(S. Briguglio 23/9/2000)

 

NOTA SULLA PROGRAMMAZIONE DEI FLUSSI

L'impianto del decreto di programmazione dei flussi per l'anno 2000 e' da considerare sostanzialmente adeguato, soprattutto per il fatto che contempla tutte le possibilita' di accesso al lavoro previste dalla normativa e contiene disposizioni atte a dare sufficiente elasticita' alla programmazione.

Allo scopo di favorire ulteriormente i percorsi di immigrazione legale, tuttavia, e' opportuno che, alla luce dell'esperienza maturata in fase di applicazione del decreto, si tenga conto dei seguenti punti.

1) Un ulteriore decreto di programmazione per l'anno 2000, consentito dall'art. 3 del Testo unico (T.U.), verrebbe incontro alla domanda di lavoro che non riesce a trovare adeguata offerta nel mecato del lavoro nazionale e darebbe un chiaro segnale che la politica di immgrazione italiana e' fndata prima di tutto sulla gestione di effettivi flussi legali, prima ancora - in senso sia logico sia cronologico - che sulla repressione di quelli illegali.

E' bene che, in generale, un decreto di programmazione preveda la possibilita' di incrementare (oltre che ridistribuire) le quote stabilite per l'anno nei casi in cui tali quote siano esaurite in tempi piu' brevi del previsto. Questo permetterebbe di utilizzare, per l'incremento delle quote, lo strumento della direttiva, e di evitare un ulteriore passaggio dalle commissioni parlamentari.

 

2) Lo strumento della chiamata nominativa e' risultato, fino ad oggi, ostacolato da due aspetti:

a) la mancanza delle liste contemplate dall'art. 21 del T.U., nelle quali i lavoratori avrebbero potuto iscriversi con l'indicazione di qualifiche e mansioni;

b) la previsione, con circolare del Ministero del lavoro, di soglie di reddito, in capo al datore di lavoro, tali da ecluderne un gran numero dalla possibilita' di assunzione, soprattutto nel settore dei servizi alla persona.

Al primo di questi problemi si e' trovato rimedio, da parte dei datori di lavoro, ricorrendo al bacino di manodopera gia' presente - per lo piu' irregolarmente - in Italia. La chiamata nominativa ha funzionato cosi' da efficace strumento di regolarizzzione strisciante, a condizione che lo straniero irregolarmente presente sia potuto tornare nel proprio paese, per ottenere un regolare visto di ingresso per lavoro, senza incorrere prima in controlli di polizia.

Il secondo problema e' stato aggirato, in parte, utilizzando lo strumento della sponsorizzazione - soggetto a criteri di reddito piu' rilassati - e procedendo poi all'assunzione, da parte dello stesso sponsor, dello straniero sponsorizzato.

Fermo restando che, nei fatti, il ricorso a queste soluzioni va guardato positivamente, dal momento che comunque riesce ad innalzare il tasso di regolarita' dell'immigrazione nel nostro paese, e' possibile correggerne alcuni elementi negativi mediante

i) l'istituzione o il completamento delle liste ex art. 21, con la definizione di procedure trasparenti per l'iscrizione nelle liste stesse e per la loro utilizzazione. In particolare, al fine di evitare una gestione difficilmente controllabile da parte delle autorita' dei paesi di emigrazione, sarebbe bene rendere possibile l'iscrizione mediante - per esempio - lettera raccomandata al Ministero del lavoro.

ii) l'applicazione dell'art. 5, co. 9, del T.U., che consente la conversione del permesso di soggiorno (senza preclusione per i permessi di breve durata) in presenza dei requisiti previsti per altro tipo di permesso. Questo consentirebbe di portare alla luce il meccanismo di incontro diretto tra datore di lavoro e lavoratore, incentivando pero', comunque, le forme di ingresso legale (sia pure per turismo o per visita) piuttosto che il ricorso all'ingresso illegale o al prolungamento irregolare del soggiorno. Un primo passo in questa direzione e' stato fatto stabilendo (telegramma del Ministero degli affari esteri) che la presenza legale in Italia per motivi diversi dal lavoro, al momento in cui la richiesta di autorizzazione al lavoro e' avanzata, non e' da considerarsi motivo ostativo al successivo rilascio del visto di ingresso per lavoro; si tratta ora di consentire la conversione del permesso sul posto, senza richiedere il ritorno in patria del lavoratore. E' da notare che questa possibilita' contribuirebbe ad estendere il beneficio di un incontro sul posto tra domanda e offerta di lavoro anche a soggetti che, privi di conoscenze in Italia, non riuscirebbero a ottenere una sponsorizzazione ex art. 23; si tratterebbe cioe' di un positivo rafforzamento della filosofia che sta alla base dell'istituto della prestazione di garanzia.

