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COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE

Bruxelles,

COM(2001)

(CNS)

Proposta di

DIRETTIVA DEL CONSIGLIO

relativa alle condizioni d'ingresso e di soggiorno dei cittadini di paesi terzi
 ai fini dello svolgimento di un'occupazione retribuita e di attività di lavoro autonomo

(presentata dalla Commissione)


RELAZIONE

1.      Condizioni di ingresso e di soggiorno dei cittadini di paesi terzi ai fini dello svolgimento di un'occupazione retribuita e di attività di lavoro autonomo

Conformemente al mandato ricevuto dal Consiglio europeo di Tampere dell'ottobre 1999 e in linea con il "quadro di controllo per l'esame dei progressi compiuti nella creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nell'Unione europea"[1], la Commissione deve adottare nel 2001 una proposta di direttiva che tratti delle "condizioni di ammissione e di soggiorno dei cittadini di paesi terzi ai fini dello svolgimento di un'occupazione retribuita o di attività di lavoro autonomo".

Nella sua recente comunicazione su una politica comunitaria in materia di immigrazione (COM(2000) 757 del 22 novembre 2000) la Commissione ha proposto di seguire un'impostazione articolata su due livelli: la definizione di un quadro normativo comune relativo all'ammissione dei migranti per motivi economici e l'avviamento di un meccanismo aperto di coordinamento relativo alla politica comunitaria in materia di immigrazione. La Commissione, nella sua comunicazione, ha già stabilito i principali obiettivi e principi sui quali si dovrebbe fondare il quadro normativo comune:

Trasparenza e razionalità: definendo con chiarezza le condizioni alle quali i cittadini dei paesi terzi possono entrare e soggiornare nell'UE come lavoratori subordinati o autonomi, stabilendo i loro diritti e obblighi, garantendo che abbiano accesso all’informazione e che esistano gli strumenti per verificarne la corretta applicazione.

Diritti differenziati secondo la durata del soggiorno: l'obiettivo dev'essere quello di dare uno stato giuridico certo ai lavoratori temporanei che intendono rientrare nei paesi di origine, e contemporaneamente definire un percorso che conduca in ultima istanza ad uno status permanente per coloro che intendono restare e soddisfano determinati criteri.

Procedure chiare e semplici: le procedure di presentazione delle domande devono essere chiare e semplici.

Rispetto per la situazione interna del mercato del lavoro: il principio secondo cui un posto di lavoro può essere occupato da un lavoratore extracomunitario soltanto dopo un'attenta valutazione della situazione interna del mercato del lavoro (a meno che gli obblighi e gli impegni internazionali dell'UE e degli Stati membri non dispongano già altrimenti) è attualmente applicato da tutti gli Stati membri e la presente proposta non è intesa a pregiudicare l'applicazione di tale principio.

Disponibilità dell'informazione: si potrebbe fare più ampio ricorso alle nuove tecnologie delle comunicazioni per fornire informazioni sulle possibilità e le condizioni di lavoro, ecc..

Sostegno all'industria: per consentire alle industrie europee, in particolare le piccole e medie imprese, di procedere – nei casi in cui sia dimostrato un fabbisogno economico di lavoratori in un settore specifico o per un lavoro specifico, che non può essere soddisfatto dal mercato del lavoro dell'UE – ad assunzioni rapide ed efficaci in paesi terzi, i datori di lavoro hanno bisogno di uno strumento pratico che dimostri che sul mercato del lavoro dell'UE esiste una carenza effettiva.

Come indicato nella comunicazione, le questioni affrontate dalla presente proposta legislativa dovranno anche essere sottoposte ad un'ulteriore riflessione politica e ad un'azione complementare nell'ambito di un meccanismo aperto di coordinamento sulla politica comunitaria in materia di immigrazione. Tale meccanismo sarà reso operativo con una  comunicazione specifica della Commissione relativa ad un metodo aperto di coordinamento della politica comunitaria in materia di immigrazione, presentata parallelamente alla presente proposta.

2.                 Quadro di riferimento e compatibilità con altre iniziative

Nel giugno 2000, è stato presentato ai servizi della Commissione uno studio comparativo sull'ammissione dei cittadini di paesi terzi ai fini dello svolgimento di un'occupazione retribuita e di attività lavorative autonome. Lo studio dimostra che attualmente le norme in materia di ammissione di cittadini di paesi terzi a lavorare nell'UE variano da uno Stato membro all'altro. Sia i cittadini di paesi terzi che desiderano essere ammessi a lavorare nell'UE che i datori di lavoro dell'UE che hanno bisogno di lavoratori di paesi terzi devono confrontarsi con regole e procedure amministrative nazionali spesso molto complesse ed esistono solo poche norme e principi applicabili in tutti gli Stati membri.

Nel novembre 2000, la Commissione ha emesso la sua comunicazione su una politica comunitaria in materia d'immigrazione, che già tracciava i principali indirizzi, che la presente proposta segue, della politica in questione.

Compatibilità con altre iniziative:

La presente proposta è stata elaborata in modo tale da risultare pienamente compatibile - e ad essa complementare - con la direttiva recentemente proposta relativa ai cittadini di paesi terzi che siano residenti di lungo periodo[2]. Mentre i lavoratori subordinati e autonomi appena arrivati nell'UE saranno coperti dal regime speciale delineato nella presente proposta, le disposizioni "orizzontali" della proposta di direttiva sui cittadini di paesi terzi che siano residenti di lungo periodo si applicheranno laddove tali lavoratori di paesi terzi abbiano soddisfatto le condizioni ed abbiano fatto domanda al fine di ottenere lo status di residenti di lungo periodo in conformità con tale direttiva.

La proposta è stata redatta in modo da essere pienamente compatibile con gli impegni assunti dalla CE e dai suoi Stati membri nel quadro dell'accordo OMC sugli scambi dei servizi (GATS), ed in modo da ulteriormente agevolare gli scambi di servizi a cui le parti si sono impegnate in tale contesto.

Conformemente al "quadro di controllo per l'esame dei progressi compiuti nella creazione di 'uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia' nell'Unione europea", la Commissione dovrà ancora elaborare ed adottare in tempi brevi ulteriori iniziative legislative in materia di condizioni d'ingresso e di soggiorno a fini di studio o di preparazione professionale e ai fini dello svolgimento di attività non retribuite.

3.                 obiettivi della proposta:

Attraverso la presente proposta di direttiva, la Commissione persegue i seguenti obiettivi:

1. elaborare definizioni, criteri e procedure comuni in materia di condizioni d'ingresso e residenza di cittadini di paesi terzi ai fini dello svolgimento di un'occupazione retribuita e di attività lavorative autonome, che siano basate su concetti già applicati con successo negli Stati membri;

2. stabilire criteri comuni per l'ammissione dei cittadini di paesi terzi allo svolgimento di attività economiche subordinate e autonome (“prova della necessità economica ” e “prova  degli effetti benefici”) e mettere a disposizione varie opzioni per dimostrare il rispetto di tali criteri;

3. offrire garanzie procedurali e di trasparenza, al fine di assicurare un alto livello di certezza giuridica e di informazione per tutte le parti interessate sulle norme e le pratiche amministrative degli Stati membri per quanto riguarda l'ingresso e il soggiorno dei cittadini di paesi terzi ai fini dello svolgimento di un'occupazione retribuita e di attività lavorative autonome;

4. istituire un'unica procedura nazionale per la presentazione della domanda, che permetta di ottenere un titolo combinato, comprendente il permesso di soggiorno e di lavoro in un unico atto amministrativo, al fine di semplificare ed armonizzare le diverse normative attualmente in vigore negli Stati membri;

5. offrire dei diritti ai cittadini di paesi terzi nel rispetto del margine di discrezionalità lasciato agli Stati membri per limitare l'immigrazione economica. Se i lavoratori dipendenti o autonomi di paesi terzi soddisfano tutte le condizioni di cui ai capi II e III, devono essere ammessi, a meno che gli Stati membri non pongano delle limitazioni in conformità con il capo IV (ad esempio tetti massimi nazionali o limitazioni basate su motivi di ordine pubblico, sicurezza pubblica o salute pubblica);

6. offrire un quadro normativo flessibile, che consenta a tutte le parti interessate, tra cui anche gli Stati membri, di reagire in modo rapido ai cambiamenti nella situazione economica e demografica e che dia la possibilità di avere uno scambio di vedute sulle esperienze degli Stati membri nell'applicazione della direttiva, nell'ambito di un meccanismo aperto di cooperazione sulla politica comunitaria in materia d'immigrazione;

7. dare un significato concreto agli impegni che la CE e gli Stati membri hanno assunto nel quadro dell'accordo GATS dell'OMC;

8. riconoscere il diritto degli Stati membri a limitare l'ammissione dei cittadini di paesi terzi ai sensi della presente proposta, qualora uno Stato membro ritenga necessario applicare misure orizzontali (come ad esempio l'istituzione di tetti massimi o di contingenti) a tal fine.

4.                 La scelta della base giuridica

La scelta della base giuridica è coerente con le modifiche apportate al trattato CE dal trattato di Amsterdam, entrato in vigore il 1 maggio 1999. L'articolo 63, paragrafo 3, del trattato CE prevede che il Consiglio adotti “misure in materia di politica dell'immigrazione nei seguenti settori: a) condizioni d'ingresso e di soggiorno e norme sulle procedure per il rilascio da parte degli Stati membri di visti a lungo termine e di permessi di soggiorno”.

La regolamentazione dell'immigrazione ai fini dell'esercizio di attività economiche subordinate o autonome costituisce un elemento fondamentale della politica d'immigrazione, e lo sviluppo di una politica comunitaria coerente in materia d'immigrazione non è possibile se non si affrontano le "condizioni d'ingresso e di soggiorno dei cittadini di paesi terzi ai fini dello svolgimento di un'occupazione retribuita e di attività lavorative autonome". L'articolo 63, paragrafo 3, lettera a), costituisce, pertanto, la base giuridica adeguata per la presente proposta.

La presente proposta di direttiva deve essere adottata con la procedura di cui all'articolo 67 del trattato: il Consiglio delibera all'unanimità su proposta della Commissione o su iniziativa di uno Stato membro e previa consultazione del Parlamento europeo. La presente proposta si basa sul titolo IV del trattato CE, il quale non si applica a Regno Unito e Irlanda a meno che questi Stati membri non decidano altrimenti in conformità con il protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda allegato ai trattati. Allo stesso modo, il titolo IV non si applica alla Danimarca in virtù del protocollo sulla posizione della Danimarca, allegato ai trattati.

5.                 Sussidiarietà e proporzionalità: giustificazione e valore aggiunto

Il nuovo titolo IV su visti, asilo, immigrazione ed altre politiche collegate alla libera circolazione delle persone, inserito nel trattato che istituisce la Comunità europea, conferisce competenze in questa materia alla Comunità europea. Queste competenze devono essere esercitate conformemente all'articolo 5 del trattato CE, ossia se e nella misura in cui gli obiettivi dell'azione proposta non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell'azione in questione, essere realizzati meglio a livello comunitario. La direttiva proposta rispetta questi criteri.

Sussidiarietà

L'obiettivo principale della presente iniziativa è quello di definire un quadro normativo armonizzato a livello dell'Unione  in materia di condizioni d'ingresso e di residenza dei cittadini di paesi terzi ai fini dello svolgimento di un'occupazione retribuita e di attività lavorative autonome e delle procedure per il rilascio da parte degli Stati membri dei relativi permessi. Allo stato attuale, le regole e procedure amministrative che disciplinano questo settore differiscono enormemente da uno Stato membro all'altro. In considerazione delle grandi differenze nelle legislazioni nazionali e nelle impostazioni della regolamentazione dei vari Stati membri, l'istituzione di un quadro normativo armonizzato può essere realizzata solo a livello comunitario.

Proporzionalità

La forma dell'azione comunitaria deve essere la più semplice tra quelle che consentono di raggiungere l'obiettivo della proposta e di metterla in atto efficacemente. In questo spirito, lo strumento giuridico prescelto è la direttiva, che stabilisce principi generali ma lascia gli Stati membri a cui è diretta liberi di scegliere la forma ed i mezzi più adeguati per dare efficacia a tali principi nel proprio ordinamento giuridico interno e nel contesto generale. La direttiva proposta stabilisce definizioni, criteri e procedure comuni relativi alle condizioni d'ingresso e di soggiorno dei cittadini di paesi terzi ai fini dello svolgimento di un'occupazione retribuita e di attività lavorative autonome, pur lasciando agli Stati membri un ampio margine di discrezionalità.

Conseguenze finanziarie e amministrative della proposta su governi nazionali, enti locali, soggetti economici aventi interesse e cittadini

Secondo lo studio comparativo già menzionato sull'ammissione di cittadini di paesi terzi allo svolgimento di un'occupazione retribuita o di attività economiche autonome, le regole sull'ammissione dei cittadini di paesi terzi a lavorare nell'UE sono diverse da uno Stato membro all'altro. Sia i cittadini di paesi terzi che desiderano essere ammessi a lavorare nell'UE che i datori di lavoro dell'UE che hanno necessità di impiegare lavoratori dei paesi terzi devono affrontare regole e procedure amministrative nazionali a volte molto complesse ed esistono solo poche regole e principi comuni applicabili in tutti gli Stati membri.

