla competenza a disporre il provvedimento di rimpatrio, infine, dovrà chiarirsi se il dlgs. 113/99 abroga le disposizioni della legge 64/94 che attribuiscono al Tribunale per i minorenni la competenza ad adottare la decisione sulla richiesta di rimpatrio da parte di Stato estero ed a formulare la richiesta di rimpatrio allo Stato estero ai sensi della Convenzione de L’Aja del 1970, oppure se le competenze dei due organi riguardano fattispecie differenti.

 

 

 

Le procedure per la scelta tra accoglienza e rimpatrio e per l’adozione del provvedimento di rimpatrio

Dopo aver trattato la questione delle competenze, analizziamo brevemente alcune problematiche relative alle procedure per la scelta tra accoglienza e rimpatrio e per l’adozione del provvedimento di rimpatrio stesso, ed in particolare le problematiche riguardanti: la relazione tra i procedimenti per la tutela, l’affidamento e il rimpatrio; i tempi della procedura; la partecipazione del minore.

1) La relazione tra i procedimenti per la tutela, l’affidamento, il rimpatrio

Andrà chiarito, in connessione con le problematiche appena analizzate relative alle competenze, quale sarà la relazione tra i procedimenti per la tutela, per l’affidamento, per il rimpatrio.

In particolare, l’Autorità Giudiziaria attenderà che il Comitato per i minori stranieri abbia deciso di non rimpatriare il minore, prima di disporre la tutela o l'affidamento?

 

Oppure disporrà comunque la tutela o l’affidamento, ove ne sussistano i presupposti, indipendentemente dall’altro procedimento, di competenza dell’Autorità Amministrativa?

O, ancora, disporrà comunque la tutela in modo che il minore possa essere rappresentato nel procedimento e attenderà invece la decisione del Comitato per disporre l’affidamento?

 

2) I tempi

E’ molto importante che la decisione sull’interesse del minore a restare in Italia o al contrario ad essere rimpatriato sia assunta in tempi rapidi.

La personalità in formazione, infatti, è molto più fragile di quella dell’adulto. Un periodo di forte incertezza e instabilità sul proprio futuro può indurre il minore, la cui identità personale e sociale non è ancora solidamente formata, ad abbandonare ogni percorso positivo di integrazione e ad imboccare invece percorsi di devianza: situazione che, a sua volta, influenzerà fortemente la formazione della sua identità, con effetti negativi sul suo intero percorso di vita.

Oltre agli effetti psicologici di un prolungato periodo di incertezza, vi è un altro aspetto da considerare in relazione alla necessità di una decisione in tempi rapidi: l’inserimento del minore e la creazione di legami sociali e affettivi sul territorio italiano.

Infatti, nel caso in cui trascorra un periodo di alcuni mesi e il minore inizi a frequentare la scuola e a crearsi legami sociali e affettivi significativi, la decisione sul rimpatrio dovrà necessariamente tenerne conto. Tale aspetto ha rilevanza, come abbiamo già visto, nella definizione di "residenza abituale" del minore e quindi, secondo la Convenzione dell’Aja del 1961, determina quale Stato sia competente in via generale alla protezione del minore.

L’importanza del tempo trascorso e dell’effettivo inserimento, inoltre, viene esplicitamente fatta rilevare dalle Convenzioni internazionali addirittura nei casi di sottrazione del minore contro la volontà del genitore che ne ha l’affidamento, e a maggior ragione dunque pare debba essere presa in considerazione nei casi in cui vi è il consenso dei genitori.

 

3) La partecipazione del minore

Un altro aspetto procedurale molto importante è la partecipazione del minore al procedimento.

Andranno chiarite le modalità di tale partecipazione, ed in particolare le modalità con cui il minore deve essere sentito e le questioni connesse con la rappresentanza del minore stesso.

3.1) Le modalità con cui il minore deve essere sentito:

Numerose disposizioni stabiliscono chiaramente che il minore deve essere sentito nel corso del procedimento:

- all’art. 7, co. 2 " Salva l'applicazione delle misure previste dall'articolo 6, il Comitato dispone il rimpatrio assistito del minore presente non accompagnato, assicurando che questi sia stato previamente sentito, anche dagli enti interessati all'accoglienza, nel corso della procedura."

- all’art. 6, co. 2 "2. Al fine di garantire l'adeguata accoglienza del minore il Comitato puo' proporre al Dipartimento per gli affari sociali di stipulare convenzioni con amministrazioni pubbliche e organismi nazionali e internazionali che svolgono attivita' inerenti i minori non accompagnati in conformita' ai principi e agli obiettivi che garantiscono il superiore interesse del minore, la protezione contro ogni forma di discriminazione, il diritto del minore di essere ascoltato."

Andranno dunque chiarite una serie di questioni:

 

3.2) La rappresentanza del minore:

Perché il minore possa essere rappresentato nel corso del procedimento, è necessario che il Giudice Tutelare nomini un tutore.

Si dovrà quindi chiarire:

se dovrà essere sempre nominato un tutore, così come sembra prevedere la Convenzione di New York, art. 12 e come sostenuto nel già citato decreto della Corte d’Appello di Torino;

oppure se tale nomina debba avvenire solo "in caso di necessità" e solo eventualmente, così come stabilito dal Regolamento del Comitato per i minori stranieri, art. 3, co. 6 ("In caso di necessita', il Comitato comunica la situazione del minore al giudice tutelare competente, per l'eventuale nomina di un tutore provvisorio."); in questa seconda ipotesi, dovrà allora essere chiarito cosa si intenda con l’espressione "in caso di necessità".

 

 

 

4) Altre questioni processuali

La legge 64/94, art. 5 stabilisce, in merito al provvedimento di rimpatrio disposto dal Tribunale per i minorenni ai sensi della Convenzione de L’Aja del 1970, che il Tribunale per i minorenni decida con decreto in camera di consiglio, su ricorso del pubblico ministero, anche a seguito di richiesta dell’autorità centrale, cioè dell’Ufficio per la Giustizia Minorile del Ministero di Grazia e Giustizia (nel caso di richiesta di rimpatrio all’Italia da parte dello Stato estero); ovvero su ricorso degli interessati, sentito il pubblico ministero o su ricorso proposto d’ufficio dal pubblico ministero, con successiva trasmissione della decisione all’autorità centrale per i provvedimenti di competenza (nel caso di richiesta di rimpatrio da parte dell’Italia allo Stato estero).

Il dlgs. 113/99, il regolamento di attuazione del Testo Unico 286/98 e il Regolamento del Comitato per i minori stranieri, invece, non stabiliscono norme chiare sulle procedure con cui il Comitato dovrà disporre il provvedimento di rimpatrio.

Un aspetto importante che non viene chiarito è se il Comitato dovrà assumere le decisioni in seduta "plenaria", riunendosi, su convocazione del presidente, "almeno una volta ogni trimestre" (Regolamento del Comitato per i minori stranieri, art. 3).

La risposta pare dover essere positiva, in quanto non sembra potersi includere il rimpatrio tra gli interventi urgenti "a tutela della salute psico-fisica" che possono essere assunti dal presidente del Comitato o da un suo delegato. Se effettivamente le decisioni venissero prese "almeno una volta ogni trimestre", sembrerebbe discenderne una sostanziale impossibilità ad adottare decisioni in tempi rapidi.

La circolare del Ministero dell’Interno dell’ 8.7.1998 avente ad oggetto "minori albanesi non accompagnati" stabilisce che il Servizio Sociale Internazionale "comunichi direttamente il nullaosta al rimpatrio alla competente Prefettura o Questura (nonché ad eventuali altre amministrazioni) ed al Comitato, riportando nel testo la frase "…salvo diverso avviso di codesto Comitato tutela minori" che si riserva di esprimere parere contrario entro 48 ore dalla comunicazione. Pertanto attraverso la formula del "silenzio assenso", si viene a razionalizzare la procedura stessa. Un’identica procedura del soggiorno di un minore, può essere impiegata nei casi in cui, sulla base degli accertamenti esperiti, si ritenga opportuno formulare parere positivo alla regolarizzazione del soggiorno di un minore da comunicarsi alle amministrazioni interessate."

Questa disposizione, dunque, parrebbe indicare che il Comitato per i minori stranieri non si debba neanche riunire, e che decida invece con il meccanismo del "silenzio assenso". In questa ipotesi, la decisione sarebbe di fatto assunta da un organismo non governativo, non solo senza il controllo dell’Autorità Giudiziaria minorile, ma addirittura senza il controllo effettivo dell’Autorità Amministrativa preposta alla tutela dei minori stranieri: è evidente, infatti, che un organismo che si riunisce "almeno una volta ogni trimestre" non può decidere alcunchè nel giro di 48 ore dalla comunicazione.

E’ necessario chiarire se tale circolare, emanata prima dell’entrata in vigore del dlgs. 113/99, debba ritenersi ancora valida.

 

 

I rimedi di tutela giurisdizionale e amministrativa contro il provvedimento di rimpatrio

1) La legge 64/94 stabilisce che contro il decreto di rimpatrio disposto dal Tribunale per i minorenni ai sensi della Convenzione de L’Aja del 1970, è ammesso ricorso per cassazione.

Il dlgs. 113/99, il regolamento di attuazione del Testo Unico 286/98 e il Regolamento del Comitato per i minori stranieri, invece, non dettano alcuna disposizione circa i rimedi di tutela amministrativa e giurisdizionale contro il provvedimento di rimpatrio disposto dal Comitato per i minori stranieri.

Andrà chiarito quali siano tali rimedi e quali procedure dovranno essere seguite.

2) Perché il minore possa presentare ricorso contro il provvedimento di rimpatrio, è necessario che sia nominato un tutore che lo rappresenti.

3) Il rimpatrio ha effetti molto rilevanti sulla vita del minore e, ove non sia effettivamente rispondente all’interesse del minore, può provocare danni gravi e irreparabili: il ricorso, dunque, dovrebbe sospendere l’esecuzione del rimpatrio.

4) La decisione sul ricorso, infine, dovrebbe essere assunta in tempo molto rapidi in modo da non lasciare per lungo tempo il minore in una situazione di incertezza che nuocerebbe gravemente al suo sviluppo ed al suo benessere.

 

 

 

 

 

L’esecuzione del provvedimento di rimpatrio

Il Regolamento del Comitato per i minori stranieri stabilisce che il rimpatrio dovrà essere eseguito "in condizioni tali da assicurare costantemente il rispetto dei diritti garantiti al minore dalle convenzioni internazionali, dalla legge e dai provvedimenti dell'autorita' giudiziaria, e tali da assicurare il rispetto e l'integrita' delle condizioni psicologiche del minore, fino al riaffidamento alla famiglia o alle autorita' responsabili." (art. 7, co. 1).

Numerosi aspetti restano da chiarire:

1) Da quali organi viene eseguito il rimpatrio? Dalla Questura, dai servizi sociali locali, dal Servizio Sociale Internazionale, da altri organismi nazionali e internazionali con cui verranno eventualmente stipulate delle convenzioni?

Il regolamento del Comitato per i minori stranieri, art. 7, co.3 fa riferimento alle "amministrazioni statali cui è affidato il rimpatrio assistito", senza specificare ulteriormente .

Nelle indicazioni fornite dal Dipartimento Affari Sociali sul sito dell’Ancitel, il Servizio Sociale Internazionale è indicato come organismo competente ad eseguire il rimpatrio dei minori albanesi, in base alla Convenzione stipulata tra il SSI e il Dipartimento Affari Sociali.

Non è chiaro se questo tipo di convenzione verrà stipulato anche con altri organismi, ancorchè la previsione del Regolamento del Comitato per i minori stranieri, art. 2, co. 2 faccia riferimento solo alla funzione di individuazione dei familiari del minore nel Paese di origine e non anche all’esecuzione del rimpatrio.

2) L’esecuzione del rimpatrio contro la volontà del minore comporta necessariamente una privazione della libertà personale.

Quale controllo giurisdizionale è previsto su tale provvedimento limitativo della libertà personale del minore?

E' evidente, infatti, che ove non venga previsto un controllo giurisdizionale si rileverebbe un profilo di illegittimità costituzionale per violazione dell’art. 13 della Costituzione.

3) Se sarà necessario trattenere il minore in attesa dell’esecuzione del rimpatrio, come avverrà tale trattenimento? Tranne che nel caso di rimpatrio a seguito di respingimento, il trattenimento del minore in un Centro di Permanenza Temporanea e Assistenza in attesa dell’esecuzione del rimpatrio risulterebbe illegittimo in quanto i casi in cui il cittadino straniero può essere trattenuto sono previsti tassativamente dalla legge (cioè dal Testo Unico 286/98), e fanno riferimento ai soli provvedimenti di respingimento e di espulsione, mentre non viene fatto alcun riferimento ai provvedimenti di rimpatrio.

4) Nel periodo intercorrente tra l’adozione del provvedimento di rimpatrio e la sua esecuzione, la decisione sarà comunicata al minore e/o al tutore?

E’ necessario chiarire quale sia la responsabilità del tutore o degli adulti presso i quali il minore soggiorna e, in particolare, in che modo si esplichi il dovere di cooperare "con le amministrazioni statali cui è affidato il rimpatrio assistito" (Regolamento del Comitato per i minori stranieri, art. 7, co. 3 ).

5) Quale sarebbe lo status del minore che si sottraesse a un provvedimento di rimpatrio?

Tale circostanza avrebbe influenza nel caso in cui il minore volesse poi regolarizzare la propria posizione, tornando nel Paese d’origine e chiedendo un visto di ingresso regolare oppure nell’ambito di un’eventuale regolarizzazione?

 

 

 

 

 

Alcuni profili di illegittimità costituzionale dell’art. 5 del dlgs. 113

Da più parti sono stati sollevati dubbi sulla legittimità costituzionale dell’art. 5 del dlgs. 113/99, per violazione:

 

 

 

FONTI NORMATIVE relative a "La scelta tra accoglienza e rimpatrio, l’adozione del provvedimento di rimpatrio e la sua esecuzione"

 

Legge 184/83 (come modificata da l. 476/98)

art. 33, co. 5

5. Qualora sia comunque avvenuto l'ingresso di un minore nel territorio dello Stato al di fuori delle situazioni consentite, il pubblico ufficiale o l'ente autorizzato che ne ha notizia lo segnala al tribunale per i minorenni competente in relazione al luogo in cui il minore si trova. Il tribunale, adottato ogni opportuno provvedimento temporaneo nell'interesse del minore, provvede ai sensi dell'articolo 37-bis, qualora ne sussistano i presupposti, ovvero segnala la situazione alla Commissione affinché prenda contatto con il Paese di origine del minore e si proceda ai sensi dell'articolo 34.

 

 

Dlgs. 113/99

art. 5

1. All'articolo 33 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, approvato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, il comma 2 e' sostituito dal seguente:

" 2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro da lui delegato, sentiti i Ministri degli affari esteri, dell'interno e di grazia e giustizia, sono definiti i compiti del Comitato di cui al comma 1, concernenti la tutela dei diritti dei minori stranieri in conformita' alle previsioni della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176. In particolare sono stabilite:

[…]

b) le modalita' di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati presenti nel territorio dello Stato, nell'ambito delle attivita' dei servizi sociali degli enti locali e i compiti di impulso e di raccordo del Comitato di cui al comma 1 con le amministrazioni interessate ai fini dell'accoglienza, del rimpatrio assistito e del ricongiungimento del minore con la sua famiglia nel Paese d'origine o in un Paese terzo.".

2. All'articolo 33 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, approvato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286,dopo il comma 2 e' inserito il seguente:

"2-bis. Il provvedimento di rimpatrio del minore straniero non accompagnato per le finalita' di cui al comma 2, e' adottato dal Comitato di cui al comma 1. Nel caso risulti instaurato nei confronti dello stesso minore un procedimento giurisdizionale, l'autorita'giudiziaria rilascia il nulla osta, salvo che sussistano inderogabili esigenze processuali.".

 

 

Regolamento del Comitato per i minori stranieri

art. 1, co. 4

4. Per "rimpatrio assistito" si intende l'insieme delle misure adottate allo scopo di garantire al minore interessato l'assistenza necessaria fino al ricongiungimento coi propri familiari o al riaffidamento alle autorita' responsabili del Paese d'origine, in conformita' alle convenzioni internazionali, alla legge, alle disposizioni dell'autorita giudiziaria ed al presente regolamento. Il rimpatrio assistito deve essere finalizzato a garantire il diritto all'unita' familiare del minore e ad adottare le conseguenti misure di protezione.

art. 2, co. 2

2. Ai fini del comma 1, il Comitato: [...]

g) in base alle informazioni ottenute, puo' adottare, ai fini di protezione e di garanzia del diritto all'unita' familiare di cui all'articolo 1, comma 4, il provvedimento di cui all'articolo 7, di rimpatrio assistito dei minori presenti non accompagnati;

 

art. 3, co. 3-6

3. Il Comitato e' presieduto dal rappresentante designato dal Dipartimento per gli affari sociali e si riunisce, su convocazione del presidente, che redige l'ordine del giorno della riunione, in relazione a singole necessita' e almeno una volta ogni trimestre.

4. I compiti di segreteria e di supporto al Comitato sono svolti da personale in servizio presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari sociali.

5. In caso di urgenza, per situazioni in relazione alle quali sia improcrastinabile l'intervento a tutela della salute psicofisica del minore, i poteri del Comitato sono esercitabili dal presidente o da un componente da lui delegato, salva la ratifica da parte del Comitato nella prima riunione successiva all'esercizio dei poteri

medesimi. I provvedimenti non ratificati perdono efficacia dal momento in cui sono stati adottati.

6. In caso di necessita', il Comitato comunica la situazione del minore al giudice tutelare competente, per l'eventuale nomina di un tutore provvisorio.

art. 4, co. 1

Strumenti operativi

1. Il Dipartimento per gli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei Ministri puo' finanziare programmi finalizzati all'accoglienza ed al rimpatrio assistito dei minori presenti non accompagnati, proposti dal Comitato, nei limiti delle risorse preordinate allo scopo nell'ambito del Fondo di cui all'articolo 45 del testo unico e dell'articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394.

art. 7.

Rimpatrio assistito

1. Il rimpatrio deve svolgersi in condizioni tali da assicurare costantemente il rispetto dei diritti garantiti al minore dalle convenzioni internazionali, dalla legge e dai provvedimenti dell'autorita' giudiziaria, e tali da assicurare il rispetto e l'integrita' delle condizioni psicologiche del minore, fino al riaffidamento alla famiglia o alle autorita' responsabili.

Dell'avvenuto riaffidamento e' rilasciata apposita attestazione da trasmettere al Comitato.

2. Salva l'applicazione delle misure previste dall'articolo 6, il Comitato dispone il rimpatrio assistito del minore presente non accompagnato, assicurando che questi sia stato previamente sentito, anche dagli enti interessati all'accoglienza, nel corso della procedura.

3. Le amministrazioni locali competenti e i soggetti presso i quali il minore soggiorna cooperano con le amministrazioni statali cui e' affidato il rimpatrio assistito.

 

 

D.P.R. 492/99

art. 18:

"Sono fatte salve le competenze del Comitato per i minori stranieri di cui all'articolo 33 del decreto legislativo 25 luglio 1988, n. 286, come modificato dal decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 113, e del relativo decreto di attuazione, concernenti l'ingresso, il soggiorno, l'accoglienza e l'affidamento temporanei e il rimpatrio assistito dei minori accolti nell'ambito di programmi solidaristici, ovvero presenti per qualsiasi causa nel territorio dello Stato e privi di assistenza e di rappresentanza. La Commissione provvede a comunicare al Comitato per i minori stranieri i nominativi dei minori la cui presenza e' segnalata sul territorio dello Stato ai sensi dell'articolo 33, comma 5, della legge sull'adozione."

 

 

Circolare del Ministero dell'Interno 20.6.1998

oggetto: Presenze in Italia di minori non accompagnati di nazionalità albanese — Questioni connesse al rimpatrio

[…]

Relativamente poi alla questione nei suoi aspetti generali, appare doveroso ricordare che la presenza di tali minori deve essere prontamente segnalata dalle autorità responsabili affinché siano adottati i conseguenti provvedimenti sia ai sensi della l.40/98, sia dell’art.9, l.184/83, al fine dell’accertamento dell’eventuale stato di abbandono.

Comunque, a prescindere dall’effettiva esistenza di uno stato di abbandono e degli eventuali provvedimenti conseguenti a tale accertamento, di competenza del tribunale per i Minorenni, si raccomanda alle SS.LL che ogni singola posizione venga comunicata al Comitato per i minori stranieri, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri — dipartimento Affari Sociali, ai sensi dell’art.31, l.40/98, per i necessari contatti con le autorità albanesi, al fine di adottare le misure più opportune, secondo procedure già concordate.

Tali contatti, in base ad un Accordo intergovernativo, promosso nel 1997, dal Ministro per la Solidarietà Sociale con il Governo albanese, sono curati dal Servizio Sociale internazionale di Roma a cui è affidato il compito di promuovere tutte le possibili iniziative per il rimpatrio assistito e protetto dei richiamati minori, sempre previo favorevole avviso dell’autorità giudiziaria minorile.

Per motivi di uniforme trattazione delle richieste, si pregano le Prefetture che avessero già interessato il Comitato Minori o il Servizio Sociale Internazionale sui singoli casi, di rinnovare la segnalazione aggiungendo gli elementi informativi a disposizione.

 

 

Circolare Presidenza del Consiglio - Dipartimento per gli Affari Sociali - Comitato per la tutela dei minori stranieri 8.7.1998

oggetto: minori albanesi non accompagnati

In merito alle procedure relative al rilascio del nullaosta per il rimpatrio di minori albanesi, nell’ambito della convinzione stipulata tra codesto S.S.I. e questo Dipartimento, si ritiene opportuno che codesto S.S.I. comunichi direttamente il nullaosta al rimpatrio alla competente Prefettura o Questura (nonché ad eventuali altre amministrazioni) ed al Comitato, riportando nel testo la frase "…salvo diverso avviso di codesto Comitato tutela minori" che si riserva di esprimere parere contrario entro 48 ore dalla comunicazione.

Pertanto attraverso la formula del "silenzio assenso", si viene a razionalizzare la procedura stessa.

Un’identica procedura del soggiorno di un minore, può essere impiegata nei casi in cui, sulla base degli accertamenti esperiti, si ritenga opportuno formulare parere positivo alla regolarizzazione del soggiorno di un minore da comunicarsi alle amministrazioni interessate.

 

 

 

Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea 26.6.97

Articolo 5: Rimpatrio di minori non accompagnati

1. Qualora un minore non sia autorizzato a protrarre il suo soggiorno in uno Stato membro, quest'ultimo può rimpatriare il minore nel paese di origine o rinviarlo in un paese terzo disposto ad accettarlo soltanto se vi siano disponibili per lui, al suo arrivo, un'accoglienza e assistenza adeguate, a seconda delle sue esigenze in base all'età e al grado di indipendenza. Vi possono provvedere i genitori o altri adulti che si prendano cura del fanciullo, nonché organizzazioni governative e non governative.

2. Finché non sia possibile un rimpatrio a tali condizioni, gli Stati membri dovrebbero in linea di massima offrire al minore la possibilità di restare nel loro territorio.

3. Le autorità competenti degli Stati membri dovrebbero cooperare, in vista di un rimpatrio:

a) ai fini del ricongiungimento del minore non accompagnato con i suoi familiari nel paese di origine del minore o nel paese in cui essi si trovano;

b) con le autorità del paese di origine del minore o di un atro paese al fine di trovare una soluzione durevole adeguata;

c) con organizzazioni internazionali quali l'Unhcr e l'Unicef, già attive nell'opera di consulenza ai governi in materia di orientamenti per il trattamento dei minori non accompagnati, in particolare i richiedenti asilo;

d) se del caso, con le organizzazioni non governative per accertare la disponibilità di strutture ricettive e assistenziali nel paese in cui il minore sarà rimpatriato o rinviato.

4. In nessun caso si può procedere al rimpatrio del minore in un paese terzo se il rimpatrio è contrario alla convenzione relativa allo status dei rifugiati, alla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, alla convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti o alla convenzione sui diritti dei fanciulli, fatte salve eventuali riserve formulate dagli Stati membri all'atto della ratifica o ai relativi protocolli.

Codice Civile

art. 371

"[...] il giudice tutelare, su proposta del tutore e sentito il protutore, delibera: 1) sul luogo dove il minore deve essere allevato [...]"

 

 

Convenzione di New York

art. 12

1. Gli Stati Parti garantiscono al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa, le opinioni del fanciullo essendo debitamente prese in considerazione tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità.

2. A tal fine, si darà in particolare al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale.

 

 

Convenzione dell’Aja del 1970 sul rimpatrio

Art. 1. Au sens de la présente Convention I’expression:

a) " mineur " désigne toute personne qui n’a pas encore atteint la majorité d‘après la loi applicable selon les régles du droit international privé de I’Etat requérant et qui, d’après cette loi. n’a pas la capacité de fixer seule sa résidence.

b) "autorité parentale" désigne le droit de fixer la résidence du mineur, dont sont investies des personnes physiques ou morales par I’effet de la loi ou d’une décision judiciaire ou admnistrative ;

c) " rapatriement " d’un mineur désigne le transfèrement de celui-ci en application de la présente Convention, d’un Etat Contractant dans un autre État Contractant, que ce demier État soit ou non celui dont le mineur est ressortissant.

Art 2. 1. La présente Convention s’applique aux mineurs qui se trouvent sur le territoire d’un Etat Contractant et dont le rapatriement est demandé par un autre État Contractant pour l’une des raisons suivantes:

a) la présence du mineur sur le territoire de I’État requis est contraire a la volonté de la personne ou des personnes qui détiennent à son égard l’autorité parentale ;

b) la présence du mineur sur le territoire de I’État requis est incompatible avec une mesure de protection ou de rééducation prise à son égard par les autorités compétentes de I’État requérant:

c) la présence du mineur sur le territoire de I’État requérant est nécessaire en raison d‘une procédure visant à prendre a son égard des mesures de protection ou de rééducation

2. La présente Convention s’applique également au rapatriement des mineurs qui se trouvent sur le territoire d’un Etat Contractant lorsque cet État estime leur présence contraire à ses propres intérêts ou aux intérêts de ces mineurs et pour autant que sa législation lui permette dé les éloigner de son territoire.

Art. 3. Chaque État Contractant désigne une autorité centrale chargée de former, d’adresser et de recevoir les requêtes aux fins de rapatriement. Cette désignation est notifiée au Secrétaire Géneral du Conseil de I’Europe.

Art.4. 1.Toute demande visant à obtenir le rapatriement d’un mineur pour une des raisons prévues à I’article 2, paragraphe 1, est adressée à l’autorité centrale de I’Etat vers lequel le rapatriement est sollicité.

2. Si les autorités compétentes de cet État estiment la demande bien fondée et opportune, l’autorité centrale dudit Etat adresse à l’autorité centrale de l’Etat de séjour du mineur une requete aux fins de rapatriement.

Art.5. 1. Aucune décision sur une requete aux fins de rapatriement n’est prise avant que le mineur ait éte entendu personnellement, si ses facultés de discernement le permettent, par une autorité compétente de I’Etat requis.

2. En outre, cette autorité s’efforce de recueillir l’avis des personnes intéressées par ladite décision et, notamment, de celles qui detiennent l’autorité parentale ou qui, sur le territoire de I’Etat requis assurent en fait la garde du mineur. Cette consultation n’a lieu que dans la mesure où elle n’est pas de nature a porté préjudice aux intérets du mineur en raison des délais qu’elle peut nécessiter.

" L’Etat requis peut en outre, compte tenu de toutes les circonstances de l’affaire, rejeter la requête[...] si le rapatriement est considéré comme étant contraire à l’intérêt du mineur, notamment lorsque ce dernier a des liens familiaux ou sociaux effectifs dans cet Etat ou lorsque le rapatriement est incompatible avec une mesure de protection ou de rééducation prise dans ledit Etat. "

Art.10. Si la requête est accueillie, les autorités compétentes de I’État requérant et celles de I‘Etat requis fixent, d’un commun accord et dans les meilleurs délais, les modalités de rapatriement.

Art.11 L’État requis peut prendre les mesures provisoires nécessaires en vue du rapatriement et, notamment, placer le mineur dans une institution de protection de la jeunesse. Il peut mettre fin à tout moment à ces mesures qui cessent, en tout cas. à I’expiration d’un délai de 30 jours si la requête n’a pas été accueillie. Ces mesures provisoires sont régies par le droit interne de I’Etat requis.

Art. 12. En cas d’urgence, l’autorité centrale de I’État requérant peut demander que les mesures provisoires visées à I’article 1 soient prises avant même la réception, par 1’Etat requis, de la requête aux fins de rapatriement. Ces mesures cessent si cette dernière requête n’a pas été reçue dans les dix jours.

Art. 14. 1. Dans les cas prévus à l’article 2, paragraphe 2, I’État de séjour du mineur peut demander à un autre Etat Contractant d’accepter le rapatriement de ce mineur selon les dispositions suivantes:

a) lorsque la personne ou les personnes qui détiennent l’autorité parentale se trouvent dans un autre Etat Contractant, la requête est adressée à cet Etat:

b) lorsque la personne ou les personnes qui détiennent I’autorité parentale se trouvent dans un Etat non Contractant, la requête est adressée à I’Etat Contractant où le mineur a sa résidence habituelle;

c) lorsque l’État où se trouvent la personne ou les personnes qui détiennent l’autorité parentale n’est pas connu ou lorsque personne ne détient cette autorité, la requête est adressée à i’État Contractant où le mineur a sa résidence habituelle ou, si le rapatriement vers cet État est refusé ou ne peut avoir lieu, à I’État Contractant dont le mineur est ressortissant.

2. Les dispositions du paragraphe 1 n’affectent pas les pouvoirs que les États Contractants tiennent de leur propre législation relative aux étrangers.

Art. 15. 1. Si l’État requis accepte de recevoir le mineur, les autorités compétentes de I’Etat requérant et de I’Etat requis fixent, d’un commun accord et dans les meilleurs délais, les modalités du rapatriement.

