COMUNICATO STAMPA

Roma/Parigi/Karlsruhe/23.5.2000

Terzo Seminario Internazionale sul "Diritto di asilo in Europa"

Le chiese protestanti rafforzano la loro collaborazione nell'ambito dell'applicazione del "Trattato di Amsterdam".

La "Armonizzazione del diritto d'asilo" nel contesto del Trattato di Amsterdam è stata al centro del convegno svoltosi dal 19 al 23.5.200 a Santa Severa/Roma e indetto dalla Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, dalla Chiesa Riformata di Francia e dalle Chiese evangeliche regionali della Renania e del Baden e

30 rappresentanti ed esperti di diritto d'asilo delle suddette chiese e dei loro organismi umanitari - più alcuni partecipanti dalla Polonia e dalla Svezia- insieme alla organizzazione francese per i rifugiati CIMADE hanno scambiato le proprie esperienze e discusso sugli standard politici, giuridici e sociali del diritto d'asilo nei loro paesi. Come nelle precedenti sessioni (Parigi 1998, Strasburgo/Karlsruhe 1999) l'interesse si è rivolto dapprima alla concreta situazione del paese ospitante, in questo caso, l'Italia. Si sono perciò visitati a Roma i centri di accoglienza rifugiati dei Gesuiti e dell'Esercito della Salvezza ed il centro per studenti provenenti dai paesi in via di sviluppo.

Gli interventi di Jürgen Humburg, esponente in Italia dell' ACNUR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati), di Padre Bruno Mioli, della Fondazione Migrantes della CEI (Conferenza Episcopale Italiana) e di Christopher Hein, direttore del CIR (Consiglio Italiano per i Rifugiati) hanno sottolineato le grandi differenze nei vari paesi europei sia a livello di discussione politica, prassi e attuazione della Convezione internazionale per i rifugiati, che di norme procedurali e standard sociali volti ad una "armonizzazione" del diritto di asilo in Europa. Questa, secondo i partecipanti al convegno, non può ridursi ad un'unificazione secondo il 'minimo comun denominatore'.

Le Chiese auspicano invece il serio adempimento degli impegni presi dal Consiglio Europeo al vertice di Tampere, e cioè che "sicurezza, giustizia e libertà" in Europa non siano un privilegio esclusivo dei cittadini dell'Unione, ma riguardino invece tutti gli uomini e le donne che si trovano nei paesi dell'Unione Europea, compresi richiedenti asilo e i rifugiati, unitamente alla piena applicazione degli impegni previsti dalla Convenzione di Ginevra per i Rifugiati. La "armonizzazione" dovrebbe offrire un'opportunità per il progresso e la tutela dei diritti umani e non per l'edificazione di una 'fortezza Europa'.

Le Chiese riconoscono i movimenti migratori e quello dei rifugiati come due sfere correlate, che tuttavia vanno tenute nettamente distinte. Perciò le Chiese vedono con preoccupazione i tentativi attuati da alcuni governi per subordinare gli obiettivi di Tampere ad una restrittiva politica di immigrazione, che hanno la conseguenza di indebolire ulteriormente gli obblighi imposti dal diritto internazionale attraverso la Convenzione di Ginevra. Tutto ciò è inconciliabile con la concezione cristiana di umanità.

Perciò le Chiese, con le loro esperienze concrete e con la competenza acquisita nel lavoro con i rifugiati, rafforzeranno ad ogni livello il loro coinvolgimento, e faranno pressione sui rispettivi governi nazionali e sulla Unione Europea affinché anche in futuro non sia reso impossibile ai rifugiati varcare i confini dell'Europa per chiedervi asilo.

Le Chiese auspicano l'attuazione completa e omogenea del piano d'azione del Trattato di Amsterdam, secondo la definizione di rifugiato all'art.1 della Convenzione di Ginevra, in particolare per quanto riguarda l'inclusione della cosiddetta "persecuzione non proveniente dallo Stato".

Il principio del "non-refoulment" (art.33 della Convenzione di Ginevra) non deve portare, attraverso la definizione del cosiddetto " terzo stato sicuro", a che in futuro il nucleo ricco dell'Europa non adempi ai propri doveri di accoglienza o li scarichi sulla propria parte economicamente e socialmente più povera. "Burden sharing" - secondo le Chiese- dovrebbe significare una reale condivisione di responsabilità.

La procedura di asilo deve orientarsi a favore dei rifugiati ed essere equa, nonché garantire la possibilità di ricorso presso il giudice. Le decisioni sulle domande di asilo hanno delle conseguenze immediate sulla vita dei richiedenti e questo impone una particolare scrupolosità nelle procedure.

I partecipanti al convegno riconoscono che gli standard sociali di vita, le strutture statali e le possibilità delle società civili sono molto diversi nei vari paesi europei, tuttavia respingono ogni tentativo di abbassare al "minimum standard" le condizioni sociali per richiedenti asilo e per i rifugiati. L'obiettivo deve essere quello di dare sostegno ai richiedenti asilo per l'intera durata della procedura di riconoscimento - apprendimento della lingua, condizioni di vita accettabili e consulenza legale. Gli standard riservati ai propri cittadini, compreso quello del diritto al lavoro, devono dunque essere garantiti anche ai richiedenti asilo e ai rifugiati al fine di tutelare la dignità di tutte le persone.

(per il Convegno, Wolfgang Weber, della Chiesa evangelica regionale del Baden/ Karlsruhe)