“I minori stranieri

 

non accompagnati e irregolari ,

 

tra accoglienza in Italia

 

e rimpatrio”

 

 

 

Aspetti giuridici

 

 

 

 

 

 

 


 

 

A cura di Elena Rozzi

 

Torino, giugno 2000 (aggiornato a marzo 2001)

 

 

 

 

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INDICE

 

 

Introduzione e “guida” alla lettura  ........................................................................…….……....    p. 3

 

 

Fonti normative ed altre disposizioni analizzate ......................................................….……....  p. 5

 

 

I Parte: Aspetti procedurali: ...................................................................................…….……....     p. 7

 

La definizione di minore straniero non accompagnato ..............…………..................................       p. 8

La segnalazione del minore straniero non accompagnato .............................………..................           p. 11

Le indagini sull'identità e sulla situazione in Italia e nel Paese d’origine ................……….......            p. 18

La protezione del minore straniero nel sistema italiano di diritto internazionale privato ……...            p. 24

Affidamento, tutela e altri provvedimenti di protezione del minore sul territorio italiano…...... p. 30

La scelta tra accoglienza e rimpatrio, l’adozione del provvedimento di rimpatrio

e la sua esecuzione ......................................................................................………….................           p. 46

Il permesso di soggiorno .......................................................................………….......................        p. 62

Il diritto alla salute e all’istruzione ...................................…………........................................... p. 87

L’espulsione e il respingimento ...................…………................................................................        p. 93

Il Comitato per i minori stranieri ...................………................................................................           p. 97

 

 

II Parte: Aspetti di merito:

   Qualche riflessione sui criteri di scelta tra accoglienza in Italia e rimpatrio…………………...            p. 100

 

 

Appendice: .......................................................................……………..........................................            p. 117

 

Indice            ...............................................................................................…………….........................         p. 118

Articoli e interventi a seminari e convegni .........................................…………......................... p. 120

Altri documenti .............................................................................…………...............................      p. 138

Giurisprudenza ..................................................................................................…………...........     p. 163

Breve bibliografia sul tema dei minori stranieri non accompagnati .………...............................   p. 175

 

 


INTRODUZIONE  E “GUIDA” ALLA LETTURA

 

Questo dossier nasce con l’obiettivo di cercare risposta ad alcune domande sulla questione dei minori stranieri non accompagnati, in un momento di transizione e di forte incertezza che deriva dall’entrata in vigore di nuovi strumenti normativi (la legge 40/98, il dlgs. 113/99, la legge 476/98, i relativi regolamenti di attuazione ...) in un periodo di tempo molto breve e spesso in modo incoerente e disorganico.

 

A tal fine, abbiamo cercato di raccogliere le diverse disposizioni aventi rilevanza in materia di minori stranieri non accompagnati e irregolari, disposizioni che si trovano disperse in una serie di leggi, regolamenti, Convenzioni, appartenenti in parte alla normativa sui minori e in parte alla normativa sugli stranieri.

 

Nella definizione di “minori non accompagnati” abbiamo compreso tutti i minori non accompagnati dai genitori (o altri esercenti la potestà genitoriale), e quindi anche quelli accompagnati da parenti entro il quarto grado.

Sono state escluse, invece, le disposizioni che riguardavano specificatamente a) i minori richiedenti asilo o protezione umanitaria (per i quali sono previste specifiche garanzie); b) la sottrazione internazionale di minori; c) l’ingresso regolare di minori nell’ambito di programmi solidaristici di accoglienza temporanea; d) l’adozione; e) le o i minorenni vittime della tratta.

La fattispecie cui si fa riferimento è dunque quella del minore straniero non accompagnato dai genitori ed irregolarmente presente sul territorio italiano, non richiedente asilo o protezione umanitaria, ed emigrato con il sostanziale consenso degli esercenti la potestà genitoriale o comunque senza essere stato sottratto contro la loro volontà.

 

Le disposizioni così selezionate sono quindi state suddivise in base ad alcune problematiche come ad esempio: a chi deve essere segnalato il minore? Chi è competente a disporre  il provvedimento di rimpatrio?  A che tipo di permesso di soggiorno ha diritto il minore? ...

 

Infine, per ciascuna problematica (la segnalazione del minore; le competenze e le procedure relative al provvedimento di rimpatrio; il permesso di soggiorno ecc.) sono state analizzate le disposizioni precedentemente selezionate e si è tentato di fornire alcune risposte - ove la normativa era chiara - ovvero di porre in evidenza le contraddizioni, le lacune, le ambiguità.

 

Il dossier è suddiviso in base a queste diverse problematiche, e per ciascuna “sezione” vi è una prima parte di analisi e commento e una seconda parte in cui sono riportati gli articoli delle diverse fonti normative ed altre disposizioni che risultano rilevanti per la specifica problematica in oggetto (e sui quali si fondano l’analisi e il commento della prima parte).

Naturalmente, molti articoli sono ripetuti in diverse sezioni, in quanto risultano rilevanti per diverse problematiche.

 

 

Anche sulle questioni più delicate (come ad esempio i criteri per decidere se sia nell’interesse del minore restare sul territorio italiano ovvero essere rimpatriato) si è tentato di condurre l’analisi e il commento solo basandosi sulle norme vigenti e non invece da un punto di vista puramente etico-politico; ovvero - si potrebbe forse dire - basandosi sulle norme e sulla visione etico-politica di cui quelle norme sono espressione.

Né tanto meno abbiamo “scelto” le disposizioni che potevano confermare dei nostri convincimenti, tralasciandone altre che andassero invece in senso contrario: abbiamo cercato, cioè, di essere il più possibile oggettivi e neutrali.

 

 

Molte delle domande che ci eravamo posti, tuttavia, sono rimaste senza risposta, in quanto le norme sono assai spesso lacunose e/o contraddittorie.

Per fare fronte a tale incertezza sarà necessario, in attesa di un intervento legislativo chiarificatore, che su alcune questioni fondamentali si giunga ad un accordo tra i soggetti a diverso titolo coinvolti nella questione dei minori stranieri non accompagnati.

Senza alcuna pretesa di esaustività o completezza, consapevoli che alcune interpretazioni proposte potranno essere discutibili e senza volere insegnare niente a nessuno, ci limitiamo a sperare che questo dossier possa essere un utile strumento di lavoro.

 

 

********

 

 

Prima di iniziare la trattazione delle singole questioni, vorremmo concludere questa breve introduzione con un importante documento dell’Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e la famiglia, che mostra come il problema di una “legislazione più accogliente” per i minori stranieri non accompagnati sia sentito in quella parte della Magistratura più sensibile ai problemi dei minorenni.

 

 

"II Consiglio direttivo dell'Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e la famiglia,

preso atto dell’estrema difficoltà dell'intervento giuridico relativo ai minori stranieri non accompagnati, che dà origine a prassi molto differenziate da parte dei tribunali per i minorenni, dei giudici tutelari e della pubblica amministrazione;

considerato che nell'approccio al problema dei minori stranieri che si trovano per qualsiasi cause in Italia appare necessario sempre porsi, come deve avvenire per ogni minore, con un atteggiamento di accoglienza e di

attenzione ai concreti bisogni di ciascuno;

pur prendendo atto della positiva previsione della concessione ai minori stranieri del permesso di soggiorno per minore età, salvo l'iscrizione del minore di anni quattordici nel permesso di soggiorno del genitore o dell'affidatario straniero regolarmente soggiornanti in Italia (art. 28 regolamento del t.u. 25 luglio 1998, n. 286 sugli stranieri)

esprime

la propria preoccupazione in ordine alle seguenti questioni:

a) C'e una molteplicità di norme attinenti alla materia, alcune delle quali si sono in tempi recenti giustapposte l'una all'altra senza alcun coordina­mento e ponendosi, anzi, piu volte l'una in contrasto con l'altra. In particolare, mentre la disciplina dettata dalla legge 4 maggio 1983 n. 184, come modificata dalla legge 31 dicembre 1998 n. 476 di riforma dell'adozione internazionale, esprime una scelta di piena tutela giurisdi­zionale prevedendo nell'art. 33, comma 5 che, qualora sia comunque av­venuto l'ingresso di un minore nel territorio dello Stato al di fuori delle situazioni consentite, va data notizia al tribunale per i minorenni che va­lutata la situazione può scegliere fra provvedimenti di protezione qualo­ra ne sussistano i presupposti ovvero un rimpatrio assistito, e nell'art. 37‑bis che al minore straniero in stato di abbandono si applichino tutti gli istituti di tutela disciplinati per il minore italiano, contraddittoriamen­te con l'art. 5 del d.lvo 13 aprile 1999, n. 113 si è attribuito esclusiva­mente al Comitato per i minori stranieri il potere di stabilire le modalità di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, del rimpatrio assi­stito e del loro ricongiungimento con la famiglia di origine, senza indi­cazione dei criteri per tale attività.

b) Con ciò si crea una sovrapposizione fra organi giudiziari e autorità am­ministrative, oltretutto rendendo possibili prassi differenziate che vanno ad incidere sui diritti soggettivi della persona minore, espressamente tu­telati dalle convenzioni internazionali.

c) Ci poniamo inoltre la domanda se non sussista un profilo di incostituzio­nalità nel fatto che con il predetto art. 5 del d.lvo n. 113/1999 sia stata dettata una normativa al di fuori della delega prevista dall'art. 47, com­ma 2, legge n. 40/1998, contraddicendo inoltre la disciplina chiarissima che il Parlamento aveva dettato introducendo nella legge n. 184/1983 in materia di adozione internazionale l'art. 33, comma 5, e 1'art. 37‑bis;

manda

pertanto al Comitato di presidenza di manifestare queste preoccupazioni al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la solidarietà socia­le e al Ministro della giustizia, esprimendo la convinzione che debbano es­sere predisposti sollecitamente strumenti normativi che consentano ai giu­dici e alle pubbliche amministrazioni di operare con chiarezza in una mate­ria così complessa e delicata".

 

(Mozione votata dal Consiglio direttivo dell'Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e la famiglia nella riunione del 26‑27 novembre 1999, e pubblicata in Minorigiustizia, 1999, n. 4)


FONTI NORMATIVE ED ALTRE DISPOSIZIONI ANALIZZATE

 

 

Sono state prese in considerazione in particolare le seguenti fonti normative ed altre disposizioni*:

 

1) Convenzioni internazionali e Risoluzioni europee:

·     Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York, il 20 novembre 1989 (resa esecutiva in Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176);

·     Convenzione concernente la competenza delle autorità e la legge applicabile in materia di protezione dei minori, fatta a L’Aja, il 5 ottobre 1961 (resa esecutiva in Italia con legge 24 ottobre 1980, n. 742);

·     Convenzione europea relativa al rimpatrio dei minori, fatta a L’Aja, il 28 maggio 1970 (resa esecutiva in Italia con legge 30 giugno 1975, n. 396; internazionalmente non in vigore);

·     Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea 26 giugno 1997 sui minori non accompagnati, cittadini di paesi terzi;

 

2) Leggi e Decreti Legislativi:

·     Codice Civile, Libro Primo, Titolo IX “Della potestà dei genitori”, Titolo X “Della tutela e dell’emancipazione”, Titolo XI “Dell’affiliazione e dell’affidamento”;

·     Legge 4 maggio 1983, n. 184 “Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori”;

·     Legge 31 dicembre 1998, n. 476 “Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, fatta a L’Aja il 29 maggio 1993. Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, in tema di adozione di minori stranieri”;

·     Legge “Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, recante “Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori” nonché al titolo VIII del libro primo del codice civile” approvata in via definitiva dal Senato della Repubblica il 1 marzo 2001, non ancora promulgata: è stata citata soltanto in relazione agli artt. 1 e 2; la legge 184/83 citata nel testo è quindi precedente l’ultima legge di modifica;

·     Legge 31 maggio 1995, n. 218 “Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato”;

·     Legge 15 gennaio 1994, n. 64 “Ratifica ed esecuzione della convenzione europea sul riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia di affidamento dei minori e di ristabilimento dell'affidamento, aperta alla firma a Lussemburgo il 20 maggio 1980, e della convenzione sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, aperta alla firma a L'Aja il 25 ottobre 1980; norme di attuazione delle predette convenzioni, nonché della convenzione in materia di protezione dei minori, aperta alla firma a L'Aja il 5 ottobre 1961, e della convenzione in materia di rimpatrio dei minori, aperta alla firma a L'Aja il 28 maggio 1970”;

·     Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286 “Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”;

·     Decreto Legislativo 13 aprile 1999, n. 113 “Disposizioni correttive al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell'articolo 47, comma 2, della legge 6 marzo 1998, n. 40";

 

3) Regolamenti e altri decreti:

·     Decreto del Presidente della Repubblica 1 dicembre 1999, n. 492 “Regolamento recante norme per la costituzione, l'organizzazione e il funzionamento della Commissione per le adozioni internazionali, a norma dell'articolo 7, commi 1 e 2, della legge 31 dicembre 1998, n. 476”;

·     Decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394 “Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero a norma dell’articolo 1, comma 6 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286”;

·     Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 9 dicembre 1999, n. 535 “Regolamento concernente i compiti del Comitato per i minori stranieri, a norma dell'articolo 33, commi 2 e 2-bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286”;

·     “Piano nazionale di azioni e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva 2000-2001” (legge 415/97) – Testo approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 2000;

·     Ministero degli Affari Esteri – Decreto Interministeriale 12 luglio 2000 “Definizione delle tipologie dei visti d’ingresso e dei requisiti per il loro ottenimento”.

 

 

4) Circolari:

·     circolare telegrafica del Ministero dell'Interno 20.6.1998 “Presenza in Italia di minori stranieri non accompagnati di nazionalità albanese. Questioni connesse al rimpatrio”;

·     circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Affari Sociali - Comitato per i minori stranieri 8.7.1998 “Minori albanesi non accompagnati”;

·     circolare del Ministero dell’Interno del 26.4.1999 “Rilascio visti per il ricongiungimento familiare in favore di minori affidati”

·     circolare del Ministero dell’Interno 23.12.1999 “D.P.R. 31 agosto 1999 - Regolamento di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”;

·     circolare del Ministero della Sanità 24.3.2000, n. 5 “D. Lgs. 25 luglio 1998, n. 286 Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero - Disposizioni in materia di assistenza sanitaria;

·     circolare del Ministero dell’Interno 14.4.2000 “Comitato per i minori stranieri”;

·     Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per gli Affari Sociali – Comitato per i minori stranieri – Osservazioni del Presidente. Testo approvato dal Comitato per i minori stranieri nella riunione del 2 maggio 2000;

·     circolare del Ministero dell’Interno 13.11.2000, “Permessi di soggiorno per minore età, rilasciati ai sensi dell’art. 28, comma 1 lettera a) del D.P.R. 394/99”;

·     Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per gli Affari Sociali – Comitato per i minori stranieri – Minori stranieri non accompagnati - Linee Guida deliberate nella riunione dell’11 gennaio 2001.

 

[Circolari precedenti l’entrata in vigore del T.U. 286/98, non più valide, ma comunque citate in una "prospettiva storica":

·     circolare del Ministero dell’Interno 20.7.1993, n. 32 “Minori stranieri privi di permesso di soggiorno in stato di abbandono in Italia”;

·     circolare del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale 16.6.1994, n. 67 “Minori extracomunitari in stato di abbandono in Italia – Accesso all’impiego”;

·     circolare del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale 19.9.1995 “Minori extracomunitari in stato di abbandono in Italia – Accesso all’impiego”;

·     circolare del Ministero dell’Interno 23.9.1995, n. 29 “Minori extracomunitari in stato di abbandono in Italia – Accesso all’impiego”]

 

 

 

Purtroppo non è stato possibile ottenere copia della Convenzione tra il Servizio Sociale Internazionale e il Dipartimento per gli Affari Sociali. Le uniche informazioni a nostra disposizione sono dunque quelle riportate nella nota informativa redatta dal Servizio Sociale Internazionale stesso, che riportiamo in appendice.

 

 

Un’ultima notazione concerne la Convenzione dell’Aja del 1970 sul rimpatrio e le relative norme di attuazione dettate dalla legge 64/94: benchè tale Convenzione ad oggi non sia internazionalmente in vigore, abbiamo deciso comunque di citarne alcune disposizioni in quanto possono fornire utili indicazioni sul modo in cui si è cercato di regolare a livello internazionale l’istituto del rimpatrio.

 


 

 

 

 

 

PARTE I:

 

 

ASPETTI PROCEDURALI


LA DEFINIZIONE DI MINORE STRANIERO NON ACCOMPAGNATO

 

 

Preliminarmente alle altre questioni, andrà chiarita la definizione di “minore straniero non accompagnato” e quindi quali minori rientrino in tale definizione.

 

Il Regolamento del Comitato per i minori stranieri stabilisce (riprendendo sostanzialmente la definizione della Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea del 26.6.97) che per minore straniero non accompagnato si intende “il minorenne non avente cittadinanza italiana o di altri Stati dell'Unione europea che, non avendo presentato domanda di asilo, si trova per qualsiasi causa nel territorio dello Stato privo di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell'ordinamento italiano”.

 

E’ chiaro che la definizione di minore non accompagnato non coincide con quella di “minore in stato di abbandono”: vi potranno essere, cioè, minori non accompagnati che non si trovano però in stato di abbandono, in quanto sono accolti da adulti idonei a provvedervi; così come naturalmente potranno esservi minori accompagnati dai genitori che si trovano in stato di abbandono morale e materiale.

 

Sottolineiamo inoltre che, ove il minore presenti domanda di asilo, la competenza non sarà più del Comitato per i minori stranieri, ma della Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato.

 

 

Alcuni aspetti restano però da chiarire:

 

1) Riguardo alla definizione di “non accompagnato”, dovrà essere chiarito se il minore affidato di fatto (in assenza di un provvedimento formale di affidamento o tutela) ad un parente entro il quarto grado idoneo a provvedervi sia da considerarsi “minore non accompagnato”, in quanto si trova in Italia “privo di rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell'ordinamento italiano”; o se, al contrario, debba escludersi da tale definizione in quanto legittimamente affidato dai genitori nell’ambito del gruppo parentale.

Il primo Presidente del Comitato per i minori stranieri, prof. Vercellone, ha sostenuto un’interpretazione che includeva i minori affidati di fatto parenti entro il quarto grado nella definizione di “minore non accompagnato”[1].

 

2) Rispetto alla definizione di “minore”, dovrà chiarirsi se essa debba basarsi sulla legislazione italiana o sulla legislazione dello Stato di nazionalità del minore.

La legge di riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato 218/95 stabilisce infatti all’art. 42 che la protezione del minore è regolata dalla Convenzione de L’Aja del 1961 e che tale Convenzione si applica anche ai cittadini stranieri considerati minorenni solo dalla legge nazionale dello Stato di cui hanno la cittadinanza.

Tale estensione della protezione del minore anche oltre i 18 anni, ove la sua legge nazionale ponga il raggiungimento della maggiore età oltre il compimento del diciottesimo anno, deve essere applicata anche nei procedimenti in cui si decide sul suo interesse a restare in Italia o ad essere rimpatriato?

 

3) In relazione, infine, alla presentazione della domanda di asilo, non è chiaro se, in caso di rigetto della domanda da parte della Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato, la competenza passi al Comitato per i minori stranieri.

 

 


Fonti normative ed altre disposizioni relative a

“La definizione di minore straniero non accompagnato”

 

 

Regolamento del Comitato per i minori stranieri

art. 1, co. 2

2. Per "minore straniero non accompagnato presente nel territorio dello Stato", di seguito denominato "minore presente non accompagnato", s'intende il minorenne non avente cittadinanza italiana o di altri Stati dell'Unione europea che, non avendo presentato domanda di asilo, si trova per qualsiasi causa nel territorio dello Stato privo di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell'ordinamento italiano.

 

 

 

Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea 26.6.97

art. 1, co. 1

1. La presente risoluzione si applica ai cittadini di paesi terzi di età inferiore ai 18 anni che giungono nel territorio degli Stati membri non accompagnati da un adulto per essi responsabile in base alla legge o alla consuetudine e fino a quando non ne assuma effettivamente la custodia un adulto per essi responsabile.

La presente risoluzione è parimenti applicabile ai minori, cittadini di paesi terzi, rimasti senza accompagnamento successivamente al loro ingresso nel territorio degli Stati membri.

Le persone contemplate al primo e secondo comma sono in appresso denominate “minori non accompagnati”.

 

 

 

Legge 218/95

Art. 42 Giurisdizione e legge applicabile in materia di protezione dei minori

1. La protezione dei minori è in ogni caso regolata dalla Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961, sulla competenza delle autorità e sulla legge applicabile in materia di protezione dei minori, resa esecutiva con la L. 24 ottobre 1980, n. 742.

2. Le disposizioni della Convenzione si applicano anche alle persone considerate minori soltanto dalla loro legge nazionale, nonché alle persone la cui residenza abituale non si trova in uno degli Stati contraenti.

 

 

Comitato per i minori stranieri - Osservazioni del Presidente - 2 maggio 2000

[…] La categoria dei minorenni in stato di abbandono in Italia (art. 33 c.5 1.a) non coincide con quella dei minorenni stranieri non accompagnati.

Si può avere uno stato di abbandono ex art. 8 l.adoz. anche se in Italia ci sono i genitori, che qui per ipotesi lo lasciano senza assistenza morale e materiale (lo abbandonano in senso stretto, pur vivendo ancora in Italia, lo maltrattano, lo sfruttano, etc.)

Si può avere un minore straniero non accompagnato che non sia in stato di abbandono, ad esempio perché il bambino o ragazzo sia giunto qui senza il permesso dei genitori (fuggito di casa, rapito) o autorizzato da essi nell’esercizio della potestà, perché studi, lavori, cerchi qui una situazione migliore di quella che aveva a casa (vi sono frequenti contatti telefonici, il ragazzo torna ogni tanto a casa).

Infine si può avere un minore non accompagnato che sia davvero in stato di abbandono, “buttato” all’estero, soprattutto se molto giovane, senza riferimenti a parenti, od anche a persone amiche e fidate, già in Italia. […]

 

 

 

Comitato per i minori stranieri – Minori stranieri non accompagnati - Linee Guida - 11 gennaio 2001

[…] Il Comitato ha il compito ulteriore consistente nel doversi occupare dei "minori stranieri non accompagnati presenti nel territorio dello Stato", ai fini della vigilanza sull'accoglienza e del rimpatrio assistito.

La definizione di questa categoria di minori è data dal Regolamento (articolo 1, co. 2) nei termini seguenti: "minorenne non avente cittadinanza italiana o di altri Stati dell'Unione Europea che, non avendo presentato domanda d'asilo, si trova per qualsiasi causa del territorio dello Stato privo di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell'ordinamento italiano".

Questa categoria differisce da quella considerata sub 2.1., per alcuni fondamentali ragioni, fra cui le seguenti:

·       il minore non è stato "ammesso" nel territorio dello Stato, bensì vi si trova "per qualsiasi causa"; si tratta dunque, normalmente, di clandestini (salvo che si tratti di soggetti che abbiano presentato domanda di asilo);

·       il minore è "solo", cioè non può giovarsi, nel nostro Paese, della presenza dei genitori o di altri adulti "legalmente responsabili", che possano e debbano rappresentarlo e prendersi cura di lui: in caso contrario, la sua permanenza - ed anche la fine della permanenza - sul territorio nazionale sarebbe soggetta agli accidenti ed alle modalità previsti dalla legge per gli adulti (l'espulsione di un adulto entrato clandestinamente con un figlio minorenne si riferisce anche a quest'ultimo). […]

 

 

 

 

 


LA SEGNALAZIONE DEL MINORE STRANIERO NON ACCOMPAGNATO

 

 

Il primo problema che si pone a chi viene a conoscenza della presenza di un minore straniero non accompagnato (ed in particolare al pubblico ufficiale o all’incaricato di pubblico servizio) é: a quale autorità deve essere segnalato?

 

 

 

1) Le disposizioni rilevanti in materia

 

In base alle disposizioni della legge 184/83 (come modificata dalla legge 476/98), del D.P.R. 492/99, del D.P.R. 394/99 e del Regolamento del Comitato per i minori stranieri, risulta che vi sono quattro autorità alle quali viene fatta la segnalazione: il Tribunale per i minorenni, il Giudice Tutelare, il Comitato per i minori stranieri e la Commissione per le adozioni internazionali.

Le disposizioni riguardano di volta in volta il “minore in stato di abbandono”, il “minore straniero non accompagnato” (senza specificazioni ulteriori), il “minore straniero non accompagnato dai genitori o parenti entro il quarto grado”, il “minore i cui genitori non possono esercitare la potestà” ecc., con alcune sovrapposizioni e senza che vi sia sempre una chiara definizione di queste categorie.

 

Cerchiamo di analizzare sinteticamente le principali disposizioni relative alla segnalazione, distinguendo tra i minori presenti sul territorio italiano e i minori che si trovano alla frontiera.

 

1.1) I minori presenti sul territorio italiano:

 

Per quanto riguarda i minori presenti sul territorio italiano, in base a:

 

1.     la legge 184/83, art. 9 e il D.P.R. 394/99, art. 28: I pubblici ufficiali, gli incaricati di un pubblico servizio, gli esercenti un servizio di pubblica necessità, devono segnalare il minore in stato di abbandono al Tribunale per i minorenni.

 

2.     il Regolamento del Comitato per i minori stranieri, art. 5: I pubblici ufficiali, gli incaricati di pubblico servizio e gli enti che vengano comunque a conoscenza dell'ingresso o della presenza sul territorio dello Stato di un minore straniero non accompagnato devono segnalare il minore al Comitato per i minori stranieri e agli altri uffici o enti previsti dalla legge; il Comitato per i minori stranieri segnala il minore agli altri uffici o enti previsti dalla legge se non è già stata fatta la segnalazione. Le Prefetture fungono da “punto di raccolta” locale delle segnalazioni, da inviare poi al Comitato (circolare del Ministero dell’Interno del 14.4.2000). Sulla base di tali segnalazioni, il Comitato per i minori stranieri ha inoltre il compito di provvedere al censimento dei minori presenti non accompagnati (Regolamento del Comitato per i minori stranieri, art. 2, co. 2);

 

3.     la legge 476/98 (che modifica la legge 184/83) e il relativo regolamento di attuazione D.P.R. 492/99, art. 18: Il pubblico ufficiale o l’ente autorizzato che ne ha notizia devono segnalare il minore non accompagnato da genitore o parente entro il quarto grado entrato in Italia al di fuori delle situazioni consentite, al Tribunale per i minorenni del luogo in cui il minore si trova; il Tribunale, se non adotta un provvedimento di affidamento, di adozione o un provvedimento necessario in caso di urgenza, segnala a sua volta il minore alla Commissione per le adozioni internazionali perché prenda contatto con il Paese di origine (l.476/98, art. 3; l. 184/83, art. 33); la Commissione per le adozioni internazionali segnala a sua volta il minore al Comitato per i minori stranieri (D.P.R. 492/99, art. 18).

 

4.     la legge 184/83, art. 9: Il minore affidato a persona diversa dal parente entro il quarto grado per un periodo superiore a sei mesi deve essere segnalato al Giudice Tutelare, che trasmette gli atti al Tribunale per i minorenni.

 

5.     il Codice Civile, art. 343: Il minore i cui genitori non possono esercitare la potestà genitoriale viene segnalato al Giudice Tutelare per l’apertura della tutela[2].

1.2) I minori presenti in frontiera

 

Per quanto riguarda i minori presenti in frontiera, in base alla l. 184/83, art. 33 (come modificato dalla l.476/98), gli uffici di frontiera devono segnalare:

 

1.  il minore non accompagnato da genitore o parente entro il quarto grado al quale non è consentito l’ingresso in Italia e che deve essere rimpatriato alla Commissione per le adozioni internazionali perché prenda contatto con il Paese di origine;

 

2.  il minore non accompagnato da genitore o parente entro il quarto grado al quale viene consentito l’ingresso in Italia per "eventi bellici, calamità naturali o eventi eccezionali secondo quanto previsto dall'articolo 18 della legge 6 marzo 1998, n. 40, o per altro grave impedimento di carattere oggettivo" alla Commissione per le adozioni internazionali e al Tribunale per i minorenni del luogo di residenza di coloro che lo accompagnano.

 

 

 

 

2) Le questioni aperte

 

Alcune questioni restano da chiarire:

 

2.1) Relativamente ai minori presenti sul territorio italiano:

 

1. Per quanto riguarda i minori non accompagnati da parente entro il quarto grado (anche se non in stato di abbandono) e i minori accompagnati da parente entro il quarto grado ma in stato di abbandono morale e materiale, pare di capire che essi debbano essere segnalati contestualmente al Comitato per i minori stranieri e al Tribunale per i minorenni.

 

Per quanto riguarda invece i minori accompagnati da parente entro il quarto grado idoneo a provvedervi, non è chiaro se essi dovranno essere segnalati:

·     al Comitato per i minori stranieri, includendoli nella definizione di “minore non accompagnato”;

·     al Tribunale per i minorenni, ipotesi che sembra però discutibile in quanto: a) il minore non si trova in stato di abbandono; b) la legge 184/83, art. 9 prevede la segnalazione (al Giudice Tutelare, che trasmette gli atti al Tribunale) in caso di affidamento a persone diverse dai parenti entro il quarto grado: in questo senso si è espresso il Tribunale per i minorenni di Torino, dichiarandosi incompetente in merito alle domande di affidamento a parenti entro il quarto grado idonei; altri Tribunali per i minorenni, tuttavia, si sono espressi diversamente; c) la legge 184/83, art. 33 (come modificata dalla legge 476/98) prevede che debba essere segnalato al Tribunale per i minorenni o alla Commissione per le adozioni internazionali il minore non accompagnato da genitori o parenti entro il quarto grado, e quindi a contrariis sembra doversi intendere che il minore accompagnato da parente entro il quarto grado non debba essere segnalato.

·     a nessuno di questi due enti.

 

Nel caso in cui non si prevedesse alcuna segnalazione per questi minori, il controllo sul fatto che la persona che accompagna il minore sia effettivamente un parente entro il quarto grado e che questi sia moralmente e materialmente idoneo a provvedervi verrebbe di fatto attribuito ai “pubblici ufficiali, incaricati di pubblico servizio ecc.”, i quali dovranno decidere se effettuare la segnalazione (ove non siano certi che il parente sia idoneo) o non effettuarla.

 

2.  Non è chiara la funzione della segnalazione alla Commissione per le adozioni internazionali.

In primo luogo vi è contraddizione tra quanto previsto dalla l. 184/83 (come modificata da l. 476/98) e il relativo regolamento di attuazione D.P.R. 492/99: mentre la legge stabilisce che la Commissione debba prendere contatto con le autorità del Paese d’origine, nel regolamento si prevede che la Commissione debba segnalare il caso al Comitato per i minori stranieri.

In secondo luogo, il meccanismo previsto dal regolamento D.P.R. 492/99 (Tribunale per i minorenni > Commissione per le adozioni internazionali > Comitato per i minori stranieri) risulta da una parte ridondante, in quanto il Regolamento del Comitato per i minori stranieri prevede che la segnalazione venga fatta direttamente al Comitato stesso, e dall’altra parte rischia di prolungare ulteriormente i tempi di una procedura che al contrario dovrebbe essere più rapida possibile.

 

3.  Andrà chiarito se il minore privo di rappresentanza dovrà essere sempre segnalato anche al Giudice Tutelare affinché nomini un tutore (Codice Civile, art. 343), come ad esempio sostenuto in un provvedimento della Corte d’Appello di Torino[3].

 

 

 

2.2) Per quanto riguarda i minori presenti in frontiera:

 

1.  Non è chiaro se la Commissione per le adozioni internazionali dovrà segnalare al Comitato per i minori stranieri anche i minori segnalati dagli uffici di frontiera (sia quelli ai quali non viene consentito l’ingresso e che devono essere rimpatriati, sia quelli ai quali viene consentito l’ingresso), in analogia a quanto previsto dal D.P.R. 492/99 per i minori presenti sul territorio italiano; ovvero se per questi minori sarà competente direttamente la Commissione per le adozioni internazionali (e, limitatamente ai minori ai quali viene consentito l’ingresso, il Tribunale per i minorenni), come sembrerebbe in base alla lettera della legge 476/98.

 

2.  Infine, per quanto riguarda i minori ai quali viene consentito l'ingresso per "eventi bellici, calamità naturali o eventi eccezionali […], o per altro grave impedimento di carattere oggettivo", è di difficile interpretazione il riferimento alla competenza del Tribunale per i minorenni del "luogo di residenza di coloro che accompagnano il minore", trattandosi appunto di minori non accompagnati.