La proposta creazione di un'unica procedura nazionale di domanda per un unico titolo combinato, comprendente il permesso di soggiorno e di lavoro in uno stesso atto amministrativo, contribuirà a semplificare ed armonizzare le norme divergenti attualmente applicabili negli Stati membri. Per gli Stati membri questa creazione di una procedura unica potrebbe costituire un incentivo a semplificare la propria amministrazione interna e ad evitare la duplicazione del lavoro. I cittadini di paesi terzi che desiderano svolgere attività economiche nell'UE e i futuri datori di lavoro di tali cittadini di paesi terzi trarranno un beneficio diretto dalla procedura unica ("one-stop shop").

Sia i criteri comuni proposti per l'ammissione dei cittadini di paesi terzi allo svolgimento di attività economiche subordinate o autonome (“prova della necessità economica ” e “prova degli effetti benefici”), sia le proposte garanzie procedurali e di trasparenza assicureranno un alto livello di certezza giuridica, di trasparenza e di informazione per tutte le parti interessate. Questo sarà particolarmente apprezzato dai soggetti economici interessati e dai lavoratori di paesi terzi.

I governi nazionali (le autorità competenti) avranno la facoltà di richiedere il pagamento di diritti per un importo proporzionato in cambio delle loro attività. Tali diritti devono essere basati sul principio del servizio effettivamente prestato, in tal modo assicurando che la nuova procedura non diventi un onere finanziario per le amministrazioni nazionali, né un onere eccessivo per i beneficiari dei permessi rilasciati.

COMMENTO AGLI ARTICOLI

Capo I: Disposizioni generali

Articolo 1:

Questo articolo determina gli obiettivi della proposta: la definizione di condizioni comuni e di norme procedurali comuni sull'ingresso e il soggiorno di cittadini di paesi terzi ai fini dello svolgimento di un'occupazione retribuita e di attività lavorative autonome. 

Nell'interesse della chiarezza e della certezza giuridica, la proposta segue un approccio orizzontale e contempla le condizioni di ingresso e di soggiorno di qualsiasi cittadino di un paese terzo che svolga un'attività economica subordinata o autonoma nel territorio di uno Stato membro. Tale ampio approccio orizzontale è un punto di partenza generale. Tra le disposizioni sostanziali della direttiva, ci sono disposizioni e deroghe specifiche che prendono adeguatamente in considerazione la situazione di alcuni gruppi di persone. Si tiene anche conto di disposizioni più favorevoli di diritto comunitario o internazionale.

Articolo 2:

Questo articolo definisce i concetti e termini utilizzati nelle disposizioni della proposta.

a)           La nozione di cittadino di un paese terzo è definita in negativo, escludendo i cittadini dell'Unione ai sensi del trattato CE. Tale definizione comprende persone che hanno la nazionalità di un paese terzo e apolidi ai sensi della convenzione di New York del  28 settembre 1954.

b)-c)       L'elemento chiave per la definizione di attività di lavoro subordinato o autonomo è l'esercizio di "un'attività economica remunerata". Il termine "attività economica remunerata" deve essere inteso come comprendente qualsiasi attività esercitata da una persona in cambio di vantaggi economici (denaro, alloggio, beni), a prescindere dalla natura del datore di lavoro che può essere una persona fisica o giuridica, un organismo privato o pubblico, un organismo con fine di lucro o meno, e a prescindere dal tipo di attività svolta da quest'ultimo. L'elemento chiave che distingue un'attività di lavoro subordinato da un'attività di lavoro autonomo è l'esistenza (e, rispettivamente, la mancanza) di un rapporto di subordinazione ad un'altra persona.

d)           Nella maggioranza degli Stati membri, l'ammissione di cittadini di paesi terzi allo svolgimento di attività lavorative subordinate è attualmente disciplinata da un doppio sistema di permessi di soggiorno e di lavoro. La presente proposta mira a semplificare le procedure e pertanto propone di sostituire l'attuale doppio sistema con un permesso combinato che autorizzi sia il soggiorno che il lavoro con un unico atto amministrativo, il "permesso di soggiorno - lavoratore". Si deve evidenziare che questa proposta mira ad armonizzare il risultato finale (l'atto combinato) ed a semplificare gli adempimenti procedurali per il cittadino di un paese terzo che intenda esercitare un'attività economica nell'UE. Ciò tuttavia non incide direttamente sul modo in cui le amministrazioni nazionali trattano all'interno le domande prima di adottare una decisione definitiva. La corresponsabilità o la responsabilità in ordine successivo di diversi enti amministrativi a seconda della distribuzione interna delle competenze a livello nazionale è perfettamente possibile, purché essa non ostacoli il raggiungimento dell'obiettivo finale (un solo atto combinato da rilasciare per un'unica domanda).

La presente proposta non individua esplicitamente in quale formato debbano essere rilasciati i vari permessi di soggiorno di cui alla presente direttiva. È tuttavia necessario sottolineare che i permessi di soggiorno ai sensi della presente proposta ricadono nell'ambito d'applicazione della proposta di regolamento del Consiglio che istituisce un formato uniforme per i permessi di soggiorno per cittadini di paesi terzi, del 23.03.2001 (COM(2001) 157 def. del 23.3.2001), e che le disposizioni di quest'ultima - se adottate- si applicheranno ai permessi di soggiorno rilasciati ai sensi della presente direttiva.

e)           Le norme nazionali attualmente in vigore in materia di ammissione di cittadini di paesi terzi all'esercizio di attività economiche autonome sono più differenziate tra loro  rispetto a quelle relative alle attività di lavoro subordinato. Alcuni Stati membri richiedono un permesso di lavoro per le attività di lavoro autonomo, altri no, e disciplinano l'accesso a tali attività attraverso i permessi di soggiorno. Nell'ottica di una disciplina a livello comunitario più coerente e armonizzata, la Commissione propone anche qui di creare un "titolo combinato" che autorizzi sia il soggiorno che il lavoro autonomo con un solo atto amministrativo, il "permesso di soggiorno -lavoratore autonomo”.

f)-i)        Si vedano i commenti agli articoli da 12 a 15.

Articolo 3:

1.         La presente direttiva riguarda le condizioni d'ingresso e di soggiorno di qualsiasi cittadino di un paese terzo che eserciti un'attività economica subordinata o autonoma nel territorio di uno Stato membro. Tuttavia, esiste una moltitudine di strumenti di diritto internazionale che incidono su questa materia. La presente direttiva non è intesa a soppiantare tali strumenti né a modificarne il contenuto. Laddove tali strumenti contengano disposizioni più favorevoli essi continueranno ad essere applicabili.

a)         Questo punto contempla gli accordi internazionali con la partecipazione della Comunità. Questa categoria comprende sia gli accordi conclusi tra la Comunità (agendo autonomamente) ed uno o più paesi terzi, sia gli "accordi misti". Gli strumenti giuridici principali da menzionare in questo contesto sono l'accordo SEE, gli accordi europei ed altri accordi di associazione (ad esempio, l'accordo CE-Turchia). Nel quadro dell'OMC, l'Accordo generale sugli scambi di servizi (GATS) contiene degli impegni relativi agli spostamenti delle persone fisiche necessari a permettere gli scambi nei servizi.

b)         Questo punto riguarda gli accordi multilaterali e bilaterali conclusi senza la partecipazione della Comunità. Gli strumenti giuridici che vale la pena di citare in questo contesto sono, in particolare,  la convenzione e il protocollo delle Nazioni Unite relativi allo status dei rifugiati e le convenzioni di Vienna sulle relazioni diplomatiche e consolari.

2.         La proposta mira ad armonizzare le disposizioni nazionali relative all'accesso dei cittadini di paesi terzi all'occupazione nell'UE come "misura in materia di politica dell'immigrazione" sulla base dell'articolo 63, paragrafo 3 del trattato. La direttiva è concepita in modo da contemplare le situazioni in cui i cittadini di paesi terzi intendono veramente entrare nel mercato del lavoro dell'UE. Non è questo il caso laddove i cittadini di paesi terzi entrino nell'UE per un breve periodo al fine di svolgere attività sussidiarie alla fornitura di beni e servizi nell'UE da paesi terzi. Gli esempi di questi spostamenti di breve termine sono molteplici e comprendono, ad esempio, attività di breve durata nell'UE di equipaggi di aerei e navi di paesi terzi; camionisti che consegnano merci; artisti provenienti da paesi terzi che si esibiscono nell'UE; viaggiatori d'affari di paesi terzi. Se il soggiorno dei cittadini di paesi terzi le cui attività sono direttamente collegate alla fornitura di beni o servizi (compresi i lavoratori distaccati da paesi terzi) si prolunga oltre i tre mesi, la direttiva si applica, ed i cittadini interessati di paesi terzi saranno tenuti ad ottenere un permesso, rilasciato ai termini della presente direttiva, che conferisca loro tutti i diritti e gli obblighi previsti dalla stessa. La direttiva si applica anche qualora il soggiorno del cittadino di un paese terzo, pur inferiore a tre mesi, non sia direttamente collegato alla fornitura di beni o servizi nell'UE da paesi terzi (ad esempio lavoratori stagionali che restano per due mesi). Gli articoli da 12 a 18 contengono tuttavia disposizioni speciali, che permettono il ricorso a soluzioni differenziate e pragmatiche in questi casi specifici.

3.         Questo paragrafo esclude alcuni gruppi specifici di persone dall'ambito della direttiva:

i)         I cittadini di paesi terzi stabiliti nella Comunità, che vengano mandati in trasferta come lavoratori dipendenti ai fini della fornitura di servizi transfrontalieri o che forniscono servizi transfrontalieri, sono già contemplati dalla proposta di direttiva del Consiglio che estende ai cittadini di paesi terzi stabiliti all'interno della Comunità la libertà di prestare servizi oltrefrontiera (Gazzetta ufficiale C 67 10.3.1999, pag. 17) e dalla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle condizioni di trasferta dei lavoratori dipendenti cittadini di un paese terzo nell'ambito di una prestazione di servizi oltrefrontiera (Gazzetta ufficiale C 67 10.3.1999, pag. 12).

ii)        I gruppi di persone esclusi con questa disposizione sono (e, rispettivamente, saranno) contemplati dalla direttiva  sulle norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati (adottata dal Consiglio il 27.6.2001), dalla proposta di direttiva recante norme minime relative all'accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri (COM(2001) 181 def del 3.4.2001) e dalla prevista proposta di direttiva relativa alle persone che necessitano di un'altra forma di una protezione internazionale.

iv)       I cittadini di paesi terzi che sono membri della famiglia di cittadini dell'Unione che hanno esercitato il loro diritto alla libera circolazione all'interno dell'UE sono già contemplati dal titolo III della prima parte del regolamento (CEE) n. 1612/68, che conferisce a questa categoria di persone un diritto illimitato di soggiorno e di accesso al lavoro nello Stato membro di accoglienza.

v)        Questa categoria di persone sarà contemplata nella proposta di direttiva attualmente in discussione sul diritto al ricongiungimento famigliare (COM (1999) 638 def. del 1.12.1999, modificata da COM (2000) 624 def. del 10.10.2000).

4.         La maggior parte degli Stati membri, se non tutti, hanno attualmente una legislazione e pratiche amministrative articolate, che tengono conto della situazione particolare di alcune categorie di persone elencate nel presente paragrafo. Questa proposta mira a stabilire - come primo passo verso lo sviluppo di una nuova politica comunitaria- un quadro normativo comune senza addentrarsi troppo nei dettagli. Si ritiene quindi più appropriato lasciare agli Stati membri la possibilità di mantenere o introdurre disposizioni nazionali più favorevoli sull'accesso al lavoro dei cittadini di paesi terzi che rientrano nelle categorie specifiche di persone elencate in questo paragrafo. Si deve, peraltro, evidenziare che, appena entreranno in vigore strumenti giuridici comunitari che disciplinino specificatamente i diritti ed obblighi di queste categorie di persone, tali strumenti prevarranno sulle norme nazionali.

Capo II: Ingresso e soggiorno ai fini dello svolgimento di un'occupazione retribuita

Sezione 1: Norme generali

Articolo 4:

1.         Conformemente alle norme attualmente in vigore nella maggior pare degli Stati membri, i cittadini di paesi terzi possono entrare e soggiornare in uno Stato membro  al fine di svolgere attività di lavoro subordinato (a tempo pieno o a tempo parziale)  unicamente se sia stato rilasciato un "permesso di soggiorno-lavoratore" ai sensi della presente direttiva  ( con riserva delle eccezioni quivi menzionate). 

2.         Il permesso può essere rilasciato se, dopo la verifica dei dati e dei documenti, risulta che il richiedente possiede i requisiti per ottenere un "permesso di soggiorno-lavoratore". Se invece si riscontra che il richiedente non possiede tali requisiti o se uno Stato membro utilizza la possibilità di porre limitazioni ai sensi degli articoli 26, 27 e 28, il permesso non viene rilasciato. Questo articolo conferisce un diritto ai richiedenti che soddisfano tutte le condizioni elencate al Capo II, nel rispetto però della discrezionalità degli Stati membri nella limitazione dell'immigrazione per motivi economici: in mancanza di limitazioni ai sensi degli articoli 26, 27 e 28, gli Stati membri sono tenuti a rilasciare il "permesso di soggiorno-lavoratore".

Articolo 5:

1.         La domanda di "permesso di soggiorno-lavoratore" deve essere presentata dal cittadino del paese terzo interessato. Il futuro datore di lavoro del cittadino del paese terzo ha la possibilità di presentare domanda per conto del richiedente cittadino di paese terzo.

