Bozza : L/PROTECT7PROTDOCS: ALFCARIT.DOC

ANTICIPAZIONE DOSSIER CARITAS SULL’IMMIGRAZIONE

Roma, 29 Febbraio 2000

 

Discorso di Ana Liria-Franch

(Delegato in Italia dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite)

 

Innanzitutto desidero ringraziare la Caritas Diocesana per aver invitato l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per I rifugiati in questa importante occasione e per avermi dato l’opportunità di parlare dei rifugiati in Italia.

Oggi siamo qui per parlare del Dossier della Caritas sull’immigrazione. Vorrei subito dire che questo volume è diventato un documento importante, un essenziale strumento di lavoro, non solo per gli operatori e gli specialisti della materia, ma anche per il mondo politico e per tutti I cittadini che sono interessati a capire gli sviluppi di un rilevante settore della società italiana. Non mi riferisco solo al settore delle migrazioni in senso stretto, ma all’insieme dei fenomeni legati ad esso. Come sappiamo tutti, immigrazione non significa soltanto importazione di mano d’opera, ma anche confronto interculturale, vedere, scoprire nuovi, altri modi di vivere, significa infine crescita culturale per tutti. Rappresentando l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, mi sia consentito, in questo contesto, di concentrarmi su questa particolare categoria di persone che fanno comunque, in qualche modo, parte dei grandi flussi migratori.

Quando la Caritas ci ha contattati per curare il capitolo sui rifugiati abbiamo accettato con entusiasmo. Sia per l’autorevolezza dello stesso dossier sia perché in questo modo si è potuto evidenziare il consolidarsi in Italia di un fenomeno diverso dall’immigrazione nel senso stretto: quello dei richiedenti asilo e dei rifugiati.

Ma chi sono i rifugiati e quanti sono? Nei giornali si legge che nelle coste pugliesi sono arrivati i clandestini a bordo di gommoni, a volte si parla di profughi, altre volte di rifugiati, oppure di migranti economici illegali. E così la confusione aumenta. E’ importante far chiarezza. Chiarire la terminologia e non solo.

Tanti lasciano i loro paesi per la fame, la miseria, la mancanza di possibilità di crescita professionale e culturale. Queste persone, per quanto siano "spinte" a lasciare il proprio paese, hanno comunque un minimo di possibilità di scelta: è loro la scelta di partire, possono scegliere quando partire, dove tentare di andare, anche se non c’è una garanzia di ammissione nel paese di destinazione. Possono anche - sempre entro certi limiti - scegliere se e quando tornare.

Altri - e questi sono i rifugiati - scappano dalle guerre e dalle persecuzioni, da situazioni quindi ove la loro libertà e - spesso anche la loro vita - è minacciata. I rifugiati sono persone come noi - professionisti, impiegati, operai, contadini - che all’improvviso sono costretti a fuggire, loro malgrado. Persone che avrebbero preferito rimanere a casa propria a continuare a fare la vita di sempre. NON HANNO SCELTA - e non possono tornare.

E come può un rifugiato mettersi in salvo se lo stesso regime che lo perseguita non gli rilascia i documenti o se, come nel recente caso del Kossovo, i documenti di cui dispone gli vengono confiscati alla frontiera? Quale altra scelta hanno queste persone per mettersi in salvo se non spostarsi in modo irregolare ? E purtroppo non hanno neanche altra possibilità se non ricorrere ai trafficanti di uomini.

Questo è uno dei motivi per il quale recentemente sentiamo sempre di più parlare di "flussi misti", intesi come flussi composti sia da immigrati che da richiedenti asilo e rifugiati. Ma c’è anche un altro motivo per il quale - giustamente - si definiscono certi flussi come "misti": La descrizione che ho fatto poc’anzi relativa alla differenza tra rifugiato e immigrato è, evidentemente, molto schematica, forse troppo schematica. "Misti" sono spesso anche i motivi per i quali una persona lascia il proprio paese. Spesso è proprio la povertà che sta all’inizio di una catena di eventi che poi spingono le persone ad abbandonare il proprio paese. La povertà crea tensioni sociali. Le tensioni sociali vengono represse brutalmente dai governanti, spesso - appunto - con metodi che rappresentano serie violazioni dei fondamentali diritti umani. ... e gravi violazioni dei diritti dell’uomo sono una delle maggiori cause che producono rifugiati. C’è quindi spesso un legame non solo tra povertà e flussi di emigranti, ma anche tra povertà e flussi di rifugiati.

Di conseguenza, in tante situazioni è diventato più difficile fare una chiara, netta distinzione fra immigrati e rifugiati. Ma, nonostante ciò, secondo me, è importante continuare a fare questa distinzione. E’ importante per la difesa dei particolari diritti della particolare categoria dei richiedenti asilo e rifugiati. Senza voler togliere niente ai diritti degli immigrati, vorrei comunque sottolineare la fondamentale importanza dell’assoluta osservanza del principio del "non-refoulement". Principio che oramai fa parte del diritto internazionale consuetudinario e che quindi in modo tassativo vieta il respingimento dei richiedenti asilo e rifugiati verso i paesi ove potrebbero rischiare di essere a rischio di persecuzioni. Questo principio è alla base dell’obbligo degli stati di ammettere sul loro territorio i richiedenti asilo.

