Immigrazione: ragionare a partire dai numeri

La situazione nell’Italia del 2000

di Franco Pittau, équipe di redazione del "Dossier Statistico Immigrazione"

Roma, 29 febbraio 2000, Centro Stampa Agenzia Romana per il Giubileo

Gli approcci all’immigrazione possono essere molteplici: quello di base, però, consiste nell’iniziare a ragionare a partire dai numeri e cioè dalla situazione oggettiva. E’ quanto cercheremo di fare, utilizzando i primi dati acquisiti dal Ministero dell’Interno: 1.252.000 soggiornanti regolari che, secondo una stima dell’équipe del "Dossier Statistico sull’Immigrazione", diventano 1.500.000 una volta inclusi i minori, solo in minima parte titolari personalmente di permesso di soggiorno, e i nuovi soggiornanti, non ancora registrati a causa dei tempi burocratici necessari. Facendo ricorso a questo dato complessivo e ad alcune sue disaggregazioni è possibile presentare lo scenario statistico dell’immigrazione nell’Italia del 2000.

  1. L’Italia è diventato un grande paese di immigrazione senza che ci sia stata un’invasione

Non c’è invasione di stranieri perché, tra nuovi arrivati e regolarizzati che hanno già ottenuto il

permesso di soggiorno, arriviamo a un milione e mezzo di persone, cittadini comunitari compresi.

Possiamo fissare l’inizio dell’immigrazione di massa nel 1989, alle soglie della "legge Martelli", quando si trattava di poco meno di mezzo milione di persone. Da allora, tenendo conto di nuovi ingressi, regolarizzazioni e nascite in Italia, la popolazione immigrata è aumentata mediamente di 100.000 unità l’anno: nel 1999, oltre a 100.000 nuovi ingressi vi sono stati anche 150.000 nuovi soggiornanti a seguito di regolarizzazione.

Per un paese grande come l’Italia, che per giunta ha serie preoccupazioni circa il suo futuro demografico e lavorativo, si tratta di una velocità di crescita metabolizzabile, tanto più se i flussi verranno incanalati nelle vie regolari e non dovranno più essere recuperati attraverso operazioni di regolarizzazione.

Alcune previsioni demografiche già ci hanno reso avvertiti che, continuando con questo ritmo di ingressi (100.000 l’anno), nel 2046 potremmo avere all’incirca la stessa presenza quantitativa già presente in Francia, dove tra l’altro agli immigrati si aggiunge un numero rilevante di stranieri naturalizzati. e un’incidenza degli stranieri sulla popolazione residente all’incirca pari a quella già attualmente riscontrabile in Germania, Austria e Belgio e la metà di quella riscontrabile in Svizzera.

Nel 2046 tutta l’Europa occidentale risulterà maggiormente marcata dall’immigrazione e, perciò, non è il caso di drammatizzare anche perché abbiamo abbastanza tempo a disposizione per prepararci a un nuovo modello di convivenza. Del resto, senza l’apporto annuale di nuove presenze, nel 2046 la riduzione della popolazione non potrebbe più essere governata..

Certamente bisogna cercare di incanalare questo meccanismo di crescita nell’alveo della regolarità. La quota di 63.000 nuove quote di lavoratori in entrata e la riserva di aumentarla, se necessario, è una decisione saggia che va in tal senso. Sul presupposto che l’emersione fa bene all’immigrazione, è importante accelerare i tempi per la regolarizzazione delle 91.00 domande rimaste ancora in sospeso a più di un anno di distanza dalla chiusura del termine per la regolarizzazione.: al 25.1.2000, delle 250.272 presentate, risultavano accolte 145.759 e respinte 13,931.

Se non c’è invasione e siamo già un grande paese di immigrazione, bisogna attuare una vera politica d’immigrazione, che, una volta decisa, va portata avanti nel tempo perché possa dare i suoi frutti, senza dover essere rimessa in causa dopo ogni sbarco che avviene in Puglia o dopo un increscioso fatto di cronaca nera in cui siano rimasti coinvolti degli immigrati; semmai incrementandola sulla base dell’esperienza che man mano si acquisisce.

