DISEGNO DI LEGGE

 

d’iniziativa dei senatori SALVATO, MANCONI, PINTO, SCOPELLITI, MARCHETTI, RUSSO SPENA, MELONI, DIANA Lino, BESOSTRI, FOLLIERI, SEMENZATO, CARCARINO

 

 

 

Modifiche al testo unico sull'immigrazione relative alla programmazione dei flussi di ingresso e alle procedure di accertamento dei titoli di soggiorno dei cittadini extracomunitari

 

 

 

Onorevoli Senatori. - L'articolo 10, comma 2, della Costituzione stabilisce che la condizione giuridica dello straniero, deve essere regolata per legge, secondo le norme internazionali generalmente riconosciute e quelle previste nei trattati internazionali. La legge 40/98 ed il più recente testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, fissano i seguenti obiettivi:

  1. la programmazione dei flussi di ingresso
  2. l'integrazione degli stranieri regolarmente soggiornanti
  3. la prevenzione e il contrasto dell'immigrazione illegale.

La legge 40, infatti, si muove costantemente su un doppio binario: da un lato il riconoscimento allo straniero dei diritti fondamentali della persona e l'adozione di politiche di integrazione per gli immigrati regolari, dall'altro il contrasto della immigrazione clandestina, sino a prevedere forme di detenzione amministrativa temporanea per chi è in attesa di esecuzione di un provvedimento di espulsione coatta. I centri di assistenza temporanea sono la via prescelta per rendere certa l'esecuzione del provvedimento di espulsione.

Aumenta in questo modo il gap fra chi è regolare e chi non lo è. Lo status può differenziare due persone extracomunitarie soggiornanti in Italia fino a farne dell’uno un cittadino con diritti pienamente riconosciuti, dell’altro una vittima di una poena sine crimen, quale è sostanzialmente la detenzione coatta all’interno dei Centri di permanenza temporanea istituiti dalla legge 40 del 1998.

L'articolo 14 del testo unico prevede la detenzione degli espellendi sino ad un massimo di trenta giorni nei centri di permanenza ed assistenza temporanea. La esperienza di questo primo anno di attività dei Centri deve indurci ad una riflessione circa la loro stessa esistenza quali luoghi di contenzione degli immigrati su cui grava il sospetto della mancanza di titoli di soggiorno nel nostro Paese. La sofferenza dell'essere reclusi senza avere commesso alcun reato, le condizioni di vita inumane presenti nei centri e difficilmente rimediabili con una mera regolamentazione più attenta alla dignità delle persone detenute, la loro stessa inefficacia pratica (visti i numeri bassi delle effettive espulsioni dopo l'avvenuta detenzione), la saltuaria loro trasformazione in luoghi di custodia cautelare informale, dando così origine ad ipotesi di detenzione illegale, richiedono un ulteriore passaggio in avanti dal punto di vista legislativo.

I centri di detenzione amministrativa vengono ritenuti inevitabili dopo l'entrata in vigore degli accordi di Shengen, ma in realtà il ricorso ad essi è determinato dagli orientamenti discrezionali dei singoli governi nazionali, posto che tali accordi si limitano a imporre una politica di programmazione dei flussi di immigrazione e quindi di respingimento delle persone immigrate clandestinamente.

Il binomio sicurezza-dignità non tiene nei casi di persone disperate che non hanno contravvenuto la legge penale. Del resto, all’interno di istituzioni totali transitorie, nelle quali manca l’interesse stesso delle persone ristrette a un effettivo miglioramento delle condizioni di vita — subordinato all’ansia di uscirne al più presto - non è prevedibile una inversione di rotta significativa. Il Comitato europeo per la prevenzione della tortura (CPT) si è più volte detto fortemente preoccupato per la questione del trattamento delle persone detenute in attesa di espulsione, e sin dal 1995 ha giudicato le condizioni osservate nel centro detentivo per stranieri dell'aeroporto di Fiumicino tali da configurare una ipotesi di trattamento degradante.

