#L5# MINORI IRREGOLARI NON ACCOMPAGNATI DAI
GENITORI
1) Introduzione
Prima della riforma introdotta con la legge 40/98,
l’evoluzione del fenomeno migratorio e in particolare l’ingresso in
Italia di un numero crescente di minori in condizione irregolare, aveva reso
evidenti le lacune della normativa allora vigente, che non prevedeva la
possibilità di tutelare la condizione del minore, quando questi di fatto
si trovava in Italia in violazione delle norme sull’ingresso e il
soggiorno di stranieri. In teoria, i minori in tali condizioni dovevano essere
espulsi dal Prefetto, al pari degli adulti, e comunque, essendo privi di
permesso di soggiorno, si vedevano negata la possibilità di accedere a
quei servizi e a quelle prestazioni cui invece, in base ai principi costituzionali
e alle norme di diritto minorile, avrebbero dovuto comunque aver diritto. Un
notevole impulso alla ricerca di soluzioni e correttivi in questo senso era poi
venuto dalla ratifica della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo
(legge n. 176/1991).
Mentre in alcune situazioni locali e in particolare a
Torino, erano state via via definite linee di intervento
dell’autorità giudiziaria minorile volte a prospettare possibili
soluzioni ai diversi casi di irregolarità del minore straniero (v.
Intese tra Autorità Giudiziaria, Questura, Comune, Provveditorato agli
Studi del 1992, 1994, 1996), a livello nazionale erano state impartite
disposizioni (dal Ministero dell’interno e dal Ministero del lavoro)
riguardanti soprattutto, se non esclusivamente, i minori stranieri in stato
di abbandono in Italia.
Il riconoscimento, da parte del Ministero
dell’interno, del principio
della priorità dell’intervento da parte della Magistratura
minorile rispetto
ai provvedimenti della pubblica amministrazione (circolare n. 32/93 del
Ministero dell’interno) aveva aperto la strada alla possibilità di
concedere, a seguito degli interventi di protezione disposti dall’autorità
giudiziaria minorile (Tribunale per i minorenni o Giudice tutelare, secondo i
casi) nei confronti di minori in stato di abbandono, un permesso di
soggiorno provvisorio, rilasciato ai sensi dell’art. 4, comma 13, della
legge 39/1990 (legge Martelli). In seguito, il Ministero del lavoro aveva definito una
particolare procedura per consentire l’avviamento al lavoro dei minori tra i 15 e i 18
anni, titolari di permesso di soggiorno provvisorio rilasciato a seguito di
intervento disposto dall’autorità giudiziaria (circolare n. 67/94)
e con una successiva circolare (19.9.1995) aveva ancora consentito che, al raggiungimento
della maggiore età, i minori extracomunitari in stato di abbandono, già
titolari di permesso di soggiorno, potessero essere iscritti nelle liste di
collocamento, secondo le procedure ordinarie. Il Ministero dell’interno
(con circolare n. 29/95) aveva conseguentemente autorizzato le questure a
rilasciare in questi casi ai minori, divenuti maggiorenni, il permesso di
soggiorno
per lavoro subordinato o per iscrizione nelle liste di collocamento.
Il T.U. 286/98, sancendo il principio dell’inespellibilità<L9> dei minori di 18
anni (eccetto che per motivi di ordine pubblico e sicurezza dello Stato), ha
sottratto alle Questure la potestà di decidere della sorte del minore,
codificando così un principio che era stato già almeno in parte
riconosciuto dai Ministeri competenti nelle circolari sopra richiamate. Il
minore straniero non accompagnato, tuttavia, pur non potendo essere espulso,
può invece essere rimpatriato<L10> nei casi in cui tale
soluzione risulti rispondere al suo superiore interesse.
Il Dlgs. 113/99 di modifica del T.U. 286/98 ha
attribuito al Comitato per i minori stranieri <L11> la competenza a
disporre il provvedimento di rimpatrio ed ha demandato a un successivo decreto
(poi emanato con D.P.C.M. 535/99) la disciplina delle modalità di
accoglienza e del rimpatrio assistito.
In base a tale decreto (di qui in poi
“regolamento del Comitato per i minori stranieri”) è
definito “minore straniero non accompagnato presente nel territorio dello
Stato” il minore non avente cittadinanza italiana o di altri Stati
dell'Unione europea che, non avendo presentato domanda di asilo, si trova in
Italia privo di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri
adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell'ordinamento
italiano. Oltre ai minori completamente soli, dunque, rientrano in tale
definizione anche i minori affidati di fatto ad adulti (compresi parenti entro
il quarto grado: zii, cugini, fratelli…) che non ne siano tutori o
affidatari in base a un provvedimento formale in quanto essi sono comunque
privi di rappresentanza legale in base alla legge italiana. La nozione di
minore straniero non accompagnato non coincide con quella di minore in stato di
abbandono: un minore non accompagnato dai genitori può non essere in
stato di abbandono quando ad es. è accolto da parenti moralmente e
materialmente idonei a provvedervi, che però non ne hanno la
rappresentanza legale; così come un minore pur convivente con i genitori
può trovarsi in stato di abbandono quando questi non si curano di lui e
lo maltrattano.