 


Fonti normative ed altre disposizioni relative a

“La segnalazione del minore straniero non accompagnato”

 

 

Legge 184/83 (come modificata dalla l. 476/98)

Art. 9. Chiunque ha facoltà di segnalare alla autorità pubblica situazioni di abbandono di minori di età.

I pubblici ufficiali, gli incaricati di un pubblico servizio, gli esercenti un servizio di pubblica necessità, debbono riferire al più presto al tribunale per i minorenni sulle condizioni di ogni minore in situazione di abbandono di cui vengono a conoscenza in ragione del proprio ufficio.

La situazione di abbandono può essere accertata anche d'ufficio dal giudice.

Gli istituti di assistenza pubblici o privati devono trasmettere semestralmente al giudice tutelare del luogo, ove hanno sede, l'elenco di tutti i minori ricoverati con l'indicazione specifica, per ciascuno di essi, della località di residenza dei genitori, dei rapporti con la famiglia e delle condizioni psicofisiche del minore stesso. Il giudice tutelare, assunte le necessarie informazioni, riferisce al tribunale per i minorenni sulle condizioni di quelli tra i ricoverati che risultano in situazioni di abbandono, specificandone i motivi.

Il giudice tutelare, ogni sei mesi, procede ad ispezioni negli istituti ai fini di cui al comma precedente. Può procedere ad ispezioni straordinarie in ogni tempo.

Chiunque, non essendo parente entro il quarto grado, accoglie stabilmente nella propria abitazione un minore, qualora l'accoglienza si protragga per un periodo superiore a sei mesi, deve, trascorso tale periodo, darne segnalazione al giudice tutelare, che trasmette gli atti al tribunale per i minorenni con relazione informativa. L'omissione della segnalazione può comportare l'inidoneità ad ottenere affidamenti familiari o adottivi e l'incapacità all'ufficio tutelare.

 

Art. 33. — 1. Fatte salve le ordinarie disposizioni relative all'ingresso nello Stato per fini familiari, turistici, di studio e di cura, non è consentito l'ingresso nello Stato a minori che non sono muniti di visto di ingresso rilasciato ai sensi dell'articolo 32 ovvero che non sono accompagnati da almeno un genitore o da parenti entro il quarto grado.

[…]

 3. Coloro che hanno accompagnato alla frontiera un minore al quale non viene consentito l'ingresso in Italia provvedono a proprie spese al suo rimpatrio immediato nel Paese d'origine. Gli uffici di frontiera segnalano immediatamente il caso alla Commissione affinché prenda contatto con il Paese di origine del minore per assicurarne la migliore collocazione nel suo superiore interesse.

 4. Il divieto di cui al comma 1 non opera nel caso in cui, per eventi bellici, calamità naturali o eventi eccezionali secondo quanto previsto dall'articolo 18 della legge 6 marzo 1998, n. 40, o per altro grave impedimento di carattere oggettivo, non sia possibile l'espletamento delle procedure di cui al presente Capo e sempre che sussistano motivi di esclusivo interesse del minore all'ingresso nello Stato. In questi casi gli uffici di frontiera segnalano l'ingresso del minore alla Commissione ed al tribunale per i minorenni competente in relazione al luogo di residenza di coloro che lo accompagnano.

5. Qualora sia comunque avvenuto l'ingresso di un minore nel territorio dello Stato al di fuori delle situazioni consentite, il pubblico ufficiale o l'ente autorizzato che ne ha notizia lo segnala al tribunale per i minorenni competente in relazione al luogo in cui il minore si trova. Il tribunale, adottato ogni opportuno provvedimento temporaneo nell'interesse del minore, provvede ai sensi dell'articolo 37-bis, qualora ne sussistano i presupposti, ovvero segnala la situazione alla Commissione affinché prenda contatto con il Paese di origine del minore e si proceda ai sensi dell'articolo 34.

 

 

 

D.P.R. 394/99

art. 28

1. Quando la legge dispone il divieto di espulsione, il questore rilascia il permesso di soggiorno:

a) per minore età, salvo l’iscrizione del minore degli anni quattordici nel permesso di soggiorno del genitore o dell’affidatario stranieri regolarmente soggiornanti in Italia. Se si tratta di minore abbandonato, è immediatamente informato il Tribunale per i minorenni per i provvedimenti di competenza;

 

 

 

 

D.P.R. 492/99

Art. 18.

Minori stranieri accolti o presenti nello Stato ai sensi dell'articolo 33 del decreto legislativo n. 286 del 1998

1. Sono fatte salve le competenze del Comitato per i minori stranieri di cui all'articolo 33 del decreto legislativo 25 luglio 1988, n. 286, come modificato dal decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 113, e del relativo decreto di attuazione, concernenti l'ingresso, il soggiorno, l'accoglienza e l'affidamento temporanei e il rimpatrio assistito dei minori accolti nell'ambito  di programmi solidaristici, ovvero presenti per qualsiasi causa nel territorio dello Stato e privi di assistenza e di rappresentanza. La Commissione provvede a comunicare al Comitato per i minori stranieri i nominativi dei minori la cui presenza e' segnalata sul territorio dello Stato ai sensi dell'articolo 33, comma 5, della legge sull'adozione.

 

 

 

Regolamento del Comitato per i minori stranieri

art. 5, co. 1 e 2

1. I pubblici ufficiali, gli incaricati di pubblico servizio e gli enti, in particolare che svolgono attivita' sanitaria o di assistenza, i quali vengano comunque a conoscenza dell'ingresso o della presenza sul territorio dello Stato di un minorenne straniero non accompagnato, sono tenuti a darne immediata notizia al Comitato, con mezzi idonei a garantirne la riservatezza. La notizia deve essere corredata di tutte le informazioni disponibili relative, in particolare, alle generalita', alla nazionalita', alle condizioni fisiche, ai mezzi attuali di sostentamento ed al luogo di provvisoria dimora del minore, con indicazione delle misure eventualmente adottate per far fronte alle sue esigenze.

2. La segnalazione di cui al comma 1 non esime dall'analogo obbligo nei confronti di altri uffici o enti, eventualmente disposto dalla legge ad altri fini. Il Comitato e' tuttavia tenuto ad effettuare la segnalazione ad altri uffici o enti, quando non risulti in modo certo che essa sia stata gia' effettuata.

 

art. 2, co. 2

2. Ai fini del comma 1, il Comitato: [...]

i) provvede al censimento dei minori presenti non accompagnati, secondo le modalita' previste dall'articolo 5.

 

 

 

Circolare del Ministero dell’Interno 20.6.1998

oggetto: Presenze in Italia di minori non accompagnati di nazionalità albanese – Questioni connesse al rimpatrio

[...] Relativamente poi alla questione nei suoi aspetti generali, appare doveroso ricordare che la presenza di tali minori deve essere prontamente segnalata dalle autorità responsabili affinché siano adottati i conseguenti provvedimenti sia ai sensi della l.40/98, sia dell’art.9, l.184/83, al fine dell’accertamento dell’eventuale stato di abbandono.

Comunque, a prescindere dall’effettiva esistenza di uno stato di abbandono e degli eventuali provvedimenti conseguenti a tale accertamento, di competenza del tribunale per i Minorenni, si raccomanda alle SS.LL che ogni singola posizione venga comunicata al Comitato per i minori stranieri, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri – dipartimento Affari Sociali, ai sensi dell’art.31, l.40/98, per i necessari contatti con le autorità albanesi, al fine di adottare le misure più opportune, secondo procedure già concordate.

Tali contatti, in base ad un Accordo intergovernativo, promosso nel 1997, dal Ministro per la Solidarietà Sociale con il Governo albanese, sono curati dal Servizio Sociale internazionale di Roma a cui è affidato il compito di promuovere tutte le possibili iniziative per il rimpatrio assistito e protetto dei richiamati minori, sempre previo favorevole avviso dell’autorità giudiziaria minorile.

Per motivi di uniforme trattazione delle richieste, si pregano le Prefetture che avessero già interessato il Comitato Minori o il Servizio Sociale Internazionale sui singoli casi, di rinnovare la segnalazione aggiungendo gli elementi informativi a disposizione.

 

 

 

Circolare Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per gli Affari Sociali – Comitato per la tutela dei minori stranieri 8.7.1998

oggetto: minori albanesi non accompagnati

In merito alle procedure relative al rilascio del nullaosta per il rimpatrio di minori albanesi, nell’ambito della convinzione stipulata tra codesto S.S.I. e questo Dipartimento, si ritiene opportuno che codesto S.S.I. comunichi direttamente il nullaosta al rimpatrio alla competente Prefettura o Questura (nonché ad eventuali altre amministrazioni) ed al Comitato, riportando nel testo la frase “…salvo diverso avviso di codesto Comitato tutela minori” che si riserva di esprimere parere contrario entro 48 ore dalla comunicazione.

Pertanto attraverso la formula del “silenzio assenso”, si viene a razionalizzare la procedura stessa.

Un’identica procedura del soggiorno di un minore, può essere impiegata nei casi in cui, sulla base degli accertamenti esperiti, si ritenga opportuno formulare parere positivo alla regolarizzazione del soggiorno di un minore da comunicarsi alle amministrazioni interessate.

 

 

 

Circolare del Ministero dell’Interno 14.4.2000

Oggetto: Comitato per i minori stranieri

Come noto, con d.p.c.m. 9 dicembre 1999, n. 535, è stato emanato il regolamento (all.1) che disciplina i compiti del Comitato per i minori stranieri, istituto dall’art. 33 del T.U. delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, approvato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modifiche ed integrazioni.

Tra le competenze di tale Consesso, indicate dall’art. 2, comma 2, del citato decreto, vi è anche quella (lettera i) di provvedere al censimento dei minori stranieri non accompagnati presenti sul territorio nazionale, secondo le modalità previste dal successivo art. 5.

Al riguardo, durante le prime riunioni del Comitato, è apparso indispensabile, ai fini dell’istituzione di una banca dati dei soggetti in argomento e dell’effettuazione del censimento degli stessi, prevedere subito la creazione di un’organizzazione decentrata di raccolta dei dati, in grado di essere interfaccia, sul territorio, con il maggior numero di enti ed uffici, che, in ragione della propria attività, possono venire comunque a conoscenza dell’ingresso o della presenza sul territorio dello Stato di minorenni stranieri non accompagnati.

Per la gestione di tale funzione, quindi, il Presidente del Comitato ha chiesto a questo Ministero la collaborazione delle Prefetture anzitutto per la diffusione sul territorio, a tutti gli enti pubblici e privati indicati dall’art. 5 predetto (quali Questure, Tribunali per i minorenni, giudici tutelari, A.S.L., Comuni, Province, Associazioni del privato sociale), di un modello di rilevamento unificato in grado di semplificare il lavoro del Comitato; in secondo luogo, di fungere da punto di raccolta dei modelli stessi al fine di semplificare il flusso delle informazioni.

Per aderire a tale richiesta, pertanto, e tenuto altresì conto della particolare importanza che riveste la minuziosa conoscenza del fenomeno anche ai fini della prevenzione del disagio e della criminalità dei minori extracomunitari, le SS.LL. sono pregate di voler diffondere il modello in questione (all.2) nel modo più capillare agli enti ed Uffici interessati, curando a regime, successivamente, la raccolta dei modelli stessi una volta compilati e l’invio dei medesimi, con cadenza almeno settimanale, direttamente alla segreteria del Comitato per i minori stranieri, avente sede presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento per gli Affari Sociali, Via Veneto 56 – 00187 Roma (tel. 06/4824889 – Fax 06/48161615).

Si fa presente, che:

- per accordi intercorsi con il Ministero della Giustizia, che provvederà a diramare apposite direttive, la distribuzione dei modelli ai Tribunali per i minorenni sarà curata soltanto dalle Prefetture dove ha sede il Tribunale stesso;

- qualora al momento della restituzione dei modelli al Comitato, vi fossero più moduli compilati per lo stesso minore da Enti diversi, tali moduli dovranno essere comunque inviati non separatamente, bensì uniti insieme;

- al fine di “fotografare” in maniera completa la situazione sulla presenza di minori non accompagnati, il modulo dovrà essere compilato e spedito anche per quei minori, attualmente presenti sul territorio e per i quali sia stata già effettuata in precedenza apposita comunicazione.

Nel sottolineare la particolare rilevanza che riveste la distribuzione e la raccolta dei dati per una corretta impostazione della costituenda banca dati dei minori presenti non accompagnati, si prega di voler fornire un cortese cenno di adempimento.

 

 

Comitato per i minori stranieri - Osservazioni del Presidente - 2 maggio 2000

 […] C, 2) Nella materia dei minori presenti non accompagnati la competenza esclusiva riguarda:

1) Il censimento, operazione che è da prevedere inonderà il Comitato di notizie da parte dei soggetti ex art. 5 c.1, sarà indispensabile che la notizia sia davvero corredata di tutte le informazioni disponibili soprattutto al fine dello accertamento dello status del minore non accompagnato, ricordando che l’identità del minore è accertata dalle autorità di P.S., in collaborazione con le rappresentanze diplomatiche consolari.

Il C.M.S. sta esaminando il problema di come gestire le segnalazioni. E’ indispensabile avvalersi di procedure informatiche ma pare debba passare molto tempo perché se ne ottenga la dotazione. Al più presto si conta di dare più precise informazioni anche solo per questo periodo di transazione. […]

 

 

 

Comitato per i minori stranieri – Minori stranieri non accompagnati - Linee Guida - 11 gennaio 2001

[…] Sulla base di quanto sin qui detto, pare opportuno precisare che le competenti autorità che vengano a conoscenza di un minore straniero non accompagnato devono:

a)     Accertare

-       l'identità ed in particolare l'età di lui;

-       se esistono e dove stanno i familiari del minorenne, cercando di ottenere direttamente da lui ogni utile informazione in merito;

-       quali le condizioni di vita, le ragioni del suo ingresso nel territorio italiano, gli studi compiuti, le attività di formazione e di lavoro svolte, le intenzioni per il futuro sia del minorenne che dei suoi genitori e tutori, anche riguardo al rimpatrio;

b)     Informare il Comitato delle indagini svolte e dunque delle informazioni raccolte.

 

[…] Le autorità competenti sono invitate ad informare il Comitato dei casi di minorenni trovati coinvolti in situazioni di sfruttamento, violenza, riduzione in schiavitù, ai quali sia stato rilasciato permesso di soggiorno per motivi di protezione, con inserimento della vittima in programmi di assistenza e reintegrazione secondo quanto disposto dall'art. 18 del T.U. 268/98. […]

 


LE INDAGINI SULL’IDENTITA’

E SULLA SITUAZIONE IN ITALIA E NEL PAESE D’ORIGINE

 

 

Le indagini sull’identità e sulla situazione del minore in Italia e nel Paese di origine costituiscono un aspetto centrale al fine del perseguimento del superiore interesse del minore, e in particolare per una valutazione in ordine all’interesse del minore a restare sul territorio italiano ovvero ad essere rimpatriato.

E’ importante che le indagini siano efficaci e tempestive, in modo da consentire una decisione ben fondata in tempi rapidi, riducendo al minimo quel periodo di incertezza sul proprio futuro che può provocare gravi danni al minore.

Per questo è importante che siano chiaramente stabilite le competenze e le procedure, evitando inutili ripetizioni delle indagini.

 

Questione più complessa, ma altrettanto centrale, è poi quella relativa agli elementi che verranno presi in considerazione per valutare la situazione in Italia e nel Paese d’origine. Questa seconda questione è naturalmente strettamente connessa agli aspetti di merito nella scelta tra accoglienza e rimpatrio: i criteri che saranno utilizzati per decidere se sia nell’interesse del minore restare in Italia o essere rimpatriato determineranno quali fattori andranno considerati nelle indagini.

 

Accenniamo qui ad alcune problematiche in ordine sia alle competenze ed alle procedure, sia ai fattori da considerare per valutare la situazione in Italia e nel Paese d’origine.

 

 

 

1) Le competenze e le procedure

 

1) La competenza a disporre le indagini

 

La competenza a disporre le indagini è ovviamente connessa alla competenza ad adottare i provvedimenti a tutela del minore straniero non accompagnato, questione analizzata nelle sezioni successive.

Qui facciamo riferimento sia alle indagini disposte dal Tribunale per i minorenni che a quelle disposte dal Comitato per i minori stranieri.

 

Non è chiaro se la disposizione dell’art. 33 della l. 184/83 (come modificata dalla l. 476/98), che prevede che la Commissione per le adozioni internazionali “prenda contatto con le autorità del Paese di origine del minore”, abbia rilevanza rispetto alla competenza a disporre le indagini sulla situazione (familiare e non) nel Paese d’origine; o se invece tale competenza debba escludersi dato che il regolamento di attuazione della l. 476/98 stabilisce che la Commissione per le adozioni internazionali debba comunicare al Comitato per i minori stranieri i nominativi che le vengono segnalati.

 

Infine, nei casi in cui vi è sovrapposizione di competenze tra il Comitato per i minori stranieri e il Tribunale per i minorenni, andrà chiarito come verranno distribuite le competenze sulle indagini relative alla situazione del minore in Italia e sulla situazione nel Paese di origine, e in particolare se saranno previsti accordi tra i due organi in modo da non ripetere più volte le indagini.

A tale proposito, il prof. Vercellone osservava nelle Osservazioni del Presidente del 2 maggio 2000 che "Se si apre il procedimento [di adattabilità] si devono assolutamente fare tutte le ricerche per individuare la famiglia. […] pare opportuno che T.M. e Comitato si scambino le informazioni a loro disposizione e, forse, che le ricerche all’estero siano svolte dal Comitato che comunque le deve svolgere ex art. 5 reg. e probabilmente avrà mezzi più idonei, soprattutto dove agiscono enti internazionali convenzionati."

 

 

 

2) La competenza a svolgere le indagini

 

In base alla l. 184/83 ed al Regolamento del Comitato per i minori stranieri:

 

1. Le indagini sull’identità del minore sono svolte dalle autorità di pubblica sicurezza, se necessario in collaborazione con le rappresentanze diplomatico-consolari del Paese d'origine (Regolamento del Comitato per i minori stranieri, art. 5, co. 3);

 

2. Le indagini sulla situazione del minore in Italia e nel Paese d’origine:

-     se disposte dal Tribunale per i minorenni sono svolte dai servizi locali e dalle autorità di pubblica sicurezza (l. 184/83, art. 10), delegando all’autorità consolare competente ove i genitori o i parenti entro il quarto grado risiedano all'estero (l.184/83, art. 12);

-     se disposte dal Comitato per i minori stranieri sono svolte dalle “competenti amministrazioni pubbliche e da idonei organismi nazionali ed internazionali”, con i quali il Dipartimento per gli affari sociali può stipulare apposite convenzioni (Regolamento del Comitato per i minori stranieri, art. 2, co. 2).

 

Le Linee Guida del Comitato per i minori stranieri dell’11 gennaio 2001 dispongono che “[…] le competenti autorità che vengano a conoscenza di un minore straniero non accompagnato devono: a) Accertare: - l'identità ed in particolare l'età di lui; - se esistono e dove stanno i familiari del minorenne, cercando di ottenere direttamente da lui ogni utile informazione in merito; - quali le condizioni di vita, le ragioni del suo ingresso nel territorio italiano, gli studi compiuti, le attività di formazione e di lavoro svolte, le intenzioni per il futuro sia del minorenne che dei suoi genitori e tutori, anche riguardo al rimpatrio”

 

Andranno chiariti i rispettivi ruoli dei diversi organi, e in particolare:

 

1. riguardo alle indagini sulla situazione del minore in Italia: quale sarà il ruolo degli organismi nazionali o internazionali con cui il Dipartimento per gli Affari Sociali ha stipulato e stipulerà convenzioni (come il Servizio Sociale Internazionale), rispetto al ruolo che compete invece ai servizi sociali locali?

 

2.  riguardo alle indagini sulla situazione nel Paese d’origine: quale sarà il ruolo:

-       dei servizi sociali italiani, che attualmente svolgono in parte questa attività (ad esempio per i casi di minori marocchini);

-       dei servizi sociali del Paese d’origine;

-       del Servizio Sociale Internazionale e degli altri organismi nazionali o internazionali con cui il Dipartimento per gli Affari Sociali stipulerà convenzioni;

-       del Consolato italiano nel Paese di origine.

 

3.  verranno previste modalità diverse a seconda della nazionalità dei minori, ad esempio per i minori albanesi le indagini saranno svolte dal Servizio Sociale Internazionale, mentre per i minori marocchini saranno svolte da altri enti?

 

 

 

3) Le procedure:

 

Anche rispetto alle  procedure, vi sono alcuni aspetti da chiarire. Accenniamo a due di questi aspetti (tali questioni sono riprese e approfondite più avanti, nel capitolo “La scelta tra accoglienza e rimpatrio, l’adozione del rimpatrio e la sua esecuzione”):

 

1.  Quali saranno le modalità con cui il minore dovrà essere sentito (come indicato dalla Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea del 26.6.97, art. 3, co. 1)?

In particolare, andrà chiarito se il minore dovrà essere sentito dai servizi sociali del Comune in cui è domiciliato (il Regolamento del Comitato per i minori stranieri, art. 7, co.2, fa riferimento agli “enti interessati all’accoglienza”), ovvero dal Comitato per i minori stranieri, o da un’altra autorità.

A tale proposito, le Linee Guida del Comitato per i minori stranieri dell’11 gennaio 2001 chiariscono che “[…] l'audizione del minore per accertarne l'opinione in merito ad un eventuale rimpatrio assistito che non può essere fatta direttamente dal Comitato, è riservata all'autorità locale, la quale dovrà fare in modo che ne risulti non solo una affermazione di consenso o dissenso ma anche le motivazioni di essa.”

 

2.  E’ necessario che venga effettuato un ultimo controllo subito prima dell’eventuale rimpatrio in modo da verificare che, nel periodo – che spesso si protrare a lungo – tra il momento in cui sono state effettuate le indagini e il momento in cui viene effettuato il rimpatrio, la situazione (familiare e più generale) nel Paese d’origine non si sia modificata

 

 
2) I fattori da valutare

 

Riguardo agli elementi che saranno presi in considerazione per valutare la situazione in Italia e nel Paese di origine, ci limitiamo ad accennare ad alcune questioni[4]:

 

1)  Quali saranno i criteri per valutare la situazione nel Paese di origine?

- l’esistenza dei genitori, o di altre persone cui il minore sia affidato, o di parenti entro il quarto grado con i quali il minore abbia mantenuto rapporti significativi, o di parenti tenuti agli alimenti;

- l’idoneità della famiglia a provvedere al mantenimento, all’educazione e all’istruzione del minore;

- il grado di consapevolezza dei genitori, nei casi in cui essi abbiano “mandato” il minore in Italia in una situazione di pregiudizio (ad es. affidandolo ad adulti che lo sfruttano);

- la volontà della famiglia di riaccogliere il minore, distinguendo tra la disponibilità a riaccoglierlo ove il minore sia rimpatriato, e il vero e proprio consenso al rimpatrio;

- la disponibilità ad accogliere il minore da parte di istituti di assistenza;

- le opportunità formative, lavorative e assistenziali nel Paese di origine;

- altro …

 

2)  Quali saranno i criteri per valutare la situazione del minore in Italia?

- l’esistenza ed idoneità di parenti entro il quarto grado in Italia;

- la disponibilità di famiglie, singoli o comunità di tipo familiare ad accogliere il minore in affidamento;

- la disponibilità di associazioni ed altri enti a prendere in tutela il minore ed a provvedervi;

- le opportunità formative, lavorative e assistenziali disponibili in Italia;

- altro …

 

A tale proposito, le Linee Guida del Comitato per i minori stranieri dell’11 gennaio 2001 dispongono che “Si avrà pertanto riguardo alle risultanze delle ricerche che verranno effettuate nel Paese di origine ovvero di abituale residenza, e si avrà inoltre riguardo, all'atto delle decisioni di assumere, delle condizioni di accoglienza nel nostro Paese, di eventuali percorsi scolastici o formativi intrapresi.”

 

 

 

 

 


Fonti normative ed altre disposizioni relative a

“Le indagini sull’identità e sulla situazione in Italia e nel paese d’origine”

 

 

Legge 184/83 (come modificata dalla l. 476/98)

Art. 10. Il presidente del tribunale per i minorenni, o un giudice da lui delegato, ricevute le informazioni di cui all'articolo precedente, dispone di urgenza tramite i servizi locali e gli organi di pubblica sicurezza approfonditi accertamenti sulle condizioni giuridiche e di fatto del minore, sull'ambiente in cui ha vissuto e vive ai fini di verificare se sussiste lo stato di abbandono.

 

Art. 12. Quando attraverso le indagini effettuate consta l'esistenza dei genitori o di parenti entro il quarto grado indicati nell'articolo precedente, che abbiano mantenuto rapporti significativi con il minore, e ne è nota la residenza, il presidente del tribunale per i minorenni con decreto motivato fissa la loro comparizione, entro un congruo termine, dinanzi a sé o ad un giudice da lui delegato.

Nel caso in cui i genitori o i parenti risiedano fuori dalla circoscrizione del tribunale per i minorenni che procede, la loro audizione può essere delegata al tribunale per i minorenni del luogo della loro residenza.

In caso di residenza all'estero è delegata l'autorità consolare competente.

[...]

 

Art. 13. Nel caso in cui i genitori ed i parenti di cui all'articolo precedente risultino irreperibili ovvero non ne sia conosciuta la residenza, la dimora o il domicilio, il tribunale per i minorenni provvede alla loro convocazione ai sensi degli articoli 140 e 143 del codice di procedura civile, previe nuove ricerche tramite gli organi di pubblica sicurezza.

 

Art. 33 “[...] segnala la situazione alla Commissione [per le adozioni internazionali] affinché prenda contatto con il Paese d’origine del minore [...]”

 

 

 

Regolamento del Comitato per i minori stranieri

art. 2, co. 2

2. Ai fini del comma 1, il Comitato: [...]

e) accerta lo status del minore non accompagnato ai sensi dell'articolo 1, comma 2, sulla base delle informazioni di cui all'articolo 5;

f) svolge compiti di impulso e di ricerca al fine di promuovere l'individuazione dei familiari dei minori presenti non accompagnati, anche nei loro Paesi di origine o in Paesi terzi, avvalendosi a tal fine della collaborazione delle competenti amministrazioni pubbliche e di idonei organismi nazionali ed internazionali, e puo' proporre al Dipartimento per gli affari sociali di stipulare apposite convenzioni con gli organismi predetti;

[...]

i) provvede al censimento dei minori presenti non accompagnati, secondo le modalita' previste dall'articolo 5.

 

art. 5, co. 3

3. L'identita' del minore e' accertata dalle autorita' di pubblica sicurezza, ove necessario attraverso la collaborazione delle rappresentanze diplomatico-consolari del Paese di origine del minore.

 

art. 7, co 2

2. Salva l'applicazione delle misure previste dall'articolo 6, il Comitato dispone il rimpatrio assistito del minore presente non accompagnato, assicurando che questi sia stato previamente sentito, anche dagli enti interessati all'accoglienza, nel corso della procedura.

 

 

 

Comitato per i minori stranieri - Osservazioni del Presidente - 2 maggio 2000

[…] 2) Se si apre il procedimento [di adattabilità] si devono assolutamente fare tutte le ricerche per individuare la famiglia. […] pare opportuno che T.M. e Comitato si scambino le informazioni a loro disposizione e, forse, che le ricerche all’estero siano svolte dal Comitato che comunque le deve svolgere ex art. 5 reg. e probabilmente avrà mezzi più idonei, soprattutto dove agiscono enti internazionali convenzionati.

 

 

 

Comitato per i minori stranieri – Minori stranieri non accompagnati - Linee Guida - 11 gennaio 2001

[…] Sulla base di quanto sin qui detto, pare opportuno precisare che le competenti autorità che vengano a conoscenza di un minore straniero non accompagnato devono:

a)     Accertare

-       l'identità ed in particolare l'età di lui;

-       se esistono e dove stanno i familiari del minorenne, cercando di ottenere direttamente da lui ogni utile informazione in merito;

-       quali le condizioni di vita, le ragioni del suo ingresso nel territorio italiano, gli studi compiuti, le attività di formazione e di lavoro svolte, le intenzioni per il futuro sia del minorenne che dei suoi genitori e tutori, anche riguardo al rimpatrio;

b)     Informare il Comitato delle indagini svolte e dunque delle informazioni raccolte.

c)     Provvedere intanto all'accoglienza.

 

[…] Questo significa che la valutazione di tale interesse da parte del Comitato non può essere fatta in modo preventivo e generale, anche solo per categorie astratte, ma tenendo conto, volta per volta, dell'interesse concreto di ogni determinato minorenne. Comunque il Comitato valuterà quell'interesse in modo particolare per quanto riguarda i ragazzi di età superiore ai 14 anni, già inseriti in un percorso scolastico e/o di formazione-lavoro. Più in generale adatterà le proprie decisioni in merito all'eventuale rimpatrio, alla verifica delle condizioni nelle quali si è realizzato il temporaneo soggiorno del minore straniero nel territorio nazionale, con particolare riguardo all'accoglienza offertagli ed alle provvidenze scolastiche di cui ha potuto usufruire.

 

[…] 4.3 La decisione del rimpatrio non potrà mai essere assunta senza una previa valutazione delle condizioni del minore: il rimpatrio non dovrà essere in nessun caso "automatico". Tutto quanto indicato nei punti precedenti circa la verifica delle sue condizioni, delle condizioni della famiglia e del paese di rientro dovranno essere attentamente considerate in vista della decisione. Si avrà pertanto riguardo alle risultanze delle ricerche che verranno effettuate nel Paese di origine ovvero di abituale residenza, e si avrà inoltre riguardo, all'atto delle decisioni di assumere, delle condizioni di accoglienza nel nostro Paese, di eventuali percorsi scolastici o formativi intrapresi.

 

[…] 4.4 Si precisa ancora che:

a)     l'audizione del minore per accertarne l'opinione in merito ad un eventuale rimpatrio assistito che non può essere fatta direttamente dal Comitato, è riservata all'autorità locale, la quale dovrà fare in modo che ne risulti non solo una affermazione di consenso o dissenso ma anche le motivazioni di essa.

b)     Il Comitato , ove ritenga essere presenti le condizioni per il rimpatrio, si informerà in ogni caso, presso il Tribunale per i minorenni competente del luogo di dimora del minorenne in Italia, dell'eventuale esistenza di procedure in corso, onde ottenere il necessario nulla osta previsto dall'art. 2 bis u.p. dell'art. 33 T.U. n. 296/1998.

c)     Se a seguito delle informazioni ottenute dal Comitato, anche attraverso l'intervento di organismi internazionali coi quali esistano convenzioni o con la collaborazione delle autorità consolari e diplomatiche straniere in Italia, risultassero non esistenti nuclei familiari del minorenne, o autorità del Paese d'origine disposti ad assumerne l'affidamento a seguito di rimpatrio, il Comitato ne informerà l'autorità giudiziaria competente per la valutazione dell'eventuale stato di abbandono e per i conseguenti provvedimenti. In proposito si terrà conto delle raccomandazioni formulate in sede internazionale (cfr. linee-guida UNHCR) per cui le ricerche dei familiari, di un minorenne straniero apparentemente abbandonato, debbono proseguire per almeno due anni prima di potere dichiarare lo stato di abbandono.

 

 

 

Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea 26.6.97

art. 3, co. 1 e 3

1. Gli Stati membri dovrebbero sforzarsi di stabilire l'identità di un minore il più rapidamente possibile dopo il suo arrivo, come pure il fatto che non è accompagnato. Le informazioni sulla identità e situazione di un minore possono essere ottenute in vari modi, in particolare attraverso un adeguato colloquio con l'interessato, che deve aver luogo al più presto e in modo adatto alla sua età.

Le informazioni ottenute devono essere adeguatamente registrate. Nella richiesta, raccolta, trasmissione e archiviazione delle informazioni ottenute si deve dar prova di grande cura e riservatezza, in particolare nel caso di richiedenti asilo, al fine di proteggere tanto i minori quanto i loro familiari. In particolare, queste prime informazioni possono aumentare le prospettive di ricongiungimento del minore con la sua famiglia nel paese d'origine o in un paese terzo.

[…]

3. Gli Stati membri dovrebbero adoperarsi, ai fini del ricongiungimento, per rintracciare il più rapidamente possibile i familiari di un minore non accompagnato o per individuare il domicilio di detti familiari, indipendentemente dal loro status giuridico e senza previo esame della fondatezza di un'eventuale domanda di soggiorno.

I minori non accompagnati possono anche essere incoraggiati e aiutati a prendere contatto con il Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR), con organizzazioni nazionali della Croce Rossa o altre organizzazioni per rintracciare i loro familiari. Soprattutto nel caso di richiedenti asilo, in tutti i contatti presi in tal senso si dovrebbe garantire la debita riservatezza al fine di proteggere sia il minore sia i suoi familiari.

