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COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE

Bruxelles, 25.11.1999

COM (1999)564 def.


Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni

relativo a misure comunitarie di lotta contro la discriminazione

1. Introduzione

L’Unione europea si fonda sui principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, e dello stato di diritto, principi che sono comuni agli Stati membri.

L’uguaglianza davanti alla legge e la tutela delle persone contro la discriminazione rappresentano un diritto fondamentale e necessario al buon funzionamento delle società democratiche. Attraverso il rafforzamento della coesione economica e sociale, esso contribuisce agli obiettivi di promozione del progresso economico e sociale e di un elevato livello di occupazione. Nel giugno 1997, ad Amsterdam, i capi di Stato e di governo hanno ribadito più che mai l’importanza di tali principi: essi hanno deciso di rafforzare la capacità dell’Unione europea di agire in questo campo, introducendo l’articolo 13 del trattato che istituisce la Comunità europea, che conferisce alla Comunità poteri specifici di azione per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali. L’azione volta a promuovere la parità di trattamento e a lottare contro la discriminazione è importante per i cittadini e per il loro attaccamento agli ideali dell’Unione. Ma è altrettanto importante, anche nel contesto dell’allargamento, chiarire che tali principi devono essere più di semplici parole.

L’obiettivo delle proposte presentate nel contesto della presente comunicazione è rendere effettivi i nuovi poteri conferiti alla Comunità dall’articolo 13.

2. Antecedenti: il contesto internazionale, nazionale e comunitario

Il diritto degli individui di non essere discriminati per motivi arbitrari è stato da tempo riconosciuto da varie organizzazioni internazionali, dall’Unione europea e dai suoi Stati membri.

2.1. Il contesto internazionale

Il diritto di non discriminazione è stato riconosciuto come un diritto autonomo o associato all’esercizio di altri diritti fondamentali, fra l’altro, dalle convenzioni delle Nazioni Unite sui diritti civili e politici e sui diritti economici, sociali e culturali, dalle convenzioni delle Nazioni Unite relative all’eliminazione di qualsiasi forma di discriminazione razziale o contro le donne, dalla Convenzione europea relativa ai diritti dell’uomo e alle libertà fondamentali e, per quanto riguarda l’occupazione e le condizioni di lavoro, dalla Convenzione OIL n. 111.

Il fatto che tutti gli Stati membri dell’UE abbiano firmato o ratificato questi accordi internazionali, ad eccezione della Convenzione delle Nazioni Unite sulla discriminazione razziale e della Convenzione n. 111 dell’OIL, non significa che gli individui abbiano il diritto di ricorrere ai tribunali per veder ripristinare i propri diritti, ma piuttosto che lo Stato si è impegnato a garantire il rispetto del diritto alla non discriminazione nell’ambito del suo ordinamento.

2.2. La dimensione nazionale

Le costituzioni e le legislazioni degli Stati membri presentano una notevole diversità quanto al diritto di parità e al divieto di discriminazione.

2.2.1. Norme costituzionali

In tutti gli Stati membri, con una sola eccezione, esistono norme che vietano varie forme di discriminazione. Il Regno Unito non possiede una costituzione scritta, ma la sua costituzione materiale vieta la discriminazione.

La formulazione di queste norme costituzionali varia a seconda dello Stato membro. In alcuni casi, esse vietano esplicitamente una serie di fattori di discriminazione, mentre in altri Stati membri le costituzioni prevedono liste non tassative e altre disposizioni che vietano la discriminazione in termini generali, del tipo "qualsiasi altra condizione o circostanza personale o sociale" o "qualsiasi altra considerazione".

La costituzione della maggior parte degli Stati membri cita espressamente i seguenti motivi di discriminazione: razza od origine etnica; religione o convinzioni personali e, sempre più spesso, handicap. Anche se molti Stati membri hanno varato strumenti legislativi ordinari per vietare la discriminazione basata sull’età, solo uno cita espressamente l’età nella propria legge fondamentale, mentre la corte costituzionale di un altro paese ha dichiarato tale motivo come risultante implicitamente dalla costituzione nazionale. I tribunali di tre Stati membri hanno interpretato le rispettive costituzioni in modo da vietare la discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale.

Nella maggior parte degli Stati membri i cittadini possono adire i tribunali sulla base delle norme costituzionali contro la discriminazione o per la parità. In altri, essi non possono basarsi pienamente sulle disposizioni costituzionali in materia di parità quando adiscono i tribunali: tali disposizioni costituiscono, tuttavia, principi che devono trovarsi alla base dell’azione pubblica e, in taluni casi, possono essere invocate per giustificare il loro recepimento nella legislazione ordinaria sulla base della loro natura costituzionale.

2.2.2. Legislazione ordinaria

Per quanto riguarda la legislazione ordinaria, tutti gli ordinamenti giuridici degli Stati membri sono dotati di normative sulla parità di trattamento e la non discriminazione in molteplici aspetti dei rapporti di lavoro, relativamente, ad esempio, all’accesso all’occupazione, alla retribuzione e alle condizioni di lavoro.

In numerosi Stati membri, la parità di trattamento e la non discriminazione si basano su disposizioni generali o altre disposizioni che si riferiscono a "tutte le fasi dell’occupazione", a "tutte le condizioni di lavoro" o alle "altre condizioni". Talvolta esse riguardano anche questioni specifiche come l’orario di lavoro, le retribuzioni e le promozioni. Inoltre, alcuni ordinamenti giuridici prevedono la nullità o l’inefficacia di talune disposizioni o normative che hanno per effetto un trattamento discriminatorio.

In termini più generali, alcuni Stati membri sono sprovvisti di una legislazione esaustiva per combattere la discriminazione sulla base della razza o dell’origine etnica, della religione o delle convinzioni personali, dell’età e dell’orientamento sessuale, e si limitano a singole disposizioni contenute in diversi codici del lavoro o penali. Le specifiche normative antidiscriminazione di due Stati membri non trattano dell’età e delle tendenze sessuali, mentre la legislazione di altri due Stati membri ignora l’età e l’handicap; quella di un altro paese infine trascura l’età.

2.3. Il contesto comunitario

2.3.1. Le norme comunitarie

La Comunità europea è impegnata da tempo per le pari opportunità e la parità di trattamento fra le donne e gli uomini. Essa inoltre ha mostrato concretamente il suo impegno ad eliminare tutte le altre forme di discriminazione mediante vari strumenti, quali dichiarazioni comuni, risoluzioni, direttive e programmi d’azione. La Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori del 1989 riconosce l’importanza di lottare contro qualsiasi forma di discriminazione per garantire a tutti un trattamento paritario.

Tuttavia, la Comunità è stata spesso criticata per la scarsità dei progressi compiuti in materia e, in particolare, per la mancanza di una base giuridica specifica che permetta di andare al di là della parità di trattamento fra uomini e donne nel campo dell’occupazione.

