Dal PROGRAMMA DI RIFONDAZIONE COMUNISTA SULLE ELEZIONI POLITICHE 13 maggio 2001

3.5.3 Estendere la cittadinanza, combattere la xenofobia e il razzismo

L’attuale clima elettorale, già notevolmente imbarbarito, è reso ancora più scomposto e gravido di rischi dall’uso strumentale del tema dell’immigrazione da parte della destra. Un tema-bersaglio, che serve a raccogliere e a far fruttare quanto la destra ha seminato negli anni più recenti: l’intossicazione dell’opinione pubblica tramite il veleno del pregiudizio e della xenofobia, somministrato quotidianamente attraverso dichiarazioni, iniziative parlamentari, referendum, manifestazioni, campagne propagandistiche, e un abile e cinico utilizzo dei mass media.

Tutti gli indicatori concorrono a mostrare che, grazie all’attivazione del ciclo perverso: senso comune xenofobo – propaganda politica - legittimazione e rafforzamento del senso comune, il razzismo sembra essere diventato parte dell’idioma culturale nazionale. La subalternità del centro-sinistra, e della sinistra moderata in particolare, a un tale idioma non è servita minimamente a scalfire la capacità di presa della destra su questo terreno ed ha contribuito a legittimare il senso comune xenofobo. Si è perseguita - e si continua a perseguire - una strategia suicida, consistente nel competere con la destra sul terreno che le è proprio: per fare qualche esempio, la rivendicazione della primogenitura della “trovata” delle impronte digitali, l’applicazione della legge 40/99 (la cosiddetta Turco-Napolitano) quasi esclusivamente nel versante repressivo, il vantarsi pubblicamente dei successi repressivi (centri di detenzione ed espulsioni), il martellamento sul tema della sicurezza.

Intanto, pochissimi sono i passi avanti compiuti sul terreno della regolarizzazione, dell’inserimento sociale e della cittadinizzazione degli immigranti, i soli efficaci antidoti al veleno del razzismo e della xenofobia. Quanto alla legge sull’immigrazione in vigore, la sua applicazione [sb1] si è concentrata sulle misure repressive, eludendo quasi totalmente le poche misure miranti al conferimento di diritti civili e sociali. Quello che era stato uno degli impegni solennemente assunti dal governo, ripetutamente sbandierato dalla ministra Turco, cioè il diritto di voto nelle elezioni amministrative ai cittadini extracomunitari, è stato totalmente disatteso; per non parlare dell’impegno relativo a un’iniziativa legislativa per rendere agli stessi cittadini extracomunitari meno discriminatoria, più garantista e più agevolmente percorribile l’acquisizione della cittadinanza italiana.

Il fenomeno migratorio è sintomo ed esito delle contraddizioni laceranti del modello di “sviluppo” neoliberista, che concentra al massimo poteri, ricchezze e prerogative, e impoverisce la gran parte della popolazione mondiale.

Se l’immigrazione genera allarme in una parte dell’opinione pubblica è perché gli immigrati sono deboli sul piano dei diritti sociali, civili e politici, e dunque sono i capri espiatori ideali a cui attribuire il disagio, l’insicurezza e l’incertezza del futuro generati dal modello neoliberista.

Di fronte a un tale quadro, il Prc non può mettere la sordina al tema dell’immigrazione nel corso della campagna elettorale e oltre. Non è solo un principio etico quello che ci impone di contrastare la xenofobia e la tentazione del razzismo, alimentati dalla martellante propaganda “sicuritaria”: è che in un contesto avvelenato e imbarbarito dall’intolleranza è difficile costruire “isole” di convivenza e di solidarietà, è ardua l’espressione del conflitto sociale, è quasi impossibile parlare di comunismo o anche solo di uguaglianza e libertà; infine, un tale clima, governando le destre, sarebbe propizio a svolte antigarantiste e repressive, se non autoritarie.