2. La requête aux fins de rapatriement peut etre accompagnée d’une demande tendant à ce que soit prise toute mesure appropriée en raison de la con-duite ou de la situation du mineur dans I’État requérant. Elle peut mentionner en outre toutes conditions auxquelles le rapatriement serait subordonné.

Art. 16. 1. Toute requête aux fins de rapatriement est formulée par écrit et indique notamment:

a) l’autorité centrale dont elle émane;

b) l’identité et la nationalité du mineur dont le rapatriement est demandé ainsi que, les cas échéant, son lieu de résidence dans 1’Etat requis;

c) les raisons invoquées à l’appui de la requête;

d) le cas échéant, l’autorité ou la personne qui a présenté la demande de rapatriement et la nature de ses rapports juridiques avec le mineur.

2. Dans le cas visé à l’article 2, paragraphe 1. la requête est accompagnée, s‘il y a lieu de l’original ou d’une copie authentique, soit du titre justificatif de l‘autorité parentale à moins que tette autorité ne découle directement de la loi, soit de la décision ordonnant une mesure de protection ou de rééducation à l’égard du mineur. soit des documents faisant apparaître la nécessité de la comparution du mineur dans la procédure en cours dans I’Etat requérant ainsi que les buts de cette procédure.

3. Si I’État requis estime que les renseignements fournis par I’État requérant sont insuffisants pour lui permettre de statuer sur la requête, il demande les informations complémentaires qui lui sont nécessaires. Il peut fixer un délai pour l’obtention de ces informations.

Art. 21. Les communications entre autorités centrales relatives à l’application de la présente Convention peuvent être transmises par l’intermediaire de l’Organisation internationale de Police criminelle (Interpol).

Legge 64/94

Art. 3.

1. Il Ministero di grazia e giustizia, Ufficio per la giustizia minorile, è autorità centrale ai sensi e per gli effetti dell'articolo 3 della convenzione de L'Aja del 28 maggio 1970 sul rimpatrio dei minori, dell'articolo 2 della convenzione europea di Lussemburgo del 20 maggio 1980 sul riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia di affidamento dei minori e di ristabilimento dell'affidamento, nonché dell'articolo 6 della convenzione de L'Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori.

[…]

Art. 5

1. Le decisioni sulle richieste di rimpatrio di minori dal territorio dello Stato, avanzate dalle autorità straniere, ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1, e dell'articolo 4 della convenzione de L'Aja del 28 maggio 1970, sono adottate dal tribunale per i minorenni del luogo dove il minore risiede.

[...]

4. Le richieste di rimpatrio di minori verso uno Stato contraente ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 2, e dell'articolo 14 della convenzione de L'Aja del 28 maggio 1970, sono di competenza del tribunale per i minorenni del luogo ove il minore risiede.

5. Nei casi di cui ai commi 1 e 2 il tribunale per i minorenni decide con decreto in camera di consiglio, su ricorso del pubblico ministero, anche a seguito di richiesta dell'autorità centrale.

6. Nei casi di cui ai commi 3 e 4 il tribunale per i minorenni decide con decreto in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero e su ricorso degli interessati. Il ricorso può essere proposto d'ufficio dal pubblico ministero. La decisione è trasmessa all'autorità centrale per i provvedimenti di competenza.

7. Contro il decreto del tribunale per i minorenni è ammesso ricorso per cassazione.

 

 

 

 

 

 

IL PERMESSO DI SOGGIORNO

 

La normativa che disciplina le questioni relative al permesso di soggiorno (il tipo di permesso di soggiorno rilasciabile ai minori a seconda dei diversi status, i diritti connessi ai diversi tipi di permesso di soggiorno, il rinnovo del permesso di soggiorno al compimento della maggiore età ecc.) è estremamente frammentata, lacunosa e confusa.

Particolarmente lacunosa è la normativa riguardante il permesso di soggiorno per minore età, previsto dal regolamento di attuazione del T.U. 286/98, che sembrava dover risolvere tutti i problemi relativi al soggiorno dei minori e ai diritti connessi, rendendo quindi non necessario né opportuno l’intervento suppletivo dell’Autorità Giudiziaria minorile: non sono assolutamente chiari, infatti, i requisiti per ottenere il permesso di soggiorno per minore età, nè i diritti ad esso connessi, la sua durata, le possibilità di rinnovo al compimento della maggiore età.

Altra questione particolarmente problematica che cercheremo di analizzare è poi quella dei minori affidati a parenti entro il quarto grado.

 

La tipologia dei permessi di soggiorno e i requisiti per il rilascio

1) La tipologia dei permessi di soggiorno

In base alle disposizioni del T.U. 286/98, del relativo regolamento di attuazione, e di alcune circolari ministeriali, i titoli di soggiorno che possono essere rilasciati al minore non accompagnato dai genitori sono:

1) Permesso di soggiorno per motivi di giustizia:

In base alla circolare del Ministero dell’Interno n. 32 del 20.7.1993, il permesso di soggiorno per motivi di giustizia viene rilasciato a seguito del provvedimento di protezione adottato dall’Autorità Giudiziaria minorile competente (Tribunale per i minorenni o Giudice Tutelare) nei confronti del minore in stato di abbandono.

Nella suddetta circolare viene fatto riferimento all’art. 4, co. 13 della legge 39/90, in base a cui "Per gli stranieri minori di anni diciotto, ospitati in istituti di istruzione, il permesso di soggiorno può essere richiesto alla questura competente da chi possiede gli istituti, ovvero dai loro tutori".
Tale disposizione è stata abrogata dalla legge 40/98, ma una disposizione in parte analoga è stata reintrodotta nel regolamento di attuazione del T.U. 286/98, D.P.R. 394/99, art. 10, co. 4: "Per i soggiorni da trascorrersi presso convivenze civili o religiose, presso ospedali o altri luoghi di cura, la richiesta del permesso di soggiorno può essere presentata in questura dall’esercente della struttura ricettiva o da chi presiede le case, gli ospedali, gli istituti o le comunità in cui lo straniero è ospitato [...]".

 

2) Permesso di soggiorno per motivi familiari:

A) Il T.U. 286/98, art. 31 stabilisce che "1. Il figlio minore dello straniero con questi convivente e regolarmente soggiornante e' iscritto nel permesso di soggiorno o nella carta di soggiorno di uno o di entrambi i genitori fino al compimento del quattordicesimo anno di eta' e segue la condizione giuridica del genitore con il quale convive, ovvero la piu' favorevole tra quelle dei genitori con cui convive. Fino al medesimo limite di eta' il minore che risulta affidato ai sensi dell'articolo 4 della legge 4 maggio 1983, n. 184, e' iscritto nel permesso di soggiorno o nella carta di soggiorno dello straniero al quale e' affidato e segue la condizione giuridica di quest'ultimo, se piu' favorevole. L'assenza occasionale e temporanea dal territorio dello Stato non esclude il requisito della convivenza e il rinnovo dell'iscrizione.

2. Al compimento del quattordicesimo anno di eta' al minore iscritto nel permesso di soggiorno o nella carta di soggiorno del genitore ovvero dello straniero affidatario e' rilasciato un permesso di soggiorno per motivi familiari valido fino al compimento della maggiore eta', ovvero una carta di soggiorno."

B) Il T.U. 286/98, art. 29 stabilisce che "1. Lo straniero puo' chiedere il ricongiungimento per i seguenti familiari: a) coniuge non legalmente separato; b) figli minori a carico, anche del coniuge o nati fuori del matrimonio, non coniugati ovvero legalmente separati, a condizione che l'altro genitore, qualora esistente, abbia dato il suo consenso; c) genitori a carico; d) parenti entro il terzo grado, a carico, inabili al lavoro secondo la legislazione italiana.

2. Ai fini del ricongiungimento si considerano minori i figli di eta' inferiore a 18 anni. I minori adottati o affidati o sottoposti a tutela sono equiparati ai figli".

In base al primo comma dell’art. 29, quindi, sembrerebbe che il minore possa ricongiungersi solo con i genitori, e non invece con altri parenti (fratelli, zii, cugini ecc.) : di conseguenza il minore non accompagnato dai genitori non potrebbe usufruire del ricongiungimento e ricevere il permesso di soggiorno per motivi familiari a seguito di ricongiungimento.

Il secondo comma, però, equipara i minori affidati o sottoposti a tutela ai figli, ai fini del ricongiungimento: vengono così ampliate le possibilità di ricongiungimento e di rilascio del relativo permesso di soggiorno per motivi familiari.

In particolare, sembra potersi affermare con certezza l’applicabilità dell’art. 29 al minore affidato a parente o sottoposto a tutela in base a un provvedimento di affidamento o tutela emesso dalla competente autorità del Paese d’origine, in quanto tale provvedimento può essere automaticamente riconosciuto. La legge 218/95, infatti, stabilisce all’art. 66 che i provvedimenti stranieri di volontaria giurisdizione sono riconosciuti senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento, quando sono pronunciati dalle autorità dello Stato la cui legge è richiamata dalle disposizioni della stessa legge 218/95 o sono pronunciati da un’autorità che sia competente in base a criteri corrispondenti a quelli propri dell’ordinamento italiano, e purchè non siano contrari all’ordine pubblico.

Anche rispetto ai minori affidati di fatto a parenti entro il quarto grado, sembra potersi applicare l’art. 29, comprendendo nel concetto di "affidato" anche gli affidamenti di fatto.

Per quanto riguarda invece i minori sottoposti a tutela in base a un provvedimento dell’Autorità Giudiziaria italiana, ove il tutore non sia parente ci sembra che l’applicazione di questa disposizione sia più discutibile anche se comunque non esclusa dalla lettera dell’art. 29.

C) Il regolamento di attuazione D.P.R. 394/99, art. 28 stabilisce infine che "1. Quando la legge dispone il divieto di espulsione, il questore rilascia il permesso di soggiorno [...] per motivi familiari, nei confronti degli stranieri che si trovano nelle documentate circostanze di cui all’articolo 19, comma 2, lettera c) del testo unico [cioè gli stranieri conviventi con parenti entro il quarto grado di nazionalità italiana]".

Þ In sintesi, dunque, il permesso per motivi familiari può essere rilasciato al minore:

  1. affidato a cittadino straniero ex art. 4 della legge 184/83 (T.U., art. 31);
  2. affidato o sottoposto a tutela e ricongiunto con l’affidatario o tutore (T.U., art. 29);
  3. convivente con cittadino italiano parente entro il quarto grado (regolamento, art. 28).

 

 

3) Permesso di soggiorno per affidamento:

Il T.U. 286/98 indica il permesso di soggiorno per affidamento all’art. 34 (relativo all’iscrizione obbligatoria al Servizio Sanitario Nazionale), ma non è chiaro quali siano i presupposti per il rilascio di tale permesso di soggiorno.

 

4) Permesso di soggiorno per minore età:

Il regolamento di attuazione D.P.R. 394/99, art. 28 stabilisce che: "1. Quando la legge dispone il divieto di espulsione, il questore rilascia il permesso di soggiorno: a) per minore età, salvo l’iscrizione del minore degli anni quattordici nel permesso di soggiorno del genitore o dell’affidatario stranieri regolarmente soggiornanti in Italia. Se si tratta di minore abbandonato, è immediatamente informato il Tribunale per i minorenni per i provvedimenti di competenza".

La circolare del Ministero dell'Interno 23.12.1999 prevede che "In particolare, viene previsto, per i minori inespellibili di età superiore ai 14 anni, il rilascio del permesso di soggiorno per "minore età". Al riguardo, si chiarisce che tale titolo di soggiorno verrà rilasciato solo in via residuale e qualora si verifichino situazioni non riconducibili ad altre tipologie di soggiorno già previste dalla normativa in vigore (es. motivi familiari, adozione, affidamento)".

 

5) Permesso di soggiorno per protezione sociale:

Il T.U. 286/98, art. 18, co. 6 stabilisce che può essere rilasciato (all’atto delle dimissioni dall’istituto di pena) un permesso di soggiorno per protezione sociale allo straniero che ha terminato l’espiazione di una pena detentiva inflitta per reati commessi durante la minore età, e ha dato prova concreta di partecipazione a un programma di assistenza e integrazione sociale.

 

6) Carta di soggiorno

La carta di soggiorno viene rilasciata al minore:

 

 

 

2) La relazione tra il permesso di soggiorno e lo status del minore

Cerchiamo ora di analizzare quale tipo di permesso di soggiorno debba essere rilasciato al minore, distinguendo tra diverse condizioni giuridiche del minore stesso, a seconda cioè:

 

1) Minore in tutela a un istituto di assistenza o a una comunità di tipo familiare (senza affidamento ex l. 184/83)

Il Testo Unico non stabilisce esplicitamente quale permesso di soggiorno debba essere rilasciato al minore in tutela a un istituto di assistenza o a una comunità di tipo familiare.

In base alla circolare del Ministero dell’Interno n. 32 del 20.7.1993, al minore nei cui confronti l’Autorità Giudiziaria minorile competente ha disposto la tutela viene rilasciato il permesso di soggiorno per motivi di giustizia.

Ove non si ritenga più applicabile tale circolare, il minore ha comunque diritto al permesso di soggiorno per minore età in base al regolamento di attuazione, art. 28.

 

 

2) Minore in tutela a cittadino italiano o straniero (senza affidamento ex l. 184/83)

Ove si applichi l'art. 29 del T.U. 286/98, in base a cui il minore sottoposto a tutela è equiparato al figlio ai fini del ricongiungimento familiare, si dovrà distinguere tra due situazioni, a seconda che il tutore sia:

a) cittadino straniero: in base all'art. 31 del T.U. 286/98, il minore

- infraquattordicenne: viene iscritto sul permesso di soggiorno o carta di soggiorno del tutore (in analogia al genitore);

- ultraquattordicenne: ottiene il permesso di soggiorno per motivi familiari o la carta di soggiorno.

b) cittadino italiano: in base all'art. 30, co. 4 del T.U. 286/98, il minore ottiene la carta di soggiorno.

Ove invece non si applichi l'art. 29 del T.U. 286/98, al minore viene rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di giustizia o, in ultima istanza, un permesso per minore età.

 

3) Minore affidato ex art. 4 l. 184/83 a cittadino straniero

Il Testo Unico, art. 31 stabilisce che il minore affidato ex art. 4 l. 184/83 a cittadino straniero regolarmente soggiornante e convivente, se

- infraquattordicenne: viene iscritto sul permesso di soggiorno o carta di soggiorno dell’affidatario;

- ultraquattordicenne: ottiene il permesso di soggiorno per motivi familiari o la carta di soggiorno.

 

4) Minore affidato ex art. 4 l. 184/83 a cittadino italiano

Ove si applichi l'art. 29 del T.U. 286/98, in base a cui il minore affidato è equiparato al figlio ai fini del ricongiungimento familiare, il minore riceverebbe la carta di soggiorno (in base all’art. 30, co. 4 del T.U.).

Ove invece non si applichi l'art. 29 del T.U. 286/98, si rileva una lacuna in merito a questa situazione, in quanto l'art. 31 fa riferimento solo al cittadino straniero affidatario, non prevedendo alcunché per il caso di cittadino italiano affidatario.

Tuttavia, non essendo ragionevole una disparità di trattamento in senso sfavorevole nel caso in cui l’affidatario sia di nazionalità italiana, è da ritenersi che anche in questi casi verrà rilasciato un permesso di soggiorno per motivi familiari, in analogia a quanto previsto nel caso di affidatario straniero.

In ultima istanza, il minore ha comunque diritto al permesso di soggiorno per minore età in base al regolamento di attuazione, art. 28.

 

5) Minore affidato ex art. 4 l. 184/83 a comunità familiare o ricoverato presso un istituto di assistenza

Il Testo Unico 286/98 presenta una lacuna in merito a questa situazione, in quanto l'art. 31 fa riferimento solo al cittadino straniero affidatario, non prevedendo alcunché per il caso di affidamento a comunità familiare o ricoverato presso un istituto di assistenza.

Tuttavia, come nel caso precedente, non essendo ragionevole tale disparità di trattamento, è da ritenersi che anche in questi casi verrà rilasciato un permesso di soggiorno per motivi familiari, ovvero per motivi di affidamento ovvero, in analogia a quanto disposto per i minori sottoposti a tutela, un permesso di soggiorno per motivi di giustizia.

In ultima istanza, il minore ha comunque diritto al permesso di soggiorno per minore età in base al regolamento di attuazione, art. 28.

 

6) Minore affidato di fatto a cittadino straniero parente entro il quarto grado (senza affidamento ex l. 184/83)

Ove si applichi l'art. 29 del T.U. 286/98, in base a cui il minore affidato è equiparato al figlio ai fini del ricongiungimento familiare (includendo quindi nella definizione di minore affidato anche l’affidamento di fatto a parente entro il quarto grado), il minore

- infraquattordicenne: viene iscritto sul permesso di soggiorno o carta di soggiorno dell’affidatario;

- ultraquattordicenne: ottiene il permesso di soggiorno per motivi familiari o la carta di soggiorno.

Ove invece non si applichi l'art. 29 del T.U. 286/98, si rileva una lacuna in merito a questa situazione, in quanto l’art. 31 prevede il rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari solo ai minori affidati con provvedimento formale ex art. 4 l. 184/83 e non anche ai minori affidati di fatto entro il gruppo parentale.

In ultima istanza, il minore ha comunque diritto al permesso di soggiorno per minore età in base al regolamento di attuazione, art. 28.

 

7) Minore affidato di fatto a italiano parente entro il quarto grado convivente (senza affidamento ex l. 184/83)

Ove si applichi l'art. 29 del T.U. 286/98, in base a cui il minore affidato è equiparato al figlio ai fini del ricongiungimento familiare (includendo quindi nella definizione di minore affidato anche l’affidamento di fatto a parente entro il quarto grado), il minore riceverebbe la carta di soggiorno (in base all’art. 30, co. 4).

Ove invece non si applichi l'art. 29 del T.U. 286/98, il regolamento di attuazione, art. 28 stabilisce che al cittadino straniero convivente con parente entro il quarto grado di nazionalità italiana viene rilasciato il permesso di soggiorno per motivi familiari.

 

8) Minore non sottoposto a tutela né affidato, in attesa che venga assunta la decisione tra accoglienza e rimpatrio

Dovrà essere chiarito se, in attesa che il Comitato per i minori stranieri e/o il Tribunale per i minorenni decida se sia nell’interesse del minore restare in Italia o essere rimpatriato, il minore riceverà un permesso di soggiorno temporaneo, e quale tipo di permesso.

 

 

 

 

La durata del permesso di soggiorno

1) La durata varia a seconda del tipo di permesso di soggiorno e non per tutti i tipi di permesso è chiaramente stabilita:

1. Permesso di soggiorno per motivi di giustizia: in genere ha durata annuale.

2. Permesso di soggiorno per motivi familiari: ha la stessa durata del permesso di soggiorno del familiare straniero in possesso dei requisiti per il ricongiungimento (T.U. 286/98, art. 30, co. 3).

3. Permesso di soggiorno per affidamento: il T.U. 286/98 e il regolamento di attuazione non stabiliscono la durata del permesso di soggiorno per affidamento.

4. Permesso di soggiorno per minore età: il regolamento di attuazione non stabilise la durata del permesso di soggiorno per minore età.

5. Permesso di soggiorno per protezione sociale: ha la durata di sei mesi e può essere rinnovato per un anno, o per il maggior periodo occorrente per motivi di giustizia; qualora, alla scadenza del permesso di soggiorno l’interessato risulti avere in corso un rapporto di lavoro, il permesso può essere ulteriormente prorogato o rinnovato per la durata del rapporto medesimo o, se questo è a tempo indeterminato, con le modalità stabilite per tale motivo di soggiorno; qualora il titolare sia iscritto a un corso regolare di studi, il permesso può essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di studio (T.U. art. 18, co. 4 e 5).

 

2) Il Regolamento del Comitato per i minori stranieri, art. 9 stabilisce che "1. La durata totale del soggiorno di ciascun minore non puo' superare i novanta giorni, continuativi o frutto della somma di piu' periodi, riferiti alle permanenze effettive nell'anno solare. Il Comitato puo' proporre alle autorita' competenti l'eventuale estensione della durata del soggiorno fino ad un massimo di centocinquanta giorni, con riferimento a progetti che comprendano periodi di attivita' scolastica o in relazione a casi di forza maggiore. L'eventuale estensione della durata della permanenza e' comunicata alla questura competente ai fini dell'eventuale rinnovo o della proroga del permesso di soggiorno per gli accompagnatori e per i minori ultraquattordicenni."

Tale disposizione sembra riferirsi unicamente ai minori accolti nell’ambito di programmi solidaristici di accoglienza temporanea e non ai minori presenti non accompagnati. Tuttavia, poiché tale limitazione non è esplicitata, restano margini di ambiguità.

 

 

 

 

Il rinnovo del permesso di soggiorno al compimento della maggiore età

Un problema fondamentale è rappresentato dalla possibilità di rinnovare (o - più correttamente -di convertire) il permesso di soggiorno dopo il compimento dei 18 anni.

Facendo riferimento al T.U. 286/98 e ad alcune circolari, proviamo ad analizzare la possibilità di conversione prevista per i diversi tipi di permesso di soggiorno.

1) Il permesso di soggiorno per motivi di giustizia al compimento della maggiore età può essere convertito in permesso per motivi di lavoro o per iscrizione al collocamento, in base a quanto disposto dalla circolare del Ministero dell’Interno 23.9.95, n. 29.

2) Il permesso di soggiorno per motivi familiari rilasciato a minore affidato a cittadino straniero ex art. 4 l. 184/83 e il permesso di soggiorno rilasciato a minore comunque affidato ex art. 2 l. 184/83 (quindi anche al minore affidato a cittadino italiano, o a comunità familiare, o ricoverato presso un istituto di assistenza) al compimento della maggiore età può essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di studio, di accesso al lavoro (prescindendo dal possesso dei requisiti di cui all’art. 23), di lavoro subordinato o autonomo, per esigenze sanitarie o di cura (Testo Unico 286/98, art. 32).

3) Il permesso di soggiorno per motivi familiari rilasciato al minore sottoposto a tutela o affidato, ove si applichi l’art. 29 del T.U., al compimento della maggiore età può essere convertito in permesso di soggiorno per lavoro subordinato, per lavoro autonomo o per studio (T.U. 286/98, art. 30, co. 5).

4) Il permesso di soggiorno per motivi familiari rilasciato al minore affidato di fatto a italiano parente entro il quarto grado convivente al compimento della maggiore età può essere convertito secondo le modalità previste dall’art. 32 o dall’art. 30, co. 5 del T.U. 286/98 (v. sopra).

5) Il permesso di soggiorno per affidamento:

Il Testo Unico non disciplina esplicitamente la conversione del permesso di soggiorno per affidamento al compimento della maggiore età.

Se il permesso di soggiorno per affidamento viene rilasciato al minore "comunque affidato ex art. 2 l. 184/83", il suo rinnovo viene regolato dall’art. 32 del T.U. 286/98 (v. sopra).

6) Il permesso di soggiorno per minore età:

Il regolamento di attuazione non stabilisce se e come possa essere rinnovato il permesso di soggiorno per minore età.

 

 

 

 

 

I diritti connessi ai diversi tipi di permessi di soggiorno

Analizziamo sinteticamente i diritti connessi ai diversi tipi di permesso di soggiorno (e in particolare il diritto alla salute e il diritto di lavorare), secondo quanto disposto dal T.U 286/98, dal regolamento di attuazione D.P.R. 394/99 e dalle circolari ministeriali.

1) Permesso di soggiorno per motivi di giustizia:

1. diritto alla salute: in base al T.U. 286/98, art. 34 ed alla circolare del Ministero della Sanità 24.3.2000

2. diritto di lavorare: il permesso di soggiorno per motivi di giustizia consente l’avviamento al lavoro mediante una speciale procedura (circolare del Ministero del Lavoro 16.6.1994, n. 67), e, al compimento della maggiore età, l’iscrizione al collocamento e l’avviamento secondo le procedure ordinarie (circolare del Ministero del Lavoro 19.9.95).

2) Permesso di soggiorno per motivi familiari:

1. diritto alla salute: il T.U. 286/98, art. 34 stabilisce l’iscrizione obbligatoria al SSN;

2. diritto di lavorare: il T.U. 286/98, art. 6, co. 1 stabilisce che il permesso di soggiorno per motivi familiari consente di lavorare.

3) Permesso di soggiorno per affidamento:

1. diritto alla salute: il T.U. 286/98, art. 34 stabilisce l’iscrizione obbligatoria al SSN;

2. diritto di lavorare: non è chiaro se il permesso di soggiorno per affidamento sia equiparato al permesso di soggiorno per motivi familiare dal punto di vista del diritto di lavorare.

4) Permesso di soggiorno per minore età:

1. diritto alla salute: il T.U. 286/98, art. 34 stabilisce l’iscrizione obbligatoria al SSN per i titolari di permesso di soggiorno "per asilo umanitario"; la circolare del Ministero della Sanità 24.3.2000 comprende in questa categoria anche i minori di anni diciotto per i quali vige il divieto di espulsione e respingimento in base al T.U. 286/98, art. 19, co. 2 cioè quei minori ai quali deve essere rilasciato il permesso di soggiorno per minore età in base al regolamento di attuazione;

2. diritto di lavorare: non è chiaro se il minore titolare di permesso di soggiorno per minore età possa lavorare.

5) Permesso di soggiorno per protezione sociale:

1. diritto alla salute: il T.U. 286/98, art. 34 stabilisce l’iscrizione obbligatoria al SSN per i titolari di permesso di soggiorno "per asilo umanitario"; la circolare del Ministero della Sanità 24.3.2000 comprende in questa categoria anche i titolari di permesso di soggiorno per protezione sociale;

2. diritto di lavorare: il T.U. art. 18, co. 5 stabilisce che il permesso per protezione sociale consente di lavorare.

 

 

 

Le procedure per la richiesta del permesso di soggiorno

1) La rappresentanza del minore

Tranne nel caso del minore infraquattordicenne iscritto sul permesso di soggiorno dello straniero affidatario ex art. 4 della legge 184/83, il minore avrà un permesso di soggiorno autonomo.

In tal caso, la richiesta di permesso di soggiorno può essere presentata direttamente dal minore?

O dovrà essere nominato un tutore perché il minore possa essere rappresentato nella richiesta del permesso di soggiorno?

O, ancora, si prevederà un limite di età (ad es. 15 anni, in analogia a quanto disposto per la richiesta della carta di identità) prima del quale sarà necessario un tutore, e oltre il quale il minore potrà presentare direttamente la richiesta di permesso di soggiorno?

 

2) I documenti

Dovrà essere chiarito quali documenti è necessario presentare per ottenere i diversi tipi di permesso di soggiorno.

Il regolamento di attuazione D.P.R. 394/99, art. 9, co. 6 stabilisce esplicitamente che per il rilascio del permesso di soggiorno per protezione sociale non è necessario il possesso del passaporto.

Un’analoga previsione pare dovrebbe valere anche per i permessi di soggiorno rilasciati ex art. 28 del regolamento di attuazione ai cittadini stranieri inespellibili, cioè il permesso di soggiorno per minore età e il permesso di soggiorno per motivi familiari rilasciato allo straniero convivente con parente entro il quarto grado di nazionalità italiana.

Infine, nel caso di documenti che devono essere legalizzati dalle Rappresentanza Diplomatico-Consolari italiane nel Paese d’origine, è necessario chiarire se vi siano ostacoli procedurali a tale legalizzazione, dato che in diversi casi le Ambasciate e Consolati si sono rifiutati di legalizzare tali documenti.

 

 

3) I tempi

Dovrà essere chiarito se vi è un limite di età precedente il compimento dei 18 anni, al di là del quale il permesso di soggiorno non può più essere rilasciato al minore.

La legge non stabilisce tale limite e sembra quindi illegittimo che esso venga posto dalle Questure.

Si deve inoltre considerare che, se la richiesta di permesso di soggiorno viene presentata in prossimità del compimento dei 18 anni, ciò assai spesso dipende dalla lentezza di altre procedure, ad esempio per l’apertura della tutela o per la legalizzazione dei documenti da parte delle Rappresentanze Diplomatico-Consolari italiane nel Paese d’origine.

In tali casi sembrerebbe più opportuno considerare la data di inizio del procedimento (negli esempi appena citati la data di segnalazione al Giudice Tutelare per l’apertura della tutela o la data in cui è stata presentata la domanda di permesso di soggiorno incompleta dei documenti da legalizzare).

 

 

Il permesso di soggiorno per minore età

 

Numerosi aspetti relativi al permesso di soggiorno per minore età restano da chiarire:

1) I requisiti necessari per il rilascio del permesso per minore età.

In particolare si dovrà chiarire se per il rilascio del permesso di soggiorno per minore età è necessario:

Il permesso di soggiorno per minore età, in base alla formulazione dell’art. 28 ed alla circolare del Ministero dell’Interno del 23.12.1999 precedentemente citata, è finalizzato a fornire un titolo di soggiorno nei casi in cui non sia possibile rilasciare alcun altro permesso di soggiorno, in modo da non lasciare il minore in una condizione di irregolarità che, in quanto tale, può essere considerato come causa di pregiudizio.

Di conseguenza, sembrerebbe che i requisiti debbano essere minimi e che quindi ad ogni minore non titolare di altro tipo di permesso andrebbe rilasciato il permesso di soggiorno per minore età, a prescindere da altri procedimenti eventualmente in corso e dalla documentazione in suo possesso.

Non è chiaro, invece, per quale ragione la circolare del Ministero dell’Interno del 23.12.1999 limiti la possibilità di rilascio di tale permesso per minore età agli utraquattordicenni.

2) La durata del permesso per minore età: non è specificata dal regolamento di attuazione.

3) Se e a quali condizioni il permesso per minore età possa essere rinnovato al compimento della maggiore età: sembra ragionevole che si stabilisca tale possibilità di rinnovo, in analogia a quanto previsto dal Testo Unico 286/98 per il permesso di soggiorno per i minori affidati ex art. 4 o 2 della legge 184/83 e dalla circolare del Ministero dell’Interno 23.9.95, n. 29 per il permesso per motivi di giustizia.