2) Gli obblighi di segnalazione del minore
Chiunque venga a conoscenza della
presenza di un minore straniero non accompagnato deve segnalarlo al Comitato
per i minori stranieri <L11>, per il tramite della Prefettura competente per
territorio, che provvederà all’invio al Comitato per i minori
stranieri. La segnalazione deve contenere tutte le informazioni disponibili, e
in particolare le generalità, la nazionalità, le condizioni
fisiche, i mezzi di sostentamento e il luogo di provvisoria dimora del minore,
le misure eventualmente adottate per far fronte alle sue esigenze, informazioni
circa i familiari del minore, le condizioni di vita, gli studi, e le
attività di formazione svolte, le intenzioni per il futuro sia del minore
che dei suoi genitori, anche riguardo al rimpatrio. L'identità del
minore è accertata dalle autorità di pubblica sicurezza, ove
necessario attraverso la collaborazione delle rappresentanze
diplomatico-consolari del Paese di origine del minore. (regolamento del Comitato per i minori
stranieri, art. 5; Linee Guida del Comitato deliberate l’11.1.2001;
circolare del Ministero dell’Interno 24.4.2000) .
In base alla legge 184/83, art.9 e al regolamento di
attuazione del T.U. 286/98, art. 28, inoltre, se il minore è in stato di
abbandono deve essere segnalato al Tribunale per i minorenni. Sempre in base alla legge
184/83 (come modificata dalle legge 476/98), se il minore straniero non
è accompagnato da parente entro il quarto grado, deve essere segnalato
al Tribunale per i minorenni che, ove ne sussistano i presupposti interviene
disponendo provvedimenti necessari in caso di urgenza, provvedimenti di
affidamento, o l’adozione (ai sensi dell’art. 37-bis della legge
184/83); ovvero segnala il minore alla Commissione per le adozioni
internazionali (Legge 184/83, art. 33), che a sua volta comunicherà il
nominativo al Comitato per i minori stranieri (regolamento di attuazione della
L. 476/98, D.P.R. 492/99, art. 18).
3) Affidamento, adozione, tutela, rimpatrio
L’art. 37-bis della legge 184/83 stabilisce che ai minori
stranieri si applicano le norme italiane vigenti, in materia di adozione,
affidamento e provvedimenti necessari in caso di urgenza. Ciò consente
sia di disporre nei confronti del minore l’affidamento familiare (consensuale, cioè
disposto dai servizi locali e reso esecutivo dal Giudice Tutelare, previo
consenso manifestato dai genitori o dal tutore; o giudiziale, cioè
disposto dal Tribunale per i minorenni in mancanza dell’assenso dei
genitori o tutore) disciplinato dal Titolo I della legge 184/83; sia di avviare
le procedure per l’adozione (Titolo II L. 184/83); sia ancora - secondo i casi -
di procedere alla nomina di un tutore del minore, a seguito di intervento
del Giudice Tutelare. La scelta dell’uno o dell’altro provvedimento
dipende ovviamente sia dall’età sia dall’effettiva
situazione del minore rispetto ai suoi rapporti con i genitori o con altre
figure parentali.
Ove, infine, il Comitato per i minori
stranieri<L11> valuti che sia la soluzione maggiormente rispondente al
superiore interesse del minore, questi potrà essere rimpatriato mediante
rimpatrio assistito<L10>.
La circolare del Ministero dell’Interno del
9.4.2001 sembra stabilire che l’affidamento possa essere disposto solo dopo che
il Comitato per i minori stranieri abbia deciso che il minore non può
essere rimpatriato. Tuttavia questa ipotesi è insostenibile, in quanto
la legge 184/83 attribuisce la decisione in merito all’affidamento del
minore unicamente ai servizi locali e al Giudice Tutelare (per
l’affidamento consensuale) e al Tribunale per i minorenni (per
l’affidamento giudiziale), ed evidentemente tale disposizione di legge
non può essere modificata da una circolare. Nella vigenza della legge
184/83, dunque, il minore potrà, anzi dovrà - ove ricorrano i
presupposti stabiliti dalla legge - essere affidato, anche prima che il
Comitato per i minori stranieri decida in merito al suo rimpatrio o alla sua
permanenza in Italia.