2.         Questo paragrafo prevede che una domanda dovrebbe generalmente essere presentata attraverso la rappresentanza di uno Stato membro competente per lo Stato in cui il richiedente risiede legalmente. Se il richiedente già risiede regolarmente (in quanto titolare di un titolo di soggiorno, ad esempio, come studente) nello Stato membro interessato o vi si trova legalmente (ad esempio, in quanto titolare di un visto turistico o un visto per cercare lavoro o un visto per la domanda di permesso di lavoro), le domande possono essere presentate direttamente nel territorio di tale Stato. È tuttavia necessario sottolineare che la presentazione di una domanda di "permesso di soggiorno - lavoratore" ai sensi della presente proposta di direttiva non conferisce al richiedente il diritto a restare in uno Stato membro.

3.         Questo paragrafo contiene un elenco tassativo di dati e documenti da esibire all'autorità competente in occasione della domanda di "permesso di soggiorno-lavoratore". Per ottenere alcuni di tali dati e documenti (ad esempio copia del contratto di lavoro valido o la prova del soddisfacimento del requisito della necessità economica) i richiedenti dovranno agire in stretta cooperazione con il loro futuro datore di lavoro.

b)         Il richiedente deve esibire un contratto di lavoro valido o un'offerta di lavoro vincolante (un'offerta di un contratto di lavoro concreto, che non possa essere revocata unilateralmente dal futuro datore di lavoro). Se uno Stato membro lo ritiene opportuno, può procedere ad un controllo preventivo sistematico nel corso della valutazione della domanda per assicurare/verificare la compatibilità del contratto di lavoro o dell'offerta vincolante di lavoro con la legislazione nazionale in materia di condizioni di lavoro, compresa la retribuzione.

d)         Il richiedente deve fornire adeguata prova che il requisito di cui all'articolo 6 ("prova della necessità economica") è soddisfatto. In pratica, questo richiederà una stretta collaborazione tra il richiedente ed il futuro datore di lavoro, che dovrà fornire al richiedente i documenti necessari a dimostrare che:

            -           il posto disponibile è stato reso pubblico e che non è stata ricevuta alcuna candidatura accettabile proveniente dal mercato del lavoro dell'UE (articolo 6, paragrafo 2) o

            -           sono soddisfatti i requisiti di un programma nazionale di tipo "green card" esistente (articolo 6, paragrafo 3), o

            -           la soglia di reddito definita dalle disposizioni nazionali conformemente all'articolo 6, paragrafo 4, è superata, o

            -           la somma di denaro ("contributo del datore di lavoro") richiesta dalle disposizioni nazionali conformemente all'articolo 6, paragrafo 5, è stata versata.

g)         Questo punto dispone - in conformità con il principio di proporzionalità - che il richiedente deve dimostrare di possedere le competenze necessarie allo svolgimento delle attività previste. Ciò potrebbe, ma non deve necessariamente, comprendere la conoscenza della lingua (o delle lingue) ufficiale/i dello Stato membro.

h)         La valutazione della capacità del richiedente a far fronte al costo della vita deve essere effettuata dalle autorità competenti, prendendo in considerazione il reddito futuro del richiedente, quale indicato nel contratto di lavoro.

4.         Questo paragrafo completa le disposizioni dell'articolo 6, paragrafo 1, lettera f) (vedasi oltre).

Articolo 6:

1.         Questo articolo sancisce a livello comunitario un principio generale, che riflette le norme già in vigore negli Stati membri, secondo il quale si richiede un'attenta valutazione della situazione del mercato del lavoro interno prima dell'ammissione di lavoratori di paesi terzi. In termini concreti questo significa che i cittadini di paesi terzi possono avere accesso al mercato del lavoro dell'UE solo se un posto non può essere occupato da un lavoratore che rientri in una delle seguenti categorie di persone:

a)         cittadini dell'Unione (i cittadini dei paesi candidati all'adesione rientreranno automaticamente in questa definizione a partire dalla data dell'adesione e quindi beneficeranno automaticamente di un trattamento preferenziale rispetto ai cittadini di paesi terzi. I termini esatti delle eventuali restrizioni all'accesso dei cittadini dei nuovi Stati membri al mercato del lavoro dell'Unione dei 15 dovranno essere determinati dai trattati di adesione. Le disposizioni dei trattati di adesione prevarranno sulle disposizioni del presente progetto di direttiva. Nella posizione comune dell'Unione europea sul capo 2-Libera circolazione dei lavoratori si dichiara che "gli attuali Stati membri introdurranno una preferenza per i cittadini dei nuovi Stati membri rispetto alla forza lavoro non comunitaria"; o

b)         cittadini di paesi terzi che sono membri della famiglia di cittadini dell'Unione che hanno esercitato il loro diritto alla libera circolazione all'interno dell'UE. Queste persone sono già contemplate dal titolo III della prima parte del regolamento (CEE) n. 1612/68, che conferisce un diritto illimitato di soggiorno e di accesso al lavoro a questa categoria di persone nello Stato membro d'accoglienza; o

c)         cittadini di paesi terzi che già beneficiano di un pieno accesso al mercato del lavoro nazionale interessato in virtù degli strumenti giuridici di cui all'articolo 3, paragrafo 1 (ad esempio, cittadini degli Stati SEE; persone contemplate negli accordi bilaterali esistenti tra alcuni Stati membri ed alcuni paesi terzi); o

d)         cittadini di paesi terzi che già beneficiano dell'accesso al mercato del lavoro nazionale interessato in virtù della legislazione nazionale esistente (ad esempio persone coperte dalle disposizioni nazionali in materia di ricongiungimento famigliare) o in virtù della legislazione comunitaria (molte delle iniziative legislative summenzionate nel commento all'articolo 3, paragrafo 3, daranno accesso al mercato del lavoro ad alcune categorie di cittadini di paesi terzi); o

e)         lavoratori di paesi terzi che fanno già parte del mercato regolare del lavoro di uno Stato membro (persone regolarmente presenti e che lavorano da tre anni); o

f)         cittadini di paesi terzi che hanno fatto parte del mercato regolare del lavoro dello Stato membro e che intendono ritornare in quello Stato membro dopo un periodo limitato di assenza (persone che hanno soggiornato e lavorato regolarmente nello Stato membro per più di tre anni nell'arco dei cinque anni precedenti). Il ragionamento soggiacente a questo punto è l'idea che i cittadini di paesi terzi che hanno già fatto parte del mercato del lavoro di uno Stato membro e che hanno lasciato tale Stato membro per un periodo relativamente breve devono avere la possibilità di ritornare a condizioni agevolate.

I paragrafi da 2) a 5) di questo articolo prevedono varie possibilità per la dimostrazione nei casi concreti che il criterio di cui al paragrafo 1) è soddisfatto. Mentre il paragrafo 2) deve essere recepito dagli Stati membri, i paragrafi da 3) a 5) lasciano aperte opzioni di cui gli Stati membri possono - ma non necessariamente devono - avvalersi, a seconda delle decisioni di politica nazionale. Il principale argomento a favore di questo approccio flessibile è l'idea della "concorrenza verso modelli di successo", che comporta l'applicazione di diversi regimi e la loro verifica sul piano pratico da parte degli Stati membri in conformità con questa direttiva e, in un momento successivo, la discussione dei risultati nell'ambito del meccanismo aperto di coordinamento sulla politica dell'immigrazione:

2.         La valutazione individuale del soddisfacimento della condizione di cui al paragrafo 1 è volta a fornire uno strumento pratico ai datori di lavoro che non riescono a occupare uno specifico posto di lavoro entro un certo lasso di tempo. Se un datore di lavoro ha pubblicato un annuncio di lavoro attraverso i servizi di collocamento di vari Stati membri, ad esempio a mezzo della rete europea dei servizi di collocamento (EURES), per almeno quattro settimane e non ha ricevuto una candidatura accettabile dall'interno del mercato del lavoro dell'UE (i gruppi di persone elencati supra ), è allora autorizzato ad assumere dall'estero ed il cittadino di paese terzo prescelto sarà, in genere, in grado (se tutte le altre condizioni previste per ottenere un permesso di soggiorno ai sensi della presente direttiva sono soddisfatte) di ottenere il "permesso di soggiorno-lavoratore". Per evitare le frodi, le offerte di lavoro pubblicate devono contenere condizioni realistiche, ragionevoli e proporzionate al posto vacante e le autorità competenti dovranno, nel trattamento delle domande conformemente a questo capo, verificare che queste condizioni siano rispettate. La disposizione sui cittadini dei paesi con i quali sono stati avviati negoziati per l'adesione è volta ad assicurare la coerenza con l'impegno politico assunto durante i negoziati stessi a fare sì che i cittadini dei paesi candidati ricevano, durante il processo di adesione, un trattamento più favorevole rispetto ai lavoratori provenienti da paesi terzi. Pertanto questo paragrafo si riferisce all'esigenza di assicurare che i posti di lavoro vacanti siano accessibili su base preferenziale ai cittadini dei paesi candidati, prima dell'adesione, se non si presenta nessun candidato valido tra le persone appartenenti alle categorie di cui al paragrafo 1.

3.         La possibilità di una valutazione orizzontale offre agli Stati membri uno strumento flessibile per reagire alla carenza di lavoratori in uno specifico settore, attraverso l'istituzione, ad esempio, di un programma nazionale di "green card" per l'assunzione di lavoratori specializzati. Questa disposizione è formulata in termini molto generali, permettendo così l'istituzione di speciali programmi di "green card" o simili in qualsiasi settore dove possa sorgere un problema di carenza di personale. Questo non significa, tuttavia, che gli Stati membri siano del tutto liberi di adottare tali misure: in primo luogo, gli Stati membri devono sempre dimostrare che c'è una carenza nel mercato del lavoro per quel settore e, in secondo luogo, le disposizioni "di trasparenza" del capo V della direttiva (obbligo di inserire una motivazione basata su criteri obiettivi e verificabili, revisione a scadenze regolari delle misure adottate, pubblicazione prima dell'entrata in vigore) sono d'applicazione. Alla fine di questo paragrafo è aggiunta una disposizione volta a garantire che i cittadini dei paesi con cui sono stati avviati i negoziati per l'adesione ricevano un trattamento più favorevole rispetto ai cittadini di altri paesi terzi.

4.         Possibilità per gli Stati membri di fissare -a livello nazionale- delle adeguate soglie di reddito. Se il reddito annuale offerto al cittadino di paese terzo supera tali soglie, la prova  della necessità economica si presume superata. Il ragionamento soggiacente a questo modello - che è già pratica comune in almeno due Stati membri- è l'idea che il settore ad alto reddito del mercato del lavoro europeo necessita di minori protezioni e può permettersi di aprirsi di più alla concorrenza mondiale.

5.         Possibilità per gli Stati membri di adottare disposizioni nazionali secondo le quali la prova della necessità economica si presume superata per uno specifico cittadino di un paese terzo, qualora il suo futuro datore di lavoro abbia versato una certa somma di denaro alle autorità competenti. La somma versata dal datore di lavoro deve essere spesa in misure che promuovano l'integrazione dei cittadini di paesi terzi o per fini di formazione professionale. Il ragionamento soggiacente a questo modello - che è attualmente in discussione a livello politico in molti Stati membri- è l'idea che la disponibilità di un datore di lavoro a pagare una somma extra per poter assumere un cittadino di un paese terzo può essere considerata come una prova implicita del fatto che esiste una carenza nel mercato del lavoro dell'UE. L'ammontare del contributo dovrà essere fissato a livello nazionale e potrebbe essere espresso come un importo fisso o come un importo flessibile (multiplo della retribuzione mensile/annuale della persona assunta, o altri fattori). Il principale argomento a favore dell'apertura di questa possibilità di "contributo del datore di lavoro" è l'idea di una "concorrenza verso modelli di successo", che comporta l'applicazione di diversi regimi e la loro verifica sul piano pratico da parte degli Stati membri in conformità con questa direttiva e, in un momento successivo, la discussione dei risultati nell'ambito del meccanismo aperto di coordinamento sulla politica dell'immigrazione.

Articolo 7:

Questo articolo dispone che il periodo di validità del "permesso di soggiorno-lavoratore" è stabilito dagli Stati membri in conformità con i limiti di tempo previsti in questo articolo (fino a tre anni per il permesso iniziale, e fino a tre anni per il permesso rinnovato). In linea con il principio secondo il quale i diritti dei cittadini di paesi terzi devono aumentare in funzione della durata del soggiorno, coloro che chiedono il rinnovo del permesso dopo essere stati titolari di un "permesso di soggiorno-lavoratore" nello Stato membro per più di tre anni godono di un accesso facilitato al rinnovo (nessun obbligo di dimostrare di soddisfare la condizione di cui all'articolo 6, paragrafo 1). Il "permesso di soggiorno-lavoratore" può essere rinnovato più volte. Si deve tuttavia tenere presente che dopo 5 anni le disposizioni "orizzontali" del progetto di direttiva sullo status dei cittadini dei paesi terzi che siano residenti di lungo periodo (COM(2001)127 def. del 13.3.2001) – una volta adottata - cominceranno gradualmente ad applicarsi ed i lavoratori che soddisfano le condizioni per avere lo "status di residenti di lungo periodo" potranno chiedere di ottenere tale status invece che il rinnovo del loro  "permesso di soggiorno-lavoratore".

