Appendice 2: dati statistici di supporto al capitolo II

Riepilogo nazionale dati sull'immigrazione clandestina (Ministero dell'Interno)

 

 

1gen-26mar 1998

27mar-30giu 1998

1lug-31dic 1998

1998

1999

2000

Stranieri rimpatriati (allontanati dal territorio nazionale)

 

9.365

11.182

33.588

54.135

72.392

66.057

Di cui:

Respinti alla frontiera

7.798

6.200

15.595

29.593

36.937

30.871

 

Espulsi ai sensi della legge "Martelli" 39/1990

1.567

 

 

1.567

 

 

 

Respinti dai questori

 

4.018

11.546

15.564

11.500

11.350

 

Espulsi con accompagnamento alla frontiera

 

878

6.101

6.979

12.036

15.002

 

Espulsi su conforme provvedimento della AG

 

86

346

432

520

396

 

Stranieri riammessi nei paesi di provenienza

 

 

 

 

11.399

8.438

Stranieri espulsi con intimazioni a lasciare il territorio nazionale

 

11.861

11.405

20.855

44.121

40.489

64.734

Stranieri immessi nei centri di permanenza temporanea e assistenza

 

 

 

 

 

11.269

10.457

Di cui:

Rimpatri dopo il trattenimento nei centri

 

 

 

 

3.987

3.134

 

Dimessi senza rimpatrio dopo trattenimento nei centri

 

 

 

 

6.773

6.634

 

Attualmente presenti nei centri

 

 

 

 

509

689

Trasportatori arrestati

 

 

 

 

 

350

269

Mezzi sequestrati

 

 

 

 

 

241

166

Di cui:

Veicoli

 

 

 

 

77

52

 

natanti

 

 

 

 

164

114

Totale stranieri allontanati o intimati**

 

 

 

 

98.256

112.881

130.791

I dati del 1998 sono divisi in vari periodi visto che la legge "Martelli" del 1990 è stata sostituita in corso d'anno con la "Napolitano-Turco", la quale prevede modalità diverse di espulsioni e respingimenti.

**Il dato non comprende il numero degli stranieri richiedenti asilo politico, nonché il numero di coloro che beneficiano delle misure di protezione temporanea introdotte con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri datato 12.5.1999 (Kosovo)

 

 

Tipologia di reati ascritti ai detenuti stranieri (Ministero della Giustizia)

 

Tipologia di reati

1998 (31 dic.)

1999 (31 dic.)

2000 (30 sett.)

 

Stranieri

%

Stranieri

%

Stranieri

%

Associazione di stampo mafioso (416bis)

10

0,26

21

0,53

43

1,08

Legge droga

8.630

28,68

10327

31,24

11.309

32,76

Legge armi

784

7,96

839

7,28

904

7,60

Ordine pubblico (norme contro la criminalità)

1.049

4,44

1214

4,70

1.338

5,17

Contro il patrimonio                                                       (furto, rapine, dannegg., truffa, ecc.)

5.376

12,10

4999

12,27

5.594

13,40

Prostituzione

1.127

76,88

1458

75,78

1.685

76,84

Contro la Publica Amm.ne                                             (oltraggio, resistenza P.U., ecc.)

1.207

21,32

1225

23,38

1.410

26,85

Incolumità pubblica                                                        (strage, incendio, epidemia, disastro ferr., ecc.)

42

3,54

61

4,82

83

6,74

Fede pubblica                                                                  (spendita monete false, ecc.)

1.008

24,03

1067

26,79

1.045

25,52

Moralità pubblica                                                           (offesa al pudore, atti osceni, istig. alla prostituz., ecc.)

26

12,87

27

16,67

36

19,46

Contro la Famiglia

41

9,13

49

8,94

70

11,08

Contro la persona (omicidio, lesioni personali, violenza sessuale, ecc.)

4.583

15,06

3644

16,70

4.259

18,58

Contro la personalità dello Stato (attentato alla Costituzione, vilipendio, ecc.)

15

3,18

25

5,39

20

4,41

Contro Amm.ne della giustizia (Falsa testimonianza, Calunnia, Favoregg., ecc.)

97

3,76

144

4,80

161

4,96

Economia Pubblica

2

3,64

4

5,56

1

1,56

Libro terzo delle contravvenzioni (ubriachezza, porto abusivo armi, ecc.)

223

6,98

271

7,69

282

8,63

Legge stranieri

94

83,19

825

91,36

1.010

91,65

Contro il sentim. Rel. E la pietà dei def. (occultam. Di cadavere, offesa alla relig. di Stato, ecc.)

17

2,58

30

4,04

28

3,70

Fallimento, bancarotta R.D. 267/1942

1

0,25

3

0,58

5

0,95

Reati Finanziari

31

3,88

172

10,37

67

3,80

Emissione assegni a vuoto

2

0,44

3

0,56

1

0,32

Altri reati

705

12,33

99

15,66

68

13,71

Totale stranieri

25.070

14,76

26.507

16,35

29.419

17,67

Totale (stranieri + italiani)

169.894

 

162.109

 

166.486

 

 

Detenuti italiani e stranieri presenti nelle carceri italiane (Ministero della Giustizia)

 

 

Al 31 dic 1998

Al 31 dic 1999

Al 30 sett 2000

Italiani

 

35838

37757

38357

 

In %

74,96%

72,87%

71,39%

Stranieri

 

11973

14057

15371

 

In %

25,04%

27,13%

28,61%

Di cui

Uomini

11430

13319

14521

 

Donne

543

738

850

Totale

 

47811

51814

53728

 

 

Incidenza dei soggetti detenuti rispetto ai soggiornanti ed alla popolazione complessiva (Ministero dell’Interno)

Regioni

Detenuti extracomunitari regolari (*)

Extracomunitari soggiornanti (*)

Incidenza%

Popolazione carceraria (*) (sottratti i det. Extra UE clandestini)

Popolazione residente (**)

Incidenza%

Piemonte

108

73.325

0,15

2.972

4.291.441

0,07

Valle  d'Aosta

5

1.955

0,26

131

119.610

0,11

Lombardia

248

267.230

0,09

5.231

8.988.951

0,06

Trentino A.A.