4) I diritti connessi al permesso di soggiorno per minore età: in particolare dovrà essere chiarito se tale permesso consenta di lavorare. Anche qui, sembra ragionevole che i titolari di permesso di soggiorno per minore età possano lavorare, in analogia a quanto disposto per i minori titolari di permesso di soggiorno per motivi di giustizia.

 

 

 

 

I minori affidati a parenti entro il quarto grado

Riprendiamo qui la questione dei minori affidati a parenti entro il quarto grado, questione che risulta particolarmente incerta e problematica.

1) Come abbiamo già visto, il T.U. 286/98, art. 29 co. 2 prevede che "Ai fini del ricongiungimento si considerano minori i figli di età inferiore a 18 anni. I minori adottati o affidati o sottoposti a tutela sono equiparati ai figli".

Nella definizione di "minori affidati" sembrano doversi ricomprendere non solo i minori affidati con un provvedimento di un’autorità (italiana o straniera), ma anche i minori affidati di fatto a parenti entro il quarto grado.

Questa interpretazione deriva non solo dalla lettera dell’art. 29 (che, equiparando il minore affidato al figlio ai fini del ricongiungimento sembra doversi applicare ancor più correttamente al minore affidato a parente che non a quello affidato a persona diversa dal parente entro il quarto grado) ma anche "per differenza" rispetto agli artt. 31 e 32 che invece specificano il riferimento all’affidamento formale ex art. 4 della legge 184/83.

Sembra confermare tale interpretazione anche il disposto dell’art. 33, co.1 della legge 184/83 (come modificato dalla legge 476/98) che, stabilendo il divieto di ingresso per i minori non accompagnati da almeno un genitore o da parenti entro il quarto grado, sembra prevedere a contrariis la possibilità di ingresso del minore al seguito non solo dei familiari elencati nell’art. 29, co. 1 del T.U. 286/98, ma anche al seguito del parente entro il quarto grado.

Ulteriore argomento a sostegno di tale interpretazione è il fatto che l’art. 19 del T.U. 286/98, che stabilisce il "diritto" del minore a seguire l’affidatario espulso, sia stato applicato anche alla fattispecie del minore affidato di fatto a parente entro il quarto grado. Non si comprende, infatti, perchè l’espressione "minore affidato" all’art. 29 del T.U. dovrebbe riferirsi solo all’affidamento formale, mentre il concetto di "affidatario" all’art. 19 comprenderebbe anche l’affidamento di fatto.

In quanto equiparato ai figli, dunque, (in base all’art. 29) il minore affidato di fatto a parente entro il quarto grado dovrebbe essere iscritto sul permesso di soggiorno o carta di soggiorno dell’affidatario fino all’età di 14 anni, e ricevere il permesso di soggiorno per motivi familiari al compimento dei 14 anni (in base all’art. 31).

2) Ove invece tale interpretazione non fosse accettata, e si dovesse quindi fare riferimento unicamente all’art. 31, la situazione dei minori accompagnati da parenti entro il quarto grado risulterebbe poco chiara a causa soprattutto del mancato coordinamento tra il T.U. 286/98 e la l. 184/83.

Come abbiamo già sottolineato, infatti, il T.U. 286/98, art. 31 stabilisce che il minore affidato a cittadino straniero con un provvedimento formale di affidamento (consensuale o giudiziale) ex art. 4 della legge 184/83 venga iscritto nel permesso di soggiorno dell’affidatario o riceva il permesso di soggiorno per motivi familiari, mentre nulla viene previsto riguardo al minore affidato di fatto al parente entro il quarto grado.

Il fatto che possa essere disposto un provvedimento formale di affidamento al parente entro il quarto è materia di discussione.

Nei casi in cui il provvedimento viene disposto, non sussiste alcun problema: si potrà applicare l’art. 31 del T.U. 286/98.

Nei casi invece in cui il Tribunale per i minorenni e i servizi locali si dichiarino incompetenti a provvedere, si crea un impasse: il minore affidato di fatto al parente entro il quarto grado non può ottenere il permesso di soggiorno per motivi familiari perché in base al Testo Unico 286/98 sarebbe necessario un provvedimento formale di affidamento, che però in base alla l. 184/83 si sostiene non poter essere disposto.

Per risolvere chiaramente questa situazione sarebbe necessario un intervento legislativo che modificasse gli artt. 31 e 32 del T.U., comprendendo esplicitamente o almeno non escludendo i minori affidati di fatto a parenti entro il quarto grado.

In attesa di tale intervento legislativo, l’unica via percorribile sembra essere quella di un’interpretazione estensiva degli artt. 31 e 32 sulla base della considerazione che fosse evidentemente volontà del legislatore stabilire il diritto del minore affidato ad ottenere il permesso di soggiorno per motivi familiari e che tale diritto, stabilito esplicitamente per i minori affidati ex art. 4 della l.184/83, può essere implicitamente riconosciuto (ed a maggior ragione) ai minori affidati a parente entro il quarto grado, per i quali non è neppure necessario tale provvedimento.

 

3) Sia che venga applicato l’art. 29, sia che venga applicato l’art. 31, il minore potrà ricevere il permesso di soggiorno per motivi familiari solo se il parente è in grado di dimostrare i requisiti richiesti dal Testo Unico per il ricongiungimento familiare.

Dato che, come sostenuto sopra, ci sembra che i criteri per valutare l’idoneità del parente a provvedere al minore debbano essere distinti dai requisiti richiesti per il ricongiungimento familiare, è possibile che vi siano casi in cui il parente risulti moralmente e materialmente idoneo (e quindi il minore non sia in stato di abbandono), ma non riesca a dimostrare i requisiti richiesti per il ricongiungimento.

Si dovrà chiarire come verranno trattati questi casi, e in particolare se a tali minori verrà rilasciato il permesso di soggiorno per minore età.

 

 

 

 

I requisiti per il permesso di soggiorno per motivi familiari

Perché il minore possa ottenere il permesso di soggiorno per motivi familiari ex art. 29 o ex art. 31 T.U. 286/98, il cittadino straniero al quale il minore è affidato (o al quale è deferita la tutela, ove si applichi l’art. 29) deve dimostrare la sussistenza dei requisiti richiesti per il ricongiungimento familiare:

a) la titolarità di un permesso di soggiorno di durata non inferiore a un anno, rilasciato per lavoro subordinato o per lavoro autonomo ovvero per asilo, per studio o per motivi religiosi o della carta di soggiorno (T.U. 286/98, art. 28, co. 1);

b) la disponibilità di un alloggio che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica (T.U. 286/98, art. 29, co. 3);

c) la disponibilità di un reddito annuo derivante da fonti lecite non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale (T.U. 286/98, art. 29, co. 3)

Rispetto alla documentazione comprovante i presupposti di minore età e di parentela, il regolamento di attuazione del T.U. 286/98 stabilisce per l’ingresso al seguito del familiare che tali presupposti debba no essere dimostrati mediante certificati rilasciati dalla competente autorità dello Stato estero e autenticati dal’autorità cosolare italiana che attesta che la traduzione in italiano è conforme all’originale (D.P.R. 394/99, art. 5, co. 7).

 

 

FONTI NORMATIVE relative a "Il permesso di soggiorno"

Testo Unico 286/98

Art. 6

(Facolta' ed obblighi inerenti al soggiorno)

1. Il permesso di soggiorno rilasciato per motivi di lavoro subordinato, lavoro autonomo e familiari puo' essere utilizzato anche per le altre attivita' consentite. [...]

Art. 18

(Soggiorno per motivi di protezione sociale)

4. Il permesso di soggiorno rilasciato a norma del presente articolo ha la durata di sei mesi e può essere rinnovato per un anno, o per il maggior periodo occorrente per motivi di giustizia. [...]

5. Il permesso di soggiorno previsto dal presente articolo consente l’accesso ai servizi assistenziali e allo studio, nonchè l’iscrizione nelle liste di collocamento e lo svolgimento di lavoro subordinato, fatti salvi i requisiti minimi di età. Qualora, alla scadenza del permesso di soggiorno l’interessato risulti avere in corso un rapporto di lavoro, il permesso può essere ulteriormente prorogato o rinnovato per la durata del rapporto medesimo o, se questo è a tempo indeterminato, con le modalità stabilite per tale motivo di soggiorno. Il permesso di soggiorno previsto dal presente articolo può essere atresì convertito in permesso di soggiorno per motivi di studio qualora il titolare sia iscritto a un corso regolare di studi.

6. Il permesso di soggiorno previsto dal presente articolo può essere altresì rilasciato, all’atto delle dimissioni dall’istituto di pena, anche su proposta del procuratore della repubblica del giudice di sorveglianza presso il tribunale per i minorenni, allo straniero che ha terminato l’espiazione di una pena detentiva inflitta per reati commessi durante la minore età, e ha dato prova concreta di partecipazione a un programma di assistenza e integrazione sociale.

Art. 28

1. Il diritto a mantenere o a riacquistare l'unita' familiare nei confronti dei familiari stranieri e' riconosciuto, alle condizioni previste dal presente testo unico, agli stranieri titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore a un anno, rilasciato per lavoro subordinato o per lavoro autonomo ovvero per asilo, per studio o per motivi religiosi.

Art. 29

1. Lo straniero puo' chiedere il ricongiungimento per i seguenti familiari: a) coniuge non legalmente separato; b) figli minori a carico, anche del coniuge o nati fuori del matrimonio, non coniugati ovvero legalmente separati, a condizione che l'altro genitore, qualora esistente, abbia dato il suo consenso; c) genitori a carico; d) parenti entro il terzo grado, a carico, inabili al lavoro secondo la legislazione italiana.

2. Ai fini del ricongiungimento si considerano minori i figli di eta' inferiore a 18 anni. I minori adottati o affidati o sottoposti a tutela sono equiparati ai figli.

3. Salvo che si tratti di rifugiato, lo straniero che richiede il ricongiungimento deve dimostrare la disponibilita':

a) di un alloggio che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica, ovvero, nel caso di un figlio di eta' inferiore agli anni 14 al seguito di uno dei genitori, del consenso del titolare dell'alloggio nel quale il minore effettivamente dimorera';

b) di un reddito annuo derivante da fonti lecite non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di un solo familiare, al doppio dell'importo annuo dell'assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di due o tre familiari, al triplo dell'importo annuo dell'assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di quattro o piu' familiari.

Ai fini della determinazione del reddito si tiene conto anche del reddito annuo complessivo dei familiari conviventi con il richiedente.

Art. 30, co. 2-6

2. Il permesso di soggiorno per motivi familiari consente l'accesso ai servizi assistenziali, l'iscrizione a corsi di studio o di formazione professionale, l'iscrizione nelle liste di collocamento, lo svolgimento di lavoro subordinato o autonomo, fermi i requisiti minimi di eta' per lo svolgimento di attivita' di lavoro.

3. Il permesso di soggiorno per motivi familiari ha la stessa durata del permesso di soggiorno del familiare straniero in possesso dei requisiti per il ricongiungimento ai sensi dell'articolo 29 ed e' rinnovabile insieme con quest'ultimo.

4. Allo straniero che effettua il ricongiungimento con il cittadino italiano o di uno Stato membro dell'Unione europea, ovvero con straniero titolare della carta di soggiorno di cui all'articolo 9, e' rilasciata una carta di soggiorno.

5. In caso di separazione legale o di scioglimento del matrimonio o, per il figlio che non possa ottenere la carta di soggiorno, al compimento del diciottesimo anno di eta', il permesso di soggiorno puo' essere convertito in permesso per lavoro subordinato, per lavoro autonomo o per studio, fermi i requisiti minimi di eta' per lo svolgimento di attivita' di lavoro.

6. Contro il diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare e del permesso di soggiorno per motivi familiari, nonche' contro gli altri provvedimenti dell'autorita' amministrativa in materia di diritto all'unita' familiare, l'interessato puo' presentare ricorso al pretore del luogo in cui risiede, il quale provvede, sentito l'interessato, nei modi di cui agli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Il decreto che accoglie il ricorso puo' disporre il rilascio del visto anche in assenza del nulla osta. Gli atti del procedimento sono esenti da imposta di bollo e di registro e da ogni altra tassa. [...]

Art. 31

1. Il figlio minore dello straniero con questi convivente e regolarmente soggiornante e' iscritto nel permesso di soggiorno o nella carta di soggiorno di uno o di entrambi i genitori fino al compimento del quattordicesimo anno di eta' e segue la condizione giuridica del genitore con il quale convive, ovvero la piu' favorevole tra quelle dei genitori con cui convive. Fino al medesimo limite di eta' il minore che risulta affidato ai sensi dell'articolo 4 della legge 4 maggio 1983, n. 184, e' iscritto nel permesso di soggiorno o nella carta di soggiorno dello straniero al quale e' affidato e segue la condizione giuridica di quest'ultimo, se piu' favorevole. L'assenza occasionale e temporanea dal territorio dello Stato non esclude il requisito della convivenza e il rinnovo dell'iscrizione.

2. Al compimento del quattordicesimo anno di eta' al minore iscritto nel permesso di soggiorno o nella carta di soggiorno del genitore ovvero dello straniero affidatario e' rilasciato un permesso di soggiorno per motivi familiari valido fino al compimento della maggiore eta', ovvero una carta di soggiorno.

Art. 32

1. Al compimento della maggiore eta', allo straniero nei cui confronti sono state applicate le disposizioni di cui all'articolo 31, commi 1 e 2, e ai minori comunque affidati ai sensi dell'articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, puo' essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di studio di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo, per esigenze sanitarie o di cura. Il permesso di soggiorno per accesso al lavoro prescinde dal possesso dei requisiti di cui all'articolo 23.

 

 

 

Regolamento di attuazione D.P.R. 394/99

art. 5, co. 7

7. Per i visti relativi ai familiari al seguito lo straniero deve esibire, oltre alla documentazione di cui al comma 6 anche:

a) quella comprovante i presupposti di parentela, coniugio, minore età o inabilità al lavoro e di convivenza. A tal fine i certificati rilasciati dalla competente autorità dello Stato estero sono autenticati dall’autorità consolare italiana che attesta che la traduzione in lingua italiana dei documenti è conforme agli originali

b) il nulla osta della questura, utile anche ai fini dell’accertamento della disponibilità di un alloggio, a norma dell’articolo 29, comma 3, lettera a), del testo unico, e dei mezzi di sussistenza di cui allo stesso articolo, comma 3, lettera b). A tal fine l'interessato deve produrre l’attestazione dell’ufficio comunale circa la sussistenza dei requisiti di cui al predetto articolo del testo unico ovvero il certificato di idoneità igienico-sanitaria rilasciato dall’Azienda unità sanitaria locale competente per territorio.

 

 

art. 6, co.1

1. Per i visti relativi ai ricongiungimenti familiari il richiedente deve munirsi preventivamente di nulla osta della questura, indicando le generalità delle persone per le quali chiede il ricongiungimento e presentando:

a) la carta di soggiorno, il permesso di soggiorno avente i requisiti di cui all’articolo 28, comma 1, del testo unico, o idonea documentazione attestante la cittadinanza italiana o di uno Stato membro dell’Unione Europea;

b) la documentazione attestante la disponibilità del reddito di cui all’articolo 29, comma 3, lettera b), del testo unico;

c) la documentazione attestante la disponibilità di un alloggio, a norma dell’articolo 29, comma 3, lettera a), del testo unico. A tal fine l'interessato deve produrre l’attestazione dell’ufficio comunale circa la sussistenza dei requisiti di cui al predetto articolo del testo unico ovvero il certificato di idoneità igienico-sanitaria rilasciato dall’Azienda unità sanitaria locale competente per territorio.

art. 9, co. 3 e 6

3. Con la richiesta di cui al comma 1 devono essere esibiti :

- Il passaporto o altro documento equipollente da cui risultino la nazionalità, la data anche solo con l’indicazione dell’anno, e il luogo di nascita degli interessati nonché il visto di ingresso, quando prescritto;

- La documentazione, nei casi di soggiorno diversi da quelli per motivi di lavoro attestante la disponibilità dei mezzi per il ritorno nel Paese di provenienza.

[...]

6. La documentazione di cui ai commi 3 e 4 non è necessaria per i richiedenti asilo e per gli stranieri ammessi al soggiorno per i motivi di cui agli articoli 18 e 20 del testo unico.

art. 28

1. Quando la legge dispone il divieto di espulsione, il questore rilascia il permesso di soggiorno:

a) per minore età, salvo l’iscrizione del minore degli anni quattordici nel permesso di soggiorno del genitore o dell’affidatario stranieri regolarmente soggiornanti in Italia. Se si tratta di minore abbandonato, è immediatamente informato il Tribunale per i minorenni per i provvedimenti di competenza;

b) per motivi familiari, nei confronti degli stranieri che si trovano nelle documentate circostanze di cui all’articolo 19, comma 2, lettera c) del testo unico;

 

 

Legge 184/83 (come modificata dalla legge 476/98)

Art. 9

Chiunque, non essendo parente entro il quarto grado, accoglie stabilmente nella propria abitazione un minore, qualora l'accoglienza si protragga per un periodo superiore a sei mesi, deve, trascorso tale periodo, darne segnalazione al giudice tutelare, che trasmette gli atti al tribunale per i minorenni con relazione informativa. L'omissione della segnalazione può comportare l'inidoneità ad ottenere affidamenti familiari o adottivi e l'incapacità all'ufficio tutelare.

Art. 33. – 1. Fatte salve le ordinarie disposizioni relative all'ingresso nello Stato per fini familiari, turistici, di studio e di cura, non è consentito l'ingresso nello Stato a minori che non sono muniti di visto di ingresso rilasciato ai sensi dell'articolo 32 ovvero che non sono accompagnati da almeno un genitore o da parenti entro il quarto grado.

 

 

Regolamento del Comitato per i minori stranieri

Art. 9.

Soggiorno

1. La durata totale del soggiorno di ciascun minore non puo' superare i novanta giorni, continuativi o frutto della somma di piu' periodi, riferiti alle permanenze effettive nell'anno solare. Il Comitato puo' proporre alle autorita' competenti l'eventuale estensione della durata del soggiorno fino ad un massimo di centocinquanta giorni, con riferimento a progetti che comprendano periodi di attivita' scolastica o in relazione a casi di forza

maggiore. L'eventuale estensione della durata della permanenza e' comunicata alla questura competente ai fini dell'eventuale rinnovo o della proroga del permesso di soggiorno per gli accompagnatori e per i minori ultraquattordicenni.

 

Circolare del Ministero dell’Interno 20.7.1993, n. 32

In una riunione indetta dal Tribunale per i Minorenni di Roma, alla quale hanno partecipato rappresentanti dei Ministeri dell’Interno, di Grazia e Giustizia e del Lavoro e della Previdenza Sociale, del Servizio Sociale Internazionale e il Giudice Tutelare presso la Pretura di Roma, è stato esaminato il problema dei minori stranieri senza soggiorno in Italia, con particolare riguardo a quelli privi temporaneamente o definitivamente dell’ambiente familiare e senza protezione, ed è stato affermato il principio della priorità dell’intervento della Magistratura minorile rispetto ai provvedimenti della pubblica Amministrazione.

Secondo tale principio, che discende da una serie di norme, il minore straniero privo di genitori o di parenti e quindi praticamente in stato di abbandono, dev’essere segnalato all’Autorità Giudiziaria Minorile (Tribunale per i Minorenni o Giudice Tutelare, secondo le rispettive competenze) per i provvedimenti di legge.

Sempre nel quadro degli interventi di protezione disposti dalla predetta Autorità, dev’essere rilasciato il permesso di soggiorno provvisorio ai sensi dell’art. 4, comma 13 della legge 39/1990, con possibilità di inserimento del minore in attività scolastiche o di formazione professionale, o lavorativa per il minore ultraquattordicenne. [...]

 

Circolare del Ministero dell’Interno 23.9.1995, n. 29

[...] In particolare, si richiama l’attenzione sul fatto che ai minori in stato di abbandono che, al raggiungimento della maggiore età, verranno iscritti nelle liste di collocamento - onde essere avviati al lavoro secondo le procedure ordinarie - gli Uffici Stranieri delle Questure dovranno rilasciare un analogo permesso di soggiorno senza bisogno della preventiva autorizzazione di questo Dicastero.

 

Circolare del Ministero del Lavoro 16.6.1994, n. 67

Sono pervenuti numerosi quesiti da parte di alcuni Uffici provinciali del lavoro in merito al problema relativo ai minori extracomunitari di età compresa tra i 15 e i 18 anni i quali , per vari motivi, si trovano in Italia privati temporaneamente o definitivamente del loro ambiente familiare e, pertanto, in pratica, in stato di abbandono.

Al riguardo, a seguito di intese a suo tempo intercorse con le altre amministrazioni interessate e rilevato che il problema riguarda un gran numero di minori presenti sull’intero territorio nazionale, si è ritenuto necessario predisporre idonee misure di tutela nonché consentire il loro avviamento al lavoro, sia pure nei limiti temporali dello stato di disagio in cui versano.

A tale scopo, è stata concordata l’apposita procedura di seguito specificata:

- il datore di lavoro interessato presenterà domanda nominativa di avviamento al lavoro all’Ufficio provinciale del lavoro competente per territorio, allegando copia del provvedimento dell’Autorità giudiziaria che dispone interventi di protezione del minore (quali ad esempio inserimento in istituti assistenziali, affidamento familiare, affidamento preadottivo ecc.) e il relativo permesso di soggiorno provvisorio rilasciato dalla competente Questura;

- l’Ufficio rilascerà un apposito atto di avviamento al datore di lavoro richiedente, prescindendo dall’iscrizione del minore nelle liste di collocamento e dall’accertamento dell’indisponibilità; dell’avviamento l’Ufficio darà comunicazione all’ente o famiglia affidataria ed all’Autorità Giudiziaria che ha emanato il provvedimento di tutela del minore;

[...]

 

Circolare del Ministero del Lavoro 19.9.95

[...] Da alcuni Uffici del lavoro, peraltro, sono stati segnalati casi di particolare gravità riferiti a minori che, raggiunta la maggiore età, rimangono in Italia, non essendo decadute le ragioni di carattere umanitario che hanno determinato l’emanazione delle disposizioni sull’accoglienza, e che, a causa della disposizione sopra ricordata, si trovano nella impossibilità di accedere al mercato del lavoro.

Considerato quanto sopra, pertanto, e sentito il parere favorevole del Ministero dell’Interno, Dipartimento P.S:, si dispone che i minori extracomunitari in stato di abbandono di cui alla citata circolare n. 67, al raggiungimento della maggiore età, possano essere iscritti nelle liste di collocamento e possano, quindi, essere avviati al lavoro secondo le ordinarie procedure.

 

Circolare del Ministero dell'Interno 23.12.1999

In particolare, viene previsto, per i minori inespellibili di età superiore ai 14 anni, il rilascio del permesso di soggiorno per "minore età". Al riguardo, si chiarisce che tale titolo di soggiorno verrà rilasciato solo in via residuale e qualora si verifichino situazioni non riconducibili ad altre tipologie di soggiorno già previste dalla normativa in vigore (es. motivi familiari, adozione, affidamento) .

Il competente CED dell’Ufficio Coordinamento e Pianificazione delle forse di polizia fornirà con apposito messaggio di servizio la parola chiave per l’inserimento del nuovo permesso di soggiorno.

 

 

Legge 218/95

art. 65 Riconoscimento di provvedimenti stranieri

1. Hanno effetto in Italia i provvedimenti stranieri relativi alla capacità delle persone nonché all’esistenza di rapporti di famiglia o di diritti della personalità quando essi sono stati pronunciati dalle autorità dello Stato la cui legge è richiamata dalle norme della presente legge o producono effetti nell’ordinamento di quello Stato, anche se pronunciati da autorità di altro Stato, purchè non siano contrari all’ordine pubblico e siano stati rispettati i diritti essenziali della difesa.

Art. 66 Riconoscimento di provvedimenti stranieri di giurisdizione volontaria

1. I provvedimenti stranieri di volontaria giurisdizione sono riconosciuti senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento, sempre che siano rispettate le condizioni di cui all’art. 65, in quanto applicabili, quando sono pronunciati dalle autorità dello Stato la cui legge è richiamata dalle disposizioni della presente legge, o producono effetti nell’ordinamento di quello Stato ancorchè emanati da autorità di altro Stato, ovvero sono pronunciati da un’autorità che sia competente in base a criteri corrispondenti a quelli propri dell’ordinamento italiano.

 

 

[Le disposizioni relative al diritto alla salute a seconda dei diversi permessi di soggiorno sono riportate nella sezione successiva]

 

 

IL DIRITTO ALLA SALUTE ED ALL’ISTRUZIONE

 

La Convenzione di New York stabilisce che il diritto alla salute ed all'istruzione sono diritti propri di tutti i minori, indipendentemente dalla loro nazionalità e dalla loro regolarità di soggiorno.

Il Testo Unico 286/98 ha introdotto importanti innovazioni nella direzione dell’effettiva garanzia di questi diritti. Si riscontrano tuttavia ancora alcune lacune, in particolare per quanto riguarda i minori irregolari.

Naturalmente, queste lacune saranno tanto più gravi quanto più lungo sarà il periodo in cui il minore resterà irregolare, in particolare se le procedure per decidere in ordine all’interesse del minore a restare in Italia o a essere rimpatriato saranno lunghe e se in attesa della decisione al minore non verrà comunque rilasciato un permesso di soggiorno.

Tali problematiche relative all’effettiva garanzia dei diritti dei minori non accompagnati dovranno essere affrontate dal Comitato per i minori stranieri, che "opera al fine prioritario di tutelare i diritti dei minori presenti non accompagnati [...]" (Regolamento del Comitato per i minori stranieri, art. 2, co. 1).

 

 

Il diritto alla salute

1) La Convenzione di New York, art. 24, co. 1 stabilisce che: "Gli Stati Parti riconoscono il diritto del minore di godere del miglior stato di salute possibile e di beneficiare di servizi medici e di riabilitazione. Essi si sforzano di garantire che nessun minore sia privato del diritto di avere accesso a tali servizi."

 

2) Per quanto riguarda i minori irregolari, il diritto alla salute non è pienamente garantito in quanto il T.U. 286/98, pur stabilendo che "Sono, in particolare, garantiti: [...] b) la tutela della salute del minore in esecuzione della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176;" (T.U. art. 35, co. 3), non chiarisce poi come si attui concretamente questa disposizione, con la conseguenza che al minore vengono di fatto ad applicarsi le stesse disposizioni relative alla generalità degli stranieri irregolari, che si limitano a garantire "le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorche' continuative, per malattia ed infortunio e [...] i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva." (T.U. art. 35, co. 3).

Nè tale lacuna è stata colmata dal regolamento di attuazione del T.U. 286/98 e dalla circolare del Ministero della Sanità 24.3.2000.

Anche il regolamento del Comitato per i minori stranieri, art. 6, co. 1 prevede che "Al minore non accompagnato sono garantiti i diritti relativi al soggiorno temporaneo, alle cure sanitarie […]", senza specificare ulteriormente.

 

3) Per quanto riguarda i minori regolari, distinguiamo (riprendendo ciò che è già stato detto della sezione precedente) tra i minori titolari di:

 

 

 

Il diritto all’istruzione

1) La Convenzione di New York, art. 28, co. 1 stabilisce che: "Gli Stati Parti riconoscono il diritto del fanciullo all'educazione, ed in particolare, al fine di garantire l'esercizio di tale diritto gradualmente ed in base all'uguaglianza delle possibilità: A) rendono l'insegnamento primario obbligatorio e gratuito per tutti; B) incoraggiano l'organizzazione di varie forme di insegnamento secondario sia generale che professionale, che saranno aperte ed accessibili ad ogni fanciullo e adottano misure adeguate come la gratuita dell'insegnamento e l'offerta di una sovvenzione finanziaria in caso di necessità;"

 

2) Per quanto riguarda i minori irregolari:

 

3) Per quanto riguarda i minori regolari, sia il diritto all’istruzione scolastica che il diritto alla formazione professionale sono pienamente garantiti.

 

 

FONTI NORMATIVE relative a "Il diritto alla salute ed all’istruzione"

Convenzione di New York

Articolo 2

1. Gli Stati Parti si impegnano a rispettare i diritti enunciati nella presente Convenzione ed a garantirli ad ogni fanciullo che dipende dalla loro giurisdizione, senza distinzione di sorta ed a prescindere da ogni considerazione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o altra del fanciullo o dei suoi genitori o rappresentanti legali, dalla loro origine nazionale, etnica o sociale, dalla loro situazione finanziaria, dalla loro incapacità, dalla loro nascita o da ogni altra circostanza;

2. Gli Stati Parti adottano tutti i provvedimenti appropriati affinché il fanciullo sia effettivamente tutelato contro ogni forma di discriminazione o di sanzione motivate dalla condizione sociale, dalle attività, opinioni professate o convinzioni dei suoi genitori, dei suoi rappresentanti legali o dei suoi familiari.

Articolo 24

1. Gli Stati Parti riconoscono il diritto del minore di godere del miglior stato di salute possibile e di beneficiare di servizi medici e di riabilitazione. Essi si sforzano di garantire che nessun minore sia privato del diritto di avere accesso a tali servizi.

2. Gli Stati Parti si sforzano di garantire l'attuazione integrale del summenzionato diritto ed in particolare, adottano ogni adeguato provvedimento

per:

A) diminuire la mortalità tra i bambini lattanti ed i fanciulli;

B) assicurare a tutti i minori l'assistenza medica e le cure sanitarie necessarie, con particolare attenzione per lo sviluppo delle cure sanitarie primarie;

C) lottare contro la malattia e la malnutrizione, anche nell'ambito delle cure sanitarie primarie, in particolare mediante l'utilizzazione di tecniche agevolmente disponibili e la fornitura di alimenti nutritivi e di acqua potabile, tenendo conto dei pericoli e dei rischi di inquinamento dell'ambiente naturale;

D) garantire alle madri adeguate cure prenatali e postnatali;

E) fare in modo che tutti i gruppi della società in particolare i genitori ed i minori ricevano informazioni sulla salute e sulla nutrizione del minore sui vantaggi dell'allattamento al seno, sull'igiene e sulla salubrità dell'ambiente e sulla prevenzione degli incidenti e beneficino di un aiuto che consenta loro di mettere in pratica tali informazioni;

F) sviluppare le cure sanitarie preventive, i consigli ai genitori e l'educazione ed i servizi in materia di pianificazione familiare.

