Migrazioni nel 2000: cause e prospettive d’impegno

di mons. Francesco Gioia, segretario Pontificio Consiglio Pastorale dei Migranti

Roma, 29 febbraio 2000 — Anticipazioni del Dossier Statistico Immigrazione

 

 

 

Il Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti tiene per la prima volta una relazione alla presentazione del "Dossier Statistico Immigrazione", un’opera che apprezziamo e che per i suoi meriti ha conosciuto un’ampia diffusione. Siamo stati invitati a questo incontro, dedicato alla panoramica migratoria all’inizio del 2000, perché esso coincide con il Grande Giubileo del nuovo millennio ed è sembrato, così, naturale sottolineare la dimensione internazionale della questione.

Il mio intervento ha il compito di tracciare il contesto mondiale, al cui interno va collocato anche il caso italiano. Illustrerò questo quadro riferendomi ai messaggi del Papa in occasione della Giornata Mondiale delle Migrazioni (GNM) negli ultimi tre anni, nel corso dei quali è stato preparato l’evento giubilare, e trarrò anche qualche spunto da un avvenimento importante, qual è stato il IV Congresso Mondiale sulla Pastorale Migratoria da noi organizzato alla fine del 1998.

Tre sono i punti di questa relazione: 1. Parlare delle migrazioni riferendosi alle cause, 2. Predisporsi all’accoglienza ispirandosi al significato del Giubileo, 3, abituarsi alla convivenza valorizzando le differenti culture. Trarrò poi qualche conclusione.

 

Parlare delle migrazioni riferendosi alle cause

Il fenomeno migratorio, che esprime una dimensione congeniale alla natura umana, si colloca oggi nel contesto della globalizzazione, con i suoi molteplici aspetti positivi e negativi. Per aspetti negativi il Papa, nel messaggio per la Giornata mondiale delle migrazioni del 2000, intende le nuove fratture che si determinano perché, nel quadro di un liberalismo senza freni adeguati, si approfondisce nel mondo il divario tra paesi "emergenti" e paesi "perdenti". Il sistema produttivo è impostato sulla logica dello sfruttamento del lavoro che, a seconda delle convenienze, seleziona i paesi per la dislocazione dei capitali e delle attività industriali, ignorando, nella ricerca del profitto, la dimensione umana del lavoro e l’impegno per promuovere lo sviluppo. La globalizzazione, così intesa, tende ad abolire l’emigrazione dai paesi poveri verso quelli industrializzati, fatta eccezione per i tecnici e i professionisti. Viene così meno una importante valvola di sfogo e si esercita un impatto diretto sull’aumento dei flussi illegali, senza tacere poi che la retorica della "tolleranza zero" rispetto a questi flussi sta creando gravi pregiudizi all’accoglienza dei richiedenti asilo.

I paesi poveri sono schiacciati da debiti e divisioni interne, mancano addirittura talvolta dei mezzi di sussistenza e vivono situazioni di drammatica instabilità e insicurezza. Nasce così nei poveri il progetto di lasciare il proprio paese e di ricercare una nuova terra, affrontando rischi anche drammatici, per sfuggire a una vita senza avvenire, Questa migrazione di disperati va invece spesso incontro a ulteriori delusioni perché i governati dei paesi ricchi, sotto la pressione di un’opinione pubblica preoccupata degli inconvenienti, tende a rendere le frontiere più strette, mentre gli irregolari restano vittime della criminalità organizzata e di imprenditori senza scrupoli.

Chiudere le porte all’immigrazione senza impegnarsi per la rimozione delle cause è una doppia ingiustizia. Il progresso non è tale se non si trasforma in sviluppo a beneficio di tutti. E’ indispensabile una maggiore comprensione delle ragioni dei migranti (specialmente da parte di quelli che sono stati paesi di emigrazione) e senz’altro è fuori posto equiparare i migranti ai delinquenti.

 

 

Predisporsi all’accoglienza ispirandosi al significato del Giubileo

Il Papa ha ricordato nella Lettera apostolica "Tertio Millennio Adveniente", con la quale ha indetto il Giubileo del 2000, che i cristiani devono farsi voce di tutti i poveri del mondo. "Per il cristiano, l’accoglienza e la solidarietà verso lo straniero non costituiscono solo un dovere umano di ospitalità, ma una precisa esigenza che deriva dalla stessa fedeltà all’insegnamento di Cristo "(GNM 1998).

Il Giubileo è un’occasione privilegiata di incontro con l’altro e in particolare con i migranti, che hanno dovuto lasciare la propria terra per muoversi verso altri contesti sociali. Il Giubileo, che trova un’espressione così significativa nel pellegrinaggio inteso come cammino personale e interiore del credente sulle orme di Cristo, costituisce un invito ad aprire il cuore a tutti e in particolare a chi è diverso. "Il comparire, in tutte le società del mondo, della figura dell’esule, del rifugiato, del deportato, del clandestino, del migrante, del ‘popolo della strada’, conferisce alla celebrazione del Giubileo un significato molto concreto, che per i credenti diventa richiamo al cambiamento di mentalità e di vita, secondo l’appello di Cristo" (GNM 2000).

"La presenza del migrante interpella la responsabilità dei credenti come singoli e come comunità…La cattolicità non si manifesta solamente nella comunione fraterna dei battezzati, ma si esprime anche nell’ospitalità assicurata allo straniero, quale che sia la sua appartenenza religiosa, nel rifiuto di ogni esclusione o discriminazione razziale, e nel riconoscimento della dignità personale di ciascuno con il conseguente impegno di promuovere i diritti inalienabili" GNM 1999).