22

20.829

0,11

24

924.281

0,00

Veneto

156

124.595

0,13

1.518

4.469.156

0,03

Friuli V.G:

44

37.964

0,12

467

1.184.654

0,04

Liguria

43

30.365

0,14

1.002

1.641.835

0,06

Emilia Romagna

110

99.502

0,11

2.165

3.947.102

0,05

Toscana

105

100.225

0,10

2.682

3.527.303

0,08

Umbria

23

22.761

0,10

714

831.714

0,09

Marche

22

30.822

0,07

597

1.450.879

0,04

Lazio

80

207.745

0,04

3.412

5.242.709

0,07

Abruzzo

28

17.205

0,16

1.300

1.276.040

0,10

Molise

9

1.886

0,48

313

329.894

0,09

Campania

35

63.827

0,05

6.361

5.796.899

0,11

Puglia

39

35.143

0,11

3.369

4.090.068

0,08

Basilicata

6

2.865

0,21

416

610.330

0,07

Calabria

15

14.397

0,10

1.853

2.070.992

0,09

Sicilia

49

47.370

0,10

5.506

5.108.067

0,11

Sardegna

9

9.902

0,09

1.218

1.661.429

0,07

Italia

1.156

1.209.913

0,10

41.251

57.563.354

0,07

Fonte:

 

 

 

 

 

 

(*) dati C.E.D. al 30.09.2000

 

 

 

 

 

(**) dati ufficiali ISTAT

 

 

 

 

 

 

 

Detenuti stranieri distinti in base al paese di provenienza, primi dieci paesi di provenienza (Ministero della Giustizia)

 

Al 31 dic 1998

Al 31 dic 1999

Al 30 sett 2000

Marocco

2.849

3.096

3.317

Tunisia

1.918

2.148

2.123

Albania

1.598

2.104

2.480

Ex Jugoslavia

1.128

1.212

1.252

Algeria

1.019

1.180

1.336

Romania

410

529

680

Colombia

307

489

592

Nigeria

270

362

392

Egitto

176

152

158

Senegal

136

174

172

Totale primi 10 paesi di provenienza

9.811

11.446

12.502

 

 


Cap. III) Azioni e interventi sul piano internazionale

 

 

            Il carattere globale del fenomeno migratorio – riflesso anche del processo di integrazione e di liberalizzazione dei mercati – sollecita necessariamente un’ampia ed incisiva cooperazione internazionale ai fini della sua regolamentazione. Le questioni migratorie hanno pertanto assunto e manterranno anche in futuro rilevanza sempre maggiore nel quadro d’insieme della politica estera italiana, specie nei rapporti con i paesi di origine e di transito dei flussi migratori diretti verso il nostro territorio.

            L’azione del Governo si è sin qui dispiegata e continuerà a svilupparsi lungo una triplice direttrice.

            In ambito Unione Europea il coordinamento delle politiche migratorie dovrà essere sempre più stretto ed approfondito. Il Trattato di Amsterdam e successivamente il vertice di Tampere hanno ribadito l’esigenza di una politica comune in materia di asilo e di immigrazione nonché di un efficace collegamento tra politica migratoria e politica estera.

            Nei rapporti bilaterali, dove più frequente è la contrapposizione tra paesi di origine e paesi di destinazione degli immigrati, occorrerà proseguire nella politica di collaborazione – di cui vanno sottolineati i non pochi risultati positivi conseguiti – inquadrando i rapporti stessi in una prospettiva equilibrata basati su interventi congiunti e su forme efficaci di assistenza diretta e di cooperazione, in particolare con i paesi prospicienti le nostre coste, i quali rappresentano il punto di origine o di transito dei più consistenti movimenti migratori verso l’Europa.

            Sul piano multilaterale le questioni migratorie hanno assunto forte rilevanza, specie in ambito Nazioni Unite, dove con più forza è stata avvertita l’esigenza di una risposta incisiva e globale alla sfida posta dai fenomeni migratori. Occorrerà soprattutto adoperarsi affinché i protocolli sulla tratta di esseri umani e sul traffico di migranti, annessi alla Convenzione ONU contro il crimine organizzato trans-nazionale ed alla cui finalizzazione il nostro Paese ha fornito un importante contributo, possano trovare piena applicazione. I nostri sforzi dovranno quindi concentrarsi sul perseguimento di tale obiettivo.

            E’ evidente come in materia migratoria l’azione internazionale e quella condotta sul piano interno siano complementari l’una all’altra. L’attuazione di una politica migratoria, tesa a favorire l’integrazione degli immigrati regolari non può infatti prescindere da un’attività di rigoroso contrasto dei flussi illegali, che a sua volta postula un’articolata e costruttiva cooperazione con i paesi di provenienza degli immigrati.

 

Politiche migratorie nell’ambito dell’Unione Europea

 

              Come richiesto dal Consiglio Europeo straordinario di Tampere dell’ottobre 1999, la Commissione ha redatto un quadro di controllo (“scoreboard”) delle misure necessarie alla conservazione ed al rafforzamento di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, così come definito nel Trattato di Amsterdam, nel piano d’azione di Vienna e nelle stesse conclusioni di Tampere.

Il documento, che indica le iniziative, i soggetti responsabili delle relative proposte e i tempi di attuazione, è concepito come uno strumento in continua evoluzione, le cui successive edizioni evidenzieranno i progressi realizzati e gli eventuali ritardi.

L'elaborazione di una politica migratoria e dell'asilo comune costituisce, insieme allo spazio di giustizia e alla lotta contro la criminalità, uno dei tre macrosettori in cui l'Unione europea si è impegnata a intervenire. Da parte italiana si annette particolare importanza all'attuazione rapida ed equilibrata delle misure previste in ciascuna componente dello “scoreboard" .

Per quanto concerne il settore migratorio, le direttrici di azione da seguire per realizzare il programma di lavoro elaborato in attuazione delle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere consistono nell'adozione di un approccio di partenariato con i Paesi di origine dei flussi migratori, nella garanzia di un equo trattamento degli stranieri legalmente residenti, in una gestione efficace dei flussi migratori e nell'istituzione di un regime europeo di asilo.

All'applicazione del principio del partenariato contribuirà l'attuazione di sei piani di azione relativi ad Afghanistan, Albania, Iraq, Marocco, Somalia e Sri Lanka e il possibile avvio dell'elaborazione di ulteriori piani relativi ad un secondo nucleo di Paesi di origine o transito. Da parte italiana gli sforzi andranno rivolti in via prioritaria ai Paesi e alle regioni geograficamente vicini.

Nell'ambito delle iniziative previste per assicurare un equo trattamento degli stranieri regolarmente soggiornanti sul territorio degli Stati membri, un'attenzione particolare meriterà il complesso di misure da adottare, su proposta della Commissione, ai fini dell'istituzione di una politica comune sull'ammissione e sul soggiorno. In relazione a tali obiettivi la Commissione ha recentemente inviato una specifica comunicazione al Consiglio e al Parlamento europeo intesa a stimolare il dibattito in materia.