iii) l'assegnazione di un maggior peso, nella definizione delle quote, al canale della sponsorizzazione rispetto a quello della chiamata nominativa.

 

3) Riguardo al meccanismo della prestazione di garanzia (sponsorizzazione), la prima applicazione della legge ha presentato difficolta' - comprensibili - associate al carattere di novita' dell'istituto e al limite - previsto dalla legge, ma del tutto inutile - di sessanta giorni dalla pubblicazione del decreto per presentare la richiesta. Successive applicazioni dovrebbero risultare agevolate dall'esperienza maturata, in particolare, da istituti bancari e assicurativi riguardo alla stipula delle fideiussioni. E' bene, comunque, che sia raccomandato ai Comuni di accettare l'autocertificazione in relazione al requisito della idoneita' dell'alloggio, in tutti i casi in cui il Comune stesso non sappia provvedere alla certificazione in tempi ampiamente compatibili con la scadenza dei sessanta giorni.

 

4) L'esaurimento della quota riservata alle sponsorizzazioni ha fatto si' che non restasse margine per gli ingressi ex art. 23, co.4 - quelli, cioe', per inserimento nel mercato del lavoro senza sponsor. Questo tipo di ingresso avrebbe comunque trovato ostacolo per due motivi:

a) la mancata istituzione delle liste di prenotazione "obbligatorie" - quelle, cioe', basate sull'anzianita' di iscrizione, previste dall'art. 23, co. 4, del T.U. -, da non confondere con le liste ex art. 21, facoltative e destinate ad essere utilizzate per chiamate libere da vincoli di graduatoria;

b) il requisito, previsto dalla direttiva del Ministro dell'interno sui mezzi di sostentamento, di indicazione di alloggio in Italia.

Dal momento che l'ingresso per inserimento nel mercato del lavoro senza sponsor costituisce forse la novita' piu' rilevante introdotta dalla legge 40, ed e', certamente, quello che piu' si avvicina ai meccanismi di fatto utilizzati dall'immigrazione per lavoro in Italia (in questo senso e' da considerare la via di immigrazione piu' naturale), e' bene che riceva spazio non solo in sede di mera previsione teorica, ma in sede di effettiva applicazione. E' opportuno quindi che, accanto all'ampliamento, gia' auspicato, della quota destinata all'inserimento nel mercato del lavoro,

i) siano istituite le liste di prenotazione in ogni consolato, basate sull'anzianita' di iscrizione. Qualora, per un determinato paese di emigrazione, esistano anche liste ex art. 21, e' possibile che si dia luogo ad un'unica lista, dalla quale, pero', ai fini dell'ingresso ex art. 23, co. 4, si attinga sulla base del solo criterio dell'anzianita' di iscrizione. Qualora, poi, si incontrino, per altri paesi, difficolta' nell'istituzione o nella tenuta dele liste ad opera della Rappresentanza italiana, si consenta l'iscrizione per posta, con lettera raccomandata al Ministero del lavoro. Si eviti, in ogni caso, che la tenuta delle liste sia affidata all'autorita' del paese di emigrazione (la trasparenza nella gestione della lista non sarebbe in alcun modo controllabile). Si chiarisca, infine, che, a condizione di riconferma annuale dell'iscrizione nella lista, l'anzianita' di iscrizione decorre dal giorno della prima iscrizione.

ii) si interpreti il requisito relativo all'indicazione di un alloggio nel senso, non stringente, di "indicazione di primo alloggio". In alternativa, si effettui - eventualmente nell'ambito dei progetti di collaborazione tra Ministero del lavoro e OIM - un censimento dell'offerta di accoglienza da parte di enti locali e privato sociale, e se ne mettano i risultati a disposizione degli stranieri che chiedono il visto di ingresso ex art. 23, co. 4.