 

 

 


LA PROTEZIONE DEL MINORE STRANIERO

NEL SISTEMA ITALIANO DI DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO

 

 

In base alla legge di riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato 218/95, la protezione del minore straniero presente sul territorio italiano è regolata:

·     in generale, dalla Convenzione dell’Aja del 1961 sulla competenza delle autorità e sulla legge applicabile in materia di protezione dei minori (l. 218/95, art. 42);

·     per le norme di applicazione necessaria, dalla legge italiana (l. 218/95, art. 17);

·     per i rapporti tra genitori e figli, dalla legge nazionale del figlio (l. 218/95, art. 36).

 

 

 

Il richiamo alla Convenzione del 1961

 

L’art. 42 della legge 218/95 di riforma del diritto privato internazionale stabilisce  che:

·     la protezione dei minori  è in ogni caso regolata dalla Convenzione dell’Aja del 1961;

·     tale Convenzione si applica anche alle persone considerate minori soltanto dalla loro legge nazionale[5] ed ai minori non abitualmente residenti in uno Stato contraente.

 

Rientrano nelle misure di protezione dei minori (tra le altre): la tutela, l’affidamento, il collocamento in luogo sicuro del minore in stato di abbandono, la limitazione e decadenza dalla potestà genitoriale.

 

 

 

L’autorità competente

 

La Convenzione del 1961 regola la competenza in materia di protezione dei minori nel modo seguente:

·     in via generale, è competente lo Stato di residenza abituale del minore[6];

·     in via sussidiaria, ove l’interesse del minore lo esiga, è competente lo Stato di nazionalità del minore;

·     in via provvisoria e d’urgenza, è competente lo Stato di residenza abituale del minore o lo Stato in cui il minore si trova.

 

Il riferimento alla Convenzione del 1961 ha quindi determinato nel diritto internazionale privato italiano l’abbandono dei criteri della cittadinanza del minore e della cittadinanza, residenza o domicilio del genitore, e l’assunzione invece, a criterio generale, della residenza abituale del minore.

 

1)  La competenza in via generale:

Le autorità giudiziarie e amministrative italiane sono competenti in via generale ad adottare misure di protezione nei confronti del minore che sia abitualmente residente in Italia, indipendentemente dalla sua nazionalità (art. 1 Convenzione del 1961).

 

Le autorità italiane devono però riconoscere i rapporti d’autorità ex lege, cioè quei rapporti che derivano di pieno diritto dalla legislazione dello Stato di nazionalità del minore e che non necessitano di alcun provvedimento giudiziario o amministrativo (in primo luogo, dunque, la potestà genitoriale) (art. 3  Convenzione del 1961).

I rapporti d’autorità ex lege costituiscono dunque un limite alla competenza in via generale dello Stato di residenza abituale: si ritiene che le autorità italiane, in quanto autorità dello Stato di residenza abituale del minore straniero, possano intervenire con misure che incidano su tale rapporto d’autorità, ma non sopprimerlo.

 

 

2)  La competenza in via sussidiaria, ove l’interesse del minore lo esiga:

Le autorità dello Stato di nazionalità del minore che sia abitualmente residente in Italia possono adottare misure di protezione del minore ove l’interesse del minore lo esiga, esigenza che dovrebbe rilevarsi ove le autorità italiane non adempiano all’obbligo di protezione nei confronti del minore. Le misure adottate dallo Stato di nazionalità del minore sostituiscono quelle eventualmente adottate in via generale dallo Stato di residenza abituale.

Lo Stato di nazionalità del minore deve previamente informare lo Stato di residenza abituale dell’adozione di misure di protezione e può affidare a quest’ultimo l’applicazione delle misure adottate (artt. 4 e 6 Convenzione del 1961).

 

3)  La competenza in via provvisoria e d’urgenza:

In base all’art. 8 della Convenzione del 1961, le autorità giudiziarie e amministrative italiane possono intervenire ove il minore abitualmente residente in Italia sia minacciato da un serio pericolo, adottando misure di protezione provvisorie, fintantochè il minore è minacciato dal serio pericolo.

In base all’art. 9 della Convenzione del 1961, le autorità giudiziarie e amministrative italiane in tutti i casi di urgenza possono adottare misure di protezione nei confronti del minore che si trova in Italia (anche se non abitualmente residente).

Le misure provvisorie ed urgenti possono modificare le misure eventualmente adottate dallo Stato di nazionalità o di residenza abituale del minore e i rapporti d’autorità ex lege.

 

4)  Il coordinamento con lo Stato di nazionalità del minore:

Quando le autorità giudiziarie o amministrative italiane adottano delle misure di protezione nei confronti del minore straniero abitualmente residente o che si trova in Italia devono informarne le autorità dello Stato di nazionalità del minore, tramite l’autorità centrale designata allo scopo (art. 11 Convenzione del 1961).

 

 

 

La legge applicabile

 

Dal punto di vista della legge applicabile, la Convenzione del 1961 distingue tra due regimi:

·     il regime relativo ai rapporti d’autorità ex lege: è regolato dalla legge dello Stato di nazionalità del minore (art. 3 Convenzione del 1961);

·     il regime in mancanza di rapporti d’autorità ex lege: è regolato in base al principio della coincidenza tra autorità competente e legge applicabile, ovvero l’autorità giudiziaria e amministrativa competente applicherà la legge interna dello Stato cui appartiene: di conseguenza, quando le autorità giudiziarie o amministrative italiane adottano misure di protezione nei confronti del minore straniero, applicano la legge italiana (artt. 2 e 4 Convenzione del 1961).

 

 

 

Le autorità italiane competenti

 

1)  Per quanto riguarda la competenza in via generale dello Stato italiano in quanto Stato di residenza abituale del minore straniero, la competenza delle diverse autorità giudiziarie e amministrative è regolata dalla legislazione italiana in materia (art. 2 Convenzione del 1961).

 

2)  Per quanto riguarda la competenza sussidiaria (ove l’interesse del minore lo esiga) dello Stato di nazionalità del minore:

Ove lo Stato di nazionalità del minore abitualmente residente in Italia adotti misure di protezione e ne affidi l’applicazione alle autorità italiane, la competenza all’attuazione di tali provvedimenti è del Giudice Tutelare del luogo ove il minore risiede, in base a quanto disposto dalla legge 64/94, art. 4, co. 4.

 

3)  Per quanto riguarda la competenza in via provvisoria e d’urgenza, la legge 64/94, art. 4, co. 3 stabilisce che la competenza è del Tribunale per i minorenni del luogo ove il minore risiede.

 

Questa formulazione sembra voler intendere un’interpretazione restrittiva in contrasto con il dettato della Convenzione del 1961, in quanto fa riferimento al “luogo ove il minore risiede” (espressione che sembra riferirsi alla residenza anagrafica) invece che al luogo ove il minore risiede abitualmente (art. 8) o ove si trova (art. 9).

E’ da ritenersi che la norma debba interpretarsi in conformità a quanto disposto dalla Convenzione del 1961, e che quindi il Tribunale per i minorenni possa adottare misure provvisorie ed urgenti anche nei confronti dei minori abitualmente residenti in Italia o (per le misure ex art. 9) anche solo presenti in Italia.

 

4) Per quanto riguarda il coordinamento con lo Stato di nazionalità del minore, la legge 64/94, art. 3, co. 4 stabilisce che l’autorità centrale competente ad informare lo Stato di nazionalità del minore circa le misure adottate dalle autorità giudiziarie o amministrative italiane è l’Ufficio per la Giustizia Minorile presso il Ministero di Grazia e Giustizia.

Dunque, ogni volta che un’autorità giudiziaria o amministrativa italiana adotta una misura di protezione nei confronti di un minore straniero, deve comunicarlo all’Ufficio per la Giustizia Minorile presso il Ministero di Grazia e Giustizia, in modo che questi informi le autorità dello Stato di nazionalità del minore.

 

 

 

Le norme di applicazione necessaria

 

L’art. 17 della legge 218/95 di riforma del diritto internazionale privato stabilisce la prevalenza delle norme italiane di applicazione necessaria.

Tali possono essere considerate le disposizioni della legge 184/83 e del Codice Civile relative ai minori in stato di abbandono.

 

 

 

I rapporti tra genitori e figli

 

L’art. 36 della legge 218/85 di riforma del diritto internazionale privato stabilisce che i rapporti personali e patrimoniali tra genitori e figli, compresa la potestà dei genitori, sono regolati dalla legge nazionale del figlio.

Si ritiene, tuttavia, che le autorità italiane possano intervenire sull’esercizio della potestà da parte del genitore a protezione del minore ex artt. 8 e 9 della Convenzione del 1961 ove questi sia minacciato da un serio pericolo e nei casi di urgenza.

 

 

 

La definizione di residenza abituale

 

Dato che in via generale la competenza relativa alla protezione del minore è attribuita allo Stato ove questi ha la sua residenza abituale, è evidente che gli obblighi dello Stato italiano e l’ampiezza delle misure che le autorità italiane potranno adottare nei confronti del minore straniero dipenderanno in modo cruciale dalla definizione di “residenza abituale” [7].

 

La Convenzione del 1961 non contiene una definizione di residenza abituale. Tale definizione non è univoca, ma nella giurisprudenza straniera la residenza abituale viene in genere definita come il centro di gravità della vita del minore, facendo riferimento agli effettivi legami familiari e sociali del minore.

La definizione dello Stato di residenza abituale attiene a una valutazione di fatto e non di diritto, tanto che può essere considerato tale anche lo Stato in cui il minore sia stato trasferito illegittimamente (cioè contro la volontà dei genitori). Esso non coincide né con lo Stato nazionale né con lo Stato di residenza anagrafica, né del minore né dei genitori.

In questa valutazione assume particolare importanza (anche se non risolutiva, dato che si tratta di una valutazione di fatto e caso per caso) l’elemento temporale: lo Stato in cui il minore si trova può essere cioè considerato “Stato di residenza abituale” dopo un certo periodo di tempo, che in giurisprudenza viene spesso fissato intorno ai 6 mesi.

Altro aspetto importante nella valutazione è la volontà del minore e quella della sua famiglia, fattori che naturalmente hanno una loro rilevanza nel far sì che un determinato ambiente possa essere considerato come il centro di gravità della vita del minore.

 

Dunque il minore straniero irregolarmente presente sul territorio italiano può essere considerato “abitualmente residente” in Italia in considerazione degli effettivi legami che si sono creati tra il minore ed il territorio, del tempo trascorso, della volontà sua e dei genitori.

In tal caso, ove il minore venga considerato “abitualmente residente” sul territorio italiano, lo Stato italiano diviene competente in via generale ad adottare tutte le misure di protezione nei suoi confronti (tranne quelle che modificano radicalmente i rapporti d’autorità ex lege) e, ove il minore sia minacciato da un serio pericolo, anche misure che modificano misure eventualmente adottate dallo Stato di nazionalità del minore e rapporti d’autorità ex lege.

 


Fonti normative ed altre disposizioni relative a

“La protezione del minore straniero nel sistema italiano di diritto internazionale privato”

 

Legge 218/95

Art. 17

Norme di applicazione necessaria

1. E’ fatta salva la prevalenza sulle disposizioni che seguono delle norme italiane che, in considerazione del loro oggetto e del loro scopo, debbono essere applicate nonostante il richiamo alla legge straniera.

 

Art. 36

Rapporti tra genitori e figli

I rapporti personali e patrimoniali tra genitori e figli, compresa la potestà dei genitori, sono regolati dalla legge nazionale del figlio.

 

Art. 42 Giurisdizione e legge applicabile in materia di protezione dei minori

1. La protezione dei minori è in ogni caso regolata dalla Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961, sulla competenza delle autorità e sulla legge applicabile in materia di protezione dei minori, resa esecutiva con la L. 24 ottobre 1980, n. 742.

2. Le disposizioni della Convenzione si applicano anche alle persone considerate minori soltanto dalla loro legge nazionale, nonché alle persone la cui residenza abituale non si trova in uno degli Stati contraenti.

 

 

Convenzione dell’Aja del 1961

Art. 1 Le autorità, sia giudiziarie che amministrative, dello Stato di residenza abituale di un minore sono competenti, salvo le disposizioni degli artt. 3, 4 e 5, terzo capoverso della presente Convenzione, ad adottare misure tendenti alla protezione della sua persona o dei suoi beni.

 

Art. 2 Le autorità competenti ai sensi dell’art. 1 adottano le misure previste dalla loro legislazione interna.

Tale legislazione stabilisce le condizioni di istituzione, modifica e cessazione di dette misure. Essa regola egualmente i loro effetti sia per quel che concerne i rapporti fra il minore e le persone o istituzioni che lo hanno a carico, sia nei confronti dei terzi.

 

Art. 3 Un rapporto d’autorità risultante di pieno diritto dalla legislazione interna dello Stato di cui il minore è cittadino è riconosciuto in tutti gli Stati contraenti.

 

Art. 4 Se le autorità dello Stato di cui il minore è cittadino giudicano che l’interesse del minore lo esiga, esse possono, dopo aver informato le autorità dello Stato di sua residenza abituale, adottare in base alla loro legislazione interna misure miranti alla protezione della sua persona o dei suoi beni.

Tale legislazione stabilisce le condizioni di istituzione, modifica e cessazione di dette misure. Essa regola anche i loro effetti sia per quel che concerne i rapporti fra il minore e le persone o istituzioni che lo hanno a carico, sia nei confronti dei terzi.

L’applicazione delle misure adottate è assicurata dalle autorità dello Stato di cui il minore è cittadino.

Le misure adottate ai sensi dei capoversi che precedono del presente articolo sostituiscono le misure eventualmente adottate dalle autorità dello Stato in cui il minore ha la sua residenza abituale.

 

Art. 5 In caso di trasferimento della residenza abituale di un minore da uno Stato contraente in un altro, le misure adottate dalle autorità dello Stato della precedente residenza abituale resteranno in vigore fino a che le autorità dello Stato della nuova residenza abituale non le avranno abolite o sostituite.

Le misure adottate dall’autorità dello Stato della precedente residenza abituale saranno abolite o sostituite solo dopo un preavviso alle suddette autorità.

In caso di trasferimento di un minore che era sotto la protezione delle autorità dello Stato di cui egli è cittadino, le misure da queste adottate sulla base della loro legislazione interna resteranno in vigore nello Stato della nuova residenza abituale.

 

Art. 6 Le autorità dello Stato di cui il minore è cittadino possono, d’accordo con quelle dello Stato in cui egli ha la sua residenza o possiede dei beni, affidare a queste ultime l’applicazione delle misure adottate.

La stessa facoltà è data alle autorità dello Stato di residenza abituale del minore nei confronti delle autorità dello Stato in cui il minore possiede dei beni.

 

Art. 7 Le misure adottate dalle autorità competenti ai sensi dei precedenti articoli della presente Convenzione sono riconosciute in tutti gli Stati contraenti. Se tuttavia dette misure implicano atti di esecuzione in uno Stato diverso da quello in cui esse sono state adottate, il loro riconoscimento e la loro esecuzione sono regolati sia dal diritto interno dello Stato in cui è richiesta l’esecuzione, sia dalle Convenzioni internazionali.

 

Art. 8 Nonostante le disposizioni degli artt. 3, 4 e 5, terzo capoverso, della presente Convenzione, le autorità dello Stato di residenza abituale di un minore possono adottare misure di protezione fintantoché il minore è minacciato da un pericolo serio alla sua persona o ai suoi beni.

Le autorità degli altri Stati contraenti non sono  tenute a riconoscere tali misure.

 

Art. 9 In tutti i casi di urgenza, le autorità di ogni Stato contraente, sul territorio del quale si trovano il minore o dei beni ad esso appartenenti, adottano le necessarie misure di protezione.

Le misure adottate in applicazione del precedente capoverso cesseranno, salvi i loro effetti definitivi, non appena le autorità competenti ai sensi della presente Convenzione avranno adottato le misure imposte dalla situazione.

 

Art. 10 Per quanto è possibile, al fine di assicurare la continuità del regime applicato al minore, le autorità di uno Stato contraente adottano misure nei suoi confronti soltanto dopo aver proceduto a uno scambio di vedute con le autorità degli altri Stati contraenti di cui sono ancora in vigore le decisioni.

 

Art. 11 Tutte le autorità che hanno adottato ai sensi delle disposizioni della presente Convenzione ne informeranno senza indugio le autorità dello Stato di cui il minore è cittadino e, se del caso, quelle dello Stato di sua residenza abituale.

Ogni Stato contraente designerà le autorità che possono dare e ricevere direttamente le informazioni di cui al precedente capoverso. [...]

 

Art. 16  Le disposizioni della presente Convenzione possono essere non applicate negli Stati Contraenti solo se la loro applicazione sia manifestamente incompatibile con l’ordine pubblico.

 

 

 

Legge 64/94

Art. 3, co. 4

4. Il Ministero di grazia e giustizia, Ufficio per la giustizia minorile, è altresì designato come autorità centrale competente per gli adempimenti di cui agli articoli 6 e 11 della convenzione de L'Aja del 5 ottobre 1961 sulla competenza delle autorità e sulla legge applicabile in materia di protezione dei minori.

 

Art. 4, co. 3 e 4

[…]

3. Il tribunale per i minorenni del luogo ove il minore risiede è competente ad adottare i provvedimenti provvisori ed urgenti previsti dagli articoli 8 e 9 della convenzione de L'Aja del 5 ottobre 1961. Del provvedimento è dato avviso all'autorità centrale.

4. L'attuazione nello Stato, ai sensi dell'articolo 6 della convenzione de L'Aja del 5 ottobre 1961, dei provvedimenti adottati dalle autorità straniere è di competenza del giudice tutelare del luogo ove il minore risiede, ovvero, ricorrendo l'ipotesi, del luogo ove si trovano i beni in ordine ai quali sono stati adottati i provvedimenti.

 


AFFIDAMENTO, TUTELA E ALTRI PROVVEDIMENTI DI PROTEZIONE

DEL MINORE SUL TERRITORIO ITALIANO

 

 

Analizziamo in questa sezione alcune problematiche relative ai provvedimenti che le autorità giudiziarie e amministrative italiane possono adottare a protezione del minore straniero non accompagnato (con l’esclusione del provvedimento di rimpatrio)[8].

 

Ricordiamo in primo luogo quanto disposto dall’art. 20 della Convenzione di New York:

 “1. Ogni fanciullo il quale é temporaneamente o definitivamente privato del suo ambiente familiare oppure che non può essere lasciato in tale ambiente nel suo proprio interesse, ha diritto ad una protezione e ad aiuti speciali dello stato.

2. Gli Stati Parti prevedono per questo fanciullo una protezione sostitutiva, in conformità con la loro legislazione nazionale.

2.     Tale protezione sostitutiva può in particolare concretizzarsi per mezzo di sistemazione in una famiglia, della kafalah di diritto islamico, dell'adozione o in caso di necessità, del collocamento in un adeguato istituto per l'infanzia. Nell'effettuare una selezione tra queste soluzioni, si terrà debitamente conto della necessità di una certa continuità nell'educazione del fanciullo, nonché della sua origine etnica, religiosa, culturale e linguistica.”

 

 

I provvedimenti urgenti

 

1)  La competenza dello Stato italiano

Le autorità italiane sono competenti a disporre provvedimenti urgenti nei confronti del minore straniero presente sul territorio italiano,

·       in base alle disposizioni di necessaria applicazione del Codice Civile e della legge 184/83 (ex art. 17 della l. 218/95); in particolare l’art. 37-bis della legge 184/83 (come modificata dalla legge 476/98) stabilisce che “Al minore straniero che si trova nello Stato in situazione di abbandono si applica la legge italiana in materia di adozione, di affidamento e di provvedimenti necessari in caso di urgenza”;

·       ovvero in base all’art. 9 della Convenzione del 1961, in base al quale le autorità italiane possono intervenire in tutti i casi di urgenza nei confronti del minore straniero anche solo presente (e non abitualmente residente) sul territorio italiano (ex art. 42 della l. 218/95) .

 

 

2)  Le competenze dell’Autorità Giudiziaria minorile e del Comitato per i minori stranieri

In base a quanto disposto dal Codice Civile, dalla legge 184/83 e dalla legge 64/94, i provvedimenti urgenti sono preminentemente di competenza dell’Autorità Giudiziaria minorile.

 

Il Regolamento del Comitato per i minori stranieri, art. 3, co. 5 dispone che: “In caso di urgenza, per situazioni in relazione alle quali sia improcrastinabile l'intervento a tutela della salute psicofisica del minore, i poteri del Comitato sono esercitabili dal presidente o da un componente da lui delegato, salva la ratifica da parte del Comitato nella prima riunione successiva all'esercizio dei poteri medesimi. I provvedimenti non ratificati perdono efficacia dal momento in cui sono stati adottati.”

 

Andrà chiarito come si concilia la competenza del Comitato per i minori stranieri con quella dell’Autorità Giudiziaria minorile, ed in particolare se il Comitato debba intervenire solo quando non sia stata fatta la segnalazione all’Autorità Giudiziaria minorile.

Non è chiaro, inoltre, se il Comitato può adottare gli stessi provvedimenti che possono essere disposti dall’Autorità Giudiziaria minorile.

L’affidamento

 

1) L’autorità competente

 

1.1) La competenza dello Stato italiano

 

Le autorità italiane sono competenti a disporre provvedimenti di affidamento nei confronti del minore straniero presente sul territorio italiano:

·     anche nei confronti del minore non abitualmente residente in Italia, in quanto norma di necessaria applicazione (ex art. 17 della l. 218/95);

·     solo nei confronti del minore abitualmente residente in Italia, ove si applichi la Convenzione del 1961 (ex art. 42 della l. 218/95)[9].

 

Ove, invece, il provvedimento di affidamento sia considerato come provvedimento urgente, valgono le osservazioni fatte sopra in relazione ai provvedimenti urgenti: in tal caso, dunque, le autorità italiane potranno disporre provvedimenti di affidamento anche nei confronti del minore non abitualmente residente in Italia.

 

Come già ricordato, l’art. 37-bis della l. 184/83 stabilisce esplicitamente che al minore straniero in stato di abbandono si applica la legge italiana in materia di affidamento.

 

 

1.2) Le competenze dell’Autorità Giudiziaria minorile, dei servizi locali e del Comitato per i minori stranieri

 

L’art. 4 della l. 184/83 prevede che l’affidamento familiare sia disposto:

·       dal servizio locale, previo consenso manifestato dai genitori o dal genitore esercente la potestà, ovvero dal tutore (c.d. affidamento consensuale);

·       dal Tribunale per i minorenni, ove manchi l’assenso dei genitori esercenti la potestà o del tutore; in tal caso si applicano gli articoli 330 e seguenti del Codice Civile (c.d. affidamento giudiziale).

 

Il regolamento di attuazione della legge 476/98, D.P.R. 492/99, “facendo salve” le disposizioni del dlgs. 113/99, attribuisce al Comitato le competenze “concernenti l’ingresso, il soggiorno, l’accoglienza e l’affidamento temporanei e il rimpatrio assistito dei minori […] presenti per qualsiasi causa nel territorio dello Stato e privi di assistenza e rappresentanza”: che significato ha tale riferimento all’accoglienza e all’affidamento temporanei? Implica che i provvedimenti di affidamento nel caso di minori stranieri non accompagnati dovranno essere disposti non dai servizi sociali o dal Tribunale per i minorenni, ma dal Comitato per i minori stranieri?

A quanto ci risulta, alcuni Tribunali per i minorenni – come ad esempio il Tribunale per i minorenni di Milano – si sono effettivamente espressi in questo senso, sostenendo di non essere più competenti a disporre provvedimenti di affidamento di minori stranieri non accompagnati, in quanto la competenza sarebbe ormia esclusivamente del Comitato per i minori stranieri.

E' evidente, tuttavia, che un regolamento non può modificare una legge, e quindi ci sembra pacifico che i provvedimenti di affidamento debbano essere disposti, secondo le modalità previste dalla legge 184/83, dal Tribunale per i minorenni o dai servizi sociali.

 

 

1.3) Affidamento giudiziale e affidamento consensuale

 

Come osservava l’allora Presidente del Comitato per i minori stranieri nelle Osservazioni approvate nella riunione del 2 maggio 2000, è importante che si stabiliscano regole e prassi comuni per stabilire se l’affidamento dei minori stranieri non accompagnati debba essere disposto:

1) mediante affidamento giudiziale disposto dal Tribunale per i minorenni, in mancanza dell’assenso dei genitori o del tutore;

2) ovvero mediante affidamento consensuale, disposto dai servizi locali previo consenso manifestato dai genitori o dal tutore: in questa ipotesi le vie possono essere diverse:

·     il Giudice Tutelare può nominare un tutore, che dà poi il consenso all’affidamento;

·     il consenso all’affidamento può essere manifestato dall’istituto di pubblica assistenza (ovvero, in genere, l’Ente locale) in quanto esercente i poteri tutelari ex art. 402 del Codice Civile;

·     si può ipotizzare la possibilità per i genitori di manifestare il consenso all’affidamento mediante atto notarile legalizzato presso la Rappresentanza Diplomatico-Consolare italiana nel Paese d’origine.

 

A proposito dell’affidamento consensuale, citiamo un documento del Tribunale per i minorenni e della Procura della Repubblica per i minorenni di Venezia[10] “Poiché il minorenne, non accompagnato immigrato da solo (eventualmente anche in accordo con i familiari rimasti nel paese d’origine) è pur sempre un minore nei confronti del quale i genitori non possono esercitare la potestà, il caso potrà essere segnalato al Giudice Tutelare del luogo ove il minore è stato accolto per l’apertura della tutela ai sensi dell’art. 343 Cod. Civ. Il tutore così nominato potrà dare il consenso per l’affidamento familiare, qualora sia questo il provvedimento disposto dal Servizio Locale ai sensi dell’art.4 L.Adoz. Qualora il minore sia stato accolto presso una struttura assistenziale il Comune quale Ente erogatore dell’assistenza può essere considerato Istituto di Pubblica Assistenza che esercita i poteri tutelari sul minore ricoverato o assistito ai sensi degli artt. 3 e 5 L. Adoz.”

 

 

 

2) I minori affidati a parenti entro il quarto grado

 

Una delle situazioni più frequenti e nel contempo più discusse è quella dei minori stranieri affidati di fatto a parenti entro il quarto grado idonei a provvedervi[11].

In tali casi, può essere disposto l’affidamento formale del minore al parente in base all’art. 4 della legge 184/83?

 

 

2.1) Affidamento giudiziale e affidamento consensuale

 

A) L’affidamento giudiziale:

Per quanto riguarda l’affidamento giudiziale (cioè l’affidamento disposto dal Tribunale per i minorenni quando manca l’assenso dei genitori o del tutore), alcuni giudici hanno effettivamente disposto affidamenti a parenti entro il quarto grado (ad esempio presso il Tribunale di Venezia[12]), talvolta con la motivazione della mancanza dell’atto di assenso dei genitori.

 

Altri Tribunali per i minorenni si sono invece dichiarati incompetenti a provvedere in ordine alla domanda di affidamento da parte di parenti entro il quarto grado, dopo averne verificato l'idoneità a provvedere al minore, non ravvisandosi una situazione di pregiudizio.

Il Tribunale per i minorenni, infatti, ha la funzione di controllo dell’esercizio della potestà genitoriale e di tutela del minore dalla condotta pregiudizievole dei genitori, con conseguente limitazione o decadenza della potestà (artt. 330-333 del Codice Civile), mentre non sembra sostenibile, ove il parente risulti idoneo a provvedere al minore, l’ipotesi di una condotta pregiudizievole da parte del genitore.

 

 

B) L'affidamento consensuale:

In questi casi sembrerebbe potersi disporre l’affidamento consensuale, cioè l’affidamento disposto dai servizi locali, previo consenso dei genitori o del tutore.

In genere, infatti, il minore è affidato al parente dai genitori stessi e quindi con il loro pieno consenso[13]. L’assenso dei genitori manca dunque non in senso sostanziale, ma in senso formale: manca cioè un atto con cui i genitori manifestano il loro consenso al servizio locale. In questa ipotesi dovrà essere chiarito, naturalmente, con quali modalità i genitori possano manifestare ai servizi locali il proprio consenso all’affidamento del minore: si può ipotizzare che tale consenso possa essere manifestato attraverso un atto notarile legalizzato presso la Rappresentanza Diplomatico-Consolare italiana nel Paese d’origine.

Come già visto sopra, una seconda modalità per disporre l'affidamento consensuale è che il Giudice Tutelare nomini un tutore, e che successivamente il tutore dia l'assenso all'affidamento; o, ancora, che il consenso sia manifestato dall’istituto di pubblica assistenza (ovvero, in genere, l’Ente locale) in quanto esercente i poteri tutelari ex art. 402 del Codice Civile.

 

 

2.2) L’affidamento formale a parenti entro il quarto grado

 

Alcuni Tribunali (tra cui anche il Tribunale per i minorenni di Torino[14]) e Giudici Tutelari si dichiarano incompetenti a provvedere in ordine alla domanda di affidamento da parte di parenti entro il quarto grado, argomentando a contrariis in base all’art. 9 della l. 184/83 (“Chiunque, non essendo parente entro il quarto grado, accoglie stabilmente nella propria abitazione un minore, qualora l’accoglienza si protragga per un periodo superiore a sei mesi, deve, trascorso tale periodo, darne segnalazione al giudice tutelare, che trasmette gli atti al tribunale per i minorenni con relazione informativa").

 

Ora, in base all’art. 9 della l. 184/83 il parente entro il quarto grado non ha il dovere di segnalare l’affidamento di fatto al Giudice Tutelare, ma tale disposizione non sembra escludere che egli possa segnalare tale circostanza, chiedendo un provvedimento formale. Né tanto meno sembra escludere che il parente possa chiedere la formalizzazione dell’affidamento consensuale ai servizi locali. La formalizzazione dell’affidamento al parente entro il quarto grado non è necessaria, ma non sembra neppure essere esclusa.

 

La disposizione formale dell’affidamento in questo caso non sarebbe un mero escamotage per ottenere il permesso di soggiorno, superando il problema determinato dalla mancata armonizzazione del T.U. 286/98 con la l. 184/83[15].

La formalizzazione rappresenterebbe invece una maggiore garanzia per tutelare l’interesse del minore in quanto comporterebbe un controllo da parte delle istituzioni italiane sull’identità e sull’idoneità del parente a provvedere al minore.

In caso contrario, infatti, non vi sarebbe alcuna verifica sul fatto che l’adulto al quale il minore è affidato di fatto sia realmente un parente entro il quarto grado, né che questi sia effettivamente idoneo dal punto di vista morale e materiale: gli operatori che venissero a conoscenza del minore affidato di fatto avrebbero dunque la responsabilità di questa valutazione, responsabilità alla quale tra l’altro non corrisponde la predisposizione dei mezzi necessari. Tale assenza di controllo, da alcuni ritenuta discutibile anche per quanto riguarda i minori italiani, è ancora più discutibile quando si tratti di minori stranieri i cui genitori risiedono all’estero.

Il controllo da parte dei servizi sociali potrebbe rappresentare una giusta via di mezzo tra la totale assenza di controllo e il controllo esercitato dall’Autorità Giudiziaria minorile che trova fondamento in una supposta situazione di pregiudizio.

La formalizzazione dell’affidamento, inoltre, comporta l’assunzione da parte del parente di doveri chiaramente stabiliti dalla legge (tra i quali la convivenza tra minore e affidatario) ed il controllo continuativo da parte dei servizi sociali.

Inoltre, l’affidamento consensuale con consenso manifestato dai genitori spingerebbe questi ultimi a “emergere” e ad assumersi le loro responsabilità con un atto formale reso ufficialmente presso l’Ambasciata italiana, nell’ambito delle funzioni notarili che ad essa competono. Cosa che, a sua volta, faciliterebbe il contatto tra le istituzioni italiane e i genitori — se non altro perché in questo modo si saprebbe chi siano i genitori e come poterli contattare — ai fini di una seria valutazione dell’interesse del minore, anche in vista di un suo possibile rimpatrio.

Sarebbero, infine, eliminati i dubbi, che sono stati talvolta espressi dalla Magistratura minorile, circa il rischio di aprire tutele o disporre affidamenti contro la volontà degli esercenti la potestà.

 

 

 

2.3) L’idoneità del parente a provvedere al minore

 

Infine, sia che l’affidamento formale possa essere disposto, sia che non possa essere disposto, andranno chiariti quali sono i requisiti perché il parente venga considerato idoneo a provvedere al minore, e in particolare se saranno applicati gli stessi requisiti richiesti dal T.U. 286/98 per il ricongiungimento familiare.

 

Tale ipotesi non sembrerebbe legittima in quanto i requisiti previsti dal T.U. si riferiscono alle norme sull’ingresso e il soggiorno degli stranieri ed ai provvedimenti di competenza della Questura, e non alle norme di tutela del minore di competenza dell’Autorità Giudiziaria minorile o dei servizi locali.