Al fine di garantire un’applicazione non discriminatoria della legislazione comunitaria, in attesa dei risultati della CIG (Conferenza intergovernativa) la Commissione, mediante la comunicazione sul razzismo, la xenofobia e l’antisemitismo del 13 dicembre 1995, ha promesso di proporre l’inserzione, ove ciò fosse appropriato, di clausole antidiscriminazione, sia nei nuovi strumenti comunitari sia nelle modifiche e negli aggiornamenti della legislazione comunitaria in vigore.

A seguito di ciò, in numerose proposte della Commissione sono state introdotte clausole antidiscriminazione, in particolare nella versione modificata del regolamento 1612/68 sulla libera circolazione dei lavoratori.

Inoltre, per motivi di principio, l’articolo 1 lettera a) dello Statuto dei funzionari delle Comunità europee è stato modificato nel 1998 con l’introduzione di una clausola di non discriminazione sulla base della razza, delle convinzioni politiche, filosofiche e religiose, del sesso e dell’orientamento sessuale.

Nel corso della CIG, nel giugno 1997, i capi di Stato e di governo hanno inserito il nuovo articolo 13 nel trattato di Amsterdam: tale articolo conferisce alla Comunità poteri specifici d’azione contro qualsiasi discriminazione motivata dal sesso, dalla razza o dalle origini etniche, dalla religione o dalle convinzioni personali, dall’handicap, dall’età o dalle tendenze sessuali. Nel Consiglio europeo di Cardiff del giugno 1998, i capi di Stato e di governo hanno sollecitato la presentazione di ulteriori proposte d’azione comune a seguito della Comunicazione della Commissione su un piano d’azione contro il razzismo. L’impegno dell’Unione nella lotta contro la discriminazione è stato ribadito chiaramente dal Consiglio europeo di Tampere dell’ottobre 1999.

2.3.2. Garanzia dei diritti fondamentali

L’articolo 6 paragrafo 2 del trattato sull’Unione europea stabilisce che l’Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, l’articolo 14 della quale istituisce un principio generale di non discriminazione. Tuttavia, tale norma è sensibilmente più limitata delle misure proposte per attuare l’articolo 13 del trattato CE: pur vietando la discriminazione, l’articolo 14 della Convenzione non istituisce diritti autonomi, ma si limita a stabilire obblighi per i governi. Inoltre, l’articolo 14 tratta del principio di non discriminazione in termini molto generali. Al contrario, le proposte intese ad attuare l’articolo 13 del trattato creano un quadro normativo che gli Stati membri devono concretizzare, e prevedono mezzi diretti di ricorso ai tribunali.

Al Consiglio europeo di Colonia del giugno 1999, i Capi di Stato e di governo hanno deciso che occorre stilare una Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Pur procedendo parallelamente, l’elaborazione di tale Carta ha un’importanza notevole per il tema qui trattato. Al momento però non è chiaro se la Carta contemplerà mezzi giuridici direttamente utilizzabili dai cittadini. Non sarebbe dunque appropriato istituire un rapporto di dipendenza fra le proposte di attuazione dell’articolo 13 e l’adozione definitiva della Carta.

2.3.3. Altre iniziative dell’UE

Un’azione congiunta ai sensi dell’articolo K.3 del trattato sull’Unione europea, relativo alle azioni volte a combattere il razzismo e la xenofobia, è stata adottata dal Consiglio il 15 luglio 1996. L’obiettivo primario dell’azione congiunta è garantire un’efficace cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri per quanto riguarda la lotta al razzismo e alla xenofobia. In questo quadro, l’azione congiunta si riferisce alla necessità di impedire ai colpevoli di reati connessi col razzismo o la xenofobia di sfruttare il fatto che simili atti sono classificati in maniera diversa a seconda degli Stati membri per muoversi da un paese all’altro e sfuggire alle azioni giudiziarie.

Una relazione valutativa sull’attuazione dell’azione congiunta presentata nell’aprile 1998 indica che i comportamenti individuati dall’azione sono già punibili in quanto reati secondo la legislazione dei vari Stati membri, oppure che questi ultimi stanno modificando le proprie normative in questo senso. Tuttavia, la relazione rileva che potrebbero essere fatti passi ulteriori, ad esempio per quanto riguarda punti di contatto volti ad aumentare l’efficacia dell’azione congiunta. Il Consiglio riprenderà in esame l’attuazione dell’azione entro la fine di giugno 2000.

La Commissione valuterà la necessità di iniziative ulteriori nel settore, tenuto conto dei nuovi tipi di strumenti normativi introdotti dal trattato di Amsterdam e della relazione sull’azione congiunta prevista per giugno 2000.

Nel luglio 1999 è stata adottata una comunicazione sulle vittime di reati nell’Unione europea. Tale comunicazione, che riguarda in particolare le persone vittime di un reato in uno Stato membro diverso dal proprio, si prefigge di dare il via a una discussione sui provvedimenti concreti da adottare per migliorare la situazione delle vittime di reati. Essa propone misure di prevenzione, assistenza, compensazione e posizione delle vittime nell’ambito della procedura giudiziaria. La particolare vulnerabilità di alcune categorie di vittime, ad esempio quelle di origine straniera, richiede che sia prestata particolare attenzione all’assistenza da fornire e all’accessibilità dei servizi. Le conclusioni del Consiglio europeo di Tampere (15-16 ottobre 1999) sottolineano l’importanza di migliorare la protezione delle vittime e il loro accesso alla giustizia.

Nel quadro dei programmi di formazione e di scambio nel settore della cooperazione giudiziaria e di polizia, ossia i programmi Grotius e OISIN, la Commissione ha già finanziato alcuni progetti per la prevenzione e la lotta contro il razzismo e la xenofobia. Tali progetti mirano ad agevolare la cooperazione giudiziaria attraverso iniziative per una migliore conoscenza delle leggi, delle procedure e delle istituzioni che fanno capo ai sistemi dei diversi Stati membri, a migliorare la formazione degli operatori di polizia per quanto riguarda i rapporti con le minoranze etniche, nonché a contribuire allo sviluppo di nuovi approcci di reclutamento del personale, in modo ad esempio che le forze di polizia rispecchino maggiormente la composizione delle diverse comunità e minoranze.

Alla luce dei risultati dei suddetti progetti, la Commissione intende sostenere le future attività volte a rafforzare la cooperazione giudiziaria, il ruolo delle forze di polizia e la formazione di queste ultime nel settore della lotta al razzismo e alla xenofobia.

3. Consultazioni

Già prima della firma del trattato di Amsterdam, varie istituzioni e parti interessate — fra l’altro, il Parlamento europeo e varie ONG — avevano più volte invocato la necessità di una legislazione europea volta a combattere la discriminazione. In particolare, tale necessità è stata ampiamente riconosciuta nel corso del 1997, Anno europeo contro il razzismo, e, nel suo Programma d’azione sociale 1998-2000, la Commissione ha annunciato l’imminente avvio di un ampio dibattito sull’applicazione dell’articolo 13, ivi compresa la possibilità di avviare un programma quadro volto a combattere tutte le forme di discriminazione. A seguito della firma del nuovo trattato, la Commissione ha effettuato numerose consultazioni sull’eventuale portata di tale legislazione con la società civile, ivi comprese le parti sociali, con gli Stati membri e con il Parlamento europeo.