"Principio del non-refoulement" e "ammissione sul territorio" - insisto su questi due elementi fondamentali della protezione dei richiedenti asilo e rifugiati non per fare qui dei discorsi teorici o giuridici. Ma vorrei, con la massima chiarezza, far presente che quando parliamo di "ammissione sul territorio" parliamo, appunto, di un obbligo dello stato. Di una precisa responsabilità quindi che lo stato si è assunto in base ad una convenzione internazionale, la convenzione del 1951 sullo status dei rifugiati.

Se è vero che l’obbligo dell’ammissione deriva dal principio di non-refoulement, non è vero che l’ammissione si può limitare al semplice rispetto del non-refoulement. Mi spiego meglio: ammissione non può voler solo dire nei confronti del richiedente asilo: "Non ti respingo." Ammissione, come minimo, deve anche dire: "Ti accolgo." Ti do la possibilità di fare la domanda di asilo, di farla bene, ove necessario con l’aiuto di un interprete, un mediatore culturale, di un legale, etc. E poi: accoglienza vuole anche dire: Ti offro almeno un minimo di accoglienza e di assistenza per permetterti di vivere dignitosamente fino alla decisione sulla tua domanda di asilo !

Ripeto: tutto questo è - in primis - responsabilità dello stato.

Purtroppo, analizzando la situazione attuale dei richiedenti asilo in Italia, devo constatare che lo stato italiano, non si assume appieno questa responsabilità. Non si è - ancora - adeguato ai cambiamenti recenti che riguardano la procedura di asilo e la situazione dei richiedenti asilo. La procedura di asilo si è notevolmente allungata: attualmente dura mediamente più di un anno. Ma l’assistenza prevista dalla legge è rimasta ferma al termine massimo di 45 giorni. Di conseguenza la situazione materiale dei richiedenti asilo è deteriorata, oserei dire: è diventata insostenibile ! E questo nonostante gli immensi sforzi del volontariato e degli organismi non-governativi. Sforzi sì, che possono alleviare le sofferenze, ma non possono completamente sopperire alle mancanze e alle lacune dello stato.

 

Tuttavia, concedetemi qui un inciso: Parlare del ruolo del volontariato e degli organismi non-governativi mi dà anche la possibilità di ringraziare qui in particolar modo la CARITAS e i suoi operatori per il loro grandissimo impegno a favore dei richiedenti asilo e rifugiati.

Dopo questo brevissimo, ma sentito excursus, vorrei ora tornare al tema, non soltanto al tema, per cosi dire "mio", cioè quello dell’asilo e dei rifugiati, ma a quello "vero" del nostro incontro di oggi, ovvero le statistiche sull’immigrazione. Vorrei cominciare con un’osservazione molto semplice, banale: Mentre nel 1997 le domande di asilo erano circa 1.850, e nel 1998 erano salite a oltre 11.000, nel 1999 c’è stato un ulteriore aumento del numero dei richiedenti asilo, anche se non abbiamo ancora una cifra certa e definitiva. C’è chi parla di 12-13.000 mila domande, chi di 18.000 e chi addirittura di 34.000 o più.

Avere cifre e statistiche precise in materia di richiedenti asilo e rifugiati diventa più importante anceh per un altro motivo: Nell’ambito dell’Unione Europea si sta attualmente discutendo la creazione di un fondo comune per i rifugiati. In questa proposta è previsto che il numero dei rifugiati e richiedenti asilo presenti nei singoli paesi sarà il criterio principale per la distribuzione delle rispettive quote. Non poter attingere a questi fondi per la mancanza di dati certi sarebbe veramente un peccato.

Tuttavia, una cosa è certa: L’aumento delle domande è senz’altro una delle cause dell’allungarsi dei tempi della procedura.

Intanto il disegno di legge sull’asilo è fermo. Da più di un anno è letteralmente sospeso alla Commissione Affari Costituzionali della Camera. E l’Italia si trova a regolare la complessa materia dell’asilo con l’articolo 1 della legge Martelli e del DPR 136 del 1990 che definisce la procedura di eleggibilità. Tutti e due strumenti legislativi del 1990, concepiti quindi in un contesto geopolitico completamente diverso da quello attuale e finalizzati a regolare un modestissimo flusso di richiedenti asilo. Si avverte quindi l’importanza di colmare questo vuoto legislativo con l’adozione di una legge organica e, nel frattempo, vi è l’urgenza di ricercare delle misure immediate volte ad accompagnare il richiedente asilo sino alla decisione sulla sua domanda.

Noi, come ACNUR, insieme alle associazioni del volontariato e gli organismi non-governativi, attualmente ci stiamo muovendo in queste due direzioni. Per fortuna, da parte del Governo recentemente ci sono pervenuti segnali positivi. Sembra che all’interno del Governo stia maturando una sempre maggiore consapevolezza della gravità di queste carenze.

In questo contesto, le informazioni statistiche su quanti sono gli immigrati, quanti i richiedenti asilo, i rifugiati, da dove vengono etc. sono fondamentali per meglio capire e analizzare la complessa materia dei flussi migratori. Ed è per questo che vorrei ringraziare tutti coloro che stanno lavorando alla realizzazione del DOSSIER STATISTICO IMMIGRAZIONE 2000 - un documento che rappresenta per noi, come già dicevo all’inizio, un preziosissimo strumento di lavoro. GRAZIE.