 

5) Riguardo all'ingresso per lavoro autonomo, i principali ostacoli sembrano essere i seguenti:

a) la difficolta', per lavoratori provenienti da paesi poveri, di dimostrare la disponibilita' di reddito (non inferiore a quello previsto per l'esenzione dal ticket) e alloggio;

b) la quota assai limitata prevista dal decreto in vigore.

Il primo di questi ostacoli puo' essere attenuato, oltre che con misure analoghe a quella appena proposta in relazione all'indicazione dell'alloggio,

i) rinviando - in analogia a quanto previsto, per la regolarizzazione, dalla circolare del Capo della Polizia del 10 maggio 1999 - l'accertamento del reddito alla fase di rinnovo del permesso (si tratterebbe, cioe', di un reddito maturato in Italia, e non nel paese d'origine);

ii) definendo, in analogia a quanto fatto per l'ingresso ex art. 23, lo schema di fideiussione per la prestazione di garanzia ex art. 26, co. 3.

Il secondo ostacolo puo' essere aggirato, ovviamente, con la definizione di una quota piu' ampia. Questo risulterebbe determinante anche per consentire le conversioni ex. art. 39, co. 7, Regolamento, ovvero ex art. 14, co. 5, Regolamento, da altro permesso di soggiorno in permesso per lavoro autonomo. Favorire questo tipo di conversioni, oltre a obbedire a un criterio di ragionevolezza, si pone nella linea di rendere possibile - nella legalita' e anche al di fuori di una rigida programmazione degli ingressi - l'incontro sul posto tra le esigenze del mercato del lavoro italiano e l'aspirazione all'inserimento dei lavoratori stranieri. Nulla vieta, naturalmente, che il decreto indichi uno specifico limite per le conversioni senza confonderlo con quello per gli ingressi.

La definizione di una quota sufficientemente alta e' di interesse anche per quanto concerne la possibilita' di inserimento professionale degli stranieri laureati e abilitati in Italia. Con riferimento a tale categoria, qualora non si voglia specificare una apposita quota, e' opportuno chiarire - a scanso di equivoci - che la quota fissata per lavoro autonomo rappresenta anche il tetto per le iscrizioni in albi professionali ed elenchi speciali sulla base di quanto previsto dall'art.37, comma 3, del T.U., e che i medesimi limiti numerici si applicano ai fini della dichiarazione di equipollenza e dell'ammissione agli esami di cui al comma 8 dell'articolo 50 del Regolamento (che prevederebbe l'esplicita definizione di quote per ciacuna professione!).

 

6) Riguardo alla conversione dei permessi di soggiorno per studio in permessi per lavoro subordinato, una difficolta' rilevata in sede di prima applicazione e' legata alla mancanza di una disposizione precisa e tempestiva riguardo all'ordine in cui esaminare le richieste di conversione rispetto alle richieste di autorizazione al lavoro per lavoratori residenti all'estero (nell'unica circolare del Ministero del lavoro al riguardo, datata 28 luglio 2000, non si trovano indicazioni in proposito). Tale mancanza puo' avere effetti particolarmente negativi nei casi di titolari di permesso per studio non ulteriormente rinnovabile (avendo essi portato a termine il corso di studi); se la loro richiesta di conversione, in un primo tempo accantonata, non verra' accolta per l'esaurimento della quota, questi soggetti perderanno ogni possibilita' di restare in Italia per lavoro subordinato, a dispetto di quanto stabilito dalla legge.

Diversa e' naturalmente la posizione degli studenti che abbiano fatto ingresso in Italia da poco tempo. Puo' essere opportuno favorire la conversione del permesso dei primi, trattando invece quella dei secondi alla stregua di una normale chiamata nominativa dall'estero. Si potrebbe pertanto specificare che, ferme ovviamente restando le disposizioni dell'art.14, comma 5, del Regolamento, le richieste di conversione avanzate da studenti che abbiano conseguito il titolo o che siano presenti in Italia da un certo numero di anni, sono trattate con priorita' rispetto alle richieste di ingresso.