3. Gli Stati Parti adottano ogni misura efficace atta ad abolire le pratiche tradizionali pregiudizievoli per la salute dei minori.

4. Gli Stati Parti si impegnano a favorire ed a incoraggiare la cooperazione internazionale in vista di attuare gradualmente una completa attuazione del diritto riconosciuto nel presente articolo. A tal fine saranno tenute in particolare considerazione le necessità dei paesi in via di sviluppo.

Articolo 28

1. Gli Stati Parti riconoscono il diritto del fanciullo all'educazione, ed in particolare, al fine di garantire l'esercizio di tale diritto gradualmente ed in base all'uguaglianza delle possibilità:

A) rendono l'insegnamento primario obbligatorio e gratuito per tutti;

B) incoraggiano l'organizzazione di varie forme di insegnamento secondario sia generale che professionale, che saranno aperte ed accessibili ad ogni fanciullo e adottano misure adeguate come la gratuita dell'insegnamento e l'offerta di una sovvenzione finanziaria in caso di necessità;

C) garantiscono a tutti l'accesso all'insegnamento superiore con ogni mezzo appropriato, in funzione delle capacità di ognuno;

D) fanno in modo che l'informazione e l'orientamento scolastico e professionale siano aperte ed accessibili ad ogni fanciullo;

E) adottano misure per promuovere la regolarità della frequenza scolastica e la diminuzione del tasso di abbandono della scuola.

2. Gli Stati Parti adottano ogni adeguato provvedimento per vigilare affinché la disciplina scolastica sia applicata in maniera compatibile con la dignità del fanciullo in quanto essere umano ed in conformità con la presente Convenzione.

3. Gli Stati Parti favoriscono ed incoraggiano la cooperazione internazionale nel settore della educazione, in vista soprattutto di contribuire ad eliminare l'ignoranza e l'analfabetismo nel mondo e facilitare l'accesso alle conoscenze scientifiche e tecniche ed ai metodi di insegnamento moderni. A tal fine, si tiene conto in particolare delle necessità dei paesi in via di sviluppo.

 

 

Testo Unico 286/98

art. 34, co. 1

1. Hanno l'obbligo di iscrizione al Servizio sanitario nazionale e hanno parita' di trattamento e piena uguaglianza di diritti e doveri rispetto ai cittadini italiani per quanto attiene all'obbligo contributivo, all'assistenza erogata in Italia dal Servizio sanitario nazionale e alla sua validita' temporale:

a) gli stranieri regolarmente soggiornanti che abbiano in corso regolari attivita' di lavoro subordinato o di lavoro autonomo o siano iscritti nelle liste di collocamento;

b) gli stranieri regolarmente soggiornanti o che abbiano chiesto il rinnovo del titolo di soggiorno, per lavoro subordinato, per lavoro autonomo, per motivi familiari, per asilo politico, per asilo umanitario, per richiesta di asilo, per attesa adozione, per affidamento, per acquisto della cittadinanza.

art. 35, co. 3 e 4

3. Ai cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale, non in regola con le norme relative all'ingresso ed al soggiorno, sono assicurate, nei presidi pubblici ed accreditati, le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorche' continuative, per malattia ed infortunio e sono estesi i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva. Sono, in particolare, garantiti:

a) la tutela sociale della gravidanza e della maternita', a parita' di trattamento con le cittadine italiane, ai sensi delle leggi 29 luglio 1975, n. 405, e 22 maggio 1978, n. 194, e del decreto del Ministro della sanita' 6 marzo 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 87 del 13 aprile 1995, a parita' di trattamento con i cittadini italiani;

b) la tutela della salute del minore in esecuzione della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176;

c) le vaccinazioni secondo la normativa e nell'ambito di interventi di campagne di prevenzione collettiva autorizzati dalle regioni;

d) gli interventi di profilassi internazionale;

e) la profilassi, la diagnosi e la cura delle malattie infettive ed eventuale bonifica dei relativi focolai.

4. Le prestazioni di cui al comma 3 sono erogate senza oneri a carico dei richiedenti qualora privi di risorse economiche sufficienti, fatte salve le quote di partecipazione alla spesa a parita' con i cittadini italiani.

art. 38, co. 1

1. I minori stranieri presenti sul territorio sono soggetti all'obbligo scolastico; ad essi si applicano tutte le disposizioni vigenti in materia di diritto all'istruzione, di accesso ai servizi educativi, di partecipazione alla vita della comunita' scolastica.

 

 

Regolamento di attuazione D.P.R. 394/99

art. 43

(Assistenza sanitaria per gli stranieri non iscritti al Servizio Sanitario Nazionale)

1. Ai cittadini stranieri regolarmente soggiornanti, ma non iscritti al Servizio sanitario nazionale, sono assicurate le prestazioni sanitarie urgenti, alle condizioni previste dall’articolo 35, comma 1, del testo unico. Gli stranieri non iscritti al Servizio sanitario nazionale possono inoltre chiedere all'azienda ospedaliera o alla unità sanitaria locale (U.S.L.) di fruire, dietro pagamento delle relative tariffe, di prestazioni sanitarie di elezione.

 

art. 45, co. 1 e 2

1. I minori stranieri presenti sul territorio nazionale hanno diritto all'istruzione indipendentemente dalla regolarità della posizione in ordine al loro soggiorno, nelle forme e nei modi previsti per i cittadini italiani. Essi sono soggetti all'obbligo scolastico secondo le disposizioni vigenti in materia. L'iscrizione dei minori stranieri nelle scuole italiane di ogni ordine e grado avviene nei modi e alle condizioni previsti per i minori italiani. Essa può essere richiesta in qualunque periodo dell'anno scolastico. I minori stranieri privi di documentazione anagrafica ovvero in possesso di documentazione irregolare o incompleta sono iscritti con riserva.

2. L’iscrizione con riserva non pregiudica il conseguimento dei titoli conclusivi dei corsi di studio delle scuole di ogni ordine e grado. In mancanza di accertamenti negativi sull'identità dichiarata dell'alunno, il titolo viene rilasciato all'interessato con i dati identificativi acquisiti al momento dell'iscrizione.

 

 

Circolare del Ministero della Sanità 24.3.2000

[...] Nell'art. 34 del T.U. vengono affermati due fondamentali principi ai fini dell'iscrizione obbligatoria al S.S.N. dei cittadini stranieri extracomunitari.

Nel punto a) viene affermato il principio che lo svolgimento di un'attività lavorativa o l'iscrizione nelle liste di collocamento, nel rispetto della legislazione del lavoro, dà diritto all'iscrizione obbligatoria del cittadino straniero regolarmente soggiornante, a prescindere dal fatto che il permesso di soggiorno sia stato rilasciato per lavoro subordinato o autonomo (vedi ad es. art. 18 - comma 5 - e art. 30 – comma 2 – del T.U.) o il motivo del permesso di soggiorno non preveda l’iscrizione obbligatoria.

E' da precisare che, a differenza di quanto previsto dalla legislazione precedente, con la quale si provvedeva ad individuare specifiche figure di lavoratori tenuti all'assicurazione obbligatoria, con la presente legge l'espressione "lavoro autonomo" deve essere definita per esclusione, nel senso che tutti coloro che svolgono un'attività lavorativa, che non rientri nell'ambito del lavoro subordinato, rientrano nella figura del lavoratore autonomo in quanto soggetto tenuto alla dichiarazione dei redditi in base alle disposizioni fiscali in vigore.

Nel punto b) sono, invece, specificamente indicati, quali destinatari dell'assicurazione obbligatoria, tutti gli stranieri che, in relazione alle disposizioni che disciplinano il rilascio del permesso di soggiorno, abbiano ottenuto il permesso stesso o ne abbiano chiesto il rinnovo per i seguenti motivi:

1) lavoro subordinato: il riferimento è al Titolo III "Disciplina del lavoro" del T.U.;

2) lavoro autonomo: il riferimento è al Titolo III artt. 26 e 27 del T.U.;

3) motivi familiari: disciplinato nel Titolo IV dagli artt. 28, 29, 30, 31, 32 e 33 del T.U. In proposito si deve rilevare che tale permesso è rilasciato, ai sensi dell'art. 30 – comma 1 - punti a) - b) - c) - d), allo straniero che ha ottenuto il visto d’ingresso per ricongiungimento familiare;

[...]

5) asilo umanitario: il riferimento è agli articoli del T.U. 18 - comma 1 - (soggiorno per motivi di protezione sociale), 19 - comma 2 lettere a) e d) (divieto di espulsione e di respingimento di minori di anni diciotto e di donne in stato di gravidanza e di puerperio fino ad un massimo di sei mesi), 20 - comma 1 - (misure straordinarie di accoglienza per eventi eccezionali) e 40 - comma 1- (stranieri ospitati in centri di accoglienza, qualora non abbiano altro titolo all'assicurazione obbligatoria od all'erogazione di prestazioni sanitarie);

[...]

7) attesa adozione e affidamento: il riferimento è agli articoli 29, 31 e 33 - comma 2 - del T.U. e all'art. 2 della legge 4 maggio 1983 n. 184;

[...]

In ordine alla tipologia di prestazioni previste dal terzo comma dell’art. 35 del T.U. si chiarisce che:

per cure urgenti si intendono le cure che non possono essere differite senza pericolo per la vita o danno per la salute della persona;

per cure essenziali si intendono le prestazioni sanitarie, diagnostiche e terapeutiche, relative a patologie non pericolose nell'immediato e nel breve termine, ma che nel tempo potrebbero determinare maggiore danno alla salute o rischi per la vita (complicanze, cronicizzazioni o aggravamenti).

E' stato, altresì, affermato dalla legge il principio della continuità delle cure urgenti ed essenziali, nel senso di assicurare all'infermo il ciclo terapeutico e riabilitativo completo riguardo alla possibile risoluzione dell'evento morboso.

 

 

 

Regolamento del Comitato per i minori stranieri

art. 2, co. 1 e 2

Compiti del Comitato

1. Il Comitato opera al fine prioritario di tutelare i diritti dei minori presenti non accompagnati e dei minori accolti, in conformita' alle previsioni della Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176.

2. Ai fini del comma 1, il Comitato:

a) vigila sulle modalita' di soggiorno dei minori;

b) coopera e si raccorda con le amministrazioni interessate;

art. 6

Accoglienza

1. Al minore non accompagnato sono garantiti i diritti relativi al soggiorno temporaneo, alle cure sanitarie, all'avviamento scolastico e alle altre provvidenze disposte dalla legislazione vigente.

2. Al fine di garantire l'adeguata accoglienza del minore il Comitato puo' proporre al Dipartimento per gli affari sociali di stipulare convenzioni con amministrazioni pubbliche e organismi nazionali e internazionali che svolgono attivita' inerenti i minori non accompagnati in conformita' ai principi e agli obiettivi che garantiscono il superiore interesse del minore, la protezione contro ogni forma di discriminazione, il diritto del minore di essere ascoltato.

 

 

Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea 26.6.97

art. 2, co. 3

3. I minori non accompagnati che, a norma delle disposizioni nazionali, devono sostare alla frontiera fino a quando sia presa una decisione in merito all'ammissione nel territorio nazionale, o una decisione in merito al loro rimpatrio, dovrebbero ricevere l'aiuto e il sostegno materiali necessari a soddisfare i loro bisogni elementari, quali vitto, sistemazione adatta alla loro età, attrezzature sanitarie e assistenza medica.

art. 3, co. 2, 6, 7

2. I minori non accompagnati, indipendentemente dal loro status giuridico, dovrebbero aver diritto alla protezione e alle cure elementari necessarie, in conformità del diritto interno dello Stato membro in questione.

[...]

6. Qualora si presuma che un minore non accompagnato in età scolare protrarrà la sua permanenza nello Stato membro, egli dovrebbe avere accesso alle strutture generali della pubblica istruzione alla stregua dei cittadini dello Stato membro ospitante, in alternativa, dovrebbero essergli offerte speciali e appropriate opportunità di istruzione.

7. I minori non accompagnati dovrebbero ricevere le cure mediche appropriate per far fronte ad esigenze immediate. Un'assistenza speciale, medica o di altro tipo, dovrebbe essere fornita ai minori che sono stati vittime di qualsiasi forma di negligenza, sfruttamento o maltrattamenti, tortura o qualsiasi altra forma di pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, oppure di conflitti armati.

 

 

 

 

 

 

L’ESPULSIONE E IL RESPINGIMENTO

 

L’espulsione

Il Testo Unico 286/98, art. 19 stabilisce che il minore non può essere espulso, salvo che per motivi di ordine pubblico e sicurezza dello Stato (e in questo caso il provvedimento deve essere adottato, su richiesta del Questore, dal Tribunale per i minorenni) e salvo il diritto del minore a seguire il genitore o l’affidatario espulso.

In relazione a quest’ultima disposizione è da notarsi che, mentre per il permesso di soggiorno si fa riferimento all’affidamento formale ex art. 4 legge 184/83, per l’espulsione non viene specificato, e sembrano quindi doversi comprendere anche gli affidamenti di fatto: pare, dunque, che il minore possa essere espulso al seguito del parente entro il quarto grado al quale sia affidato di fatto.

Nei casi di espulsione al seguito dell’affidatario, si pone il problema della tutela giurisdizionale (ad es. nei casi in cui si verifichino errori nella valutazione della parentela tra l’adulto espulso ed il minore): non è chiaro, infatti, come possa essere presentato ricorso non essendovi un provvedimento di espulsione nei confronti del minore.

 

 

Il respingimento

Il Testo Unico 286/98 non vieta il respingimento del minore che si presenti alla frontiera senza avere i requisiti per l’ingresso (anche ove sia stato temporaneamente ammesso nel territorio per necessità di pubblico soccorso) o che sia fermato all'ingresso o subito dopo.

Tuttavia, se il minore non accompagnato da genitore o parente entro il quarto grado si trova nel territorio dello Stato (o in quanto temporaneamente ammesso o in quanto fermato subito dopo l’ingresso), lo Stato italiano è senz’altro competente alla protezione del minore in via d’urgenza ex art. 9 della Convenzione dell’Aja del 1961, e quindi sembra doversi prevedere la competenza del Tribunale per i minorenni e/o del Comitato per i minori stranieri.

Nel caso, invece, il minore si trovi ancora alla frontiera, la legge 184/83 (come modificata dalla legge 476/98) prevede all’art. 33, co. 3 che: "Coloro che hanno accompagnato alla frontiera un minore al quale non viene consentito l'ingresso in Italia provvedono a proprie spese al suo rimpatrio immediato nel Paese d'origine. Gli uffici di frontiera segnalano immediatamente il caso alla Commissione affinché prenda contatto con il Paese di origine del minore per assicurarne la migliore collocazione nel suo superiore interesse."

Diverse questioni andranno chiarite:

1. Come già rilevato nella sezione riguardante la segnalazione, non è chiaro se la Commissione per le adozioni internazionali dovrà segnalare al Comitato per i minori stranieri anche i minori segnalati dagli uffici di frontiera che devono essere immediatamente rimpatriati, in analogia a quanto previsto dal D.P.R. 492/99 per i minori presenti sul territorio italiano; ovvero se per questi minori sarà competente direttamente la Commissione per le adozioni internazionali, come sembrerebbe in base alla lettera della legge 476/98.

2. Ove la competenza sia della Commissione per le adozioni internazionali, andrà chiarito se questa svolga le stesse funzioni del Comitato per i minori stranieri, e quindi se essa disponga la ricerca dei familiari e le indagini sulla situazione nel Paese d’origine come il Comitato e se possa decidere tra rimpatrio o accoglienza.

3. Che tipo di controllo esercita la Commissione sull’affidabilità dell’adulto che accompagna il minore e che deve provvedere al suo immediato rimpatrio? Con l’espressione "coloro che accompagnano" si intende l’adulto cui il minore è affidato di fatto o anche il vettore?

4. Come si concilia l’esigenza del "rimpatrio immediato" con l’intervento della Commissione per prendere contatto con il Paese d’origine? Appare comunque assai dubbio che possa essere assunta una qualsiasi decisione che garantisca il superiore interesse del minore in tempi così rapidi da consentire il suo rimpatrio immediato.

5. In attesa che venga assunta la decisione, al minore sarà consentito l’ingresso in Italia, come sembra prevedere l’art. 33 della l. 476/98, ovvero sarà trattenuto alla frontiera? Tale possibilità è prevista dalla Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea 26.6.97, che stabilisce che in tali situazioni i minori possano "sostare alla frontiera fino a quando sia presa una decisione in merito all'ammissione nel territorio nazionale, o una decisione in merito al loro rimpatrio", disponendo però che lo Stato deve garantire " l'aiuto e il sostegno materiali necessari a soddisfare i loro bisogni elementari, quali vitto, sistemazione adatta alla loro età, attrezzature sanitarie e assistenza medica". Tuttavia, non sembra sostenibile che possa rispondere maggiormente all’interesse del minore il trattenimento in frontiera rispetto alla possibilità di ingresso in Italia.

 

Più in generale, ci sembra che il respingimento con rimpatrio immediato del minore (o con l’eventuale trattenimento alla frontiera) contrasti nettamente con il dovere dello Stato italiano di garantire la protezione del minore e di considerare prioritariamente il superiore interesse del minore in ogni procedimento giudiziario o amministrativo, dovere che, in base alla Convenzione di New York, incombe allo Stato italiano nei confronti di tutti i minori, indipendentemente dal fatto che abbiano attraversato o meno la linea di frontiera.

 

 

FONTI NORMATIVE relative a "L’espulsione e il respingimento"

Testo Unico 286/98

Art. 13

1. Per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, il Ministro dell'interno puo' disporre l'espulsione dello straniero anche non residente nel territorio dello Stato, dandone preventiva notizia al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro degli affari esteri.

Art. 10

1. La polizia di frontiera respinge gli stranieri che si presentano ai valichi di frontiera senza avere i requisiti richiesti dal presente testo unico per l'ingresso nel territorio dello Stato.

2. Il respingimento con accompagnamento alla frontiera e' altresi' disposto dal questore nei confronti degli stranieri:

a) che entrando nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera, sono fermati all'ingresso o subito dopo;

b) che, nelle circostanze di cui al comma 1, sono stati temporaneamente ammessi nel territorio per necessita' di pubblico soccorso.

Art. 19, co. 2

2. Non e' consentita l'espulsione, salvo che nei casi previsti dall'articolo 13, comma 1, nei confronti:

a) degli stranieri minori di anni diciotto, salvo il diritto a seguire il genitore o l'affidatario espulsi;

b) degli stranieri in possesso della carta di soggiorno, salvo il disposto dell'articolo 9;

c) degli stranieri conviventi con parenti entro il quarto grado o con il coniuge, di nazionalita' italiana;

d) delle donne in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio cui provvedono.

Art. 31, co. 4

4. Qualora ai sensi del presente testo unico debba essere disposta l'espulsione di un minore straniero, il provvedimento e' adottato, su richiesta del questore, dal tribunale per i minorenni.

 

 

 

Legge 184/83 (come modificata dalla legge 476/98)

art. 33., co 1., 3, 4

1. Fatte salve le ordinarie disposizioni relative all'ingresso nello Stato per fini familiari, turistici, di studio e di cura, non è consentito l'ingresso nello Stato a minori che non sono muniti di visto di ingresso rilasciato ai sensi dell'articolo 32 ovvero che non sono accompagnati da almeno un genitore o da parenti entro il quarto grado.

3. Coloro che hanno accompagnato alla frontiera un minore al quale non viene consentito l'ingresso in Italia provvedono a proprie spese al suo rimpatrio immediato nel Paese d'origine. Gli uffici di frontiera segnalano immediatamente il caso alla Commissione affinché prenda contatto con il Paese di origine del minore per assicurarne la migliore collocazione nel suo superiore interesse.

4. Il divieto di cui al comma 1 non opera nel caso in cui, per eventi bellici, calamità naturali o eventi eccezionali secondo quanto previsto dall'articolo 18 della legge 6 marzo 1998, n. 40, o per altro grave impedimento di carattere oggettivo, non sia possibile l'espletamento delle procedure di cui al presente Capo e sempre che sussistano motivi di esclusivo interesse del minore all'ingresso nello Stato. In questi casi gli uffici di frontiera segnalano l'ingresso del minore alla Commissione ed al tribunale per i minorenni competente in relazione al luogo di residenza di coloro che lo accompagnano.

 

Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea 26.6.97

art. 2

1. Conformemente alle loro legislazioni e prassi nazionali, gli Stati membri possono rifiutare l'ammissione alla frontiera ai minori non accompagnati, segnatamente a quelli sprovvisti dei documenti e delle autorizzazioni necessari a tal fine. Ai minori non accompagnati richiedenti asilo si applica tuttavia la risoluzione sulle garanzie minime per le procedure di asilo, segnatamente i principi enunciati ai paragrafi 23, 24 e 25.

2. In questo contesto, gli Stati membri dovrebbero prendere, in conformità della loro legislazione nazionale, le misure appropriate per impedire l'ingresso illegale dei minori non accompagnati e dovrebbero collaborare tra loro per impedire che minori non accompagnati entrino e soggiornino irregolarmente nel loro territorio.

3. I minori non accompagnati che, a norma delle disposizioni nazionali, devono sostare alla frontiera fino a quando sia presa una decisione in merito all'ammissione nel territorio nazionale, o una decisione in merito al loro rimpatrio, dovrebbero ricevere l'aiuto e il sostegno materiali necessari a soddisfare i loro bisogni elementari, quali vitto, sistemazione adatta alla loro età, attrezzature sanitarie e assistenza medica.

 

 

 

 

 

 

 

 

PARTE II:

 

ASPETTI DI MERITO:

 

Qualche riflessione

sui criteri di scelta

tra accoglienza e rimpatrio

 

Qualche riflessione sui criteri di scelta tra accoglienza e rimpatrio

I criteri su cui fondare la decisione se sia nell’interesse del minore restare in Italia o essere rimpatriato costituiscono la problematica più complessa e delicata di tutta la questione dei minori stranieri non accompagnati.

Naturalmente, la scelta dovrà sempre fondarsi su una valutazione caso per caso, che tenga conto della specifica situazione di ogni singolo minore.

Tuttavia, è inevitabile che vi siano dei criteri più o meno generali relativi a che cosa, a quali fattori debbano essere valutati: la mera esistenza dei genitori, ovvero la loro capacità di mantenere il minore, la volontà dei genitori, la loro eventuale condotta pregiudizievole nei confronti del minore, le opportunità offerte al minore in Italia e nel suo Paese d’origine ...

Vi saranno inoltre alcuni principi generali - e primo fra tutti, e il più generale, il superiore interesse del minore - che guideranno la scelta.

Proviamo dunque ad abbozzare qualche riflessione sulla questione dei criteri di scelta, analizzando in particolare la Convenzione di New York, che costituisce la normativa quadro in materia.

Come già sottolineato nell’introduzione, abbiamo tentato di essere il più possibile oggettivi, di cercare nella normativa delle "linee guida" senza "selezionare" le disposizioni a favore di una tesi ed eliminare quelle favorevoli alla tesi opposta.

 

 

 

Il superiore interesse del minore come considerazione prioritaria

In base alla Convenzione di New York e al Testo Unico 286/98 in tutti i procedimenti amministrativi e giurisdizionali riguardanti i minori deve essere preso in considerazione con carattere di priorità il superiore interesse del minore, indipendentemente dalla nazionalità e dalla regolarità del soggiorno:

  1. "In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza sia delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l'interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente." (Convenzione di New York, art. 3, co. 1);
  2. "In tutti i procedimenti amministrativi e giurisdizionali finalizzati a dare attuazione al diritto all’unità familiare e riguardanti i minori, deve essere preso in considerazione con carattere di priorità il superiore interesse del fanciullo, conformemente a quanto previsto dall’art. 3, comma 1, della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa escutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176." (Testo Unico 286/98, art. 28, co. 3).

 

1) Dall’affermazione della priorità del superiore interesse del minore discende che ogni considerazione in merito al controllo dell’immigrazione clandestina dovrà essere secondaria rispetto alla valutazione dell’interesse del minore.

Proprio in attuazione di questo principio, il T.U. 286/98 vieta in generale l’espulsione del minore - provvedimento che si fonda sulla violazione delle norme sull’ingresso e il soggiorno degli stranieri e quindi sull’ "interesse" dello Stato - e prevede invece il rimpatrio assistito, provvedimento che si fonda sull’interesse del minore.

E’ da notarsi inoltre che la Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea del 26.6.97 sui minori non accompagnati, atto cui fanno in genere riferimento le disposizioni e i provvedimenti in materia di rimpatrio adottati recentemente, sembra collocarsi più nell’ambito della normativa in materia di lotta contro l’immigrazione clandestina che non in quella relativa alla tutela dei minori. Le "questioni di interesse comune" citate nel preambolo, che danno ragione dell’adozione di un atto a livello europeo, fanno infatti riferimento in primo luogo alla "lotta contro l’immigrazione e il soggiorno irregolari dei cittadini dei paesi terzi nel territorio degli Stati membri" e solo in secondo luogo e assai meno incisivamente alla tutela dei minori non accompagnati.

Secondaria rispetto alla valutazione del superiore interesse del minore dovrà essere anche ogni considerazione relativa alle priorità nell’utilizzo delle risorse dello Stato sociale a favore dei minori italiani rispetto ai minori stranieri.

2) Il "superiore interesse del minore" non è rigidamente definito, ma è al contrario un concetto altamente discrezionale e tale deve essere per consentire un’effettiva valutazione caso per caso della situazione di ogni singolo minore.

Da tale considerazione discende che anche il diritto all’unità familiare e il diritto a vivere nel proprio Paese d’origine non possono essere considerati come criteri assoluti, ma dovranno essere valutati come modalità di attuazione del superiore interesse del minore, caso per caso.

3) Per orientarci nella valutazione del "superiore interesse del minore" (ancorchè tale valutazione debba sempre considerare il singolo caso), possiamo fare riferimento alla normativa dettata dalle Convenzioni e dalle leggi vigenti in materia di diritti del minore, in quanto l’enunciazione di tali diritti cositituisce un’indicazione circa le modalità di attuazione dell’interesse del minore.

Proviamo ad analizzare alcune di queste indicazioni.

 

 

 

Il diritto alla protezione

In primo luogo, la Convenzione di New York stabilisce che il minore ha diritto ad una protezione particolare e a non essere abbandonato a se stesso:

  1. "[...] Tenendo presente che la necessità di concedere una protezione speciale al fanciullo é stata enunciata nella dichiarazione di Ginevra del 1924 sui diritti del fanciullo e nella dichiarazione dei diritti del fanciullo adottata dall'Assemblea Generale il 20 novembre 1959 [...] Tenendo presente che, come indicato nella Dichiarazione dei diritti dell'uomo "il fanciullo, a causa della sua mancanza di maturità fisica ed intellettuale necessita di una protezione e di cure particolari, ivi compresa una protezione legale appropriata, sia prima che dopo la nascita, [...]" (preambolo);
  2. "Gli Stati Parti si impegnano ad assicurare al fanciullo la protezione e le cure necessarie al suo benessere, in considerazione dei diritti e dei doveri dei suoi genitori, dei suoi tutori o di altre persone che hanno la sua responsabilità legale, ed a tal fine essi adottano tutti i provvedimenti legislativi ed amministrativi appropriati." (art. 3, co. 2);
  3. "Ogni fanciullo il quale é temporaneamente o definitivamente privato del suo ambiente familiare oppure che non può essere lasciato in tale ambiente nel suo proprio interesse, ha diritto ad una protezione e ad aiuti speciali dello stato." (art. 20, co. 1)

 

In ottemperanza al principio per cui incombe allo Stato il dovere di protezione del minore, questi può essere allontanato dal territorio dello Stato solo mediante il rimpatrio assistito, e non mediante espulsione (tranne che per ragioni di ordine pubblico e sicurezza dello Stato).

L’espulsione, infatti, è un provvedimento in base al quale lo straniero viene semplicemente rinviato nel suo Paese d’origine, senza curarsi di quale situazione vi incontrerà (salvo il caso di rischio di persecuzioni).

Il rimpatrio assistito, invece, fondato sulla valutazione del superiore interesse del minore, comporta il rispetto del diritto del minore alla protezione, e quindi che il minore venga affidato ad adulti responsabili che se ne prendano cura.

In questo senso, la Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea sui minori non accompagnati prevede, all’art. 5 "1. Qualora un minore non sia autorizzato a protrarre il suo soggiorno in uno Stato membro, quest'ultimo può rimpatriare il minore nel paese di origine o rinviarlo in un paese terzo disposto ad accettarlo soltanto se vi siano disponibili per lui, al suo arrivo, un'accoglienza e assistenza adeguate, a seconda delle sue esigenze in base all'età e al grado di indipendenza. Vi possono provvedere i genitori o altri adulti che si prendano cura del fanciullo, nonché organizzazioni governative e non governative. 2. Finché non sia possibile un rimpatrio a tali condizioni, gli Stati membri dovrebbero in linea di massima offrire al minore la possibilità di restare nel loro territorio."

