REGOLARIZZAZIONE: VIE D'USCITA POSSIBILI

 

E' opportuno considerare i seguenti punti:

1) Il decreto legislativo 13-4-99 destina la regolarizzazione agli stranieri "in possesso dei requisiti" e "che abbiano presentato la relativa domanda con le modalità e nei termini previsti" dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 16-10-98. Laddove l'interpretazione data dai diversi ministeri interessati delle disposizioni contenute in quei provvedimenti risulti contaddittoria o variabile nel tempo, una interpretazione "autentica" fornita dalla Presidenza del Consiglio potrebbe certamente giovare ad una piu' efficace applicazione delle stesse disposizioni.

2) Tra i requisiti previsti dal DPCM 16-10-98, quello che ha creato maggiori difficolta' in sede di verifica e' il requisito della presenza in Italia anteriore al 27 marzo 1998. Tutte le domande esaminate riguardano stranieri sicuramente presenti in Italia prima del 15 dicembre 1998 (data limite per la presentazione delle istanze). A distanza di quasi due anni dall'emanazione del DPCM e' evidente come, da un punto di vista sostanziale, la finalita' per cui quel requisito era stato inserito - evitare un effetto di richiamo - e' ormai al sicuro. Non sembra nell'interesse dello Stato, quindi, insistere in un oneroso accertamento della idoneita' delle prove di presenza - le piu' varie - quando il rischio di inquinamento, mediante nuovi inopinati ingressi, del bacino di fruitori della regolarizzazione ha perso di attualita'. Nell'ipotesi peggiore, infatti, a beneficiare della regolarizzazione sarebbero soggetti presenti in Italia ormai da poco meno di due anni.

3) Qualora, tuttavia, si preferisca proseguire nella procedura di accertamento, occorre tener presente come, sulla base del DPCM citato, lo straniero non sia tenuto a "provare" la presenza, ma solo a presentare idonea documentazione circa la presenza stessa. La circolare del Capo della Polizia del 30 Ottobre 1998 indica che e' sufficiente "documentazione proveniente da organismi umanitari e assistenziali attestante, inequivocabilmente, una effettiva prestazione a favore dell'interessato". E' evidente come attestare non equivalga a provare, e che la dichiarazione da parte di terzi - affatto diversa da una "prova" - sia da considerare sufficiente a dare il suggello dell'idoneita' ad altri elementi e' chiarito dalla circolare del Capo della Polizia del 10 maggio 1999 nella quale si afferma che qualora non possa essere esibita documentazione quale ad esempio l'iscrizione in registri progressivi o la ricevuta della istanza avanzata dallo straniero oppure altro documento da cui si deduca che lo straniero ha usufruito di prestazioni sociali, sanitarie, assistenziali, legali etc., potra' essere considerata, quale certificazione integrativa, una apposita dichiarazione sottoscritta dai responsabili provinciali delle organizzazioni sindacali o delle associazioni appositamente e preventivamente designati e formalmente comunicati alle Questure dalle medesime, con la quale si certifica che la tessera di iscrizione o altra documentazione similare in possesso dello straniero e' stata effettivamente rilasciata alla data in essa indicata. Una ulteriore circolare o una direttiva che chiariscano agli uffici periferici come sia opportuno considerare "idonea" ogni documentazione che si basi su attestazioni o dichiarazioni di questo genere e che non sia evidente frutto di contraffazione o di commercio illecito gioverebbe a snellire sensibilmente la fase di accertamento.

4) Qualora vi sia il fondato sospetto di un commercio illecito di attestazioni, siano trasmessi gli atti alla Procura; si rilasci provvisoriamente un permesso di soggiorno; lo si revochi nei soli casi in cui un eventuale procedimento penale si concluda con l'accertamento di responsabilita' dello straniero.

5) Eccettuati i casi di cui al punto 4, nelle situazioni in cui la documentazione debba essere considerata non idonea, anche alla luce di un'interpretazione "aperta", e' opportuno che siano presi in esame gli ulteriori elementi prodotti dall'interessato, nel rispetto del comma 5 dell'articolo 5 del Testo Unico: "Il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 22, comma 9, e sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili.".

6) Lo stesso principio di cui al punto 5 dovrebbe essere applicato all'esame degli altri requisiti (lavoro e alloggio) previsti per la regolarizzazione. Cosi', per esempio, se il rapporto di lavoro subordinato, a suo tempo segnalato, e' inesistente, l'art. 5, comma 5, consente di rilasciare il permesso in presenza di un nuovo rapporto di lavoro.

7) L'art. 5, comma 9 del Testo Unico dispone che "Il permesso di soggiorno è rilasciato, rinnovato o convertito entro venti giorni dalla data in cui è stata presentata la domanda, se sussistono i requisiti e le condizioni previsti dal presente testo unico e dal regolamento di attuazione per il permesso di soggiorno richiesto ovvero, in mancanza di questo, per altro tipo di permesso da rilasciare in applicazione del presente testo unico.". E' possibile quindi, in mancanza dei requisiti per la regolarizzazione per lavoro subordinato, rilasciare un altro permesso (per lavoro autonomo, per esempio, previa esibizione, anche tardiva, del nulla-osta) se sussistono i requisiti corrispondenti. Se si considera come l'iscrizione nell'albo delle imprese artigiane per alcune attivita' (muratore, giadiniere, imbianchino, etc.) non preveda alcun requisito specifico, e come il requisito di reddito sia stato saggiamente rilassato dalla circolare del Capo della Polizia del 10 maggio 1999 ("la documentazione attestante la disponibilita' economica potra' essere esibita all'atto del primo rinnovo"), si vede come questa forma di regolarizzazione possa essere utilizzata per risolvere molte situazioni pendenti, senza contraddizione con la normtiva vigente ne' con le circolari gia' emanate.

8) E' difficile pensare che i casi pendenti possano ottenere direttamente soluzione nell'ambito di un nuovo - comunque auspicabile - decreto di programmazione dei flussi. L'uso di questo strumento quale ambito per una regolarizzazione ha rischiato, nell'autunno del 1998, la censura da parte della Commissione Affari Costituzionali della Camera - censura evitata grazie alla decorrenza del termine di trenta giorni a disposizione delle commissioni per formulare il parere. Tuttavia, se si considera come tanto il citato comma 9, quanto il comma 6 dell'art. 5 del Testo Unico consentano il rilascio di altri permessi (attesa-occupazione, formazione, turismo, cure, motivi umanitari) e come tali permessi siano convertibili in permesso per lavoro autonomo entro le quote specificamente fissate dal decreto di programmazione, si vede che la definizione, con un nuovo decreto di programmazione, di una quota sufficientemente ampia per lavoro autonomo consentirebbe - oggi come in futuro - di svuotare sacche di irregolarita', senza ricorrere a espliciti provvedimenti legislativi di regolarizzazione, con il rilascio di uno di tali permessi e la successiva conversione in permesso per lavoro autonomo in corrispondenza ad un'iscrizione all'albo per le imprese artigiane.