E’ dunque anche il realismo politico che deve indurci ad agitare questo tema, sottraendoci alla tentazione di eluderlo o di marginalizzarlo. Esso va trattato esplicitamente e in positivo, indicando obiettivi di programma che favoriscano la convivenza fra uguali e diversi, l’inserimento sociale e la cittadinizzazione degli stranieri.

L’immigrazione è anche in Italia, come in tutti i paesi dell’Unione europea, un fenomeno consolidato da più di vent’anni, un dato permanente e strutturale, un elemento che contribuisce alla ricchezza, economica e culturale, del Paese. Ad esso occorre rapportarsi col massimo di apertura, di solidarietà, di realismo politico. E’ il realismo che impone di mettere in atto politiche volte alla regolarizzazione, all’inserimento sociale e all’uguaglianza dei diritti degli “stranieri” che vivono e lavorano nel nostro Paese: questi sono i soli efficaci antidoti al veleno del razzismo e della xenofobia.

 

Combattere la “clandestinità” e garantire sicurezza

L’esperienza dei paesi di antica immigrazione ci insegna che più si rafforzano e si generalizzano le misure repressive, più si blindano le frontiere e si incrementa il proibizionismo, più cresce l’area della “clandestinità” e della marginalità sociale, e conseguentemente lo sfruttamento selvaggio della forza-lavoro immigrata, la potenziale devianza e la microcriminalità. Solo prospettando agli immigranti la convenienza dell’ingresso legale, a partire dalla garanzia di canali d’ingresso legale realisticamente percorribili, regolati da norme più ampie e flessibili; conferendo a chi non ce l’ha il permesso di soggiorno in cambio dell’accertamento dell’identità personale; programmando una regolarizzazione permanente in presenza di requisiti obiettivi –quali il lavoro, l’alloggio, i legami sociali e familiari- è possibile pensare di sconfiggere il traffico di “clandestini” e nel contempo rassicurare l’opinione pubblica.

Inoltre, va garantito un effettivo diritto d’asilo (l’Italia, com’è noto, fra i paesi dell’Unione europea è uno dei più avari nella concessione di questo diritto). La legge sull’asilo in discussione in Parlamento da gran tempo tarda ad essere approvata. Quando invece il dare piena attuazione all’art.10 della Costituzione servirebbe a sottrarre migliaia di profughi e di richiedenti asilo allo sfruttamento dei trafficanti e al quotidiano rischio di morte.

Infine, occorre garantire la libera circolazione delle persone eliminando l’obbligatorietà del visto di ingresso per i soggiorni fino a tre mesi, per motivi di turismo, cultura, affari, visite familiari, ma anche per lavori stagionali e temporanei.

 

Superare l’apartheid

Negli anni più recenti si è rafforzata la tendenza a istituire –legalmente o di fatto- un diritto differenziato per gli stranieri. E’ una tendenza assai pericolosa che mina alla radice lo spirito della Costituzione e lo stato di diritto. La misura anticostituzionale del “trattenimento” nei Centri “di permanenza temporanea” (in realtà, di detenzione) che priva della libertà personale chi, secondo la legge italiana, non ha commesso alcun reato; la pratica diffusa dell’espulsione in sostituzione della pena, anche sulla base del semplice sospetto; quella, ancora più grave della “doppia pena”, vale a dire l’espulsione dopo l’espiazione della pena carceraria; la negazione, nei fatti, del diritto di difesa e di ricorso: tutto ciò configura un diritto speciale per gli stranieri extracomunitari, ai quali sono negate le garanzie costituzionali. Occorre opporsi alla moltiplicazione del Centri “di permanenza temporanea” e battersi per la chiusura di quelli esistenti; contrastare la “doppia pena” esigere che siano rispettati i principi della presunzione d’innocenza, del doppio grado di giurisdizione, del diritto alla difesa e al ricorso effettivi. Di conseguenza si rende ormai necessaria una revisione della legge 40 (Turco-Napoletano) soprattutto per gli articoli più repressivi e anticostituzionali (art. 11; 12; 22).