2. Pressione migratoria e differente impatto di aree e paesi di provenienza

Rispetto allo scorso anno, tra nuovi ingressi e regolarizzazioni, tutta la popolazione immigrata è aumentata mediamente di un quinto (19,2%):

Possiamo procedere a una classificazione analoga per i maggiori gruppi nazionali:

Questa mappa aggiornata della pressione migratoria può costituire un incentivo importante per

meglio finalizzare una nuova politica di aiuto allo sviluppo, tenuto conto che il disegno di legge, già approvato dal Senato, sta ora in discussione alla Camera dei deputati e che sussiste una ragionevole speranza di vederlo finalmente approvato definitivamente. In tale contesto andrebbe meglio valorizzato l’apporto degli immigrati residenti in Italia e cioè la loro capacità di adattare i miniprogetti di sviluppo alle loro aree di provenienza e la possibilità di essere coinvolti come mediatori per lo sviluppo in considerazione della conoscenza che hanno dei due paesi,

Un altro capitolo molto importante consiste nell’incentivare la finalizzazione produttiva

delle rimesse. Probabilmente, più che pensare al ritorno fisico degli immigrati nei loro paesi, dovremmo abituarci a pensare al ritorno delle loro capacità progettuali, e ciò costituirebbe un motivo di speranza e di dinamismo per il futuro di tanti paesi poco industrializzati.

Quasi la metà degli immigrati è costituita da vicini di casa: paesi dell’Unione Europea, dei

Balcani e del Nord Africa.

Un’indagine della Fondazione Nord Est ha posto qualche giorno fa in evidenza che poco

meno di tre quarti della popolazione ha fiducia nei cittadini provenienti dall’Unione Europea, un po’ più della metà in quelli provenienti dal Terzo Mondo e un po’ meno della metà nei confronti degli immigrati dell’Est europeo. Il grado di fiducia non è esaltante neppure nei confronti dei cittadini comunitari (in un italiano su quattro permane la diffidenza) ed è assolutamente deludente nei confronti degli altri immigrati, anche dopo che è stata varata una legge organica incentrata sulla possibilità di una fruttuosa convivenza nell’ambito di una società interculturale.

Qualche dato, riportato nelle precedenti edizioni del Dossier, ci permette di entrare più da

vicino nel merito dei risultati di questa indagine.

Non è il caso di restare preoccupati se, tra i vicini di casa, gli immigrati dell’Est sono

aumentati di 111.000 unità, i nordafricani di 40.000 unità e i comunitari di appena 2.500 unità. Parlare genericamente di paesi dell’Est è un’astrazione, E’ più corretto riferirsi agli immigrati dell’Europa Centro e Centro-Orientale, che in genere sono ben accetti nelle fabbriche e anche nelle famiglie, e agli immigrati provenienti dai martoriati paesi balcanici. L’immagine di questi ultimi viene continuamente deteriorata dalle organizzazioni malavitose dei rispettivi paese, aiutate dalle mafie nostrane, e solo un impegno eccezionale nei confronti di questa malavita organizzata potrà ridare a questi immigrati la dignità negata.

Quanto poi a una maggiore accettazione dei terzomondiali rispetto agli immigrati dall’Est,

non mancano i dati contrastanti:

  1. L’immigrazione presenta tratti comuni in tutte le parti d’Italia anche se le regioni conoscono un differente tasso d’aumento

  1. Esponiamo innanzi tutto alcuni di questi tratti comuni:

  1. la coesistenza di gruppi consistenti appartenenti a differenti religioni in un’area in precedenza quasi esclusivamente di tradizione cristiana. Secondo l’ultima rilevazione della Fondazione Migrantes, che si riferisce all’inizio del 2000, i cristiani sono quasi la metà, i musulmani più di un terzo e i seguaci di religioni orientali quasi 100.000, più altri gruppi con una minore consistenza. L’aumento di queste presenze nel futuro dipenderà, ovviamente, dalla ripartizione dei nuovi ingressi e dai paesi maggiormente coinvolti nei ricongiungimenti familiari;
  2. la presenza, all’interno di ciascun gruppo religioso, di tonalità differenziata dovute alla diversità dei paesi di origine.