Le consultazioni hanno avuto luogo nella forma di seminari e conferenze ufficiali ad Oxford, Manchester, Innsbruck, Vienna e Berlino e nel Secondo Foro della politica sociale a Bruxelles nel giugno 1998. Numerosi rappresentanti delle istituzioni europee, degli Stati membri, della società civile e delle parti sociali hanno discusso i problemi connessi con la lotta contro tutte le forme di discriminazione di cui all’articolo 13 del trattato. Numerose discussioni hanno avuto luogo anche nell’ambito della Piattaforma europea delle ONG sociali e nel quadro del dialogo sociale. Inoltre, nel gennaio e dicembre 1998, il Parlamento europeo ha adottato due risoluzioni nelle quali esprimeva chiaramente il suo parere sull’utilizzazione dell’articolo 13 nel campo del razzismo, mentre il suo Comitato dell’occupazione e degli affari sociali ha adottato nel marzo 1999 un documento di lavoro che propone un supporto generale ad uno strumento orizzontale vincolante per lottare contro la discriminazione. Infine, i rappresentanti dei governi degli Stati membri sono stati consultati nel quadro del Gruppo ad alto livello sulla non discriminazione.

Nel corso di tali consultazioni, i soggetti interessati hanno confermato l’importanza che attribuiscono a quattro principi:

la necessità di procedere su un ampio fronte: si considera necessario un intervento comunitario che tratti tutti gli aspetti della discriminazione, tenuto conto delle specificità ma anche delle analogie fra le diverse forme assunte da questo fenomeno;

la necessità di tenere conto dei vari livelli di progresso registrati negli Stati membri: mentre alcuni si sono basati esclusivamente sulle norme costituzionali per affermare i diritti relativi alla non discriminazione, altri hanno sviluppato una legislazione più specifica in taluni campi;

la necessità di fare pieno uso dell’impulso e della volontà politica attualmente esistenti per progredire il più possibile in settori specifici;

la necessità di contribuire allo sviluppo di politiche concrete e alla fissazione del diritto a non essere discriminati: un duplice approccio basato su una legislazione vincolante accompagnata e rafforzata da un programma d’azione.

4. Il pacchetto di proposte della Commissione

Nello sviluppare il suo pacchetto di proposte, la Commissione ha tenuto pienamente conto di tali pareri e delle altre osservazioni più dettagliate ricevute. Essa si è inoltre basata sull’esperienza acquisita dalla Comunità nella lotta contro la discriminazione sessuale. Tale esperienza mostra che, pur rappresentando una componente fondamentale di una strategia efficace volta a cambiare atteggiamenti e comportamenti, in quanto indica chiaramente ciò che la società considera accettabile o inaccettabile, l’intervento legislativo non basta di per sé a sconfiggere il fenomeno della discriminazione. La legislazione deve infatti essere sostenuta da azioni concrete che permettano agli individui di imparare dai successi e dagli errori degli altri e di applicare i relativi insegnamenti alla loro lotta contro la discriminazione a livello locale - dove essa è spesso molto efficace.

Il trattato attribuisce al Consiglio il potere di prendere i provvedimenti opportuni per combattere contro la discriminazione. L’esperienza nel campo della discriminazione per motivi sessuali ha mostrato che uno dei modi più efficaci per lottare contro la discriminazione è rappresentato dalla promozione della parità di trattamento, lasciando agli Stati membri la possibilità di intraprendere un’azione positiva per compensare le ineguaglianze che da lungo tempo affliggono gruppi di persone storicamente discriminate.

La Comunità è già impegnata nella lotta alla discriminazione, in particolare per quanto riguarda l’occupazione e il settore sociale: essa ha tenuto conto di tale esperienza nel proporre una serie di iniziative basate su una combinazione di strumenti giuridici che fanno tesoro di questi sforzi, ma ha anche riconosciuto che la discriminazione va oltre il mercato del lavoro e ha auspicato l’avvio di un approccio integrato. Nel suo insieme, questo pacchetto contribuirà a lottare contro la discriminazione, anche promuovendo la parità di trattamento.

I progetti di direttive della Commissione non incidono sul principio di uguaglianza sancito dalle costituzioni nazionali e dal diritto consuetudinario: essi sono semplicemente intesi a integrare e rafforzare le disposizioni nazionali preposte all’attuazione del principio di uguaglianza.

In primo luogo, la Commissione propone una direttiva volta a lottare contro la discriminazione sul mercato del lavoro per tutti i motivi enunciati all’articolo 13, ad eccezione della discriminazione sessuale, già trattata da un’ampia legislazione comunitaria risalente agli anni ’70 e riferita specificamente al settore occupazionale (articolo 141 del trattato CE). Tale proposta copre il settore dove la discriminazione per qualsiasi motivo è più evidente e dove spesso risulta più dannosa per le possibilità individuali di successo nella società.

In secondo luogo, la Commissione propone una direttiva volta a lottare contro la discriminazione per motivi razziali ed etnici che va al di là del mercato del lavoro, tenendo conto dell’esperienza acquista dalla Comunità nel corso dell’Anno europeo contro il razzismo e, in particolare, dell’attuale forte volontà politica di combattere, per lottare sotto tutti gli aspetti possibili, la discriminazione razziale. Nel formulare le suddette proposte, la Commissione ha tenuto conto delle iniziative precedenti in questi settori, in particolare dell’esperienza di lotta alla discriminazione sessuale rappresentata dalle direttive 76/207/CEE (parità di trattamento) e successive, compresa la direttiva 97/80/CE (onere della prova). Ha inoltre tenuto conto degli strumenti giuridici internazionali relativi alla discriminazione.

Occorre sottolineare che il campo d’applicazione dei due progetti di direttiva è comune nella misura in cui entrambi trattano della discriminazione fondata sulla razza o l’origine etnica in ambito occupazionale. Il motivo è che le proposte, pur simili nella concezione, sono pensate per essere due strumenti giuridici indipendenti, e potrebbero essere presentate individualmente. Se una direttiva fosse adottata dal Consiglio prima dell’altra, la restante verrebbe modificata di conseguenza.

In terzo luogo, la Commissione propone un programma d’azione volto a integrare le proposte di atti normativi sostenendo e facendo da complemento agli sforzi intrapresi dagli Stati membri per combattere la discriminazione. Saranno trattati tutti i tipi di discriminazione di cui all’articolo 13 del trattato, ad eccezione di quella fondata sul sesso. Alla luce dell’esperienza accumulata dalla Comunità nel corso delle azioni precedenti in questo settore e in ragione dell’importanza particolare attribuita al principio della parità uomo-donna da altre disposizioni del trattato - in particolare gli articoli 2, 3 e 141 CE- la discriminazione fondata sul sesso sarà inserita in un nuovo programma sulla parità fra i sessi, attualmente in fase di stesura da parte della Commissione. Tuttavia, ai sensi delle nuove disposizioni contenute negli articoli 2 e 3 CE, la Commissione garantirà che una prospettiva relativa alla tematica di genere sia effettivamente inserita in tute le azioni e le attività del programma volte a combattere gli altri tipi di discriminazione.