 

 

Il diritto alla salute, all’istruzione, alla tutela contro lo sfruttamento economico

In secondo luogo, la Convenzione di New York stabilisce alcuni diritti fondamentali del minore, tra cui:

  1. il diritto "ad un livello di vita sufficiente per consentire il suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale." (Convenzione di New York, art. 27);
  2. il diritto "di godere del miglior stato di salute possibile e di beneficiare di servizi medici e di riabilitazione. [Gli Stati parte] si sforzano di garantire che nessun minore sia privato del diritto di avere accesso a tali servizi." (Convenzione di New York, art. 24);
  3. il diritto "all'educazione, ed in particolare, al fine di garantire l'esercizio di tale diritto gradualmente ed in base all'uguaglianza delle possibilità [Gli Stati parte]: A) rendono l'insegnamento primario obbligatorio e gratuito per tutti; B) incoraggiano l'organizzazione di varie forme di insegnamento secondario sia generale che professionale, che saranno aperte ed accessibili ad ogni fanciullo e adottano misure adeguate come la gratuita dell'insegnamento e l'offerta di una sovvenzione finanziaria in caso di necessità; C) garantiscono a tutti l'accesso all'insegnamento superiore con ogni mezzo appropriato, in funzione delle capacità di ognuno; D) fanno in modo che l'informazione e l'orientamento scolastico e professionale siano aperte ed accessibili ad ogni fanciullo; E) adottano misure per promuovere la regolarità della frequenza scolastica e la diminuzione del tasso di abbandono della scuola." (Convenzione di New York, art. 28);
  4. il diritto "di essere protetto contro lo sfruttamento economico e di non essere costretto ad alcun lavoro che comporti rischi o sia suscettibile di porre a repentaglio la sua educazione o di nuocere alla sua salute o al suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale o sociale." (Convenzione di New York, art. 32).

Le opportunità di esercizio di questi diritti rientrano indubbiamente nella valutazione del superiore interesse del minore.

Per valutare l'interesse del minore a restare in Italia o ad essere rimpatriato, dunque, ci sembra che debbano essere prese in considerazione anche le opportunità formative, lavorative, assistenziali disponibili in Italia e nel Paese d'origine, in quanto esse hanno un'importante influenza sulle possibilità che il minore possa effettivamente esercitare il diritto "ad un livello di vita sufficiente per consentire il suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale".

 

 

Il diritto di vivere nella famiglia d’origine/in un ambiente familiare sostitutivo/nel Paese d’origine

In terzo luogo, tentiamo di valutare come nella Convenzione di New York e nelle leggi vigenti venga considerato il diritto del minore a vivere:

- nella propria famiglia d’origine;

- in un ambiente familiare idoneo sostitutivo rispetto alla propria famiglia d’origine;

- nel proprio Paese d’origine.

1) Famiglia d’origine/ambiente familiare sostitutivo/Paese d’origine

1.1) Sicuramente viene considerato un diritto fondamentale del minore (e quindi rientrante nella valutazione del suo superiore interesse) il diritto di vivere nella propria famiglia d’origine, che dovrà provvedere al suo mantenimento e favorirne lo sviluppo (Convenzione di New York, preambolo e artt. 7, 8, 9, 18.2, 27.3; Costituzione, art. 30; Codice Civile, art. 147; legge 184/83, art. 1):

"Convinti che la famiglia, unità fondamentale della società ed ambiente naturale per la crescita ed il benessere di tutti i suoi membri ed in particolare dei fanciulli, deve ricevere la protezione e l'assistenza di cui necessita per poter svolgere integralmente il suo ruolo nella collettività, Riconoscendo che il fanciullo, ai fini dello sviluppo armonioso e completo della sua personalità deve crescere in un ambiente familiare in un clima di felicità, di amore e di comprensione," (Convenzione di New York, preambolo)

"Il fanciullo [...] ha diritto [...] nella misura del possibile a conoscere i suoi genitori ed a essere allevato da essi." (Convenzione di New York, art. 7).

"Il minore ha diritto ad essere educato nella propria famiglia" (l. 184/83, art. 1)

 

1.2) Ove il minore sia temporaneamente o definitivamente privato di un ambiente familiare idoneo, avrà diritto a ricevere protezione in un ambiente familiare idoneo sostitutivo o, in ultima istanza ove questo non fosse possibile, in un istituto di assistenza.

La Convenzione di New York, art. 20, infatti, stabilisce "1. Ogni fanciullo il quale é temporaneamente o definitivamente privato del suo ambiente familiare oppure che non può essere lasciato in tale ambiente nel suo proprio interesse, ha diritto ad una protezione e ad aiuti speciali dello stato. 2. Gli Stati Parti prevedono per questo fanciullo una protezione sostitutiva, in conformità con la loro legislazione nazionale. 3. Tale protezione sostitutiva può in particolare concretizzarsi per mezzo di sistemazione in una famiglia, della kafalah di diritto islamico, dell'adozione o in caso di necessità, del collocamento in un adeguato istituto per l'infanzia. Nell'effettuare una selezione tra queste soluzioni, si terrà debitamente conto della necessità di una certa continuità nell'educazione del fanciullo, nonché della sua origine etnica, religiosa, culturale e linguistica."

La legge 184/83 (che costituisce la "legislazione nazionale" cui fa riferimento il co. 2 dell'articolo succitato) prevede all'art. 2 che "Il minore che sia temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo può essere affidato ad un'altra famiglia, possibilmente con figli minori, o ad una persona singola, o ad una comunità di tipo familiare, al fine di assicurargli il mantenimento, l'educazione e l'istruzione.

Ove non sia possibile un conveniente affidamento familiare, è consentito il ricovero del minore in un istituto di assistenza pubblico o privato, da realizzarsi di preferenza nell'ambito della regione di residenza del minore stesso."

Il collocamento in istituto è dunque un’ipotesi percorribile solo ove non sia possibile un conveniente affidamento familiare. In tutti i casi in cui è possibile sarà invece preferibile l’affidamento familiare, sia che si tratti di affidamento ad una famiglia o singolo, sia che si tratti di affidamento a una comunità di tipo familiare.

1.3) Non viene fatto riferimento, invece, al diritto del minore di vivere nel proprio Paese di origine.

La Convenzione di New York stabilisce:

  1. il diritto di mantenere la propria identità nazionale: "Gli Stati Parti si impegnano a rispettare il diritto del fanciullo a preservare la propria identità, ivi compresa la sua nazionalità [...]" (Convenzione di New York, art. 7);
  2. l’esigenza che si tenga conto dell’origine etnica, religiosa, culturale e linguistica nel disporre provvedimenti di protezione ove il minore si trovi privo di un ambiente familiare idoneo (v. sopra: Convenzione di New York, art. 20, co. 3)

Tali riferimenti, tuttavia, non implicano che il minore debba trovarsi nel Paese d’origine, ma che lo Stato in cui il minore si trova si adoperi affinché il minore possa mantenere la propria identità nazionale, religiosa, culturale, linguistica.

La Convenzione di New York stabilisce poi all’art. 11 che "Gli Stati Parti adottano provvedimenti per impedire gli spostamenti ed i non - ritorni illeciti di fanciulli all'estero.". Tale disposizione, tuttavia, sembra doversi interpretare in riferimento non alla violazione delle regole sull’ingresso e il soggiorno degli stranieri, ma esclusivamente agli spostamenti contrari alla volontà degli esercenti la potestà, in analogia alle analoghe espressioni nella Convenzione europea sul riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia di affidamento dei minori e di ristabilimento dell’affidamento (Lussembrugo, 20 maggio 1980) e nella Convenzione sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori (L’Aja, 25 ottobre 1980).

Infine, la previsione dell’adozione internazionale come "un altro mezzo per garantire le cure necessarie al fanciullo, qualora quest’ultimo non possa essere messo a balia in una famiglia, oppure in una famiglia di adozione oppure essere allevato in maniera adeguata" (Convenzione di New York, art. 21, lett. B) indica - pur nella diversità dell’istituto dell’adozione rispetto a quello della tutela o dell’affidamento - come possa essere nell’interesse del minore trovare all’estero un ambiente familiare idoneo.

Il supposto "diritto a vivere nel proprio Paese d’origine", dunque, non sembra dover rientrare nei criteri fondamentali di valutazione dell’interesse del minore.

 

 

2) Il rimpatrio non finalizzato al ricongiungimento familiare

In generale, dunque (anche se naturalmente la valutazione va fatta sempre caso per caso) possiamo affermare che, in base alla Convenzione di New York e alla legge 184/83, si possa considerare tendenzialmente più rispondente all’interesse del minore vivere in un ambiente familiare sostitutivo in un Paese diverso dal proprio Paese d’origine che non vivere in un istituto di assistenza nel proprio Paese di origine.

Tale considerazione ha rilevanza nella decisione sull’interesse del minore a restare in Italia ovvero ad essere rimpatriato, nei casi in cui la famiglia nel Paese d’origine risulti inesistente o non idonea a provvedere al minore, e vi sia però nel Paese d’origine stesso un istituto di assistenza disponibile ad accogliere il minore: tale situazione non riguarda solo i minori orfani, ma anche quei minori che, in caso di rimpatrio, non si ricongiungerebbero effettivamente con la famiglia ma dovrebbero andare a vivere comunque separati dai genitori (ad es. i minori rimpatriati ai quali viene offerto di frequentare un corso di formazione professionale in una sede lontana dalla residenza della famiglia).

La questione è quindi: il rimpatrio potrà essere disposto solo in attuazione del diritto all’unità familiare o anche al fine di affidare il minore ad un istituto di assistenza nel Paese d’origine?

1) In base alla legge 184/83, artt. 11 e 15, sembra di poter affermare che il Tribunale per i minorenni, una volta accertato tramite l’autorità consolare che i genitori sono deceduti e non esistono parenti entro il quarto grado con cui il minore abbia relazioni significative, ovvero che essi sono irreperibili, o non si sono presentati, debba dichiarare lo stato di adottabilità.

  1. Art. 11: "Quando dalle indagini previste nell'articolo precedente risultano deceduti i genitori del minore e non risultano esistenti parenti entro il quarto grado, il tribunale per i minorenni provvede a dichiarare lo stato di adottabilità, salvo che esistano istanze di adozione ai sensi dell'articolo 44. In tal caso il tribunale per i minorenni decide nell'esclusivo interesse del minore. [...]";
  2. Art. 15: "A conclusione delle indagini e degli accertamenti previsti dagli articoli precedenti, ove risulti la situazione di abbandono di cui all'articolo 8, lo stato di adottabilità del minore è dichiarato dal tribunale per i minorenni quando: 1) i genitori e i parenti convocati ai sensi degli articoli 12 e 13 non si sono presentati senza giustificato motivo; 2) l'audizione dei medesimi ha dimostrato il persistere della mancanza di assistenza morale e materiale e la non disponibilità ad ovviarvi; 3) le prescrizioni impartite ai sensi dell'articolo 12 sono rimaste inadempiute per responsabilità dei genitori."

In questo caso, dunque, non sembra essere percorribile l’ipotesi del rimpatrio, almeno nei casi in cui non vi sia una richiesta da parte delle autorità dello Stato di cui il minore è cittadino.

 

2) Ove invece si applichi la Convenzione dell’Aja del 1961 - che, in base alla legge di riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato 218/95 disciplina la protezione dei minori - si rileva ancora una volta la crucialità del concetto di "residenza abituale" del minore.

Infatti, se il minore viene considerato abitualmente residente in Italia, le autorità giudiziarie e amministrative italiane divengono competenti in via generale ad adottare misure di protezione nei suoi confronti, e quindi non sembra percorribile l’ipotesi del rimpatrio.

Ove invece il minore venga considerato abitualmente residente nel suo Paese d’origine, le autorità competenti in via generale saranno quelle del Paese d’origine (anche se, naturalmente, le autorità italiane potranno assumere misure urgenti ex art. 9 della Convenzione del 1961): in questo caso, dunque, potrebbe essere eseguito il rimpatrio per riaffidare il minore alle autorità competenti del suo Paese d’origine, in quanto Stato ove egli ha la sua residenza abituale.

Come abbiamo già sottolineato in precedenza, la definizione di "Stato di residenza abituale" fa riferimento agli effettivi legami familiari e sociali del minore, ed attiene a una valutazione di fatto e non di diritto.

In tale valutazione assume particolare importanza (anche se non risolutiva, dato che si tratta di una valutazione di fatto e caso per caso) l’elemento temporale: lo Stato in cui il minore si trova può essere cioè considerato "Stato di residenza abituale" dopo un certo periodo di tempo, che in giurisprudenza viene spesso fissato intorno ai 6 mesi.

Altro aspetto importante nella valutazione è la volontà del minore e la volontà della famiglia, che naturalmente hanno una loro rilevanza nel far sì che un determinato ambiente possa essere considerato come il centro di gravità della vita del minore.

 

3) Le norme specifiche che disciplinano il rimpatrio, d’altro canto, non sono univoche sulla possibilità di adottare provvedimenti di rimpatrio non finalizzati al ricongiungimento familiare, in quanto talvolta fanno riferimento al ricongiungimento familiare, e talaltra al riaffidamento alle autorità responsabili o ad organizzazioni nel Paese d'origine:

1. Il dlgs. 113/99, art. 5, co. 1 parla di "compiti di impulso e di raccordo del Comitato di cui al comma 1 con le amministrazioni interessate ai fini dell'accoglienza, del rimpatrio assistito e del ricongiungimento del minore con la sua famiglia nel Paese d'origine o in un Paese terzo.".

2. Il Regolamento del Comitato per i minori stranieri, prevede:

  1. all’art. 1, co. 4: "Per "rimpatrio assistito" si intende l'insieme delle misure adottate allo scopo di garantire al minore interessato l'assistenza necessaria fino al ricongiungimento coi propri familiari o al riaffidamento alle autorita' responsabili del Paese d'origine, in conformita' alle convenzioni internazionali, alla legge, alle disposizioni dell'autorità giudiziaria ed al presente regolamento. Il rimpatrio assistito deve essere finalizzato a garantire il diritto all'unita' familiare del minore e ad adottare le conseguenti misure di protezione.";
  2. all’art. 2, co. 2: "Ai fini del comma 1, il Comitato: [...] g) in base alle informazioni ottenute, puo' adottare, ai fini di protezione e di garanzia del diritto all'unita' familiare di cui all'articolo 1, comma 4, il provvedimento di cui all'articolo 7, di rimpatrio assistito dei minori presenti non accompagnati;"

3. La Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea 26.6.97 stabilisce :

  1. nella premessa: "[...] gli Stati membri si sforzano di collaborare tra di loro e con i paesi terzi di origine per ricondurre il minore nel suo paese d'origine o in un paese terzo disposto ad accettarlo senza alcun rischio per la sua sicurezza per rintracciare, ogniqualvolta è possibile, le persone che ne sono responsabili e per ricongiungere il minore con esse;";
  2. all’art. 5, co. 1 e 3: "1. Qualora un minore non sia autorizzato a protrarre il suo soggiorno in uno Stato membro, quest'ultimo può rimpatriare il minore nel paese di origine o rinviarlo in un paese terzo disposto ad accettarlo soltanto se vi siano disponibili per lui, al suo arrivo, un'accoglienza e assistenza adeguate, a seconda delle sue esigenze in base all'età e al grado di indipendenza. Vi possono provvedere i genitori o altri adulti che si prendano cura del fanciullo, nonché organizzazioni governative e non governative. [...] 3. Le autorità competenti degli Stati membri dovrebbero cooperare, in vista di un rimpatrio: a) ai fini del ricongiungimento del minore non accompagnato con i suoi familiari nel paese di origine del minore o nel paese in cui essi si trovano; b) con le autorità del paese di origine del minore o di un altro paese al fine di trovare una soluzione durevole adeguata; c) con organizzazioni internazionali quali l'Unhcr e l'Unicef, già attive nell'opera di consulenza ai governi in materia di orientamenti per il trattamento dei minori non accompagnati, in particolare i richiedenti asilo; d) se del caso, con le organizzazioni non governative per accertare la disponibilità di strutture ricettive e assistenziali nel paese in cui il minore sarà rimpatriato o rinviato."

4. Infine, la Convenzione dell’Aja del 1970 sul rimpatrio - che citiamo ancorchè essa non sia ancora internazionalmente in vigore - stabilisce:

  1. all’art 2 : " 1. La présente Convention s’applique aux mineurs qui se trouvent sur le territoire d’un Etat Contractant et dont le rapatriement est demandé par un autre État Contractant pour l’une des raisons suivantes: a) la présence du mineur sur le territoire de I’État requis est contraire a la volonté de la personne ou des personnes qui détiennent à son égard l’autorité parentale ; b) la présence du mineur sur le territoire de I’État requis est incompatible avec une mesure de protection ou de rééducation prise à son égard par les autorités compétentes de I’État requérant: c) la présence du mineur sur le territoire de I’État requérant est nécessaire en raison d‘une procédure visant à prendre a son égard des mesures de protection ou de rééducation
  2. 2. La présente Convention s’applique également au rapatriement des mineurs qui se trouvent sur le territoire d’un Etat Contractant lorsque cet État estime leur présence contraire à ses propres intérêts ou aux intérêts de ces mineurs et pour autant que sa législation lui permette dé les éloigner de son territoire. " ;

  3. all’art. 14 : " 1. Dans les cas prévus à l’article 2, paragraphe 2, I’État de séjour du mineur peut demander à un autre Etat Contractant d’accepter le rapatriement de ce mineur selon les dispositions suivantes: a) lorsque la personne ou les personnes qui détiennent l’autorité parentale se trouvent dans un autre Etat Contractant, la requête est adressée à cet Etat; b) lorsque la personne ou les personnes qui détiennent I’autorité parentale se trouvent dans un Etat non Contractant, la requête est adressée à I’Etat Contractant où le mineur a sa résidence habituelle; c) lorsque l’État où se trouvent la personne ou les personnes qui détiennent l’autorité parentale n’est pas connu ou lorsque personne ne détient cette autorité, la requête est adressée à l’État Contractant où le mineur a sa résidence habituelle ou, si le rapatriement vers cet État est refusé ou ne peut avoir lieu, à I’État Contractant dont le mineur est ressortissant. " 

 

4) Tuttavia, poiché la Convenzione di New York ha valenza di normativa quadro in materia di tutela dei minori, anche la Convenzione dell’Aja del 1961, la Convenzione dell’Aja del 1970 sul rimpatrio e la Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea (che inoltre non ha valore vincolante, trattandosi non di regolamento o direttiva ma di risoluzione) devono essere interpretate alla luce dei suoi principi e delle sue regole.

Come abbiamo visto, nella Convenzione di New York viene attribuita fondamentale importanza al diritto del minore di vivere in un ambiente familiare idoneo, mentre non è sancito il diritto del minore a vivere nel proprio Paese d’origine.

Ci sembra quindi che debba prevalere il principio per cui risulta tendenzialmente più rispondente all’interesse del minore "crescere in un ambiente familiare in un clima di felicità, di amore e di comprensione", ancorchè al di fuori del proprio Paese d’origine, che non vivere in un istituto di assistenza nel proprio Paese d’origine; e che, di conseguenza, sia discutibile la legittimità del rimpatrio non finalizzato al ricongiungimento familiare.

 

 

 

 

Il dovere di provvedere al mantenimento ed allo sviluppo del minore

Dopo queste prime riflessioni sui diritti del minore, cerchiamo ora di analizzare brevemente i doveri che a questi diritti corrispondono, ponendoci in particolare la domanda: a chi incombe il dovere di provvedere al minore?

E’ evidente, infatti, che nella decisione tra rimpatrio o accoglienza in Italia andrà considerata, oltre al superiore interesse del minore (che sarà sempre considerazione prioritaria), anche un’altra questione e cioè chi debba provvedere al minore stesso. In particolare, ci chiediamo se siano sempre la famiglia d’origine del minore e il suo Paese d’origine a dovervi provvedere.

1) La famiglia e il sostegno dello Stato alla famiglia

1.1) Il dovere di provvedere al mantenimento del minore ed al suo sviluppo incombe innanzitutto sui genitori o, in mancanza di essi, alle altre persone che hanno l'affidamento del minore, ai parenti tenuti agli alimenti, ai parenti entro il quarto grado. (Convenzione di New York, art. 18, co. 1 e art. 27, co. 1 e 2; Costituzione, art. 30; Codice Civile, art. 147 e 433; legge 184/83)

Viene però espressamente riconosciuta la possibilità che i genitori non riescano ad adempiere a questo dovere perché "le loro possibilità e i loro mezzi finanziari"non glielo consentono.

La Convenzione di New York, art. 27, co. 2, infatti, stabilisce che: "Spetta ai genitori o ad altre persone che hanno l'affidamento del fanciullo la responsabilità fondamentale di assicurare, entro i limiti delle loro possibilità e dei loro mezzi finanziari, le condizioni di vita necessarie allo sviluppo del fanciullo. "

1.2) Ove i genitori non abbiano i mezzi per provvedere al mantenimento ed allo sviluppo del minore, lo Stato deve fornire loro assistenza e sostegno (Convenzione di New York, art. 18, co. 2 e art. 27, co. 3; Costituzione, art.31).

Anche qui, però, viene riconosciuta la possibilità che lo Stato non disponga dei mezzi sufficienti per rispettare tale dovere:

  1. "Gli Stati Parti si impegnano ad adottare tutti i provvedimenti legislativi, amministrativi ed altri, necessari per attuare i diritti riconosciuti dalla presente Convenzione. Trattandosi di diritti economici, sociali e culturali essi adottano tali provvedimenti entro i limiti delle risorse di cui dispongono e, se del caso, nell'ambito della cooperazione internazionale." (Convenzione di New York, art. 4);
  2. "Gli Stati Parti adottano adeguati provvedimenti, in considerazione delle condizioni nazionali e compatibilmente con i loro mezzi, per aiutare i genitori ed altre persone aventi la custodia del fanciullo di attuare questo diritto ed offrono, se del caso, una assistenza materiale e programmi di sostegno, in particolare per quanto riguarda l'alimentazione, il vestiario e l'alloggio." (Convenzione di New York, art. 27, co. 3).

1.3) Che cosa accade dunque nel caso in cui i genitori non abbiano "le possibilità e i mezzi finanziari" per provvedere al mantenimento ed allo sviluppo del minore, ma lo Stato in cui risiedono "in considerazione delle condizioni nazionali e compatibilmente con i [suoi] mezzi" non può fornire loro l’assistenza e il sostegno necessari ad assicurare al minore "un livello di vita sufficiente per consentire il suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale."?

La Convenzione di New York stabilisce espressamente in uno dei suoi primi articoli che "Gli Stati Parti rispettano la responsabilità, il diritto ed il dovere dei genitori o, se del caso, dei membri della famiglia allargata o della collettività, come previsto dagli usi locali, dei tutori o altre persone legalmente responsabili del fanciullo, di dare a quest'ultimo, in maniera corrispondente allo sviluppo delle sue capacità, l'orientamento ed i consigli adeguati all'esercizio dei diritti che gli sono riconosciuti dalla presente Convenzione." (Convenzione di New York, art. 5).

Se tali sono le condizioni, non può essere considerato un corretto esercizio della potestà genitoriale il fatto che il genitore orienti il minore ad emigrare per cercare condizioni migliori in un Paese più ricco, naturalmente ove l’emigrazione non comporti una situazione di grave pregiudizio per il minore stesso?

 

2) La competenza dello Stato

Dopo aver brevemente analizzato il dovere della famiglia di provvedere al minore e il dovere dello Stato di aiutare la famiglia a svolgere tale compito, accenniamo al più generale dovere dello Stato riguardo alla protezione del minore.

2.1) Rispetto alla competenza dello Stato in ordine alla protezione del minore, la Convenzione dell’Aja del 1961 stabilisce in via generale la competenza dello Stato di residenza abituale del minore, e solo in via accessoria quella dello Stato di nazionalità: non è scontato, dunque, che sia lo Stato di cui il minore è cittadino a doversene "fare carico".

Se la competenza sarà delle autorità italiane o delle autorità del Paese d’origine del minore, dipenderà da come verrà interpretato e applicato il concetto di "residenza abituale".

2.2) Come abbiamo già accennato, nella Convenzione di New York non si nasconde la realtà che molti paesi del mondo sono troppo poveri per attuare effettivamente i diritti previsti dalla Convenzione stessa, ed a questo proposito fa riferimento alla cooperazione internazionale:

  1. "Riconoscendo l'importanza della cooperazione internazionale per il miglioramento delle condizioni di vita dei fanciulli di tutti i paesi, in particolare dei paesi in via di sviluppo, [...]" (Convenzione di New York, preambolo).
  2. "Gli Stati Parti si impegnano ad adottare tutti i provvedimenti legislativi, amministrativi ed altri, necessari per attuare i diritti riconosciuti dalla presente Convenzione. Trattandosi di diritti economici, sociali e culturali essi adottano tali provvedimenti entro i limiti delle risorse di cui dispongono e, se del caso, nell'ambito della cooperazione internazionale." (Convenzione di New York, art. 4);
  3. rispetto al diritto alla salute: "Gli Stati Parti si impegnano a favorire ed a incoraggiare la cooperazione internazionale in vista di attuare gradualmente una completa attuazione del diritto riconosciuto nel presente articolo. A tal fine saranno tenute in particolare considerazione le necessità dei paesi in via di sviluppo."(Convenzione di New York, art. 24, co. 4);
  4. rispetto al diritto all’istruzione: "Gli Stati Parti favoriscono ed incoraggiano la cooperazione internazionale nel settore della educazione, in vista soprattutto di contribuire ad eliminare l'ignoranza e l'analfabetismo nel mondo e facilitare l'accesso alle conoscenze scientifiche e tecniche ed ai metodi di insegnamento moderni. A tal fine, si tiene conto in particolare delle necessità dei paesi in via di sviluppo." (Convenzione di New York, art. 28, co. 3);

Se il Paese d’origine del minore "in considerazione delle condizioni nazionali e compatibilmente con i [suoi] mezzi", non riesce a fornire alla famiglia l'assistenza e il sostegno necessari perché essa possa provvedere al minore stesso, né può assistere il minore tramite propri istituti di assistenza in modo da assicurargli "un livello di vita sufficiente per consentire il suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale", non si può ritenere dovere dello Stato in cui si trova (cioè dell'Italia), in quanto paese ricco e industrialmente avanzato, provvedere al minore stesso, indipendentemente dalla sua residenza abituale?

Non si può considerare tale intervento come attuazione di quella cooperazione internazionale prevista dalla Convenzione di New York?

La valutazione dell’idoneità della famiglia d’origine e della più generale situazione nel Paese d'origine

Un aspetto fondamentale nella decisione sull’interesse del minore a restare in Italia o ad essere rimpatriato concerne la valutazione sull’idoneità della famiglia d’origine a provvedere al mantenimento, educazione ed istruzione del minore nonché la valutazione delle opportunità offerte dal Paese d'origine.

 

1) La capacità e la volontà di provvedere al minore

In primo luogo, ci pare importante distinguere tra la capacità e la volontà dei genitori di provvedere al mantenimento, educazione ed istruzione del minore.

1.1) Se, infatti, i genitori hanno mezzi sufficienti ed accettano di riaccogliere il minore e di provvedervi, il rimpatrio potrà essere ipotizzabile, tenendo conto naturalmente degli altri fattori (quali la volontà della famiglia e del minore, la valutazione più generale delle opportunità formative, lavorative e assistenziali offerte dal Paese d’origine e dall’Italia ecc.).

1.2) Nel caso invece in cui i genitori pur avendo i mezzi sufficienti si rifiutano di provvedere al minore (e quindi rifiutano il suo rimpatrio), sembra di poter affermare che il Tribunale per i minorenni dovrebbe dichiarare la decadenza dei genitori dalla potestà genitoriale e lo stato di adottabilità, in base a quanto disposto dalla legge 184/83, artt. 12 e 15:

"Art. 12. Quando attraverso le indagini effettuate consta l'esistenza dei genitori o di parenti entro il quarto grado indicati nell'articolo precedente, che abbiano mantenuto rapporti significativi con il minore, e ne è nota la residenza, il presidente del tribunale per i minorenni con decreto motivato fissa la loro comparizione, entro un congruo termine, dinanzi a sé o ad un giudice da lui delegato. [...] In caso di residenza all'estero è delegata l'autorità consolare competente.

Udite le dichiarazioni dei genitori o dei parenti, il presidente del tribunale per i minorenni o il giudice delegato, ove ne ravvisi l'opportunità, impartisce con decreto motivato ai genitori o ai parenti prescrizioni idonee a garantire l'assistenza morale, il mantenimento, l'istruzione e l'educazione del minore, stabilendo al tempo stesso periodici accertamenti da eseguirsi direttamente o avvalendosi del giudice tutelare o dei servizi locali, ai quali può essere affidato l'incarico di operare al fine di più validi rapporti tra il minore e la famiglia. [...]"

Art. 15. "A conclusione delle indagini e degli accertamenti previsti dagli articoli precedenti, ove risulti la situazione di abbandono di cui all'articolo 8, lo stato di adottabilità del minore è dichiarato dal tribunale per i minorenni quando: 1) i genitori e i parenti convocati ai sensi degli articoli 12 e 13 non si sono presentati senza giustificato motivo; 2) l'audizione dei medesimi ha dimostrato il persistere della mancanza di assistenza morale e materiale e la non disponibilità ad ovviarvi; 3) le prescrizioni impartite ai sensi dell'articolo 12 sono rimaste inadempiute per responsabilità dei genitori."

In questo caso, dunque non dovrebbe essere possibile il rimpatrio finalizzato al ricongiungimento familiare.

1.3) Consideriamo infine la situazione in cui i genitori non avessero mezzi sufficienti per provvedere al minore, ma accettassero il suo rimpatrio a condizione di ricevere un sostegno che li rendesse in grado di mantenere il minore e se del caso anche il resto della famiglia (il cui mantenimento spesso trae un importante sostegno dalle rimesse del componente emigrato, in questo caso il minore).

In tal caso si porrebbe l’alternativa tra far restare il minore in Italia ovvero rimpatriarlo, fornendo però assistenza alla famiglia nel Paese d’origine. Nella scelta tra le due ipotesi la considerazione prioritaria sarà, naturalmente, l’interesse del minore (e quindi dovranno essere considerati la volontà del minore e della sua famiglia, le opportunità formative, lavorative e assistenziali offerte dal Paese d’origine e dall’Italia ecc.).