La politica comune in questo ambito sarà articolata in una serie di strumenti distinti, che abbracceranno le condizioni di ingresso e soggiorno a titolo di ricongiungimento familiare, studio, lavoro autonomo o dipendente (l'unica proposta sinora presentata concerne il ricongiungimento familiare, principale canale di ingresso nell'Unione). In tale contesto, da parte italiana appare opportuno sottolineare la necessità che si tengano in debita considerazione gli sviluppi demografici ed economici degli Stati membri. Alla definizione di una politica comune di ammissione e soggiorno contribuirà inoltre l'adozione di norme e procedure sul rilascio di visti e titoli di soggiorno di lunga durata (è prossimo all'adozione un progetto di regolamento che determina gli Stati terzi i cui cittadini sono soggetti all'obbligo di visto e un progetto di direttiva per un permesso di soggiorno uniforme). In particolare, si prevede di ravvicinare i diritti che le normative degli Stati membri attribuiscono agli stranieri residenti sul proprio territorio da lungo tempo.

L'equo trattamento degli stranieri verrà assicurato anche attraverso un pacchetto di misure contro il razzismo, la xenofobia e le diverse forme di discriminazione, applicabili a tutti coloro che risiedono nel territorio dell'Unione europea.

Merita inoltre una specifica menzione il beneficio che gli stranieri residenti nell'Unione Europea potranno trarre dalla Carta dei Diritti Fondamentali (il cui testo è stato adottato dal Vertice di Biarritz del 14 ottobre scorso), che codifica i diritti attribuiti ai cittadini dell'Unione europea ed estensibili, anche se non integralmente, ai cittadini di Paesi terzi.

Sul fronte della migliore gestione dei flussi migratori, che per l'Italia - in quanto Stato membro di frontiera - assume un rilievo particolare, verranno avviate campagne informative sulle reali possibilità di immigrazione legale e, posto il carattere prioritario del ritorno volontario, verrà agevolata la riammissione di clandestini o irregolari attraverso la conclusione di appositi accordi europei con Paesi terzi (sono stati conferiti alla Commissione i mandati a negoziare accordi di riammissione con Marocco, Pakistan, Russia e Sri Lanka ). Anche al fine di evitare che l'esistenza di normative nazionali eterogenee costituisca un fattore di attrazione dell'immigrazione clandestina, occorrerà inoltre rafforzare la lotta contro la tratta degli esseri umani e lo sfruttamento economico degli immigrati con l'armonizzazione delle normative concernenti la definizione dei reati, le relative sanzioni e la responsabilità dei vettori che trasportano stranieri privi dei documenti necessari all'ammissione negli Stati membri (specifiche proposte sono in via di definizione). Attraverso il rafforzamento della collaborazione con Europol e il suo accresciuto coinvolgimento nelle attività che interessano gli Stati membri sarà inoltre possibile potenziare le esperienze e le capacità di ogni parte coinvolta nella lotta contro il fenomeno.

Nel quadro di una politica comunitaria volta a fornire concreta attuazione al principio di solidarietà tra gli Stati membri, la problematica del controllo alle frontiere esterne costituisce il terreno sul quale i Partners europei sono chiamati a fornire la dimostrazione di una effettiva volontà di porre in essere strategie integrate in materia di lotta all'immigrazione clandestina. Proprio nell'ottica volta ad attuare una strategia comune, partendo dall'adozione di misure concrete per il controllo dell'immigrazione clandestina e lo sfruttamento che ne deriva, è l'impegno congiunto di cui si è fatta promotrice l'Italia con la Francia  e la Germania, a Marsiglia, il 28 luglio 2000, in occasione del Consiglio informale Giustizia e Affari Interni, con la messa in opera, partendo da iniziative di tipo bilaterale, di misure operative con la mobilitazione di tutti gli strumenti a disposizione dell'U.E. Di rilievo in tale contesto è l'impegno dell’EUROPOL che sarà chiamata a svolgere un ruolo determinante nell'attività di contrasto all'immigrazione illegale.

La necessità di istituire un regime europeo dell'asilo si basa, oltre che sull'opportunità di assicurare condizioni di protezione uniforme a coloro che ne hanno bisogno, su un duplice obiettivo: scongiurare movimenti secondari di cittadini di Paesi terzi che richiedono protezione in uno o l'altro Stato membro in funzione delle condizioni più o meno gravose previste per ottenerla e assicurare un equilibrio degli sforzi che gli Stati membri compiono per affrontare il fenomeno dell'afflusso di persone in cerca di protezione. A tal fine, i lavori si concentreranno

·      sulla definizione di norme comuni concernenti la determinazione dello Stato membro responsabile dell'esame di una domanda di asilo (in sostituzione della vigente Convenzione di Dublino),

·      il rilascio e il ritiro dello status di rifugiato (soprattutto allo scopo di ridurre la durata delle procedure di riconoscimento),

·      il trattamento da riservare ai richiedenti asilo e a coloro che beneficiano dell'asilo, uno statuto uniforme da accordare a tutti coloro che hanno bisogno di protezione internazionale (protezione temporanea in caso di afflusso massiccio e improvviso di sfollati e protezione sussidiaria).

Particolarmente sensibile e di importanza prioritaria appare la rapida elaborazione di norme sulla protezione temporanea e l'attuazione dell'obiettivo di assicurare un equilibrio degli sforzi tra Stati membri. La recente creazione di un Fondo europeo per i rifugiati costituisce un importante ma non esaustivo contributo. Nello sviluppo dei lavori occorrerà prestare attenzione affinché l'impegno degli Stati membri - come l'Italia - geograficamente esposti all'onda d'urto di sfollati in fuga venga tenuto nella debita considerazione in rapporto a quello cui fanno fronte gli Stati membri che costituiscono la meta principale dei rifugiati.

 

Azioni a livello internazionale per l’istruzione di bambini e giovani immigrati

 

Sulla base dell’esperienza maturata attraverso la cooperazione europea in campo educativo e considerato che l’inserimento scolastico di bambini e giovani immigrati costituisce una delle condizioni fondamentali per l’integrazione sociale e professionale di questi soggetti e delle loro famiglie, è necessario porre la dovuta attenzione alle problematiche relative a accoglienza, mediazione linguistica e culturale e all’apprendimento della lingua di studio Rispetto a queste tematiche le iniziative internazionali che scaturiranno in termini di politiche dell’immigrazione dovranno tener conto degli orientamenti nazionali nel capitolo sull’integrazione del presente documento.