La Comunità ha un’esperienza considerevole nel sostenere misure di ordine pratico volte ad assistere altri gruppi che sono spesso oggetto di discriminazione - minoranze visibili, come gli anziani e le persone con disabilità. Gran parte di quest’esperienza verte su provvedimenti intesi a inserire gli individui nella società piuttosto che a combattere alla radice la discriminazione da loro subita. Tuttavia, di quest’esperienza si è tenuto conto nella concezione e strutturazione del programma d’azione qui proposto e, in particolare, si è insistito sul coinvolgimento delle categorie discriminate nella sua attuazione.

Nel loro insieme, queste tre proposte costituiranno una base globale d’intervento e prevedono un minimo di diritti legali che non dovranno subire discriminazioni, attraverso un’azione concreta volta a promuovere l’effettiva applicazione di tali diritti.

Ma tali proposte non rappresentano l’unico intervento comunitario. È essenziale che la lotta contro la discriminazione rientri in tutte le attività pertinenti della Comunità e a livello nazionale. La Comunità ha lanciato una serie di azioni che tengono conto di questa necessità.

In primo luogo, gli Orientamenti in materia di occupazione esortano gli Stati membri a dare la massima priorità alla lotta contro la discriminazione delle donne in tutti i loro interventi sul mercato del lavoro. Essi invitano inoltre gli Stati membri a prestare un’attenzione particolare alle necessità dei disabili, delle minoranze etniche e di altri gruppi ed individui che, anche a causa della discriminazione, potrebbero trovarsi in una situazione di svantaggio sul mercato del lavoro.

In secondo luogo, i suddetti gruppi possono beneficiare dell’assistenza ordinaria dei Fondi strutturali. Inoltre, attraverso la nuova iniziativa comunitaria EQUAL, il Fondo sociale europeo affronterà i problemi connessi con l’esclusione, la discriminazione e l’ineguaglianza nella misura in cui essi interagiscono con l’occupazione. L’azione sarà incentrata sulle priorità tematiche concordate fra gli Stati membri e la Commissione che si riconnettono ai quattro pilastri della Strategia europea sull’occupazione. Il Programma d’azione comunitario non sosterrà azioni ammissibili al finanziamento nel quadro di EQUAL.

In terzo luogo, il nuovo programma Istruzione, formazione e gioventù continuerà a promuovere l’integrazione delle categorie svantaggiate, comprese le persone esposte ai vari tipi di discriminazione: si tratta infatti di una priorità di tipo orizzontale del programma.

In quarto luogo, come si è detto sopra, la Commissione sta preparando un nuovo programma d’azione comunitaria per la parità uomo-donna, per recepire i risultati validi del programma comunitario attuale, che verrà a scadenza il 31 dicembre del 2000.

Infine, la Commissione ha in cantiere un programma d’azione a norma dell’articolo 137 per combattere l’esclusione sociale. Ovviamente, la discriminazione può rappresentare un fattore che contribuisce all’esclusione sociale. Il Programma d’integrazione promuoverà una cooperazione strategica a livello comunitario per sostenere gli sforzi degli Stati membri volti a prevenire e a combattere l’esclusione sociale. Esso sosterrà gli Stati membri nei loro sforzi volti a promuovere l’integrazione di gruppi esclusi o a rischio di esclusione, mentre il programma previsto dal presente pacchetto basato sull’articolo 13 si concentrerà sul sostegno e sul miglioramento dell’efficacia delle misure degli Stati membri volte a combattere la discriminazione.

Oltre a ciò, la Commissione intende sfruttare le nuove opportunità offerte dall’entrata in vigore del trattato di Amsterdam e meglio definite dalle conclusioni del Consiglio europeo straordinario di Tampere. Il rifiuto di tutte le forme di discriminazione, e in particolare del razzismo e della xenofobia, infatti, è una condizione essenziale per consolidare e sviluppare l’Unione in direzione di quello spazio di libertà, sicurezza e giustizia previsto all’articolo 2 del trattato sull’Unione europea.

Questo principio fondamentale, già recepito dalla Commissione nella sua comunicazione del luglio 1998, ripetuto nella lettera inviata dal Presidente Prodi al Primo ministro finlandese Lipponen il 23 settembre 1999, e sostenuto dal Parlamento europeo con risoluzione del 16 settembre 1999, è stato confermato senza ambiguità dai Capi di Stato e di governo, per cui non resta ora che tradurlo in pratica.

Inoltre, spetta alla Commissione continuare la propria azione nel campo della lotta alla discriminazione facendo uso del diritto d’iniziativa in caso di nuove misure ai sensi del Titolo VI del trattato sull’Unione europea, il cui articolo 29 contiene un riferimento esplicito alla prevenzione del razzismo e della xenofobia, nonché ai sensi del Titolo IV del trattato che istituisce la Comunità europea, soprattutto nei settori dell’asilo e dell’immigrazione.

5. Impatto economico

L’esperienza proveniente dagli Stati membri mostra che i gruppi di persone che sono più frequentemente oggetto di discriminazione sono gli stessi che incontreranno le maggiori difficoltà di integrazione e, in particolare, di accesso al mercato del lavoro. I due progetti di direttiva, combattendo la discriminazione in varie situazioni, promuoveranno una più ampia partecipazione sociale e, in particolare, l’occupabilità, sostenendo in questo modo la capacità delle persone di sfruttare il loro potenziale in termini economici e sociali. Allo stesso tempo, essi garantiranno che la società e le imprese facciano il migliore uso possibile delle proprie risorse umane. Per conseguire questo obiettivo, alcune imprese degli Stati membri nelle quali attualmente non esistono disposizioni antidiscriminatorie, o nelle quali dette disposizioni esistono soltanto in maniera limitata, dovranno sostenere temporaneamente alcuni costi connessi ai nuovi requisiti cui conformarsi (come la formazione del personale pertinente).

Questo punto viene approfondito per le due direttive nella scheda di valutazione dell’impatto allegata a ciascuna proposta.

6. Sussidiarietà e proporzionalità: giustificazione e valore aggiunto

Nell’introdurre il nuovo articolo 13 nel trattato, i capi di Stato e di governo hanno riconosciuto la necessità di un’azione comunitaria per lottare contro la discriminazione. Nondimeno, la lotta contro la discriminazione non è di esclusiva competenza della Comunità e, conformemente all’articolo 5, la Comunità deve intervenire soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell’azione in questione, essere realizzati meglio a livello comunitario.

