SCHEDA INFORMATIVA SULLE PROCEDURE DI REGOLARIZZAZIONE EX DPCM 16.10.98
- Allatto dellapprovazione della legge 40/98, limpegno del governo già espresso in aula della Camera di provvedere sollecitamente con apposito provvedimento alla regolarizzazione degli stranieri presenti in Italia in quella data (27 marzo 98), fu formalizzato nellaula del Senato con un ordine del giorno assunto dallo stesso governo.
- Il ritardo di sette mesi nel varo del provvedimento, e lulteriore ritardo nel concreto avvio delle relative pratiche presso le questure, rese ancora più difficile, perché pregressa, la produzione di "documentazione idonea" attestante la presenza in Italia al 27.3.98. In un primo tempo infatti si richiedeva una documentazione di fonte istituzionale, pressochè impensabile nel caso di persone non titolari di personalità giuridica in quanto "clandestine".
- La scelta di imporre una documentazione "retrodatata" fu allora giustificata con lesigenza di prevenire il cosiddetto "effetto richiamo" nella fase di presentazione delle domande di regolarizzazione (16/10/98 15/12/98). Con il passare del tempo questa motivazione perde dunque ogni validità, trattandosi di soggetti che comunque, nel più sfavorevole dei casi, erano già in Italia a metà dicembre del 98, quando si chiuse la possibilità di presentare o, più spesso, "prenotare" la presentazione della domanda. Leffetto richiamo, se mai cè stato, è ormai esaurito.
- Liniziale rigore nella valutazione della "idoneità" di questa certificazione e degli altri documenti richiesti (offerta di lavoro regolare per il lavoro dipendente, nulla-osta degli enti competenti e certificazione di reddito per il lavoro autonomo, e certificazione di regolare alloggio in ambedue i casi), ha consentito lo sviluppo di un enorme mercato di "prove" false, che in molti casi hanno preso il posto di documentazione autentica, ma allora ritenuta non idonea dalle questure (lettere con timbro a data, abbonamenti nominativi, passaporti e documentazioni consolari rilasciate in Italia, ricoveri ospedalieri, certificati medici etc.).
- Inoltre in generale i funzionari di Ps hanno confuso la valutazione della "idoneità" della documentazione con la verifica della sua autenticità come "prova", verifica doverosa, per un pubblico ufficiale, solo nei casi di sussistenza di concreti indizi di falsità dolosa.
- Difatti la legge italiana esclude la responsabilità penale nel caso di mancanza del dolo del presentatore di documentazione falsa, così come nel caso di falso c.d. grossolano, ossia riconoscibile "ictu oculi"; e comunque, anche in caso di dolo, distingue fra il reato di falsa attestazione e falsa documentazione, considerando il secondo un reato assai lieve. Entrambi i reati, anche qualora comprovati (e fino a quel momento vale la presunzione dinnocenza), non rientrano fra quelli considerati dalla legge 40/98 ostativi al rilascio del permesso di soggiorno. Il permesso non poteva e non può quindi essere negato anche in caso di palese falsità di uno dei documenti richiesti, qualora linteressato sia in grado di produrre altra documentazione idonea.
- Invece la maggior parte delle questure hanno tenuto in sospeso o direttamente rigettato le istanze accompagnate da documentazione sospetta o risultata falsa, vietando la produzione di ulteriore documentazione idonea. In questo modo hanno violato lordinaria procedura di diritto amministrativo che consente, salvo eccezioni da determinare con apposita norma (non con una semplice circolare interna), la "produzione tardiva" di documenti nella fase istruttoria di ogni procedimento.
- In aggiunta, molte questure e commissariati hanno instaurato una sorta di automatismo in base al quale, ogni volta che si imbattevano in una certificazione dubbia o falsa, la pratica (sospesa o rigettata che fosse) veniva trasmessa alla magistratura penale, così deresponsabilizzandosi e scaricando sulla magistratura, insieme a un sovraccarico di lavoro di cui essa non sentiva certo il bisogno, lonere di verifiche e decisioni che spettano invece allautorità amministrativa.