Non è chiaro se debba comunque essere sempre
nominato un tutore, anche per rappresentare il minore nel procedimento in cui
deve decidersi sul suo interesse a restare in Italia ovvero ad essere
rimpatriato. Si può sostenere, infatti, che il minore non accompagnato
dai genitori si trovi nella situazione prevista dal Codice Civile, art. 343 per
l’apertura della tutela (“Se entrambi i genitori sono morti o per
altre cause non possono esercitare la potestà dei genitori, si apre la
tutela [...]”), poiché tra le cause di impossibilità ad
esercitare la potestà genitoriale può essere ricompresa anche la
stabile lontananza. Il regolamento del Comitato per i minori stranieri,
tuttavia, stabilisce che “in caso di necessità” il Comitato
comunichi la situazione del minore al Giudice Tutelare per l’eventuale nomina
di un tutore provvisorio, senza peraltro chiarire quali siano tali situazioni
di necessità. In base alla circolare del Ministero dell’Interno
del 9.4.2001, infine, pare che il Comitato per i minori stranieri debba sempre
interessare il Giudice Tutelare competente per la nomina di un tutore
provvisorio ai sensi dell’art. 343 del Codice Civile.
4) Il permesso di soggiorno
Il T.U. 286/98 e il relativo
regolamento di attuazione (D.P.R. 394/99) disciplinano il tipo di permesso di
soggiorno che deve essere rilasciato al minore non accompagnato in modo
lacunoso e tale da causare notevoli difficoltà interpretative.
Tre disposizioni in particolare
hanno rilevanza:
a) l’art. 31 del T.U. 286/98 prevede che il
minore affidato a cittadino straniero ai sensi dell’art. 4 della legge
184/83 e con questi convivente se:
- minore di 14 anni sia iscritto nel permesso o nella
carta di soggiorno dell’affidatario;
- di età compresa tra i 14 e i 18 anni riceva
un permesso di soggiorno per motivi familiari<L6>, convertibile al
raggiungimento della maggiore età<L7>, ovvero una carta di
soggiorno.
b) l’art. 29, co. 2 del T.U.
286/98 equipara i minori affidati o sottoposti a tutela ai figli, ai fini del
ricongiungimento;
c) l’art. 28 del regolamento
di attuazione del T.U. 286/98 prevede il rilascio del permesso di soggiorno
per minore età<L22> ai minori inespellibili, senza specificare se
tale permesso sia convertibile al compimento della maggiore età,
né i diritti connessi al permesso per minore età.
Nel
silenzio della legge e del regolamento di attuazione, è intervenuta, per
fornire indicazioni alle Questure circa il permesso per minore età, la
circolare del Ministero dell’Interno del 13.11.2000 che stabilisce che il
permesso per minore età non può essere convertito al compimento
della maggiore età e che esso non consente di lavorare; la circolare
stabilisce inoltre - in contrasto con il T.U. 286/98 art. 29, co. 2 - che ai
minori sottoposti a tutela non può essere rilasciato un permesso di
soggiorno per motivi familiari bensì deve essere rilasciato un permesso
di soggiorno per minore età. Successivamente, la circolare del Ministero
dell’Interno del 9.4.2001 ha stabilito che, nei casi di minori affidati
ai sensi dell’art. 2 della legge 184/83, il permesso di soggiorno per
minore età possa essere convertito - su richiesta dei Servizi Sociali
competenti - in permesso di soggiorno per affidamento.
Per analizzare quale permesso di
soggiorno debba essere rilasciato al minore straniero non accompagnato, si
devono prendere in considerazione in particolare due ordini di fattori e
cioè:
a) se il minore è affidato ex
art. 4 o art. 2 l. 184/83, o sottoposto a tutela, o affidato di fatto a parente
entro il quarto grado, o non si trova in nessuna di queste situazioni;
b) se l’affidatario o il
tutore è un cittadino straniero, o un cittadino italiano, o una
comunità familiare o un istituto di assistenza.
Distinguiamo
quindi analiticamente tra diversi casi:
a) Minore affidato ex art. 4 l. 184/83 a
cittadino straniero:
Il
T.U. 286/98, art. 31 stabilisce che il minore affidato ex art. 4 l. 184/83 a
cittadino straniero regolarmente soggiornante e convivente, se
-
infraquattordicenne: viene iscritto sul permesso di soggiorno o carta di
soggiorno dell’affidatario;
-
ultraquattordicenne: ottiene il permesso di soggiorno per motivi familiari o la
carta di soggiorno.
b) Minore affidato ex art. 4 l. 184/83 a
cittadino italiano:
Ove
si applichi l'art. 29 co. 2 del T.U. 286/98, in base a cui il minore affidato
è equiparato al figlio ai fini del ricongiungimento familiare, il minore
ottiene la carta di soggiorno (in base all’art. 30, co. 4 del T.U.).
Ove
invece non si applichi l'art. 29 del T.U. 286/98, si rileva una lacuna in
merito a questa situazione, in quanto l'art. 31 fa riferimento solo al
cittadino straniero affidatario, non prevedendo alcunché per il caso di
cittadino italiano affidatario.
Tuttavia, non essendo ragionevole
una disparità di trattamento in senso sfavorevole nel caso in cui
l’affidatario sia di nazionalità italiana, è da ritenersi
che anche in questi casi verrà rilasciato un permesso di soggiorno per
motivi familiari, in analogia a quanto previsto nel caso di affidatario
straniero.
c) Minore affidato ex art. 2 l. 184/83 a
una comunità familiare o a un istituto di assistenza:
Il
T.U. 286/98 presenta una lacuna in merito a questa situazione, in quanto l'art.