A "parità di valutazione" sull’interesse del minore a restare in Italia ovvero ad essere rimpatriato potrà anche essere valutata l’efficienza della spesa assistenziale: l’iniziale mantenimento del minore in Italia è in genere più costoso che nel suo Paese di origine, ma dall’altra parte in Italia il minore probabilmente inizierà a lavorare e riuscirà a mantenere se stesso e, mediante le rimesse, anche la famiglia.

2) Gli "standard" di valutazione

Come valutare la capacità della famiglia di provvedere al mantenimento, educazione ed istruzione del minore. Come valutare le opportunità offerte dal Paese d’origine?

Al di sotto della soglia della povertà assoluta non vi saranno dubbi di valutazione: se la famiglia muore letteralmente di fame, si può affermare con sicurezza che non è in grado di mantenere il minore, ed altrettanto dicasi se il Paese d’origine è colpito ad esempio da una grave carestia.

Vi sono però situazioni di sussistenza in cui si pone la questione se la valutazione debba fondarsi sugli "standard" di mantenimento, istruzione ecc. dei Paesi industrialmente avanzati, o sugli "standard" del Paese d’origine.

Consideriamo ad esempio il caso (nella realtà molto frequente) in cui la famiglia viva in una zona molto povera di montagna o di campagna, ove il minore non può frequentare la scuola ed è costretto, per mantenere se stesso e la famiglia, a lavorare duramente o ad emigrare in città per cercare lavoro. Tale situazione verrà valutata in base ai nostri "standard", e quindi si considererà che il minore non potrebbe esercitare il diritto all’istruzione, alla salute, alla tutela dallo sfruttamento economico ecc. riconosciutigli dalla Convenzione di New York?

Oppure gli "standard" assunti saranno quelli del Paese di origine, e si riterrà quindi che, dato che il reddito, il livello di istruzione e la qualità della vita medi nel Paese d’origine sono bassi, si potranno ritenere "sufficientemente" soddisfatti i diritti del minore alla salute, all’istruzione ecc. e la famiglia potrà essere considerata in grado di provvedere al mantenimento ed all’istruzione del minore? L’Autorità Giudiziaria o Amministrativa dovrà quindi applicare criteri diversi al minore italiano e al minore straniero?

Tale ipotesi sembra improponibile, anche in base a quanto disposto dalla Convenzione di New York, art. 2: "1. Gli Stati Parti si impegnano a rispettare i diritti enunciati nella presente Convenzione ed a garantirli ad ogni fanciullo che dipende dalla loro giurisdizione, senza distinzione di sorta ed a prescindere da ogni considerazione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o altra del fanciullo o dei suoi genitori o rappresentanti legali, dalla loro origine nazionale, etnica o sociale, dalla loro situazione finanziaria, dalla loro incapacità, dalla loro nascita o da ogni altra circostanza;"

Né tale questione sembra trovare soluzione con il riferimento alla legge 218/95 di riforma del diritto internazionale privato che all’art. 36 stabilisce che i rapporti tra genitori e figli, compresa la potestà genitoriale (e i diritti-doveri connessi), sono regolati dalla legge nazionale del figlio.

In primo luogo, infatti, il riferimento alla legge nazionale non risolve che parzialmente il problema degli "standard" di valutazione, in quanto i diritti-doveri connessi alla potestà solitamente sono stabiliti in generale e non in concreto.

In secondo luogo, e soprattutto, si deve sempre fare riferimento al superiore interesse del minore e ai diritti sanciti dalla Convenzione di New York: tutti i minori, indipendentemente dalla nazionalità, hanno diritto alla massima tutela possibile dei loro diritti, dal diritto di godere del miglior stato di salute possibile, al diritto all’istruzione, alla tutela contro lo sfruttamento economico ecc.

 

3) La condotta pregiudizievole dei genitori nella scelta dell’emigrazione

Un altro aspetto da considerare è se la scelta dei genitori di "mandare" il minore in Italia rappresenti una condotta pregiudizievole tale da richiedere la limitazione o decadenza dalla potestà genitoriale.

In particolare, se il minore si trova in Italia in una situazione di sfruttamento, sarà importante valutare la consapevolezza dei genitori rispetto a tale circostanza: ove i genitori avessero consapevolmente inviato il minore in tale situazione di grave pregiudizio (vendendolo o in ogni caso affidandolo a adulti sfruttatori) si ravviserebbero probabilmente le condizioni per una limitazione o una decadenza dalla potestà genitoriale.

Se invece il minore non si trova in una situazione di sfruttamento, ma è stato "mandato" completamente da solo in Italia, sarà da discutere se tale comportamento può essere considerato come una condotta pregiudizievole o se, al contrario, possa essere valutato in determinate circostanze come un corretto esercizio della potestà genitoriale.

Infine, nel caso in cui il minore sia affidato a parenti o altri adulti moralmente e materialmente idonei a provvedervi, non sembra potersi ipotizzare alcuna condotta pregiudizievole da parte dei genitori, a meno di voler fare rientrare in tale concetto anche il solo fatto di "mandare" il minore in Italia in violazione della normativa sull’ingresso e il soggiorno degli stranieri in Italia.

 

 

 

La valutazione della situazione del minore in Italia

Dopo aver discusso alcune problematiche riguardanti la valutazione della famiglia e della più generale situazione nel Paese d’origine, accenniamo ad alcune questioni relative alla valutazione della situazione del minore in Italia.

1) Quali saranno i criteri per valutare la situazione del minore in Italia?

- l’esistenza ed idoneità di parenti entro il quarto grado;

- la disponibilità di famiglie, singoli o comunità di tipo familiare ad accogliere il minore in affidamento;

- la disponibilità di associazioni ed altri enti a prendere in tutela il minore ed a provvedervi;

- le opportunità formative, lavorative e assistenziali disponibili in Italia;

- altro …

2) La disponibilità di associazioni, famiglie ecc. ad accogliere il minore così come le opportunità formative e lavorative saranno valutate in base a ciò che è già effettivamente disponibile al minore al momento dell’apertura del procedimento (ad esempio se il minore ha già preso contatto con associazioni, se è già iscritto ad un corso di formazione professionale ecc.) ovvero a ciò che è disponibile sul territorio e che potenzialmente può essere offerto al minore?

Tale questione assume particolare rilevanza nel caso di minori coinvolti in attività illegali e finiti nel circuito penale: se la situazione del minore in Italia venisse valutata in base alle condizioni attuali, il giudizio sarebbe naturalmente molto negativo e la decisione si orienterebbe probabilmente in direzione di un rimpatrio (ove la famiglia risultasse idonea a provvedere al minore) per sottrarre il minore alla situazione di pregiudizio in cui si trova in Italia; se invece venissero valutate anche le potenzialità di inserimento e di positiva evoluzione del minore, la scelta tra accoglienza e rimpatrio sarebbe molto meno scontata.

 

 

 

La volontà dei genitori e la volontà del minore

Un altro aspetto importante è il peso che dovrà avere nella decisione tra accoglienza e rimpatrio la volontà dei genitori (o degli altri esercenti la potestà). In particolare, se i genitori non hanno i mezzi per provvedere al minore ed esprimono la volontà che il minore resti in Italia, in che modo andrà valutata tale volontà?

Il diritto di stabilire il luogo in cui il minore deve risiedere rientra nei poteri connessi alla potestà genitoriale. Tuttavia, oltre alle problematiche relative alla decadenza dei genitori dalla potestà cui abbiamo precedentemente accennato, è da ritenersi che il diritto del genitore a stabilire il luogo in cui il minore deve risiedere non possa essere esercitato in violazione della normativa sull’ingresso ed il soggiorno degli stranieri in Italia. La volontà dei genitori, quindi, sembra debba valutata con riferimento non al diritto del genitore ma esclusivamente con riferimento all’interesse del minore.

Rientra certamente nella valutazione del minore, infatti, la considerazione della volontà dei genitori, in primo luogo perché ciò che essi ritengono che sia meglio per il figlio, le responsabilità che gli attribuiscono, le aspettative di cui lo caricano sono aspetti che hanno un’importanza cruciale per il minore dal punto di vista psicologico.

In secondo luogo, la considerazione della volontà dei genitori costituisce una concreta attuazione del già citato art. 5 della Convenzione di New York, in base a cui "Gli Stati Parti rispettano la responsabilità, il diritto ed il dovere dei genitori o, se del caso, dei membri della famiglia allargata o della collettività, come previsto dagli usi locali, dei tutori o altre persone legalmente responsabili del fanciullo, di dare a quest'ultimo, in maniera corrispondente allo sviluppo delle sue capacità, l'orientamento ed i consigli adeguati all'esercizio dei diritti che gli sono riconosciuti dalla presente Convenzione."

Per quanto riguarda, poi, la considerazione della volontà del minore, la Convenzione di New York stabilisce il diritto del minore di "esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa, le opinioni del fanciullo essendo debitamente prese in considerazione tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità" (Convenzione di New York, art. 12).

Infine, il fatto di tenere conto della volontà dei genitori e (ove l’età lo consenta) della volontà del minore corrisponde ad una concezione di "valutazione dell’interesse del minore" meno paternalistica, più responsabilizzante ed attenta alla persona ed alla libertà di ciascuno di stabilire che cosa sia meglio per sé o per i propri figli.

 

 

 

L’età del minore

L’età è naturalmente un fattore molto importante, che ha rilevanza rispetto a molti degli altri fattori precedentemente analizzati, e in particolare rispetto a:

  1. l’esigenza del minore di vivere nella propria famiglia d’origine: è evidente che per un adolescente tale esigenza è assai inferiore rispetto ad un bambino;
  2. la condotto pregiudizievole dei genitori nella scelta dell’emigrazione: nel caso di genitori che inviano un bambino solo in un Paese straniero a lavorare è più probabile che si possa parlare di condotta pregiudizievole che non nel caso di un adolescente;
  3. la volontà del minore: più il minore è maturo, più sarà importante tenere conto della sua volontà; tale principio trova espressione in diverse disposizioni procedurali, che stabiliscono una soglia di età al di sopra della quale il minore deve essere sentito (ad es. prima che venga disposto l’affidamento familiare, il servizio sociale deve sentire il minore che abbia compiuto i 12 anni; prima della nomina del tutore, il Giudice Tutelare deve sentire il minore che ha compiuto i 16 anni) o addirittura è necessario il suo consenso (ad es. per l’adozione il minore che ha compiuto i 14 anni deve manifestare espresso consenso).

 

 

 

La priorità nella scelta tra accoglienza e rimpatrio

Sarà importante, infine, capire se la priorità dovrà esser data all’ipotesi del rimpatrio o a quella dell’accoglienza, cioè se la linea generale sarà di rimpatriare tutti i minori per i quali non sia impossibile il rimpatrio, ad eccezione cioè di quei minori provenienti da paesi in guerra, o che rischiano persecuzioni nel Paese d'origine; ovvero di rimpatriare solo i minori per i quali il rimpatrio non sia evitabile, in quanto espressamente chiesto dai genitori o dagli altri esercenti la potestà che si trovano nel Paese d’origine.

E’ probabile, infatti, che la maggior parte dei minori non accompagnati presenti in Italia si trovino in una categoria intermedia tra questi due estremi, non provenendo da paesi in guerra o a rischio di persecuzione da una parte, e dall’altra parte essendo emigrati con il consenso dei genitori, che non hanno dunque intenzione di chiederne il rimpatrio.

Che cosa verrà deciso per questi minori? Il rimpatrio sarà la soluzione tendenzialmente generale o residuale?

Ancora una volta, le norme vigenti non forniscono una risposta chiara, e questa ambiguità ricalca in parte l’ambiguità precedentemente analizzata in merito alle competenze ed alle procedure sulla scelta tra accoglienza e rimpatrio.

1) La legge 184/83, art. 33, co. 5 (come modificata dalla legge 476/98) stabilisce che: "[...] Il tribunale, adottato ogni opportuno provvedimento temporaneo nell'interesse del minore, provvede ai sensi dell'articolo 37-bis, qualora ne sussistano i presupposti, ovvero segnala la situazione alla Commissione [cioè la Commissione per le adozioni internazionali] affinché prenda contatto con il Paese di origine del minore e si proceda ai sensi dell'articolo 34."

Questa disposizione sembrerebbe attribuire priorità all’accoglienza, limitando l’ipotesi del rimpatrio ai casi in cui non "sussistano i presupposti" per disporre un provvedimento ex art. 37-bis.

In realtà, tuttavia, resta una forte ambiguità in quanto non è chiaro che cosa si intenda con l’espressione "qualora sussistano i presupposti" (per provvedere ai sensi dell’art. 37-bis): deve intendersi la disponibilità di una famiglia, di un singolo o di una comunità di tipo familiare a prendere il minore in affidamento o in tutela? In questo caso, tale disponibilità dovrà esservi già al momento dell'apertura del procedimento ovvero potrà trattarsi di una disponibilità emersa nel corso del procedimento?

Facendo riferimento alla Convenzione de L’Aja del 1961 si potrebbe forse intendere che il Tribunale per i minorenni adotta provvedimenti provvisori ed urgenti ex art. 9 della Convenzione e successivamente, ove ritenga che il minore possa essere considerato abitualmente residente in Italia, adotta i provvedimenti ex art. 37-bis della legge 184/83.

L’espressione "qualora ne sussistano i presupposti" potrebbe quindi essere intesa nel senso di "qualora il minore possa essere considerato abitualmente residente in Italia", cioè quando il minore abbia il centro di gravità della sua vita in Italia, anche in conseguenza delle misure urgenti disposte e considerando l’elemento volontaristico.

2) Il dlgs. 113/99, art. 5, co. 2 stabilisce che "[...] Il provvedimento di rimpatrio del minore straniero non accompagnato per le finalita' di cui al comma 2, e' adottato dal Comitato di cui al comma 1 [cioè il Comitato per i minori stranieri]. Nel caso risulti instaurato nei confronti dello stesso minore un procedimento giurisdizionale, l'autorita' giudiziaria rilascia il nulla osta, salvo che sussistano inderogabili esigenze processuali.".

In questa disposizione, dunque, sembra che la priorità venga attribuita all’ipotesi del rimpatrio.

3) Il Regolamento del Comitato per i minori stranieri prevede all’art. 7, co.2: "Salva l'applicazione delle misure previste dall'articolo 6, il Comitato dispone il rimpatrio assistito del minore presente non accompagnato, assicurando che questi sia stato previamente sentito, anche dagli enti interessati all'accoglienza, nel corso della procedura."

Andrà chiarito che cosa significhi l’espressione "Salvo l’applicazione delle misure previste dall'articolo 6": si intende solo le misure di accoglienza temporanea in attesa della disposizione ed esecuzione del provvedimento di rimpatrio? O significa che, se vengono disposte misure di accoglienza (quali le "tutele civili" o l’affidamento), il rimpatrio non deve essere necessariamente disposto?

4) Spesso per sostenere la priorità del diritto all’unità familiare si fa riferimento all’art. 22 della Convenzione di New York, in base a cui "[...] gli Stati Parti collaborano, a seconda di come lo giudichino necessario, a tutti gli sforzi compiuti dall'organizzazione delle Nazioni Unite e le altre organizzazioni intergovernative o non governative competenti che collaborano con l'organizzazione delle Nazioni Unite, per proteggere ed aiutare i fanciulli che si trovano in tale situazione e per ricercare i genitori o altri familiari di ogni fanciullo rifugiato al fine di ottenere le informazioni necessarie per ricongiungerlo alla sua famiglia.

Se il padre, la madre o ogni altro familiare sono irreperibili, al fanciullo sarà concessa, secondo i principi enunciati nella presente Convenzione, la stessa protezione di quella di ogni altro fanciullo definitivamente oppure temporaneamente privato del suo ambiente familiare per qualunque motivo."

Tale disposizione, tuttavia, si riferisce specificatamente ai minori rifugiati e richiedenti lo status di rifugiato, che sono stati separati dai genitori contro la loro volontà, fattispecie dunque ben diversa da quella qui analizzata dei minori emigrati per motivi economico-sociali e, soprattutto, con il consenso dei genitori.

5) La Convenzione dell’Aja del 1970 sul rimpatrio - che citiamo pur non essendo internazionalmente in vigore - prevede all’art. 8 che : " L’Etat requis peut en outre, compte tenu de toutes les circonstances de l’affaire, rejeter la requête: a) si la personne ou les personnes qui détiennent j’autorité parentale ou à qui le mineur est confié se trouvent sur le territoire de I’Etat requis et s’opposent au rapatriement ; b) si le rapatriement est considéré comme étant contraire à l’intérêt du mineur, notamment lorsque ce dernier a des liens familiaux ou sociaux effectifs dans cet Etat ou lorsque le rapatriement est incompatible avec une mesure de protection ou de rééducation prise dans ledit Etat. "

6) La Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea del 26.6.97, infine, è invece molto chiara nello stabilire che, ogni qualvolta sia possibile, il minore debba essere rimpatriato:

  1. "[...] considerando che la presenza irregolare nel territorio degli Stati membri di minori non accompagnati che non sono considerati rifugiati deve avere carattere provvisorio, per cui gli Stati membri si sforzano di collaborare tra di loro e con i paesi terzi di origine per ricondurre il minore nel suo paese d'origine o in un paese terzo disposto ad accettarlo senza alcun rischio per la sua sicurezza per rintracciare, ogniqualvolta è possibile, le persone che ne sono responsabili e per ricongiungere il minore con esse; [..]" (premessa);
  2. "1. Qualora un minore non sia autorizzato a protrarre il suo soggiorno in uno Stato membro, quest'ultimo può rimpatriare il minore nel paese di origine o rinviarlo in un paese terzo disposto ad accettarlo soltanto se vi siano disponibili per lui, al suo arrivo, un'accoglienza e assistenza adeguate, a seconda delle sue esigenze in base all'età e al grado di indipendenza. Vi possono provvedere i genitori o altri adulti che si prendano cura del fanciullo, nonché organizzazioni governative e non governative. 2. Finché non sia possibile un rimpatrio a tali condizioni, gli Stati membri dovrebbero in linea di massima offrire al minore la possibilità di restare nel loro territorio." (art. 5).

Va tuttavia ricordato che:

  1. la Risoluzione dell’Unione Europea non ha valore vincolante, non trattandosi né di un regolamento né di una direttiva, ma appunto di una risoluzione; ;
  2. la Risoluzione stessa stabilisce che "La presente risoluzione lascia impregiudicate eventuali disposizioni più favorevoli della legislazione nazionale." (art. 3, co.4);
  3. come già notato all’inizio, la Risoluzione sembra collocarsi più nell’ambito della normativa in materia di lotta all’immigrazione clandestina che non in quella relativa alla tutela dei minori.

Più in generale, si può ritenere che, in presenza di una normativa così poco chiara e lacunosa, si dovrà fare ricorso all’interpretazione con riferimento all’atto che, in materia di protezione dei minori, costituisce normativa quadro: la Convenzione di New York.

La decisione tra accoglienza e rimpatrio dovrà sempre fare riferimento, in base alla Convenzione di New York e al Testo Unico 286/98, al superiore interesse del minore: dunque anche nel caso in cui "vi siano disponibili per lui, al suo arrivo, un'accoglienza e assistenza adeguate, a seconda delle sue esigenze in base all'età e al grado di indipendenza", la decisione di provvedere al rimpatrio non potrà essere scontata, partendo dal presupposto che per il minore sia sempre e comunque meglio vivere nella sua famiglia d'origine e nel suo Paese d'origine.

Il diritto all'unità familiare è sicuramente un principio fondamentale, ma non assoluto. La valutazione del "superiore interesse del minore" richiede di tenere conto non solo del diritto all'unità familiare (né tanto meno del solo diritto a vivere nel proprio Paese d’origine), ma anche del diritto ad "un livello di vita sufficiente per consentire il suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale", del diritto alla salute, all’istruzione, alla tutela sul lavoro ... Diritti di cui il minore presente in Italia, cittadino di un paese non industrialmente avanzato, ha diritto di godere quanto il minore italiano.

 

 

 

 

 

 

 

APPENDICE

 

 

 

 

INDICE DELL’APPENDICE

 

Giurisprudenza: .................................................................................................................................. p. 98

  1. Pretura di Torino Ufficio del Giudice Tutelare 22.12.1998 - provvedimento di rimpatrio - revoca; scheda di L. Guerci (in "Diritto, Immigrazione e Cittadinanza", 1999, n. 3);

  1. Tribunale per i minorenni di Brescia 20.1.1999 - affidamento di minore straniero a familiari entro il quarto grado - esclusione competenza del Tribunale minorile; competenza del Giudice Tutelare per l’apertura della tutela (in "Diritto, Immigrazione e Cittadinanza",1999, n. 1);
  2. Pretura di Mantova, sez. dist. Castiglione delle Stiviere, comunicazione del Giudice Tutelare 15.2.1999 - apertura di tutela - esclusione competenza del Giudice Tutelare (in "Diritto, Immigrazione e Cittadinanza",1999, n. 1);
  3. Tribunale per i minorenni di Venezia 21.12.1998 - affidamento di minore straniero a familiari entro il quarto grado - competenza del Tribunale minorile (in "Diritto, Immigrazione e Cittadinanza",1999, n. 4);
  4. Tribunale per i minorenni di Venezia 28.12.1998 - affidamento di minore straniero a familiari entro il quarto grado - competenza del Tribunale minorile (in "Diritto, Immigrazione e Cittadinanza",1999, n. 4);
  5. Tribunale per i minorenni di Venezia 10.5.1999 - affidamento di minore straniero a familiari entro il quarto grado - esclusione competenza del Tribunale minorile (in "Diritto, Immigrazione e Cittadinanza",1999, n. 4);
  6. Tribunale per i minorenni di Torino 22.7.1999 - minore straniero irregolare - convivenza con familiari entro il quarto grado - esclusione dell’intervento del Tribunale minorile (in "Diritto, Immigrazione e Cittadinanza",1999, n. 4);
  7. Tribunale per i minorenni di Caltanissetta 4.8.1998 - minore straniero irregolare - affidamento a parenti entro il quarto grado - espulsione dell’affidatario (in "Diritto, Immigrazione e Cittadinanza", 2000, n. 1);
  8. Corte d’appello di Torino 10.12.1999 - affidamento di minore straniero a familiari entro il quarto grado - esclusione competenza del Tribunale minorile; competenza del Giudice Tutelare per l’apertura della tutela; scheda di L. Miazzi (in "Diritto, Immigrazione e Cittadinanza", 2000, n. 1);
  9. Tribunale Amministrativo del Piemonte 10.11.1999 - annullamento del rigetto di domanda di permesso di soggiorno per motivi di giustizia presentata meno di 20 giorni prima del compimento della maggiore età.

 

 

Articoli: .................................................................................................................................. ........... p. 109

  1. W. Citti, I minori stranieri non accompagnati tra tutela in Italia e rimpatrio, articolo consultabile sul sito Progetto "Atlante" della Provincia di Torino e di prossima pubblicazione in un volume edito da Giuffrè: .............................................................................................................................. p. 109

 

 

Interventi a seminari e convegni: ....................................................................................................... p. 126

  1. G. De Marco, G. Calcagno, A. Tetto, Interventi al seminario "Minori stranieri irregolari: quale tutela?", Torino, 15 ottobre 1999: ........................................................................................... p.126
  2. P. Vercellone, Intervento al convegno "Minori stranieri non accompagnati - Strategie locali e nazionali - Presentazione del Comitato per i minori stranieri", Torino, 22 febbraio 2000: ................................................................................................................................................ p. 131

 

 

Altri documenti: ................................................................................................................................. p. 134

  1. Intesa
  2. Nota della Procura della Repubblica e del Tribunale per i minorenni di Torino e del Giudice Tutelare di Torino del 12 novembre 1998;
  3. Nota della Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Torino;
  4. Nota informativa del Servizio Sociale Internazionale;
  5. Indicazioni del Dipartimento Affari Sociali consultabili sul sito dell’Ancitel.

I minori stranieri non accompagnati tra tutela in Italia e rimpatrio

di Walter Citti*

 

Non è per nulla agevole affrontare dal punto di vista normativo la delicata questione del trattamento dei minori stranieri non accompagnati. Nonostante l'entrata in vigore della legge n. 40/1998, definita al momento dell'approvazione normativa "organica" in materia di immigrazione, e l'emanazione del suo regolamento di attuazione, la materia dei minori stranieri non accompagnati viene ad essere considerata in recenti studi sull'argomento "quasi intrattabile" a causa della "coesistenza nell'ordinamento giuridico di molteplici disposizioni, disorganiche e in parte contrastanti tra loro, che danno luogo a enormi difficoltà di orientamento e, conseguentemente, a prassi giudiziarie le più disparate". Non si esita a definirla un vero e proprio "guazzabuglio" normativo, dove gli operatori sociali e giudiziari si muovono "secondo prassi più o meno consolidate (perlopiù a livello locale ndr), dall'origine incerta e dalla perdurante legittimità quantomeno dubbia", innanzitutto sotto il profilo costituzionale.

La situazione prima della legge n. 40/1998.

La mancata regolamentazione giuridica della materia da parte della legge n. 39/1990 aveva costretto diverse realtà locali ad individuare forme di intervento ispirate ai principi generali del diritto minorile e a quelli della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, con l'intento di sottrarre all'autorità di polizia i poteri di determinazione in merito al trattamento dei minori stranieri non accompagnati per trasferirli a quella giudiziaria, individuata alternativamente nel Tribunale per i Minorenni ovvero nel Giudice Tutelare.

Se andiamo brevemente ad esaminare il sistema generale delle norme in materia di protezione dei minori, ricavabile dalla costituzione, dalle fonti internazionali e relative leggi di ratifica ed esecuzione, così come dalle norme del codice civile e dalla disciplina sull'adozione e l'affidamento (legge n.184/83 come modificata dalla legge n. 476/98), appare emergere un quadro che attribuirebbe esclusivamente all'Autorità Giudiziaria minorile la competenza sul trattamento del minore straniero non accompagnato in Italia e sulle soluzioni più opportune da adottare nei suoi confronti, nel senso del rimpatrio ovvero della sua permanenza in Italia. Come vedremo più avanti, tale convinzione appare oggi messa in discussione per effetto di nuovi strumenti normativi, di dubbia legittimità costituzionale, che sembrerebbero trasferire tale competenza all'autorità amministrativa.

Innanzitutto vale la pena citare le fonti giuridiche interne in tema di protezione generale giuridica della condizione minorile, applicabili nei casi in cui i genitori siano impossibilitati ad esercitare la potestà e riguardanti l'apertura della tutela ad opera del giudice tutelare (art. 343 C.C.), anche deferendola al rappresentante dell'istituto di assistenza ove il minore venga ricoverato o assistito a cura della pubblica autorità (artt. 401, 402, 403 C.C.). Molto importante è anche l'art. 371 C.C. che demanda al Giudice tutelare il compito di stabilire il luogo in cui il minore sottoposto a tutela deve vivere e che, rispetto ai minori stranieri non accompagnati, è stato per analogia interpretato come attribuente all'autorità giudiziaria la valutazione dell'interesse o meno del minore a rimanere in Italia ovvero ad essere rimpatriato. Una norma esplicitamente rivolta ad estendere anche al minore straniero le misure di protezione generalmente previste è stata il famoso art. 37 della legge n. 184/83, che ha dichiarato applicabile anche al minore straniero in stato di abbandono in Italia le misure contenute nel medesimo strumento normativo in materia di adozione, di affidamento familiare e di provvedimenti necessari in caso di urgenza.

Prendendo spunto da questo complesso quadro normativo, così come dalle esperienze di collaborazione interistituzionale già promosse in diversi contesti locali e specialmente a Roma e a Torino, nel corso del 1994 le autorità centrali del Ministero dell'Interno, di quello di Grazia e Giustizia e del Lavoro decisero di avviare una serie di incontri e discussioni che condussero all'emanazione di provvedimenti amministrativi (circolari) volti a regolamentare in modo uniforme sul territorio nazionale la questione del trattamento dei minori stranieri non accompagnati. Si sancì la necessità per ogni minore straniero non accompagnato di avviare l' apertura di una tutela da parte del Tribunale per i Minorenni (per i minori di anni 14) o del Giudice tutelare (per gli ultra quattordicenni), con conseguente affidamento all'Ente locale, in base ad una interpretazione "lata" dell'art. 37 della legge n. 184/83, secondo cui il giudice può emettere provvedimenti urgenti a favore del minore straniero in stato di abbandono. In base a tali circolari amministrative, all'autorità di polizia veniva sottratto ogni potere di determinazione circa la condizione ed il trattamento del minore straniero non accompagnato, demandando all'autorità giudiziaria minorile il delicato compito di individuare la soluzione più confacente agli interessi supremi del minore richiamati dalla Convenzione Internazionale sui diritti del fanciullo (art. 3) (accoglienza, integrazione o rimpatrio). Durante la tutela disposta dall'autorità giudiziaria, il minore godeva di un permesso di soggiorno per motivi di "affidamento" o di "giustizia", il cui rilascio veniva ricondotto alla previsione di cui all'art. 4.14 della legge n. 39/90 ("Per gli stranieri ricoverati in case di cura e di pena, ovvero ospitati in comunità civili o religiose, il permesso di soggiorno può essere richiesto alla questura competente da chi presiede le case, gli istituti o le comunità sopraindicati, per delega degli stranieri medesimi").

Al fine di rendere maggiormente effettiva la protezione sociale del minore non accompagnato sottoposto a tutela, venne concordata la possibilità di un suo accesso all'impiego, in via del tutto eccezionale, previo rilascio al datore di lavoro di un apposito atto di avviamento a prescindere dall'iscrizione del minore alle liste di collocamento (circ. Min. Lavoro n. 67 dd. 16.06.1994).

Venendo incontro a ragioni di carattere umanitario facilmente comprensibili, con una successiva circolare amministrativa (circ. Ministero del Lavoro dd. 19.09.1995) si consentì la possibilità per il minore straniero non accompagnato e sottoposto a tutela, una volta raggiunta la maggiore età, di rimanere in Italia, usufruendo dell'iscrizione alle liste di collocamento, alla pari degli altri cittadini stranieri regolarmente soggiornanti in Italia per motivi di lavoro, anziché essere sottoposto al provvedimento espulsivo.