Articolo 8:

L'ammissione iniziale di lavoratori dei paesi terzi si basa su una prova volta a verificare le carenze nel mercato del lavoro dell'UE. Questo principio verrebbe vanificato se i lavoratori dei paesi terzi, ammessi a riempire delle carenze occupazionali in settori specifici del mercato del lavoro potessero - appena ammessi - cambiare lavoro immediatamente e cominciare a lavorare in un settore (o una regione) dove non c'è carenza occupazionale. Invece, un cambio di datore di lavoro all'interno dello stesso settore di attività professionale (o della stessa regione) non pregiudicherebbe l'attuazione del principio stesso. Questo articolo prevede, pertanto, che il "permesso di soggiorno-lavoratore" sia inizialmente limitato all'esercizio di una determinata attività economica, dando così modo di cambiare datore di lavoro ma non attività svolta. In conformità con il principio secondo il quale i diritti dei cittadini dei paesi terzi aumentano in funzione della durata del loro soggiorno, il "permesso di soggiorno-lavoratore" diventa illimitato dopo tre anni. Tuttavia, i titolari di un "permesso di soggiorno-lavoratore" possono, ai sensi dell'articolo 9, richiedere, durante il primo periodo di tre anni, dei cambiamenti. In tal caso, si dovrà procedere ad una nuova valutazione della "necessità economica".

Articolo 9:

Questo articolo obbliga i titolari di un "permesso di soggiorno-lavoratore" a notificare qualsiasi cambiamento pertinente alle autorità competenti. I cambiamenti importanti (cambio di datore di lavoro, cambio di attività svolta) devono essere autorizzati. Le autorità competenti, nel rispetto delle regole di correttezza ("fair play"), non possono invocare i cambiamenti nel mercato del lavoro (cambiamenti riguardanti la condizione di cui all'articolo 6, paragrafo 1) come un motivo per revocare un "permesso di soggiorno-lavoratore" in corso di validità.

Articolo 10:

1. - 2.   Mentre i permessi acquisiti illegalmente devono essere revocati dagli Stati membri in ogni caso, gli Stati membri hanno un ampio margine di discrezionalità (possibilità di sospensione o di revoca del permesso) per quanto riguarda i casi di negligenza del titolare (documentazione incompleta, omissione della notifica dei cambiamenti rilevanti) o i casi di applicazione dell'articolo 27 (motivi di ordine pubblico e di pubblica sicurezza).

3.         Da una parte, i titolari di un "permesso di soggiorno-lavoratore" non devono diventare un onere finanziario per lo Stato membro ospitante, dall'altra, queste persone contribuiscono al sistema di sicurezza sociale dello Stato membro in questione e devono quindi avere diritto a beneficiarne (vedasi infra articolo 11) e si deve trovare un giusto equilibrio tra queste due esigenze. Seguendo l'esempio delle norme nazionali applicabili in alcuni Stati membri, la presente proposta prevede che la disoccupazione non costituisca, in sé, un motivo sufficiente per revocare un "permesso di soggiorno-lavoratore" a meno che il periodo di disoccupazione non ecceda una certa durata (3 mesi all'anno per i primi due anni di soggiorno; 6 mesi all'anno dopo i primi due anni di soggiorno).

Articolo 11:

1.         Questo paragrafo elenca i diritti che il "permesso di soggiorno-lavoratore" conferisce al suo titolare tra i quali - principalmente- quello di soggiornare e di lavorare nello Stato membro. I titolari di un "permesso di soggiorno-lavoratore" ricevono lo stesso trattamento sostanziale dei cittadini dell'Unione, almeno per quanto concerne alcuni diritti di base (condizioni di lavoro, accesso alla formazione professionale, riconoscimento dei diplomi, sicurezza sociale, compresa l'assistenza sanitaria, accesso ai beni e servizi accessibili al pubblico, compresi alloggio e diritti sindacali). Questo elenco di diritti è in linea con l'elenco dei diritti di cui all'articolo 12 del progetto di direttiva proposta dalla Commissione sullo status dei cittadini dei paesi terzi che siano residenti di lungo periodo ma - in linea con il principio secondo il quale i diritti dei cittadini di paesi terzi devono crescere in funzione della durata del loro soggiorno - meno esaustivo.

f) ii)     Il diritto di accesso alla formazione professionale è accessorio rispetto ai permessi rilasciati ai "migranti economici" ai sensi della presente direttiva. Come già indicato, la Commissione adotterà a breve un'iniziativa legislativa orizzontale più specifica sulle condizioni d'ingresso e soggiorno a scopo di studio o di formazione professionale.

f) iii)    I titolari di un permesso ai sensi della presente direttiva devono avere gli stessi diritti a vedere riconosciute le loro qualificazioni alle stesse condizioni dei cittadini dell'Unione. Questo comprende anche l'obbligo dello Stato membro di prendere in considerazione tutti i diplomi, certificati, e altre prove di qualificazione formale - ossia anche quelle acquisite al di fuori dell'UE - della persona interessata, nonché la sua esperienza pertinente, attraverso il paragone tra le conoscenze specializzate e le capacità certificate da quei diplomi e da quel grado di esperienza e le conoscenze e qualificazioni richieste dalla legislazione nazionale (causa C-238/98 Hocsman). Tuttavia, questo diritto riguarda solo un ristrettissimo gruppo di persone. La loro situazione è diversa da quella dei cittadini di paesi terzi residenti di lungo periodo, in quanto per questi ultimi è molto più probabile che abbiano ottenuto un diploma in uno Stato membro o che il loro diploma, ottenuto in un paese terzo, sia stato già riconosciuto da uno Stato membro.

2.         In considerazione del fatto che un accesso immediato dei titolari di un "permesso di soggiorno-lavoratore" ad alcuni diritti (in particolare l'accesso all'alloggio finanziato dallo Stato) potrebbe porre dei problemi in casi specifici e in conformità con il principio summenzionato, questo paragrafo permette agli Stati membri di subordinare l'esercizio di alcuni dei diritti ad una durata minima del soggiorno (o a un diritto di soggiorno valido per una certa durata minima) del titolare del "permesso di soggiorno-lavoratore".

3.         Come evidenziato nella recente comunicazione della Commissione su una politica comunitaria in materia di immigrazione, questa proposta di direttiva farà in modo che i migranti non perdano i contatti con il paese d'origine e che abbiano la possibilità di tornare quando la situazione di tale paese si sia sviluppata. Questo processo verrebbe scoraggiato se i cittadini di paesi terzi dovessero "perdere" i contributi versati nei sistemi previdenziali pubblici di uno Stato membro al loro ritorno al paese d'origine. Essi hanno, a certe condizioni, il diritto, ai sensi della legislazione nazionale o di accordi bilaterali conclusi dalla Comunità, a farsi versare la loro pensione, al momento della partenza o successivamente, nel paese terzo in cui risiedono. Talvolta tali strumenti prevedono addirittura il trasferimento nel sistema del paese terzo dei diritti a pensione maturati. In questi casi il cittadino di un paese terzo non "perde" i contributi che ha versato al sistema di previdenza pubblica di uno Stato membro. Questo paragrafo stabilisce una protezione supplementare per quei casi in cui il cittadino di paese terzo non abbia acquisito il diritto ad una pensione nell'UE da pagarsi subito o successivamente in un paese terzo, e neanche abbia la possibilità di trasferire i suoi diritti a pensione nel sistema del paese terzo in cui risiede. In queste specifiche circostanze il cittadino di paese terzo interessato ha la possibilità, ai sensi del presente paragrafo, di richiedere ed ottenere il rimborso dei contributi versati da lui o dal suo datore di lavoro nel sistema di previdenza pubblico.

Sezione 2: Casi speciali

Alcuni gruppi di persone attualmente ricevono un trattamento speciale dagli Stati membri. Mentre, in linea generale, le norme di questa proposta si applicano in maniera orizzontale, questa sezione contiene disposizioni più specifiche, basate sulle impostazioni degli Stati membri, per gruppi specifici di persone. Queste disposizioni speciali sono concepite per integrarsi in modo armonioso nel quadro generale della direttiva. Nella maggior parte dei casi, esse prevedono un'eccezione al requisito della "necessità economica" in presenza di specifiche condizioni.

Articolo 12:

La definizione di "lavoratore stagionale" (articolo 2, lettera f)) è stata già convenuta a livello comunitario e s'ispira all'allegato alla risoluzione del Consiglio del 20 giugno 1994 sulle limitazioni all'ammissione di cittadini extracomunitari nel territorio degli Stati membri per fini di occupazione (la "risoluzione sull'occupazione") e all'articolo 9 della proposta della Commissione del 1997 per una convenzione relativa alle norme di ammissione dei cittadini di paesi terzi negli Stati membri (la "convenzione").

Articolo 13:

La definizione di "lavoratore transfrontaliero" s'ispira sia all'allegato della "risoluzione sull'occupazione", sia all'articolo 10 della "convenzione". Per offrire un quadro flessibile, che contempli tutte le situazioni possibili, in essa rientrano anche i cittadini di paesi terzi che lavorano oltrefrontiera all'interno dell'Unione europea. Questa disposizione consente - eccezionalmente - agli Stati membri di rilasciare un permesso di lavoro senza concedere un diritto di soggiorno. Questa opzione è volta a offrire un ulteriore elemento di flessibilità nella politica dell'immigrazione e riflette la situazione giuridica attuale in molti Stati membri.

Articolo 14:

La definizione di "lavoratore in trasferimento all'interno di una società multinazionale" (articolo 2, lettera h)) corrisponde - cercando nel contempo di chiarirla - alla definizione dettagliata contenuta nell'elenco degli impegni specifici assunti dagli Stati membri dell'Unione nel quadro dell'accordo GATS. L'impegno assunto in tale sede a non richiedere la prova della "necessità economica" per ammettere in via temporanea le "persone trasferite all'interno di una società multinazionale" non è limitato ad una durata determinata del soggiorno e può - in alcune specifiche circostanze - durare per diversi anni. Il presente articolo propone di estendere questa situazione dei "lavoratori in trasferimento all'interno di società multinazionali" ai trasferimenti all'interno di società che operano nel settore manifatturiero, oltre a quelli interni a società del settore dei servizi, e anche ai trasferimenti interni a società che hanno la loro sede d'affari principale all'interno dell'Unione (attualmente, gli impegni GATS si applicano soltanto agli impiegati di società che hanno la loro sede d'affari principale in un paese terzo).

Secondo una nota a piè di pagina nell'elenco degli impegni specifici, la "durata del 'soggiorno temporaneo' è definita dallo Stato membro e, quando esiste, dalla normativa comunitaria in materia di ingresso, soggiorno e lavoro". Il paragrafo 2 mira ad armonizzare la soglia massima iniziale per il "soggiorno temporaneo" a 5 anni. Successivamente, possono essere concesse delle proroghe ai sensi dell'articolo 7. Conformemente all'articolo 3, paragrafo 2, del presente progetto, non è necessario un "permesso di soggiorno-lavoratore" per i lavoratori in trasferimento interno a una società multinazionale che rimangono meno di 3 mesi.

Articolo 15:

La definizione di "tirocinante" e le regole applicabili a questo gruppo di persone sono già state convenute a livello comunitario e s'ispirano alla "risoluzione sull'occupazione".

Articolo 16:

Si è già convenuto in seno alla "risoluzione sull'occupazione" di concedere un trattamento speciale alle persone che svolgono un'attività di lavoro subordinato nel corso di un programma di scambi giovanili o di mobilità giovanile, compresi i giovani "au pair". Una definizione dettagliata della persona "au pair" è fornita dall'articolo 1 dell'accordo europeo del Consiglio d'Europa sul collocamento degli "au pair".

Capo III: Ingresso e soggiorno ai fini dello svolgimento di un'attività economica autonoma

 

Articoli 17 e 18:

Le procedure e condizioni per il rilascio di un "permesso di soggiorno - lavoratore autonomo" sono concepite in buona sostanza come parallele a quelle stabilite per il rilascio di un "permesso di soggiorno-lavoratore". È, tuttavia, opportuno evidenziare le seguenti specificità:

Viene dato particolare risalto all'esigenza che i richiedenti dimostrino che i loro mezzi finanziari comprendono risorse proprie (articolo 18, paragrafo 3, lettera c)).

L'elemento essenziale per valutare il potenziale effetto benefico delle previste attività economiche autonome è la presentazione di un piano d'affari dettagliato. Per assistere le autorità competenti a controllare i piani d'affari, gli Stati membri possono ovviamente fare ricorso alla consulenza di esperti esterni e possono chiedere - se si ritiene opportuno - ai richiedenti di presentare una valutazione del loro piano d'affari effettuata da una società di contabilità che abbia una buona reputazione e che sia attiva a livello internazionale. Gli Stati membri possono pubblicare un elenco con i nomi delle società di contabilità tra le quali il richiedente può scegliere.

Articolo 19:

In linea di principio, un permesso per esercitare attività economiche autonome ("permesso di soggiorno- lavoratore autonomo") può essere rilasciato solo se le attività autonome del cittadino di un paese terzo sono suscettibili di avere un effetto positivo sull'occupazione nello Stato membro o sullo sviluppo economico di quest'ultimo. Questo principio riflette le disposizioni nazionali applicabili nella maggior parte degli Stati membri.

Gli Stati membri hanno la possibilità, per rendere il suddetto principio operativo, di adottare disposizioni nazionali in virtù delle quali si possa stabilire una presunzione di soddisfacimento della condizione dell'effetto benefico per alcune specifiche attività economiche autonome in settori specifici, senza che ci sia bisogno di una valutazione individuale (valutazione positiva generalizzata- ad esempio la costituzione di alcuni tipi di società innovative). Gli Stati membri possono anche decidere di adottare disposizioni nazionali in virtù delle quali si presume che la condizione dell'effetto benefico non sia soddisfatta per alcune specifiche attività economiche autonome in settori specifici, senza che ci sia bisogno di una valutazione individuale (valutazione negativa generalizzata). Gli Stati membro possono inoltre decidere di adottare disposizioni nazionali in virtù delle quali si possa stabilire una presunzione di soddisfacimento della condizione dell'effetto benefico per alcune specifiche attività economiche autonome in settori specifici se il richiedente investe un certo importo prefissato in denaro (soglia finanziaria).