31 fa riferimento solo al cittadino straniero affidatario, non prevedendo
alcunché per il caso di affidamento a una comunità di tipo
familiare o a un istituto di assistenza pubblico (compreso l’affidamento
all’Ente locale) o privato. Tuttavia, come nel caso precedente, non
essendo ragionevole tale disparità di trattamento, è da ritenersi
che anche in questi casi debba essere rilasciato un permesso di soggiorno per
motivi familiari (o di affidamento).
In
base al regolamento di attuazione, art. 28, il minore ha comunque diritto al
permesso di soggiorno per minore età. La circolare del Ministero
dell’Interno del 9.4.2001 stabilisce che per il minore affidato ai sensi
dell’art. 2 della legge 184/83, i servizi sociali possono chiedere alla
Questura la conversione del permesso di soggiorno per minore età in
permesso di soggiorno per affidamento.
d) Minore in tutela a cittadino italiano o
straniero (senza affidamento ex l. 184/83):
Come già visto, l’art. 29 co. 2 del T.U.
286/98 stabilisce che i minori sottoposti a tutela sono equiparati ai figli, ai
fini del ricongiungimento.
Ove
si applichi l'art. 29, dunque, si dovrà distinguere tra due situazioni,
a seconda che il tutore sia:
a)
cittadino straniero: in base all'art. 31 del T.U. 286/98, il minore
-
infraquattordicenne: viene iscritto sul permesso di soggiorno o carta di
soggiorno del tutore (in analogia al genitore);
-
ultraquattordicenne: ottiene il permesso di soggiorno per motivi familiari o la
carta di soggiorno.
b) cittadino italiano: in base all'art. 30, co. 4 del
T.U. 286/98, il minore ottiene la carta di soggiorno.
Tuttavia, la circolare del Ministero
dell’Interno del 13.11.2000 fornisce indicazioni in contrasto con quanto
disposto dall’art. 29 co. 2, stabilendo che ai minori per i quali il
Giudice Tutelare “abbia semplicemente nominato un tutore ai sensi del
Codice Civile” non possa essere rilasciato il permesso di soggiorno per
motivi familiari, bensì debba essere rilasciato il permesso di soggiorno
per minore età. Questo aspetto andrà chiarito al più
presto.
e) Minore in tutela a una comunità
familiare o a un istituto di assistenza (senza affidamento ex l. 184/83):
Né il T.U. 286/98 né il regolamento di
attuazione stabiliscono quale permesso di soggiorno debba essere rilasciato al
minore in tutela a una comunità di tipo familiare o a un istituto di
assistenza pubblico (compresa la tutela all’Ente locale) o privato.
Come
già visto, la circolare del Ministero dell’Interno del 13.11.2000
stabilisce che ai minori per i quali il Giudice Tutelare “abbia
semplicemente nominato un tutore ai sensi del Codice Civile” debba essere
rilasciato il permesso di soggiorno per minore età previsto dal
regolamento di attuazione, art. 28.
f)
Minore affidato di fatto a cittadino straniero parente entro il quarto grado
(senza affidamento ex l. 184/83):
Ove
si applichi l'art. 29 del T.U. 286/98, in base a cui il minore affidato
è equiparato al figlio ai fini del ricongiungimento familiare
(includendo quindi nella definizione di minore affidato anche
l’affidamento di fatto a parente entro il quarto grado), il minore
-
infraquattordicenne: viene iscritto sul permesso di soggiorno o carta di
soggiorno dell’affidatario;
-
ultraquattordicenne: ottiene il permesso di soggiorno per motivi familiari o la
carta di soggiorno.
Ove
invece non si applichi l'art. 29 del T.U. 286/98, si rileva una lacuna in
merito a questa situazione, in quanto l’art. 31 prevede il rilascio del
permesso di soggiorno per motivi familiari solo ai minori affidati con provvedimento
formale ex art. 4 l. 184/83 e non anche ai minori affidati di fatto entro il
gruppo parentale.
In
ultima istanza, il minore ha comunque diritto al permesso di soggiorno per
minore età in base al regolamento di attuazione, art. 28.
g) Minore affidato di fatto a italiano
parente entro il quarto grado convivente (senza affidamento ex l. 184/83):
Ove
si applichi l'art. 29 del T.U. 286/98, in base a cui il minore affidato
è equiparato al figlio ai fini del ricongiungimento familiare
(includendo quindi nella definizione di minore affidato anche
l’affidamento di fatto a parente entro il quarto grado), il minore
ottiene la carta di soggiorno (in base all’art. 30, co. 4).
Ove invece non si applichi l'art. 29 del T.U. 286/98,
il regolamento di attuazione, art. 28 stabilisce che al cittadino straniero
convivente con parente entro il quarto grado di nazionalità italiana
viene rilasciato il permesso di soggiorno per motivi familiari.
h)
Minore né affidato né sottoposto a tutela:
Il
T.U. 286/98 non stabilisce quale permesso di soggiorno debba essere rilasciato
al minore che non sia affidato né sottoposto a tutela.