Le disposizioni contenute nella legge n. 40/1998. Una riforma mancata in materia di minori non accompagnati.

Sebbene le autorità di P.S. a livello locale applicassero spesso i provvedimenti amministrativi citati in maniera discrezionale e disomogenea, si può affermare in linea generale che erano state poste le basi nel trattamento dei minori stranieri non accompagnati per un superamento della logica delle espulsioni a favore di una logica alternativa di accoglienza ed integrazione.

Con l'entrata in vigore della legge n. 40/1998, sembrò trovare ulteriore conferma questo orientamento favorevole all'integrazione.

Sebbene la questione non appaia molto definita dalla normativa in questione, importanti disposizioni vi sono peraltro contenute. Così, l'art. 19.2 a) del d.lgs. 286/98 dispone l'inespellibilità del minore straniero non accompagnato, tranne per i motivi di sicurezza nazionale e ordine pubblico, per i quali, in base all'art. 31.4, deve disporre il Tribunale per i minorenni su richiesta del questore. Per quanto concerne la condizione dei minori stranieri non accompagnati sottoposti a tutela ("comunque affidati ai sensi dell'art. 2 della legge n. 184/83" ad una famiglia, ad una persona singola, ad una comunità di tipo familiare o ad un istituto), una volta raggiunta la maggiore età, l'art. 32 stabilisce la possibilità del rilascio a loro favore di un permesso di soggiorno per motivi di studio o di accesso al lavoro, a prescindere dal sistema delle quote annuali introdotto dal meccanismo della programmazione dei flussi.

Il decreto legislativo n. 133/1999. Dall'accoglienza al rimpatrio assistito. Tutela dei diritti del minore o "espulsione camuffata" ?

Il fatto, tuttavia, che non si sia voluto prevedere con la nuova legge sull'immigrazione una griglia normativa precisa ed organica della materia, ha favorito ben presto un cambio di rotta a livello governativo, improntato più che su solide basi giuridiche, su un elevato esercizio di discrezionalità amministrativa, e giustificato da considerazioni di opportunità politica nonché da asserite inconciliabilità della situazione italiana con gli standard europei.

L'aumento del numero dei minori stranieri non accompagnati affidati e accolti presso istituti e centri di accoglienza dei comuni, cui spetta tale compito anche in base a quanto chiarito da un parere del Consiglio di Stato (30 luglio 1997), ha accresciuto le difficoltà di gestione da parte degli Amministratori locali. A ciò si sono aggiunte le preoccupazioni da parte governativa di alimentare con una politica di accoglienza flussi migratori clandestini e soprattutto di favorire indirettamente le organizzazioni criminali che li gestiscono, così come di non ottemperare ai criteri - peraltro non vincolanti giuridicamente- contenuti nella Risoluzione del Consiglio dell'Unione Europea del 26 giugno 1997 sui minori non accompagnati, cittadini di paesi terzi 11.

Utilizzando la delega contenuta nell'art. 47 c. 2 della legge n. 40/98, che demandava al Governo stesso di adottare, entro due anni, le disposizioni correttive necessarie "per realizzare pienamente i principi della legge o per assicurarne la migliore attuazione", con il d. lgs. 13 aprile 1999 n. 113, ed in particolare con l'art. 5, sono state introdotte delle disposizioni correttive al Testo Unico sull'immigrazione riferite ai poteri e alle funzioni del Comitato per i minori stranieri di cui all'art. 33 del d.lgs. n. 286/98. Tale comitato era sorto già ai tempi della "legge Martelli" con lo scopo di vigilare e regolare le modalità di ingresso e di soggiorno temporaneo in Italia dei minori stranieri nell'ambito di programmi solidaristici di accoglienza temporanea proposti da enti, associazioni di volontariato, enti locali (ad es. i soggiorni estivi dei bambini ucraini e bielorussi colpiti dalle radiazioni di Chernobyl, etc.). Accanto a queste funzioni tradizionali, già con l'art. 33 del T.U. si era fatto cenno, in verità assai sfuggevole, ad ulteriori e non precisati compiti concernenti la tutela dei diritti dei minori stranieri in conformità alla Convenzione sui diritti del fanciullo del 1989, in relazione anche all'affidamento temporaneo e al rimpatrio dei medesimi. Con l'art. 5 del d.lgs. 113/99 si fa esplicito rimando ad un regolamento, successivamente emanato con il d.p.c.m. 09.12.1999 n. 53512, volto a definire i compiti del comitato anche con riferimento alle modalità di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati da parte dei servizi sociali degli enti locali, e alle soluzioni praticabili nei loro confronti, di accoglienza, di rimpatrio assistito, di ricongiungimento con la famiglia nel paese di origine o in un paese terzo (c. 1b)). In particolare, il decreto legislativo prevede che il provvedimento di rimpatrio del minore straniero non accompagnato venga adottato dal Comitato e che l'autorità giudiziaria rilasci il nulla-osta in caso di pendenza di un procedimento giudiziario, fatta salva la sussistenza di inderogabili esigenze processuali (c.2).

In sostanza, con il decreto legislativo n. 113/99 il governo ha voluto indicare che l'inespellibilità del minore straniero non accompagnato, che discende dall'art.19 c. 2 a) del T.U., non esclude di per sé l'ipotesi del rimpatrio del medesimo, istituto che va distinto da quello dell'espulsione qualora, realizzandosi mediante le garanzie sostanziali e procedurali contenute nella risoluzione europea accennata, assuma un carattere non meramente coatto, bensì "assistito". 13

Chiarito che, nell'impostazione governativa, la non-espellibilità del minore straniero non accompagnato non esclude l'eventualità/opzione del suo rimpatrio "assistito", sembrano tuttavia lungi dall'apparire privi di lacune, incertezze, contraddizioni e dubbi di legittimità costituzionale decisivi aspetti del complesso normativo venuto a compimento con il varo del citato regolamento previsto dal d.lgs. 113/99, concernente i compiti del Comitato per i minori stranieri. Molteplici rilievi, in particolare, è necessario muovere sui seguenti punti:

  1. L'incerta definizione di minore non accompagnato e l'altrettanto precaria condizione di tutela giuridica del minore straniero affidato di fatto a parenti entro il quarto grado anche a causa del difetto di coordinamento tra le disposizioni della legge n. 40/98 e quelle ordinarie di cui alla legge n. 184/83.
  2. Le scarse garanzie di effettività nell'applicazione delle specifiche disposizioni di tutela del minore straniero non accompagnato contenute nell'art. 33 c. 5 della legge n. 476/9814 rispetto alle norme della legge sull'immigrazione relative all'istituto del respingimento con accompagnamento alla frontiera.
  3. La distribuzione ed il coordinamento delle competenze e delle responsabilità decisionali riguardo alla soluzione da adottare per il minore non accompagnato, tra autorità giudiziaria minorile, questura, servizi sociali degli enti locali, volontariato, comitato per i minori stranieri.
  4. Il quadro delle garanzie previste per il minore affinché il rimpatrio assistito costituisca effettivamente la soluzione più vicina ai suoi interessi superiori;
  5. Il quadro dei diritti e delle facoltà connesse all'accoglienza e al soggiorno del minore non accompagnato in Italia nel corso della tutela.

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  1. Nel regolamento concernente i compiti del comitato per i minori stranieri viene contenuta una definizione di "minore straniero non accompagnato" che ricalca sostanzialmente quella contenuta nella risoluzione europea, intendendo per esso "quel minorenne non avente la cittadinanza italiana o di uno degli Stati dell'Unione Europea che, non avendo presentato domanda di asilo politico, si trova per qualsiasi causa, nel territorio dello Stato privo di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti responsabili in base alle leggi vigenti nell'ordinamento italiano".15 Tale definizione non risolve la delicata, e peraltro assai frequente nella casistica, questione del trattamento dei minori stranieri affidati di fatto dai genitori rimasti nel paese di origine a parenti entro il quarto grado residenti regolarmente in Italia. In base all'art. 19 del d.lgs. n. 286/98 sull'inespellibilità del minore (salvo il diritto a seguire il genitore o l'affidatario espulso) e alla conseguente norma di attuazione contenuta nel regolamento di attuazione (art. 28 d.p.r. 31.08.1999 n. 394: "Quando la legge dispone il divieto di espulsione, il questore rilascia il permesso di soggiorno…per minore età", salvo l'iscrizione del minore di anni quattordici nel permesso di soggiorno del genitore o dell'affidatario straniero regolarmente soggiornanti in Italia) non vi sono dubbi sul diritto del minore ad ottenere una regolarizzazione della propria presenza in Italia. I problemi che si pongono sono di duplice natura: vi sono i presupposti per l'intervento da parte di un'autorità giudiziaria minorile e quale deve essere tale autorità ? Qual' è lo status del minore al momento del raggiungimento della maggiore età ?.
  2. La norma citata del regolamento applicativo richiede la segnalazione di ogni minore non accompagnato al Tribunale per i minorenni "per i provvedimenti di competenza", ma tale competenza nei casi di minori stranieri affidati di fatto a parenti entro il quarto grado in Italia appare perlomeno dubbia. Il Tribunale per i minorenni infatti ha la funzione di controllo dell'esercizio della potestà genitoriale e ha come scopo la tutela dei minorenni nei confronti delle condotte eventualmente pregiudizievoli dei genitori, con conseguente, nel caso, esercizio del potere di limitazione o esclusione della potestà (art. 330-333 C.C.). Nella maggior parte dei casi l'affido di fatto ai parenti in Italia avviene con il pieno consenso dei genitori, espresso con atti notarili redatti nei paesi di origine e raccolti dai servizi sociali o dall'autorità giudiziaria italiana, così come i parenti di fatto affidatari vivono regolarmente in Italia soddisfando requisiti alloggiativi e reddituali per il mantenimento del minore, per cui a molti giudici non appare sostenibile la tesi di una condotta pregiudizievole che sola può giustificare l'intervento del T.M. Ugualmente, argomentando a contraris ex art. 9 VI° comma l. 184/83 ("Chiunque, non essendo parente entro il quarto grado, accoglie stabilmente nella propria abitazione un minore, qualora l'accoglienza si protragga per un periodo superiore a sei mesi, deve, trascorso tale periodo, darne segnalazione al giudice tutelare, che trasmette gli atti al Tribunale per i minorenni con relazione informativa…Nello stesso termine di cui al comma precedente uguale segnalazione deve essere effettuata dal genitore che affidi stabilmente a chi non sia parente entro il quarto grado il figlio minore per un periodo non inferiore a sei mesi") la giurisprudenza ha sostenuto di non ravvisare in questi casi la competenza né dell'autorità amministrativa del Servizio sociale per l'eventuale disposizione formale dell'affidamento consensuale, né del Tribunale per i minorenni per quello giudiziale.16 Resta il fatto che in assenza di un provvedimento formale di affidamento ex art. 2 e 4 della legge n. 184/83, in base ad un'interpretazione letterale, non potrebbero essere applicate le disposizioni di cui agli artt. 30 e 31 del D.lgs.vo n. 286/98 che richiamano proprio alle norme sull'adozione e l'affidamento, per cui il minore infraquattordicenne non potrebbe essere iscritto sul permesso di soggiorno del parente affidatario di fatto e seguirne la condizione giuridica, né ottenere al compimento del quattordicesimo anno di età un permesso di soggiorno autonomo per motivi familiari (che rientra nel novero di quelli multifunzionali che conferiscono l'accesso all'attività lavorativa ex art. 6 c. 1 del TU)17. Tanto meno potrebbe richiedere la conversione del permesso di soggiorno in quello per motivi di lavoro al compimento della maggiore età. Resterebbe il suo diritto a godere di un permesso di soggiorno provvisorio per "minore età" - i cui diritti e facoltà esercitabili resterebbero del tutto imprecisati - in quanto inespellibile fino alla maggiore età, dal cui compimento ne conseguirebbe l'automatica espulsione18. Assisteremmo dunque alla paradossale situazione per cui proprio coloro che sono maggiormente tutelati dal punto di vista familiare, socio-economico, affettivo si troverebbero ad essere meno tutelati dal punto di vista giuridico. Da tale assurda situazione si può uscire soltanto con un'interpretazione estensiva della norma della legge n. 40/98, volta a consentire l'applicazione di quanto in essa previsto anche senza che vi sia un provvedimento formale ex art. 2 o 4 della l. 184, estendendo il concetto di minore affidato anche nei casi di minori affidati de facto con semplice atto notarile della famiglia. Ma di tutto ciò non vi è traccia nel regolamento di attuazione del d.lgs. n. 113/99 varato con il citato d.p.c.m. n. 535/99, né apparirebbe legittimo sotto il profilo costituzionale e del principio di gerarchia delle fonti modificare nella sostanza norme di legge mediante fonti di natura secondaria.

  3. L'art. 10 del T.U. prevede il respingimento con accompagnamento alla frontiera disposto dal questore nei confronti degli stranieri che siano entrati nel territorio dello Stato illegalmente, e siano fermati all'ingresso o subito dopo e di quelli che sono stati temporaneamente ammessi per necessità di pubblico soccorso. L'eventuale applicazione di tali disposizioni al minore contrasterebbe con quanto previsto dall'art. 33 comma 5 della legge n. 476/98, che configura un sistema di tutela per il minore "solo" con obbligo di segnalazione al Tribunale per i minorenni in tutti i casi in cui "sia comunque avvenuto l'ingresso di un minore nel territorio dello Stato al di fuori delle situazioni consentite". Anche in relazione a tale aspetto, dunque, si ravvede l'opportunità di un intervento legislativo finalizzato a mettere ordine nella materia del trattamento dei minori stranieri non accompagnati.19

c) I commenti critici che da più parti si sono levati nei confronti del d.lgs. n. 113/99 hanno evidenziato forti perplessità di illegittimità costituzionale per violazione dei principi di riserva di legge e di riserva di giurisdizione. Il rinvio ad un successivo atto del governo per regolamentare le modalità di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati ai fini dell'accoglienza, del rimpatrio assistito e del ricongiungimento familiare con il paese di origine o in un altro paese ha equivalso in sostanza alla possibilità per l'esecutivo di riscrivere la disciplina della condizione giuridica del minore straniero solo, il che è andato ben al di là della delega contenuta nella legge sull'immigrazione, così come contrasta con il principio di riserva di legge nella regolamentazione della condizione giuridica dello straniero di cui all'art. 10 c. 2 della Costituzione. 20 Ugualmente non si può non ravvisare le difficoltà di coordinamento tra la norma del decreto che attribuisce al Comitato per i minori stranieri la responsabilità della decisione in materia di "rimpatrio assistito" del minore21 e quella dell'art. 28 del d.p.r. 31.08.1999, n. 394 che, in attuazione dell'art. 19 .2 a) del T.U. , attribuisce al Tribunale per i Minorenni la competenza per l'emanazione dei provvedimenti concernenti il minore straniero non accompagnato. Si potrebbe supporre che l'esecutivo abbia voluto da un lato coinvolgere l'autorità giudiziaria minorile per quanto concerne l'apertura della tutela del minore individuato sul territorio nazionale privo di accompagnamento di una persona adulta di riferimento (in base all'art. 2 della legge n. 184/1983), facendo salva tuttavia la competenza del Comitato per i minori stranieri per l'assunzione della decisione in merito al "rimpatrio assistito", quale soluzione eventualmente più rispondente all'interesse del minore, in base ai principi contenuti nella Convenzione di New York sull'esigenza di garantire l'unità familiare e il rispetto dei valori culturali.

Nel regolamento di attuazione del D.lgs. n. 113/99 si prevede infatti che i pubblici ufficiali, gli incaricati di pubblico servizio e gli enti, che vengano a conoscenza dell'ingresso e della presenza sul territorio italiano di un minore straniero non accompagnato, siano tenuti a darne immediata notizia al Comitato (art. 5), così come a cooperare con le amministrazione statuali cui è affidato il rimpatrio assistito (art. 7.3). L'attribuzione ad un organo amministrativo della competenza a disporre il rimpatrio, sottraendola all'autorità giudiziaria minorile, non sembra peraltro in linea con la giurisprudenza costituzionale, che ha annoverato il Tribunale per i minorenni tra gli istituti che la Repubblica ha predisposto in base all'art. 31 della Cost., per l'adempimento del precetto costituzionale che la impegna alla "protezione della gioventù"22. E' lecito ritenere che, una volta adottata dal Comitato la decisione del "rimpatrio assistito" del minore, l'autorità giudiziaria minorile non possa far altro che adeguarvisi, revocando la tutela precedentemente aperta, in base a quanto previsto dall'art. 4 della legge n. 184/1983 e dall'art. 336 C.C.?23 Ugualmente, appare sconcertante che nel decreto e nel regolamento sul Comitato non si faccia parola dei rimedi di tutela amministrativa e giurisdizionali contro il provvedimento di rimpatrio, anche se è evidente che questi possono essere esercitati. 24

d) Vale la pena innanzitutto ricordare che, sebbene la risoluzione europea citata non assuma un atteggiamento favorevole all'integrazione dei minori stranieri non accompagnati, prediligendo la soluzione del rimpatrio ("la presenza irregolare nel territorio degli Stati membri di minori non accompagnati che non sono considerati rifugiati deve avere carattere provvisorio, per cui gli Stati membri si sforzano di collaborare tra di loro e con i paesi terzi di origine per ricondurre il minore nel suo paese di origine..."), ugualmente essa stabilisce opportuni paletti, limitazioni e garanzie volte a proteggere il minore dal rischio di un rimpatrio indiscriminato, prevedendo che il rimpatrio possa avere luogo solo "se vi siano disponibili per lui, al suo arrivo, un'accoglienza ed un'assistenza adeguate, a seconda delle sue esigenze in base all'età e al grado di indipendenza", mentre finché tali condizioni non si saranno verificate, "gli Stati membri dovrebbero, in linea di massima, offrire al minore la possibilità di restare nel loro territorio". Ugualmente trova conferma nella risoluzione l'esigenza di un pieno rispetto dei principi generali di "non refoulement" e della tutela dei minori rifugiati, che discendono rispettivamente dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e dalla Convenzione di Ginevra del 1951.

Affinché il rimpatrio sia effettivamente "assistito" e non meramente coatto secondo i criteri europei occorre dunque attivare una complessa azione di identificazione del minore, di "tracing" dei familiari e di indagine sulle opportunità assistenziali, formative e lavorative offerte nel paese di origine, e quindi di accoglienza e reinserimento nel medesimo, che veda il coinvolgimento di organismi internazionali (Croce Rossa, Unicef, Unhcr, servizi sociali del paese di origine, ONG,…). Si può realisticamente ritenere che tali compiti, spesso peraltro obiettivamente difficili da realizzare per le condizioni di povertà ed isolamento dei luoghi di origine dei minori, possano essere svolti soltanto dai servizi sociali degli enti locali cui i minori sono affidati o anche solo dal comitato costituto presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, composto da nove rappresentanti e che si avvale di un personale di segreteria e supporto molto ristretto come quello assegnatogli dal Dipartimento affari sociali ?25 E' vero che nel regolamento si prevede la possibilità del comitato di avvalersi della collaborazione di esperti e di idonei organismi nazionali ed internazionali anche mediante la stipula di apposite convenzioni (art. 2.2 f) e che una convenzione di tale genere, ancor prima dell'entrata in vigore del regolamento, è stata già stipulata nell'aprile '99 tra il Dipartimento affari sociali della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Servizio Sociale internazionale -Sezione Italiana, in accordo con il Ministero del Lavoro e degli Affari sociali albanese, "in supporto alle iniziative connesse al rimpatrio assistito dei minori albanesi non accompagnati presenti irregolarmente in Italia". Resta, tuttavia, ancora da verificare la possibilità di estendere tale approccio ad altri paesi di provenienza dei minori, così come la stessa effettività delle misure intraprese in base alla convenzione sui minori albanesi, rispetto agli ambizioni obiettivi prefissi, che comprendono tra l'altro "la presa in consegna del minore all'arrivo e il riaccompagnamento in famiglia o altra struttura e l'inserimento del minore in Albania in corsi professionali o apprendistato al lavoro sostenuto da una borsa lavoro", soprattutto alla luce della debolezza delle strutture educative e formative statuali in Albania e delle precarietà delle condizioni sociali e lavorative ivi esistenti.26

Nel regolamento viene previsto il coinvolgimento del minore nel procedimento che dovrebbe condurre il comitato ad assumere la decisione sull'eventuale "rimpatrio assistito", prevedendo che esso "sia previamente sentito, anche dagli enti interessati all'accoglienza".27 E' facile supporre, tuttavia, che nella maggior parte dei casi la decisione del rimpatrio assistito venga ad essere attuata dai pubblici poteri contro la volontà del minore e senza la sua collaborazione e, dunque con un accompagnamento di tipo coercitivo. In tal modo, il rimpatrio acquisisce la natura di un provvedimento limitativo della libertà personale del minore, sollevando ulteriori profili di illegittimità costituzionale per violazione dell'art. 13 Cost., nel caso in cui, come sembrerebbe, venisse adottato da un organo amministrativo, quale il Comitato per i minori stranieri, e non dall'autorità giudiziaria.28

e) Avendo in considerazione la complessità e la mole di lavoro e di contatti richiesti per accertare le condizioni per un eventuale "rimpatrio assistito", è presumibile che la permanenza del minore in Italia si prolunghi per periodi di tempo anche lunghi, così come l'obiettiva impossibilità in molti casi di reperire sufficienti ed attendibili informazioni sulle possibilità di accoglienza, assistenza e reinserimento nel paese di origine (si pensi a minori provenienti da paesi lontani, geograficamente e culturalmente, come il Bangladesh, lo Sri Lanka,..) possono realisticamente rendere più praticabile e confacente al superiore interesse del minore la soluzione della sua integrazione, in attesa del raggiungimento della maggiore età, piuttosto che quella del rimpatrio. Diviene dunque decisiva la questione dei diritti e delle facoltà esercitabili dal minore sottoposto a tutela, al fine di evitare situazioni di mero "parcheggio" nelle strutture di accoglienza, fonte eventuale di ulteriore isolamento ed emarginazione.29 Ugualmente, vanno definite le caratteristiche connesse al permesso di soggiorno del minore sottoposto a tutela. Se il Testo unico ha sciolto ogni dubbio in merito all'accesso all'assistenza sanitaria (includendo il permesso di soggiorno per affidamento tra quelli che consentono l'iscrizione obbligatoria al SSN in condizione di parità con il cittadino italiano: art. 34) e all'istruzione, margini di ambiguità permangono per quanto concerne l'accesso all'attività lavorativa degli ultraquattordicenni. L'esclusione da tale facoltà di coloro che godano di un affidamento temporaneo alle strutture di accoglienza dell'ente locale o del volontariato non potrebbe ritenersi legittima per l'evidente ed ingiustificata disparità di trattamento che si creerebbe rispetto a quelli affidati ad un adulto straniero in possesso di permesso o di carta di soggiorno, per i quali l'art. 31 c. 2 prevede il rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari, valido dunque anche per l'esercizio dell'attività lavorativa in base al principio di multifunzionalità. Per tale ragione, appare certamente illegittimo, perché contrastante con la norma primaria che dovrebbe attuare, il regolamento delle attività del Comitato che non contempla alcuna disposizione per l'accesso all'attività lavorativa dei minori stranieri non accompagnati accolti, citando soltanto i diritti relativi al "soggiorno temporaneo, alle cure sanitarie, all'avviamento scolastico e alle altre provvidenze disposte dalla legislazione vigente" (art. 6.1), mentre la durata del permesso di soggiorno del minore viene ridotta a novanta giorni, estensibili fino ad un massimo di 150 giorni su decisione del comitato (art. 9) . La mancata previsione di ulteriori possibilità di proroga rende di difficile interpretazione il significato di detto articolo, che potrebbe certo adattarsi alle esigenze di minori arrivati in Italia per soggiorni temporanei nell'ambito di iniziative di solidarietà promosse da enti locali ed associazioni di volontariato, ma non certo a quelle dei minori non accompagnati giunti in Italia irregolarmente, per i quali la permanenza potrebbe rendersi necessaria per più lunghi periodi di tempo, per le difficoltà ad organizzare un rimpatrio "assistito" ovvero perché l'integrazione in Italia potrebbe comunque risultare la soluzione più conforme agli interessi superiori del minore medesimo.

Da questa disamina appare chiaramente l'orientamento del governo italiano di privilegiare la soluzione del rimpatrio assistito rispetto a quella dell'integrazione. Tale orientamento viene giustificato con l'obiettivo proclamato di contrastare l'immigrazione irregolare e le organizzazioni che la sfruttano, di salvaguardare il principio della programmazione dei flussi di ingresso e di rispettare il criterio preferenziale accordato alla riunificazione familiare dagli strumenti normativi internazionali di tutela dei minori.30 Non è priva di fondamento l'obiezione sollevata dagli organismi umanitari e di volontariato, secondo cui tale politica potrebbe determinare effetti esattamente opposti. I minori, percependo la concreta eventualità del rimpatrio, e spaventati da essa, potrebbero non avere interesse a emergere dalla clandestinità e a sottrarsi alle condizioni di sfruttamento cui spesso sono soggetti (accattonaggio, lavoro minorile, prostituzione, situazioni che posso determinare in molti casi la fattispecie della vera e propria "riduzione in schiavitù"), così come anche il rapporto con i servizi sociali e le comunità di accoglienza verrebbe falsato e reso problematico dall'obbligo di cooperazione di queste ultime con il comitato e le autorità di polizia ai fini dell'eventuale assunzione della decisione del rimpatrio.31

Anche sul piano del merito, dunque, è lecito sollevare dubbi sull'effettiva capacità di una politica di rimpatrio dei minori non accompagnati a corrispondere tanto agli interessi superiori dei medesimi, quanto alle esigenze di sicurezza della collettività nazionale.

 

 

Interventi di G. De Marco (Tribunale per i minorenni di Torino), G. Calcagno (Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Torino) e A. Tetto (Questura di Torino)

al seminario "Minori stranieri irregolari: quale tutela?"

Torino, 15 ottobre 1999*

 

G. De Marco: Inizio dall’osservazione di Pastore che i minori passano da un ufficio all’altro. Questo è vero, e deriva dalla scarsa chiarezza, e dalla mancanza di una definizione esaustiva del concetto di minore non accompagnato. Prima abbiamo ritenuto che il minore non accompagnato potesse essere, come diceva la Risoluzione dell’UE, solo quello che non aveva genitori o tutori; poi ci è sembrato che minore non accompagnato fosse anche quello che aveva dei parenti entro il quarto grado in Italia; poi c’è stata un’ulteriore specificazione per cui anche se ha parenti in Italia è comunque un minore non accompagnato ...

Questa incertezza, che si è trasfusa nel Tribunale, ha portato per lungo tempo alla paralisi giudiziaria nel senso che non volevamo creare delle ingiustizie accogliendo certe istanze o respingendone altre. Abbiamo tenuto queste istanze ferme per molto tempo, poi di fronte alla processione che abbiamo avuto quest’estate di persone che volevano andare in vacanza nei loro paesi d’origine e non sapevano se sarebbero potuti tornare legittimamente, abbiamo deciso di iniziare a dare la risposta che a noi sembra, allo stato della legge, quella più coerente. E quale è stata questa risposta?

Noi abbiamo delle domande di affidamento proposte da parenti entro il quarto grado, regolari, che convivono con minorenni clandestini ... e sono centinaia; poi abbiamo una serie di minori segnalati dalle scuole o dalla dott.ssa Marzin, dei quali si dice che vivono con parenti. Nel primo caso il fascicolo è stato legittimamente aperto sulla domanda di affidamento del parente: in base alla legge il parente entro il quarto grado può chiedere al Tribunale per i minorenni provvedimenti a tutela di un minore. Nel secondo caso, è il Pubblico Ministero che ha assunto l’iniziativa per l’apertura di un procedimento, in cui ha detto al Tribunale: "Verifica come sta questo minore, e poi mandami gli atti per il parere". In entrambi i casi, sia quando l’istanza è partita dai parenti, sia quando l’iniziativa è partita dal PM, noi abbiamo chiesto informazioni alla dott.ssa Marzin per tutti i minorenni i cui parenti vivevano a Torino, a tutti i servizi del Piemonte per i minorenni che vivevano nel resto del Piemonte.

Facendo un’interpretazione analogica-estensiva della legge, abbiamo chiesto ai servizi di verificare che i parenti avessero gli stessi requisiti che devono avere i genitori per il ricongiungimento familiare perché si arrivava all’assurdo che il padre e la madre non poteva richiamare il figlio a Torino per ricongiungimento se non aveva un reddito di almeno £ 870.000, una casa che avesse dall’Ufficio del Comune l’abitabilità, e che non garantisse un minimo di qualità nelle funzioni genitoriali, e i parenti avrebbero potuto ottenere l’affidamento di minori entrati clandestinamente, per il sol fatto di presentare la domanda in Tribunale. Estendendo l’interpretazione della legge abbiamo chiesto di verificare se i parenti avevano questi tre requisiti. Accertato che i requisiti c’erano, acquisita la prova documentale che i genitori erano d’accordo, cioè le dichiarazioni davanti ai notai "Io voglio che mio figlio viva con mio fratello ... ", abbiamo ritenuto che il minore non versasse in una situazione di pregiudizio e che quindi non dovessimo come Magistrati limitare la potestà genitoriale con provvedimenti autoritativi.

La legge prevede che nella parentela allargata, entro il quarto grado, posso lasciare mio figlio quanto tempo voglio, non c’è obbligo di segnalare all’Autorità Giudiziaria, né l’Autorità Giudiziaria ha diritto di interferire quando il bambino sta bene. Questa è la ragione per cui, su parere conforme del PM, abbiamo respinto le istanze di affidamento proposte dai parenti e abbiamo dichiarato non luogo a provvedere in relazione ai procedimenti iniziati su iniziativa del PM, quando le informazioni sono risultate positive.

