Gli stranieri clandestini possono essere espulsi anche se conviventi col cittadino italiano

(E’ manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale rispetto all’art. 3 cost.)

L’espulsione dell’extracomunitario senza permesso di soggiorno ma convivente more uxorio con un cittadino italiano è legittima costituzionalmente e compatibile con i principi di eguaglianza (art. 3 cost.) riconosciuti dal nostro ordinamento.

Con ordinanza 481/00, infatti, la Corte Costituzionale ha confermato il dettato di un suo precedente provvedimento, l’ordinanza n. 313/00, dichiarando la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 17 comma 2 lettera c) della legge 40/98 ora sostituito dall’art. 19 comma 2 lettera c) del d.lgs 25/7/98 n. 286.

Il Pretore di Vibo Valentia si era rivolto alla Consulta, prima nel marzo 1999 e poi nel febbraio 2000, ed aveva sollevato questione di legittimità della norma citata nella parte in cui non ricomprendeva tra le categorie per le quali "in nessun caso si può disporre" l’espulsione od il respingimento (artt.13 e 10 legge 286/98) anche quella degli stranieri conviventi con cittadini italiani.

L’articolo 19 della 286, infatti, annovera tra i soggetti destinatari della particolare protezione da esso prevista, "solo": i rifugiati; gli stranieri in possesso della carta di soggiorno; le donne in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio cui provvedono; gli stranieri minori di anni diciotto; gli stranieri conviventi con parenti entro il quarto grado o con il coniuge di nazionalità italiana.

Secondo l’opinione del giudice siciliano, la previsione dell’articolo appena descritto contrasterebbe con l’articolo 3 della costituzione.

Infatti, allontanare dal territorio nazionale lo straniero senza permesso di soggiorno ma convivente con un cittadino italiano, può essere la causa dello smembramento dei nuclei familiari sorti da questo tipo di unioni; mentre consentire la permanenza in Italia di extracomunitari clandestini legati a cittadini italiani da rapporti parentali entro il quarto grado, significa dare rilevanza a relazioni spesso più evanescenti di quelle che stanno alla base di una unione di fatto.

Al contrario, i rapporti di convivenza dovrebbero essere intesi nella ampia accezione di "legami di comunanza di abitudini e di stile di vita" e tutelati come di pari dignità rispetto alle unioni formalizzate col matrimonio: i primi coincidono con le seconde dal punto di vista sostanziale e potrebbero costituire l’occasione per estendere l’applicazione dell’articolo 19, legge 286.

Nonostante gli avvisi del Pretore e nonostante le recenti pronunce in materia di diritto di famiglia con le quali la Consulta ha segnato un'evoluzione della concezione di unione more uxorio come "formazione sociale nella quale si esplica la personalità umana" e che avrebbero ad essa accordato "tutela e dignità di trattamento", tutto ciò premesso, in entrambe le ordinanze (313 e 481) la Corte Costituzionale ha sottolineato l’impossibilità di estendere l’applicazione della legge 286 anche alle famiglie di fatto, soprattutto alla luce della tassatività delle ipotesi indicate dall’art. 19.

Poiché, ad avviso della Corte, la convivenza è comunque un "rapporto privo dei caratteri di stabilità e certezza e della reciprocità e corrispettività dei diritti e dei doveri dei coniugi, propri della sola famiglia legittima" e poiché coloro che "hanno inteso instaurare un rapporto di mero fatto dimostrano di non voler assumere i diritti ed i doveri che nascono dal matrimonio", è esclusa la possibilità di accordare loro le garanzie e le tutele previste dall’ordinamento a sostegno delle "società naturali fondate sul matrimonio".

Espulsione amministrativa

L’espulsione è un provvedimento sottoposto a tutela giurisdizionale, contro il quale è ammesso il ricorso al giudice amministrativo (TAR).

Esso può essere disposto: a) dal Ministro dell’Interno per motivi di ordine pubblico o sicurezza dello stato; b) dal prefetto quando lo straniero: è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera e non è stato respinto; si è trattenuto nel territorio dello Stato senza aver chiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto, salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore; quando il permesso di soggiorno è stato revocato o annullato ovvero è scaduto da più di sessanta giorni e non è stato chiesto il rinnovo.

L’espulsione può essere disposta anche per motivi connessi alla commissione di un reato da parte dello straniero (artt. 380 e 381 c.p.c.) e a titolo di misura di sicurezza. Inoltre, è prevista in sostituzione alla irrogazione di una pena detentiva non superiore a 2 anni di reclusione, purché la pena non sia stata sospesa.

L’atto di espulsione si concretizza: a) con una formale intimazione a lasciare l’Italia entro 15 gg. dalla notifica del provvedimento: è ammesso ricorso contro l’atto da presentare al giudice entro 5 gg. dalla notifica del provvedimento; b) con l’accompagnamento immediato alla frontiera per i clandestini privi di documento di riconoscimento; per quelli che rientrano nel territorio italiano dopo l’espulsione; per gli stranieri che si trattengono oltre il periodo dei 15 gg. di cui al punto a).

Respingimento

Il respingimento alla frontiera è un provvedimento contro il quale è possibile presentare ricorso al TAR e viene eseguito nei confronti degli stranieri che si presentano alla frontiera sprovvisti di passaporto o che vengono rintracciati in prossimità della frontiera nei luoghi non autorizzati all’ingresso.

Sussiste un obbligo di rimpatrio degli stranieri a carico del "vettore" di trasporto che non abbia verificato il possesso dei documenti di riconoscimento idonei all’ingresso dell’extracomunitario che non segnali questa situazione alle autorità.

Carta di soggiorno

Lo straniero regolarmente soggiornante in Italia da almeno cinque anni, titolare di un permesso di soggiorno per un motivo che consente un numero indeterminato di rinnovi, il quale dimostri di avere un reddito sufficiente al sostentamento proprio ed a quello dei suoi familiari, può richiedere al questore il rilascio della carta di soggiorno, per sé, per il coniuge e per i figli minori conviventi.

La carta di soggiorno può essere richiesta anche dallo straniero coniuge o figlio minore o genitore conviventi di un cittadino italiano o di cittadino di uno Stato dell'Unione europea residente in Italia.

La carta di soggiorno è valida a tempo indeterminato.

Essa è rilasciata sempre che nei confronti dello straniero non sia stato disposto il giudizio per taluno dei delitti di cui all'articolo 380 nonché, limitatamente ai delitti non colposi, all'articolo 381 del codice di procedura penale, e che non sia stata pronunciata sentenza di condanna, anche non definitiva.

Il titolare della carta di soggiorno può: a) fare ingresso nel territorio dello Stato in esenzione di visto; b) svolgere nel territorio dello Stato ogni attività lecita; c) accedere ai servizi ed alle prestazioni erogate dalla pubblica amministrazione; d) partecipare alla vita pubblica locale, esercitando anche l'elettorato.

 

Silvia Bucciarelli