Articoli da 20 a 24:

Le procedure e condizioni per il rilascio di un "permesso di soggiorno- lavoratore autonomo" sono concepite in buona sostanza come parallele a quelle stabilite per il rilascio di un "permesso di soggiorno-lavoratore".

Capo IV: Disposizioni orizzontali

Articolo 25:

Questo articolo chiarisce che la competenza per stabilire il livello delle tasse o contributi dovuti dai richiedenti spetta agli Stati membri. Viene suggerito che l'ammontare di tali contributi sia commisurato al costo reale a carico dell'amministrazione. Questo consentirebbe agli Stati membri di introdurre o mantenere un politica flessibile in materia di tasse o diritti amministrativi percepiti, che comprenda anche - se lo Stato membro lo considera opportuno - eventuali dispense dal pagamento degli stessi per gruppi specifici di persone e contributi speciali per servizi speciali (ad esempio, una sopratassa per il trattamento accelerato delle domande).

Articolo 26:

La proposta mira ad istituire una procedura armonizzata di presentazione delle domande, per ammettere i cittadini di paesi terzi ad esercitare un'attività economica negli Stati membri dell'Unione europea qualora esista una necessità economica di assumerli o ci si possa attendere un effetto benefico dallo svolgimento delle loro attività. L'attuale direttiva non intende, tuttavia, istituire un diritto incondizionato in capo ai cittadini dei paesi terzi ad immigrare, laddove le suddette condizioni e tutti gli altri requisiti di cui ai capi II e III siano soddisfatti. Attualmente, diversi Stati membri applicano un sistema di contingenti o di tetti massimi per disciplinare l'accesso alle attività economiche dei cittadini di paesi terzi. Queste restrizioni si applicano in aggiunta alla valutazione relativa alla necessità economica o agli effetti benefici e sono concepite in modo tale da tenere conto della capacità complessiva ad accogliere ed integrare cittadini di paesi terzi nel proprio territorio o in regioni specifiche. Il presente articolo riconosce questo dato ed offre agli Stati membri la facoltà di adottare, se lo ritengono necessario per i motivi di cui sopra, misure orizzontali (ad esempio tetti massimi nazionali, sospensione temporanea del rilascio di permessi) volte a limitare l'ammissione dei lavoratori dei paesi terzi. Ai sensi dell'articolo 30, tali misure nazionali devono essere notificate alla Commissione e la Commissione ha il diritto di formulare raccomandazioni o di rendere pareri su tali misure se lo ritiene necessario. Tali norme saranno esaminate anche nell'ambito del metodo aperto di coordinamento della politica comunitaria dell'immigrazione.

Articolo 27:

Gli Stati membri possono porre delle restrizioni all'ingresso e al soggiorno dei cittadini di paesi terzi per considerazioni di ordine pubblico, pubblica sicurezza e salute pubblica. Le considerazioni relative all'ordine pubblico e alla pubblica sicurezza che possono fondare un rifiuto di ammissione si devono basare sulla condotta personale del cittadino di paese terzo. Ciò comporta che le decisioni che limitano l'ingresso e il soggiorno dei cittadini di paesi terzi devono essere prese su base individuale caso per caso, prendendo in considerazione la situazione specifica della persona coinvolta ed il principio di proporzionalità. Nonostante gli Stati membri abbiano poteri discrezionali in materia di salute pubblica, nessuno deve essere penalizzato per il fatto di essere malato dopo il suo ingresso. I motivi di salute pubblica non possono, quindi, essere invocati dopo il rilascio di un permesso di soggiorno.

Articolo 28:

Il trattato CE consente agli Stati membri di riservare l'accesso a certi posti/attività ai propri cittadini e di escludere i cittadini di altri Stati membri: l'articolo 39, paragrafo 4, del trattato CE prevede che il principio della libera circolazione dei lavoratori non è applicabile "agli impieghi nella pubblica amministrazione" e l'articolo 45, paragrafo 1, del trattato CE prevede che le disposizioni relative al diritto di stabilimento non sono applicabili "alle attività che in tale Stato partecipino, sia pure occasionalmente, all'esercizio dei pubblici poteri". Entrambi i termini sono stati oggetto di una giurisprudenza della Corte di Giustizia la quale in sostanza, ha limitato la possibilità di avvalersi di tale deroga alle attività che comportano l'esercizio dell'autorità pubblica e la responsabilità della salvaguardia degli interessi generali dello Stato o di altri organismi pubblici. Il presente articolo fa proprio il dettato dell'articolo 39, paragrafo 4, e dell'articolo 45, paragrafo 1, del trattato e rende il principio summenzionato applicabile ai fini di questa direttiva.

Capo V: Procedura e trasparenza

Gli operatori economici, e, in particolare, i (futuri) datori di lavoro dei cittadini di paesi terzi hanno un interesse legittimo ad essere informati ed aggiornati sulle circostanze in cui possono assumere cittadini di paesi terzi e sulle procedure che devono seguire a tal fine. Essi hanno anche un interesse legittimo a che le procedure amministrative dirette al rilascio del permesso di lavoro siano trattate in tempi ragionevoli. Lo stesso dicasi per i cittadini di paesi terzi che desiderano entrare nel mercato del lavoro dell'UE. Se l'Unione europea (i suoi Stati membri) ritengono che sussiste una necessità od un interesse economico a permettere ai cittadini di paesi terzi di esercitare un'attività economica nell'UE, i potenziali candidati qualificati non devono essere scoraggiati da lungaggini burocratiche. Inoltre, le istituzioni europee, gli Stati membri e i cittadini hanno un interesse legittimo ad essere informati ed aggiornati a proposito di quanto gli Stati membri stanno facendo in questo settore. Per tali motivi, ed in linea con la tradizione europea del principio dello Stato di diritto, le norme comunitarie sull'esercizio di attività economiche subordinate o autonome da parte di cittadini di paesi terzi devono essere trasparenti, devono garantire la certezza giuridica ed anche fornire alcune garanzie procedurali.

Articolo 29:

Questo articolo obbliga gli Stati membri a fare sì che le decisioni individuali relative alle richieste del permesso di soggiorno di cui alla presente direttiva siano adottate e comunicate al richiedente entro un termine di 180 giorni, che le decisioni negative contengano una motivazione basata su criteri obiettivi e verificabili, e che, inoltre, i richiedenti abbiano accesso ai mezzi di ricorso in giustizia contro tali decisioni negative e che siano informati dei termini entro cui presentare tale ricorso. Considerata la loro natura speciale, il termine per adottare la decisione è ridotto a 45 giorni per casi in cui la richiesta di entrare in uno Stato membro è presentata da un lavoratore in trasferimento all'interno di una società multinazionale. Un termine di 45 giorni è altresì previsto per i tirocinanti e per i partecipanti a programmi di scambi giovanili.

In aggiunta al termine statico di 180 (o di 45) giorni, gli Stati membri sono tenuti a rendere pubblico il tempo impiegato in media per il trattamento delle domande di permessi di cui alla presente direttiva e ad informarne i richiedenti. Questa disposizione è volta a permettere ai richiedenti e ai loro futuri datori di lavoro di avere una stima realistica dei tempi richiesti per ottenere il permesso, nonché a stimolare la competizione tra le amministrazioni degli Stati membri.

Articolo 30:

Questo articolo obbliga gli Stati membri, ogni qualvolta adottino disposizioni nazionali orizzontali ai sensi della presente direttiva (ad esempio, programmi di "green card", valutazioni generalizzate su attività economiche autonome, tetti massimi nazionali in conformità con l'articolo 26), a fondare tali disposizioni sui criteri elencati nelle relative disposizioni della direttiva e ad includervi una motivazione basata su criteri oggettivi e verificabili. Inoltre, gli Stati membri saranno tenuti a rivedere tali misure a scadenze regolari in modo da assicurarsi che le condizioni socio-economiche tuttora giustifichino tali disposizioni nazionali. Ancora, le disposizioni nazionali devono essere pubblicate prima di entrare in vigore. Gli Stati membri devono presentare relazioni nazionali annuali alla Commissione europea. Tali relazioni periodiche costituiranno una fonte importante d'informazione per la Commissione e per gli Stati membri, e saranno oggetto di esame nell'ambito del metodo aperto di coordinamento della politica comunitaria in materia d'immigrazione.

Articolo 31:

Questo articolo accresce la trasparenza agevolando l'accesso all'informazione. Ogni Stato membro si attiva affinché una serie di informazioni complete ed aggiornate regolarmente relative alle condizioni d'ingresso e soggiorno nel suo territorio dei cittadini di paesi terzi ai fini dello svolgimento di attività economiche subordinate o autonome sia disponibile al grande pubblico (ad esempio, su un sito web).

Capo VI: Disposizioni finali

Articolo 32:

Questo articolo introduce una disposizione tipo di non discriminazione. Il testo è basato sull'articolo 13 del trattato CE e sull'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Questa disposizione fa salvi gli obblighi derivanti da strumenti internazionali quali la Convenzione europea relativa alla salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (articolo 14).

Articolo 33:

Questo articolo è una disposizione tipo di diritto comunitario che prevede sanzioni efficaci, dissuasive e proporzionate. Esso lascia agli Stati membri la scelta delle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate in attuazione della presente direttiva.

Articolo 34

La Commissione è tenuta ad informare il Consiglio e il Parlamento europeo a proposito dell'applicazione della direttiva da parte degli Stati membri, in conformità con il suo ruolo di controllo dell'applicazione delle norme adottate dalle istituzioni in base al trattato. In considerazione del fatto che la direttiva offre agli Stati membri diverse opzioni e la scelta fra diversi modelli da provare ed applicare e da rivedere in seguito nell'ambito del meccanismo aperto di coordinamento sulla politica comunitaria dell'immigrazione, è necessario un periodo di monitoraggio di quattro anni prima della presentazione della prima relazione.

Articolo 35

Gli Stati membri sono tenuti a dare attuazione alla direttiva entro il 1° gennaio 2004. Devono informare la Commissione delle modifiche apportate alle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative e sono tenuti a fare riferimento alla direttiva allorché adottano tali disposizioni.

Articolo 36

Questo articolo stabilisce la data d'entrata in vigore.

Articolo 37

Gli Stati membri sono i destinatari della presente direttiva.


Proposta di

DIRETTIVA DEL CONSIGLIO

relativa alle condizioni d'ingresso e di soggiorno dei cittadini di paesi terzi
ai fini dello svolgimento di un'occupazione retribuita e di attività di lavoro autonomo

IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 63,

vista la proposta della Commissione[3],

visto il parere del Parlamento europeo[4],

visto il parere del Comitato economico e sociale[5],

visto il parere del Comitato delle regioni[6],

considerando quanto segue:

(1)           Allo scopo di istituire progressivamente uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, l'articolo 63, paragrafo 3, lettera a), del trattato dispone che il Consiglio adotta misure in materia di politica dell'immigrazione relative alle condizioni di ingresso e soggiorno e norme sulle procedure per il rilascio da parte degli Stati membri di permessi di soggiorno.

(2)           Il Consiglio europeo, nella sua riunione speciale tenutasi a Tampere il 15 e 16 ottobre 1999, ha riconosciuto la necessità di un ravvicinamento delle legislazioni nazionali relative alle condizioni di ammissione e soggiorno dei cittadini dei paesi terzi, ed ha, a tal fine, chiesto al Consiglio decisioni rapide, sulla base di proposte della Commissione.

(3)           La disciplina dell'immigrazione ai fini dello svolgimento di attività economiche subordinate ed autonome è un elemento fondamentale della politica dell'immigrazione ed una politica comunitaria coerente in materia d'immigrazione non potrebbe efficacemente svilupparsi senza affrontare specificatamente questa questione a livello comunitario.

(4)           Tutti gli Stati membri hanno disciplinato l'accesso al lavoro dei cittadini di paesi terzi attraverso norme amministrative nazionali dettagliate ed una politica comunitaria efficace dovrà essere istituita progressivamente. Come primo passo, quest'ultima deve mirare a stabilire definizioni, criteri e procedure comuni che offrano un quadro normativo comune in cui s'inserisce la discrezionalità degli Stati membri.

(5)           Le nuove norme comunitarie devono basarsi su concetti che siano già applicati con successo negli Stati membri.

(6)           In un mercato del lavoro sempre più globale e che deve affrontare carenze di manodopera qualificata in alcuni settori del mercato europeo del lavoro, la Comunità deve rafforzare la propria competitività nella gara per assumere ed attrarre lavoratori dei paesi terzi, quando ve ne sia bisogno. Questo dovrebbe essere agevolato attraverso la semplificazione amministrativa e la facilitazione dell'accesso alle informazioni pertinenti.

(7)           L'istituzione di un'unica procedura nazionale di domanda per ottenere un titolo combinato che comprenda il permesso di soggiorno e di lavoro in un unico atto amministrativo, dovrebbe contribuire alla semplificazione ed all'armonizzazione delle norme divergenti applicabili attualmente negli Stati membri.

(8)           Il criterio principale per ammettere dei cittadini di paesi terzi all'esercizio di un'attività di lavoro subordinato deve essere quello di una prova che dimostri che il posto non può essere occupato attraverso le risorse presenti dall'interno del mercato del lavoro domestico. Il criterio principale per ammettere dei cittadini di paesi terzi all'esercizio di un'attività autonoma deve essere quello del superamento della prova che dimostri un valore aggiunto per quanto riguarda l'occupazione e lo sviluppo economico dello Stato membro d'accoglienza.