 

Uguaglianza dei diritti e cittadinanza

L’impegno dei comunisti è volto all’allargamento della cittadinanza, intesa come conferimento e godimento di diritti uguali per tutti coloro che vivono nello stesso territorio, indipendentemente dall’origine e dalle differenze culturali e religiose. In questa prospettiva, va rilanciata la rivendicazione dell’estensione ai cittadini non-comunitari del diritto di voto, attivo e passivo, nelle elezioni locali, nelle forme previste dal disegno di legge presentato da parlamentari del Prc.

S’impone, inoltre, una radicale riforma della legge attuale che regola l’acquisizione della cittadinanza italiana, fondata sul diritto di sangue e gravemente discriminatoria per i cittadini non-comunitari. Il disegno di legge in materia presentato dal Prc afferma: chi nasce sul territorio italiano è di nazionalità italiana; gli stranieri comunitari e non-comunitari, senza alcuna distinzione, possono diventare, se lo vogliono, cittadini italiani dopo quattro anni di regolare soggiorno; è possibile conservare la cittadinanza del paese di provenienza.

Bisogna superare la visione che, intendendo l'immigrazione come una questione di ordine pubblico, consegna il destino e la vita degli immigranti nelle mani del ministero degli Interni e delle questure. Riprendendo una delle più importanti rivendicazioni del movimento antirazzista, il Prc intende battersi per il trasferimento delle competenze in materia di rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno (nonché di rilascio della Carta di soggiorno) dalle questure ai comuni di residenza.

Infine bisogna impegnarsi perché la Carta di soggiorno, prevista dalla legge 40/99 ma sostanzialmente inapplicata, venga effettivamente rilasciata a quanti soggiornano regolarmente in Italia da almeno cinque anni.

Il Prc si impegna a sostenere gli immigrati nella conquista progressiva dell’uguaglianza delle opportunità e dei diritti sociali, che significa conquista di spazi di riconoscimento e di legalità; avere garantiti la tutela della propria salute e il diritto all’istruzione per sé e per i propri figli; la possibilità di entrare nel mercato del lavoro legale, combattendo il lavoro nero e lo sfruttamento; avere l’opportunità di procurarsi un alloggio utilizzando, come i cittadini italiani, il “normale” mercato degli affitti, eventualmente ricorrendo alla costituzione di “agenzie di garanzia”, anche a partecipazione pubblica, al fine di sottrarsi ai ricatti e alle condizioni-capestro cui devono attualmente sottostare.

 

I diritti dei rom e dei sinti

Il Prc si impegna a presentare una legge per regolamentare diritti e doveri dei rom e dei sinti e, in particolare per garantire: una reale scolarizzazione (con l’impegno degli EELL per il censimento dei bambini); il recupero della partecipazione sociale dei bambini in tutte le iniziative degli enti locali (ludoteche, sport, attività artistiche); lo stanziamento di fondi speciali per la formazione nel dopo-obbligo scolastico; l’alfabetizzazione degli adulti (con particolare attenzione per le donne) finalizzata alla consapevolezza dei diritti sanitari e lavorativi; l’istituzione di piccoli insediamenti abitativi diffusi e l’iscrizione alle liste per gli alloggi popolari, al fine di eliminare i “campi”; il riconoscimento delle lingue dei rom e dei sinti, al pari delle lingue di altre minoranze.

 

Verso una cittadinanza trans-nazionale

I quasi quindici milioni di stranieri presenti in Europa costituiscono una sorta di “nazione”. Benché appartengano all’inedita categoria di ”residenti non cittadini”, essi sono parte integrante della società europea e contribuiscono alla sua ricchezza. Pensare di perpetuare la loro esclusione istituzionalizzata, sancendo così un apartheid di fatto, è gravido di rischi e poco realistico. Più realistico è prendere in considerazione la possibilità di accordare la cittadinanza europea a chiunque risieda regolarmente nell’Unione da almeno cinque anni, senza subordinarla alla nazionalità degli Stati-membri.

 

 


 [sb1]Revisione Cartocci