Tali requisiti, inoltre, proprio in quanto si riferiscono alle norme sull’ingresso e il soggiorno, sono criteri rigidi che mal si adattano alla valutazione discrezionale necessaria per perseguire il superiore interesse del minore.

Infine, l’applicazione di tali criteri comporterebbe un’irragionevole disparità di trattamento tra minori stranieri e minori italiani, in violazione del principio di non discriminazione.

 

Ci sembra dunque che l’idoneità del parente a provvedere al minore dovrebbe essere valutata caso per caso e indipendentemente dal procedimento relativo al permesso di soggiorno.

 

 

La tutela

 

1) L’autorità competente

 

Le autorità italiane sono competenti a disporre provvedimenti di tutela nei confronti del minore presente sul territorio italiano:

·     anche nei confronti del minore non abitualmente residente in Italia, in quanto norma di necessaria applicazione (ex art. 17 della l. 218/95);

·     solo nei confronti del minore abitualmente residente in Italia, ove si applichi la Convenzione del 1961 (ex art. 42 della l. 218/95).

 

 

Ove, invece, il provvedimento di tutela sia considerato come provvedimento urgente, valgono le osservazioni fatte sopra in relazione ai provvedimenti urgenti: in tal caso, dunque, le autorità italiane potranno disporre provvedimenti di tutela anche nei confronti del minore non abitualmente presente in Italia.

 

 

 

2) La necessità di aprire sempre la tutela

 

Non è chiaro se dovrà sempre essere aperta la tutela per ogni minore non accompagnato dai genitori.

 

2.1) Nel senso di una risposta positiva, le seguenti considerazioni: 

·     Il minore non accompagnato dai genitori (anche se accompagnato da parenti entro il quarto grado) si trova nella situazione prevista dal Codice Civile, art. 343 per l’apertura della tutela (“Se entrambi i genitori sono morti o per altre cause non possono esercitare la potestà dei genitori, si apre la tutela [...]”), poiché tra le cause di impossibilità ad esercitare la potestà genitoriale può essere ricompresa anche la stabile lontananza.

 

·     Il minore, che si trova in Italia privo di rappresentanza, ha necessità di un tutore per essere rappresentato in particolare nel procedimento in cui dovrà decidersi sul suo interesse a restare in Italia o ad essere rimpatriato. In tal senso, riportiamo alcuni stralci del decreto della Corte d’Appello di Torino del 10.12.1999 (est. Pazé)[16]:  “A mente dell’art. 343 cod. civ. quando i genitori per qualsiasi causa (compresa una stabile lontananza) non possono esercitare la potestà con i poteri-doveri ad essa conseguenti (mantenimento, istruzione, educazione) deve essere aperta una tutela, affinché un tutore rappresenti il minore e abbia cura della sua persona. Questa disposizione si riferisce a qualsiasi minore, italiano o straniero. Attribuire una rappresentanza tutoria ad un minore straniero, che si trovi in Italia da solo, è importante sia perché possano essere fatti valere i suoi diritti (allo studio, alla salute, all’educazione, ad una casa dove poter abitare, ad una crescita equilibrata ecc.), sia per la sua assistenza ove commetta un reato, sia specificatamente perché il tutore possa rappresentare l’interesse del minore nelle procedure amministrative o giudiziarie che deve portare ad una decisione circa la permanenza in Italia o il rimpatrio per il ricongiungimento alla famiglia. [...] Uno dei compiti del tutore di un minore straniero non accompagnato deve essere quello di rappresentarlo per la delicata scelta fra il suo rimpatrio (l’art. 17 legge 6 marzo 1998, n. 40 non consente che in situazione eccezionale l’espulsione del minorenne) o l’accoglienza nel nostro paese. [...] Di qui la necessità che un tutore ci sia - si tratti di un familiare o di un tutore burocratico - per dare al minore una voce in scelte che non possono essere prese solo sulla sua testa e che così profondamente segneranno tutta la sua vita”.

 

·     La Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea 26.6.97 stabilisce all’art. 3, co. 4 che: “Ai fini dell'applicazione della presente risoluzione gli Stati membri dovrebbero aver cura di fornire il più rapidamente possibile ai minori la necessaria rappresentanza tramite: a) una tutela legale, o b) un organismo (nazionale) incaricato della cura e del benessere dei minori, o c) altra forma adeguata di rappresentanza.”

 

 

2.2) Nel senso di una risposta negativa, invece:

·       La stabile lontananza dei genitori non comporta necessariamente l’impossibilità di esercitare la potestà, presupposto per l’applicazione dell’art. 343 Codice Civile[17];

 

·       Il Regolamento del Comitato per i minori stranieri, art. 3, co. 6 prevede la segnalazione al Giudice Tutelare per l’apertura di una tutela non in via generale ma “in caso di necessità” e solo come ipotesi eventuale: “In caso di necessita', il Comitato comunica la situazione del minore al giudice tutelare competente, per l'eventuale nomina di un tutore provvisorio.”

 

 

 

3) I “requisiti” per l’apertura della tutela

 

3.1) Un primo aspetto importante da chiarire è se per l’apertura della tutela sia necessario (come è stato talvolta richiesto dal Giudice Tutelare) che il minore possieda documenti di identità e in particolare il passaporto.

Il provvedimento di tutela è un provvedimento a protezione del minore, che trova il suo presupposto nell’impossibilità dei genitori di esercitare la potestà (art. 343 C.C.) e che dovrebbe essere disposto dal Giudice Tutelare “appena avuta notizia del fatto da cui deriva l’apertura della tutela” (art. 347 C.C.).

Di conseguenza, sembra pacifico che anche nei confronti del minore privo di documenti possa e debba essere aperta la tutela.

 

3.2) Per quanto riguarda le cosiddette “tutele civili”, andranno chiariti i requisiti che dovrà avere il progetto educativo e di inserimento su cui tali tutele si fondano, e in particolare se valgano ancora le indicazioni fornite nella nota della Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Torino riportata in appendice.

In tale nota si indicavano come condizioni indispensabili perché la tutela costituisca un effettivo sostegno educativo per il minore:

·       una situazione abitativa stabile e decente, che consenta la costante reperibilità del minore;

·       un progetto formativo o un’occupazione lavorativa volti a favorire l’inserimento sociale del minore, non potendosi a tal fine ritenere sufficiente la sola frequenza di corsi di alfabetizzazione o di scuola media per stranieri;

·       la vicinanza (non in senso fisico) di adulti che possano costituire per il minore figure positive di riferimento.

 

3.3) Per quanto riguarda invece i minori affidati di fatto a parenti, sembra che la tutela debba essere deferita al parente, ove questo risulti idoneo a prendersi cura del minore ed a rappresentarlo: il Codice Civile, art. 348 prevede infatti che il Giudice Tutelare scelga il tutore “preferibilmente tra gli ascendenti o tra gli altri prossimi parenti o affini”.

In tal caso, andranno chiariti i criteri per stabilire se il parente sia idoneo, e in particolare se essi coincidano con i requisiti richiesti per il ricongiungimento familiare, ipotesi che - come già argomentato in relazione all’affidamento - ci sembrerebbe non corretta.

 

3.4) Infine, ove non sia verificata la sussistenza di un valido progetto educativo (per quanto riguarda le tutele civili), o il parente al quale il minore è affidato non risulti idoneo, sembra che la tutela debba comunque essere aperta, deferendola ad un “ente di assistenza”, presumibilmente al Comune.

 

 

 

 

 

La competenza del Comitato per i minori stranieri rispetto all’accoglienza

 

Al Comitato per i minori stranieri sono attribuiti “i compiti di impulso e di raccordo con le amministrazioni interessate ai fini dell'accoglienza” (T.U. 286/98, art 33 , come modificato dal Dlgs. 113/99, art. 5).

Il Comitato, “al fine di garantire l'adeguata accoglienza del minore [...] puo' proporre al Dipartimento per gli affari sociali di stipulare convenzioni con amministrazioni pubbliche e organismi nazionali e internazionali che svolgono attivita' inerenti i minori non accompagnati in conformita' ai principi e agli obiettivi che garantiscono il superiore interesse del minore, la protezione contro ogni forma di discriminazione, il diritto del minore di essere ascoltato” (Regolamento del Comitato per i minori stranieri, art. 6, co. 2).

 

Come già notato sopra, infine, il regolamento di attuazione della legge 476/98 (D.P.R. 492/99) attribuisce al Comitato le competenze “concernenti l’ingresso, il soggiorno, l’accoglienza e l’affidamento temporanei e il rimpatrio assistito dei minori […] presenti per qualsiasi causa nel territorio dello Stato e privi di assistenza e rappresentanza”.


Fonti normative ed altre disposizioni relative a

“Affidamento, tutela e altri provvedimenti di protezione del minore sul territorio italiano”

 

 

Convenzione di New York

art. 20

1. Ogni fanciullo il quale é temporaneamente o definitivamente privato del suo ambiente familiare oppure che non può essere lasciato in tale ambiente nel suo proprio interesse, ha diritto ad una protezione e ad aiuti speciali dello stato.

2. Gli Stati Parti prevedono per questo fanciullo una protezione sostitutiva, in conformità con la loro legislazione nazionale.

3. Tale protezione sostitutiva può in particolare concretizzarsi per mezzo di sistemazione in una famiglia, della kafalah di diritto islamico, dell'adozione o in caso di necessità, del collocamento in un adeguato istituto per l'infanzia. Nell'effettuare una selezione tra queste soluzioni, si terrà debitamente conto della necessità di una certa continuità nell'educazione del fanciullo, nonché della sua origine etnica, religiosa, culturale e linguistica.

 

 

 

Codice Civile

Art. 317-bis Esercizio della potestà

Al genitore che ha riconosciuto il figlio naturale spetta la potestà su di lui.

Se il riconoscimento è fatto da entrambi i genitori, I'esercizio della potestà spetta congiuntamente ad entrambi qualora siano conviventi. Si applicano le disposizioni dell'art. 316. Se i genitori non convivono l'esercizio della potestà spetta al genitore col quale il figlio convive ovvero, se non convive con alcuno di essi, al primo che ha fatto il riconoscimento. Il giudice, nell'esclusivo interesse del figlio, può disporre diversamente; può anche escludere dall'esercizio della potestà entrambi i genitori, provvedendo alla nomina di un tutore. Il genitore che non esercita la potestà ha il potere di vigilare sull'istruzione, sull'educazione e sulle condizioni di vita del figlio minore.

 

Art. 330 Decadenza dalla potestà sui figli

Il giudice può pronunziare la decadenza della potestà quando il genitore viola o trascura i doveri (147; Cod. Pen. 570) ad essa inerenti o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio. In tale caso, per gravi motivi, il giudice può ordinare l'allontanamento del figlio dalla residenza familiare.

 

Art. 332 Reintegrazione nella potestà

Il giudice può reintegrare nella potestà il genitore che ne è decaduto, quando, cessate le ragioni per le quali la decadenza è stata pronunciata, e escluso ogni pericolo di pregiudizio per il figlio.

 

Art. 333 Condotta del genitore pregiudizievole ai figli

Quando la condotta di uno o di entrambi i genitori non è tale da dare luogo alla pronuncia di decadenza prevista dall'art. 330, ma appare comunque pregiudizievole al figlio, il giudice, secondo le circostanze può adottare i provvedimenti convenienti e può anche disporre l'allontanamento di lui dalla residenza familiare. Tali provvedimenti sono revocabili in qualsiasi momento.

 

Art. 336 Procedimento

I provvedimenti indicati negli articoli precedenti sono adottati su ricorso dell'altro genitore, dei parenti (77) o del pubblico ministero e, quando si tratta di revocare deliberazioni anteriori, anche del genitore interessato. Il tribunale provvede in camera di consiglio (Cod. Proc. Civ. 737) assunte informazioni e sentito il pubblico ministero. Nei casi in cui il provvedimento e richiesto contro il genitore, questi deve essere sentito. In caso di urgente necessità il tribunale può adottare, anche di ufficio, provvedimenti temporanei nell'interesse del figlio.

 

Art. 337 Vigilanza del giudice tutelare

Il giudice tutelare deve vigilare sull'osservanza delle condizioni che il tribunale abbia stabilito per l'esercizio della potestà e per l'amministrazione dei beni.

Art. 343 Apertura della tutela

Se entrambi i genitori sono morti o per altre cause non possono esercitare la potestà dei genitori, si apre la tutela presso il tribunale del circondario dove è la sede principale degli affari e interessi del minore (att. 129). Se il tutore è domiciliato o trasferisce il domicilio in altro circondario, la tutela può essere ivi trasferita con decreto del tribunale.

 
Art. 347 Nomina del tutore e del protutore

Il giudice tutelare, appena avuta notizia del fatto da cui deriva l’apertura della tutela, procede alla nomina del tutore e del protutore.

 

Art. 348 Scelta del tutore

Il giudice tutelare nomina tutore la persona designata dal genitore che ha esercitato per ultimo la patria potestà. La designazione può essere fatta per testamento (587-2), per atto pubblico o per scrittura privata autenticata (2699; 2703).

Se manca la designazione ovvero se gravi motivi si oppongono alla nomina della persona designata, la scelta del tutore avviene preferibilmente tra gli ascendenti o tra gli altri prossimi parenti o affini (74, 78) del minore, i quali, in quanto sia opportuno, devono essere sentiti.

Il giudice, prima di procedere alla nomina del tutore, deve anche sentire il minore che abbia raggiunto l'età di anni sedici.

In ogni caso la scelta deve cadere su persona idonea all'ufficio, di ineccepibile condotta, la quale dia affidamento di educare e istruire il minore conformemente a quanto è prescritto nell'art. 147.

 

Art. 354 Tutela affidata a enti di assistenza

La tutela dei minori, che non hanno nel luogo del loro domicilio parenti conosciuti o capaci di esercitare l'ufficio di tutore, può essere deferita dal giudice tutelare a un ente di assistenza nel comune dove ha domicilio il minore o all'ospizio in cui questi e ricoverato (402). L'amministrazione dell'ente o dell'ospizio delega uno dei propri membri a esercitare le funzioni di tutela (355-2)

E' tuttavia in facoltà del giudice tutelare di nominare un tutore al minore quando la natura o I'entità dei beni o altre circostanze lo richiedono.

 

Art. 357 Funzioni del tutore

Il tutore ha la cura della persona del minore (371), lo rappresenta in tutti gli atti civili e ne amministra i beni (362 e seguenti).

 

Art. 361 Provvedimenti urgenti

Prima che il tutore o il protutore abbia assunto le proprie funzioni, spetta al giudice tutelare di dare, sia d'ufficio sia su richiesta del pubblico ministero, di un parente o di un affine del minore, i provvedimenti urgenti che possono occorrere per la cura del minore o per conservare e amministrare il patrimonio. Il giudice può procedere, occorrendo, all'apposizione dei sigilli (Cod. Proc. Civ. 752 e seguenti), nonostante qualsiasi dispensa.

 

Art. 371 Provvedimenti circa l'educazione e l'amministrazione

Compiuto l'inventario, il giudice tutelare, su proposta del tutore e sentito il protutore, delibera:

l) sul luogo dove il minore deve essere allevato e sul suo avviamento agli studi o all'esercizio di un'arte, mestiere o professione, sentito lo stesso minore se ha compiuto gli anni dieci, e richiesto, quando è opportuno, I'avviso dei parenti prossimi e del comitato di patronato dei minorenni;

2) sulla spesa annua occorrente per il mantenimento e l'istruzione del minore e per l'amministrazione del patrimonio, fissando i modi d'impiego del reddito eccedente;

[...]

 

Art. 402 Poteri tutelari spettanti agli istituti di assistenza

L'istituto di pubblica assistenza esercita i poteri tutelari sul minore ricoverato o assistito (406, 412), secondo le norme del titolo X, capo I di questo libro (343 e seguenti), fino a quando non si provveda alla nomina di un tutore, e in tutti i casi nei quali l'esercizio della potestà dei genitori o della tutela sia impedito. Resta salva la facoltà del giudice tutelare di deferire la tutela all'ente di assistenza o all'ospizio, ovvero di nominare un tutore a norma dell'art. 354.

Nel caso in cui il genitore riprenda l'esercizio della potestà dei genitori, l'Istituto deve chiedere al giudice tutelare di fissare eventualmente limiti o condizioni a tale esercizio.

 

Art. 403 Intervento della pubblica autorità a favore dei minori

Quando il minore è moralmente o materialmente abbandonato o è allevato in locali insalubri o pericolosi, oppure da persone per negligenza, immoralità, ignoranza o per altri motivi incapaci di provvedere all'educazione di lui, la pubblica autorità, a mezzo degli organi di protezione dell'infanzia, lo colloca in luogo sicuro, sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione.

 

 

 

Legge 184/83 (come modificata dalla legge 476/98)

Art. 2. Il minore che sia temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo può essere affidato ad un'altra famiglia, possibilmente con figli minori, o ad una persona singola, o ad una comunità di tipo familiare, al fine di assicurargli il mantenimento, l'educazione e l'istruzione.

Ove non sia possibile un conveniente affidamento familiare, è consentito il ricovero del minore in un istituto di assistenza pubblico o privato, da realizzarsi di preferenza nell'ambito della regione di residenza del minore stesso.

 

Art. 3. L'istituto di assistenza pubblico o privato esercita i poteri tutelari sul minore ricoverato o assistito, secondo le norme del capo I del titolo X del libro I del codice civile, fino a quando non si provveda alla nomina di un tutore, ed in tutti i casi nei quali l'esercizio della potestà dei genitori o della tutela sia impedito. All'istituto di assistenza spettano i poteri e gli obblighi dell'affidatario di cui all'articolo 5.

Nel caso in cui i genitori riprendano l'esercizio della potestà, l'istituto deve chiedere al giudice tutelare di fissare eventualmente limiti o condizioni a tale esercizio.

 

Art. 4. L'affidamento familiare è disposto dal servizio locale, previo consenso manifestato dai genitori o dal genitore esercente la potestà, ovvero dal tutore, sentito il minore che ha compiuto gli anni dodici e, se opportuno, anche di età inferiore. Il giudice tutelare del luogo ove si trova il minore rende esecutivo il provvedimento con decreto.

Ove manchi l'assenso dei genitori esercenti la potestà o del tutore, provvede il tribunale per i minorenni. Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile.

Nel provvedimento di affidamento familiare debbono essere indicate specificatamente le motivazioni di esso, nonché i tempi e i modi dell'esercizio dei poteri riconosciuti all'affidatario. Deve inoltre essere indicato il periodo di presumibile durata dell'affidamento ed il servizio locale cui è attribuita la vigilanza durante l'affidamento con l'obbligo di tenere costantemente informati il giudice tutelare od il tribunale per i minorenni, a seconda che si tratti di provvedimento emesso ai sensi del primo o del secondo comma.

L'affidamento familiare cessa con provvedimento della stessa autorità che lo ha disposto, valutato l'interesse del minore, quando sia venuta meno la situazione di difficoltà temporanea della famiglia di origine che lo ha determinato, ovvero nel caso in cui la prosecuzione di esso rechi pregiudizio al minore.

Il giudice tutelare, trascorso il periodo di durata previsto ovvero intervenute le circostanze di cui al comma precedente, richiede, se necessario, al competente tribunale per i minorenni l'adozione di ulteriori provvedimenti nell'interesse del minore.

Il tribunale, sulla richiesta del giudice tutelare o d'ufficio nell'ipotesi di cui al secondo comma, provvede ai sensi dello stesso comma.

 

Art. 5. L'affidatario deve accogliere presso di sé il minore e provvedere al suo mantenimento e alla sua educazione e istruzione, tenendo conto delle indicazioni dei genitori per i quali non vi sia stata pronuncia ai sensi degli articoli 330 e 333 del codice civile, o del tutore, ed osservando le prescrizioni eventualmente stabilite dall'autorità affidante.

Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 316 del codice civile.

L'affidatario deve agevolare i rapporti tra il minore e i suoi genitori e favorirne il reinserimento nella famiglia di origine.

Le norme di cui ai commi precedenti si applicano, in quanto compatibili, nel caso di minori ospitati presso una comunità alloggio o ricoverati presso un istituto.

 

Art. 8. Sono dichiarati anche d'ufficio in stato di adottabilità dal tribunale per i minorenni del distretto nel quale si trovano, i minori in situazione di abbandono perché privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché la mancanza di assistenza non sia dovuta a forza maggiore di carattere transitorio.

La situazione di abbandono sussiste, sempre che ricorrano le condizioni di cui al comma precedente, anche quando i minori siano ricoverati presso istituti di assistenza o si trovino in affidamento familiare.

Non sussiste causa di forza maggiore quando i soggetti di cui al primo comma rifiutano le misure di sostegno offerte dai servizi locali e tale rifiuto viene ritenuto ingiustificato dal giudice.

 

Art. 9. Chiunque ha facoltà di segnalare alla autorità pubblica situazioni di abbandono di minori di età.

I pubblici ufficiali, gli incaricati di un pubblico servizio, gli esercenti un servizio di pubblica necessità, debbono riferire al più presto al tribunale per i minorenni sulle condizioni di ogni minore in situazione di abbandono di cui vengono a conoscenza in ragione del proprio ufficio.

La situazione di abbandono può essere accertata anche d'ufficio dal giudice.

Gli istituti di assistenza pubblici o privati devono trasmettere semestralmente al giudice tutelare del luogo, ove hanno sede, l'elenco di tutti i minori ricoverati con l'indicazione specifica, per ciascuno di essi, della località di residenza dei genitori, dei rapporti con la famiglia e delle condizioni psicofisiche del minore stesso. Il giudice tutelare, assunte le necessarie informazioni, riferisce al tribunale per i minorenni sulle condizioni di quelli tra i ricoverati che risultano in situazioni di abbandono, specificandone i motivi.

Il giudice tutelare, ogni sei mesi, procede ad ispezioni negli istituti ai fini di cui al comma precedente. Può procedere ad ispezioni straordinarie in ogni tempo.

Chiunque, non essendo parente entro il quarto grado, accoglie stabilmente nella propria abitazione un minore, qualora l'accoglienza si protragga per un periodo superiore a sei mesi, deve, trascorso tale periodo, darne segnalazione al giudice tutelare, che trasmette gli atti al tribunale per i minorenni con relazione informativa. L'omissione della segnalazione può comportare l'inidoneità ad ottenere affidamenti familiari o adottivi e l'incapacità all'ufficio tutelare.

Nello stesso termine di cui al comma precedente uguale segnalazione deve essere effettuata dal genitore che affidi stabilmente a chi non sia parente entro il quarto grado il figlio minore per un periodo non inferiore a sei mesi.

L'omissione della segnalazione può comportare la decadenza dalla potestà sul figlio a norma dell'articolo 330 del codice civile e l'apertura della procedura di adottabilità.

 

 Art. 10. Il presidente del tribunale per i minorenni, o un giudice da lui delegato, ricevute le informazioni di cui all'articolo precedente, dispone di urgenza tramite i servizi locali e gli organi di pubblica sicurezza approfonditi accertamenti sulle condizioni giuridiche e di fatto del minore, sull'ambiente in cui ha vissuto e vive ai fini di verificare se sussiste lo stato di abbandono.

Il tribunale può disporre in ogni momento e fino al provvedimento di affidamento preadottivo ogni opportuno provvedimento temporaneo nell'interesse del minore, ivi comprese, se del caso, la sospensione della potestà dei genitori sul figlio e dell'esercizio delle funzioni del tutore e la nomina di un tutore provvisorio.

In caso di urgente necessità, i provvedimenti di cui al comma precedente possono essere adottati dal presidente del tribunale per i minorenni o da un giudice da lui delegato.

Il tribunale, entro trenta giorni, deve confermare, modificare o revocare i provvedimenti urgenti così assunti.

Il tribunale provvede in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, i genitori, il tutore, il rappresentante dell'istituto presso cui il minore è ricoverato o la persona cui egli è affidato e tenuto conto di ogni altra idonea informazione. Deve inoltre essere sentito il minore che ha compiuto gli anni dodici e, se opportuno, anche il minore di età inferiore. I provvedimenti adottati debbono essere comunicati al pubblico ministero ed ai genitori.

Si applicano le norme di cui agli articoli 330 e seguenti del codice civile (5).

 

Art. 11. Quando dalle indagini previste nell'articolo precedente risultano deceduti i genitori del minore e non risultano esistenti parenti entro il quarto grado, il tribunale per i minorenni provvede a dichiarare lo stato di adottabilità, salvo che esistano istanze di adozione ai sensi dell'articolo 44. In tal caso il tribunale per i minorenni decide nell'esclusivo interesse del minore.

[...]

 

Art. 12. Quando attraverso le indagini effettuate consta l'esistenza dei genitori o di parenti entro il quarto grado indicati nell'articolo precedente, che abbiano mantenuto rapporti significativi con il minore, e ne è nota la residenza, il presidente del tribunale per i minorenni con decreto motivato fissa la loro comparizione, entro un congruo termine, dinanzi a sé o ad un giudice da lui delegato.

Nel caso in cui i genitori o i parenti risiedano fuori dalla circoscrizione del tribunale per i minorenni che procede, la loro audizione può essere delegata al tribunale per i minorenni del luogo della loro residenza.

In caso di residenza all'estero è delegata l'autorità consolare competente.

Udite le dichiarazioni dei genitori o dei parenti, il presidente del tribunale per i minorenni o il giudice delegato, ove ne ravvisi l'opportunità, impartisce con decreto motivato ai genitori o ai parenti prescrizioni idonee a garantire l'assistenza morale, il mantenimento, l'istruzione e l'educazione del minore, stabilendo al tempo stesso periodici accertamenti da eseguirsi direttamente o avvalendosi del giudice tutelare o dei servizi locali, ai quali può essere affidato l'incarico di operare al fine di più validi rapporti tra il minore e la famiglia.

Il presidente o il giudice delegato può, altresì, chiedere al pubblico ministero di promuovere l'azione per la corresponsione degli alimenti a carico di chi vi è tenuto per legge e, al tempo stesso, dispone, ove d'uopo, provvedimenti temporanei ai sensi del secondo comma dell'articolo 10 .

 

Art. 13. Nel caso in cui i genitori ed i parenti di cui all'articolo precedente risultino irreperibili ovvero non ne sia conosciuta la residenza, la dimora o il domicilio, il tribunale per i minorenni provvede alla loro convocazione ai sensi degli articoli 140 e 143 del codice di procedura civile, previe nuove ricerche tramite gli organi di pubblica sicurezza.

 

Art. 15. A conclusione delle indagini e degli accertamenti previsti dagli articoli precedenti, ove risulti la situazione di abbandono di cui all'articolo 8, lo stato di adottabilità del minore è dichiarato dal tribunale per i minorenni quando:

1) i genitori e i parenti convocati ai sensi degli articoli 12 e 13 non si sono presentati senza giustificato motivo;

2) l'audizione dei medesimi ha dimostrato il persistere della mancanza di assistenza morale e materiale e la non disponibilità ad ovviarvi;

3) le prescrizioni impartite ai sensi dell'articolo 12 sono rimaste inadempiute per responsabilità dei genitori.

La dichiarazione dello stato di adottabilità del minore è disposta dal tribunale per i minorenni in carnera di consiglio con decreto motivato, sentito il pubblico ministero, nonché il rappresentante dell'istituto presso cui il minore è ricoverato o la persona cui egli è affidato. Deve essere, parimenti, sentito il tutore, ove esista, ed il minore che abbia compiuto i dodici anni e, se opportuno, anche il minore di età inferiore.

 

Art. 33, co. 5

Qualora sia comunque avvenuto l'ingresso di un minore nel territorio dello Stato al di  fuori delle situazioni consentite, il pubblico ufficiale o l'ente autorizzato che ne ha notizia  lo segnala al tribunale per i minorenni competente in relazione al luogo in cui il minore si trova. Il tribunale, adottato ogni opportuno provvedimento temporaneo nell'interesse del minore, provvede ai sensi dell'articolo 37-bis, qualora ne sussistano i presupposti, ovvero segnala la situazione alla Commissione affinché prenda contatto con il Paese di origine del minore e si proceda ai sensi dell'articolo 34.

 

Art. 37-bis. — 1. Al minore straniero che si trova nello Stato in situazione di abbandono si applica la legge italiana in materia di adozione, di affidamento e di provvedimenti necessari in caso di urgenza.

 

 

 

D.P.R. 492/99

Art. 18.

Minori stranieri accolti o presenti nello Stato ai sensi dell'articolo 33 del decreto legislativo n. 286 del 1998

Sono fatte salve le competenze del Comitato per i minori stranieri di cui all'articolo 33 del decreto legislativo 25 luglio 1988, n. 286, come modificato dal decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 113, e del relativo decreto di attuazione, concernenti l'ingresso, il soggiorno, l'accoglienza e l'affidamento temporanei e il rimpatrio assistito dei minori accolti nell'ambito di programmi solidaristici, ovvero presenti per qualsiasi causa nel territorio dello Stato e privi di assistenza e di rappresentanza. La Commissione provvede a comunicare al Comitato per i minori stranieri i nominativi dei minori la cui presenza e' segnalata sul territorio dello Stato ai sensi dell'articolo 33, comma 5, della legge sull'adozione.

 

 

 

T.U. 286/98, art. 33 (come modificato dal Dlgs. 113/99, art. 5)

[...] b) le modalita' di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati presenti nel territorio dello Stato, nell'ambito delle attivita' dei servizi sociali degli enti locali e i compiti di impulso e di raccordo del Comitato di cui al comma 1 con le amministrazioni interessate ai fini dell'accoglienza, del rimpatrio assistito e del ricongiungimento del minore con la sua famiglia nel Paese d'origine o in un Paese terzo.".

 

 

 

Regolamento del Comitato per i minori stranieri

Art. 3.

 3. Il Comitato e' presieduto dal rappresentante designato dal Dipartimento per gli affari sociali e si riunisce, su convocazione del presidente, che redige l'ordine del giorno della riunione, in relazione a singole necessita' e almeno una volta ogni trimestre.

[...]

5. In caso di urgenza, per situazioni in relazione alle quali sia improcrastinabile l'intervento a tutela della salute psicofisica del minore, i poteri del Comitato sono esercitabili dal presidente o da un componente da lui delegato, salva la ratifica da parte del Comitato nella prima riunione successiva all'esercizio dei poteri
medesimi. I provvedimenti non ratificati perdono efficacia dal momento in cui sono stati adottati.
6. In caso di necessita', il Comitato comunica la situazione del minore al giudice tutelare competente, per l'eventuale nomina di un tutore provvisorio.

 

Art. 6.

Accoglienza

1. Al minore non accompagnato sono garantiti i diritti relativi al soggiorno temporaneo, alle cure sanitarie, all'avviamento scolastico e alle altre provvidenze disposte dalla legislazione vigente.

2. Al fine di garantire l'adeguata accoglienza del minore il Comitato puo' proporre al Dipartimento per gli affari sociali di stipulare convenzioni con amministrazioni pubbliche e organismi nazionali e internazionali che svolgono attivita' inerenti i minori non accompagnati in conformita' ai principi e agli obiettivi che garantiscono il superiore interesse del minore, la protezione contro ogni forma di discriminazione, il diritto del minore di essere ascoltato.

 

 

 

Comitato per i minori stranieri - Osservazioni del Presidente - 2 maggio 2000

 […] 4) Le modalità concrete per assicurare i diritti previsti dall’art. 6.

Le modalità di accoglienza sono di competenza degli enti locali, cui spetta di assicurare anche agli stranieri tutte le forme di assistenza: al Comitato spetta solo vigilanza e controllo. Ci si domanda se gli enti locali si attendano “linee guida” dal CMS.

Da molti Comuni si segnala a questo proposito l’opportunità di rivedere la regola per cui le spese relative debbono essere a carico totale dell’ente locale, tenendo conto del fatto che i ragazzi stranieri da un lato spesso sono solo provvisoriamente nel luogo dove vengono assistiti, poiché si spostano in continuità, d’altro lato che più l’ente locale fa bene il suo dovere, più li accorrono i minorenni non accompagnati. Il principio per cui l’ente locale deve curarsi dei “suoi” bambini e ragazzi, non dovrebbe valere quando si tratta di “passo” con sosta in un determinato territorio.

Un problema specifico si pone in relazione alla nomina dei tutori da parte del giudice tutelare (d’ora innanzi G.T.). anche nell’ambito dell’assistenza può essere assai importante la nomina del tutore, (che spetta al G.T. salvo che sia aperta procedura per la dichiarazione dello stato di abbandono, nel qual caso e il T.M. che nomina il tutore). In particolare si tratta di stabilire una corretta procedura per un eventuale affidamento del minorenne straniero ad una famiglia o in comunità. Si presuppone che il minorenne sia non accompagnato e quindi non siano reperibili i genitori che dovrebbero dare il consenso ex art. 4 legge sull’adozione 4 maggio 1983 n. 184 (d’ora innanzi l.adoz.). la legge prevede che “ove manchi l’assenso dei genitori” provvede il T.M. e pare di capire che questa sia la prassi generalmente seguita.

Con la nomina preventiva di un tutore, che ex art. 4 l.adoz., potrebbe dare in consenso, si eviterebbe di dover sempre passare dal tribunale per i minorenni. Si potrebbe anche ipotizzare che il consenso sia dato dall’ente locale nell’esercizio dei poteri tutelari ex art.1, n. 3 l.adoz., tenendo presente che il Comune quale ente erogatore dell’assistenza ai minorenni è da considerare istituto di pubblica assistenza che esercita i poteri tutelari sul minore ricoverato od assistito. In sostanza ove sia l’ente locale a disporre l’affidamento o in famiglia o in comunità 8con provvedimento che comprende l’implicito “consenso” di chi esercita i poteri tutelari), il G.T. potrebbe rendere esecutivo il provvedimento ex art. 4 c.1.

Si veda anche l’art. 3 della risoluzione del Cons. Europa 26 giugno 1997 per il quale occorre fornire il più rapidamente possibile la necessaria rappresentanza legale tramite una tutela legale (G.T.), oppure, come appunto è previsto dall’art. 3 l.adoz., tramite “un organismo incaricato della cura e benessere dei minori”, qual è l’ente locale, (è una ipotesi di lavoro, non una tesi: ma forse è opportuno pensarci).

Non è infine da dimenticare che l’art. 371 cod.civ. stabilisce che, aperta la tutela, è il G.T. su proposta del tutore che delibera del luogo dove il minore deve essere allevato: è norma che non è stata modificata dalla l.adoz. sicché non è da escludere che possa risolvere alcuni casi di inserimento di minorenni in famiglie o comunità.

 

[…] C, 2) Nella materia dei minori presenti non accompagnati la competenza esclusiva riguarda: […] 2) L’accoglienza, solo per quanto riguarda la vigilanza generica e l’eventuale proposta per la stipula di convenzioni.

 

[…] Infine si può avere un minore non accompagnato che sia davvero in stato di abbandono, “buttato” all’estero, soprattutto se molto giovane, senza riferimenti a parenti, od anche a persone amiche e fidate, già in Italia.

E’ questo l’ambito in cui in teoria può profilarsi un conflitto di competenza tra T.M. e Comitato quando il T.M. ritenga di avviare la procedura per la dichiarazione dello stato di adottabilità e la successiva adozione a norma anche dell’art. 40 l. 31.5.1995 n. 218 riforma del diritto internazionale privato ed il Comitato volesse invece disporre il rimpatrio assistito.

Pare però che non dovrebbero porsi problemi gravi, se si chiariscono alcune cose.

1) E’ bene che il procedimento di adottabilità sia riservato a minori di 14 anni.

2) Se si apre il procedimento si devono assolutamente fare tutte le ricerche per individuare la famiglia.

3) Il T.M. potrà rifiutare il nulla-osta al rimpatrio assistito in quanto la presenza del minore in Italia è indispensabile anche proceduralmente.

Sul punto n. 1 basti ricordare che i maggiori di 14 anni devono dare il loro consenso ed è ben difficile che lo diano dei ragazzi che siano venuti qui per emigrare, mandare i soldi a casa e poi magari tornare, specialmente se provenienti da Paesi a religione islamica che vieta l’adozione.

Sul punto n. 2 pare opportuno che T.M. e Comitato si scambino le informazioni a loro disposizione e, forse, che le ricerche all’estero siano svolte dal Comitato che comunque le deve svolgere ex art. 5 reg. e probabilmente avrà mezzi più idonei, soprattutto dove agiscono enti internazionali convenzionati.

Sul punto n. 3 il Comitato rispetterà le esigenze del T.M. di proseguire nella procedura nel permanere della presenza del minorenne in Italia.

E, 2) Provvedimenti assistenziali e comunque di tutela del minorenne al di fuori dei procedimenti adottivi

E’ da premettere che l’assistenza del minore straniero in Italia è di competenza di organi amministrativi, essenzialmente enti locali, i quali provvedono per assicurare i diritti previsti all’art. 6 reg.

L’assenza dei genitori o di altri parenti giustificano l’intervento amministrativo provvisorio a norma degli artt. 402, 403 cod.civ., 2 e 3 l.adoz.

Il G.T. potrà o dovrà procedere alla nomina di un tutore, quando ciò sia opportuno o necessario ove si richieda una decisione da parte di un legale rappresentante.

Si potrà anche procedere ad un affidamento ex art. 2 segg. l.adoz.: e sarà opportuno introdurre regole e prassi comuni per stabilire se questi affidamenti possono essere fatti direttamente dall’ente di assistenza quale esercente i poteri tutelari o sarà necessario l’assenso del tutore nominato dal G.T. o se si applica l’art. 371 cod.civ. se si dovrà provvedere tramite la decisione del T.M. in quanto non si ha la presenza e dunque il consenso dei genitori. (cfr. retro punto B, 5)

Se il minorenne resta in Italia convenientemente assistito, il Comitato non avrà altro da fare che inserire i dati nella Banca – dati (censimento), se necessario accertarne lo status e ricercare i familiari, in collaborazione con le amministrazioni interessate.

Se ricorrono invece i presupposti e le condizioni di cui all’art. 7 reg. potrà disporre il rimpatrio assistito. Sul punto è da ricordare che sia la risoluzione del Consiglio europeo sia il T.U. sia infine il regolamento del C.S.M. stabiliscono condizioni che assicurano il rispetto del migliore interesse del minore.

Ovviamente, fin quando il minorenne è in Italia, in applicazione della Convenzione dell’Aja 5 ottobre 1961 e dell’art. 42 dir.int.priv., gli organi giudiziari minorili potranno prendere tutti i provvedimenti utili o necessari nell’interesse di lui, quegli stessi provvedimenti che potrebbero prendere nei confronti di minorenni italiani.

Potranno in specie applicarsi sia gli artt. 330 e segg. cod.civ. ove si ritenga esservi stata violazione dei doveri od abuso dei poteri dei genitori, sia i provvedimenti di affidamento al servizio sociale (o ricoveri in CRM) previsti nella competenza amministrativa dei T.M. (art. 25 legge sul T.M.) quando si accerti l’irregolarità del minorenne nella condotta o nel carattere.

Dovrà essere però rispettata la Convenzione dell’Aja, informando l’autorità dello Stato del quale il minorenne è cittadino (art. 11 conv.) e collaborando con essa (art. 10 conv.).

In tutti i casi sarà necessario seguire le regole di procedura badando che il genitore sia sentito o messo in condizione di essere seguito. […]

 

 

 

Comitato per i minori stranieri – Minori stranieri non accompagnati - Linee Guida - 11 gennaio 2001

[…] Sulla base di quanto sin qui detto, pare opportuno precisare che le competenti autorità che vengano a conoscenza di un minore straniero non accompagnato devono:

·       Accertare

-       l'identità ed in particolare l'età di lui;

-       se esistono e dove stanno i familiari del minorenne, cercando di ottenere direttamente da lui ogni utile informazione in merito;

-       quali le condizioni di vita, le ragioni del suo ingresso nel territorio italiano, gli studi compiuti, le attività di formazione e di lavoro svolte, le intenzioni per il futuro sia del minorenne che dei suoi genitori e tutori, anche riguardo al rimpatrio;

·       Informare il Comitato delle indagini svolte e dunque delle informazioni raccolte.

·       Provvedere intanto all'accoglienza.

Si ricorda, su questo punto, che tra le modalità di accoglienza sono compresi tutti gli interventi utili a favorire il normale sviluppo del minorenne (quindi non il mero mantenimento o la sola ospitalità, ma anche le cure necessarie, l'istruzione, la formazione, lo sport e quant'altro necessario) in quanto i diritti del fanciullo sono, dalla Convenzione di New York, attribuiti ad ogni minorenne indifferente essendo la sua origina nazionale.

E' da precisare tuttavia che l'accoglienza ha il senso di assicurare i diritti del fanciullo per tutto il periodo in cui proseguirà la sua permanenza in Italia. Tale permanenza è intesa come temporanea, dovendosi provvedere, ove ne ricorrano le condizioni, al rimpatrio assistito, vale a dire al ricongiungimento con il nucleo parentale originario od al riaffidamento alle Autorità responsabili del paese di origine.

 

[…] 4.4  Si precisa ancora che: […] Se a seguito delle informazioni ottenute dal Comitato, anche attraverso l'intervento di organismi internazionali coi quali esistano convenzioni o con la collaborazione delle autorità consolari e diplomatiche straniere in Italia, risultassero non esistenti nuclei familiari del minorenne, o autorità del Paese d'origine disposti ad assumerne l'affidamento a seguito di rimpatrio, il Comitato ne informerà l'autorità giudiziaria competente per la valutazione dell'eventuale stato di abbandono e per i conseguenti provvedimenti. In proposito si terrà conto delle raccomandazioni formulate in sede internazionale (cfr. linee-guida UNHCR) per cui le ricerche dei familiari, di un minorenne straniero apparentemente abbandonato, debbono proseguire per almeno due anni prima di potere dichiarare lo stato di abbandono. […]

 

 

 

Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea 26.6.97

Articolo 3: Garanzie minime per tutti i minori non accompagnati

[...]

2. I minori non accompagnati, indipendentemente dal loro status giuridico, dovrebbero aver diritto alla protezione e alle cure elementari necessarie, in conformità del diritto interno dello Stato membro in questione.

3, Gli Stati membri dovrebbero adoperarsi, ai fini del ricongiungimento, per rintracciare il più rapidamente possibile i familiari di un minore non accompagnato o per individuare il domicilio di detti familiari, indipendentemente dal loro status giuridico e senza previo esame della fondatezza di un'eventuale domanda di soggiorno.

I minori non accompagnati possono anche essere incoraggiati e aiutati a prendere contatto con il Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR), con organizzazioni nazionali della Croce Rossa o altre organizzazioni per rintracciare i loro familiari. Soprattutto nel caso di richiedenti asilo, in tutti i contatti presi in tal senso si dovrebbe garantire la debita riservatezza al fine di proteggere sia il minore sia i suoi familiari.

4. Ai fini dell'applicazione della presente risoluzione gli Stati membri dovrebbero aver cura di fornire il più rapidamente possibile ai minori la necessaria rappresentanza tramite:

a) una tutela legale, o

b) un organismo (nazionale) incaricato della cura e del benessere dei minori, o

c) altra forma adeguata di rappresentanza.

5. Qualora ad un minore non accompagnato venga assegnato un tutore, questi dovrebbe provvedere in conformità della legislazione nazionale, affinché le esigenze, per esempio giuridiche, sociali, mediche o psicologiche, del minore siano debitamente soddisfatte.

 

 

 


LA SCELTA TRA ACCOGLIENZA E RIMPATRIO,

L’ADOZIONE DEL PROVVEDIMENTO DI RIMPATRIO E LA SUA ESECUZIONE

 

 

Tentiamo ora di affrontare la questione della scelta tra accoglienza e rimpatrio e dell’attuazione del rimpatrio dal punto di vista procedurale, rimandando alla seconda parte (“Aspetti di merito: Qualche riflessione sulla scelta tra accoglienza e rimpatrio”) per gli aspetti di merito.

 

 

 

1) La competenza per la scelta tra accoglienza e rimpatrio e per l’adozione del provvedimento di rimpatrio

 

1) Le disposizioni rilevanti in materia

 

Richiamiamo brevemente le principali disposizioni in materia di competenza alla scelta tra accoglienza e rimpatrio del minore e all’adozione del provvedimento di rimpatrio:

 

1) La legge 184/83, art. 33, co. 5 (come modificata dalla legge 476/98) stabilisce che:

“Qualora sia comunque avvenuto l'ingresso di un minore nel territorio dello Stato al di fuori delle situazioni consentite, il pubblico ufficiale o l'ente autorizzato che ne ha notizia lo segnala al tribunale per i minorenni competente in relazione al luogo in cui il minore si trova. Il tribunale, adottato ogni opportuno provvedimento temporaneo nell'interesse del minore, provvede ai sensi dell'articolo 37-bis, qualora ne sussistano i presupposti, ovvero segnala la situazione alla Commissione [cioè la Commissione per le adozioni internazionali] affinché prenda contatto con il Paese di origine del minore e si proceda ai sensi dell'articolo 34.”

In questo articolo sembra essere implicitamente attribuita al Tribunale per i minorenni la decisione tra l’accoglienza (da attuarsi con gli strumenti previsti dall’art. 37-bis: affidamento, adozione e provvedimenti necessari in caso di urgenza) o il rimpatrio, che non viene però disposto dal Tribunale stesso.

La formulazione dell’articolo è però estremamente ambigua e confusa: esso prevede infatti la segnalazione alla Commissione per le adozioni internazionali, che deve prendere contatto con il Paese di origine e “procedere ai sensi dell’articolo 34”, articolo che però non riguarda in alcun modo il rimpatrio.

 

2) T.U. 286/98 (come modificato dal Dlgs. 113/99); regolamento del Comitato per i minori stranieri; D.P.R. 492/99:

 

a) Il T.U. 286/98, art. 33 (come modificato dal Dlgs. 113/99, art. 5) stabilisce che “[...] Il provvedimento di rimpatrio del minore straniero non accompagnato per le finalita' di cui al comma 2, e' adottato dal Comitato di cui al comma 1 [cioè il Comitato per i minori stranieri]. Nel caso risulti instaurato nei confronti dello stesso minore un procedimento giurisdizionale, l'autorita' giudiziaria rilascia il nulla osta, salvo che sussistano inderogabili esigenze processuali."

 

b) Il Regolamento del Comitato per i minori stranieri dispone:

·     all’art. 2, co. 2:  “Ai fini del comma 1, il Comitato: [...] g) in base alle informazioni ottenute, puo' adottare, ai fini di protezione e di garanzia del diritto all'unita' familiare di cui all'articolo 1, comma 4, il provvedimento di cui all'articolo 7, di rimpatrio assistito dei minori presenti non accompagnati;”

·     all’art. 7, co. 2 “Salva l'applicazione delle misure previste dall'articolo 6, il Comitato dispone il rimpatrio assistito del minore presente non accompagnato, assicurando che questi sia stato previamente sentito, anche dagli enti interessati all'accoglienza, nel corso della procedura.”

 

c) Il regolamento di attuazione della legge 476/98, D.P.R. 492/99, art. 18 stabilisce che:

“Sono fatte salve le competenze del Comitato per i minori stranieri di cui all'articolo 33 del decreto legislativo 25 luglio 1988, n. 286, come modificato dal decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 113, e del relativo decreto di attuazione, concernenti l'ingresso, il soggiorno, l'accoglienza e l'affidamento temporanei e il rimpatrio assistito dei minori accolti nell'ambito di programmi solidaristici, ovvero presenti per qualsiasi causa nel territorio dello Stato e privi di assistenza e di rappresentanza. La Commissione provvede a comunicare al Comitato per i minori stranieri i nominativi dei minori la cui presenza e' segnalata sul territorio dello Stato ai sensi dell'articolo 33, comma 5, della legge sull'adozione.”

 

Il regolamento di attuazione della legge 476/98 prende dunque atto dell’innovazione introdotta dal Dlgs. 113/99 e, in modo assai discutibile dal punto di vista della gerarchia delle fonti, modifica la legge stessa di cui dovrebbe essere mera norma attuativa: la Commissione per le adozioni internazionali dovrà infatti comunicare a sua volta al Comitato per i minori stranieri i nominativi dei minori segnalatile dal Tribunale per i minorenni.

 

Þ Dunque, in base al T.U. 286/98 (come modificato dal Dlgs. 113/99), al Regolamento del Comitato per i minori stranieri e al D.P.R. 492/99, la competenza ad adottare il provvedimento di rimpatrio è attribuita in modo chiaro al Comitato per i minori stranieri.

 

3) Il Codice Civile stabilisce all’art. 371 che “[...] il giudice tutelare, su proposta del tutore e sentito il protutore, delibera: 1) sul luogo dove il minore deve essere allevato [...]”: questo articolo è stato talvolta richiamato per giustificare la competenza del Giudice Tutelare a disporre il provvedimento di rimpatrio, benchè questo riferimento sia stato da più parti messo in discussione.

 

4) Infine, citiamo le disposizioni della legge 64/94 relative al rimpatrio ai sensi della Convenzione dell’Aja sul rimpatrio del 1970, benché non in vigore (in quanto tale Convenzione non è internazionalmente in vigore), in quanto ci sembra interessante notare come il legislatore abbia voluto attribuire all’Autorità Giudiziaria minorile (e non ad un’Autorità Amministrativa) tale competenza.

La legge 64/94, infatti, stabilisce che “1. Le decisioni sulle richieste di rimpatrio di minori dal territorio dello Stato, avanzate dalle autorità straniere, ai sensi dell’art. 2, paragrafo 1 e dell’art. 4 della convenzione de L’Aja del 28 maggio 1970, sono adottate dal tribunale per i minorenni del luogo dove il minore risiede. [...] 4. Le richieste di rimpatrio di minori verso uno Stato contraente ai sensi dell’art. 2, paragrafo 2, e dell’art. 14 della convenzione de L’Aja del 28 maggio 1970, sono di competenza del tribunale per i minorenni del luogo ove il minore risiede.” (legge 64/94, art. 5, co. 1 e 4).

In questo articolo, dunque, la competenza a decidere sulla richiesta di rimpatrio da parte dello Stato estero  ai sensi della Convenzione dell’Aja del 1970 ovvero a formulare la richiesta di rimpatrio allo Stato estero (per il tramite dell’autorità centrale, cioè dell’Ufficio per la Giustizia Minorile del Ministero di Grazia e Giustizia) è chiaramente attribuita al Tribunale per i minorenni.

 

 

 

2)  Le questioni aperte

 

Se la competenza ad adottare il provvedimento di rimpatrio è chiaramente attribuita al Comitato per i minori stranieri, numerosi aspetti restano invece poco chiari, in particolare riguardo alla scelta tra accoglienza e rimpatrio:

 

1)  La decisione sull’interesse del minore a restare in Italia o ad essere rimpatriato è di competenza del Tribunale per i minorenni o del Comitato per i minori stranieri? E quale sarà la relazione tra i provvedimenti del Comitato per i minori stranieri e i provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria minorile?

 

a)  Le disposizioni della l. 476/98 e del T.U. 286/98 (come modificato dal Dlgs. 113/99) sono evidentemente in contrasto:

·     La legge 476/98, infatti, pare stabilire che il Comitato debba intervenire solo dopo che il Tribunale per i minorenni abbia deciso di non adottare un provvedimento di adozione, affidamento o un provvedimento necessario in caso di urgenza, e quindi sembra escludere che il Tribunale per i minorenni debba revocare tale provvedimento: anzi, nel caso in cui il Tribunale abbia disposto il provvedimento, sembrerebbe non dover neppure segnalare il minore alla Commissione per le adozioni internazionali (e da questa a sua volta al Comitato per i minori stranieri) e quindi non dovrebbe aver luogo alcuna decisione del Comitato stesso.

In base a tale disposizione, dunque, la decisione tra accoglienza in Italia e rimpatrio sembra essere attribuita in prima istanza al Tribunale per i minorenni.

 

·     Il T.U. 286/98 (come modificato dal Dlgs. 113/99), invece, attribuendo al Comitato per i minori stranieri la competenza ad adottare il provvedimento di rimpatrio, limita l’intervento dell’Autorità Giudiziaria al rilascio di un nulla-osta nel caso che vi sia un procedimento giurisdizionale in corso, atto che sembra dovuto salvo che sussistano inderogabili esigenze processuali: pare dunque che, una volta adottata dal Comitato la decisione del rimpatrio del minore, l'Autorità Giudiziaria minorile non potrà far altro che adeguarvisi, revocando la tutela, l’affidamento o il provvedimento necessario in caso di urgenza eventualmente disposto in precedenza.

La competenza a decidere sull’interesse del minore a restare in Italia o ad essere rimpatriato sembra dunque essere attribuita unicamente al Comitato per i minori stranieri.

In modo assai poco chiaro, poi, il Regolamento del Comitato per i minori stranieri, stabilisce che il provvedimento di rimpatrio dovrà essere conforme alle disposizioni dell’Autorità Giudiziaria (Regolamento del Comitato per i minori stranieri, art. 1, co. 4 e art. 7, co. 1).

 

b)  Rispetto al nulla-osta dell’Autorità Giudiziaria minorile al rimpatrio disposto dal Comitato, inoltre, andrà chiarito che cosa accadrebbe se l’Autorità Giudiziaria opponesse “inderogabili esigenze” non processuali ma sostanziali, con riferimento al superiore interesse del minore.

 

 

2)  Non è chiaro quale sia il significato del riferimento dell’art. 33 della legge 184/83 (relativo all’intervento della Commissione per le adozioni internazionali) al successivo art. 34.

L’art. 34, infatti, stabilisce che “1. Il minore che ha fatto ingresso nel territorio dello Stato sulla base di un provvedimento straniero di adozione o di affidamento a scopo di adozione gode, dal momento dell'ingresso, di tutti i diritti attribuiti al minore italiano in affidamento familiare. 2. Dal momento dell'ingresso in Italia e per almeno un anno, ai fini di una corretta integrazione familiare e sociale, i servizi socio-assistenziali degli enti locali e gli enti autorizzati, su richiesta degli interessati, assistono gli affidatari, i genitori adottivi e il minore. Essi in ogni caso riferiscono al tribunale per i minorenni sull'andamento dell'inserimento, segnalando le eventuali difficoltà per gli opportuni interventi. 3. Il minore adottato acquista la cittadinanza italiana per effetto della trascrizione del provvedimento di adozione nei registri dello stato civile.”

Il riferimento all’art. 34 significa che il minore non accompagnato ed irregolare gode degli stessi diritti del minore entrato in Italia con provvedimento di adozione o affidamento a scopo di adozione, o che il minore deve comunque essere affidato, o deve intendersi in altro modo?

Non è chiaro, in ogni caso, se vi sia una relazione con il provvedimento di rimpatrio.

 

 

 

 

2) Le procedure per la scelta tra accoglienza e rimpatrio e per l’adozione del provvedimento di rimpatrio

 

Dopo aver trattato la questione delle competenze, analizziamo brevemente alcune problematiche relative alle procedure per la scelta tra accoglienza e rimpatrio e per l’adozione del provvedimento di rimpatrio stesso, ed in particolare le problematiche riguardanti: a) la relazione tra i procedimenti per la tutela, l’affidamento e il rimpatrio; b) i tempi della procedura; c) la partecipazione del minore[18].

 

1) La relazione tra i procedimenti per la tutela, l’affidamento, il rimpatrio

 

Andrà chiarito, in connessione con le problematiche appena analizzate relative alle competenze, quale sarà la relazione tra i procedimenti per la tutela, per l’affidamento, per il rimpatrio.

In particolare, l’Autorità Giudiziaria attenderà che il Comitato per i minori stranieri abbia deciso di non rimpatriare il minore, prima di disporre la tutela o l'affidamento?

 

 

Oppure disporrà comunque la tutela o l’affidamento, ove ne sussistano i presupposti, indipendentemente dall’altro procedimento, di competenza dell’Autorità Amministrativa?

O, ancora, disporrà comunque la tutela in modo che il minore possa essere rappresentato nel procedimento e attenderà invece la decisione del Comitato per disporre l’affidamento?

 

 

 

 

2) I tempi

 

E’ molto importante che la decisione sull’interesse del minore a restare in Italia o al contrario ad essere rimpatriato sia assunta in tempi rapidi.

 

La personalità in formazione, infatti, è molto più fragile di quella dell’adulto. Un periodo di forte incertezza e instabilità sul proprio futuro può indurre il minore, la cui identità personale e sociale non è ancora solidamente formata, ad abbandonare ogni percorso positivo di integrazione e ad imboccare invece percorsi di devianza: situazione che, a sua volta, influenzerà fortemente la formazione della sua identità, con effetti negativi sul suo intero percorso di vita.

 

Oltre agli effetti psicologici di un prolungato periodo di incertezza, vi è un altro aspetto da considerare in relazione alla necessità di una decisione in tempi rapidi: l’inserimento del minore e la creazione di legami sociali e affettivi sul territorio italiano.

Infatti, nel caso in cui trascorra un periodo di alcuni mesi e il minore inizi a frequentare la scuola e a crearsi legami sociali e affettivi significativi, la decisione sul rimpatrio dovrà necessariamente tenerne conto. Tale aspetto ha rilevanza, come abbiamo già visto, nella definizione di “residenza abituale” del minore e quindi, secondo la Convenzione dell’Aja del 1961, determina quale Stato sia competente in via generale alla protezione del minore.

L’importanza del tempo trascorso e dell’effettivo inserimento, inoltre, viene esplicitamente fatta rilevare dalle Convenzioni internazionali addirittura nei casi di sottrazione del minore contro la volontà del genitore che ne ha l’affidamento, e a maggior ragione dunque pare debba essere presa in considerazione nei casi in cui vi è il consenso dei genitori[19].

 

 

3) La partecipazione del minore

 

Un altro aspetto procedurale molto importante è la partecipazione del minore al procedimento.

Andranno chiarite le modalità di tale partecipazione, ed in particolare le modalità con cui il minore deve essere sentito e le questioni connesse con la rappresentanza del minore stesso.

 

3.1) Le modalità con cui il minore deve essere sentito:

Numerose disposizioni stabiliscono chiaramente che il minore deve essere sentito nel corso del procedimento:

·     la Convenzione di New York, art. 12, stabilisce che: “1. Gli Stati Parti garantiscono al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa, le opinioni del fanciullo essendo debitamente prese in considerazione tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità. 2. A tal fine, si darà in particolare al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale.”[20]

·     il Regolamento del Comitato per i minori stranieri, prevede:

- all’art. 7, co. 2 “ Salva l'applicazione delle misure previste dall'articolo 6, il Comitato dispone il rimpatrio assistito del minore presente non accompagnato, assicurando che questi sia stato previamente sentito, anche dagli enti interessati all'accoglienza, nel corso della procedura.”

- all’art. 6, co. 2 “2. Al fine di garantire l'adeguata accoglienza del minore il Comitato puo' proporre al Dipartimento per gli affari sociali di stipulare convenzioni con amministrazioni pubbliche e organismi nazionali e internazionali che svolgono attivita' inerenti i minori non accompagnati in conformita' ai principi e agli obiettivi che garantiscono il superiore interesse del minore, la protezione contro ogni forma di discriminazione, il diritto del minore di essere ascoltato.”

 

Il Regolamento del Comitato per i minori stranieri, tuttavia, non stabilisce chiaramente:

·     da quale ente o organo il minore debba essere sentito;

·     in quale momento del procedimento il minore debba essere sentito;

·     in merito a che cosa: alla sua situazione in Italia, alla famiglia, alla situazione più generale nel Paese d'origine, alla sua volontà ...

 

Le Linee Guida del Comitato per i minori stranieri dell’11 gennaio 2001 stabiliscono che

·       “[…] le competenti autorità che vengano a conoscenza di un minore straniero non accompagnato devono: a) Accertare - l'identità ed in particolare l'età di lui; - se esistono e dove stanno i familiari del minorenne, cercando di ottenere direttamente da lui ogni utile informazione in merito; - quali le condizioni di vita, le ragioni del suo ingresso nel territorio italiano, gli studi compiuti, le attività di formazione e di lavoro svolte, le intenzioni per il futuro sia del minorenne che dei suoi genitori e tutori, anche riguardo al rimpatrio […]”;

·       “[…] a) l'audizione del minore per accertarne l'opinione in merito ad un eventuale rimpatrio assistito che non può essere fatta direttamente dal Comitato, è riservata all'autorità locale, la quale dovrà fare in modo che ne risulti non solo una affermazione di consenso o dissenso ma anche le motivazioni di essa. […]”

 

Rispetto alla questione di quale organo debba sentire il minore, è evidente che tale organo non può essere il Comitato per i minori stranieri, sia per l'elevato numero dei minori segnalati, sia per problemi logistici, sia perché un organo a livello nazionale non può valutare in modo appropriato la situazione del minore sul territorio.

La soluzione adottata nelle Linee Guida – cioè che a sentire il minore sia l'"autorità locale", ossia presumibilmente i servizi sociali del Comune – ci sembra tuttavia presentare anche alcuni rischi: può accadere, infatti, che l’Ente locale, dovendo farsi carico dell’accoglienza del minore, abbia la tendenza a ridurre al minimo i minori stranieri non accompagnati accolti sul suo territorio, e quindi sia propenso ad interpretare l’opinione del minore in un senso tendenzialmente favorevole al rimpatrio.

Ci sembra invece che la soluzione che maggiormente garantirebbe il diritto di partecipazione del minore sarebbe che questi fosse sentito da un’autorità indipendente e non centralizzata e avete per compito la tutela del minore, quale è l’Autorità giudiziaria minorile.

 

 

3.2) La rappresentanza del minore:

Perché il minore possa essere rappresentato nel corso del procedimento, è necessario che il Giudice Tutelare nomini un tutore.

 

Si dovrà quindi chiarire:

·   se dovrà essere sempre nominato un tutore, così come sembra prevedere la Convenzione di New York, art. 12 e come sostenuto da alcuni Magistrati (vedi il già citato decreto della Corte d’Appello di Torino riportato in appendice);

·   oppure se tale nomina debba avvenire solo “in caso di necessità” e solo eventualmente, così come stabilito dal Regolamento del Comitato per i minori stranieri, art. 3, co. 6 (“In caso di necessita', il Comitato comunica la situazione del minore al giudice tutelare competente, per l'eventuale nomina di un tutore provvisorio.”); in questa seconda ipotesi, dovrà allora essere chiarito cosa si intenda con l’espressione “in caso di necessità”.

 

 

4) Altre questioni processuali

 

Il T.U. 286/98, il Dlgs. 113/99, il regolamento di attuazione del T.U. 286/98 e il Regolamento del Comitato per i minori stranieri non stabiliscono norme chiare sulle procedure con cui il Comitato dovrà disporre il provvedimento di rimpatrio.

 

Un aspetto importante che non viene chiarito è se il Comitato dovrà assumere le decisioni in seduta “plenaria”, riunendosi, su convocazione del presidente, “almeno una volta ogni trimestre” (Regolamento del Comitato per i minori stranieri, art. 3).

La risposta pare dover essere positiva, in quanto non sembra potersi includere il rimpatrio tra gli interventi urgenti "a tutela della salute psico-fisica" che possono essere assunti dal presidente del Comitato o da un suo delegato. Se effettivamente le decisioni venissero prese una volta ogni trimestre, sembrerebbe discenderne una sostanziale impossibilità ad adottare decisioni in tempi rapidi.

 

Citiamo nuovamente, a mero fine di paragone, il modo in cui la legge 64/94 disciplina la procedura per la decisione sul rimpatrio disposto dal Tribunale per i minorenni ai sensi della Convenzione de L’Aja del 1970 (che, ricordiamo, non è internazionalmente in vigore): l'art. 5 della legge 64/94 dispone che il Tribunale per i minorenni decida con decreto in camera di consiglio, su ricorso del pubblico ministero, anche a seguito di richiesta dell’autorità centrale, cioè dell’Ufficio per la Giustizia Minorile del Ministero di Grazia e Giustizia (nel caso di richiesta di rimpatrio all’Italia da parte dello Stato estero); ovvero su ricorso degli interessati, sentito il pubblico ministero o su ricorso proposto d’ufficio dal pubblico ministero, con successiva trasmissione della decisione all’autorità centrale per i provvedimenti di competenza (nel caso di richiesta di rimpatrio da parte dell’Italia allo Stato estero).

 

 

 

 

3)  I rimedi di tutela giurisdizionale e amministrativa contro il provvedimento di rimpatrio

 

1)  Il T.U. 286/98, il Dlgs 113/99, il regolamento di attuazione del T.U. 286/98 e il Regolamento del Comitato per i minori stranieri  non dettano alcuna disposizione circa i rimedi di tutela amministrativa e giurisdizionale contro il provvedimento di rimpatrio disposto dal Comitato per i minori stranieri.

Andrà chiarito quali siano tali rimedi e quali procedure dovranno essere seguite.

Citiamo ancora a fine di paragone la disposizione (non in vigore) della legge 64/94 che stabilisce che contro il decreto di rimpatrio disposto dal Tribunale per i minorenni ai sensi della Convenzione de L’Aja del 1970 è ammesso ricorso per cassazione.

 

2)  Perché il minore possa presentare ricorso contro il provvedimento di rimpatrio, è necessario che sia nominato un tutore che lo rappresenti.