In base al regolamento di attuazione, art. 28 e alla
circolare del Ministero dell’Interno del 13.11.2000, al minore non
sottoposto a tutela né affidato viene rilasciato il permesso di
soggiorno per minore età.
#L6# PERMESSO DI SOGGIORNO E CARTA DI SOGGIORNO
Il T.U. 286/98 e il relativo regolamento di
attuazione (D.P.R. 394/99) disciplinano la condizione del minore straniero, con
riguardo alla possibilità di usufruire di un permesso di soggiorno o
della carta di soggiorno, in modo molto articolato e spesso lacunoso.
1) Tipi di permessi di soggiorno
Tra i diversi titoli di soggiorno che possono essere
rilasciati al minore (oltre all’iscrizione sul permesso o carta di
soggiorno del genitore o affidatario o tutore), possiamo distinguere tra:
a) Permesso di soggiorno per motivi familiari: E' rilasciato al minore che
ha fatto ingresso in Italia con visto di ingresso per ricongiungimento
familiare o con visto di ingresso al seguito del genitore (T.U. 286/98, art.
30); al minore convivente con il genitore o l'affidatario (ai sensi dell'art. 4
l. 184/83) straniero regolarmente soggiornante (T.U. 286/98, art. 31); al
minore affidato o sottoposto a tutela e ricongiunto con l’affidatario o
tutore (T.U. 286/98, art. 29, co. 2); al minore convivente con cittadino
italiano parente entro il quarto grado (regolamento di attuazione, art. 28).
Può essere convertito al compimento della maggiore età (T.U.
286/98, art. 30, co.5 e art. 32), e consente di esercitare attività
lavorativa.
b) Permesso di soggiorno per affidamento: Non è chiaro quali
siano i requisiti per il rilascio di tale permesso, ma probabilmente si tratta
semplicemente di una denominazione più specifica del permesso per motivi
familiari rilasciato a minore affidato.
c) Permesso di soggiorno per protezione sociale<L8>;
d) Carta di soggiorno: E' rilasciata al minore
ricongiunto con un cittadino straniero titolare di carta di soggiorno o con un
cittadino italiano o di uno Stato membro dell’Unione Europea (T.U.
286/98, art. 30, co. 4) e al minore convivente con il genitore o l'affidatario
(ai sensi dell'art. 4 l. 184/83) straniero titolare di carta di soggiorno (T.U.
286/98, art. 31, co. 2). Consente di esercitare attività lavorativa.
e) Permesso di soggiorno per minore età#L22#: E' rilasciato al minore
inespellibile, in via residuale cioé qualora non possa essere rilasciato
un altro tipo di permesso di soggiorno (regolamento di attuazione, art. 28;
circolare del Ministero dell'Interno 23.12.1999). Né il T.U. 286/98
né il regolamento di attuazione dettano disposizioni circa la
convertibilità del permesso per minore età e il diritto di
esercitare attività lavorativa per il minore titolare di tale permesso
(non stabiliscono ma neanche escludono la convertibilità e il diritto di
esercitare attività lavorativa). La circolare del Ministero dell'Interno
del 13.11.2000 è quindi intervenuta, in modo assai discutibile, a
stabilire che il permesso per minore età non è convertibile al
compimento della maggiore età, con la conseguenza che a 18 anni il ragazzo diventa
irregolare e passibile di espulsione<LEALL#???#>; che tale
permesso di soggiorno non consente di esercitare attività lavorativa; la stessa circolare
stabilisce inoltre, in contraddizione con l'art. 29, co. 2 del T.U. 286/98, che
ai minori sottoposti a tutela debba essere rilasciato il permesso per minore
età invece che il permesso per motivi familiari. Le gravi lacune
normative relative al permesso per minore età, tuttavia, non possono
essere colmate da una mera circolare del Ministero dell'Interno. Si può
ritenere dunque che, finché perdurano tali lacune normative,
l’interpretazione delle norme debba fondarsi sulla base dei principi
generali di tutela dei diritti dei minori stabiliti dalla Convenzione di New
York e dalla legge, e in particolare sul principio per cui tutte le decisioni
riguardanti i minori devono fondarsi sulla valutazione del "superiore
interesse del minore". E' evidente che non consentire al minore di
esercitare attività lavorativa né di convertire il permesso per
minore età ai 18 anni (con conseguente espulsione) assai difficilmente
può essere considerato come rispondente al "superiore interesse del
minore". Non è chiaro, infine, se per il rilascio del permesso di
soggiorno per minore età sia necessario che il minore sia in possesso di
passaporto, e se debba essere identificato con certezza o se, essendo
inespellibile, possa ottenere il permesso di soggiorno anche se sprovvisto di
passaporto e/o non identificato con certezza.