- A parte i casi di documentazione falsa, anche nei casi di documentazione carente il termine del 20 ottobre 1999, fissato dalla circolare ministeriale del 10.5.99 per la produzione della documentazione, è stato arbitrariamente interpretato come tassativo: dopo tale data non è stato più possibile integrare la documentazione. E così che una parte notevole delle domande si è trovata sprovvista di uno dei documenti richiesti (o anche di tutti, nel caso frequente in cui le questure non accettavano la documentazione se non perfetta e completa in ogni sua parte).
- La citata circolare del 10.5.99 del Capo della polizia allargava notevolmente i criteri fino allora seguiti nella certificazione della presenza pregressa in Italia, consentendo di accettare attestazioni di associazioni, lettere predatate etc.. Ma era troppo tardi: nel corso di quella primavera decine di migliaia di immigrati erano già stati indotti dalle precedenti restrizioni a ricorrere agli speculatori, per ottenere "prove" ingenuamente ritenute più solide e attendibili, e le loro pratiche erano già state conseguentemente bloccate o rigettate.
- Alla violazione evidente delle norme che impongono alla PA, in generale e nel caso particolare, tempi ben più stretti di due anni per la risposta allistanza di rilascio del permesso di soggiorno (nella fattispecie venti giorni!), si è sommata dunque una stridente disparità fra coloro che hanno integrato la documentazione dopo il maggio 99 e coloro che lavevano fatto prima.
- Lestrema discrezionalità attribuita alle questure nella valutazione dei documenti ha inoltre prodotto enormi differenze fra città e città: in situazioni identiche, persone diverse hanno ottenuto il permesso o se lo sono visto negare.
- Prendendo atto di questa situazione caotica, nel marzo 2000 una nuova circolare del Capo della polizia consentiva di rilasciare il permesso di soggiorno nelle more dellaccertamento dellidoneità della c.d. "prova di presenza". La sua applicazione (unitamente alla precedente circolare che consentiva di rilasciare un permesso di soggiorno valido un anno per "inserimento nel mercato del lavoro" a chi avesse nel frattempo perduto liniziale offerta di lavoro) avrebbe consentito di chiudere positivamente gran parte delle pendenze. Ma questa saggia circolare (tuttora formalmente in vigore) non fu quasi applicata, perché subito dopo prevalse la volontà di chiudere sbrigativamente una partita trascinatasi per troppo tempo, rigettando in blocco le 53.000 pratiche ancora pendenti, pari al 20-25% delle istanze presentate.
- A questo proposito, poiché una percentuale di fallimenti intorno al 20% potrebbe apparire "fisiologica" o comunque non drammatica, va ricordato che unattesa pari già allora ad almeno diciotto mesi drammatizza di per sé la questione, instaurando una legittima aspettativa in soggetti indotti ad una così lunga attesa in situazione lavorativa, familiare e abitativa forzosamente precaria. In altri paesi (Belgio, Spagna, Portogallo) percentuali di fallimento comunque inferiori sono risultate tollerabili solo grazie ai tempi di gran lunga più rapidi della risposta della P.A..
- Infatti in Italia la decisione di rigetto in blocco delle domande sospese ha prodotto nellestate trascorsa, specialmente a Brescia e Roma ma anche in altre città, una reazione civilissima ma compatta degli immigrati che, ormai inseriti nel tessuto sociale e lavorativo, hanno saputo modificare la diffusa percezione di sé come "clandestini", fino a conquistare la simpatia della stampa e dellopinione pubblica, la solidarietà delle organizzazioni sindacali ai massimi livelli, e un tavolo di contrattazione ministeriale.
