UNHCR/ACNUR

COMUNICATO STAMPA

 

2 marzo 2000

 

A rischio gli albanesi

nella Serbia merdionale

 

L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ha oggi espresso preoccupazione per le notizie sulle crescenti tensioni tra serbi e minoranza albanese nel sud della Serbia, che stanno provocando un notevole aumento degli sfollati che giungono nel vicino Kosovo.

Sono tra i 60mila e i 70mila gli albanesi che vivono tuttora nell’area Presevo-Bujanovac, lungo il confine provinciale tra Serbia e Kosovo. Nelle ultime settimane, la situazione lungo la frontiera sarebbe sempre più instabile e vi sarebbero state minacce e intimidazioni ai danni degli sfollati da parte dei militari e delle forze di polizia serbe. Inoltre, martedì 29 febbraio, un gruppo albanese attivo nella regione ha aperto il fuoco su un veicolo delle Nazioni Unite, ferendo un funzionario.

L’Inviato speciale dell’Acnur, Dennis McNamara, ha affermato che la fragilità della situazione nell’area di Presevo costituisce un'ulteriore testimonianza delle precarie condizioni in cui versano le minoranze nell’intera regione. McNamara ha aggiunto che le crescenti vessazioni ai danni degli albanesi in Serbia meridionale potrebbero essere legate al recente riemergere della conflittualità etnica nella città di Mitrovica, nel Kosovo settentrionale. Allo stesso tempo, in tutto il Kosovo si è verficato un improvviso aumento delle aggressioni ai danni delle minoranze non albanesi, serbi e rom.

"A seguito delle recenti agitazioni di Mitrovica" ha affermato ancora, "non è un caso che gli albanesi della Serbia meridionale si sentano sotto una crescente pressione. Mitrovica è solo la punta dell’iceberg, se si guarda alla situazione globale delle minoranze nella regione. Vessazioni e intimidazioni in una località potrebbero causare ritorsioni e instabilità in un’altra, alimentando così la spirale di violenza e vendetta".

Sarebbero tra i 5mila e i 6mila gli albanesi fuggiti dallo scorso giugno dall’area del sud della Serbia, Presevo-Bujanovac-Mevedja, molti dei quali si sarebbero diretti nella città di Gnjilane, nel Kosovo orientale. Sebbene l’afflusso in Kosovo per un certo periodo sia diminuito, il personale Acnur nella regione, sta ora nuovamente registrando un aumento del numero di arrivi. Nell’ultima settimana di febbraio, 102 albanesi provenienti dalla Serbia meridionale hanno chiesto assistenza all’ufficio dell’Acnur a Gnjilane.

I nuovi arrivati riferiscono di un aumento della presenza dei militari e della polizia serba e di minacce, pestaggi, confisca di case e appartamenti, coscrizioni forzate, minacce di stupro e richieste di denaro. La maggior parte dei nuovi arrivati è costituita da giovani famiglie che riferiscono del peggioramento della situazione per gli albanesi, a un punto tale che la vita sarebbe diventata intollerabile e non sarebbe più possibile restare nelle proprie case.

"Se vogliamo che il ciclo di violenza e di fuga dalla regione abbia fine, queste continue molestie e intimidazioni ai danni delle minoranze da entrambe le parti devono cessare" ha affermato ancora McNamara, che è anche il Vice Rappresentante speciale del Segretario Generale per gli affari umanitari in Kosovo. "Perché questo accada, c’è ancora bisogno di fare molto: è necessaria in primo luogo una maggiore pressione diretta esercitata bilateralmente dai governi sui leader di entrambe le parti in conflitto. In Kosovo, inoltre, c’è bisogno di continue e decise misure da parte della Kfor e della polizia delle Nazioni Unite, non ancora al completo, nella protezione delle minoranze; azioni vigorose nell’arrestare il movimento attraverso la frontiera provinciale di gruppi armati; giudici internazionali e pubblici ministeri che assicurino la condanna degli autori di tali crimini; e, infine, una forte leadership delle comunità locali, che ponga fine a questa spirale di ostilità e vendetta.

L’Acnur e le Ong partner stanno fornendo alloggi temporanei e assistenza di altro genere a coloro che arrivano dalla Serbia.

 

 

 

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