  1. Venendo all’articolazione territoriale dell’immigrazione in Italia, riscontriamo che il Nord

ha assorbito più della metà dei 240.000 nuovi titolari di permesso di soggiorno:

L’aumento è stato del 18% per il Nord, del 19% per il Centro e per le Isole, del 22% per il Sud (anche le regioni del Nord Est hanno conosciuto un aumento così consistente).

La Lombardia, che ha conosciuto un aumento del 17%, si consolida al primo posto per consistenza di immigrati (316.000), accentuando il distacco dal Lazio (263.000 immigrati e aumento del 9%).

Tra le grandi regioni l’aumento più consistente è stato registrato: nell’Emilia Romana (120.051 immigrati e aumento del 19%), nel Veneto (143.413 immigrati e 32% e aumento del 32%) e specialmente nella Toscana (110.226 immigrati e aumento del 54%).

Tra le province spicca, come sempre, Roma (237.880 immigrati e aumento dell’8%), seguita da Milano (172.976 immigrati e aumento del 7%).

Superano per la prima volta le 50.000 unità le province di Torino (aumento del 16%) e di Brescia (aumento del 51%): Napoli sfiora tale valore con il 16% d’aumento:

Hanno più di 30.000 immigrati queste province: Firenze (aumento dell’84%), Vicenza (aumento del 20%) e Bologna (aumento del 9%): Brescia (aumento del 51%) e Treviso (aumento del 35%) si avvicinano a tale quota.

  1. E’ tempo di superare l’equazione "immigrazione uguale a criminalità"

La recente indagine (febbraio 2000) della Fondazione Nord Est mostra che in Italia quasi un

italiano su due ritiene l’immigrato pericoloso (46,1 % contro una media europea del 28,4%): le altre paure degli italiani riguardano l’occupazione (32,2%) e la nostra cultura (27,3%). A nostro avviso questa montagna di paure, specialmente in materia di criminalità, è direttamente collegata al livello di informazioni fornito all’opinione pubblica e al riguardo vogliamo fare qualche puntualizzazione.

Non riteniamo fondato ritenere che in Italia la delinquenza degli immigrati sia andata

aumentando perché si è attenuato il contrasto dell’immigrazione clandestina. Il confronto tra i dati del 1998 e quelli del 1999 attestano, anzi, il raggiungimento di una maggiore efficacia, che è paragonabile a quella "rigorosa" della Francia. Altra cosa è riporre la principale speranza nei meccanismi di coazione nei costosi e problematici Centri di Permanenza Temporanea anziché sulla programmazione dei flussi come alternativa più appetibile alle vie dell’irregolarità.

Per quanto riguarda il tasso di criminalità degli immigrati, il "Dossier Statistico sull’Immigrazione", anche se su questo punto da qualche studioso è stato considerato buonista, sostiene da tempo che bisogna parlare in maniera differenziata dei titolari di permesso di soggiorno, che hanno progettato di realizzare il loro progetto di vita in Italia nell’area della legalità, dagli irregolari e dai clandestini.

Per richiamare una maggiore attenzione su questa tesi, che sulla base dei dati analizzati riteniamo non solo fondata ma anche operativamente più stimolante, abbiamo pubblicato un nostro studio sull’ultimo numero della "Rassegna italiana di criminologia".

Riassumiamo le conclusioni alle quali siamo pervenuti:

Pertanto, l’esercizio più fruttuoso nei confronti degli immigrati e dei loro paesi di appartenenza

non consiste nel procedere a una criminalizzazione generalizzata, bensì nell’individuare le organizzazioni criminali operanti in Italia o all’estero e nel colpirle nella maniera più dura possibile, nell’ambito di una più stretta collaborazione internazionale, sia che si tratti di traffici di armi, di droga e specialmente di persone umane.

Quando riusciremo a liberare l’immigrazione dal velo che la sta offuscando, riusciremo a riscoprirla come un grande fenomeno sociale, dalle implicazioni demografiche, sociali, occupazionali, religiose e interculturali. Solo così potremo ridare agli immigrati la loro dignità e saremo meno restii a vivere insieme, da co-protagonisti, la grande avventura del nuovo secolo, in cui le migrazioni avranno una rilevanza crescente.