Le tre proposte allegate alla presente Comunicazione si conformano a questo principio.

Sussidiarietà

La maggior parte degli Stati membri hanno incluso nella loro costituzione e/o nel loro ordinamento giuridico disposizioni che affermano il diritto di non discriminazione. Tuttavia, la portata e la forza esecutiva di tali norme — e le possibilità di ricorso - variano notevolmente da uno Stato membro all’altro.

I progetti di direttiva si propongono di stabilire una serie di principi relativi alla parità di trattamento che trattino questioni fondamentali quali la protezione contro le molestie, la possibilità di un’azione positiva, mezzi appropriati di ricorso. Tali principi sarebbero applicabili in tutti gli Stati membri, garantendo così alle persone il livello comune di protezione contro la discriminazione cui hanno diritto. Norme comuni a livello comunitario possono essere conseguite soltanto attraverso un’azione coordinata.

Proporzionalità

Benché necessaria per conseguire gli obiettivi del trattato, la legislazione europea non deve tuttavia andare al di là di quanto necessario per raggiungere tali obiettivi.

In considerazione delle differenze che ancora esistono nella legislazione ordinaria degli Stati membri, occorre definire principi comuni per l’attuazione dell’articolo 13.

Tuttavia, nel corso delle intense consultazioni intrattenute con tutte le parti interessate, sia gli Stati membri sia le ONG hanno sottolineato l’importanza di rispettare le differenti tradizioni degli Stati membri, al fine di conferire flessibilità all’attuazione e di evitare interferenze con le buone prassi già esistenti in alcuni Stati membri. Pertanto, le proposte si pongono l’obiettivo di fissare un numero limitato di norme, basate su alcuni principi generali che lasciano agli Stati membri una notevole discrezionalità quanto al modo di attuazione. Così facendo si rispettano le diverse tradizioni e situazioni dei diversi Stati membri e allo stesso tempo non si impedisce agli stessi di andare anche oltre. Inoltre, questo approccio non è nuovo, essendo già stato adottato dalla legislazione comunitaria in materia di pari opportunità fra uomini e donne.

Il progetto di decisione sul programma d’azione permetterà una cooperazione multilaterale fra gli organismi competenti degli Stati membri, volta a migliorare l’efficacia delle politiche e delle prassi in materia di lotta contro la discriminazione in tutta la Comunità. Una cooperazione con queste caratteristiche deve essere coordinata su scala europea a fini di efficacia e per evitare sovrapposizioni con altre iniziative comunitarie. Il programma si basa su un’ampia valutazione ex ante volta a individuare il modo migliore in cui il sostegno comunitario può apportare un valore aggiunto alle prassi vigenti negli Stati membri.

CONCLUSIONE

Il pacchetto proposto dalla Commissione ha avuto una lunga gestazione, dovuta alle intense consultazioni con gli Stati membri, le organizzazioni non governative, le parti sociali e il Parlamento europeo. I temi trattati sono particolarmente delicati, dal momento che toccano direttamente le varie concezioni della società.

La Commissione ha adottato un approccio ragionevole, progressista e pragmatico. Il programma d’azione ha lo scopo di portare a una maggiore consapevolezza per quanto riguarda la discriminazione in generale, fenomeno che tocca, direttamente o indirettamente, una considerevole quantità di persone. Le due direttive stabiliscono un numero limitato di norme, e lasciano il necessario margine di discrezionalità agli Stati membri quanto alla loro attuazione.

Le due direttive proposte sono state formulate al fine di attuare l’articolo 13 del trattato: la prima istituisce un quadro generale per la parità di trattamento in campo occupazionale, vietando la discriminazione basata sui motivi di cui all’articolo 13; la seconda viene incontro ai molti appelli contro il razzismo in settori che vanno oltre l’occupazione, vietando dunque la discriminazione negli altri campi di competenza della Comunità. Per questi motivi, in risposta all’invito a prendere l’iniziativa venuto dal Consiglio europeo di Tampere, e senza interferire con la preparazione di una Carta europea dei diritti fondamentali, la Commissione reputa necessario muoversi subito.

L’azione comunitaria è un chiaro segnale del fatto che la discriminazione non può essere accettata dall’Unione europea.

 

 

ALLEGATI

I. Dichiarazioni dell’UE e altri documenti adottati dalle istituzioni della Comunità europea e dagli Stati membri in materia di diritti umani e libertà fondamentali

II. Documenti delle istituzioni CE in materia di handicap, razza o origine etnica, età e tendenze sessuali

III. Tabella: Strumenti delle Nazioni Unite e del Consiglio d’Europa ai quali non partecipano gli Stati membri

IV. Tabella: Convenzioni OIL

V. Tabella: Norme costituzionali volte a combattere le discriminazioni

VI. Tabella: Norme di legge volte a combattere le discriminazioni

 

ALLEGATO I

 

Dichiarazioni dell’UE e altri documenti adottati dalle istituzioni della Comunità europea e dagli Stati membri in materia di diritti umani e libertà fondamentali

 

Dichiarazione adottata al Vertice di Parigi (19 e 20 Ottobre 1972).

Documento sull’identità europea (Vertice di Copenaghen, 14 Dicembre 1973).

Dichiarazione comune sui diritti fondamentali (Parlamento europeo, Consiglio e Commissione, 5 Aprile 1977).

Dichiarazione sulla democrazia (Consiglio europeo di Copenaghen, 8 Aprile 1978)

Atto Unico Europeo (febbraio 1986).

Dichiarazione sui diritti dell’uomo (Ministri per gli affari esteri nel quadro della cooperazione politica europea e Consiglio, 21 luglio 1986)

Dichiarazione sui diritti e sulle libertà fondamentali (Parlamento europeo, 12 Aprile 1989)

Dichiarazione sui diritti dell’uomo (Consiglio europeo di Lussemburgo, 28 e 29 giugno 1991)

Risoluzione sui diritti dell’uomo, sulla democrazia e sullo sviluppo (Stati membri e Consiglio riuniti in sede di nell’ambito del Consiglio, 28 novembre 1991).

Trattato sull’Unione europea (Preambolo, disposizioni comuni e disposizioni specifiche in materia di cittadinanza dell’Unione, sviluppo, cooperazione, politica estera e di sicurezza comune, cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni).

Risoluzione del 10 febbraio 1994 sulla Costituzione dell’Unione europea (Parlamento europeo). (GU C 061 del 28.02.1994, pag. 55) (allegato alla risoluzione: Progetto di Costituzione dell’Unione europea del 1994, adottato dal Comitato istituzionale del PE).

Risoluzione del 6 maggio 1994 sulle violazioni delle libertà e dei diritti fondamentali delle donne (Parlamento europeo).

Comunicazione della Commissione sul richiamo al rispetto dei principi democratici e dei diritti dell’uomo negli accordi tra la Comunità e i paesi terzi (COM(95) 216 del 23 maggio 1995).

Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo - L’Unione europea e gli aspetti esterni della politica in materia di diritti dell’uomo: da Roma a Maastricht e oltre (COM(95) 567 del 22 novembre 1995).

Relazione della Commissione sull’attuazione di azioni volte a promuovere i diritti dell’uomo e la democratizzazione (per il 1995) COM/96/0672 def.

Risoluzione del 12 dicembre 1996 sui diritti dell’uomo nel mondo per gli anni 1995 e 1996 e la politica dell’Unione in materia di diritti dell’uomo (Parlamento europeo).

Risoluzione sulla relazione della Commissione sull’attuazione di azioni volte a promuovere i diritti dell’uomo e la democratizzazione (per il 1995) (Parlamento europeo) (C4-0095/97).

Trattato di Amsterdam (ad esempio, articoli 2, 6, 7, 11, 46 e 49 del TUE e articoli 12, 13, 17, 136, 141).

Risoluzione del 19 dicembre 1997 sulla creazione di una struttura di coordinamento unitaria all’interno della Commissione competente in materia di diritti dell’uomo e di democratizzazione (Parlamento europeo) (A4-0393/97).

Conclusioni del Consiglio europeo di Lussemburgo del 12-13 dicembre 1997.

Risoluzione sul rispetto dei diritti dell’uomo nell’Unione europea (1996) (Parlamento europeo) (A4-0034/98).

Conclusioni del Consiglio europeo di Cardiff del 15-16 giugno 1998.

Comunicazione del 12 marzo 1998 della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo: "Democratizzazione, stato di diritto, rispetto dei diritti dell’uomo e sana gestione degli affari pubblici: le sfide del partenariato fra l’Unione europea e i paesi ACP" (COM (98) 146 def.).

Posizione comune del 25 maggio 1998 definita dal Consiglio sulla base dell’articolo J. 2 del trattato sull’Unione europea, sui diritti umani, i principi democratici, lo stato di diritto e il buon governo in Africa (GU 158 del 02.06.1998, pag. 1).

Dichiarazione dell’UE adottata il 10 dicembre 1998 in occasione del 50° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.

Regolamento (CE) n. 975/1999 del Consiglio, del 29 aprile 1999, che fissa le modalità di attuazione delle azioni di cooperazione allo sviluppo, che contribuiscono all’obiettivo generale di sviluppo e consolidamento della democrazia e dello Stato di diritto nonché a quello del rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (GU L 120/8 dell’8 maggio 1999).

Regolamento (CE) n. 976/1999 del Consiglio, del 29 aprile 1999, che fissa le modalità di attuazione delle azioni della Comunità diverse da quelle di cooperazione allo sviluppo che, nel quadro della politica di cooperazione comunitaria, contribuiscono all’obiettivo generale di sviluppo e consolidamento della democrazia e dello stato di diritto nonché a quello del rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali nei paesi terzi (GU L 120/8 dell’8 maggio 1999).

Relazione Barros Moura sui diritti dell’uomo nel mondo per gli anni 1997-1998 e la politica dell’Unione in materia di diritti dell’uomo, A4-0410/98 (Parlamento europeo).

Relazione Schaffner sul rispetto dei diritti dell’uomo nell’Unione europea (1997), A4-0468/98 (Parlamento europeo).

Conclusioni del Consiglio europeo di Colonia (3/4 giugno 1999) e in particolare decisione sulla stesura di una Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

 

ALLEGATO II

Documenti delle istituzioni dell’Unione europea in materia di handicap, razza o origine etnica, età e tendenze sessuali

HANDICAP

 

Risoluzioni

Risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, del 21 Dicembre 1981, relativa all’integrazione dei minorati nella società (GU C 347 del 31 dicembre 1981)

Risoluzione del Consiglio e dei Ministri dell’istruzione riuniti in sede di Consiglio del 31 maggio 1990, sull’integrazione dei bambini e dei giovani minorati nel sistema scolastico normale (GU C 162 del 3 luglio 1990)

Risoluzione del Parlamento europeo, del 14 dicembre 1995, sui diritti umani dei disabili (GU n. C 17 del 21 gennaio 1996).

Risoluzione del Parlamento europeo sui diritti dei disabili (A4-0391/96)

Risoluzione del Parlamento europeo sulla parità di opportunità dei disabili ( A4-0044/97)

Risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio, del 20 Dicembre 1996, sulla parità di opportunità per i disabili (GU C 012 del 13.01.1997)

Risoluzione del Consiglio, del 17 giugno 1999, relativa alle pari opportunità di lavoro per i disabili (GU C 186 del 2 luglio 1999).

 

Decisioni

Decisone del Consiglio (88/231/CEE) del 18 aprile 1988 che stabilisce il secondo programma di azione comunitaria a favore dei minorati (HELIOS) (GU L 104 del 23 Aprile 1988)

Decisione del Consiglio (93/136/CEE) del 25 febbraio 1993 che stabilisce il terzo programma di azione comunitaria a favore dei portatori di handicap (HELIOS II 1993-1996) (GU L 234 del 17.09.1993)

Decisione del Consiglio (93/512/CEE) del 21 settembre 1993 concernente un’iniziativa comunitaria nel campo della tecnologia a favore delle persone disabili e degli anziani (TIDE) (1993-1994) (GU L 240 del 25.09.1993)

 

Raccomandazioni

Raccomandazione del Consiglio (86/379/CEE) del 24 Luglio 1986 concernente l’occupazione dei minorati nella Comunità (GU L 225 del 12 Dicembre 1986)

 

Relazioni

Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sulla realizzazione e sui risultati del programma HELIOS (1988-1991) (SEC/92/1206 def.)

Relazione della Commissione al Consiglio , al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni sulla valutazione del terzo programma d’azione comunitaria per l’assistenza delle persone con disabilità (HELIOS II 1993-1996 (COM 98/0015 def.)

 

Conclusioni

Conclusioni del Consiglio, del 12 Giugno 1989, concernenti l’occupazione dei minorati nella Comunità (GU C 173 del 12 giugno 1989)

 

Comunicazioni

Comunicazione della Commissione sulla parità di opportunità per i disabili — Una nuova strategia della Comunità europea nei confronti dei disabili (COM (96) 406 def.)

 

RAZZA O ORIGINE ETNICA

 

Risoluzioni

Risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio, del 29 Maggio 1990, sulla lotta contro il razzismo e la xenofobia (GU C 157 del 27.06. 1990)

Risoluzione sul razzismo e la xenofobia (Parlamento europeo B4-0261/94)

Risoluzione sul razzismo, la xenofobia e l’antisemitismo (Parlamento europeo B4-1239/95)

Risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio del 5 Ottobre 1995, sulla lotta contro il razzismo e la xenofobia nei settori dell’occupazione e degli affari sociali.

Risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio, del 23 luglio 1996, concernente l’anno europeo contro il razzismo (1997) (GU C 237 del 15 agosto 1996)

Risoluzione del Parlamento europeo sul razzismo, la xenofobia e sui risultati dell’Anno europeo contro il razzismo (1997) (GU C 056 del 23 Febbraio 1998)

 

Dichiarazioni

Dichiarazione comune del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione del 1986 contro il razzismo e la xenofobia (GU C 158 del 25 Giugno 1986)

Dichiarazione sull’antisemitismo, il razzismo e la xenofobia (Consiglio europeo di Dublino, 25 e 26 giugno 1990)

Dichiarazione sul razzismo e sulla xenofobia (Consiglio europeo di Maastricht, 9 e 10 Dicembre 1991)

Dichiarazione comune delle parti sociali sulla prevenzione della discriminazione razziale e della xenofobia e sulla promozione della parità di trattamento sul luogo di lavoro (Ottobre 1995)

Dichiarazione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio, del 24 Novembre 1997, relativa alla lotta contro il razzismo, la xenofobia e l’antisemitismo nel mondo giovanile (GU C 368 del 5 Dicembre 1997)

Dichiarazione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio, del 16 dicembre 1997, relativa al rispetto delle diversità e alla lotta contro il razzismo e la xenofobia (GU C001 del 13 Gennaio 1998)

 

Regolamenti

Regolamento (CE) n. 1035/97 del 2 Giugno 1997 che istituisce un Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia (GU L 151 del 10 Giugno 1997)

 

Conclusioni del Consiglio europeo

Conclusioni del Consiglio europeo di Corfù del 24-25 giugno 1994 sul razzismo e la xenofobia

Conclusioni del Consiglio europeo di Essen del 9-10 Dicembre 1994 sul razzismo e la xenofobia

Conclusioni del Consiglio europeo di Cannes del 25-26 giugno 1995 sul razzismo e la xenofobia

Conclusioni del Consiglio europeo di Madrid del 15-16 Dicembre 1995 sul razzismo e la xenofobia

Conclusioni del Consiglio europeo di Firenze del 21-22 Giugno 1996 sul razzismo e la xenofobia

Conclusioni del Consiglio europeo di Dublino del 13-14 Dicembre 1996 sul razzismo e la xenofobia

 

Comunicazioni

Comunicazione della Commissione sul razzismo, la xenofobia e l’antisemitismo e proposta di decisione del Consiglio che proclama il 1997 "Anno europeo contro il razzismo" (COM (95) 653 def.)

Comunicazione della Commissione — Piano d’azione contro il razzismo (COM (98) 183 def.)

 

Altri

Azione comune del 15 luglio 1996 adottata dal Consiglio a norma dell’articolo K.3 del trattato sull’Unione europea, nell’ambito dell’azione intesa a combattere il razzismo e la xenofobia.

Relazioni del Comitato consultivo sul razzismo e la xenofobia (Comitato Kahn) elaborate per le riunioni del Consiglio europeo di Essen, Cannes, Madrid e Firenze.

 

ETÀ

 

Raccomandazione

Raccomandazione del Consiglio, del 10 Dicembre 1982, relativa ai principi di una politica comunitaria concernente l’età pensionabile (GU L 357 del 18 dicembre 1982)

 

Relazioni

Relazione della Commissione al Consiglio sull’applicazione della raccomandazione del Consiglio del 10 Dicembre 1982; relativa ai principi di una politica comunitaria concernente l’età pensionabile (COM(86) 0365 def.)

Relazione della Commissione sull’applicazione negli Stati membri della Raccomandazione del Consiglio 82/857/CEE del 10 dicembre 1982 relativa ai principi di una politica comunitaria concernente l’età pensionabile (SEC/92/2288 def.)

 

TENDENZE SESSUALI

 

Risoluzioni

Risoluzione del Parlamento sulle discriminazioni sessuali sul luogo di lavoro (GU C 104 del 16 aprile 1984)

Risoluzione del Parlamento sulla discriminazione dei transessuali (GU C 256 del 9 ottobre 1989)

Risoluzione del Parlamento sulla parità dei diritti per gli omosessuali nella Comunità (GU C 061 del 28 Febbraio 1994)

 

Dichiarazioni

Dichiarazione del Consiglio, del 18 dicembre 1991, relativa all’applicazione della raccomandazione della Commissione sulla tutela della dignità delle donne e degli uomini nel mondo del lavoro, ivi compreso il codice di condotta volto a combattere le molestie sessuali (GU C 027 del 4 Febbraio 1992)

ALLEGATO III

Principali strumenti delle Nazioni Unite e del Consiglio d’Europa concernenti i diritti dell’uomo ai quali non partecipano gli Stati membri
(Fonte: Agenda dell’Unione europea per l’anno 2000 in materia di diritti dell’uomo)

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ALLEGATO III

 

Nazioni Unite:

 

1) Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali.

2) Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici.

3) Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione verso le donne.

4) Convenzione sui diritti del fanciullo.

5) Convenzione contro la tortura e altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti.

6) Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale

7) Protocollo facoltativo annesso al Patto sui diritti civili e politici.

8) Secondo protocollo facoltativo annesso al Patto sui diritti civili e politici.

 

Consiglio d’Europa:

 

9) Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (ETS n. 5) come integrata dal Protocollo n. 2 (ETS n. 44) del 6 maggio 1963 ed emendata dal Protocollo n. 3 (ETS n. 45) del 6 Maggio 1963 dal Protocollo n. 5 (ETS n. 55) del 20 Gennaio 1966 e dal Protocollo n. 8 (ETS n. 118) del Marzo 1985 (CEDU).

10) Protocollo CEDU (ETS n. 9) concernente, fra l’altro, la protezione della proprietà, il diritto all’istruzione, la libertà di espressione e di opinione nell’ambito di libere elezioni, l’applicazione della CEDU ai territori degli Stati membri.

11) Protocollo n. 4 CEDU che garantisce taluni diritti e libertà diversi da quelli già inclusi nella Convenzione e nel suo primo Protocollo (ETS n. 46).

12) Protocollo n. 6 CEDU concernente l’abolizione della pena di morte (ETS n. 114).

13) Protocollo n. 7 CEDU (ETS n. 117) concernente, fra l’altro, i diritti dei cittadini esteri residenti legali e i diritti nei procedimenti penali.

14) Protocollo n. 9 CEDU (ETS n. 140) concernente la giurisdizione della Corte europea dei diritti dell’uomo.

15) Protocollo n. 10 CEDU (ETS 146) che emenda l’articolo 32 CEDU al fine di ridurre la maggioranza di due terzi ivi prevista.

16) Protocollo n. 11 CEDU (ETS n. 155) che ristruttura il dispositivo di controllo.

17) Accordo europeo concernente le persone che partecipano a procedimenti davanti alla Commissione e alla Corte europea dei diritti dell’uomo (ETS 67) (concernente la concessione di immunità e privilegi alle persone che partecipano ai procedimenti legali).

18) Accordo europeo relativo alle persone che partecipano a procedimenti davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo (ETS n. 161) (concessione di immunità e privilegi, tenuto conto del Protocollo 11).