(9)           I diversi modi e le diverse opzioni prospettate per fornire la prova del soddisfacimento dei suddetti criteri sotto forma di valutazioni individuali o orizzontali dovrebbero offrire un quadro flessibile che permetta a tutte le parti interessate, tra cui gli Stati membri, di reagire in maniera flessibile ai mutamenti nelle circostanze economiche e demografiche.

(10)        Si deve consentire agli Stati membri di applicare misure orizzontali (quali tetti limite o contingenti) volte a limitare l'ammissione di cittadini dei paesi terzi.

(11)        Ogni qualvolta gli Stati membri adottino le disposizioni nazionali previste dalla presente direttiva, devono osservare alcune esigenze di procedura e di trasparenza e, in particolare, l'obbligo di notificarle alla Commissione, in modo da permettere lo scambio di idee, l'ulteriore considerazione e azioni complementari nell'ambito del meccanismo aperto di coordinamento sulla politica comunitaria dell'immigrazione.

(12)        Gli Stati membri devono istituire delle norme relative alle sanzioni applicabili per la violazione delle disposizioni della presente direttiva e fare in modo che queste ultime vengano attuate. Tali sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.

(13)        La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti, in particolare, dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.

(14)        In conformità con il principio di sussidiarietà e con il principio di proporzionalità quali consacrati nell'articolo 5 del trattato, gli obiettivi dell'azione proposta, ossia l'istituzione di un quadro normativo armonizzato a livello comunitario relativo alle condizioni d'ingresso e di soggiorno dei cittadini di paesi terzi ai fini dello svolgimento di un'occupazione retribuita e di attività di lavoro autonomo, nonché le condizioni per il rilascio dei relativi permessi da parte degli Stati membri, non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni e degli effetti dell'azione, essere realizzati meglio a livello comunitario. La presente direttiva si limita al minimo richiesto per il raggiungimento di questo obiettivo e non va al di là di quanto necessario a tal fine,

HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:


Capo I

Disposizioni generali

Articolo 1

La finalità della presente direttiva è quella di:

                   determinare le condizioni d'ingresso e di soggiorno dei cittadini dei paesi terzi ai fini dello svolgimento di un'occupazione retribuita e di attività di lavoro autonomo e

                   definire norme comuni relative alle procedure per il rilascio da parte degli Stati membri, a favore dei cittadini dei paesi terzi, dei permessi d'ingresso e di soggiorno nel suo territorio per esercitare attività economiche subordinate o autonome.

Articolo 2

Ai fini della presente direttiva, s'intende per:

a)           "cittadino di un paese terzo" chiunque non sia un cittadino dell'Unione ai sensi dell'articolo 17, paragrafo 1, del trattato che istituisce la Comunità europea, compresi gli apolidi;

b)           "attività di lavoro subordinato" qualsiasi attività economica retribuita svolta per e sotto la direzione di un'altra persona;

c)           "attività di lavoro autonomo" qualsiasi attività economica remunerata, che non viene svolta per e sotto la direzione di un'altra persona;

d)           "permesso di soggiorno-lavoratore" un permesso o un'autorizzazione rilasciata dalle autorità di uno Stato membro e che permette al cittadino di uno paese terzo di entrare e risiedere nel suo territorio per esercitarvi attività di lavoro subordinato;

e)           "permesso di soggiorno-lavoratore autonomo" un permesso o un'autorizzazione rilasciata dalle autorità di uno Stato membro e che permette al cittadino di uno paese terzo di entrare e risiedere nel suo territorio per esercitarvi attività di lavoro autonomo;

f)            "lavoratori stagionali" cittadini di paesi terzi che conservano il proprio domicilio legale in un paese terzo ma sono impiegati nel territorio di uno Stato membro in un settore d'attività che dipende dallo scorrere delle stagioni, con un contratto a tempo determinato per un lavoro specifico;

g)           "lavoratori transfrontalieri" cittadini di paesi terzi residenti nella zona di frontiera di un paese limitrofo che sono impiegati nella zona di frontiera di uno Stato membro adiacente e che fanno ritorno nella zona di frontiera del paese limitrofo ogni giorno o almeno una volta a settimana;

h)           "lavoratori in trasferimento all'interno di una società multinazionale" cittadini di paesi terzi che lavorano all'interno di una persona giuridica e che vengono temporaneamente trasferiti nel territorio di uno Stato membro della Comunità presso la sede principale di tale persona giuridica o presso un suo stabilimento. La persona fisica in questione deve aver lavorato per la persona giuridica per almeno l'anno immediatamente precedente il trasferimento;

i)            "tirocinanti" cittadini di paesi terzi la cui presenza nel territorio di uno Stato membro è strettamente limitata nella durata e strettamente collegata con l'aumento delle loro capacità lavorative e delle loro qualificazioni nella professione scelta, prima di rientrare nel loro paese a proseguire la propria carriera.

Articolo 3

1.           Le disposizioni della presente direttiva si applicano ai cittadini di paesi terzi, salvo quando siano applicabili disposizioni più favorevoli in virtù di:

a)      accordi bilaterali o multilaterali conclusi tra la Comunità, o la Comunità e i suoi Stati membri, da una parte, e uno o più paesi terzi dall'altra;

b)      accordi bilaterali o multilaterali conclusi tra uno Stato membro e uno o più paesi terzi.

2.           Le disposizioni della presente direttiva non sono applicabili all'esercizio di attività che sono direttamente legate alla fornitura nella Comunità di beni o servizi da paesi terzi, purché i cittadini di paesi terzi che svolgono tali attività non si soffermino per oltre tre mesi all'interno della Comunità.

3.           Le disposizioni della presente direttiva non sono applicabili:

i)       ai cittadini di paesi terzi insediati all'interno della Comunità e che vengono inviati in trasferta ai fini della fornitura, in qualità di lavoratori subordinati, di servizi transfrontalieri o che sono prestatori autonomi di servizi transfrontalieri;

ii)      ai cittadini di paesi terzi che si trovano in uno Stato membro in qualità di richiedenti asilo, o che sono coperti da forme di protezione sussidiaria o da programmi di protezione temporanea;

iii)     ai cittadini di paesi terzi che si trovano in una posizione irregolare ma la cui espulsione è stata sospesa per motivi legali o di fatto;

iv)     ai cittadini di paesi terzi che sono membri della famiglia di cittadini dell'Unione che hanno esercitato il loro diritto alla libera circolazione all'interno dell'Unione;

v)      ai cittadini di paesi terzi che soggiornano in uno Stato membro in virtù delle norme relative al ricongiungimento famigliare.

4.           In mancanza di disposizioni di diritto comunitario più favorevoli, gli Stati membri possono mantenere o introdurre disposizioni più favorevoli riguardo a:

i)       ricercatori e specialisti accademici;

ii)      ministri del culto e membri del clero e di ordini religiosi;

iii)     sportivi professionisti;

iv)     artisti;

v)      giornalisti;

vi)     rappresentanti di organizzazioni senza fine di lucro.

Capo II

Ingresso e soggiorno ai fini dello svolgimento di un'occupazione retribuita

Sezione 1

Norme generali

Articolo 4

1.           Gli Stati membri possono autorizzare i cittadini di paesi terzi ad entrare e soggiornare all'interno di uno Stato membro al fine di svolgere un'attività lavorativa subordinata solo quando sia stato rilasciato un "permesso di soggiorno-lavoratore" ai sensi della presente direttiva dalle autorità competenti dello Stato membro in questione.

2.           Il "permesso di soggiorno-lavoratore" può essere rilasciato unicamente se, dopo la verifica dei dati e dei documenti, risulta che il richiedente soddisfa le condizioni per ottenere il "permesso di soggiorno-lavoratore" in conformità con gli articoli 5 e 6, a meno che lo Stato membro non faccia uso della facoltà di porre delle limitazioni ai sensi degli articoli 26, 27 e 28.

3.           Nel trattamento delle domande, le autorità competenti devono osservare le garanzie procedurali di cui all'articolo 29.

Articolo 5

1.           Per ottenere un "permesso di soggiorno-lavoratore", i cittadini di paesi terzi che intendono svolgere un'attività di lavoro subordinato in uno Stato membro devono fare domanda all'autorità competente dello Stato membro interessato. Il futuro datore di lavoro del cittadino di paese terzo ha la possibilità di presentare la domanda per conto del cittadino stesso richiedente il permesso.

2.           Le domande per ottenere un "permesso di soggiorno-lavoratore" devono essere presentate attraverso la rappresentanza di uno Stato membro, competente per lo S in cui il richiedente risiede legalmente, oppure direttamente nel territorio di tale Stato membro, se il richiedente è già residente o si trova legalmente nel territorio dello stesso.

3.           La domanda deve essere corredata dei seguenti dati e documenti:

a)       nome e indirizzo del richiedente e del datore di lavoro;

b)      un contratto di lavoro valido o un'offerta vincolante di lavoro nello Stato membro interessato, che copra, come durata, il periodo di validità del permesso richiesto;

c)       la descrizione dell'attività lavorativa subordinata prevista nello Stato membro interessato;

d)      adeguata prova del soddisfacimento del requisito di cui all'articolo 6, paragrafo 1, come prevista ai sensi dell'articolo 6, paragrafi 2, 3, 4 e 5;

e)       se richiesto dallo Stato membro, un certificato od una prova adeguata di buona condotta e un certificato di buona salute;

f)       documenti validi di viaggio e, se del caso, prova di un titolo di soggiorno valido;

g)       documenti comprovanti il possesso delle capacità necessarie per lo svolgimento delle attività previste e prova del soddisfacimento di tutte le condizioni richieste ai cittadini dello Stato membro interessato per lo svolgimento dell'attività subordinata in questione;

h)      la prova che il richiedente dispone di risorse sufficienti per il sostentamento suo e dei membri della sua famiglia per evitare di diventare un onere per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro di accoglienza per tutta la durata del soggiorno, nonché che è coperto da un'assicurazione sanitaria che copra tutti i rischi nello Stato membro d'accoglienza. Tali risorse sono da considerarsi sufficienti quando raggiungono, o superano, la soglia al di sotto della quale lo Stato membro d'accoglienza concede l'assistenza sociale ai propri cittadini. Laddove tale criterio non fosse applicabile, le risorse del richiedente devono essere ritenute sufficienti quando non siano inferiori all'importo della pensione sociale versata dallo Stato membro d'accoglienza;

i)       la prova del pagamento degli oneri dovuti per il trattamento della domanda.

4.           I cittadini di paesi terzi che sono stati residenti legalmente in uno Stato membro e che vi hanno già esercitato legalmente attività di lavoro subordinato per oltre tre anni nell'arco dei precedenti cinque anni non sono tenuti, nel presentare una domanda di "permesso di soggiorno-lavoratore " in tale Stato membro, a fornire la prova del soddisfacimento del requisito di cui all'articolo 6, paragrafo 1. 

Articolo 6

1.           Nel presentare una domanda ai sensi dell'articolo 5 si deve dimostrare che il posto di lavoro offerto in quello Stato membro non può essere, nel breve termine, occupato da:

a)       cittadini dell'Unione; o

b)      cittadini di paesi terzi che sono membri della famiglia di cittadini dell'Unione che hanno esercitato il loro diritto alla libera circolazione all'interno dell'UE; o

c)      cittadini di paesi terzi che hanno già pieno accesso a quel mercato nazionale del lavoro in virtù degli strumenti giuridici di cui all'articolo 3, paragrafo 1; o

d)      cittadini di paesi terzi che hanno già accesso a quel mercato nazionale del lavoro in virtù della legislazione nazionale esistente oppure della legislazione comunitaria;

e)      cittadini di paesi terzi che risiedono legalmente nello Stato membro e che vi svolgono e vi hanno svolto legalmente attività lavorative subordinate in quello Stato membro per oltre tre anni; o

f)       cittadini di paesi terzi che sono stati residenti legalmente nello Stato membro e che hanno svolto legalmente attività lavorative subordinate in quello Stato membro per oltre tre anni nell'arco dei cinque anni precedenti.

2.           La condizione di cui al paragrafo 1 si presume soddisfatta qualora un'offerta specifica di lavoro sia stata resa pubblica attraverso i servizi di collocamento di vari Stati membri per un periodo di almeno quattro settimane (ad esempio, e se del caso, attraverso la rete dei servizi di collocamento europei EURES, istituita con decisione della Commissione 93/569/CEE[7]) e non sia pervenuta alcuna candidatura valida dalle persone elencate al paragrafo 1 o da cittadini dei paesi terzi con cui sono stati avviati i negoziati per l'adesione. L'offerta di lavoro pubblicata deve contenere condizioni realistiche, ragionevoli e proporzionate al posto offerto. Queste caratteristiche sono oggetto di verifica da parte delle autorità competenti al momento del trattamento della domanda di permesso di soggiorno presentata ai sensi dell'articolo 5.

3.           Gli Stati membri possono adottare disposizioni nazionali secondo le quali la condizione di cui al paragrafo 1 si presume soddisfatta per un numero specifico di posti di lavoro, in un settore specifico, per un periodo di tempo limitato e, - se del caso -, in una regione specifica, senza che ci sia bisogno di una valutazione individuale. Tali disposizioni nazionali descrivono dettagliatamente i criteri secondo i quali si stabilisce una graduatoria delle domande qualora queste eccedano il numero di posti pubblicato. Gli Stati membri considerano in primo luogo le domande dei cittadini dei paesi terzi con cui sono stati avviati negoziati per l'adesione.

4.           Gli Stati membri possono adottare disposizioni nazionali secondo cui la condizione di cui al paragrafo 1 si presume soddisfatta quando il reddito annuale offerto ad un cittadino di un paese terzo superi una certa soglia.

5.           Gli Stati membri possono adottare disposizioni nazionali secondo cui la condizione di cui al paragrafo 1 si presume soddisfatta per uno specifico cittadino di un paese terzo, qualora il suo futuro datore di lavoro abbia versato una certa somma di denaro alle autorità competenti. Le somme ricevute dal datore di lavoro sono spese per promuovere l'integrazione dei cittadini di paesi terzi o a fini di formazione professionale.

Articolo 7

1.           Il "permesso di soggiorno -lavoratore" è rilasciato per un periodo di validità predeterminato. Il "permesso di soggiorno -lavoratore" rilasciato inizialmente è valido per un periodo che può arrivare fino a tre anni, da definirsi in base alla legislazione nazionale. Tale permesso è rinnovabile per periodi ogni volta non superiori a tre anni, da determinarsi in base alla legislazione nazionale, su richiesta del titolare da presentarsi preferibilmente almeno tre mesi prima della data di scadenza e dopo un esame da parte dell'autorità competente del fascicolo contenente informazioni aggiornate sui punti di cui all'articolo 5, paragrafo 3, lettere da a) a i) e, in particolare, informazioni dettagliate sulle attività di lavoro subordinato svolte dal richiedente.

2.           Coloro che richiedono il rinnovo dopo essere stati titolari di un "permesso di soggiorno -lavoratore" nello Stato membro in questione per oltre tre anni non sono tenuti a fornire la prova del soddisfacimento della condizione di cui all'articolo 6, paragrafo 1.

Articolo 8

              Il "permesso di soggiorno -lavoratore" è inizialmente limitato allo svolgimento di un'attività lavorativa specifica o ad un campo specifico di attività. Può anche essere limitato allo svolgimento di attività di lavoro subordinato in una regione specifica. Dopo tre anni il permesso non è più soggetto a tali limitazioni.

Articolo 9

1.           Dopo il rilascio di un "permesso di soggiorno -lavoratore", il titolare è tenuto a notificare qualsiasi cambiamento nelle informazioni fornite ai sensi dell'articolo 5 alle autorità competenti. Se tali cambiamenti si riferiscono all'articolo 5, paragrafo 3, lettera b), o all'articolo 5, paragrafo 3, lettera c), essi sono subordinati all'approvazione da parte dell'autorità competente dello Stato membro in questione.

2.           Durante il periodo di validità del "permesso di soggiorno-lavoratore" le autorità competenti non tengono in considerazione i cambiamenti relativi all'articolo 5, paragrafo 3, lettera d).

Articolo 10

1.           Le autorità competenti degli Stati membri revocano i "permessi di soggiorno-lavoratore" acquisiti illegalmente. 

2.           Le autorità competenti possono sospendere o revocare un "permesso di soggiorno-lavoratore" laddove i dati forniti a sostegno della domanda ai sensi dell'articolo 5 non siano corretti o non siano stati modificati conformemente all'articolo 9. Gli Stati membri possono anche sospendere o revocare un "permesso di soggiorno-lavoratore" qualora uno Stato membro ritenga tale provvedimento necessario per motivi di ordine pubblico o pubblica sicurezza conformemente all'articolo 27.

3.           Lo stato di disoccupazione non può di per sé costituire un motivo sufficiente per la revoca del "permesso di soggiorno-lavoratore" a meno che il periodo di disoccupazione non ecceda le seguenti durate:

a)      tre mesi nell'arco di un periodo di 12 mesi - per i titolari di un "permesso di soggiorno-lavoratore" che hanno svolto regolarmente attività lavorative subordinate o autonome nello Stato membro in questione per meno di due anni.

b)      sei mesi nell'arco di un periodo di 12 mesi - per i titolari di un "permesso di soggiorno-lavoratore" che hanno svolto regolarmente attività lavorative subordinate o autonome nello Stato membro in questione per più di due anni.

Articolo 11

1.           Durante il suo periodo di validità, il "permesso di soggiorno-lavoratore" conferisce al suo titolare, come minimo, i seguenti diritti:

a)       di entrare nel territorio dello Stato membro che ha rilasciato il "permesso di soggiorno-lavoratore";

b)      di rientrare nel territorio dello Stato membro che ha rilasciato il "permesso di soggiorno-lavoratore" dopo un'assenza temporanea;

c)       di attraversare altri Stati membri al fine di esercitare i diritti di cui ai punti a) e b);

d)      di soggiornare nello Stato membro che ha rilasciato il "permesso di soggiorno-lavoratore";

e)       di svolgere le attività autorizzate dal "permesso di soggiorno-lavoratore";

f)       di godere della parità di trattamento rispetto ai cittadini dell'Unione, almeno per quanto concerne:

i)       le condizioni di lavoro, comprese quelle riguardanti il licenziamento e il trattamento economico;

ii)      l'accesso alla formazione professionale necessaria a completare le competenze necessarie per svolgere l'attività autorizzata dal permesso di soggiorno;

iii)     il riconoscimento di diplomi, certificati e altre qualificazioni rilasciate da un'autorità competente;

iv)     la sicurezza sociale, compresa l'assistenza sanitaria;

v)      l'accesso ai beni e ai servizi e la fornitura di beni e servizi a disposizione del pubblico, tra cui l'alloggio con sostegno pubblico;

vi)     la libertà d'associazione e d'affiliazione e adesione ad un'organizzazione di rappresentanza dei lavoratori o dei datori di lavoro o a qualsiasi associazione i cui membri siano impegnati in un'occupazione specifica, compresi i benefici che tali organizzazioni conferiscono.

2.           Gli Stati membri possono riservare il godimento dei diritti conferiti ai sensi del

paragrafo 1, lettera f) punto ii) ai cittadini di paesi terzi che abbiano soggiornato o abbiano il diritto di soggiornare nel loro territorio per almeno un anno.

Gli Stati membri possono riservare il godimento dei diritti conferiti ai sensi del

paragrafo 1, lettera f), punto v), per quanto concerne l'alloggio, ai cittadini di paesi terzi che abbiano soggiornato o abbiano il diritto di soggiornare nel loro territorio per almeno tre anni.

3.           Dopo la scadenza del "permesso di soggiorno-lavoratore" e in seguito al loro ritorno in un paese terzo, gli ex titolari di un "permesso di soggiorno-lavoratore" hanno facoltà di richiedere ed ottenere il pagamento dei contributi versati da loro e dal loro datore di lavoro al sistema previdenziale pubblico durante il periodo di validità del "permesso di soggiorno-lavoratore", purché siano riunite le seguenti condizioni:

a)      il richiedente, una volta residente nel paese terzo, non ha e non avrà diritto, ai sensi della legislazione nazionale o delle disposizioni di cui all'articolo 3, paragrafo 1, al pagamento di alcuna pensione da parte dello Stato membro;

b)      il richiedente non può, ai sensi della legislazione nazionale o delle disposizioni di cui all'articolo 3, paragrafo 1, trasferire i suoi diritti a pensione in un sistema previdenziale del paese terzo in cui risiede;

c)      il richiedente rinuncia formalmente a qualsiasi diritto/pretesa che abbia acquisito nell'ambito del sistema previdenziale pubblico dello Stato membro interessato;

d)      la domanda è presentata da un paese terzo. 

 

 

Sezione 2

Casi speciali

Articolo 12

1.           Fatte salve le disposizioni della sezione 1, ai "lavoratori stagionali" può essere concesso un "permesso di soggiorno-lavoratore stagionale" per una durata non superiore ai 6 mesi per ogni anno, dopodiché devono fare ritorno in un paese terzo.

Il "permesso di soggiorno-lavoratore stagionale" non può essere prorogato in modo da raggiungere una durata complessiva superiore alla suddetta durata massima. Gli Stati membri possono, tuttavia, rilasciare fino a cinque "permessi di soggiorno-lavoratore stagionale" che coprono fino a cinque anni consecutivi con un solo atto amministrativo ("permesso pluriennale di soggiorno-lavoratore stagionale").

2.           Gli Stati membri possono esigere che i richiedenti, o i loro futuri datori di lavoro, depositino una cauzione, che sarà loro restituita al ritorno del lavoratore stagionale in un paese terzo.

 

Articolo 13

Fatte salve le disposizioni della sezione 1, i lavoratori transfrontalieri possono ottenere un "permesso di soggiorno-lavoratore transfrontaliero". Tale permesso non conferisce al suo titolare il diritto di cui all'articolo 11, paragrafo 1, lettera d).

 

Articolo 14

1.           I "lavoratori in trasferimento all'interno di una società multinazionale" devono essere:

parte del "personale chiave", ossia personale che ha una posizione di dirigente superiore ("senior manager") o di dirigente all'interno di una persona giuridica, che è sottoposto alla supervisione o alla direzione principalmente del consiglio d'amministrazione o dell'assemblea degli azionisti dell'impresa o l'equivalente di questi ultimi. Le funzioni del "personale-chiave" possono includere: la direzione dell'azienda o di un dipartimento o di una divisione della stessa; la supervisione e il controllo del lavoro di altri impiegati addetti alla supervisione, di impiegati professionali o di impiegati dirigenziali; e/o l'autorità per assumere, licenziare o raccomandare l'assunzione o il licenziamento o altre azioni relative alla gestione del personale;

oppure "specialisti", ossia persone che possiedono delle competenze non generalmente diffuse ed essenziali per il servizio, l'equipaggiamento di ricerca, le tecniche o la gestione dell'azienda. Per valutare tali competenze, si terrà conto non solo delle conoscenze specifiche relative a quell'azienda, ma si considera anche se la persona abbia o meno un alto livello di qualificazione relativamente ad un tipo di lavoro o di commercio che richiede specifiche competenze tecniche.

2.           Fatte salve le disposizioni della sezione 1, i richiedenti di un "permesso di soggiorno - lavoratore in trasferimento interno" non sono tenuti a fornire la prova del soddisfacimento della condizione di cui all'articolo 6, paragrafo 1. Per contro, i richiedenti devono dimostrare che possiedono i requisiti di cui al paragrafo 1. Il periodo iniziale di validità del "permesso di soggiorno - lavoratore in trasferimento interno" avrà la durata richiesta, con un massimo di cinque anni.

Articolo 15

1.           Fatte salve le disposizioni della sezione 1, i richiedenti un "permesso di soggiorno-tirocinante" non sono tenuti a fornire la prova del soddisfacimento della condizione di cui all'articolo 6, paragrafo 1. Per contro, i richiedenti devono dimostrare che l'attività prevista è strettamente limitata nella durata e strettamente collegata con l'accrescimento delle proprie capacità e qualificazioni.

2.           La validità complessiva del "permesso di soggiorno-tirocinante" non può eccedere un anno. Questa durata può essere estesa unicamente per il periodo di tempo necessario ad ottenere una qualificazione professionale riconosciuta dallo Stato membro in questione nel settore di attività del tirocinante.

Articolo 16

1.           I cittadini di paesi terzi che svolgono attività di lavoro subordinato nell'ambito di un programma di scambi o di mobilità giovanile, compresi i soggiorni "au pair", possono ottenere un "permesso di soggiorno- scambio giovanile/au pair".

2.           Fatte salve le disposizioni della sezione 1, i richiedenti un "permesso di soggiorno- scambio giovanile/au pair" non sono tenuti a fornire la prova del soddisfacimento della condizione di cui all'articolo 6, paragrafo 1. Per contro, i richiedenti devono dimostrare che l'attività prevista è strettamente limitata nella durata e collegata con un programma di scambi o di mobilità giovanile ufficialmente riconosciuto dallo Stato membro in questione. Gli Stati membri possono esigere che i richiedenti o i loro futuri datori di lavoro depositino una cauzione, che verrà loro restituita al momento del ritorno in un paese terzo.

3.           La validità complessiva del "permesso di soggiorno- scambio giovanile/au pair" non può eccedere un anno. Questa durata può essere eccezionalmente estesa qualora tale possibilità sia prevista da un programma di scambi o di mobilità giovanile riconosciuto da uno Stato membro.

Capo III

Ingresso e soggiorno ai fini dello svolgimento di attività economiche autonome

Articolo 17

1.           Gli Stati membri possono autorizzare i cittadini di paesi terzi ad entrare e soggiornare all'interno di uno Stato membro al fine di svolgere un'attività lavorativa autonoma solo quando sia stato rilasciato un "permesso di soggiorno-lavoratore autonomo" ai sensi della presente direttiva dalle autorità competenti dello Stato membro in questione.

2.           Il "permesso di soggiorno-lavoratore autonomo" può essere rilasciato unicamente se, dopo la verifica dei dati e dei documenti, risulta che il richiedente soddisfa le condizioni per ottenere il "permesso di soggiorno-lavoratore autonomo" in conformità con gli articoli 18 e 19, a meno che lo Stato membro non faccia uso della facoltà di porre delle limitazioni ai sensi degli articoli 26, 27 e 28.

3.           Nel trattamento delle domande, le autorità competenti devono osservare le garanzie procedurali di cui all'articolo 29.

Articolo 18

1.           Per ottenere un "permesso di soggiorno-lavoratore autonomo", un cittadino di un paese terzo che intende svolgere un'attività lavorativa autonoma in uno Stato membro deve presentare domanda all'autorità competente di tale Stato.

2.           Le domande per ottenere un "permesso di soggiorno-lavoratore autonomo" devono essere presentate attraverso la rappresentanza di uno Stato membro competente per lo Stato in cui il richiedente risiede legalmente, oppure direttamente nel territorio di tale Stato membro, se il richiedente è già residente o si trova legalmente nel territorio dello stesso.