2) Il permesso di soggiorno e lo status del minore
La disciplina del rilascio e rinnovo del permesso o
della carta di soggiorno in favore di minori stranieri tiene conto
dell'importante previsione dell'inespellibilità<L9> del minore di
anni 18, salvo per motivi di ordine pubblico e sicurezza dello Stato e salvo il
diritto di seguire il genitore o l’affidatario espulsi (T.U. 286/98, art.
19, co. 2), disposizione che riguarda tutti i minori stranieri,
indipendentemente dai requisiti di regolarità dell’ingresso e del
soggiorno, propri o dei loro genitori.
Per tale motivo non è previsto, come
condizione per l’iscrizione del minore nel permesso o nella carta del genitore<L4> o dell’affidatario<L5>, che il minore
abbia fatto regolarmente ingresso in territorio italiano; e, sempre per tale
ragione, ai minori inespellibili viene rilasciato il permesso di soggiorno
per minore età<L22>.
Per analizzare quale titolo di
soggiorno debba essere rilasciato al minore, si devono tenere in considerazione
diversi fattori, che ci portano a individuare, in sintesi, i seguenti casi:
1) Minori conviventi con i genitori: si distingue
ulteriormente tra:
a) minori entrati regolarmente per
ricongiungimento familiare o al seguito dei genitori, ovvero nati in Italia da
genitori regolari<L3>;
b) minori entrati irregolarmente e conviventi con
almeno un genitore regolare<L4>;
c) minori entrati irregolarmente e conviventi con
genitori/e irregolari/e, ovvero nati in Italia da genitori irregolari<L4>;
2) Minori non accompagnati dai
genitori e entrati irregolarmente<L5>: bisogna ulteriormente considerare se il
minore è affidato ex art. 4 l. 184/83, o sottoposto a tutela, o affidato
di fatto a parente entro il quarto grado, o non si trova in nessuna di queste
situazioni, e se l’affidatario o il tutore è un cittadino
straniero, o un cittadino italiano, o una comunità familiare o un
istituto di assistenza
3)
Minori accolti nell'ambito di programmi solidaristici di accoglienza
temporanea<L12>.
#L7# RINNOVO DEL PERMESSO AL COMPIMENTO DELLA
MAGGIORE ETA’
Il T.U. 286/98 stabilisce che, al compimento della
maggiore età (ove non possa ottenere la carta di soggiorno):
1) il minore entrato in Italia per
ricongiungimento familiare, o entrato al seguito del/dei genitori, o nato in
Italia da genitore regolare<L3> può convertire il permesso di soggiorno
per motivi familiari in permesso per lavoro subordinato, per lavoro autonomo o
per studio (T.U. 286/98, art. 30, co. 5);
2)
il minore affidato ai sensi dell'art. 4 legge 184/83 a straniero regolarmente
soggiornante e con questi convivente e il minore comunque affidato ai sensi
dell'art. 2 legge 184/83 può convertire il permesso per motivi familiari in
permesso di soggiorno per motivi di studio<LESOG#27#>, accesso al
lavoro<LESOG#23#>
(a prescindere, in tal caso, dai requisiti ordinariamente previsti), lavoro
subordinato<LESOG#23#>
o lavoro autonomo<LESOG#22#>, ovvero per esigenze sanitarie o di cura<LESOG#20#> (T.U.
286/98, art. 32). L’espressione "minore comunque affidato ex art. 2
l. 184/83" comprende, oltre al minore affidato a cittadino straniero,
anche: il minore affidato a cittadino italiano; il minore affidato a una
comunità di tipo familiare; si può sostenere che comprenda anche
il minore ricoverato presso un istituto di assistenza pubblico o privato in
quanto, anche se non si tratta di affidamento familiare, si tratta comunque di
un tipo di affidamento disciplinato dall'art. 2 legge 184/83, equiparato
all’affidamento familiare dal punto di vista dei poteri e obblighi dell’affidatario.
Se questa interpretazione fosse accettata, i minori affidati a comunità
familiare e i minori ricoverati presso un istituto pubblico o privato
dovrebbero poter convertire il permesso di soggiorno al compimento della
maggiore età secondo le disposizioni previste dall’art. 32,
qualsiasi permesso di soggiorno sia stato loro rilasciato – in ipotesi,
dunque, anche un permesso per minore età.
Né il T.U. 286/98 né
il regolamento di attuazione dettano disposizioni per i minori non titolari di
permesso di soggiorno per motivi familiari e non affidati ai sensi dell'art. 2
legge 184/83, con la conseguenza che non risulta chiaro se e come questi minori
potranno rinnovare il permesso di soggiorno. La circolare del Ministero
dell’Interno del 13.11.2000 è intervenuta, in modo assai
discutibile, a chiarire che il permesso di soggiorno per minore età<L22>non può
essere in alcun caso convertito al compimento della maggiore età: di
conseguenza il permesso viene revocato al compimento dei 18 anni, e il
neo-maggiorenne diventa irregolare ed espellibile<LEALL#???#>.