19) Convenzione europea per la prevenzione della tortura e dei trattamenti o pene inumani o degradanti (CEPT) (ETS N.126).

20) Protocollo n. 1 CEPT (ETS n. 151) concernente l’accesso degli stati non membri al Consiglio d’Europa.

21) Protocollo n. 2 CEPT (ETS n. 152) concernente il rinnovo dei membri del Comitato europeo per la prevenzione della tortura.

22) Carta sociale europea (CSE) (ETS n. 35).

23) Protocollo addizionale CSE (ETS n. 128) concernente l’estensione dei diritti sociali ed economici previsti dalla CSE.

24) Protocollo che emenda la CSE (ETS n. 142) concernente misure volte a migliorare il dispositivo di controllo.

25) Protocollo addizionale CSE che prevede un sistema di reclami collettivi (ETS n. 158).

26) Carta sociale europea (riveduta) (ETS n. 163)

27) Carta europea per le lingue regionali minoritarie (ETS n. 148).

28) Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali (ETS n. 157)

 

ALLEGATO IV

Alcune convenzioni OIL in materia

 

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CONVENZIONI OIL

 

Convenzione 111 concernente la discriminazione in materia di occupazione e condizioni di lavoro, 1958.

Convenzione 142 concernente l’orientamento e la formazione professionali nello sviluppo delle risorse umane, 1975.

Convenzione 159 concernente il riadattamento professionale e l’occupazione dei disabili, 1985.

 

ALLEGATO V

NORME COSTITUZIONALI VOLTE A COMBATTERE LA DISCRIMINAZIONE PER MOTIVI DI RAZZA O ORIGINE ETNICA, DI RELIGIONE O DI CONVINZIONI PERSONALI, DI HANDICAP, DI ETÀ O DI TENDENZE SESSUALI

Stato membro

Norma costituzionale

Materia coperta

Diritto di azione giudiziaria

Belgio

Articoli 10, 11 e 191 della Costituzione.

Principio generale di uguaglianza.

Effetto pieno.

Danimarca

Articolo 70 della Costituzione.

Razza o origine etnica, religione o convinzioni personali.

Effetto pieno.

Germania

Articolo 3 della Costituzione.

Razza o origine etnica, religione o convinzioni personali, handicap

Effetto pieno.

Grecia

Articoli 4.1, 5.1 e 5.2 della Costituzione.

Razza o origine etnica, religione o convinzioni personali.

Effetto pieno

Spagna

Articolo 14 della Costituzione.

Razza o origine etnica, religione o convinzioni personali.

Effetto pieno

Francia

Articolo 2 della Costituzione.

Razza o origine etnica, religione o convinzioni personali.

Effetto pieno

Irlanda

Articolo 40 della Costituzione.

Principio generale di uguaglianza.

Effetto pieno

Italia

Articolo 3 della Costituzione.

Razza o origine etnica, religione o convinzioni personali.

Effetto pieno

Lussemburgo

Articolo 11 della Costituzione

Principio generale di uguaglianza.

Effetto limitato

Paesi Bassi

Articolo 1 della Costituzione

Razza o origine etnica, religione o convinzioni personali

Effetto pieno.

Austria

Articolo 7.1 della Costituzione

Razza o origine etnica, religione o convinzioni personali, handicap.

Effetto limitato.

Portogallo

Articolo 13 della Costituzione

Razza o origine etnica, religione o convinzioni personali.

Effetto pieno.

Finlandia

Sezione 5 della Costituzione

Razza o origine etnica, religione o convinzioni personali, handicap ed età.

Effetto limitato.

Svezia

Capitolo 2, articoli 1.6, 15 e 20.6 della Costituzione

Razza o origine etnica, religione o convinzioni personali.

Effetto limitato.

Regno Unito

Non esiste una Costituzione scritta.

   

ALLEGATO VI

NORME DI LEGGE NON PENALI VOLTE A COMBATTERE LA DISCRIMINAZIONE PER MOTIVI DI RAZZA O DI ORIGINE ETNICA,
DI RELIGIONE O DI CONVINZIONI PERSONALI, DI HANDICAP, DI ETÀ O DI TENDENZE SESSUALI

Stato membro

Leggi o accordi collettivi

Materie coperte

Campo d’applicazione

Belgio

Accordo collettivo del 6 dicembre 1983 concernente l’assunzione e la selezione dei lavoratori.

Razza o origine etnica, religione o convinzioni personali, età.

Occupazione.

Danimarca

Atto 459 del 12 giugno 1996 concernente il divieto di discriminazione per quanto riguarda l’occupazione e le condizioni di lavoro, ecc.

Razza o origine etnica, religione o convinzioni personali.

Occupazione.

Germania

Codici per la pubblica amministrazione, legge sull’organizzazione interna delle imprese (Betr VG)

Razza o origine etnica, religione o convinzioni personali.

Occupazione

Grecia

Nessuna legge antidiscriminazione.

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Spagna

Statuto dei lavoratori ("Estatuto de los Trabajadores").

Razza o origine etnica, religione o convinzioni personali, età.

Occupazione.

Francia

Codice del lavoro.

Razza o origine etnica, religione o convinzioni personali, handicap, tendenze sessuali.

Occupazione

Irlanda

Legge sull’uguaglianza nell’occupazione, 1998.

Razza o origine etnica, religione o convinzioni personali, handicap, età, tendenze sessuali.

Occupazione.

Italia

Legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori) e legge 6 marzo 1998, n. 40.

Razza o origine etnica, religione o convinzioni personali.

Occupazione (Statuto dei lavoratori) e fornitura di beni e servizi (Legge n. 40)

Lussemburgo

Non ha una legge antidiscriminazione

Paesi Bassi

Legge sulla parità di trattamento (1994).

Razza o origine etnica, religione o convinzioni personali, tendenze sessuali.

Occupazione, scelta dell’istruzione o della carriera, fornitura di beni e servizi.

Austria

Leggi relative ai procedimenti amministrativi.

Razza o origine etnica, religione o convinzioni personali.

Fornitura di servizi pubblici e accesso ai posti pubblici.

Portogallo

Nessuna legge antidiscriminazione.

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Finlandia

Legge sui contratti di lavoro.

Razza o origine etnica, religione o convinzioni personali.

Occupazione.

Svezia

Legge sulla protezione dell’occupazione (1982), Legge sulla discriminazione etnica (1999), Legge sulla discriminazione dei disabili (1999), Legge sulla discriminazione in base alle tendenze sessuali (1999).

Razza o origine etnica, religione o convinzioni personali, handicap, tendenze sessuali.

Occupazione.

Regno Unito

Legge sulle relazioni fra razze del 1976 e Legge sulla discriminazione dei disabili del 1995.

Razza o origine etnica, religione o convinzioni personali, handicap.

Occupazione, formazione, istruzione, fornitura di beni e servizi, gestione e disponibilità di locali.