4.           La domanda deve essere corredata dei seguenti dati e documenti:

a)       nome e indirizzo del richiedente e del locale dove intende esercitare l'attività autonoma prevista;

b)      un piano d'affari dettagliato che abbracci il periodo per cui è richiesto il "permesso di soggiorno-lavoratore autonomo";

c)       prova del fatto che il richiedente dispone di mezzi finanziari (tra cui risorse proprie) sufficienti in relazione al piano d'affari e - se del caso - ad assicurare l'investimento della somma minima richiesta, comprese le garanzie finanziarie;

d)      adeguata prova del soddisfacimento della condizione di cui all'articolo 19, paragrafo 1;

e)       se richiesto dallo Stato membro, un certificato o una prova adeguata di buona condotta e di buona salute;

f)       documenti di viaggio validi e, se del caso, la prova di un titolo di soggiorno valido;

g)       la documentazione comprovante il possesso delle capacità necessarie per lo svolgimento dell'attività prevista e la prova del soddisfacimento di tutte le condizioni richieste ai cittadini di quello Stato membro per lo svolgimento dell'attività autonoma in questione;

h)      la prova che il richiedente dispone di risorse sufficienti per il sostentamento suo e dei membri della sua famiglia per evitare di diventare un onere per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro di accoglienza per tutta la durata del soggiorno, nonché che è coperto da un'assicurazione sanitaria che copra tutti i rischi nello Stato membro d'accoglienza. Tali risorse sono da considerarsi sufficienti quando raggiungono, o superano, la soglia al di sotto della quale lo Stato membro d'accoglienza concede l'assistenza sociale ai propri cittadini. Laddove tale criterio non fosse applicabile, le risorse del richiedente devono essere ritenute sufficienti quando esse non siano inferiori all'importo della pensione sociale versata dallo Stato membro d'accoglienza;

i)       prova del pagamento degli oneri dovuti per il trattamento della domanda.

4.      I cittadini di paesi terzi che sono stati legalmente residenti in uno Stato membro e che vi hanno già esercitato legalmente attività economiche autonome per più di tre anni nell'arco dei cinque anni precedenti non sono tenuti, nel presentare una domanda per ottenere un "permesso di soggiorno-lavoratore autonomo" in tale Stato membro, a fornire la prova del soddisfacimento della condizione di cui all'articolo 19, paragrafo 1.

Articolo 19

1.           Nel presentare una domanda ai sensi dell'articolo 18 si deve dimostrare che l'attività economica autonoma creerà opportunità di occupazione per il richiedente ed avrà un effetto positivo sull'occupazione nello Stato membro interessato o sul suo sviluppo economico.

2.           Gli Stati membri possono adottare disposizioni nazionali secondo le quali la condizione di cui al paragrafo 1 si presume soddisfatta o non soddisfatta per specifiche attività economiche autonome in settori specifici e, - se del caso,- in una regione specifica, senza che ci sia bisogno di una valutazione individuale.

3.           Gli Stati membri possono adottare disposizioni nazionali secondo le quali la condizione di cui al paragrafo 1 si presume soddisfatta per specifiche attività economiche autonome in settori specifici e, - se del caso,- in una regione specifica qualora il richiedente investa un importo minimo predefinito di risorse proprie.

Articolo 20

1.           Il "permesso di soggiorno-lavoratore autonomo" è rilasciato per un periodo di validità predefinito. Il "permesso di soggiorno-lavoratore autonomo" rilasciato inizialmente è valido per un periodo che può arrivare fino a tre anni, da definirsi in base alla legislazione nazionale. Tale permesso è rinnovabile per periodi ogni volta non superiori a tre anni, da determinarsi in base alla legislazione nazionale, su richiesta del titolare da presentarsi preferibilmente almeno tre mesi prima della data di scadenza e dopo un esame da parte dell'autorità competente del fascicolo contenente informazioni aggiornate sui punti di cui all'articolo 18, paragrafo 3, lettere da a) a i) e, in particolare, informazioni dettagliate sulle attività di lavoro autonomo svolte dal richiedente.

2.           Coloro che richiedono il rinnovo dopo essere stati titolari di un "permesso di soggiorno -lavoratore autonomo" nello Stato membro in questione per oltre tre anni non sono tenuti a fornire la prova del soddisfacimento della condizione di cui all'articolo 19, paragrafo 1.

Articolo 21

Il "permesso di soggiorno - lavoratore autonomo" è inizialmente limitato allo svolgimento di un'attività lavorativa autonoma specifica o ad un campo specifico di attività. Può anche essere limitato allo svolgimento di attività di lavoro autonomo in una regione specifica. Dopo tre anni il permesso non è più soggetto a tali limitazioni.

Articolo 22

1.           Dopo il rilascio di un "permesso di soggiorno - lavoratore autonomo", il titolare è tenuto a notificare qualsiasi cambiamento nelle informazioni fornite ai sensi dell'articolo 18 alle autorità competenti. Se tali cambiamenti si riferiscono all'articolo 18, paragrafo 3, lettera b), o all'articolo 18, paragrafo 3, lettera c), essi sono subordinati all'approvazione da parte dell'autorità competente dello Stato membro in questione.

2.           Durante il periodo di validità del "permesso di soggiorno-lavoratore autonomo" le autorità competenti non tengono in considerazione i cambiamenti relativi all'articolo 18, paragrafo 3, lettera d).

Articolo 23

1.           Le autorità competenti degli Stati membri revocano i "permessi di soggiorno-lavoratore autonomo" acquisiti illegalmente. 

2.           Le autorità competenti possono sospendere o revocare un "permesso di soggiorno-lavoratore autonomo" laddove i dati forniti a sostegno della domanda ai sensi dell'articolo 18 non siano corretti o non siano stati modificati conformemente all'articolo 22. Gli Stati membri possono anche sospendere o revocare un "permesso di soggiorno-lavoratore autonomo" qualora uno Stato membro ritenga tale provvedimento necessario per motivi di ordine pubblico o pubblica sicurezza conformemente all'articolo 27.

3.           Le difficoltà commerciali non costituiscono un motivo sufficiente per revocare il "permesso di soggiorno-lavoratore autonomo" a meno che il periodo durante il quale il titolare non è in grado di sostenere il costo della vita conformemente all'articolo 18, paragrafo 3, lettera h), non ecceda le seguenti durate:

a)      tre mesi nell'arco di un periodo di 12 mesi- per i titolari di un "permesso di soggiorno-lavoratore autonomo" che hanno esercitato legalmente attività di lavoro subordinato o autonomo nello Stato membro in questione per meno di due anni.

b)      sei mesi nell'arco di un periodo di 12 mesi- per i titolari di un "permesso di soggiorno-lavoratore autonomo" che hanno esercitato legalmente attività di lavoro subordinato o autonomo nello Stato membro in questione per più di due anni.

Articolo 24

Le disposizioni di cui all'articolo 11 si applicano anche ai titolari di un "permesso di soggiorno-lavoratore autonomo".

Capo IV

Disposizioni orizzontali

Articolo 25

Gli Stati membri possono esigere dai richiedenti il pagamento di una tassa per il trattamento delle domande presentate ai sensi della presente direttiva. L'ammontare della tassa deve essere proporzionato e si può basare sul principio del servizio effettivamente reso.

Articolo 26

Gli Stati membri possono decidere di adottare disposizioni nazionali volte a limitare il numero di permessi rilasciati ai sensi della presente direttiva entro un tetto massimo predefinito o disposizioni che sospendono o interrompono il rilascio di tali permessi per un certo periodo, prendendo in considerazione la capacità complessiva ad accogliere ed integrare cittadini di paesi terzi nel proprio territorio o in una regione specifica dello stesso. Queste disposizioni nazionali devono definire in maniera dettagliata quali gruppi di persone sono soggetti e quali sono esclusi da dette misure. Se le disposizioni nazionali di cui sopra stabiliscono un tetto massimo, esse devono descrivere dettagliatamente in base a quali criteri sarà formata la graduatoria delle domande di permesso presentate ai sensi della presente direttiva qualora il numero delle domande ecceda il tetto massimo stabilito.

Articolo 27

Gli Stati membri possono negare il rilascio o il rinnovo del permesso o possono revocarlo in conformità con la presente direttiva per ragioni di ordine pubblico, pubblica sicurezza e salute pubblica. Le motivazioni relative all'ordine pubblico o alla pubblica sicurezza possono fondarsi unicamente sulla condotta personale del cittadino del paese terzo in questione. Le motivazioni relative alla salute pubblica non possono essere invocate dagli Stati membri a sostegno della revoca o del rifiuto di rinnovare un permesso di soggiorno sulla base soltanto di una malattia o un'invalidità subentrata dopo il rilascio del permesso di soggiorno.

Articolo 28

La presente direttiva fa salva l'applicazione della legislazione nazionale che disciplina l'accesso dei cittadini di paesi terzi all'impiego nella pubblica amministrazione o ad attività che in tale Stato partecipano, sia pure occasionalmente, all'esercizio dei pubblici poteri.

Capo V

Procedura e trasparenza

Articolo 29

1.           Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché la decisione relativa al rilascio, alla modifica, o al rinnovo di un permesso di cui alla presente direttiva sia adottata e comunicata al richiedente entro il termine di 180 giorni dal ricevimento della domanda. Le decisioni relative a domande presentate ai sensi degli articolo 14, 15 e 16 sono adottate e comunicate entro il termine di 45 giorni dal ricevimento della domanda.

2.           Gli Stati membri pubblicano i tempi necessari, in media, alle proprie autorità per rilasciare, modificare o rinnovare i permessi di cui alla presente direttiva e ne informano i richiedenti al momento del ricevimento della domanda.

3.           Se le informazioni fornite a sostegno della domanda si rivelano inadeguate, le autorità competenti notificano al richiedente quali ulteriori informazioni dettagliate sono richieste. Il termine di cui al paragrafo 1 è sospeso fino a quando le autorità abbiano ricevuto le informazioni supplementari richieste.

4.           Tutte le decisioni negative su una domanda di rilascio, modifica o rinnovo di un permesso e tutte le decisioni di sospensione o di revoca del permesso devono contenere una motivazione fondata su criteri oggettivi e verificabili sui quali si basa la decisione. La persona interessata ha il diritto di ricorrere in giustizia davanti alle giurisdizioni dello Stato membro interessato ed è informata dei termini entro cui può proporre il ricorso.

Articolo 30

Ogni qualvolta uno Stato membro decida di adottare le misure di diritto interno di cui all'articolo 6, paragrafi da 3 a 5, all'articolo 19, paragrafi 2 e 3, o all'articolo 26, deve, fatto salvo l'articolo 35, osservare le seguenti regole:

a)         lo Stato membro deve fondare le disposizioni di diritto interno sui criteri elencati nelle relative disposizioni della direttiva;

b)        le disposizioni di diritto interno devono contenere una motivazione fondata su criteri obiettivi e verificabili;

c)         le disposizioni di diritto interno devono essere regolarmente oggetto di revisione a livello nazionale in modo da verificare se il fatto di mantenerle inalterate sia giustificato ai sensi della presente direttiva;

d)        le disposizioni di diritto interno devono essere pubblicate prima della loro entrata in vigore;

e)         gli Stati membri notificano le disposizioni di diritto interno e presentano una relazione annuale sulla loro applicazione alla Commissione.

Articolo 31

Ciascuno Stato membro provvede a che una serie di informazioni complete ed aggiornate regolarmente, relative alle condizioni di ingresso e di soggiorno dei cittadini di paesi terzi nel suo territorio ai fini dello svolgimento di attività di lavoro subordinato o autonomo, sia a disposizione del grande pubblico.

Capo VI

Disposizioni finali

Articolo 32

Gli Stati membri danno attuazione alle disposizioni della presente direttiva senza operare discriminazioni fondate sul sesso, la razza, il colore, l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o altre, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, eventuali handicap, l'età o le tendenze sessuali.

Articolo 33

Gli Stati membri determinano il regime delle sanzioni applicabili per le violazioni delle disposizioni di diritto interno adottate in applicazione della presente direttiva e adottano tutte le misure necessarie ad assicurare la loro attuazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano tali disposizioni alla Commissione entro la data di cui all'articolo 35 e notificano senza indugio qualsiasi modifica ulteriore al riguardo.

Articolo 34

La Commissione, entro quattro anni dal termine stabilito all'articolo 35, presenta una relazione al Parlamento europeo ed al Consiglio sull'applicazione della presente direttiva negli Stati membri proponendo, se del caso, le modifiche che risultino necessarie.

Articolo 35

Gli Stati membri adottano e pubblicano entro il 1° gennaio 2004 le disposizioni necessarie per conformarsi alla presente direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione.

Gli Stati membri applicano tali disposizioni entro il 1° gennaio 2004.

Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.

Articolo 36

La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.

Articolo 37

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

Fatto a Bruxelles, […]

                                                                       Per il Consiglio

                                                                       il Presidente

                                                                       […]



[1] COM(2000)167 def. del 24.3.2000 come aggiornata da COM (2001)278 del 23.5.2001

[2] Proposta di direttiva del Consiglio relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano residenti di lungo periodo (COM(2001)127 def. del 13.3.2001)

[3]           GU C […] del […], pag. […].

[4]           GU C […] del […], pag. […].

[5]           GU C […] del […], pag. […].

[6]           GU C […] del […], pag. […].

[7]           GU L 274 del 6.11.1993, pag.32.