 

Avvio di una politica comune europea nella prospettiva dell’allargamento dell’Unione

         Le tematiche migratorie meritano di essere inquadrate anche nella prospettiva dell'allargamento dell'Unione che, almeno nella sua prima fase, coinvolgerà oltre 100 milioni di nuovi cittadini. Peraltro, la forte eterogeneità etnica, politica, economica e religiosa che caratterizza l’Est europeo impone un processo di integrazione graduale e funzionale alle realtà socio-economiche preesistenti secondo modalità definite di integrazione flessibile. Il processo di allargamento richiederà ad ogni paese candidato un serio e prolungato sforzo di adeguamento legislativo, strutturale, sociale e culturale , in particolare verso ambiti rispetto ai quali vi è una particolare sensibilità nei Paesi dell’Unione, come asilo, immigrazione, libera circolazione, lotta alla criminalità, lotta al traffico di droga e sicurezza dei cittadini.

Le questioni migratorie costituiscono una delle materie del capitolo Giustizia e Affari Interni, oggetto di esame e valutazione nell'ambito dei negoziati di adesione con i futuri Stati membri dell'Unione. Oltre all'allineamento delle legislazioni dei Paesi candidati all'"acquis" comunitario, andrà adeguatamente valutata l'effettiva capacità amministrativa e giudiziaria di applicare appieno le norme che ne fanno parte. Va osservato in particolare che, data l'incertezza sui tempi dell'adesione per i vari candidati, non è attualmente possibile definire in quale Paese si situerà la frontiera esterna dell'Unione e per quanto tempo. Va tuttavia precisato che l'eventuale adesione non comporterà, in linea di principio, l'automatica eliminazione dei controlli alle frontiere interne (Schengen), che scaturirà da una specifica decisione del Consiglio dell'Unione. In tal modo si potranno arginare le potenziali ripercussioni sull'immigrazione clandestina dello spostamento delle frontiere esterne dell'Unione in Paesi con capacità amministrativa di controllo in via di rafforzamento. Quanto alla potenziale immigrazione legale, va ricordato che da un recente studio condotto da un gruppo di esperti su richiesta della Direzione Generale per l'Occupazione della Commissione Europea non si rileva la prospettiva di spostamenti massicci negli attuali Stati membri dell'Unione di cittadini dei Paesi candidati (sono molto più probabili fenomeni di pendolarismo nelle regioni transfrontaliere).

          Su un piano più generale, una politica comune dovrà riservare particolare attenzione anche allo sviluppo di forme di collaborazione con i Paesi terzi sulla base di apposite disposizioni in materia migratoria (equo trattamento dei cittadini regolarmente residenti, contrasto dell'immigrazione clandestina) inserite o da inserire in accordi di ampio respiro, alcuni dei quali rivestono grande interesse per il nostro Paese. Tra questi ultimi vanno segnalati gli accordi di associazione e stabilizzazione in via di negoziato con i Paesi balcanici o gli accordi di associazione conclusi o in via di negoziato con taluni Paesi mediterranei.

Nella sua Comunicazione su una politica migratoria europea, presentata al Consiglio Giustizia ed Affari Interni del 30 novembre scorso, la Commissione, traendo spunto da una valutazione dell’impatto dei fenomeni migratori sugli sviluppi economici e demografici, propone di delineare un quadro giuridico comune per l’ammissione degli immigrati basato su principi di trasparenza, razionalità e flessibilità, onde rispondere rapidamente alle esigenze del mercato del lavoro.

La Commissione fa stato del rallentamento della crescita demografica in Europa e del progressivo invecchiamento della popolazione, a fronte di tassi di sviluppo economico crescenti. Ciò determinerebbe un’insufficienza dell’offerta di lavoro in alcuni settori dell’economia e difficoltà di finanziamento dei sistemi previdenziali.

Mentre la percezione che l’immigrazione contribuisce alla disoccupazione non é comprovata dai riscontri analitici, é necessario effettuare valutazioni più articolate in relazione ad aree specifiche e a diversi segmenti della forza lavoro (manodopera più o meno qualificata). Inoltre il fenomeno dell’immigrazione temporanea va assumendo crescente importanza, particolarmente in provenienza da Paesi candidati.

Tutto ciò richiede un approccio flessibile, che vada oltre il principio della crescita zero per quanto riguarda gli immigrati spinti da motivazioni economiche. Tale fenomeno ha alimentato non poco l’immigrazione illegale e le altre patologie ad essa collegate fra cui il traffico di esseri umani. Ciò ha portato in alcuni Paesi europei al determinarsi di sanatorie, decisioni inevitabili quantunque impopolari.

Nella proposta della Commissione, gli Stati membri – d’intesa con i partners sociali, le autonomie locali ed altri soggetti interessati – dovrebbero definire i livelli di manodopera necessaria in relazione alle esigenze dei diversi settori produttivi, anche tenendo conto di fattori quali la tollerabilità sociale dell’immigrazione o le risorse disponibili per l’accoglienza. Tali indicazioni verrebbero quindi annualmente fornite alla Commissione in un formato concordato per consentirle di rielaborare i dati in un quadro di sintesi generale da presentare al Consiglio.

Ogni anno si dovrebbe poi procedere ad una valutazione dei risultati del precedente; gli opportuni aggiustamenti consentirebbero una gestione dei flussi certamente più controllata dell’attuale e più correlata alle effettive esigenze del sistema economico e alle relative capacità di assorbimento.

Per quanto concerne il permesso di residenza, la Commissione propone di stabilire un collegamento fra la durata del periodo di permanenza ed i diritti acquisiti dal lavoratore nell’intento di privilegiare chi dimostri un’effettiva volontà e capacità di integrazione. Al termine di tale processo sarebbe ipotizzabile la concessione di uno status assimilabile a quello di cittadini, fino all’acquisizione della stessa cittadinanza.

         Una Conferenza, da tenersi nella seconda metà del 2001 sotto Presidenza belga, potrebbe consentire una riflessione sulla Comunicazione alla luce delle discussioni nell’ambito del Consiglio. Le conclusioni di detta Conferenza dovrebbero essere presentate al Consiglio europeo del dicembre 2001, dedicato fra l’altro ad una approfondita valutazione dei progressi nell’istituzione di uno spazio di “libertà, sicurezza e giustizia”, secondo quanto delineato nelle conclusioni del Consiglio Europeo di Tampere.