 

Abituarsi alla convivenza valorizzando le culture differenti

Non va sottaciuto "il timore, da parte della comunità di arrivo, di perdere la propria identità a causa della rapida crescita di questi ‘estranei’ in virtù del dinamismo demografico, dei meccanismi legali del ricongiungimento familiare e dello stesso arruolamento clandestino nella cosiddetta economia sommersa. Quando viene meno la prospettiva di un’integrazione armoniosa e pacifica, il ripiegamento su di sé e la tensione con l’ambiente, la dispersione e la vanificazione delle energie diventano rischi reali, con risvolti negativi e talvolta drammatici". E però così di dimentica che "qualsiasi cultura è uno sforzo di riflessione sul mistero del mondo e in particolare dell’uomo. Al di là delle differenze, c’è una fondamentale comunanza" (GNM 1998).

E’ fondamentale perciò il ruolo dei mass-media per una corretta informazione dell’opinione pubblica. Infatti, nel mondo di oggi l’opinione pubblica costituisce spesso la principale norma che il potere politico e legislativo accetta di seguire, La sensibilizzazione dell’opinione pubblica dipende dalla qualità dell’informazione che, spesso centrata sui problemi immediati, non riesce a rappresentare la drammatica portata della situazione migratoria, Il cittadino, attraverso l’informazione, va invece aiutato a formarsi un quadro adeguato della situazione, a comprendere e rispettare i diritti dell’altro e ad assumere la propria parte di responsabilità (IV Congresso Mondiale Pastorale Migratoria 1998).

 

 

 

Alcune indicazioni operative possono riassumere queste riflessioni: è tempo di giustizia, è tempo di impegno, è tempo di apertura alla mondialità.

E’ tempo di giustizia. Ho parlato di cause delle migrazioni, per lo più riferibili a un ordine mondiale non soddisfacente. Pertanto "l’impegno per la giustizia in un mondo come il nostro, seguito da intollerabili disuguaglianze, è un aspetto qualificante della preparazione al Giubileo" (IV Congresso Mondiale Pastorale Migratoria, 1998).

Le nazioni più oberate dal debito estero sono proprio quelle dalle quali oggi muovono i flussi più grandi e persistenti di migranti, Ecco perché il Giubileo è stato proposto come un tempo opportuno per provvedere a una consistente riduzione, se non proprio al totale condono, del debito internazionale.

E’ tempo di impegno. Ho parlato delle sollecitazioni all’accoglienza che ci vengono dalla celebrazione del Giubileo. In effetti i cristiani dediti all’assistenza e alla cura dei migranti devono trovare nel Giubileo un ulteriore motivo di impegno, Giubileo è liberazione, inizio di un tempo nuovo di fraternità, di solidarietà, di ospitalità. Il migrante dev’essere accolto come fratello, evitando ogni esclusione e impegnandosi per il cambiamento delle strutture e anche della mentalità. "La semplice denuncia del razzismo e della xenofobia non basta. I cristiani devono essere presenti, avanzando proposte finalizzate ad aprire prospettive sicure da realizzare anche sul piano politico".

E’ tempo di apertura alla mondialità. Le migrazioni sono un fenomeno che sta a cuore alla missione della Chiesa, per la quale le frontiere, più che un limite invalicabile, sono un punto di scambio continuamente attraversato da sempre più numerosi migranti e rifugiati. I fenomeni di intensa mobilità dell’inizio di questo millennio sollecitano ad essere consapevoli d appartenere a una sola famiglia umana, La Chiesa non si identifica con nessuna etnia o cultura. "La Chiesa è per sua natura solidale con il mondo dei migranti, i quali con la varietà di lingue, razze, culture e costumi, le ricordano la sua condizione di popolo pellegrinante da ogni parte della terra verso la patria definitiva" (GNM 1999).

In conclusione, l’immigrazione va considerata in positivo come occasione di incontro tra le culture.

Non è compito di una Congregazione pontificia entrare nel merito di una situazione nazionale anche se si può dire senza remora alcuna, per ridimensionare qualche incauta osservazione espressa al riguardo, che il magistero del Papa in tema di dottrina sociale, e nel nostro caso in materia di immigrazione, è universale e deve trovare piena applicazione, e non un ridimensionamento, in tutte le comunità ecclesiali compresa quella italiana.

Le migrazioni, quindi, non sono una maledizione, come ha stigmatizzato Giovanni Paolo II nel recente Messaggio per la Giornata mondiale delle migrazioni con queste parole: "Le migrazioni, volontarie o forzate, moltiplicano le occasioni di scambio tra persone di culture, di religioni, di razze e di popoli differenti" e portano con sé "il germe di una aspirazione ad un orizzonte trascendente di giustizia, di libertà, di pace".

E’ questo l’auspicio che va formulato, con piena convinzione, pensando al Giubileo dei migranti, dei rifugiati e delle altre categorie della mobilità, fissato per il 2 giugno. Il fatto che si svolga a Roma, centro del cattolicesimo ma anche capitale dell’Italia, può costituire un incentivo perché, a tutti i livelli e con l’apporto di tutte le persone di buona volontà, l’immigrazione, liberata da un inquadramento negativo, venga effettivamente considerata una grande opportunità.