#L10# RIMPATRIO ASSISTITO
Il fatto che di regola lo straniero minore di 18 anni
non possa essere espulso dal territorio dello stato non esclude però che
il minore venga rimpatriato, mediante “rimpatrio assistito”, definito dal regolamento
del Comitato per i minori stranieri (D.P.C.M. 535/99) come l’insieme di
misure adottate allo scopo di garantire al minore l’assistenza necessaria
fino al ricongiungimento coi propri familiari o al riaffidamento alle autorità
responsabili del Paese d’origine.
Il provvedimento di rimpatrio è basato su presupposti completamente diversi
rispetto all’espulsione adottabile nei confronti di maggiorenni.
L’espulsione è infatti un provvedimento di ordine pubblico, che si
configura per lo più come un atto dovuto che il Prefetto deve adottare,
nei casi previsti dalla legge, senza margini di discrezionalità; il
rimpatrio è invece un provvedimento che il Comitato per i minori
stranieri adotta, a seguito di una valutazione specifica del caso in esame,
qualora ne ravvisi l’opportunità e la necessità, nell’interesse
del minore.
Inoltre, l’esecuzione di un provvedimento di rimpatrio presuppone una
preventiva indagine circa la situazione cui il minore andrà incontro quando verrà
ricondotto nel suo paese di origine (in particolare, deve essere accertato se
il minore in caso di rimpatrio potrà ricongiungersi con la sua famiglia,
o comunque con una persona legalmente responsabile del suo mantenimento e della
sua educazione, ovvero ancora se verranno predisposti nei suoi confronti
interventi di assistenza pubblica). In altre parole, mentre l’adulto
espulso viene semplicemente rinviato nel suo paese di origine, senza curarsi di
quale situazione incontrerà in quel paese (salvo il caso di rischio
di persecuzioni<LEALL#18#>), il minore può essere rimpatriato soltanto
quando il Comitato per i minori stranieri accerti che, tenuto conto sia della
sua condizione in Italia sia di quella che troverà in caso di rientro
nel suo Paese, tale misura è opportuna e necessaria nel suo interesse.
Le principali disposizioni in materia di rimpatrio
assistito sono state introdotte da Dlgs. 113/99 (che modifica il T.U. 286/98) e
dal D.P.C.M. 535/99 (regolamento del Comitato per i minori stranieri), che tra
l’altro fa riferimento anche alla Risoluzione del Consiglio
dell’Unione Europea del 26 giugno 1997 sui minori non accompagnati,
cittadini di Paesi terzi (atto europeo che, però, non ha valore
vincolante per lo Stato italiano). Importanti indicazioni, infine, sono contenute
nelle Linee Guida deliberate dal Comitato per i minori stranieri l'11.1.2001.
La competenza a disporre il rimpatrio assistito è del Comitato
per i minori stranieri<L11>; se vi sono procedimenti giurisdizionali in
corso nei confronti del minore che deve essere rimpatriato,
l’Autorità Giudiziaria rilascia il nulla-osta, salvo che
sussistano inderogabili esigenze processuali (T.U. 286/98, art. 33, come
modificato dal Dlgs. 113/99, art. 5).
Ricevuta
la segnalazione circa la presenza di un minore non accompagnato, il Comitato
per i minori stranieri dispone entro sessanta giorni le indagini per
individuare i familiari del minore, nel paese di origine o in paesi terzi, ovvero
per verificare la disponibilità delle autorità del paese
d’origine ad assumere l’affidamento del minore a seguito del
rimpatrio. A tal fine, il Comitato si avvale di organismi nazionali o
internazionali (con i quali il Dipartimento per gli Affari Sociali può
stipulare convenzioni: dal 1997 è attiva una convenzione di questo
genere con il Servizio Sociale Internazionale, per quanto riguarda i minori
albanesi), delle amministrazioni pubbliche, e delle rappresentanze
diplomatico-consolari. Contestualmente, il Comitato per i minori stranieri
richiede al Giudice Tutelare competente la nomina di un tutore provvisorio, e
si informa presso il Tribunale per i Minorenni se vi siano provvedimenti
giurisdizionali a carico del minore tali da impedirne il rimpatrio. Ove sia
accertata l’esistenza di familiari o di autorità del paese
d’origine disposte ad assumere l’affidamento del minore a seguito
del rimpatrio, e sia verificato che il rimpatrio non comporta rischi per il
minore, il rimpatrio potrà essere disposto ed eseguito. In caso contrario, il
rimpatrio non potrà essere disposto, e il Comitato per i minori stranieri
informerà l’Autorità Giudiziaria competente per la
valutazione dell’eventuale stato di abbandono e per i conseguenti
provvedimenti, nonché i servizi sociali del Comune ove il minore dimora per
l’eventuale affidamento. (regolamento del Comitato, art. 2 e art. 4;
Linee Guida del Comitato per i minori stranieri dell’11.1.2001; circolare
del Ministero dell’Interno del 9.4.2001).