- In questo tavolo il ministero dellInterno, riconoscendo linsostenibilità della situazione, ha annunciato pubblicamente la decisione di riaprire tutte le pratiche in questione, bloccandone ed eventualmente revocandone il rigetto (e i provvedimenti conseguenti: espulsione, accompagnamenti in frontiera), e riesaminandole alla luce delle normative e circolari più favorevoli, in base al principio di equità e al diritto di "autotutela" della P.A. (diritto di revoca o revisione di propri provvedimenti per prevenirne le possibili conseguenze negative).
- Il ministero ha però deciso di non formalizzare in circolare questo nuovo orientamento, limitandosi a comunicarlo per vie brevi agli organi periferici. La conseguenza è stata che gran parte delle questure hanno ignorato questi orientamenti e non hanno affatto riaperto i fascicoli, continuando inoltre in molti casi ad irrogare rigetti e decreti di espulsione. Alla fine dellestate solo un quinto delle 53mila pratiche pendenti avevano avuto infatti esito positivo, fra cui 5mila solo a Roma (su 10mila pendenti) e 2.500 a Brescia (su 5.500). Ben poco dunque sera mosso nelle altre questure.
- In settembre la ripresa dello sciopero della fame e delle mobilitazioni degli immigrati ha prodotto nuovi incontri con la Presidenza del consiglio e con il ministero dellInterno, che hanno riconosciuto la validità dei principi generali: 1) della possibilità di produrre documentazione aggiuntiva; 2) della distinzione e autonomia fra procedura amministrativa ed eventuale procedura giudiziaria per falso; 3) della non ostatività delleventuale falso, anche se accertato, rispetto al rilascio del soggiorno, se "sanato" da altra documentazione; 4) dellesigenza di equità.
- Di conseguenza il ministero, pur continuando a rifiutare lemissione di una circolare (come richiesto dalle associazioni e dai sindacati), si è impegnato ad estendere comunque in tutta Italia la procedura già positivamente in corso nella sola Brescia: nel quadro della revisione delle pratiche, consentire lintegrazione di nuova documentazione anche a coloro che non lavessero prodotta o lavessero prodotta (presuntamente) falsa, e rilasciare di conseguenza, dopo la verifica di idoneità, il permesso di soggiorno, ferma restando la procedura giudiziaria eventualmente in corso.
- Questa procedura, già concordata per Roma (e, a quanto ci risulta, per Caserta e altre città), è stata poi incomprensibilmente bloccata proprio a Roma, dove si concentra un numero di istanze bloccate per "documentazione falsa" di circa 2.700, di cui oltre settecento già trasmesse alla magistratura. Anzi lUfficio stranieri di Roma (che pure sta svolgendo un intenso e positivo lavoro di revisione delle altre settemila pratiche pendenti e di emissione dei relativi permessi di soggiorno) ha comunicato alle associazioni lintenzione di trasmettere alla magistratura anche le altre duemila pratiche, sospendendo ogni decisione in merito.
- E evidente che, in assenza di una circolare nazionale, lorientamento di Roma è decisivo per non lasciare isolato il "caso Brescia" e indicare una via da seguire anche alle altre questure, dove giace una mole di pratiche bloccate per "documentazione falsa" valutabile in altri 15-20.000 casi.
- Va sempre tenuto presente, infine, che i commi 5 e 9 dellart. 5 della legge 40/98 consentono alla P.A. di rilasciare permessi di soggiorno allo stesso titolo o a titolo diverso da quello richiesto, qualora "venendo a mancare i requisiti richiesti (
) siano sopraggiunti nuovi elementi, o si tratti di irregolarità amministrative sanabili" oppure "sussistono i requisiti (
) per altro tipo di permesso". Sarebbe dunque possibile concludere positivamente quasi tutte le pratiche pendenti, senza far ricorso né a nuove norme né a strumenti nati per altre finalità (come ad es. il "decreto flussi").
Scheda a cura di Dino Frisullo,
per lassociazione Senzaconfine e il "Coordinamento romano per i diritti degli immigrati",
in collaborazione con lo studio legale Crisci