Un intervento legislativo che voglia far tesoro di questa prima fase di sperimentazione della nuova legislazione nazionale sull’immigrazione, deve quindi muoversi su tre piani. Innanzitutto deve proporsi di definire le condizioni strutturali per ridurre al minimo il fenomeno della immigrazione clandestina, incentivando l’emersione del sommerso e affinando gli strumenti di programmazione dei flussi che non ne possono essere sganciati. Quindi deve definire le condizioni migliori per l’accertamento dei titoli di soggiorno di chi ne venga trovato sprovvisto, garantendone pienamente tutti i diritti. Infine deve superare l’ambiguo e discutibile ruolo dei Centri di permanenza temporanea, definendo un nuovo quadro di controllo degli stranieri di cui sia in corso d’esame una procedura d’espulsione, compiutamente libero da schemi coattivi e potenzialmente lesivi della dignità umana.

Il disegno di legge si compone di cinque articoli.

L'articolo 1 modifica l'articolo 3, comma 4, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero. Esso rientra nel quadro delle norme del presente disegno di legge tendenti a ridurre l'ambito artificioso della illegalità. I circuiti della criminalità sono spesso alimentati dalla clandestinità forzata a cui gli immigrati sono costretti. Prevedere, anche nella fase della determinazione in concreto delle quote di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato, un ruolo attivo delle regioni significa tenere conto delle effettive richieste di integrazione lavorativa provenienti dal territorio. Le categorie professionali, il sistema delle piccole e medie imprese, il mondo della cooperazione sociale, il terzo settore spesso non riescono a far sentire la propria voce e a condizionare positivamente le politiche della immigrazione. Prevederne un ruolo solo nella fase della elaborazione del documento programmatico triennale significa non tenere conto delle esigenze produttive anno per anno. Accade che in alcune aree del Paese vadano deserte offerte pubbliche di lavoro rivolte ad extra-comunitari. Inoltre prevedere decreti ad hoc per i lavori stagionali significa quantificare a parte e con strumenti di rilevazione specifici le esigenze stagionali del modo agricolo e industriale, attraverso forme di monitoraggio dei bisogni sempre più corrispondenti alle reali esigenze del mondo produttivo. Accade poi spesso che tali esigenze coincidano con i diritti e i bisogni dei migranti.

Recenti dichiarazioni del Governatore della Banca di Italia e del Ragioniere generale dello Stato, contro ogni pregiudizio hanno confermato che gli stranieri sono e saranno sempre più - senza alcun contraccolpo per l'occupazione autoctona - l'asse portante della nostra economia produttiva. Anche per questo nel presente disegno di legge si è provveduto a cancellare la norma secondo cui in caso di mancata pubblicazione dei decreti di programmazione annuale, la determinazione delle quote sarebbe disciplinata in conformità con gli ultimi decreti pubblicati nell'anno precedente. Permanendo tale disposizione verrebbe meno l'obbligo perentorio di verificare ogni anno le reali esigenze del mondo produttivo, anche in relazione a lavori stagionali, e quindi precari. Registrare costantemente l’accresciuta necessità di ingressi legali contribuisce a ridurre i numeri della clandestinità e riduce il peso specifico della struttura di contenimento sul complesso della legislazione in materia di immigrazione. Il mancato riferimento alle misure di protezione temporanea e ai ricongiungimenti familiari nella determinazione delle quote si spiega in considerazione della non degradabilità a interessi legittimi di diritti fondamentali della persona.

L'articolo 2 abroga l'articolo 6, comma 3 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero. Esso si inquadra invece nel novero delle norme del presente disegno di legge tendenti a riportare ad uguaglianza effettiva il trattamento giudiziario di cittadini italiani e cittadini stranieri. Una norma penale ad hoc per lo straniero che, a richiesta degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza, non esibisce, senza giustificato motivo, il passaporto o altro documento di identificazione, ovvero il permesso o la carta di soggiorno contribuisce a creare un vero e proprio diritto penale speciale per gli immigrati. La norma, in realtà, non è necessaria in quanto gli articoli 650 e 651 del codice penale (inosservanza dei provvedimenti dell'autorità e rifiuto di indicazioni sulla propria identità personale) già ricomprendono la fattispecie di cui alla norma da abrogare.

