LA DICHIARAZIONE DEI VESCOVI EUROPEI SULL’IMMIGRAZIONE

 

Una rilettura del documento per l’attuale situazione italiana

 

 

In prossimità dell’importante appuntamento elettorale del 13 maggio, la Caritas Italiana, l’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro e la Fondazione Migrantes, organismi pastorali della CEI, ritengono utile e opportuno richiamare l’attenzione sulla “Dichiarazione per una politica comune dell’asilo e dell’immigrazione” nell’Unione Europea, redatto dalla COMECE (Commissione degli Episcopati della Comunità Europea) in occasione della sua assemblea plenaria, tenutasi a Roma il 29-30 marzo scorso.

 

Questi organismi intendono riproporre la Dichiarazione alla comunità ecclesiale e civile italiana e a tutte le forze politiche, contestualizzandola alla situazione italiana, dove il dibattito sull’immigrazione è particolarmente attuale e vivace. Il punto di riferimento è sempre la Dottrina Sociale della Chiesa, che pone il messaggio al di fuori e al di sopra di qualsiasi schieramento di area o di partito. favorendo in tal modo un più obiettivo e sereno confronto sui temi fondamentali che sono contenuti nella Dichiarazione, di cui in sintesi si presentano i punti salienti.

 

1.     È importante premettere che la migrazione “è una caratteristica dell’esistenza umana, che diventa sempre di più un elemento della vita moderna”, particolarmente evidente in Italia, con la quale sarà necessario convivere coniugando unità e diversità. Nel gennaio scorso il Cardinale Camillo Ruini, Presidente della CEI, ha ricordato che “la via per comporre questa unità con le diversità è quella del rispetto reciproco e del dialogo”.

 

2.     L’immigrazione si presenta sempre come “sfida” dai molteplici aspetti ardui e scabrosi; infatti “la convergenza di razze, civiltà e culture all’interno degli stessi ordinamenti giuridici e sociali pone un problema urgente di convivenza”. Anche per chi vede positiva ed esaltante la crescente “situazione di interdipendenza planetaria”, se non altro perché “aiuta a meglio percepire la comunanza di destino dell’intera famiglia umana”, tale convivenza è un traguardo da conquistare con coraggio e con fatica. L’immigrazione, portatrice di novità e di risorse, ha pure il suo costo.

 

3.     Questo costo, se posto a confronto con quello che hanno pagato e stanno pagando coloro che vengono tra noi “alla ricerca di migliori condizioni di vita”, ci induce “come cristiani e come europei” (per motivazioni sia evangeliche che civili e umanitarie) ad essere accoglienti e a “mettere in atto la virtù della solidarietà” e, come dice ancora il Presidente della CEI, a “sviluppare una cultura dell’accoglienza”. La solidarietà accogliente garantisce un trattamento del cittadino straniero secondo equità e giustizia, lontano da ogni emarginazione e sfruttamento in particolare nei rapporti di lavoro, ma si esprime anzitutto in una autentica educazione civica e morale, in un atteggiamento interiore che non porta a tutto giustificare  e non pregiudica la libertà d’un giudizio critico su situazioni e comportamenti censurabili, ma mette in guardia contro facili pregiudizi, umori, linguaggi, enfatizzazioni e generalizzazioni che deformano l’immagine dell’immigrato che è già tra di noi e ne fanno facilmente il capro espiatorio di disagi e disfunzioni che hanno ben altra origine.

 

4.     La solidarietà si esprime anche verso coloro che dalla necessità sono tuttora spinti ad emigrare e sollecita una effettiva programmazione di nuovi ingressi, esigita peraltro in modo sempre più pressante dal progressivo calo e invecchiamento della nostra popolazione e, di conseguenza, dalla crescente richiesta di manodopera. Citando il messaggio di Giovanni Paolo II per la Giornata delle Migrazioni 2001, i vescovi europei affermano “il diritto ad emigrare”, ossia il diritto “di uscire dal proprio Paese e … di entrare in un altro” e allo stesso tempo riconoscono che “l’esercizio di tale diritto va regolamentato” da parte dello Stato. Per l’armonizzazione di questo duplice diritto è illuminante quanto immediatamente segue nel messaggio pontificio: “Se è pur vero che i Paesi altamente sviluppati non sempre sono in grado di assorbire tutti coloro che emigrano, va tuttavia riconosciuto che il criterio per determinare la soglia di sopportabilità non può essere la semplice difesa del proprio benessere, tralasciando i bisogni reali di chi è drammaticamente costretto a chiedere ospitalità”. Pertanto una reale e, per quanto possibile, consistente apertura a nuovi flussi migratori è motivata non soltanto da calcoli di tornaconto nazionale, ma pure e prioritariamente da esigenze di solidarietà internazionale.