 

Cooperazione euro-mediterranea

 

Anche nell’ambito del partenariato euro-mediterraneo, avviato dal Processo di Barcellona le questioni legate all’immigrazione hanno assunto una forte  valenza, come da ultimo ribadito dai Ministri degli Esteri partecipanti in occasione della Conferenza euromediterranea di Marsiglia del 15-16 novembre 2000.  Le due riunioni  a livello di Alti funzionari e di esperti (L’Aja, marzo 1999 – Bruxelles, settembre 2000) hanno consentito l’avvio di un dialogo sulle tematiche immigratorie del Mediterraneo. Il problema dell’immigrazione clandestina, in particolare, è stato affrontato in maniera approfondita nella Conferenza dei Ministri dell’Interno del Mediterraneo occidentale svoltasi a Lisbona nel giugno scorso.

 Esistono quindi le condizioni per avviare anche in questo campo iniziative di collaborazione multilaterale fra l’Europa ed i Paesi della sponda meridionale, con lo scopo di rafforzare le politiche già messe in atto dai Paesi interessati, sia su base nazionale che bilaterale.

Sul piano concreto l’Italia, assieme alla Spagna, intende presentare ai partners euromediterranei un’iniziativa comune centrata sugli aspetti connessi al fenomeno dell’immigrazione. Il progetto riguarderebbe inizialmente due Paesi del Maghreb (Tunisia e Marocco) e potrebbe in futuro essere esteso alla Francia ed all’Algeria.

 

L’idea di fondo, è di ricorrere ai fondi Meda per finanziare programmi nei seguenti settori:

·    sostegno alla fornitura ai Paesi maghrebini di apparecchiature e mezzi per il pattugliamento delle loro aree costiere;

·    assistenza ai medesimi Paesi per una migliore organizzazione delle loro strutture adibite alla riammissione dei propri cittadini non in regola;

·    formazione professionale, sia nei Paesi di provenienza che in quelli di accoglienza, degli iscritti nelle liste delle Autorità dei Paesi di emigrazione nel quadro dei flussi concordati con i Paesi di destinazione e delle qualificazioni professionali richieste;

·    interventi per creare occupazione nelle aree a più alta propensione emigratoria dei Paesi maghrebini, favorendo soprattutto l'inserimento dei giovani e la micro-imprenditorialità;

·    incoraggiare la c.d. "immigrazione di ritorno", sostenendo con incentivi finanziari e partecipazione al capitale di rischio le iniziative imprenditoriali degli emigrati che rientrano nei Paesi di provenienza.

 

Attività in ambito multilaterale

Nei fori internazionali multilaterali l’impegno italiano in materia migratoria ed in particolare nella lotta all’immigrazione clandestina e di tratta degli esseri umani s’inquadra nel solco di una tradizione di sostegno a tutte le iniziative orientate ad assicurare il rispetto della dignità umana. L’azione di contrasto  verso questi fenomeni rappresenta quindi una priorità per il Governo italiano, nella piena convinzione che soltanto attraverso una più stretta e coordinata cooperazione internazionale in campo giudiziario e fra le Forze di Polizia sarà possibile fornire adeguati strumenti per combattere e stroncare le organizzazioni criminali che gestiscono tali traffici.

 

L’impegno italiano viene portato avanti in sede multilaterale  mediante la promozione e la co-sponsorizzazione di tutte le Risoluzioni delle Nazioni Unite contro il traffico di clandestini con particolare attenzione ai problemi dei gruppi più vulnerabili quali le donne ed i minori. di sostegno a Programmi Europei (?)

 

La Convenzione Mondiale contro la Criminalità organizzata Transnazionale, aperta alla firma di tutti i paesi membri delle Nazioni Unite, in occasione della Conferenza ad Alto Livello di Palermo e gli annessi Protocolli per la prevenzione, la repressione e la punizione del traffico di migranti, e della tratta di esseri umani, in particolare donne e minori, consentiranno di promuovere e facilitare la cooperazione tra gli Stati in questa materia, favorendo efficaci politiche di informazione nei paesi d’origine per una sempre maggiore tutela delle vittime del traffico illegale. Affinché la Convenzione possa avere concreta ed efficace applicazione tra tutti i Paesi, l’Italia che ha svolto un ruolo di impulso per la sua messa a punto, intende condurre una decisa azione di sensibilizzazione sul piano internazionale per una rapida entrata in vigore.

 

Dall’Italia viene anche sviluppato  un rilevante sforzo per accrescere nella regione Adriatica e nel quadro dell’Iniziativa Centro-Europea – INCE - una struttura di contrasto alle organizzazioni criminali che alimentano, fra l’altro, fenomeni di immigrazione clandestina e di prostituzione che coinvolgono, a livello multilaterale, altri Paesi dell’Europa Centrale e Meridionale.

Significative a tale riguardo sono le ipotesi di lavoro scaturite nell'ambito della c.d. Iniziativa Adriatica che, partendo dall'importante Conferenza di Ancona nella quale è stata sancita la realizzazione di una politica di cooperazione a tutto campo con i Paesi della sponda orientale e nel cui alveo ha acquistato particolare importanza il tema della sicurezza, preludono alla realizzazione entro breve di dispositivi atti a realizzare, nel quadro della lotta alla immigrazione clandestina, e alla tratta di esseri umani, forme di controllo alle frontiere mediante il concreto coinvolgimento dei Paesi dell'area balcanica nell'intento di rafforzare ai confini di questi Stati il diaframma ai flussi migratori provenienti dalle più lontane aree di origine degli immigrati.

La lotta all'immigrazione irregolare ed ai trafficanti di esseri umani riceverà un ulteriore impulso anche alla luce degli impegni assunti dalla Grecia e dall'Albania nell'ambito dell'iniziativa trilaterale, di cui l'Italia è capofila. Tale collaborazione permetterà di realizzare il distacco reciproco di Ufficiali di collegamento presso gli Uffici Interpol, l'individuazione di punti di contatto, l'intensificazione dello scambio di informazioni.

 

La Conferenza Regionale Europea contro il Razzismo - svoltasi a Strasburgo lo scorso ottobre nel quadro della Presidenza italiana del Consiglio d’Europa e che rappresenta il contributo europeo all’analoga Conferenza Mondiale che avrà luogo a Durban nel 2001 - riassume l’impegno dei Paesi europei a lottare contro ogni forma di nazionalismo xenofobo o etnico ed a privilegiare i possibili meccanismi di integrazione, nel riconoscimento e nel rispetto dei diritti di tutti i gruppi etnico-culturali.. Tali principi – contenuti nel documento di “Conclusioni Generali”, trasmesso al Comitato Preparatorio ONU della Conferenza Mondiale e nella “Dichiarazione Politica” - nonché gli altri emersi dalla Conferenza Europea, costituiranno elementi di riflessione e di azione futura per il nostro Paese, in vista di una partecipazione che intendiamo attiva alla Conferenza Mondiale in Sud Africa ed all’attuazione dei principi che in quella sede saranno adottati.

 

Lungo la stessa linea, l’Italia ha già avviato con convinzione e spirito propositivo la propria partecipazione ai lavori preparatori della Sessione Speciale Assemblea Generale delle Nazioni Unite – UNGASS 2001 – che, nell’autunno del prossimo anno, dovrà solennizzare i dieci anni della  Convenzione ONU sui Diritti del Bambino e mettere a fuoco, fra l’altro, i meccanismi e le strategie più adeguate per combattere sul piano internazionale ogni forma illecita di traffico e di sfruttamento dei bambini.

 

Iniziative bilaterali

            Nelle relazioni con i Paesi di emigrazione l’Italia porta avanti una strategia di “approccio globale” per ciò che attiene alle diverse tematiche che caratterizzano tali rapporti. Le iniziative finalizzate al contrasto dell’immigrazione illegale ed alla regolamentazione dei flussi di ingresso vengono pertanto poste in stretta correlazione con altre intese ed impegni di reciproco interesse sia nel settore socio-migratorio che sul più vasto fronte della cooperazione economica bilaterale ed in particolare della cooperazione allo sviluppo.

Il dialogo con i Paesi di provenienza degli immigrati è ovviamente favorito dalla possibilità - esplicitamente prevista dalla normativa vigente – di riservare nell’ambito della programmazione dei flussi quote in favore dei lavoratori originari di Stati con i quali sono stati sottoscritti accordi per la riammissione di quanti si trovano in posizione irregolare nel nostro territorio.

            L’intensa azione negoziale portata avanti in questi anni ha consentito di realizzare un ampio reticolo di accordi riammissione con la quasi totalità dei Paesi dell’Est europeo e balcanici. Per ciò che concerne l’area mediterranea, dopo il perfezionamento delle intese con Algeria, Tunisia e Marocco, dovranno rapidamente essere condotti a conclusione i negoziati in materia con l’Egitto nonché con Malta e Cipro, paesi questi ultimi divenuti snodi di transito di clandestini che approdano sulle nostre coste.

            Il carattere globale del fenomeno migratorio accresce il nostro interesse a pervenire a nuove intese con Paesi di altre aree. L’ormai imminente firma di accordi di riammissione con Pakistan, Sri Lanka e Filippine favorirà l’allargamento della cooperazione socio-migratoria con tali paesi, in particolare in materia di sicurezza sociale. L’opposizione di principio delle Autorità cinesi ad intese formali sulla riammissione rende necessario un’intensificazione dei nostri sforzi per concordare modalità e procedure idonee, quanto meno sul piano concreto, alla regolamentazione dei flussi ed alla lotta alle organizzazioni che gestiscono i traffici di clandestini cinesi.

Per quanto attiene all’Africa Sub-sahariana l’accordo di riammissione firmato  con la Nigeria, il primo ad essere firmato con un Paese di quell’area e che prevede tra l’altro la realizzazione da parte italiana di programmi di assistenza tecnica e di formazione nonché interventi di protezione e reinserimento sociale per le vittime di traffici di esseri umani, potrà costituire certamente un modello per il perfezionamento di analoghe intese con altri Paesi africani, toccati da fenomeni di traffici di esseri umani. Va sottolineato il particolare valore di tale accordo che conferma l’attenzione verso il rafforzamento della cooperazione con i Paesi di origine dei flussi non soltanto sul versante "repressivo" ma anche su quello socio-umanitario.

 

 

 

 

Accordi di riammissione entrati in vigore, firmati e da stipulare (Ministero degli Affari Esteri)

Accordi entrati in vigore

Accordi firmati

Accordi da stipulare

Data

Paese

Data

Paese

Stato

Paese

1994

Polonia

1997

Georgia

Negoziato concluso

Malta

1997

Slovenia

1998

Marocco

Negoziato concluso

Pakistan

1997

FYR Macedonia

1999

Grecia

Negoziati in corso

Ucraina

1997

Lettonia

1999

Spagna

Negoziati in corso

Senegal

1998

Romania

2000

Algeria

Negoziati in corso

Egitto

1998

Austria

2000

Nigeria

Negoziati in corso

Filippine

1998

Croazia

 

 

Negoziato in corso

Sri Lanka

1998

Albania

 

 

Contatti

India

1998

Jugoslavia

 

 

Contatti

Bangladesh

1998

Tunisia

 

 

Contatti

Cina

1998

Ungheria

 

 

Contatti

Moldavia

1998

Lituania

 

 

Contatti

Turchia

1998

Bulgaria

 

 

Contatti

Ghana

1999

Francia

 

 

 

 

1999

Estonia

 

 

 

 

1999

Slovacchia

 

 

 

 

2000

Svizzera

 

 

 

 

 

Il bilancio di questo primo periodo di applicazione della nuova legge sull’immigrazione rafforza il convincimento che efficaci risultati in materia di regolamentazione dei flussi possono essere conseguiti unicamente attraverso uno stretto e costante dialogo con i Paesi di provenienza degli immigrati che da un canto consentano di contrastare efficacemente l’immigrazione illegale e dall’altra possano favorire percorsi regolari di ingresso e soggiorno degli stranieri, ed un ampliamento delle possibilità di accesso al mercato del lavoro nazionale.

Va del resto registrata una crescente consapevolezza da parte delle Autorità di molti Paesi di immigrazione di come flussi incontrollati siano incompatibili con obiettivi di  accessi programmati e di reale integrazione degli immigrati, con la progressione dei loro diritti e finiscano in ultima analisi per nuocere – alimentando fenomeni di razzismo – alle collettività straniere regolarmente soggiornanti. In altri termini ad un serio ed effettivo sforzo dei Paesi di emigrazione per ciò che attiene al controllo dei flussi ed alla riammissione dei clandestini dovranno corrispondere analoghi impegni da parte nostra in campo economico e di sostegno allo sviluppo nonché accordi di sicurezza sociale ed intese nel campo del lavoro e della collocazione della mano d’opera. Tali accordi, che dovrebbero coinvolgere anche le imprese italiane nei diversi settori produttivi, potrebbero imperniarsi su attività di selezione di risorse umane, di formazione professionale, di elaborazione di dati concernenti le esigenze del mercato del lavoro italiano, con particolare riguardo ai trend della domanda di manodopera straniera suddivisa per regioni o distretti industriali. Alla definizione degli accordi potrebbero essere chiamate a partecipare anche Organizzazioni internazionali specializzate quali l’OIM e l’OIL.

Il soddisfacente livello di collaborazione con le Autorità tunisine \per la gestione dei flussi migratori, dopo le difficoltà e le tensioni registratesi in passato a causa dei continui sbarchi sulle nostre coste di clandestini provenienti dalla Tunisia, e che ha prodotto significativi risultati anche per quanto attiene alla selezione di lavoratori ai fini del loro inserimento in Italia attraverso l'anagrafe informatizzata, deve essere considerato come un modello di cooperazione integrata in campo socio-migratorio che, laddove andrebbe riprodotta anche in altri contesti. Essa infatti, coinvolgendo fortemente le Autorità locali, le responsabilizza ad adoperarsi per una selezione efficace dei propri lavoratori e, in parallelo, per un potenziamento dei controlli di frontiera.

            L’altro modello a cui guardare può essere senz’altro quello dell’Albania dove tale collaborazione si è tuttavia realizzata attraverso l’intervento di un organismo internazionale cui è stata affidato il compito di selezionare la mano d’opera.

 

Cooperazione allo sviluppo e flussi migratori

Le priorità della politica di Cooperazione allo sviluppo, fissate annualmente con la presentazione della Relazione Previsionale e Programmatica, individuano obiettivi di tipo settoriale, quali la lotta alla povertà, lo sviluppo della piccola e media imprenditoria, lo sviluppo sostenibile e geografico, come lo sviluppo dei Paesi della regione dei Balcani e del Bacino del Mediterraneo. L'azione della Cooperazione italiana, orientando la propria attività allo stimolo verso lo sviluppo economico e sociale dei paesi beneficiari, contribuisce a migliorare le condizioni di vita delle popolazioni e le sue attività sono, pertanto, idonee a produrre nel tempo una riduzione della pressione migratoria. Rimuovere le cause della povertà sollecitando le potenzialità e le capacità produttive endogene del paese significa infatti fornire nuove possibilità di lavoro tali da disincentivare - anche se con processi di medio/lungo periodo - le popolazioni dall’abbandonare le loro regioni per cercare altrove concrete possibilità lavorative. La povertà estrema, la cui riduzione del 50% entro il 2015 rappresenta il primo degli obiettivi che si è posta la comunità internazionale dei donatori in sede OCSE - DAC e che è ovviamente perseguita prioritariamente anche dall'Italia, presenta infatti un evidente nesso con i fenomeni migratori.

Particolare rilievo assumono i programmi di cooperazione allo sviluppo attuati nel corso degli ultimi anni nelle aree prioritarie per l’Italia sotto il profilo migratorio - Balcani e Paesi del Maghreb - in particolare nei settori della formazione professionale, dell'agevolazione del lavoro autonomo, della promozione dello sviluppo locale e lo sviluppo di infrastrutture sociali.

Nel settore della piccola e media imprenditorialità numerosi sono stati poi i progetti della Cooperazione italiana attraverso il finanziamento di linee di credito in Tunisia, in particolare nei settori dell’industria, dell’agricoltura e della pesca , in Algeria, per far fronte all’esigenza di fornire un concreto sostegno in termini di attrezzature alla PMI, che in questo paese conta migliaia di ragioni sociali quasi interamente private ma non gode di particolari benefici ed agevolazioni da parte dello Stato ed in Marocco, nel settore del commercio, dell’artigianato, delle banche e del turismo e a favore della costituzione di una unità di assistenza tecnica all’interno dell’amministrazione marocchina competente in materia di sviluppo industriale. La cornice entro la quale si proietta l’attività della Cooperazione italiana nei Paesi del Nordafrica è altresì rappresentata dagli obiettivi di modernizzare l’agricoltura e potenziare l’industria sviluppando in particolare le potenzialità offerte in quel Paese in quei settori sui quali conviene concentrare gli sforzi per raggiungere un incremento dello sviluppo socioeconomico e, dunque, per conseguenza una riduzione dei flussi migratori

 

Nell’area dei Balcani a partire dall’anno 2000 sono state avviate le attività previste nel quadro del “Rapid Response for Reconstruction and Development” in Kosovo..

Forte attenzione è rivolta, e lo sarà anche per il futuro, al settore della formazione professionale, proseguendo negli impegni già assunti in questo settore.. Importante in questo ambito è inoltre il coinvolgimento delle Regioni ed Enti locali impegnati in progetti di cooperazione decentrata (programma di sviluppo umano a livello locale da attuarsi fra il Governatorato di Gafsa e le Regioni italiane o europee e fra le Delegazioni del Governatorato e le città e le provincie italiane ed europee interessate)

La Tunisia rappresenta certamente uno dei principali beneficiari di tali iniziative orientate alla formazione professionale giovanile attraverso corsi teorici e pratici anche in vista del loro inserimento presso aziende italiane e tunisine,  mentre in Albania sono già avviate le attività del progetto di formazione tecnico-professionale per i giovani di Tirana e quelle attinenti il programma di sviluppo della formazione professionale a Scutari

Il Marocco è un altro dei Paesi ai quali in questo momento la Cooperazione italiana guarda in termini di stretto raccordo  tra le politiche migratorie e gli interventi a sostegno dell'economia di alcune regioni e di formazione professionale.

 

L'intervento della Cooperazione allo Sviluppo si avvarrà sempre più di quegli Organismi quali ad esempio l'OIL l'OIM che hanno maturato significative esperienze in questo settore. Già ora sono in corso alcune  iniziative che riguardano direttamente il fenomeno migratorio come quella per la valorizzazione delle dinamiche migratorie attuali e future per lo sviluppo nazionale dei paesi del Maghreb. Il fine che ci si prefigge rafforzando le sinergie con gli organismi specializzati è sempre orientata al potenziamento delle capacità di alcuni Paesi come Algeria, Marocco e Tunisia per ottimizzare il potenziale di sviluppo economico e sociale interno connesso alla gestione delle dinamiche migratorie nella regione del Mediterraneo. L'attività di cooperazione proseguirà in questa azione di identificazione delle aree a più forte pressione migratoria verso il nostro Paese, e particolarmente delle aree rurali caratterizzate da forti spinte migratorie, per sostenere la capacità potenziale di sviluppo di joint-ventures con imprese italiane, all'impatto di eventuali schemi di micro-credito.

In Egitto, paese cui la Cooperazione italiana guarda con sensibile attenzione, sono in fase di realizzazione due iniziative ("Sistema integrato per la gestione delle informazioni sull'emigrazione", e il "Programma di informazione sull'emigrazione) proprio con l'intento esplicito di agire sulle dinamiche del fenomeno migratorio anche attraverso attività di informazione.

Al fine di rendere più efficace l'azione di cooperazione mirante alla riduzione della pressione migratoria la Cooperazione italiana si orienta altresì verso la realizzazione di progetti di ricerca che hanno lo scopo di verificare le diverse cause che possono spingere all’emigrazione, nonché valutare quali siano le ricadute dell’emigrazione nei contesti di origine e quali siano i processi di inserimento sperimentati dall’immigrato in Italia.

Altro settore di prioritaria importanza verso il quale già da tempo sono concentrati gli sforzi della Cooperazione italiana anche con lo scopo precipuo di veder ridotta la pressione migratoria è quello dell'assistenza ai profughi ed ai rifugiati provenienti dalla zone interessate da conflitti, naturalmente in stretto raccordo che gli organismi internazionali, in particolare l'UNHCR.  L'area balcanica, in particolare la regione del Kosovo, continuerà ad essere una delle zone di destinazione di tali interventi, ma anche quelle regioni dell'Africa interessate in tempi recenti da conflitti bellici che hanno inciso pesantemente nel tessuto socio-economico dei Paesi coinvolti. Attenzione in tali contesti viene anche riservata alla operazioni di rimpatrio che rappresentano il primo passo per la ricostituzione di tali contesti..

Anche i programmi di reinserimento degli emigrati al momento del loro ritorno nel paese di origine saranno oggetto di finanziamenti da parte della nostra Cooperazione anche sulla scia di quanto già in essere per esempio nel caso del Programma di formazione e microcrediti per gli emigrati di ritorno in Egitto, progetto di prossima approvazione e del Programma di reinserimento sociale delle persone che rientrano in Nigeria.

 

Tendenze nelle politiche migratorie di altri paesi.

         L’evoluzione in atto nel mercato del lavoro, in relazione ai trend demografici ed alla favorevole fase congiunturale attraversata da alcuni settori produttivi, influisce oggi sull’elaborazione e sull’attuazione delle politiche migratorie di molti paesi occidentali. Posizioni di blocco dei nuovi ingressi cedono così progressivamente il passo ad una sempre più diffusa consapevolezza che i flussi migratori, purché adeguatamente governati attraverso l’elaborazione di una politica di “gestione”, costituiscono soprattutto una risorsa.

          Il rapporto tra la crescita economica ed una politica di gestione dei flussi migratori è stato d’altronde già sperimentato a partire dal secolo scorso, come dimostra la storia economica e sociale di paesi “nuovi” come gli Stati Uniti, il Canada, l’Australia e alcuni paesi dell’America Latina. La tendenza attuale si differenzia però dalla tradizionale politica atta ad attrarre manodopera a basso costo per la crescita di settori a basso livello di tecnologia. La struttura e le esigenze del sistema produttivo di molti paesi occidentali richiedono infatti di poter disporre di manodopera qualificata, soprattutto da destinare a settori ad alta tecnologia, difficilmente reperibile sui mercati del lavoro nazionali. La carenza di manodopera qualificata, problema che in prospettiva sarà acuito dalle attuali tendenze demografiche, e rispetto al quale i sistemi formativi nazionali stentano a fornire adeguate risorse, è insomma alla base della politica di cauta apertura adottata da molti governi in materia migratoria.

Emblematico, a questo proposito, è il caso del Regno Unito. Rispetto alla sostanziale chiusura delle frontiere (con l’eccezione dei cittadini UE e dei rifugiati), disposta nel 1971, il governo britannico si è recentemente mostrato incline ad adottare una politica dell’immigrazione “orientata al mercato”, sulla scorta delle misure già approvate in materia di attività economiche intraprese da cittadini stranieri e permessi di lavoro a favore di studenti provenienti dall’estero. In particolare, è all’esame la possibilità di limitare le restrizioni in materia di assunzioni di cittadini stranieri attualmente imposte ai datori di lavoro.

Anche in Germania è in corso un intenso dibattito sull’immigrazione e sulla possibilità di introdurre per la prima volta in quel paese un vero e proprio strumento normativo che affronti la materia nella sua globalità. Il governo ha già deciso di attuare una contenuta apertura, in particolare concedendo 20 mila nuovi permessi di soggiorno ad operatori qualificati del settore informatico. Di dimensioni molto maggiori le aperture disposte da paesi caratterizzati storicamente dai maggiori flussi immigratori. La crescente domanda di molti settori produttivi statunitensi di manodopera qualificata ha spinto il governo di Washington a disporre un incremento delle quote annuali di immigrazione. Nel maggio scorso è stato disposto un aumento di 200 mila unità della quota di ingressi per lavoratori qualificati nell’industria ad alta tecnologia, con un incremento superiore all’85%. L’Amministrazione americana ha così confermato di vedere nell’accesso al mercato del lavoro internazionale un fattore essenziale per il mantenimento della competitività del sistema produttivo statunitense a livello mondiale.

La percezione che gli Stati Uniti possano aver alleviato la loro carenza di manodopera qualificata attraverso una politica di gestione dei flussi migratori ha spinto altri Paesi ad intraprendere la stessa strada, tanto da generare una sorta di concorrenza nell’attrarre i lavoratori stranieri qualificati, offrendo loro sempre migliori opportunità formative e professionali. Il Canada ha ad esempio deciso di liberalizzare l’accesso di lavoratori stranieri dei settori ad alta tecnologia, mentre l’Australia ha varato un nuovo sistema di visti temporanei destinati allo stesso tipo di immigrati.

         La tendenza a favorire l’immigrazione di lavoratori qualificati, tendenza già in atto anche in Italia, e che nel nostro paese dovrà essere coerentemente sostenuta parallelamente alla modernizzazione e all’evoluzione tecnologica di molti settori produttivi, è d’altro canto di notevole interesse anche per i paesi di origine dei flussi migratori. La connessione tra il fenomeno migratorio e lo sviluppo economico e sociale di questi ultimi paesi è sempre più all’attenzione dei governi dei PVS, delle agenzie per la cooperazione allo sviluppo, degli organismi internazionali che si occupano di migrazioni. Le “migrazioni di ritorno”, adeguatamente favorite da specifici programmi di cooperazione (già avviati, in particolare, per alcuni paesi dell’area balcanica e dell’Africa sub-sahariana) e sostenute da una legislazione adeguata, possono costituire lo strumento attraverso il quale le conoscenze tecniche, la formazione professionale ed anche le risorse finanziarie acquisite dal lavoratori provenienti dai PVS nella loro permanenza nei paesi più sviluppati possono essere messe a disposizione dello sviluppo economico e sociale dei paesi d’origine.