 

3)  Il rimpatrio ha effetti molto rilevanti sulla vita del minore e, ove non sia effettivamente rispondente all’interesse del minore, può provocare danni gravi e irreparabili: il ricorso, dunque, dovrebbe sospendere l’esecuzione del rimpatrio.

 

4)  La decisione sul ricorso, infine, dovrebbe essere assunta in tempo molto rapidi in modo da non lasciare per lungo tempo il minore in una situazione di incertezza che nuocerebbe gravemente al suo sviluppo ed al suo benessere. E' evidente che il ricorso al TAR non consente tale rapidità di decisione.

 

 

 

 

4)  L’esecuzione del provvedimento di rimpatrio

 

Il Regolamento del Comitato per i minori stranieri stabilisce che il rimpatrio dovrà essere eseguito “in condizioni tali da assicurare costantemente il rispetto dei diritti garantiti al minore dalle convenzioni internazionali, dalla legge e dai provvedimenti dell'autorita' giudiziaria, e tali da assicurare il rispetto e l'integrita' delle condizioni psicologiche del minore, fino al riaffidamento alla famiglia o alle autorita' responsabili.” (art. 7, co. 1).

 

Numerosi aspetti restano da chiarire:

 

1) Da quali organi viene eseguito il rimpatrio? Il regolamento del Comitato per i minori stranieri, art. 7, co.3 fa riferimento alle “amministrazioni statali cui è affidato il rimpatrio assistito”, senza specificare ulteriormente . Andrà dunque chiarito se il rimpatrio sarà eseguito dalla Questura, o dai servizi sociali locali, o dagli organismi nazionali e internazionali con cui il Dipartimento per gli Affari Sociali stipulerà convenzioni (come il Servizio Sociale Internazionale).

 

2)  L’esecuzione del rimpatrio contro la volontà del minore comporta necessariamente una privazione della libertà personale.

Quale controllo giurisdizionale è previsto su tale provvedimento limitativo della libertà personale del minore?

E' evidente, infatti, che ove non venga previsto un controllo giurisdizionale si rileverebbe un profilo di illegittimità costituzionale per violazione dell’art. 13 della Costituzione.

 

3)  Se sarà necessario trattenere il minore in attesa dell’esecuzione del rimpatrio, come avverrà tale trattenimento? Tranne che nel caso di rimpatrio a seguito di respingimento, il trattenimento del minore in un Centro di Permanenza Temporanea e Assistenza in attesa dell’esecuzione del rimpatrio risulterebbe illegittimo in quanto i casi in cui il cittadino straniero può essere trattenuto sono previsti tassativamente dalla legge (cioè dal Testo Unico 286/98), e fanno riferimento ai soli provvedimenti di respingimento e di espulsione, mentre non viene fatto alcun riferimento ai provvedimenti di rimpatrio.

 

4)  Nel periodo intercorrente tra l’adozione del provvedimento di rimpatrio e la sua esecuzione, la decisione sarà comunicata al minore e/o al tutore?

E’ necessario chiarire quale sia la responsabilità del tutore o degli adulti presso i quali il minore soggiorna e, in particolare, in che modo si esplichi il dovere di cooperare "con le amministrazioni statali cui è affidato il rimpatrio assistito” (Regolamento del Comitato per i minori stranieri, art. 7, co. 3 ).

 

5)  Quale sarebbe lo status del minore che si sottraesse a un provvedimento di rimpatrio?

Tale circostanza avrebbe influenza nel caso in cui il minore volesse poi regolarizzare la propria posizione, tornando nel Paese d’origine e chiedendo un visto di ingresso regolare[21] oppure nell’ambito di un’eventuale regolarizzazione?

 

 

 

 

5)  Alcuni profili di illegittimità costituzionale dell’art. 5 del dlgs. 113

 

Da più parti sono stati sollevati dubbi sulla legittimità costituzionale dell’art. 5 del Dlgs. 113/99 di modifica dell’art. 33 del T.U. 286/98, per violazione:

 

·     dell’art. 76 della Costituzione, in quanto “[l’art. 5 dlgs. 113/99 detta] una normativa al di fuori della delega prevista dall’art. 47, comma 2, legge n. 40/1998, contraddicendo inoltre la disciplina chiarissima che il Parlamento aveva dettato introducendo nella legge n. 184/83 in materia di adozione internazionale l’art. 33, comma 5, e l’art. 37-bis” (mozione dell’Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e la famiglia del novembre 1999); “[...] si può restare sorpresi dal fatto che il Governo, agendo in base alla delega ricevuta dal Parlamento al fine di correggere disposizioni che si rivelassero necessarie per assicurare il perseguimento coerente delle finalità poste dalla legge, ampli la delega stessa. Come può il Governo autorizzarsi da sé, autodelegarsi a riscrivere la disciplina della condizione giuridica del minore straniero solo (dal momento dell’accoglienza a quello del ricongiungimento con la sua famiglia, quindi dalla a alla zeta), quando il Parlamento l’ha delegato a disciplinare unicamente la condizione dei minori che entrano nel paese all’interno di programmi solidaristici?” (G. C. Turri, I bambini stranieri non accompagnati, in Minorigiustizia, 1999, n. 3)

 

·     dell’art. 10 della Costituzione: “Il rinvio ad un successivo atto del governo per regolamentare le modalità di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati ai fini dell’accoglienza, del rimpatrio assistito e del ricongiungimento familiare nel paese d’origine o in un altro paese ha equivalso in sostanza alla possibilità per l’esecutivo di riscrivere la disciplina della condizione giuridica del minore straniero solo, il che [...] contrasta con il principio di riserva di legge nella regolamentazione della condizione giuridica dello straniero di cui all’art. 10 c. 2 della Costituzione” (W. Citti, I minori stranieri non accompagnati tra tutela in Italia e rimpatrio, di prossima pubblicazione)

 

·     dell’art. 13 della Costituzione: “[...] il rimpatrio acquisisce la natura di un provvedimento limitativo della libertà personale del minore, sollevando ulteriori profili di illegittimità costituzionale per violazione dell’art. 13 Cost., nel caso in cui, come sembrerebbe , venisse adottato da un organo amministrativo, quale il Comitato per i minori stranieri, e non dall’autorità giudiziaria” (W. Citti, I minori stranieri non accompagnati tra tutela in Italia e rimpatrio (di prossima pubblicazione).[22]

 

 

 


Fonti normative ed altre disposizioni relative a

“La scelta tra accoglienza e rimpatrio, l’adozione del provvedimento di rimpatrio e la sua esecuzione”

 

 

Convenzione di New York

art. 12

1. Gli Stati Parti garantiscono al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa, le opinioni del fanciullo essendo debitamente prese in considerazione tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità.

2. A tal fine, si darà in particolare al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale.

 

 

 

Legge 184/83 (come modificata da l. 476/98)

art. 33, co. 5

5. Qualora sia comunque avvenuto l'ingresso di un minore nel territorio dello Stato al di  fuori delle situazioni consentite, il pubblico ufficiale o l'ente autorizzato che ne ha notizia lo segnala al tribunale per i minorenni competente in relazione al luogo in cui il minore si trova. Il tribunale, adottato ogni opportuno provvedimento temporaneo nell'interesse del minore, provvede ai sensi dell'articolo 37-bis, qualora ne sussistano i presupposti, ovvero segnala la situazione alla Commissione affinché prenda contatto con il Paese di origine del minore e si proceda ai sensi dell'articolo 34.

 

 

 

T.U. 286/98, art. 33 (come modificato dal Dlgs. 113/99, art. 5)

2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro da lui delegato, sentiti i Ministri degli affari esteri, dell'interno e di grazia e giustizia, sono definiti i compiti del Comitato di cui al comma 1, concernenti la tutela dei diritti dei minori stranieri in conformita' alle previsioni della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176. In particolare sono stabilite:

[…]

b) le modalita' di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati presenti nel territorio dello Stato, nell'ambito delle attivita' dei servizi sociali degli enti locali e i compiti di impulso e di raccordo del Comitato di cui al comma 1 con le amministrazioni interessate ai fini dell'accoglienza, del rimpatrio assistito e del ricongiungimento del minore con la sua famiglia nel Paese d'origine o in un Paese terzo.".

2-bis. Il provvedimento di rimpatrio del minore straniero non accompagnato per le finalita' di cui al comma 2, e' adottato dal Comitato di cui al comma 1. Nel caso risulti instaurato nei confronti dello stesso minore un procedimento giurisdizionale, l'autorita'giudiziaria rilascia il nulla osta, salvo che sussistano inderogabili esigenze processuali.

 

 

 

Regolamento del Comitato per i minori stranieri

art. 1, co. 4

4. Per "rimpatrio assistito" si intende l'insieme delle misure adottate allo scopo di garantire al minore interessato l'assistenza necessaria fino al ricongiungimento coi propri familiari o al riaffidamento alle autorita' responsabili del Paese d'origine, in conformita' alle convenzioni internazionali, alla legge, alle disposizioni dell'autorita giudiziaria ed al presente regolamento. Il rimpatrio assistito deve essere finalizzato a garantire il diritto all'unita' familiare del minore e ad adottare le conseguenti misure di protezione.

 

art. 2, co. 2

2. Ai fini del comma 1, il Comitato: [...]

g) in base alle informazioni ottenute, puo' adottare, ai fini di protezione e di garanzia del diritto all'unita' familiare di cui all'articolo 1, comma 4, il provvedimento di cui all'articolo 7, di rimpatrio assistito dei minori presenti non accompagnati;

 

 

art. 3, co. 3-6

3. Il Comitato e' presieduto dal rappresentante designato dal Dipartimento per gli affari sociali e si riunisce, su convocazione del presidente, che redige l'ordine del giorno della riunione, in relazione a singole necessita' e almeno una volta ogni trimestre.

4. I compiti di segreteria e di supporto al Comitato sono svolti da personale in servizio presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari sociali.

5. In caso di urgenza, per situazioni in relazione alle quali sia improcrastinabile l'intervento a tutela della salute psicofisica del minore, i poteri del Comitato sono esercitabili dal presidente o da un componente da lui delegato, salva la ratifica da parte del Comitato nella prima riunione successiva all'esercizio dei poteri

medesimi. I provvedimenti non ratificati perdono efficacia dal momento in cui sono stati adottati.

6. In caso di necessita', il Comitato comunica la situazione del minore al giudice tutelare competente, per l'eventuale nomina di un tutore provvisorio.

 

art. 4, co. 1

Strumenti operativi

1. Il Dipartimento per gli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei Ministri puo' finanziare programmi finalizzati all'accoglienza ed al rimpatrio assistito dei minori presenti non accompagnati, proposti dal Comitato, nei limiti delle risorse preordinate allo scopo nell'ambito del Fondo di cui all'articolo 45 del testo unico e dell'articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394.

 

art. 7.

Rimpatrio assistito

1. Il rimpatrio deve svolgersi in condizioni tali da assicurare costantemente il rispetto dei diritti garantiti al minore dalle convenzioni internazionali, dalla legge e dai provvedimenti dell'autorita' giudiziaria, e tali da assicurare il rispetto e l'integrita' delle condizioni psicologiche del minore, fino al riaffidamento alla famiglia o alle autorita' responsabili.

Dell'avvenuto riaffidamento e' rilasciata apposita attestazione da trasmettere al Comitato.

2. Salva l'applicazione delle misure previste dall'articolo 6, il Comitato dispone il rimpatrio assistito del minore presente non accompagnato, assicurando che questi sia stato previamente sentito, anche dagli enti interessati all'accoglienza, nel corso della procedura.

3. Le amministrazioni locali competenti e i soggetti presso i quali il minore soggiorna cooperano con le amministrazioni statali cui e' affidato il rimpatrio assistito.

 

 

 

D.P.R. 492/99

art. 18:

“Sono fatte salve le competenze del Comitato per i minori stranieri di cui all'articolo 33 del decreto legislativo 25 luglio 1988, n. 286, come modificato dal decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 113, e del relativo decreto di attuazione, concernenti l'ingresso, il soggiorno, l'accoglienza e l'affidamento temporanei e il rimpatrio assistito dei minori accolti nell'ambito di programmi solidaristici, ovvero presenti per qualsiasi causa nel territorio dello Stato e privi di assistenza e di rappresentanza. La Commissione provvede a comunicare al Comitato per i minori stranieri i nominativi dei minori la cui presenza e' segnalata sul territorio dello Stato ai sensi dell'articolo 33, comma 5, della legge sull'adozione.”

 

 

 

Comitato per i minori stranieri - Osservazioni del Presidente - 2 maggio 2000

[…] Infine si può avere un minore non accompagnato che sia davvero in stato di abbandono, “buttato” all’estero, soprattutto se molto giovane, senza riferimenti a parenti, od anche a persone amiche e fidate, già in Italia.

E’ questo l’ambito in cui in teoria può profilarsi un conflitto di competenza tra T.M. e Comitato quando il T.M. ritenga di avviare la procedura per la dichiarazione dello stato di adottabilità e la successiva adozione a norma anche dell’art. 40 l. 31.5.1995 n. 218 riforma del diritto internazionale privato ed il Comitato volesse invece disporre il rimpatrio assistito.

Pare però che non dovrebbero porsi problemi gravi, se si chiariscono alcune cose.

1) E’ bene che il procedimento di adottabilità sia riservato a minori di 14 anni.

2) Se si apre il procedimento si devono assolutamente fare tutte le ricerche per individuare la famiglia.

3) Il T.M. potrà rifiutare il nulla-osta al rimpatrio assistito in quanto la presenza del minore in Italia è indispensabile anche proceduralmente.

Sul punto n. 1 basti ricordare che i maggiori di 14 anni devono dare il loro consenso ed è ben difficile che lo diano dei ragazzi che siano venuti qui per emigrare, mandare i soldi a casa e poi magari tornare, specialmente se provenienti da Paesi a religione islamica che vieta l’adozione.

Sul punto n. 2 pare opportuno che T.M. e Comitato si scambino le informazioni a loro disposizione e, forse, che le ricerche all’estero siano svolte dal Comitato che comunque le deve svolgere ex art. 5 reg. e probabilmente avrà mezzi più idonei, soprattutto dove agiscono enti internazionali convenzionati.

Sul punto n. 3 il Comitato rispetterà le esigenze del T.M. di proseguire nella procedura nel permanere della presenza del minorenne in Italia.

 

[…] Se il minorenne resta in Italia convenientemente assistito, il Comitato non avrà altro da fare che inserire i dati nella Banca – dati (censimento), se necessario accertarne lo status e ricercare i familiari, in collaborazione con le amministrazioni interessate.

Se ricorrono invece i presupposti e le condizioni di cui all’art. 7 reg. potrà disporre il rimpatrio assistito. Sul punto è da ricordare che sia la risoluzione del Consiglio europeo sia il T.U. sia infine il regolamento del C.S.M. stabiliscono condizioni che assicurano il rispetto del migliore interesse del minore.

Ovviamente, fin quando il minorenne è in Italia, in applicazione della Convenzione dell’Aja 5 ottobre 1961 e dell’art. 42 dir.int.priv., gli organi giudiziari minorili potranno prendere tutti i provvedimenti utili o necessari nell’interesse di lui, quegli stessi provvedimenti che potrebbero prendere nei confronti di minorenni italiani.

Potranno in specie applicarsi sia gli artt. 330 e segg. cod.civ. ove si ritenga esservi stata violazione dei doveri od abuso dei poteri dei genitori, sia i provvedimenti di affidamento al servizio sociale (o ricoveri in CRM) previsti nella competenza amministrativa dei T.M. (art. 25 legge sul T.M.) quando si accerti l’irregolarità del minorenne nella condotta o nel carattere.

Dovrà essere però rispettata la Convenzione dell’Aja, informando l’autorità dello Stato del quale il minorenne è cittadino (art. 11 conv.) e collaborando con essa (art. 10 conv.).

In tutti i casi sarà necessario seguire le regole di procedura badando che il genitore sia sentito o messo in condizione di essere seguito.

Pare da ritenere non essere previsto e dunque ammissibile un provvedimento giudiziario che ex art. 330 segg. cod.civ. o 25 segg. legge T.M. disponga l’allontanamento del minorenne dall’Italia, anche se per ricongiungerlo con la sua famiglia, perché un provvedimento del genere non potrebbe essere preso nei confronti di un minorenne italiano, salvo che nei casi di sottrazione internazionale di minorenni.

Il provvedimento di rimpatrio assistito è dunque di esclusiva competenza del Comitato , che lo esercita senza prese di posizione preconcette, tenendo in considerazione, l’interesse del minorenne straniero, di quello specifico minorenne, in applicazione dell’art. 3 della Convenzione dell’Aja, dei considerando e dell’art. 5 della risoluzione del Consiglio di Europa del 26 giugno 1997, infine delle norme interne del T.U. e del regolamento del C.M.S.

 

 

 

Comitato per i minori stranieri – Minori stranieri non accompagnati - Linee Guida - 11 gennaio 2001

[…] Di fronte al caso di minorenne "solitario" entrato clandestinamente nel territorio dello Stato (tecnicamente connotato dall'espressione "minore presente non accompagnato"), la legge non prevede che ci si debba necessariamente occupare di lui a tempo indeterminato né, d'altra parte, che lo si debba trattare come ogni altro clandestino, e quindi allontanarlo dal territorio nazionale nei modi previsti per tutti coloro che vi fanno ingresso senza autorizzazione.

Occorre invece adottare un trattamento differenziato, applicabile soltanto ai minorenni che versano in questa condizione. Tale trattamento consiste nel "rimpatrio assistito" previsto dall'art. 33 comma 2bis del T.U. 286/98. L'applicazione di questo istituto è di competenza esclusiva del CMS, il quale pertanto formula queste linee di indirizzo allo scopo di chiarire in quale modo intende esercitare tale suo compito.

 

3. TRATTAMENTO DEI MINORI PRESENTI NON ACCOMPAGNATI

L'affermazione fondamentale da cui muove il legislatore, alla quale dunque il Comitato deve attenersi, è che il minore non è passibile di espulsione (salvo che debba seguire il genitore o l'affidatario espulsi e salvo che la sua presenza ponga obiettivamente in pericolo l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato).

L'impossibilità dell'espulsione non significa, tuttavia, che il minorenne solitario, entrato clandestinamente, debba necessariamente permanere sul territorio nazionale: come si è detto, è previsto infatti il rimpatrio assistito.

Sarà sempre disposto il rimpatrio del minore su richiesta del genitore o del tutore.

Analogamente sarà disposto il rimpatrio se si accerta che i motivi dell'immigrazione del minore non sono condivisi dai parenti (fuga da casa, etc.)

Le indagini, sempre doverose, potrebbero condurre a scoprire una situazione di obiettivo abbandono, materiale e morale, che imporrebbe la segnalazione al tribunale per i minorenni per l'inizio eventuale della procedura di adottabilità (articolo 37 bis, legge 4 maggio 1983, n. 184, introdotto dalla legge 31 dicembre 1998, n.476).

 

[…]

4.  RIMPATRIO ASSISTITO

4.1 Quanto alla decisione circa il rimpatrio assistito, di esclusiva competenza del Comitato, fondamentale è il dovere di rispettare l'interesse del fanciullo a norma dell'art. 3 della richiamata Convenzione di New York per cui "In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l'interesse del fanciullo deve essere una considerazione preminente".

Questo significa che la valutazione di tale interesse da parte del Comitato non può essere fatta in modo preventivo e generale, anche solo per categorie astratte, ma tenendo conto, volta per volta, dell'interesse concreto di ogni determinato minorenne. Comunque il Comitato valuterà quell'interesse in modo particolare per quanto riguarda i ragazzi di età superiore ai 14 anni, già inseriti in un percorso scolastico e/o di formazione-lavoro. Più in generale adatterà le proprie decisioni in merito all'eventuale rimpatrio, alla verifica delle condizioni nelle quali si è realizzato il temporaneo soggiorno del minore straniero nel territorio nazionale, con particolare riguardo all'accoglienza offertagli ed alle provvidenze scolastiche di cui ha potuto usufruire.

4.2  L'adozione del provvedimento di rimpatrio sarà assunta in ossequio al dettato dell'articolo 33 comma 2bis del D. Leg. 286/98. Il Comitato ritiene che il rimpatrio del minore straniero, quando deciso, sia veramente "assistito" cioè volto ad un reale ricongiungimento con la famiglia ovvero al riaffidamento alle Autorità responsabili del Paese di origine e quindi all'inserimento in una adeguata struttura in loco. A tal fine le eventuali convenzioni che verranno stipulate con gli Organismi specializzati, dovranno prevedere le condizioni di "assistenza" al rimpatrio che potranno anche comprendere l'avvio del minore a percorsi formativi o prima del rientro, ovvero nel paese di origine. Ciò al fine di fornirgli quel bagaglio di skills e know how necessari ad aumentare concretamente la sua capacità di sviluppo autonomo anche professionale. In tal senso il Piano di Azione fa riferimento alla "predisposizione delle condizioni indispensabili per un rimpatrio assistito e sicuro, fornendogli anche - se adolescente - un certo previo bagaglio professionale che gli consenta un miglior reinserimento nel suo Paese".

4.3 La decisione del rimpatrio non potrà mai essere assunta senza una previa valutazione delle condizioni del minore: il rimpatrio non dovrà essere in nessun caso "automatico". Tutto quanto indicato nei punti precedenti circa la verifica delle sue condizioni, delle condizioni della famiglia e del paese di rientro dovranno essere attentamente considerate in vista della decisione. Si avrà pertanto riguardo alle risultanze delle ricerche che verranno effettuate nel Paese di origine ovvero di abituale residenza, e si avrà inoltre riguardo, all'atto delle decisioni di assumere, delle condizioni di accoglienza nel nostro Paese, di eventuali percorsi scolastici o formativi intrapresi.

4.4 Si precisa ancora che:

a) l'audizione del minore per accertarne l'opinione in merito ad un eventuale rimpatrio assistito che non può essere fatta direttamente dal Comitato, è riservata all'autorità locale, la quale dovrà fare in modo che ne risulti non solo una affermazione di consenso o dissenso ma anche le motivazioni di essa.

b) Il Comitato , ove ritenga essere presenti le condizioni per il rimpatrio, si informerà in ogni caso, presso il Tribunale per i minorenni competente del luogo di dimora del minorenne in Italia, dell'eventuale esistenza di procedure in corso, onde ottenere il necessario nulla osta previsto dall'art. 2 bis u.p. dell'art. 33 T.U. n. 296/1998.

c) Se a seguito delle informazioni ottenute dal Comitato, anche attraverso l'intervento di organismi internazionali coi quali esistano convenzioni o con la collaborazione delle autorità consolari e diplomatiche straniere in Italia, risultassero non esistenti nuclei familiari del minorenne, o autorità del Paese d'origine disposti ad assumerne l'affidamento a seguito di rimpatrio, il Comitato ne informerà l'autorità giudiziaria competente per la valutazione dell'eventuale stato di abbandono e per i conseguenti provvedimenti. In proposito si terrà conto delle raccomandazioni formulate in sede internazionale (cfr. linee-guida UNHCR) per cui le ricerche dei familiari, di un minorenne straniero apparentemente abbandonato, debbono proseguire per almeno due anni prima di potere dichiarare lo stato di abbandono.

d) Come già accennato, il Comitato non ha competenza ad intervenire ove sia stata proposta domanda d'asilo.

e) Le autorità competenti sono inviate ad informare il Comitato dei casi di minorenni trovati coinvolti in situazioni di sfruttamento, violenza, riduzione in schiavitù, ai quali sia stato rilasciato permesso di soggiorno per motivi di protezione, con inserimento della vittima in programmi di assistenza e reintegrazione secondo quanto disposto dall'art. 18 del T.U. 268/98.

f) Il rimpatrio sarà effettuato in modo davvero "assistito" anche al momento del rientro nel Paese d'origine. A tal fine il Comitato ha chiesto al Dipartimento per gli Affari Sociali di stipulare convenzioni con organizzazioni specializzate, in modo da consentire condizioni ottimali che potranno anche comprendere l'avvio del minorenne a percorsi di studio e formativi nel Paese d'origine.

g) Il Comitato solleciterà il Governo a sviluppare tutte quelle intese bilaterali, con gli Stati di più frequente emigrazione in Italia, atte a creare per gli stranieri più giovani, nuove opportunità di crescita scolastica e professionale, consentendo loro attraverso scambi, soggiorni temporanei, di trascorrere periodi di studio o lavoro nel nostro Paese.

 

 

 

Circolare del Ministero dell'Interno 20.6.1998

oggetto: Presenze in Italia di minori non accompagnati di nazionalità albanese – Questioni connesse al rimpatrio

[…]

Relativamente poi alla questione nei suoi aspetti generali, appare doveroso ricordare che la presenza di tali minori deve essere prontamente segnalata dalle autorità responsabili affinché siano adottati i conseguenti provvedimenti sia ai sensi della l.40/98, sia dell’art.9, l.184/83, al fine dell’accertamento dell’eventuale stato di abbandono.

Comunque, a prescindere dall’effettiva esistenza di uno stato di abbandono e degli eventuali provvedimenti conseguenti a tale accertamento, di competenza del tribunale per i Minorenni, si raccomanda alle SS.LL che ogni singola posizione venga comunicata al Comitato per i minori stranieri, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri – dipartimento Affari Sociali, ai sensi dell’art.31, l.40/98, per i necessari contatti con le autorità albanesi, al fine di adottare le misure più opportune, secondo procedure già concordate.

Tali contatti, in base ad un Accordo intergovernativo, promosso nel 1997, dal Ministro per la Solidarietà Sociale con il Governo albanese, sono curati dal Servizio Sociale internazionale di Roma a cui è affidato il compito di promuovere tutte le possibili iniziative per il rimpatrio assistito e protetto dei richiamati minori, sempre previo favorevole avviso dell’autorità giudiziaria minorile.

Per motivi di uniforme trattazione delle richieste, si pregano le Prefetture che avessero già interessato il Comitato Minori o il Servizio Sociale Internazionale sui singoli casi, di rinnovare la segnalazione aggiungendo gli elementi informativi a disposizione.

 

 

 

Circolare Presidenza del Consiglio - Dipartimento per gli Affari Sociali - Comitato per la tutela dei minori stranieri 8.7.1998

oggetto: minori albanesi non accompagnati

In merito alle procedure relative al rilascio del nullaosta per il rimpatrio di minori albanesi, nell’ambito della convinzione stipulata tra codesto S.S.I. e questo Dipartimento, si ritiene opportuno che codesto S.S.I. comunichi direttamente il nullaosta al rimpatrio alla competente Prefettura o Questura (nonché ad eventuali altre amministrazioni) ed al Comitato, riportando nel testo la frase “…salvo diverso avviso di codesto Comitato tutela minori” che si riserva di esprimere parere contrario entro 48 ore dalla comunicazione.

Pertanto attraverso la formula del “silenzio assenso”, si viene a razionalizzare la procedura stessa.

Un’identica procedura del soggiorno di un minore, può essere impiegata nei casi in cui, sulla base degli accertamenti esperiti, si ritenga opportuno formulare parere positivo alla regolarizzazione del soggiorno di un minore da comunicarsi alle amministrazioni interessate.

 

 

 

Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea 26.6.97

Articolo 5: Rimpatrio di minori non accompagnati

1. Qualora un minore non sia autorizzato a protrarre il suo soggiorno in uno Stato membro, quest'ultimo può rimpatriare il minore nel paese di origine o rinviarlo in un paese terzo disposto ad accettarlo soltanto se vi siano disponibili per lui, al suo arrivo, un'accoglienza e assistenza adeguate, a seconda delle sue esigenze in base all'età e al grado di indipendenza. Vi possono provvedere i genitori o altri adulti che si prendano cura del fanciullo, nonché organizzazioni governative e non governative.

2. Finché non sia possibile un rimpatrio a tali condizioni, gli Stati membri dovrebbero in linea di massima offrire al minore la possibilità di restare nel loro territorio.

3. Le autorità competenti degli Stati membri dovrebbero cooperare, in vista di un rimpatrio:

a) ai fini del ricongiungimento del minore non accompagnato con i suoi familiari nel paese di origine del minore o nel paese in cui essi si trovano;

b) con le autorità del paese di origine del minore o di un atro paese al fine di trovare una soluzione durevole adeguata;

c) con organizzazioni internazionali quali l'Unhcr e l'Unicef, già attive nell'opera di consulenza ai governi in materia di orientamenti per il trattamento dei minori non accompagnati, in particolare i richiedenti asilo;

d) se del caso, con le organizzazioni non governative per accertare la disponibilità di strutture ricettive e assistenziali nel paese in cui il minore sarà rimpatriato o rinviato.

4. In nessun caso si può procedere al rimpatrio del minore in un paese terzo se il rimpatrio è contrario alla convenzione relativa allo status dei rifugiati, alla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, alla convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti o alla convenzione sui diritti dei fanciulli, fatte salve eventuali riserve formulate dagli Stati membri all'atto della ratifica o ai relativi protocolli.

 

 

 

Convenzione dell’Aja del 1970 sul rimpatrio (N.B.: non internazionalmente in vigore)

Art. 1. Au sens de la présente Convention I’expression:

a) “ mineur ” désigne toute personne qui n’a pas encore atteint la majorité d‘après la loi applicable selon les régles du droit international privé de I’Etat requérant et qui, d’après cette loi. n’a pas la capacité de fixer seule sa résidence.

b) “autorité parentale” désigne le droit de fixer la résidence du mineur, dont sont investies des personnes physiques ou morales par I’effet de la loi ou d’une décision judiciaire ou admnistrative ;

c) “ rapatriement ” d’un mineur désigne le transfèrement de celui-ci en application de la présente Convention, d’un Etat Contractant dans un autre État Contractant, que ce demier État soit ou non celui dont le mineur est ressortissant.

 

Art 2. 1. La présente Convention s’applique aux mineurs qui se trouvent sur le territoire d’un Etat Contractant et dont le rapatriement est demandé par un autre État Contractant pour l’une des raisons suivantes:

a) la présence du mineur sur le territoire de I’État requis est contraire a la volonté de la personne ou des personnes qui détiennent à son égard l’autorité parentale ;

b) la présence du mineur sur le territoire de I’État requis est incompatible avec une mesure de protection ou de rééducation prise à son égard par les autorités compétentes de I’État requérant:

c) la présence du mineur sur le territoire de I’État requérant est nécessaire en raison d‘une procédure visant à prendre a son égard des mesures de protection ou de rééducation

2. La présente Convention s’applique également au rapatriement des mineurs qui se trouvent sur le territoire d’un Etat Contractant lorsque cet État estime leur présence contraire à ses propres intérêts ou aux intérêts de ces mineurs et pour autant que sa législation lui permette dé les éloigner de son territoire.

 

Art. 3. Chaque État Contractant désigne une autorité centrale chargée de former, d’adresser et de recevoir les requêtes aux fins de rapatriement. Cette désignation est notifiée au Secrétaire Géneral du Conseil de I’Europe.

 

Art.4. 1.Toute demande visant à obtenir le rapatriement d’un mineur pour une des raisons prévues à I’article 2, paragraphe 1, est adressée à l’autorité centrale de I’Etat vers lequel le rapatriement est sollicité.

2. Si les autorités compétentes de cet État estiment la demande bien fondée et opportune, l’autorité centrale dudit Etat adresse à l’autorité centrale de l’Etat de séjour du mineur une requete aux fins de rapatriement.

 

Art.5. 1. Aucune décision sur une requete aux fins de rapatriement n’est prise avant que le mineur ait éte entendu personnellement, si ses facultés de discernement le permettent, par une autorité compétente de I’Etat requis.

2. En outre, cette autorité s’efforce de recueillir l’avis des personnes intéressées par ladite décision et, notamment, de celles qui detiennent l’autorité parentale ou qui, sur le territoire de I’Etat requis assurent en fait la garde du mineur. Cette consultation n’a lieu que dans la mesure où elle n’est pas de nature a porté préjudice aux intérets du mineur en raison des délais qu’elle peut nécessiter.

L’Etat requis peut en outre, compte tenu de toutes les circonstances de l’affaire, rejeter la requête[...] si le rapatriement est considéré comme étant contraire à l’intérêt du mineur, notamment lorsque ce dernier a des liens familiaux ou sociaux effectifs dans cet Etat ou lorsque le rapatriement est incompatible avec une mesure de protection ou de rééducation prise dans ledit Etat. 

 

Art.10. Si la requête est accueillie, les autorités compétentes de I’État requérant et celles de I‘Etat requis fixent, d’un commun accord et dans les meilleurs délais, les modalités de rapatriement.

 

Art.11 L’État requis peut prendre les mesures provisoires nécessaires en vue du rapatriement et, notamment, placer le mineur dans une institution de protection de la jeunesse. Il peut mettre fin à tout moment à ces mesures qui cessent, en tout cas. à I’expiration d’un délai de 30 jours si la requête n’a pas été accueillie. Ces mesures provisoires sont régies par le droit interne de I’Etat requis.

 

Art. 12. En cas d’urgence, l’autorité centrale de I’État requérant peut demander que les mesures provisoires visées à I’article 1 soient prises avant même la réception, par 1’Etat requis, de la requête aux fins de rapatriement. Ces mesures cessent si cette dernière requête n’a pas été reçue dans les dix jours.

 

Art. 14. 1. Dans les cas prévus à l’article 2, paragraphe 2, I’État de séjour du mineur peut demander à un autre Etat Contractant d’accepter le rapatriement de ce mineur selon les dispositions suivantes:

a) lorsque la personne ou les personnes qui détiennent l’autorité parentale se trouvent dans un autre Etat Contractant, la requête est adressée à cet Etat:

b) lorsque la personne ou les personnes qui détiennent I’autorité parentale se trouvent dans un Etat non Contractant, la requête est adressée à I’Etat Contractant où le mineur a sa résidence habituelle;

c) lorsque l’État où se trouvent la personne ou les personnes qui détiennent l’autorité parentale n’est pas connu ou lorsque personne ne détient cette autorité, la requête est adressée à i’État Contractant où le mineur a sa résidence habituelle ou, si le rapatriement vers cet État est refusé ou ne peut avoir lieu, à I’État Contractant dont le mineur est ressortissant.

2. Les dispositions du paragraphe 1 n’affectent pas les pouvoirs que les États Contractants tiennent de leur propre législation relative aux étrangers.

 

Art. 15. 1. Si l’État requis accepte de recevoir le mineur, les autorités compétentes de I’Etat requérant et de I’Etat requis fixent, d’un commun accord et dans les meilleurs délais, les modalités du rapatriement.

2. La requête aux fins de rapatriement peut etre accompagnée d’une demande tendant à ce que soit prise toute mesure appropriée en raison de la con-duite ou de la situation du mineur dans I’État requérant. Elle peut mentionner en outre toutes conditions auxquelles le rapatriement serait subordonné.

 

Art. 16. 1. Toute requête aux fins de rapatriement est formulée par écrit et indique notamment:

a) l’autorité centrale dont elle émane;

b) l’identité et la nationalité du mineur dont le rapatriement est demandé ainsi que, les cas échéant, son lieu de résidence dans 1’Etat requis;

c) les raisons invoquées à l’appui de la requête;

d) le cas échéant, l’autorité ou la personne qui a présenté la demande de rapatriement et la nature de ses rapports juridiques avec le mineur.

2. Dans le cas visé à l’article 2, paragraphe 1. la requête est accompagnée, s‘il y a lieu de l’original ou d’une copie authentique, soit du titre justificatif de l‘autorité parentale à moins que tette autorité ne découle directement de la loi, soit de la décision ordonnant une mesure de protection ou de rééducation à l’égard du mineur. soit des documents faisant apparaître la nécessité de la comparution du mineur dans la procédure en cours dans I’Etat requérant ainsi que les buts de cette procédure.

3. Si I’État requis estime que les renseignements fournis par I’État requérant sont insuffisants pour lui permettre de statuer sur la requête, il demande les informations complémentaires qui lui sont nécessaires. Il peut fixer un délai pour l’obtention de ces informations.

 

Art. 21. Les communications entre autorités centrales relatives à l’application de la présente Convention peuvent être transmises par l’intermediaire de l’Organisation internationale de Police criminelle (Interpol).

 

 

 

Legge 64/94

Art. 3.

1. Il Ministero di grazia e giustizia, Ufficio per la giustizia minorile, è autorità centrale ai sensi e per gli effetti dell'articolo 3 della convenzione de L'Aja del 28 maggio 1970 sul rimpatrio dei minori, dell'articolo 2 della convenzione europea di Lussemburgo del 20 maggio 1980 sul riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia di affidamento dei minori e di ristabilimento dell'affidamento, nonché dell'articolo 6 della convenzione de L'Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori.

 […]

 

Art. 5

1. Le decisioni sulle richieste di rimpatrio di minori dal territorio dello Stato, avanzate dalle autorità straniere, ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1, e dell'articolo 4 della convenzione de L'Aja del 28 maggio 1970, sono adottate dal tribunale per i minorenni del luogo dove il minore risiede.

[...]

4. Le richieste di rimpatrio di minori verso uno Stato contraente ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 2, e dell'articolo 14 della convenzione de L'Aja del 28 maggio 1970, sono di competenza del tribunale per i minorenni del luogo ove il minore risiede.

5. Nei casi di cui ai commi 1 e 2 il tribunale per i minorenni decide con decreto in camera di consiglio, su ricorso del pubblico ministero, anche a seguito di richiesta dell'autorità centrale.

6. Nei casi di cui ai commi 3 e 4 il tribunale per i minorenni decide con decreto in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero e su ricorso degli interessati. Il ricorso può essere proposto d'ufficio dal pubblico ministero. La decisione è trasmessa all'autorità centrale per i provvedimenti di competenza.

7. Contro il decreto del tribunale per i minorenni è ammesso ricorso per cassazione.

 

 

 

 

 

 

 

 


IL PERMESSO DI SOGGIORNO

 

 

La normativa che disciplina le questioni relative al permesso di soggiorno (il tipo di permesso di soggiorno rilasciabile ai minori a seconda dei diversi status, i diritti connessi ai diversi tipi di permesso di soggiorno, la conversione del permesso di soggiorno al compimento della maggiore età ecc.) è estremamente frammentaria, lacunosa e confusa.

 

Particolarmente lacunosa è la normativa riguardante il permesso di soggiorno per minore età, previsto dal regolamento di attuazione del T.U. 286/98.

Altra questione particolarmente problematica che cercheremo di analizzare è poi quella dei minori affidati di fatto a parenti entro il quarto grado.

 

 

 

1)    La tipologia dei permessi di soggiorno e i requisiti per il rilascio

 

1.1) La tipologia dei permessi di soggiorno

 

Iniziamo con l’analizzare quali titoli di soggiorno possono essere rilasciati al minore non accompagnato dai genitori, in base alle disposizioni del T.U. 286/98, del relativo regolamento di attuazione, e di alcune circolari ministeriali[23].

 

1)  Permesso di soggiorno per motivi familiari:

 

A) Il T.U. 286/98, art. 31 stabilisce che “1. Il figlio minore dello straniero con questi convivente e regolarmente soggiornante e' iscritto nel permesso di soggiorno o nella carta di soggiorno di uno o di entrambi i genitori fino al compimento del quattordicesimo anno di eta' e segue la condizione giuridica del genitore con il quale convive, ovvero la piu' favorevole tra quelle dei genitori con cui convive. Fino al medesimo limite di eta' il minore che risulta affidato ai sensi dell'articolo 4 della legge 4 maggio 1983, n. 184, e' iscritto nel permesso di soggiorno o nella carta di soggiorno dello straniero al quale e' affidato e segue la condizione giuridica di quest'ultimo, se piu' favorevole. L'assenza occasionale e temporanea dal territorio dello Stato non esclude il requisito della convivenza e il rinnovo dell'iscrizione.

2. Al compimento del quattordicesimo anno di eta' al minore iscritto nel permesso di soggiorno o nella carta di soggiorno del genitore ovvero dello straniero affidatario e' rilasciato un permesso di soggiorno per motivi familiari valido fino al compimento della maggiore eta', ovvero una carta di soggiorno.”

 

B) Il T.U. 286/98, art. 29 stabilisce che “1. Lo straniero puo' chiedere il ricongiungimento per i seguenti familiari: a) coniuge non legalmente separato; b) figli minori a carico, anche del coniuge o nati fuori del matrimonio, non coniugati ovvero legalmente separati, a condizione che l'altro genitore, qualora esistente, abbia dato il suo consenso; c) genitori a carico; d) parenti entro il terzo grado, a carico, inabili al lavoro secondo la legislazione italiana.

2. Ai fini del ricongiungimento si considerano minori i figli di eta' inferiore a 18 anni. I minori adottati o affidati o sottoposti a tutela sono equiparati ai figli”.

 

In base al primo comma dell’art. 29, quindi, sembrerebbe che il minore possa ricongiungersi solo con i genitori, e non invece con altri parenti (fratelli, zii, cugini ecc.)[24]: di conseguenza il minore non accompagnato dai genitori non potrebbe usufruire del ricongiungimento e ricevere il permesso di soggiorno per motivi familiari a seguito di ricongiungimento.

Il secondo comma, però, equipara i minori affidati o sottoposti a tutela ai figli, ai fini del ricongiungimento: vengono così ampliate le possibilità di ricongiungimento e di rilascio del relativo permesso di soggiorno per motivi familiari.

 

L’art. 29 co. 2 si applica al minore affidato o sottoposto a tutela in base a un provvedimento di affidamento o tutela emesso dalla competente autorità del Paese d’origine, in quanto tale provvedimento può essere automaticamente riconosciuto. La legge 218/95, infatti, stabilisce all’art. 66 che i provvedimenti stranieri di volontaria giurisdizione sono riconosciuti senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento, quando sono pronunciati dalle autorità dello Stato la cui legge è richiamata dalle disposizioni della stessa legge 218/95 o sono pronunciati da un’autorità che sia competente in base a criteri corrispondenti a quelli propri dell’ordinamento italiano, e purché non siano contrari all’ordine pubblico[25].

 

L’art. 29 co. 2 si applica anche ai minori affidati o sottoposti a tutela in base a provvedimento della competente autorità italiana (Tribunale per i minorenni, Giudice Tutelare, servizi sociali).

Per quanto riguarda i minori sottoposti a tutela, tuttavia, la circolare del Ministero dell’Interno del 13.11.2000 fornisce indicazioni in contrasto con quanto disposto dall’art. 29 co. 2, stabilendo che ai minori per i quali il Giudice Tutelare “abbia semplicemente nominato un tutore ai sensi del Codice Civile” non possa essere rilasciato il permesso di soggiorno per motivi familiari, bensì debba essere rilasciato il permesso di soggiorno per minore età. La questione di quale permesso di soggiorno debba essere rilasciato ai minori sottoposti a tutela in base a provvedimento del Giudice Tutelare andrà chiarita al più presto.

 

Infine, si può ipotizzare l’applicabilità dell’art. 29 co.2 anche ai minori affidati di fatto a parenti entro il quarto grado, comprendendo nel concetto di “affidato” anche gli affidamenti di fatto entro il gruppo parentale[26].

 

Un’ultima questione è posta dalla distinzione tra affidatari o tutori stranieri e italiani. Il primo comma dell’art. 29, infatti, fa riferimento solo allo straniero che chiede il ricongiungimento. Tuttavia, poiché non è ragionevole una disparità di trattamento in senso sfavorevole nel caso in cui l’affidatario o il tutore sia di nazionalità italiana, e dato che, inoltre, al successivo art. 30 è disciplinato anche il ricongiungimento a cittadino italiano, si può ritenere che l’art. 29.2 possa applicarsi anche ai casi in cui l’affidatario o il tutore siano cittadini italiani.

 

C) Il regolamento di attuazione D.P.R. 394/99, art. 28 stabilisce infine che “1. Quando la legge dispone il divieto di espulsione, il questore rilascia il permesso di soggiorno [...] per motivi familiari, nei confronti degli stranieri che si trovano nelle documentate circostanze di cui all’articolo 19, comma 2, lettera c) del testo unico [cioè gli stranieri conviventi con parenti entro il quarto grado di nazionalità italiana]”.

 

Þ In sintesi, dunque, il permesso per motivi familiari può essere rilasciato al minore:

·       affidato a cittadino straniero ex art. 4 della legge 184/83 (T.U. 286/98, art. 31);

·       affidato o sottoposto a tutela e ricongiunto con l’affidatario o tutore (T.U. 286/98, art. 29);

·       convivente con cittadino italiano parente entro il quarto grado (regolamento di attuazione, art. 28).

 

 

 

2)  Permesso di soggiorno per affidamento:

 

Il T.U. 286/98 indica il permesso di soggiorno per affidamento all’art. 34 (relativo all’iscrizione obbligatoria al Servizio Sanitario Nazionale), ma non è chiaro quali siano i presupposti per il rilascio di tale permesso di soggiorno.

La circolare del Ministero dell’Interno del 13.11.2000 indica il permesso di soggiorno per affidamento come il tipo di permesso di soggiorno che viene rilasciato al minore affidato ex art. 4 legge 184/83, e sembra equiparare perfettamente il permesso per affidamento con quello per motivi familiari.

Probabilmente si può considerare il permesso per affidamento semplicemente come una definizione più specifica del permesso per motivi familiari rilasciato a minori affidati ex art. 4 legge 184/83: di conseguenza possiamo ritenere che la durata, la convertibilità alla maggiore età e i diritti connessi a questo tipo di permesso di soggiorno siano disciplinati dalle stesse disposizioni che disciplinano il permesso di soggiorno per motivi familiari.

 

 

3)  Permesso di soggiorno per minore età[27]:

                                                          

Il regolamento di attuazione D.P.R. 394/99, art. 28 stabilisce che: “1. Quando la legge dispone il divieto di espulsione, il questore rilascia il permesso di soggiorno:  a) per minore età, salvo l’iscrizione del minore degli anni quattordici nel permesso di soggiorno del genitore o dell’affidatario stranieri regolarmente soggiornanti in Italia. Se si tratta di minore abbandonato, è immediatamente informato il Tribunale per i minorenni per i provvedimenti di competenza”.

 

La circolare del Ministero dell'Interno 23.12.1999 prevede che “In particolare, viene previsto, per i minori inespellibili di età superiore ai 14 anni, il rilascio del permesso di soggiorno per “minore età”. Al riguardo, si chiarisce che tale titolo di soggiorno verrà rilasciato solo in via residuale e qualora si verifichino situazioni non riconducibili ad altre tipologie di soggiorno già previste dalla normativa in vigore (es. motivi familiari, adozione, affidamento)”.

                                                                                       

La circolare del Ministero dell’Interno del 13.11.2000 stabilisce, infine, che il permesso di soggiorno per minore età debba essere rilasciato “ai minori stranieri non accompagnati, come definiti dal D.P.R. 9 dicembre 1999, n. 535, per i quali la legge stessa prevede la possibilità di un loro rimpatrio assistito a seguito dell’individuazione dei familiari nel Paese di origine, ovvero nell’ipotesi in cui il Tribunale per i minorenni, sia pure tempestivamente informato, non determini formalmente l’affidamento dei soggetti interessati, ai sensi dell’art.2 della L.184/83. Si ritiene di dover ricorrere al permesso di soggiorno per minore età, inoltre, anche qualora, in assenza di detto provvedimento di affidamento, il competente Giudice Tutelare abbia semplicemente nominato un tutore ai sensi del Codice Civile.”

 

Il permesso di soggiorno per minore età, dunque, viene rilasciato a tutti i minori che non possono ottenere un altro tipo di permesso di soggiorno, compresi – in base alla circolare del Ministero dell’Interno del 13.11.200, ma in contraddizione con l’art. 29 co. 2 del T.U. 286/98 – i minori sottoposti a tutela.

 

Non è chiaro per quale ragione la circolare del Ministero dell’Interno del 23.12.1999 limiti la possibilità di rilascio di tale permesso per minore età agli utraquattordicenni: forse il Ministero dell’Interno dà per scontato che tutti i minori infraquattordicenni vengano affidati ex art. 4 legge 184/83. La circolare del Ministero dell’Interno del 13.11.2000, invece, non pone distinzioni tra infra e ultraquattordicenni per il rilascio del permesso per minore età.

 

 

4)  Permesso di soggiorno per protezione sociale:

 

Il T.U. 286/98, art. 18, co. 6 stabilisce che può essere rilasciato (all’atto delle dimissioni dall’istituto di pena) un permesso di soggiorno per protezione sociale allo straniero che ha terminato l’espiazione di una pena detentiva inflitta per reati commessi durante la minore età, e ha dato prova concreta di partecipazione a un programma di assistenza e integrazione sociale.

Inoltre, il T.U. 286/98, art. 18, co. 1 prevede che il permesso per protezione sociale possa essere rilasciato quando "[…] siano accertate situazioni di violenza o di grave sfruttamento nei confronti di uno straniero, ed emergano concreti pericoli per la sua incolumità, per effetto dei tentativi di sottrarsi ai condizionamenti di un’associazione dedita a uno dei predetti delitti o delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari o del giudizio". In questi casi il questore, anche su proposta del procuratore della repubblica, o con il parere favorevole della stessa autorità, rilascia il permesso di soggiorno per protezione sociale "per consentire allo straniero di sottrarsi alla violenza e ai condizionamenti dell’organizzazione criminale e di partecipare a un programma di assistenza e integrazione sociale".  Tale disposizione si applica naturalmente anche ai minorenni.[28]

 

 

5)  Carta di soggiorno

 

La carta di soggiorno viene rilasciata al minore:

·     ricongiunto con un cittadino straniero titolare di carta di soggiorno o con un cittadino italiano o di uno Stato membro dell’Unione Europea (T.U. 286/98, art. 30, co. 4);

·     affidato ex art. 4 l. 184/83 a cittadino straniero titolare di carta di soggiorno (T.U. 286/98, art. 31, co. 2).

 

 

 

1.2) La relazione tra il permesso di soggiorno e lo status del minore

 

Cerchiamo ora di analizzare quale tipo di permesso di soggiorno debba essere rilasciato al minore, distinguendo tra diverse condizioni giuridiche del minore stesso, a seconda cioè:

·       che il minore sia affidato ex art. 4 l. 184/83, o sottoposto a tutela, o affidato di fatto a parente entro il quarto grado;

·       che l’affidatario o il tutore sia un cittadino straniero, o un cittadino italiano, o una comunità di tipo familiare o un istituto di assistenza.

 

 

1)  Minore affidato ex art. 4 l. 184/83 a cittadino straniero

 

Il Testo Unico, art. 31 stabilisce che il minore affidato ex art. 4 l. 184/83 a cittadino straniero regolarmente soggiornante e convivente, se

- infraquattordicenne: viene iscritto sul permesso di soggiorno o carta di soggiorno dell’affidatario;

- ultraquattordicenne: ottiene il permesso di soggiorno per motivi familiari o la carta di soggiorno.

 

 

2)  Minore affidato ex art. 4 l. 184/83 a cittadino italiano

 

Ove si applichi l'art. 29 co. 2 del T.U. 286/98, in base a cui il minore affidato è equiparato al figlio ai fini del ricongiungimento familiare, il minore ottiene la carta di soggiorno (in base all’art. 30, co. 4 del T.U.).

 

Ove invece non si applichi l'art. 29 del T.U. 286/98, si rileva una lacuna in merito a questa situazione, in quanto l'art. 31 fa riferimento solo al cittadino straniero affidatario, non prevedendo alcunché per il caso di cittadino italiano affidatario.

Tuttavia, non essendo ragionevole una disparità di trattamento in senso sfavorevole nel caso in cui l’affidatario sia di nazionalità italiana, è da ritenersi che anche in questi casi verrà rilasciato un permesso di soggiorno per motivi familiari, in analogia a quanto previsto nel caso di affidatario straniero.

 

 

 

3)  Minore affidato ex art. 2 e 4 l. 184/83 a una comunità familiare o a un istituto di assistenza

 

Il T.U. 286/98 presenta una lacuna in merito a questa situazione, in quanto l'art. 31 fa riferimento solo al cittadino straniero affidatario, non prevedendo alcunché per il caso di affidamento a una comunità di tipo familiare o a un istituto di assistenza pubblico (compreso l’affidamento all’Ente locale) o privato.

 

Tuttavia, come nel caso precedente, non essendo ragionevole tale disparità di trattamento, è da ritenersi che anche in questi casi verrà rilasciato un permesso di soggiorno per motivi familiari (o di affidamento).

 

In ultima istanza, il minore ha comunque diritto al permesso di soggiorno per minore età in base al regolamento di attuazione, art. 28.

 

 

 

 

4)  Minore in tutela a cittadino italiano o straniero (senza affidamento ex l. 184/83)

 

Come già visto, l’art. 29 co. 2 del T.U. 286/98 stabilisce che i minori sottoposti a tutela sono equiparati ai figli, ai fini del ricongiungimento.

Ove si applichi l'art. 29, dunque, si dovrà distinguere tra due situazioni, a seconda che il tutore sia:

a) cittadino straniero: in base all'art. 31 del T.U. 286/98, il minore

- infraquattordicenne: viene iscritto sul permesso di soggiorno o carta di soggiorno del tutore (in analogia al genitore);

- ultraquattordicenne: ottiene il permesso di soggiorno per motivi familiari o la carta di soggiorno.

b) cittadino italiano: in base all'art. 30, co. 4 del T.U. 286/98, il minore ottiene la carta di soggiorno.

 

Tuttavia, la circolare del Ministero dell’Interno del 13.11.2000 fornisce indicazioni in contrasto con quanto disposto dall’art. 29 co. 2, stabilendo che ai minori per i quali il Giudice Tutelare “abbia semplicemente nominato un tutore ai sensi del Codice Civile” non possa essere rilasciato il permesso di soggiorno per motivi familiari, bensì debba essere rilasciato il permesso di soggiorno per minore età. Questo aspetto andrà chiarito al più presto.

 

 

5) Minore in tutela a una comunità familiare o a un istituto di assistenza (senza affidamento ex l. 184/83)

 

Né il T.U. 286/98 né il regolamento di attuazione stabiliscono quale permesso di soggiorno debba essere rilasciato al minore in tutela a una comunità di tipo familiare o a un istituto di assistenza pubblico (compresa la tutela all’Ente locale) o privato.

 

Come già visto, la circolare del Ministero dell’Interno del 13.11.2000 stabilisce che ai minori per i quali il Giudice Tutelare “abbia semplicemente nominato un tutore ai sensi del Codice Civile” debba essere rilasciato il permesso di soggiorno per minore età previsto dal regolamento di attuazione, art. 28.

 

 

6) Minore affidato di fatto a cittadino straniero parente entro il quarto grado (senza affidamento ex l. 184/83)

 

Ove si applichi l'art. 29 del T.U. 286/98, in base a cui il minore affidato è equiparato al figlio ai fini del ricongiungimento familiare (includendo quindi nella definizione di minore affidato anche l’affidamento di fatto a parente entro il quarto grado), il minore

- infraquattordicenne: viene iscritto sul permesso di soggiorno o carta di soggiorno dell’affidatario;

- ultraquattordicenne: ottiene il permesso di soggiorno per motivi familiari o la carta di soggiorno.

 

Ove invece non si applichi l'art. 29 del T.U. 286/98, si rileva una lacuna in merito a questa situazione, in quanto l’art. 31 prevede il rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari solo ai minori affidati con provvedimento formale ex art. 4 l. 184/83 e non anche ai minori affidati di fatto entro il gruppo parentale.

 

In ultima istanza, il minore ha comunque diritto al permesso di soggiorno per minore età in base al regolamento di attuazione, art. 28.[29]

 

 

7)  Minore affidato di fatto a italiano parente entro il quarto grado convivente (senza affidamento ex l. 184/83)

 

Ove si applichi l'art. 29 del T.U. 286/98, in base a cui il minore affidato è equiparato al figlio ai fini del ricongiungimento familiare (includendo quindi nella definizione di minore affidato anche l’affidamento di fatto a parente entro il quarto grado), il minore ottiene la carta di soggiorno (in base all’art. 30, co. 4).

 

Ove invece non si applichi l'art. 29 del T.U. 286/98, il regolamento di attuazione, art. 28 stabilisce che al cittadino straniero convivente con parente entro il quarto grado di nazionalità italiana viene rilasciato il permesso di soggiorno per motivi familiari.

 

 

 

8) Minore né affidato né sottoposto a tutela

 

Il T.U. 286/98 non stabilisce quale permesso di soggiorno debba essere rilasciato al minore né affidato né sottoposto a tutela.

In base al regolamento di attuazione, art. 28 e alla circolare del Ministero dell’Interno del 13.11.2000, al minore non sottoposto a tutela né affidato viene rilasciato il permesso di soggiorno per minore età.

 

 

 

 

1.3) L’identificazione e i documenti da presentare

 

Dovrà essere chiarito quali requisiti sono necessari – oltre a quelli appena analizzati relativi alla condizione di affidamento o tutela – e quali documenti devono essere presentati per ottenere i diversi tipi di permesso di soggiorno. Analizziamo alcuni punti particolarmente problematici:

 

1) L’identificazione e l’accertamento dell’età

 

In primo luogo, andrà chiarito se è necessario in tutti i casi che il minore sia identificato con certezza, in particolare al fine di stabilirne l’età, o se vi sono casi – e ci riferiamo qui in particolare al rilascio del permesso per minore età – in cui il permesso può essere rilasciato anche in mancanza di un’identificazione certa.

 

Il permesso di soggiorno per minore età, in base alla formulazione dell’art. 28 del regolamento di attuazione e della circolare del Ministero dell’Interno del 23.12.1999, è finalizzato a fornire un titolo di soggiorno nei casi in cui non sia possibile rilasciare alcun altro permesso di soggiorno, in modo da non lasciare il minore in una condizione di irregolarità che, in quanto tale, può essere considerato come causa di pregiudizio.

Di conseguenza, sembrerebbe che i requisiti debbano essere minimi e che quindi ad ogni minore non titolare di altro tipo di permesso andrebbe rilasciato il permesso di soggiorno per minore età, a prescindere dalla documentazione in suo possesso.

A questo proposito, sono interessanti le “Osservazioni del Presidente del Comitato per i minori stranieri” approvate dal Comitato per i minori stranieri il 2.5.2000): “Ci si domanda se per il rilascio [del permesso di soggiorno] è necessaria una identificazione sicura, da parte dell’autorità di P.S. (vedi anche art. 5 regolamento del Comitato), oppure sono sufficienti, almeno temporaneamente, le dichiarazioni del minorenne, eventualmente supportate da documenti anche poco credibili. Sembrerebbe preferibile la prima ipotesi perché in tal modo si tenderebbe a far uscire i minorenni dalla clandestinità, che è l’aspetto più pericoloso del loro soggiorno in Italia, ma rimarrebbe il fatto che il clandestino ancora non sicuramente identificato si trova nel limbo: non può essere espulso ma non può avere il permesso di soggiorno. Potrebbe configurarsi un permesso di soggiorno intestato ad un nome anche non sicuro ma riferentesi ad altri mezzi di identificazione (fotografie, impronte digitali)?”

Si può citare in tal senso – in quanto disposizione che affronta un problema analogo – la disposizione del regolamento di attuazione del T.U. 286/98 riguardante l’iscrizione a scuola e il rilascio del titolo conclusivo a minori privi di documenti: “1. [...] I minori stranieri privi di documentazione anagrafica ovvero in possesso di documentazione irregolare o incompleta sono iscritti con riserva.  2. L’iscrizione con riserva non pregiudica il conseguimento dei titoli conclusivi dei corsi di studio di ogni ordine e grado. In mancanza di accertamenti negativi sull’identità dichiarata dall’alunno, il titolo viene rilasciato all’interessato con i dati identificativi acquisiti al momento dell’iscrizione” (regolamento di attuazione D.P.R. 394/99, art. 45, co. 1 e 2).

 

Dunque, come si comporteranno le Questure di fronte a un minore che non possieda alcun documento di identità? Ove il minore sia senza ombra di dubbio al di sotto dei 18 anni, la Questura dovrebbe potergli comunque rilasciare il permesso di soggiorno con l’indicazione dei dati dichiarati.

Ove invece il minore sia prossimo ai 18 anni, si pone naturalmente il problema di verificarne l’effettiva minore età. Gli esami utilizzati per l’accertamento dell’età non risolvono il problema, in quanto è nota la scarsissima precisione e attendibilità di questi esami. Anche questo problema, dunque, andrà affrontato con indicazioni chiare fornite alle Questure.

 

 

2)  Il passaporto

 

In secondo luogo, si dovrà chiarire se sia necessario in tutti i casi che il minore presenti il passaporto valido.

Il regolamento di attuazione D.P.R. 394/99, art. 9, co. 6 stabilisce esplicitamente che per il rilascio del permesso di soggiorno per protezione sociale non è necessario il possesso del passaporto.

Un’analoga previsione pare dovrebbe valere anche per i permessi di soggiorno rilasciati ex art. 28 del regolamento di attuazione ai cittadini stranieri inespellibili, cioè il permesso di soggiorno per minore età e il permesso di soggiorno per motivi familiari rilasciato allo straniero convivente con parente entro il quarto grado di nazionalità italiana.

 

 

3)  La legalizzazione dei documenti

 

In terzo luogo, per quei documenti che devono essere legalizzati dalle Rappresentanza Diplomatico-Consolari italiane nel Paese d’origine, è necessario chiarire se vi siano ostacoli procedurali a tale legalizzazione, dato che in diversi casi le Ambasciate e Consolati si rifiutano di legalizzare tali documenti.

 

 

4) I requisiti per il ricongiungimento familiare

 

Infine, andrà chiarito quali requisiti in termini di permesso di soggiorno, alloggio, e reddito dovrà dimostrare il cittadino straniero affidatario (o tutore, ove si applichi l’art. 29, co. 2) perché il minore possa ricevere il permesso di soggiorno per motivi familiari (o se infraquattordicenne, essere iscritto sul permesso di soggiorno).

Il T.U. prevede infatti che per effettuare un ricongiungimento familiare, il cittadino straniero debba dimostrare:

a) la titolarità di un permesso di soggiorno di durata non inferiore a un anno, rilasciato per lavoro subordinato o per lavoro autonomo ovvero per asilo, per studio o per motivi religiosi o della carta di soggiorno (T.U. 286/98, art. 28, co. 1);

b) la disponibilità di un alloggio che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica (T.U. 286/98, art. 29, co. 3);

c) la disponibilità di un reddito annuo derivante da fonti lecite non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale  (T.U. 286/98, art. 29, co. 3)

Rispetto alla documentazione comprovante i presupposti di minore età e di parentela, il regolamento di attuazione del T.U. 286/98 stabilisce per l’ingresso al seguito del familiare che tali presupposti debbano essere dimostrati mediante certificati rilasciati dalla competente autorità dello Stato estero e autenticati dall’autorità consolare italiana che attesta che la traduzione in italiano è conforme all’originale (D.P.R. 394/99, art. 5, co. 7).

 

Dato che, come sostenuto precedentemente[30], ci sembra che i criteri per valutare l’idoneità dell’affidatario a provvedere al minore debbano essere distinti dai requisiti richiesti per il ricongiungimento familiare, è possibile che vi siano casi in cui l’affidatario risulti moralmente e materialmente idoneo all’affidamento (da disporsi con provvedimento formale, o senza necessità di provvedimento formale nell’ipotesi di affidamento “di fatto” a parente entro il quarto grado), ma non riesca a dimostrare i requisiti richiesti per il ricongiungimento.

Andrà dunque chiarito se, nei casi in cui l’affidatario (o il tutore, ove si applichi l’art. 29, co. 2) non riesca a dimostrare la sussistenza dei requisiti richiesti per il ricongiungimento familiare, al minore sarà comunque rilasciato il permesso di soggiorno per motivi familiari o se invece potrà ricevere solo il permesso per minore età.

 

 

 

 

 

 

2) La durata del permesso di soggiorno

 

1)  La durata varia a seconda del tipo di permesso di soggiorno e non per tutti i tipi di permesso è chiaramente stabilita:

 

1. Permesso di soggiorno per motivi familiari: il T.U. 286/98, art. 30, co. 3 stabilisce che il permesso di soggiorno per motivi familiari ha la stessa durata del permesso di soggiorno del familiare straniero in possesso dei requisiti per il ricongiungimento.

 

2. Permesso di soggiorno per minore età: né il T.U. 286/98, né il regolamento di attuazione, né le circolari del Ministero dell’Interno stabiliscono la durata del permesso di soggiorno per minore età.

 

3. Permesso di soggiorno per protezione sociale: ha la durata di sei mesi e può essere rinnovato per un anno, o per il maggior periodo occorrente per motivi di giustizia; qualora, alla scadenza del permesso di soggiorno l’interessato risulti avere in corso un rapporto di lavoro, il permesso può essere ulteriormente prorogato o rinnovato per la durata del rapporto medesimo o, se questo è a tempo indeterminato, con le modalità stabilite per tale motivo di soggiorno; qualora il titolare sia iscritto a un corso regolare di studi, il permesso può essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di studio (T.U. art. 18, co. 4 e 5).