Ci è stato riferito che è stata data una diversa interpretazione ai fini del permesso di soggiorno, fra le pronunce di non luogo a provvedere e le pronunce di rigetto della domanda di affidamento. Il Tribunale ha telefonato immediatamente in Questura, e abbiamo chiarito che il significato era lo stesso e dipendeva solo dal soggetto che aveva assunto l'iniziativa. Però, anche se il Tribunale insieme alla Procura e al Giudice Tutelare è una delle istituzioni che non ha ritenuto di riconfermare l’Intesa, un po’ per dei fatti oggettivi e un po’ perché c’era la legge 40 ... non avete idea di quante ore io e Graziana passiamo su questo problema degli stranieri, quanti problemi ci poniamo, come esaminiamo (come diceva il dott. Valeri) le situazioni caso per caso. Se minimamente ci si dice che in quella famiglia non sta bene, è difficile che lo rimpatriamo di punto in bianco; normalmente diciamo "Lo mettiamo in comunità, intanto il Servizio Sociale Internazionale e il servizio di zona valuteranno se c’è l’attuabilità concreta di un rimpatrio assistito". E la dott.ssa Marzin, che paga per tutti i provvedimenti che facciamo, vi potrà dire quanto costa.

Abbiamo disposto dei rimpatri assistiti, ma vorrei che leggeste per quali casi li abbiamo disposti. Eccezion fatta per i 22 albanesi che erano arrivati in un gruppo solo, che avevano occupato l’ospedale di Collegno, e ci avevano dato il segno di quali potevano essere le conseguenze di questa giurisprudenza di Torino (ti danno l’idea che possano arrivare altri 22 il giorno dopo ecc., e non credo che noi come Autorità Giudiziaria, come giurisdizione, come potere dello stato ma non potere amministrativo, possiamo decidere la politica dei flussi migratori annullando quello che una legge dice e quello che il governo ha deciso), tutti i nostri provvedimenti sono emessi nei confronti di ragazzi che hanno una recidiva specifica nello spaccio di stupefacenti, quelli che alla Parini e alla Braccini non ci mettono mai piede, che non sono venuti qui né per lavorare né per integrarsi, che sono sfruttati, drogati, venduti e che devono tornare nel loro paese perché qui non c’è possibilità di aiutarli perché tutte le prove fatte (l’inserimento in comunità, l’affidamento al servizio sociale ministeriale, i tentativi della dott.ssa Marzin di metterli da padre Albano, ecc.) non hanno avuto risultato perché sono scappati. Allora, questi sono i rimpatri che facciamo, perché la situazione di pregiudizio in cui vivono risulta dai loro precedenti penali che abbiamo negli atti. Certo, forse dovremmo aiutare più questi che quelli che vanno alla Parini, umanamente. Però gli strumenti che abbiamo, nel momento in cui li rimpatriamo li abbiamo provati tutti: gli strumenti giudiziari, gli strumenti sociali ... e allora?

Abbiamo parlato con il sottosegretario del Marocco. Molto gentilmente, con gran disponibilità, di fronte alla nostra volontà di volere conoscere più a fondo questo paese, di andare a parlare con i referenti del posto, ci hanno invitato. E’ probabile che, se il CSM e il Ministero della Giustizia ci autorizzeranno andremo, ma non ho avuto la sensazione che questi ragazzi quando arrivano là li buttino proprio nel fiume. Certo trovano delle realtà diverse, ma ha ragione il dott. Valeri, non è che noi possiamo riparare a tutto né dobbiamo avere la presunzione di riparare a tutto ...

Il Tribunale non ha intenzione di fare una politica giudiziaria di respingimento o di espulsione: con il dott. Longo ieri abbiamo parlato di come possiamo tenere una famiglia di otto persone, con quello che costeranno, perché i bambini li manderemo tutti in comunità, solo prendendo lo spunto dal fatto che uno di questi bambini non sta tanto bene. Teniamo bambini in Italia magari solo perché sono stati ustionati, teniamo una famiglia perché il Regina Margherita ci segnala che i bambini hanno bisogno di qualche cura, teniamo ragazzine e le loro famiglie perché devono subire un intervento per corregger lo strabismo ... teniamo bambini e famiglie tutte le volte che la legge ce lo consente ... L’art.29 lo interpretiamo nella maniera più estensiva possibile .. teniamo le ragazze ultradiciottenni, quelle di cui non so chi diceva che ci sarebbe pericolo se tornassero in Albania, le teniamo arrampicandoci sugli specchi, chiediamo il permesso di soggiorno in base all’art.30.

Leggendo in questo documento che"si sono incrinati i rapporti con la Magistratura minorile" dico che forse si sono incrinati perché prima facevamo un ruolo di supplenza che non ci spettava. Allora la legge non c’era, questi bambini non avevano nulla … ma sostituirci al governo, sostituirci alle decisioni che i rappresentanti di questo paese che noi abbiamo eletto assumono, io francamente non me la sento … anche se forse il potere lo abbiamo. Ma d’altro canto questo potere ancora ce lo riconoscono, perché il rimpatrio assistito non lo potranno disporre se il giudice minorile non darà il nulla-osta come organo che ha il compito istituzionale della tutela del minore.

Ultima cosa: in una telefonata con il dott. Longo l’altro giorno ci siamo detti: arriviamo all’assurdità che il minore non accompagnato magari viene rimpatriato dopo aver avuto un permesso temporaneo, mentre il minore che vive con parenti entro il quarto grado continua a vivere in questa situazione di limbo. Allora, abbiamo proprio oggi concordato una lettera in cui diciamo se non è possibile proporre al Comitato un’interpretazione estensiva del concetto di minore affidato. In base alla l.184 entro il quarto grado non c’è bisogno di affidamento formale; l’art.30 e gli altri artt che richiamano la l.184 citano l’art.2 e l’art.4 che riguardano l’affidamento consensuale e l’affidamento del Tribunale per i minorenni. Nel consensuale non potrebbero entrarci anche i minori affidati a parenti entro il quarto grado col consenso dei genitori?

Essendo magistrati cerchiamo sempre di rimanere nell’ambito della legge, di trovare quegli spazi che il legislatore o perché non ha voluto dire, o perché si è dimenticato di dire, o perché in fondo non aveva le idee chiare ci lascia per sanare delle situazioni … perché un ragazzino che vive qui con lo zio, col cugino, con la sorella, che è mantenuto da loro, che tiene una condotta di vita normalissima, secondo me potrebbe avere diritto di avere al permesso di soggiorno. Anche perché se passa questo regolamento di attuazione, col permesso di soggiorno per minore età ... mi sembra più ampio "per minore età" che il caso del minore affidato di fatto a parente entro il quarto grado. Anche perché poi c’è il divieto di espulsione …

[...]

G. Calcagno: Io condivido naturalmente tutto quello che ha detto Giulia. Ha anche chiarito quanto tempo passiamo e passeremo su questi problemi per cercare delle soluzioni. Quello che non è ben chiaro, e che qualcuno non vuole accettare, è che la giurisdizione ha dei compiti che non sono quelli dell’amministrazione: non si può chiedere ad un Tribunale di fare delle cose che non entrano nella sua competenza, le nostre competenze sono stabilite per legge, noi giuriamo fedeltà alla Costituzione, alla Repubblica, alle leggi dello Stato, comprese quelle che non ci piacciono … allora se continuiamo a girare sul fatto che ci sono delle leggi non chiare è semplicemente perché ci sono delle leggi che non ci piacciono, non perché non sono chiare, e allora si vogliono trovare a tutti i costi delle soluzioni, ma non potete chiedere alla Magistratura le soluzioni che sono contro la legge.

Allora parto dall’ultimo punto: abbiamo chiesto anche al Consolato del Marocco che ci dicesse ufficialmente che cosa sono per la legge marocchina questi consensi dei genitori al fatto che il figlio vada coi parenti … perché se per la legge marocchina questo consenso avesse avuto valore legale, noi Tribunale avremmo potuto riconoscere valore legale. Ma la risposta è stata no: nemmeno per la legge marocchina questi affidamenti sono affidamenti formali, dovrebbero essere fatti davanti all’autorità giudiziaria.

Volevo spiegare, perché non tutti sono giuristi, la ragione di questa che sembra un’enorme incongruenza del Tribunale che non fa affidamenti ai parenti entro il quarto grado: perché la giurisdizione minorile ha per scopo la tutela dei minorenni nei confronti delle condotte pregiudizievoli dei genitori, è l’organo che ha il potere di limitare, escludere la potestà genitoriale. Poi ha potere di intervento a tutela dei minorenni, ma essenzialmente ha la funzione di controllo dell’esercizio della potestà. A voi parrà paradossale perchè volete usare il Tribunale a fini amministrativi per ottenere il permesso di soggiorno, ma la verità è che se avessimo riscontrato situazioni di sofferenza dei ragazzini affidati a parenti entro il quarto grado li avremmo allontanati, li avremmo affidati al Comune, ecc., avrebbero avuto un affidamento secondo la legge italiana, e avrebbero potuto avere il permesso di soggiorno. Ma non si può fare la stessa cosa quando i genitori hanno correttamente esercitato la potestà perché hanno affidato il loro piccolino a dei parenti adeguati. Perché il Tribunale deve richiamare le norme di legge: visto l’art.330 o 333 che parla di condotta pregiudizievole del genitore verso il figlio, se il Tribunale riscontra una condotta pregiudizievole lo toglie quel bambino, non può richiamare un concetto del genere per lasciare quel bambino dove correttamente gli esercenti la potestà lo hanno messo. Questo da un punto di vista tecnico: penso che non solo noi, ma nessun magistrato si presterebbe a stravolgere le finalità della giurisdizione per consentire a questi ragazzini di avere il permesso di soggiorno. Ci danno lo stipendio per un’altra funzione, questo dev’essere ben chiaro. Anche se tutti gli sforzi sono sempre stati fatti per proteggere questi bambini finchè possiamo proteggerli.

Però vorrei che non fosse dimenticata una cosa, perché mi dispiace quando sento dire "un tempo abbiamo lavorato bene insieme, adesso non lavoriamo più bene insieme, per colpa dei magistrati". Si è dimenticato che l’Intesa aveva lo scopo di tutelare il minore irregolare durante la sua permanenza in Italia: durante, non era finalizzato a concedere un permesso di soggiorno che potesse permettergli di rimanere da grande in Italia, tant’è che si diceva esplicitamente che rimanevano indipendenti i poteri della giurisdizione e i poteri amministrativi in caso di espulsione dei genitori o del genitore con cui il minore viveva, il Tribunale si impegnava a revocare il provvedimento in base al quale era stato concesso il permesso di soggiorno, per consentire al ragazzino di seguire i genitori, e all’autorità amministrativa di svolgere i suoi compiti tra cui quello dell’espulsione. Se poi le cose sono andate oltre, e non è la prima volta che esprimo questi concetti, …

Noi italiani, che abbiamo una Costituzione che riconosce dei diritti fondamentali a tutti i bambini, e abbiamo delle Convenzioni internazionali che noi abbiamo collaborato a redigere, non possiamo tollerare che esistano qui a Torino dei bambini che non vanno a scuola, che non sono curati, ecc. solo perché qualche adulto ha deciso di portarli irregolarmente: finchè stanno qua noi li tuteliamo, e il permesso di soggiorno era l’unica strada per ottenere l’assistenza sanitaria, l’iscrizione a scuola, ecc. Era questo il punto, perché se avessimo inventato un altro inghippo non avremmo percorso quella strada: era l’unica possibilità. Ma: assistenza e tutela temporanea, finchè sta qua. Poi per questa strada qualcuno è rimasto, ma benissimo, non è che noi fossimo contrari, ma il punto di partenza che legittimava l’Intesa era questo.

Poi è arrivata la legge e noi non è che non ci sono più intesi, ma siamo tutti in grado di dire a quali condizioni la legge permette la regolarizzazione, e ce lo siamo ripetuti tante volte: che siano in tutela, e non è poco se sono state fatte credo almeno 80 tutele cosiddette civili e quindi altrettanti ragazzi hanno ottenuto il permesso di soggiorno. Lo abbiamo anche detto, certo sono stati posti dei criteri perché la proposta di tutela fosse considerata adeguata, ma perché il compito nostro e di tutti quanti è di tutelare il bambino davvero, non di fare degli atti formali.

Abbiamo parlato sì di affidamento, l’abbiamo anche scritto, peccato che debba trattarsi di un affidamento non a parente entro il quarto grado. Salvo che si dia quella interpretazione che ora ricordava la dott.ssa De Marco, ma che chiaramente è un’interpretazione estensiva della legge sul ricongiungimento familiare, che però ha una sua logica: posto che la legge italiana sull’adozione e l’affidamento riconosce la famiglia allargata, cioè entro il quarto grado; posto che nella l.40 c’è un altro spunto che riconosce la famiglia allargata: la norma che dice che non si possono espellere gli adulti che vivono con un parente entro il quarto grado. Allora la richiesta è: riconoscete in conformità alla legge sull’affidamento e l’adozione il concetto di famiglia allargata, perché in effetti quelli che rimangono in condizione più confusa sono proprio questi, che sono quelli che dal punto di vista dell’immigrazione, di tutti i problemi che possono sorgere, ecc. sono invece i più tranquilli, perché vivono in famiglia, il Tribunale o i servizi verificano che siano accuditi, c’è chi provvede a loro, non dovrebbero dare problemi, o se daranno dei problemi saranno gli stessi che ci danno i ragazzi italiani.

Aggiungo che mentre c’è il timore di concedere un permesso di soggiorno per minore età perché avrebbe l’effetto di far saltare tutti i contingentamenti, perché potrebbero arrivare tutti i ragazzi di 17 anni e mezzo, invece rispetto a questa situazione la limitazione è automatica, nasce dalla capacità delle famiglie di immigrati di assorbire i loro parenti: se hanno già quattro figli, magari ne accoglieranno un altro, un nipote, ma non accoglieranno quattro nipoti. Quindi c’è un’autolimitazione di questo fenomeno, che quindi non dovrebbe allarmare.

Il discorso della chiarezza: la mia impressione è che non si sia voluto essere chiari con i ragazzi, perché come ho detto c’è qualcosa in questa legge che non viene accettato. Allora si sarebbe voluto, e queste cose sono state dette apertamente, non me le sto inventando, si sarebbe voluto poter accogliere tutti, dare il permesso di soggiorno a tutti, alle centinaia e centinaia di ragazzi che sono arrivati. Questo la legge non permetteva, allora chi non era d’accordo con questi limiti posti dalla legge non si è sentito di dire al ragazzo "Guarda che tu dovrai tornare a casa tua anche se adesso stai facendo la scuola".

La mancanza di chiarezza non è tutta della legge, la mancanza di chiarezza è anche nostra, vostra, degli operatori o di non so chi, perché quando una cosa non ci piace allora non la diciamo ... allora "aspettiamo il Tribunale, può darsi che il Tribunale accolga, è il Tribunale che non vuole". Ma queste cose ce le siamo dette nella primavera dell’anno scorso, subito dopo la pubblicazione della l.40, se loro ricordano io ho detto "Impugno l’Intesa come Procuratore perché non ha più senso". Io sono pronta a fare qualsiasi Intesa operativa che possa essere utile a dire "facciamo così, facciamo cosà", ma le linee sono segnate dalla legge, non c’è bisogno di inventare grandi cose.

Se poi hanno ritenuto che invece questa disponibilità da parte nostra non ci fosse, pazienza …

[...]

Un’altra cosa è questa: il Tribunale può provvedere nell’interesse del minore o se ravvisa una situazione di pregiudizio per il minore. L’unica motivazione che può reggere un provvedimento di rimpatrio non è tanto secondo me l’accordo italo-albanese, perché è un accordo a livello governativo, amministrativo: il Tribunale interviene nell’interesse del minore.

Allora perché rimpatriare bambini piccoli o ragazzi "cattivissimi"? Perché i piccoli se non hanno famiglia sono chiaramente in una situazione di pregiudizio, perchè piangono che vorrebbero tornare da papà a mamma; e quelli cattivissimi, perché quando escono dal carcere sono chiaramente in Italia in una situazione di pregiudizio. Ma gli adolescenti di 15-16-17 anni, gli albanesi proprio, che vanno a scuola, che sono assistiti, che vivono tranquilli … è difficile costruire una motivazione per ordinare il rimpatrio in base ad una legislazione, quella che riguarda il funzionamento della giurisdizione minorile, che non si preoccupava di queste cose.

Devo dire che noi avevamo fatto delle scelte, anche contestate, ma avevamo una nostra linea … è intervenuto il decreto legislativo dell’aprile 99 che indicava la competenza del Comitato …. A quel punto ci siamo dette: è vero che non è ancora attuativo, perché manca il regolamento, ma nel momento in cui il Parlamento sottrae o meglio indica un organo specifico, il Comitato, cui attribuisce i provvedimenti di rimpatrio, non può più farli il Tribunale se non nelle situazioni di pregiudizio.

G. De Marco: Comunque la dott.ssa Marzin dirà, sono venuti fuori tantissimi parenti che prima non c’erano, quando si è profilata l’idea che il Tribunale avrebbe potuto sanare la loro presenza in Italia se avessero avuto un parente.

A. Tetto: Come diceva prima la dott.ssa De Marco, il dott. Longo ha avuto nei giorni scorso un contatto con la dottoressa, proprio per queste nuove procedure adottate dal Tribunale dei minori. E di fatto anche noi all’inizio ci siamo trovati, nelle more dell’attuazione di queste nuove procedure, ad avere un momento di smarrimento. Io personalmente mi sto occupando di questi casi, in modo da poter adottare la soluzione migliore, che può anche essere quella, ne stiamo discutendo ora con il dott. Longo, per adottare una linea comune e riguardare casi in cui avevamo preso una soluzione in difformità con casi analoghi, e stiamo vedendo anche eventualmente di dare il permesso di soggiorno, quando come avete accertato ci sono gli estremi.

Naturalmente la Questura tende a chiarire che la disponibilità a tutelare il minore è certamente grande, ma la Questura non è la fabbrica del permesso di soggiorno, che è l’atteggiamento con cui noi veniamo in contatto allo sportello quando trattiamo di minori stranieri. Perché in effetti loro devono anche acquisire l’approccio corretto con i nostri operatori nel momento in cui devono attivarsi, per il tramite delle persone cui sono affidate, anche producendo dei documenti, per creare un rapporto di trasparenza da parte loro e di conoscibilità da parte nostra della loro situazione: essere affidati ad una famiglia significa anche farci conoscere dove abitano, con chi vivono, che trasformazioni ci sono nella loro permanenza in Italia.

Volevo fare una piccola distinzione che per noi è rilevante: naturalmente per i minori piccolissimi, i problemi sono minori perché c’è una situazione di tempo maggiore per creare degli interventi, chiedere verifiche e accertamenti; per dei quasi adulti, ragazzi che arrivano in Italia a 17 anni e mezzo, 17 anni e 11 mesi come è capitato, anche da parte nostra diventa difficile e imbarazzante rilasciare un permesso di soggiorno che è solo un lascia-passare per una vita di regolarità.

Il caso che riferiva la dott.ssa De Marco dei 22 albanesi che sono stati rimpatriati, mi sono confrontata io direttamente perché ero andata io a fare quel controllo: questi ragazzi avevano tutti uno stesso canale che li aveva portati in Italia per seguire quel tipo di progetto di inserimento. Quindi per evitare anche delle strumentalizzazioni di progetti anche molto validi, che hanno funzionato, io penso che i provvedimenti di rimpatrio sia stato anche nella tutela degli stessi minori.

Un altro punto che va sottolineato è la riluttanza che molti percepiscono, e io non condivido, di questi minori ad essere rimpatriati: non è così, perchè molti minori esprimono proprio il desiderio di ricongiungersi con le proprie famiglie che per ragioni anche molto gravi e serie hanno acconsentito a farli venire in Italia, ma sentono il desiderio e la nostalgia di ricongiungersi con la famiglia di appartenenza.

C’è poi un altro aspetto, che attiene alla doppia natura del nostro lavoro, che non è solo di tipo amministrativo, ma è anche un’attività di controllo: nel momento in cui anche viene concesso il permesso di soggiorno, e dovesse essere concesso nella prospettiva rappresentata dal Tribunale dei minori ai minori affidati a parenti entro il quarto grado, comunque noi abbiamo delle possibilità di controllo e di verifica, perché noi veniamo a conoscenza giorno per giorno incidentalmente, per es. in caso di controlli ad un certo indirizzo, in cui viene rintracciato in modo casuale un minore in stato di abbandono, perché il parente è da 4 mesi in Marocco, è andato via non si sa dove … e allora scatta l’obbligo per noi di comunicarlo, sebbene originariamente ci fosse un adulto di riferimento, e penso anche nella tutela del minore.

Quindi dal mio punto di vista la visibilità e conoscenza del minore anche ai fini del rilascio del permesso di soggiorno è auspicabile, ma una politica generalizzata rischia di incrementare queste persone, anche parenti entro il quarto grado (a volte, non dico sempre, assolutamente), che vogliano sfruttare il minore che diventa una fonte di reddito anche solo vendendo spugnette per non parlare poi dei "cattivissimi" che citava la dott.ssa Calcagno. Quindi da parte nostra resta comunque aperta una possibilità, non vogliamo essere restrittivi al massimo perché sicuramente non gioverebbe nemmeno alla tutela dei minori; ma nemmeno creare un discorso di allargamento totale che non ci consenta nemmeno una verifica o comunque un controllo delle obiettive situazioni di vita che sono soprattutto nell’interesse del minore.

 

Intervento di P. Vercellone al convegno

"Minori stranieri non accompagnati - Strategie locali e nazionali -

Presentazione del Comitato per i minori stranieri"

Torino, 22 febbraio 2000*

 

Ho iniziato a leggere le norme e man mano vengono molti interrogativi sulla certezza della legge.

Ma mi piace la conclusione dell’assessore: il futuro è nelle mani nostre, dobbiamo determinarlo. Ma sempre solo tutti ... se un pezzo lo fa il Comitato, un pezzo lo fa il Comune ecc. siamo nei guai.

Ho provato a vedere le norme. Lo sfondo internazionale, la Convenzione di New York, la disciplina europea, poi le nostre norme interne.

L’art. 33 del T.U. nella forma originaria dava al Comitato un’unica funzione: "vigilare sulle modalità di soggiorno di minori stranieri temporaneamente ammessi sul territorio dello Stato", cioè quelli gravemente ammalati, quelli con situazioni gravi nel loro paese ...

Il dlgs. 113 ha molto ampliato le competenze. Gli articoli modificati demandavano ad un regolamento di indicare le competenze del Comitato.

Nel regolamento del Comitato troviamo la definizione di minore straniero non accompagnato, e di rimpatrio assistito. Ci sono competenze sui minori "accolti" : i Chernobyl tanto per intenderci.

E poi ci sono competenze sui minori non accompagnati.

Che cosa deve fare il Comitato:

1. Censimento dei minori non accompagnati

2. Accertamento dello status di minore non accompagnato: si parte dalla segnalazione, accompagnata da tutto ciò che è necessario per capire chi è questo ragazzo ... temo che ci arriveranno valanghe di segnalazioni in cui ci sarà scritto solo "Mohamed", perché molte volte non si sa di più; è stabilito che l’identità del minore è accertata dall’autorità di PS ove necessario con la collaborazione della rappresentanza diplomatico-consolare.

3. L’art. 6 dispone che "sono garantiti i diritti relativi al soggiorno temporaneo, alle cure sanitarie, all’avviamento scolastico": di più di quello che ciascuno riteneva di dover dare come carità .. si dà tutto, temporaneo.

4. Infine, il rimpatrio assistito.

E’ importante definire subito che cosa non è di competenza del Comitato, perché si dice che il Comitato dovrà coordinare, vigilare, promuovere ...

Dunque: che cosa non è di competenza del Comitato?

1. permesso di soggiorno: deve essere dato dal Questore, per il solo fatto che si tratta di minore; ma a chi fisicamente lo si da se il minore ha meno di 14 anni? Per dare il premesso per minore età è necessario che il minorenne si riveli, dica tutto? Mi parrebbe opportuno, ma lo farà? E se la Questura non gli darà il permesso se non dice tutto, quanti resteranno clandestini? Non tocca al Comitato dirlo, qualcuno dovrà deciderlo.

2. il ricongiungimento familiare in Italia: è di competenza del Questore e delle autorità diplomatico-consolari;

3. l’espulsione: l’unico caso è quello previsto dall’art. 13, co.1 del T.U.; la competenza a chiedere è del Questore, a decidere è del Tribunale per i minorenni;

4. l’adozione di minorenni stranieri che si trovino abbandonati sul territorio dello Stato;

5. le modalità concrete per assicurare i diritti previsti dall’art.6: è competenza degli Enti locali. Ma mi domando se sia corretto che gli Enti locali si addossino tutte le spese. Io sono Presidente da 4 giorni, ma mi hanno già mandato messaggi da paesini del Sud che dicono "non ce la facciamo più": un paesino che debba pagare l’assistenza in una comunità anche di 4 bambini stranieri non ha i soldi. Ma è questione del Parlamento e del Governo: si potrà prevedere magari qualcosa di analogo a quanto previsto per l’assistenza sanitaria dove una buona parte è addossato al SSN.

 

Dunque per la parte che riguarda i "Chernobyl" la competenza è tutta del Comitato; per i minori non accompagnati, rispetto a:

1. Il censimento: è importante che sia chiaro a chi si manderà il dato. Se è un dato con scritto solo "Mohamed Ali" è inutile, anche se dovrete comunque mandarlo perché se avrete trovato il bimbetto che si chiama Mohamed Ali, dovrete segnalarlo: ma entrerà in questa macchina infernale, in questo elaboratore che continuerà a sputare quel nome ...

2. L’accertamento dello status di minore non accompagnato: è indispensabile per ogni provvedimento, probabilmente anche solo per la consegna del permesso.

3. L’accoglienza, che però non fa il Comitato: dovremo in teoria vigilare sull’accoglienza ... a Torino c’è poco da vigilare, so che l’accoglienza è fatta nel migliore dei modi possibili; nelle altre città spero che ci daranno le possibilità di andare a vedere.

Il problema dell’adozione: la categoria di ragazzi stranieri soli non coincide con quella di minore in stato di abbandono di cui nella nostra legislazione, sono due categorie distinte: ci possono essere bambini stranieri accompagnati da genitori che li sfruttano, li inducono a prostituirsi, li picchiano, che il Tribunale per i minorenni dichiarerà in stato di abbandono; ci saranno dei ragazzi qui soli che non sono in stato di abbandono: perché sono scappati di casa contro la volontà dei genitori, perché sono stati rapiti, perché sono venuti con il consenso dei genitori che legittimamente esercendo la potestà hanno detto "qui muore, lo mando a lavorare".

Ci possono essere casi di minori non accompagnati anche in stato di abbandono: e allora il Tribunale per i minorenni dovrà iniziare il procedimento per lo stato di abbandono. E sarà quella l’area di possibile conflitto di competenze tra Comitato e Tribunale: il Comitato che dicesse "lo rimpatrio" e il Tribunale che dicesse "non lo rimpatri: è qui, stiamo intervenendo".

Non credo in realtà che si porranno problemi gravi:

1. sopra i 14 anni credo che nessun Tribunale per i minorenni si sogni di dichiarare adottabili questi ragazzotti, che nessuno vorrà adottare, che sono vivacissimi, che diranno di no (e possono, perché sopra i 14 anni sono loro che dicono sì o no), che sono quasi tutti di religioneislamica, che non consente l’adozione;

2. per i più piccoli, siccome il Tribunale deve chiedere informazioni per capire se è davvero in stato di abbandono e chi è la famiglia, e il Comitato dovrà fare lo stesso (anche per il rimpatrio ma non solo per quello) una cooperazione tra i due organismi sarà augurabile: ci metteremo d’accordo, uno dei due farà le ricerche e poi si deciderà se è in stato di abbandono o se può essere rimpatriato.

C’è poi un lungo discorso sugli altri provvedimenti che i giudici possono prendere nei confronti dei minori stranieri soli.

Il punto più difficile, di fatto, è l’apertura di tutele da parte del Giudice Tutelare: si può andare da un estremo che dice "ogni volta che un minore straniero è qui solo bisogna subito aprire una tutela perché ci sia un legale rappresentante" a un estremo opposto che dice "si nomina un tutore solo nei casi in cui è assolutamente indispensabile che qualcuno dica sì o no in situazione di emergenza, ad es. per un’operazione chirurgica". Ma siccome dobbiamo avere un adulto che risponda per lui, non è improbabile che sarà quello che è chiamato con termine arcaico "ente di assistenza", che esercita i poteri tutelari, in base al Codice Civile e alla legge sulle adozioni.

C’è poi i problema degli affidamenti familiari, che riguarda sia gli inserimenti in famiglia sia gli inserimenti in comunità: chi dà il consenso? Può farlo direttamente l’ente assistenziale? Si deve nominare un tutore che dia il consenso? Tutte cose che sono da discutere.

Di sicuro c’è che il Tribunale per i minorenni e il Giudice Tutelare possono fare nei confronti di uno straniero, rispettando le convenzioni, tutti i provvedimenti che potrebbero prendere nei confronti di un minorenne italiano, nessuno in più o diverso.

E questo vale per il rimpatrio assistito: penso che i Tribunali per i minorenni che fin qui in alcune parti d’Italia ha disposto il rimpatrio - giustamente perché non c’era altro norma (la solita supplenza necessitata da parte del giudice) - probabilmente adesso farebbe cosa non corretta.

Che cosa farà la Commissione non lo so, io non sono la Commissione, la Commissione si è appena formata, quando ci vedremo penso che la prima cosa sarà di parlare del rimpatrio assistito, e di capire che fare di questo strumento.

Io personalmente (non parlo a nome della Commissione) penso che dovremmo usarlo come tutti gli strumenti che valgono per i minorenni: senza dividerli in categorie, senza prendere subito delle posizioni a priori (i cattivi tutti via, i grandi tutti via ...). Ogni caso è un bambino, ogni cartella ha dentro il ragazzetto, ed è solo in funzione di quel ragazzetto, di quel Mohamed che potremo prendere decisioni volta a volta ben calibrate.