 

5.     Al compito di regolamentare l’immigrazione è parallelo per lo Stato il compito di contrastare efficacemente l’immigrazione irregolare e clandestina. D’altra parte, nel caso di una “migrazione dei disperati”, - è ancora il linguaggio del Papa - quando cioè “popolazioni povere sono costrette all’esilio della disperazione” perché “vivono oggi situazioni di drammatica instabilità e insicurezza”, se mancano o sono troppo anguste le vie legali di immigrazione, non fa meraviglia che lo straniero tenti talora quale altra via, per cui i vescovi concludono che questo straniero “non dovrebbe essere considerato come criminale solo per questo”:

 

6.     Al problema degli immigrati va accompagnato quello dei “rifugiati e richiedenti asilo”, anzi a questo va data precedenza. La Dichiarazione dei vescovi  si riferisce all’importante dibattito su una futura politica d’asilo che la Commissione europea si è impegnata a lanciare e raccomanda che quanto stabilito dalla Convenzione di Ginevra del 1951 venga assicurato e che le domande di asilo vengano esaminate “secondo criteri che rispondano agli standars più alti”. Purtroppo l’Italia si trova in intollerabile ritardo nei confronti degli altri Paesi per la mancata approvazione al termine della passata legislatura della legge sull’asilo. È urgente che la prossima legislatura approvi in tempi rapidi il disegno di legge in armonia con la Convenzione di Ginevra e con l’articolo 10/c della nostra Costituzione.

 

7.     Anche per il più vasto problema della mobilità umana, comprendente pure le politiche per l’unità familiare, per il contrasto all’emigrazione clandestina, allo sfruttamento della medesima da parte di organizzazioni criminali e alla tratta degli esseri umani, i vescovi chiedono “una politica comune per l’Unione… regole comuni a beneficio di tutti, dei migranti e della società accogliente”. Il sede comunitaria i lavori procedono rapidamente, quasi con un conteggio alla rovescia verso il traguardo fissato per il 2004. Anche in questo campo l’Italia, che per diversi aspetti più degli altri Stati sperimenta il bisogno e attende i benefici di una “interdipendenza” delle politiche migratorie, non può trovarsi in ritardo. Ma per poter avere voce credibile e influente nel contesto europeo, deve costruire anzitutto sui medesimi problemi un ampio e solido consenso interno.

 

Infine i vescovi, mentre si impegnano a partecipare al dibattito in corso in sede comunitaria, invitano “il gruppo della COMECE sulle migrazioni a continuare ad essere attivamente impegnato… e a preparare un contributo più puntuale al dibattito”. Già in occasione delle precedenti elezioni politiche la Caritas Italiana e la Fondazione Migrantes avevano preparato, col contributo di diversi altri organismi e associazioni di ispirazione cristiana e in dialogo con altre forze sociali, un contributo ampio e dettagliato, denominato “Linee guida per una legge organica sull’immigrazione”. Anche in vista della prossima legislatura gli organismi ecclesiali sopra enunciati intendono stimolare quanti sono solidali col mondo delle migrazioni, in particolare il “Coordinamento Ge.Mi.To.” delle Caritas e Migrantes delle diocesi del Nord e il “Gruppo di riflessione di area religiosa” di Roma sulle tematiche migratorie, perché le autorevoli indicazioni sopra presentate prendano corpo in proposte più concrete e dettagliate, le quali - per questa loro natura - possono non essere così convincenti e tanto meno vincolanti come i predetti orientamenti, ma non mancheranno di costituire un proficuo tavolo di riflessione.

 

         Fondazione Migrantes

         Caritas Italiana

         Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro