Cara Ana,

ho ricevuto il documento relativo alla consultazione "a tre cerchi".

Desidero innanzi tutto ringraziarTi per la fiducia accordatami con l'inviarmelo.

Provo poi, nella nota allegata, a formulare alcune osservazioni o suggerimenti con riferimento ai tre punti evidenziati nella lettera di accompagnamento.

Cordialissimi saluti

Sergio Briguglio

-----------------

1) Altri possibili temi di discussione

Potrebbe essere utile specificare maggiormente i temi di discussione, proposti molto sinteticamente nel documento. In quest'ottica, potrebbero trovare spazio, tra gli altri, i seguenti argomenti:

a) La definizione degli standard di protezione (i diritti connessi allo status di rifugiato o di destinatario di misure complementari di protezione) in un sistema a risorse limitate.

Andrebbe in particolare esaminata l'opportunita' di definire degi standard di protezione che possano dipendere dal numero di rifugiati che uno Stato e' chiamato ad accogliere in un determinato lasso di tempo. La definizione di standard indipendenti da questo parametro puo' indurre gli Stati ad adottare politiche restrittive in sede di riconoscimento dello status.

 

b) La nozione di "paese terzo sicuro", e la sua relazione con la diversita' degli standard di protezione adottati dai diversi paesi.

La nozione di paese terzo sicuro fa riferimento alla sola qualita' della "sicurezza". Non tiene conto del fatto che gli standard garantiti da paesi diversi (si pensi, ad esempio, ad Italia e Albania) possono essere assai diversi tra loro. L'applicazione di questa nozione si sposa con una interpretazione - legittima, forse, ma certamente degna di approfondimento - in base alla quale la protezione del rifugiato deve consistere solo nella sicurezza personale. Qualora non si accetti questa interpretazione, e' necessario analizzare se non sia da accettare l'aspirazione del rifugiato ad essere accolto nel paese che garantisce gli standard di livello piu' alto.

 

c) La nozione di "paese terzo sicuro", e la sua relazione con le forme complementari di protezione.

Similmente al punto precedente, l'esistenza di diversita' tra le forme complementari di protezione previste dai diversi paesi dovrebbe giustificare un ripensamento della nozione di paese terzo sicuro.

 

d) La nozione di "paese d'origine sicuro".

Questa nozione, del tutto incompatibile con i principi della Convenzione di Ginevra e di un regime di protezione su base individuale, ha trovato buona accoglienza, di recente, perfino nell'ambito del Parlamento europeo.

 

e) Conclusione del regime di protezione temporanea e accesso alle procedure per l'adozione di forme complementari di protezione.

Mentre la questione dell'accesso alla procedura di riconoscimento dello status di rifugiato durante o a conclusione di un regime di protezione temporanea sembra essere presa oggi in adeguata considerazione, lo stesso non puo' dirsi per l'accesso, su base individuale, a forme complementari di protezione. Si veda, ad esempio, la Proposta di direttiva sul regime di protezione temporanea attualmente in discussione nell'ambito dell'Unione europea. La proposta prevede che il regime abbia una durata massima di due anni, a prescindere dalla persistenza delle cause che l'hanno determinato. E' esplicitamente previsto che tali cause non debbano necessariamente coincidere con quelle violazioni dei diritti che renderebbero possibile l'applicazione della Convenzione di Ginevra, ma possano invece corrispondere, ad esempio, a guerre o altre situazioni di violenza generalizzata. Tuttavia, mentre e' stabilito - nella proposta - che i profughi possano accedere, prima del rimpatrio, alla procedura di riconoscimento dello status di rifugiato, non altrettanto e' previsto in relazione all'accesso a forme complementari (che ben potrebbero applicarsi a situazioni di guerra o di violenza generalizzata). Potrebbe cosi' verificarsi che il regime di protezione temporanea si concluda, alla scadenza dei due anni, essendo la guerra che l'ha generato ancora in corso. Persone che siano state accolte in base a tale regime e che non rientrino nella definizione di rifugiato ex-Convenzione verrebbero rimpatriate senza poter chiedere l'adozione di una misura di protezione complementare.

 

f) Sanzioni a carico dei vettori e politiche di repressione degli espatri: interferenze con il diritto di ogni persona di lasciare il proprio paese e con il diritto d'asilo.

Le misure repressive, previste da diversi ordinamenti nazionali e da convenzioni internazionali, che impongono al vettore l'onere del rimpatrio dello straniero oggetto di un provvedimento di respingimento, nonche' sanzioni pecuniarie per il trasporto di stranieri privi dei documenti validi per l'ingresso, fanno si' che il rifugiato privo di documenti validi trovi un ulteriore ostacolo nel lasciare il paese in cui subisce la persecuzione o, comunque, nel raggiungere al paese in cui intende presentare richiesta di asilo. Il rifugiato e' cosi' costretto, nella migliore delle ipotesi, a utilizzare mezzi di trasporto illegali.

La situazione e' aggravata, poi, dalle politiche di cooperazione con le autorita' dei paesi di emigrazione tese a bloccare gli espatri da quei paesi (si pensi agli accordi tra Italia e Albania, e a quelli, ventilati, con la Turchia).

 

g) Politiche di immigrazione restrittive e abuso delle procedure di asilo.

L'eccessivo restringimento dei canali di immigrazione legale per motivi economici induce tutti coloro che decidano ugualmente di migrare a ricorrere, ove necessario (in caso di intercettazione, ad esempio), a presentare domanda di asilo, accedendo, nella peggiore delle ipotesi, a uno status di temporanea legalita'. Un regime di detenzione per il richiedente asilo fino alla conclsione della procedura di riconoscimento avrebbe certamente un effetto deterrente sui richiedenti mala fide. Qualora non si valuti positivamente una possibilita' del genere, si deve riconoscere come un ripensamento degli atteggiamenti di fronte all'immigrazione per motivi economici sia strettamente legata alla tutela di richiedenti asilo e rifugiati e alla conservazione dei cardini della stessa Convenzione di Ginevra.

 

 

2) Risultati desiderati del processo

Nel documento viene detto, in piu' punti, che l'ACNUR, attraverso le consultazioni, intende riaffermare la validita' della Convenzione di Ginevra, promuovere l'applicazione degli strumenti esistenti relativi ai rifugiati, etc..

Mi sembra che, trattandosi di consultazioni di soggetti esterni e indipendenti da parte dell'ACNUR, l'obiettivo andrebbe riformulato nel modo seguente: "l'ACNUR, attraverso le consultazioni, intende individuae i modi migliori per riaffermare la validita' della Convenzione di Ginevra, promuovere l'applicazione degli strumenti esistenti relativi ai rifugiati, etc.".

 

 

3) Modalita' di evoluzione del processo

Un solo suggerimento: che sia curata una efficace diffusione dell'informazione in relazione alle consultazioni, pur nel rispetto della riservatezza di alcune di queste.