L'articolo 3 vuole reintrodurre una norma che, sulla stregua di quanto già presente nella legge Martelli così come modificata nel 1993, consenta agli stranieri di chiedere l'espulsione quando hanno da scontare meno di tre anni di pena detentiva. Tale norma costituisce una opportunità data allo straniero detenuto, che non ha spinte particolari ad integrarsi nel territorio. Vigente la precedente legge sull'immigrazione molti stranieri utilizzavano questa possibilità di vedere accorciata la propria pena detentiva. Affidare al corpo di Polizia Penitenziaria l'esecuzione del provvedimento di espulsione significa ridurne considerevolmente i tempi di attuazione.

Gli ultimi due articoli del ddl includono le modifiche agli articoli 13 e 14 della legge 40, e, pur cercando di conservare l'impianto originario della legge, mirano a:

Le soluzioni possibili, per il superamento della questione dei centri di permanenza temporanea, sono rinvenibili in una politica di accoglienza e prevenzione. Le poche migliaia di stranieri rinchiusi nei centri possono essere efficacemente controllati nei singoli Comuni con semplici interventi di pubblica sicurezza. Ad esempio con misure di prevenzione, quali l'obbligo di non allontanarsi da un Comune e l'obbligo di reperibilità in alcune ore del giorno presso la propria dimora o presso un centro di accoglienza. In questo modo i centri di permanenza temporanea potrebbero essere recuperati ad una funzione umanitaria, ossia divenire luoghi dove gli immigrati, appena giunti in Italia, possono trovare sostegno, informazioni, un letto e pasti caldi, senza coazione alcuna, mentre l'esistenza di effettive garanzie nella fase della decisione sulla richiesta di soggiorno in Italia riduce il rischio del ritorno alla clandestinità.

I dati dell'ultimo anno dimostrano che la maggior parte delle espulsioni è sostanzialmente avvenuta non per il tramite della detenzione nei centri di permanenza temporanea e assistenza. I numeri dimostrano altresì che il trattenimento forzato è spesso stato utilizzato impropriamente, oltre che con modalità contrarie al principio inderogabile della inviolabilità della dignità della persona. Ogni forma di detenzione sganciata dalla commissione di reati costituisce il presupposto per trattamenti inumani e degradanti. Ecco perché i centri di permanenza temporanea e assistenza si è ritenuto di trasformarli in strutture che, conformemente alla loro denominazione, svolgano una duplice funzione di accoglienza e di domiciliazione per persone che non hanno alternative, così da favorire una immediata loro reperibilità da parte della polizia che, pendente il provvedimento di intimazione alla espulsione, ne può con maggiore semplicità controllare gli spostamenti. I centri perdono la loro natura di trattenimento coatto. Si applicherebbe agli espellendi la misura della sorveglianza speciale con obbligo di dimora. Per le persone espellende che accettano la domiciliazione presso i centri, e non se ne allontanano, può essere fatto salvo il divieto di rientro in Italia per 5 anni previsto al comma 14 dell'articolo 13, invogliandoli così ad attenersi alle misure imposte durante il decorso delle quali possono acquisire gli opportuni contatti per un prossimo ritorno legale sul territorio nazionale. Si tratta di un incentivo in più a non rendersi irreperibile. Per chi invece si rende tale, avendo violato gli obblighi della misura di sorveglianza speciale, può scattare l'arresto.

In materia di garanzie nel procedimento, fra le altre novità significative introdotte nel disegno di legge, si segnalano le seguenti:

 

 

 

Art.1

(Politiche migratorie)

 

"L'articolo 3, comma 4, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286 testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero è sostituito dal seguente

Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti i Ministri interessati, le competenti Commissioni parlamentari, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, sulla base dei criteri e delle altre indicazioni del documento programmatico di cui al comma 1 sono stabilite le quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per lavoro subordinato, per lavoro autonomo, e per lavoro stagionale. Nella determinazione delle quote dovranno essere valutate distintamente le componenti relative al lavoro autonomo, al lavoro subordinato, al lavoro stagionale. I visti di ingresso per lavoro subordinato, lavoro autonomo e lavoro stagionale sono rilasciati entro il limite delle quote predette."

 

 

Art.2

(Facoltà ed obblighi inerenti al soggiorno)

 

"L'articolo 6, comma 3 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286 testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero è abrogato."

 

 

Art.3

(Espulsione a richiesta dello straniero in esecuzione di pena detentiva)

"All'articolo 235 del codice penale, dopo il primo comma, è inserito il seguente

Lo straniero che debba scontare una pena detentiva non superiore a tre anni, anche se costituente parte residua di maggior pena, può chiedere al giudice dell'esecuzione di essere immediatamente espulso dal territorio dello Stato verso lo Stato di appartenenza o di provenienza.. Il giudice, verificata l'identità e la nazionalità del richiedente, sentito il detenuto, emana il provvedimento dell'espulsione, che sarà effettuata a cura del Corpo di Polizia Penitenziaria. Allo straniero espulso con tali modalità è impedito l'accesso in futuro nel territorio dello Stato."

 

 

Articolo 4

(espulsione amministrativa)

 

"L'articolo 13 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286 testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero è sostituito dal seguente

  1. Per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, il Ministro dell'interno può disporre l'espulsione dello straniero anche non residente nel territorio dello stato, dandone preventiva notizia al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro degli Affari esteri.
  2. L'espulsione è disposta dal prefetto quando lo straniero:
  3. a) è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera e non è stato respinto ai senso dell'articolo 10;

    b) si è trattenuto nel territorio dello Stato senza aver richiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto, salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore, ovvero quando il permesso di soggiorno è stato revocato o annullato, ovvero è scaduto da più di novanta giorni e non ne è stato chiesto il rinnovo;

    c) appartiene a talune delle categorie indicate nell'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n.1423, come sostituito dall'articolo 2 della legge 3 agosto 1988, n.327, o nell'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n.575, come sostituito dall'articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n.646.

  4. L'espulsione è disposta in ogni caso con decreto motivato. Quando lo straniero è sottoposto a procedimento penale, l'autorità giudiziaria rilascia nulla osta salvo che sussistano inderogabili esigenze processuali. Nel caso di arresto in flagranza, il giudice rilascia il nulla osta all'atto della convalida, salvo che applichi una misura detentiva ai sensi dell'articolo 391, comma 5, del codice di procedura penale.
  5. L'espulsione è eseguita dal questore con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, quando lo straniero:

  1. è espulso ai sensi del comma 1 o si è trattenuto indebitamente nel territorio dello stato oltre il termine fissato con l'intimazione;
  2. è espulso ai sensi del comma 2, lettera c), e il prefetto rilevi, sulla base di circostanze obiettive, il concreto pericolo che lo straniero si sottragga all'esecuzione del provvedimento.

  1. Si procede altresì all'accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica dello straniero espulso ai sensi del comma 2, lettera a), qualora quest'ultimo sia privo di valido documento attestante la sua identità e nazionalità e il prefetto rilevi, tenuto conto di circostanze obiettive riguardanti il suo inserimento sociale, familiare e lavorativo, un concreto pericolo che lo straniero medesimo si sottragga alla esecuzione del provvedimento.
  2. Negli altri casi l'espulsione contiene l'intimazione a lasciare il territorio dello Stato entro il termine di quindici giorni e ad osservare le prescrizioni per il viaggio e per la presentazione all'ufficio di polizia di frontiera.
  3. Il decreto di espulsione, nonché il verbale di intimazione, ed ogni altro atto concernente il soggiorno e l'espulsione, sono comunicati allo straniero interessato, unitamente alla indicazione delle modalità di impugnazione del provvedimento. Ognuno di questi atti deve essergli tradotto in una lingua da lui conosciuta. Qualora ciò non fosse possibile, deve essergli comunque notificato tutto in lingua inglese o francese o spagnola e messo immediatamente a disposizione un interprete, pena la invalidità del provvedimento di espulsione.
  4. Avverso il decreto di espulsione può essere presentato unicamente ricorso al tribunale, entro 15
  5. giorni dalla comunicazione del decreto o del provvedimento. Il termine è di 30 giorni qualora l'espulsione sia eseguita con accompagnamento immediato

  6. Il ricorso è in ogni caso, salvo quanto previsto al successivo comma 11, presentato al tribunale del luogo di residenza o di dimora dello straniero. Il tribunale, in contraddittorio con l'interessato, accoglie o rigetta il ricorso decidendo entro dieci giorni dalla data di deposito del ricorso stesso. La decisione di accoglimento del ricorso può avvenire anche nei casi in cui, pur essendo legittimo il provvedimento di espulsione ai sensi della presente legge, l'interessato adduca ragionevoli motivi che giustifichino il soggiorno regolare nel nostro Paese.
  7. Il ricorso può essere sottoscritto in ogni caso anche personalmente. Lo straniero è ammesso al gratuito patrocinio a spese dello stato, e qualora sia sprovvisto di un difensore, è assistito da un difensore designato al momento della comunicazione del provvedimento di espulsione nell'ambito dei soggetti iscritti nella tabella di cui all'articolo 29 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n.271, e successive modificazioni, nonché, ove necessario da un interprete.
  8. Contro il decreto di espulsione emanato ai sensi del comma 1 è ammesso ricorso al tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma.
  9. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 19, lo straniero espulso è rinviato allo stato di appartenenza, ovvero, quando ciò non sia possibile, allo Stato di provenienza.
  10. Lo straniero espulso non può rientrare nel territorio dello stato senza una speciale autorizzazione del Ministro dell'Interno. In caso di trasgressione è nuovamente espulso con accompagnamento immediato.
  11. Il divieto di cui al comma 13 opera per un periodo di 5 anni, salvo quanto previsto al successivo articolo 14 e salvo che il tribunale o il tribunale amministrativo regionale, con il provvedimento che decide sul ricorso di cui ai commi 8 e 11, ne determinino diversamente la durata sulla base di motivi legittimi addotti dall'interessato e tenuto conto della complessiva condotta tenuta dall'interessato nel territorio dello Stato.
  12. Le disposizioni di cui al comma 5 non si applicano allo straniero che dimostri sulla base di elementi obiettivi di essere giunto nel territorio dello Stato prima della entrata in vigore della legge 6 marzo 1998, n.40.
  13. L'onere derivante dal comma 10 del presente articolo è valutato in lire 8 miliardi annui.

 

 

Art. 5

(esecuzione dell'espulsione)

 

"L'articolo 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286 testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero è sostituito dal seguente

Quando non è possibile eseguire con immediatezza l'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera ovvero il respingimento, perché occorre procedere al soccorso dello straniero, ad accertamenti supplementari in ordine alla identità o alla nazionalità dello straniero da espellere, ovvero alla acquisizione di documento per il viaggio, ovvero per l'indisponibilità di vettore o altro mezzo di trasporto idoneo, il questore del luogo in cui lo straniero si trova può richiedere, anche in via di urgenza e senza altre formalità, al tribunale l'applicazione, nei confronti della persona da espellere, della misura della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza, con l'obbligo di soggiorno in una determinata località e l'obbligo di dimora in determinate ore della giornata. Nel caso di stranieri privi di dimora, agli stessi è data facoltà di indicare quale domicilio utile il centro di temporanea assistenza più vicino, tra quelli individuati o costituiti con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con i ministri per la solidarietà sociale e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. In caso di violazioni degli obblighi derivanti dalle misure di sorveglianza speciale, ivi compresa la dimora nei centri, lo straniero è punito con l'arresto sino ad un mese. Allo straniero che rispetta tutti gli obblighi indicati nella misura di sorveglianza speciale non si applicano i divieti di cui al comma 14 dell'articolo precedente.