Nel corso del procedimento, il minore deve essere
sentito
dall’autorità locale (presumibilmente i servizi sociali del Comune
in cui il minore dimora), per accertarne l’opinione in merito
all’eventuale rimpatrio e le motivazioni di tale opinione (regolamento
del Comitato, art. 7; Linee Guida del Comitato per i minori stranieri
dell’11.1.2001)
I criteri con cui il Comitato deve effettuare la
scelta tra accoglienza del minore in Italia e rimpatrio non sono del tutto chiari.
Il criterio generale su cui deve fondarsi tale scelta è il principio del
“superiore interesse del minore” sancito dalla Convenzione di New
York: il Comitato, quindi, disporrà il rimpatrio o l’accoglienza
in Italia in base a ciò che, con una valutazione caso per caso della
situazione di ogni minore, riterrà essere maggiormente rispondente
all’interesse di quel singolo minore. Altro criterio certo è
quello in base a cui, come abbiamo visto, in assenza di familiari o di
autorità del paese d’origine disposte ad assumere
l’affidamento del minore a seguito del rimpatrio, ovvero nei casi in cui
comporterebbe un rischio per il minore, il rimpatrio non può essere
disposto. Verrà sicuramente disposto il rimpatrio, invece, nei casi in
cui sia richiesto dal genitore o dal tutore, ovvero se si accerta che i motivi
dell’immigrazione del minore non sono condivisi dai parenti (Linee Guida
del Comitato dell’11.1.2001).
Ciò detto, tuttavia, restano ampi margini di incertezza: in particolare non
è chiaro se, nei casi in cui vi siano familiari o autorità
disponibili ad assumere l’affidamento del minore, ma i familiari siano
favorevoli alla permanenza del minore in Italia, la scelta del rimpatrio
sarà tendenzialmente scontata (le Linee Guida del Comitato per i minori
stranieri, riprendendo il "Piano nazionale di azioni e di interventi per
la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva
2000-2001", stabiliscono che, nella scelta tra i provvedimenti da
adottare, la priorità sarà data innanzitutto al rimpatrio);
ovvero se in questi casi si procederà ad una valutazione delle
condizioni economiche della famiglia, delle opportunità di studio,
formazione, lavoro e assistenza nel paese d’origine, dei percorsi di
inserimento svolti dal minore in Italia ecc. Né è chiaro quanto
si terrà in conto l’opinione del minore e dei suoi familiari in
merito al rimpatrio.
In
base alle circolari del Ministero dell’Interno del 13.11.2000 e del 9.4.2001
sembra di capire che, per il periodo necessario alla valutazione in merito al
rimpatrio o alla permanenza del minore in Italia, e salvo i casi di minori
affidati ai sensi della legge 184/83, al minore sarà rilasciato il permesso
di soggiorno per minore età<L22>, che potrà poi essere convertito
in permesso di soggiorno per affidamento qualora il Comitato per i minori
stranieri decida che il minore non può essere rimpatriato e
l’autorità competente disponga l’affidamento.
Al minore straniero non accompagnato sono comunque
garantiti i diritti relativi al soggiorno temporaneo, alle cure sanitarie<L14>, all’avviamento
scolastico<L13>
e alle altre provvidenze disposte dalle legislazione vigente (regolamento del
Comitato per i minori stranieri, art. 6).
Rispetto all’esecuzione del rimpatrio, esso deve svolgersi in
condizioni tali da assicurare il rispetto dei diritti garantiti al minore dalle
convenzioni internazionali, dalla legge e dai provvedimenti
dell'autorità giudiziaria, e tali da assicurare il rispetto e
l'integrità delle condizioni psicologiche del minore, fino al
riaffidamento alla famiglia o alle autorità responsabili (regolamento
del Comitato per i minori stranieri, art. 7). Non è chiaro, tuttavia,
chi debba eseguire il rimpatrio, e in particolare se saranno i servizi sociali
locali, o la Polizia, o gli organismi nazionali o internazionali con cui il
Dipartimento per gli Affari Sociali può stipulare convenzioni.
Il Dipartimento Affari sociali può finanziare,
su proposta del Comitato per i minori stranieri, programmi finalizzati all’accoglienza
e al rimpatrio dei minori non accompagnati, attingendo al Fondo per le politiche
migratorie (regolamento del Comitato, art. 4), nonché stipulare
convenzioni con amministrazioni pubbliche e organismi nazionali e internazionali
che svolgono attività inerenti i minori non accompagnati, per garantire
l’adeguata accoglienza dei minori non accompagnati (regolamento del
Comitato, art. 6). Si prevede, infine, che il Dipartimento per gli Affari
Sociali possa stipulare convezioni con organizzazioni specializzate al fine di
garantire condizioni ottimali per il reinserimento del minore nel paese
d’origine, che potranno anche comprendere l’avvio del minore a percorsi di
studio e di formazione (Linee Guida del Comitato per i minori stranieri
dell’11.1.2001).