 

 

2)  Il Regolamento del Comitato per i minori stranieri, art. 9 stabilisce che “1. La durata totale del soggiorno di ciascun minore non puo' superare i novanta giorni, continuativi o frutto della somma di piu' periodi, riferiti alle permanenze effettive nell'anno solare. Il Comitato puo' proporre alle autorita' competenti l'eventuale estensione della durata del soggiorno fino ad un massimo di centocinquanta giorni, con riferimento a progetti che comprendano periodi di attivita' scolastica o in relazione a casi di forza maggiore. L'eventuale estensione della durata della permanenza e' comunicata alla questura competente ai fini dell'eventuale rinnovo o della proroga del permesso di soggiorno per gli accompagnatori e per i minori ultraquattordicenni.”

Tale disposizione sembra riferirsi unicamente ai minori accolti nell’ambito di programmi solidaristici di accoglienza temporanea e non ai minori presenti non accompagnati, e in tal senso è stata interpretata dall’allora Presidente del Comitato per i minori stranieri, Paolo Vercellone, nelle “Osservazioni del Presidente del Comitato per i minori stranieri” approvate il 2.5.2000. Tuttavia, poiché tale limitazione non è esplicitata, restano margini di ambiguità.

 

 

 

 

 

3) La conversione del permesso di soggiorno al compimento della maggiore età

 

Un problema fondamentale è rappresentato dalla possibilità di convertire il permesso di soggiorno dopo il compimento dei 18 anni.

Facendo riferimento al T.U. 286/98 e ad alcune circolari, proviamo ad analizzare la possibilità di conversione prevista per i diversi tipi di permesso di soggiorno[31].

 

1)  Il permesso di soggiorno per motivi familiari rilasciato a minore affidato a cittadino straniero ex art. 4 l. 184/83 e il permesso di soggiorno rilasciato a minore comunque affidato ex art. 2 l. 184/83, al compimento della maggiore età può essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di studio, di accesso al lavoro (prescindendo dal possesso dei requisiti di cui all’art. 23), di lavoro subordinato o autonomo, per esigenze sanitarie o di cura (T.U. 286/98, art. 32).

 

L'art. 2 legge 184/83 stabilisce che: "Il minore che sia temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo può essere affidato ad un'altra famiglia, possibilmente con figli minori, o ad una persona singola, o ad una comunità di tipo familiare, al fine di assicurargli il mantenimento, l'educazione e l'istruzione. Ove non sia possibile un conveniente affidamento familiare, è consentito il ricovero del minore in un istituto di assistenza pubblico o privato, da realizzarsi di preferenza nell'ambito della regione di residenza del minore stesso."

L’espressione "minore comunque affidato ex art. 2 l. 184/83" comprende dunque, oltre al minore affidato a cittadino straniero (caso già disciplinato dall'art. 31 T.U. 286/98), anche:

·       il minore affidato a cittadino italiano;

·       il minore affidato a una comunità di tipo familiare;

·       forse anche il minore ricoverato presso un istituto di assistenza pubblico o privato: anche se non si tratta di affidamento familiare, si tratta comunque di un tipo di affidamento disciplinato dall'art. 2 legge 184/83, equiparato all’affidamento familiare dal punto di vista dei poteri e obblighi dell’affidatario (l'art. 3 l.184 stabilisce che "All'istituto di assistenza spettano i poteri e gli obblighi dell'affidatario di cui all'articolo 5 [cioè l'affidamento familiare].", e l'art. 5 stabilisce che "Le norme di cui ai commi precedenti [circa l'affidamento familiare] si applicano, in quanto compatibili, nel caso di minori ospitati presso una comunità alloggio o ricoverati presso un istituto.")

 

Se questa interpretazione fosse accettata, i minori affidati a comunità familiare e i minori ricoverati presso un istituto pubblico o privato dovrebbero poter convertire il permesso di soggiorno al compimento della maggiore età secondo le disposizioni previste dall’art. 32, qualsiasi permesso di soggiorno sia stato loro rilasciato – in ipotesi, dunque, anche un permesso di soggiorno per minore età.

 

2) Il permesso di soggiorno per motivi familiari rilasciato al minore sottoposto a tutela o affidato, ove si applichi l’art. 29 del T.U., al compimento della maggiore età può essere convertito in permesso di soggiorno per lavoro subordinato, per lavoro autonomo o per studio (T.U. 286/98, art. 30, co. 5).

 

3)  Il permesso di soggiorno per motivi familiari rilasciato al minore affidato di fatto a italiano parente entro il quarto grado convivente al compimento della maggiore età può essere convertito secondo le modalità previste dall’art. 32 o dall’art. 30, co. 5 del T.U. 286/98 (v. sopra).

 

4)  Il permesso di soggiorno per minore età:

Né il T.U. 286/98, né il regolamento di attuazione stabiliscono se e come possa essere convertito il permesso di soggiorno per minore età, al compimento della maggiore età.

La circolare del Ministero dell’Interno del 13.11.2000 stabilisce – senza alcun conforto di legge – che il permesso di soggiorno per minore età non può essere in alcun caso convertito al compimento della maggiore età[32].

Fanno eccezione i minori “comunque affidati ai sensi dell’art. 2 l. 184/83”, ai quali in base all’art. 32 T.U. 286/98 è consentita la conversione del permesso di soggiorno (vedi punto 1).

 

 

 

 

4) I diritti connessi ai diversi tipi di permessi di soggiorno 

 

Analizziamo sinteticamente la disciplina dei diritti connessi ai diversi tipi di permesso di soggiorno, e in particolare del diritto di esercitare attività lavorativa e del diritto di rientrare in Italia con il permesso di soggiorno valido, secondo quanto disposto dal T.U 286/98, dal regolamento di attuazione D.P.R. 394/99 e dalle circolari ministeriali.

Rimandiamo invece al capitolo successivo per la disciplina del diritto alla salute e del diritto all’istruzione.

 

4.1) Il diritto di esercitare attività lavorativa:

 

1) Permesso di soggiorno per motivi familiari o per affidamento: il T.U. 286/98, art. 6, co. 1 stabilisce che il permesso di soggiorno per motivi familiari consente di lavorare.

 

2) Permesso di soggiorno per minore età: né il T.U. 286/98, né il regolamento di attuazione dettano disposizioni in materia; la circolare del Ministero dell’Interno del 13.11.2000 stabilisce – senza alcun conforto di legge – che il permesso di soggiorno per minore età non consente di lavorare[33].

 

3) Permesso di soggiorno per protezione sociale: il T.U. art. 18, co. 5 stabilisce che il permesso per protezione sociale consente di lavorare.

 

4) Carta di soggiorno: il T.U. 286/98, art. 9, co. 4 stabilisce che la carta di soggiorno consente di svolgere nel territorio dello Stato ogni attivita' lecita, salvo quelle che la legge espressamente vieta allo straniero o comunque riserva al cittadino.

 

 

4.2) Il diritto di rientrare in Italia con il permesso di soggiorno valido

 

Un’altra questione rilevante è il diritto del minore titolare di permesso di soggiorno valido, al reingresso in Italia in seguito all’uscita dal territorio dello Stato.

 

Il T.U. 286/98 e il regolamento di attuazione stabiliscono che, ai fini del reingresso in Italia, per:

·       il titolare di permesso di soggiorno in corso di validità: è sufficiente una preventiva comunicazione all’autorità di frontiera (T.U. 286/98, art. 4, co. 2) e l’esibizione del passaporto o documento equivalente e del permesso di soggiorno in corso di validità (regolamento di attuazione, art. 8, co. 2);

·       il titolare di carta di soggiorno: è sufficiente l’esibizione del passaporto o documento equivalente e del permesso di soggiorno in corso di validità (T.U. 286/98, art. 9, co. 4; regolamento di attuazione, art. 8, co. 5);

 

Né il T.U. 286/98, né il regolamento di attuazione dettano disposizioni specifiche per il permesso per minore età. Alcune Questure, tuttavia, indicano sul permesso per minore età “non valido per l’espatrio”, dicitura che significa che il minore non può uscire dal territorio italiano e poi rientrarvi regolarmente con il permesso di soggiorno per minore età in corso di validità. Il minore che voglia tornare nel paese d’origine per andare a trovare la famiglia, e poi tornare in Italia, si trova dunque costretto a ritentare la via dell’immigrazione clandestina, ovvero a rinunciare alla visita ai familiari.

Tale orientamento ci sembra violare gravemente il principio del superiore interesse del minore e il diritto del minore di mantenere i rapporti con la sua famiglia, sancito dalla Convenzione di New York e dalla legge.

 

 

 

 

5) Le procedure per la richiesta del permesso di soggiorno

 

5.1) La rappresentanza del minore

 

Nei casi in cui il minore è affidato o sottoposto a tutela, potrà essere l’affidatario o il tutore a presentare la domanda di permesso di soggiorno.

Nei casi, invece, in cui il minore non sia né affidato né sottoposto a tutela, si pone il problema se la richiesta di permesso di soggiorno possa essere presentata direttamente dal minore; o debba invece essere nominato un tutore perché il minore possa essere rappresentato nella richiesta del permesso di soggiorno; o ancora, si preveda un limite di età (ad es. 15 anni,  in analogia a quanto disposto per la richiesta della carta di identità) prima del quale sarà necessario un tutore, e oltre il quale il minore potrà presentare direttamente la richiesta di permesso di soggiorno.

 

 

5.2) I tempi

 

Dovrà essere chiarito se vi è un limite di età precedente il compimento dei 18 anni, al di là del quale il permesso di soggiorno non può più essere rilasciato al minore.

La legge non stabilisce tale limite e sembra quindi illegittimo che esso venga posto dalle Questure[34].

 

Si deve inoltre considerare che, se la richiesta di permesso di soggiorno viene presentata in prossimità del compimento dei 18 anni, ciò assai spesso dipende dalla lentezza di altre procedure, ad esempio per l’ottenimento del passaporto o per la legalizzazione dei documenti da parte delle Rappresentanze Diplomatico-Consolari italiane nel Paese d’origine.

In tali casi sembrerebbe più opportuno considerare la data di inizio del procedimento (ad es., la data in cui è stata presentata la domanda di permesso di soggiorno incompleta del passaporto o dei documenti da legalizzare).

 

 

 

6) Approfondimenti: il permesso per minore età e i minori affidati di fatto a parenti

 

Cerchiamo qui di approfondire due questioni particolarmente problematiche che abbiamo trattato sinteticamente nei paragrafi precedenti: il permesso per minore età e la questione dei minori affidati di fatto a parenti entro il quarto grado.

 

6.1) Il permesso di soggiorno per minore età: la conversione ai 18 anni e il diritto di lavorare

 

La disciplina del permesso di soggiorno per minore età è gravemente lacunosa: questo tipo di permesso di soggiorno, infatti, non è neppure previsto dal T.U. 286/98, e il regolamento di attuazione che lo ha introdotto si limita a stabilire che esso debba essere rilasciato ai minori inespellibili, senza ulteriori specificazioni.

E' quindi intervenuta una circolare del Ministero dell'Interno a fornire indicazioni alle Questure su importanti aspetti relativi al permesso per minore età, e in particolare sulla non convertibilità di tale permesso di soggiorno al compimento della maggiore età e sul fatto che esso non dà diritto di esercitare attività lavorativa.

Le gravi lacune normative cui abbiamo fatto cenno, tuttavia, non possono essere colmate da una circolare del Ministero dell’Interno: ricordiamo infatti che la Costituzione stabilisce all’art. 10 che “La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali”.

Riteniamo dunque che, finché perdura tale lacuna normativa, l’interpretazione delle norme debba fondarsi sulla base dei principi generali di tutela dei diritti dei minori stabiliti dalla Convenzione di New York e dalla legge.

 

1)  La conversione del permesso di soggiorno per minore età al compimento della maggiore età

 

Come abbiamo già visto, né il T.U. 286/98 né il regolamento di attuazione disciplinano la questione della conversione del permesso di soggiorno per minore età al compimento dei 18 anni: non vi è alcuna disposizione che stabilisca che il permesso per minore età possa essere convertito, ma nemmeno vi è alcuna disposizione che stabilisca che tale permesso non possa essere convertito.

La circolare del Ministero dell’Interno del 13.11.2000, invece – senza alcun conforto di legge – stabilisce che il permesso di soggiorno per minore età non può essere convertito.

 

Le disposizioni dell’art. 32 del T.U. 286/98 relative alla conversione del permesso di soggiorno alla maggiore età riguardano specificatamente i minori affidati ex art.2 o 4 della legge 184/83, non prevedendo alcunché per i titolari di permesso di soggiorno per minore età. Dalla mancata inclusione del permesso di soggiorno per minore età tra quelli citati all’art. 32 del T.U. 286/98 discenderebbe, secondo alcuni, la non convertibilità di tale permesso al compimento della maggiore età.

Tuttavia, non si vede come il Testo Unico avrebbe potuto indicare il permesso di soggiorno per minore età tra quelli convertibili, dato che tale permesso di soggiorno è stato introdotto solo dal regolamento di attuazione, entrato in vigore più di un anno e mezzo dopo l’emanazione della legge 40/98.

Né l’impossibilità di convertire il permesso di soggiorno per minore età può essere fatta discendere dal fatto che tale permesso non sia citato all’art. 14 del regolamento di attuazione (intitolato “Conversione del permesso di soggiorno”), in quanto tale articolo non è esaustivo, non dettando disposizioni neanche in relazione ad altri permessi di soggiorno convertibili come appunto il permesso di soggiorno rilasciato a minori affidati ex art. 2 o 4 della legge 184/83 (T.U. 286/98, art. 32) o il permesso per motivi di protezione sociale (T.U. 286/98, art. 18).

E’ importante notare, inoltre, che il T.U. 286/98, art. 5, co. 9 prevede in generale la convertibilità del permesso di soggiorno in presenza dei requisiti richiesti dal Testo Unico e dal regolamento di attuazione “Il permesso di soggiorno è rilasciato, rinnovato o convertito entro 20 giorni dalla data in cui è stata presentata la domanda, se sussistono i requisiti e le condizioni previsti dal presente Testo unico e dal regolamento di attuazione per il permesso di soggiorno richiesto ovvero, in mancanza di questo, per altro tipo di permesso da rilasciare in applicazione del presente Testo unico.” Sembrerebbe quindi che la norma sia la convertibilità, ad eccezione dei tipi di permesso di soggiorno per i quali è esplicitamente stabilito che non possono essere convertiti.

Infine, benché il Testo Unico e il regolamento di attuazione non stabiliscano la convertibilità del permesso per minore età, non vi è neanche (né nel Testo Unico, né nel regolamento di attuazione) alcuna disposizione che ne vieti la conversione o il rinnovo, come è invece ad esempio per i permessi di soggiorno di cui all’art. 27 del T.U. 286/98, per i quali il regolamento di attuazione stabilisce che “non possono essere rinnovati e [...] non possono essere convertiti, salvo quanto previsto dall’articolo 14, comma 5” (D.P.R. 394/99, art. 40).

 

Vi è dunque una lacuna normativa, lacuna che certamente non può essere colmata da una mera circolare del Ministero dell’Interno. In presenza di tale lacuna, riteniamo quindi di dover interpretare le norme facendo riferimento ai principi generali riguardanti i diritti dei minori, sanciti dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, ratificata e resa esecutiva con legge 176/91, e dalla legge.

Tale richiamo alla Convenzione di New York è criticato da coloro che sostengono che la Convenzione, proprio in quanto sancisce i diritti dei minori fino ai 18 anni, non possa fornire alcun riferimento interpretativo circa la questione della conversione del permesso di soggiorno alla maggiore età: lo Stato italiano, si sostiene, rispetta la Convenzione di New York prevedendo l’inespellibilità del minore e il rilascio del permesso per minore età, ma non è in alcun modo obbligato a prevedere la possibilità di soggiorno regolare sul territorio italiano dopo il compimento dei 18 anni.

Questa posizione, tuttavia, non ci sembra corretta, in quanto non tiene in considerazione il fatto che la possibilità di progettare il proprio futuro ha un’importanza enorme per il minore: non si può ignorare, cioè, che ciò che accadrà al compimento dei 18 anni ha una profonda rilevanza per la vita del minore, ancora durante la minore età.

 

Si può ritenere, quindi, che la Convenzione di New York debba fornire i principi generali in base ai quali interpretare le norme vigenti, anche rispetto alla questione della conversione del permesso alla maggiore età. E, naturalmente, il primo principio da considerare è il principio del superiore interesse del minore, per cui in tutte le decisioni relative ai fanciulli l'interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente (Convenzione di New York, art. 3).

Ora, è chiaro che, se il minore sa che a 18 anni perderà il permesso di soggiorno e verrà espulso, ogni percorso di inserimento scolastico, formativo, lavorativo e relazionale in Italia perde significato, diventando una sorta di limbo in attesa dell’espulsione. Questo significa, da una parte, che al minore viene preclusa ogni prospettiva di inserimento positivo e rispettoso delle leggi nel nostro paese. E, dall’altra parte, implica che molti minori si allontaneranno da questi positivi percorsi di emersione e inserimento, sperimentati con successo negli anni passati, e resteranno nella clandestinità, finendo sfruttati e gravemente esposti al  rischio di coinvolgimento in attività devianti.

E’ evidente, dunque, che la disposizione per cui non è consentita in alcun caso la conversione del permesso per minore età ai 18 anni non risponde affatto al “superiore interesse del minore”, bensì a una logica di repressione dell’immigrazione clandestina: logica resa evidente dalla stessa terminologia utilizzata dalla circolare del Ministero dell’Interno del 13.11.2000 che, in riferimento al permesso per minore età parla di “provvisorietà dell’autorizzazione che non è finalizzata a tutelare un diritto di stabilimento.”

Riteniamo dunque che la questione della convertibilità del permesso di soggiorno per minore età debba essere rivista, nel rispetto della Convenzione di New York e del principio del “superiore interesse del minore”.

 

 

2)  Il diritto di esercitare attività lavorativa

 

Analogamente alla questione appena analizzata della convertibilità del permesso di soggiorno per minore età, anche rispetto al diritto di lavorare dei minori stranieri in età lavorativa titolari di permesso per minore età né il T.U. 286/98 né il regolamento di attuazione dettano disposizioni: non stabiliscono che il permesso per minore età consente di lavorare, ma nemmeno che tale permesso non consente di lavorare. E’ solo la circolare del Ministero dell’Interno del 13.11.2000 a stabilire che il permesso di soggiorno per minore età non consente di lavorare.

Come per la questione della convertibilità, dunque, vi è una lacuna normativa, che non può assolutamente essere colmata da una circolare.

 

Si dovrà dunque ricorrere ai principi generali relativi ai diritti dei minori, sanciti dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, e in particolare a:

·     il principio del superiore interesse del minore, per cui in tutte le decisioni relative ai fanciulli l'interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente (Convenzione di New York, art. 3)

·     il diritto alla non discriminazione, per cui i diritti sanciti dalla Convenzione devono essere riconosciuti a tutti i minori, senza distinzione – tra le altre – di nazionalità: “Gli Stati Parti si impegnano a rispettare i diritti enunciati nella presente Convenzione ed a garantirli ad ogni fanciullo che dipende dalla loro giurisdizione, senza distinzione di sorta ed a prescindere da ogni considerazione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o altra del fanciullo o dei suoi genitori o rappresentanti legali, dalla loro origine nazionale, etnica o sociale, dalla loro situazione finanziaria, dalla loro incapacità, dalla loro nascita o da ogni altra circostanza” (Convenzione di New York, art. 2);

·     il diritto alla tutela dallo sfruttamento economico (Convenzione di New York, art. 32).

 

Negare al minore straniero in età da lavoro di esercitare attività lavorativa costituisce una grave discriminazione dei minori stranieri rispetto ai minori italiani.

Tale esclusione dalla facoltà di esercitare attività lavorativa pone gravi ostacoli all’integrazione del minore, aggravandone l’emarginazione, rendendolo dipendente dai servizi socio-assistenziali o favorendone lo sfruttamento nell’ambito del lavoro nero o il coinvolgimento in attività illegali.

Questa disposizione si pone evidentemente in contrasto con la logica di tutela del superiore interesse del minore, e risponde invece, di nuovo, ad una logica di controllo dei flussi migratori: al minore titolare di permesso di soggiorno per minore età non deve essere consentito di lavorare non perché questo risponda al suo superiore interesse ma perché non si creino i presupposti per una sua permanenza in Italia (“detto titolo non consenta lo svolgimento di attività lavorativa, in ragione della provvisorietà dell’autorizzazione che non è finalizzata a tutelare un diritto di stabilimento.”: circolare del Ministero dell’Interno del 13.11.2000).

 

Inoltre, per quanto riguarda i minori sottoposti a tutela, ricordiamo che il Codice Civile, art. 371 stabilisce che “[…] il giudice tutelare, su proposta del tutore e sentito il protutore, delibera: l) sul luogo dove il minore deve essere allevato e sul suo avviamento agli studi o all'esercizio di un'arte, mestiere o professione […]”.

La circolare del Ministero dell’Interno del 13.11.2000, non consentendo al minore sottoposto a tutela di “essere avviato all’esercizio di un'arte, mestiere o professione” viene quindi a limitare la decisione del Giudice Tutelare: in modo del tutto illegittimo, dunque, una circolare amministrativa viene ad influire pesantemente su provvedimenti della Magistratura.

 

Anche la questione del diritto di esercitare attività lavorativa dovrà quindi essere rivista, nel rispetto della Convenzione di New York e della legge.

 

 

3)  Un po’ di storia...

 

E’ interessante ricordare come questi stessi problemi si fossero posti già nella prima metà degli anni ’90 e, in assenza di una legge organica sull’immigrazione, fossero stati affrontati e positivamente risolti mediante una serie di circolari, in base alle quali al minore destinatario di un provvedimento dell’Autorità Giudiziaria era rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di giustizia, che consentiva di lavorare e poteva essere convertito in permesso per lavoro al compimento della maggiore età.

La circolare del Ministero dell’Interno 3.11.1993 sosteneva infatti la necessità di consentire l’avviamento al lavoro dei minori “per un duplice ordine di motivi sia in ossequio alla normativa vigente a tutela dei minori, non solo lavoratori, sia nell’ottica di una politica di prevenzione della delinquenza minorile, di cui possono diventare facile preda i minori, anche stranieri, che si vengano a trovare fuori dell’ambito familiare”. La Circolare del Ministero del Lavoro 16.6.1994, n. 67 stabilì poi che i minori stranieri in stato di abbandono potevano essere avviati al lavoro con una speciale procedura.

 

Per quanto riguarda il problema della conversione, leggiamo nella circolare del Ministero del Lavoro 19.9.95, che “[...] Da alcuni Uffici del lavoro, peraltro, sono stati segnalati casi di particolare gravità riferiti a minori che, raggiunta la maggiore età, rimangono in Italia, non essendo decadute le ragioni di carattere umanitario che hanno determinato l’emanazione delle disposizioni sull’accoglienza, e che, a causa della disposizione sopra ricordata, si trovano nella impossibilità di accedere al mercato del lavoro. Considerato quanto sopra, pertanto, e sentito il parere favorevole del Ministero dell’Interno, Dipartimento P.S., si dispone che i minori extracomunitari in stato di abbandono di cui alla citata circolare n. 67, al raggiungimento della maggiore età, possano essere iscritti nelle liste di collocamento e possano, quindi, essere avviati al lavoro secondo le ordinarie procedure”. Immediatamente dopo la circolare del Ministero dell’Interno 23.9.1995, n. 29 disponeva che “[...] In particolare, si richiama l’attenzione sul fatto che ai minori in stato di abbandono che, al raggiungimento della maggiore età, verranno iscritti nelle liste di collocamento - onde essere avviati al lavoro secondo le procedure ordinarie - gli Uffici Stranieri delle Questure dovranno rilasciare un analogo permesso di soggiorno senza bisogno della preventiva autorizzazione di questo Dicastero.”

 

Non si comprende davvero perché, dopo l’entrata in vigore della prima legge organica sull’immigrazione in Italia, che ha migliorato sotto molti aspetti la condizione degli immigrati nel nostro paese, e ha posto principi forti di tutela dei minori stranieri (come l’inespellibilità del minore, il richiamo al superiore interesse del minore, il diritto all’istruzione....), si debba invece assistere a una così grave violazione dei diritti dei minori stranieri a causa di una semplice circolare del Ministero dell’Interno, che fornisce indicazioni alle Questure in netto contrasto con i principi generali di tutela del minore sanciti dalla legge e dalla Convenzione di New York.

 

 

 

 

6.2) I minori affidati di fatto a parenti entro il quarto grado

 

Riprendiamo qui la questione dei minori affidati a parenti entro il quarto grado, questione che risulta particolarmente incerta e problematica.

 

1)  Come abbiamo già visto, il T.U. 286/98, art. 29 co. 2 prevede che “Ai fini del ricongiungimento si considerano minori i figli di età inferiore a 18 anni. I minori adottati o affidati o sottoposti a tutela sono equiparati ai figli”.

Si può ipotizzare che, nella definizione di “minori affidati” possano ricomprendersi non solo i minori affidati con un provvedimento di un’autorità (italiana o straniera), ma anche i minori affidati di fatto a parenti entro il quarto grado.

In base all’art. 9 della legge 184/83, infatti, per i minori accolti da parenti entro il quarto grado non vi è necessità di provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria: “Chiunque, non essendo parente entro il quarto grado, accoglie stabilmente nella propria abitazione un minore, qualora l'accoglienza si protragga per un periodo superiore a sei mesi, deve, trascorso tale periodo, darne segnalazione al giudice tutelare, che trasmette gli atti al tribunale per i minorenni con relazione informativa.”

 

L’art. 29 T.U. 286/98, equiparando il minore affidato al figlio ai fini del ricongiungimento familiare, sembra doversi applicare a maggior ragione al minore affidato a parente entro il quarto grado (ancorché senza provvedimento formale che, in base all'art. 9 legge 184/83, non è richiesto).

Inoltre, sembra confermare l’interpretazione secondo cui nella definizione di “minori affidati” potrebbero essere inclusi anche i minori affidati di fatto a parenti entro il quarto grado, anche il disposto dell’art. 33, co.1 della legge 184/83 (come modificato dalla legge 476/98) che, stabilendo il divieto di ingresso per i minori non accompagnati da almeno un genitore o da parenti entro il quarto grado, sembra prevedere a contrariis la possibilità di ingresso del minore al seguito non solo dei familiari elencati nell’art. 29, co. 1 del T.U. 286/98, ma anche al seguito del parente entro il quarto grado.

Ulteriore argomento a sostegno di tale interpretazione è il fatto che l’art. 19 del T.U. 286/98, che stabilisce il “diritto” del minore a seguire l’affidatario espulso, sia talvolta applicato anche alla fattispecie del minore affidato di fatto a parente entro il quarto grado. Non si comprende, infatti, perché l’espressione “minore affidato” all’art. 29 del T.U. dovrebbe riferirsi solo all’affidamento formale, mentre il concetto di “affidatario” all’art. 19 comprenderebbe anche l’affidamento di fatto.

 

Dunque, ove venisse accettata l'interpretazione secondo cui il minore affidato di fatto a parente entro il quarto grado idoneo a provvedervi debba essere incluso nella definizione di “minori affidati” di cui all'art. 29 co. 2 T.U. 286/98, il minore, in quanto equiparato al figlio, dovrebbe essere iscritto sul permesso di soggiorno o carta di soggiorno dell’affidatario fino all’età di 14 anni, e ricevere il permesso di soggiorno per motivi familiari al compimento dei 14 anni (in base all’art. 31).

 

 

2)  Ove invece tale interpretazione non fosse accettata, e si dovesse quindi fare riferimento unicamente all’art. 31, la situazione dei minori accompagnati da parenti entro il quarto grado risulterebbe poco chiara a causa soprattutto del mancato coordinamento tra il T.U. 286/98 e la legge 184/83.

 

Come abbiamo già sottolineato, infatti, il T.U.  286/98, art. 31 stabilisce che il minore affidato a cittadino straniero con un provvedimento formale di affidamento (consensuale o giudiziale) ex art. 4 della legge 184/83 venga iscritto nel permesso di soggiorno dell’affidatario o riceva il permesso di soggiorno per motivi familiari, mentre nulla viene previsto riguardo al minore affidato di fatto al parente entro il quarto grado.

 

Il fatto che possa essere disposto un provvedimento formale di affidamento al parente entro il quarto è materia di discussione.[35]

Nei casi in cui il provvedimento viene disposto, non sussiste alcun problema: si potrà applicare l’art. 31 del T.U. 286/98.

 

Nei casi invece in cui il Tribunale per i minorenni e i servizi locali si dichiarino incompetenti a provvedere, si crea un'impasse: il minore affidato di fatto al parente entro il quarto grado non può ottenere il permesso di soggiorno per motivi familiari perché in base al Testo Unico 286/98 sarebbe necessario un provvedimento formale di affidamento, che però in base alla legge 184/83 si sostiene non poter essere disposto.

 

Per risolvere chiaramente questa situazione sarebbe necessario un intervento legislativo che modificasse gli artt. 31 e 32 del T.U., comprendendo esplicitamente o almeno non escludendo i minori affidati di fatto a parenti entro il quarto grado.

 

In attesa di tale intervento legislativo, l’unica via percorribile sembra essere quella di un’interpretazione estensiva degli artt. 31 e 32 sulla base della considerazione che fosse volontà del legislatore stabilire il diritto del minore affidato ad ottenere il permesso di soggiorno per motivi familiari e che tale diritto, stabilito esplicitamente per i minori affidati ex art. 4 della l.184/83, può essere implicitamente riconosciuto (ed a maggior ragione) ai minori affidati a parente entro il quarto grado, per i quali non è neppure necessario tale provvedimento.

 

 

 

 

7) Per i minori titolari di permesso per minore età: ipotesi di uscita e reingresso in Italia per lavoro, studio ecc. e di conversione in permesso per lavoro autonomo

 

Tentiamo qui di valutare alcune ipotesi per consentire al minore titolare di permesso per minore età di restare regolarmente sul territorio italiano dopo il compimento dei 18 anni.

 

1)  Uscita e reingresso in Italia per lavoro, studio ecc. durante la minore età

 

Una via per consentire al minore titolare di permesso per minore età di ottenere un permesso di soggiorno rinnovabile al compimento dei 18 anni parrebbe essere quella del ritorno nel paese d’origine e del successivo reingresso in Italia nel rispetto delle norme sull’ingresso e soggiorno degli stranieri stabilite dal T.U. 286/98.

Ad es. il minore potrebbe fare richiesta di visto per motivi di lavoro, in seguito a chiamata nominativa di un datore di lavoro disponibile ad assumerlo o mediante l’ingresso con garanzia (la c.d. “sponsorizzazione”), o di visto di ingresso per studio.

 

Il T.U. 286/98 e il relativo regolamento di attuazione non dettano disposizioni specifiche sull’ingresso in Italia di stranieri minorenni, il che indurrebbe a pensare che debbano applicarsi le stesse disposizioni previste per i maggiorenni: non dovrebbero esservi, dunque, ostacoli particolari per i minorenni.

L’art. 33 della legge 184/83 (come modificato dalla legge 476/98), però, stabilisce che “Fatte salve le ordinarie disposizioni relative all'ingresso nello Stato per fini familiari, turistici, di studio e di cura, non è consentito l'ingresso nello Stato a minori che non sono muniti di visto di ingresso rilasciato ai sensi dell'articolo 32 [cioè per adozione] ovvero che non sono accompagnati da almeno un genitore o da parenti entro il quarto grado”, tranne che “nel caso in cui, per eventi bellici, calamità  naturali o eventi eccezionali secondo quanto previsto dall'articolo 18 della legge 6 marzo  1998, n. 40, o per altro grave impedimento di carattere oggettivo, non sia possibile l'espletamento delle procedure di cui al presente Capo e sempre che sussistano motivi di esclusivo interesse del minore all'ingresso nello Stato.”

Da questa disposizione parrebbe dunque che i minori non accompagnati da almeno un genitore o da parenti entro il quarto grado possano entrare regolarmente in Itali solo per motivi familiari, turistici, di studio, di cura e di adozione.

Sembrerebbe invece essere esclusa la possibilità di ingresso per lavoro.

Non è chiaro tuttavia, dalla disposizione citata, se il minore accompagnato da parente entro il quarto grado possa ottenere un visto di ingresso per lavoro.

 

Per quanto riguarda l’ingresso per motivi di studio, il minore di età superiore ai 14 anni può richiedere il visto di ingresso per seguire corsi di studio o di formazione professionale presso istituti riconosciuti o comunque qualificati (Ministero degli Affari Esteri - Decreto interministeriale del 12.7.2000).

I requisiti e le condizioni per l'ottenimento del visto sono:

a) documentate garanzie circa il corso di studio, formazione professionale o attività culturale da svolgere;

b) adeguate garanzie circa i mezzi di sostentamento, non inferiori all'importo stabilito dal Ministero dell'interno con la Direttiva di cui all'art. 4, comma 3 del Testo unico n. 286/1998;

c) polizza assicurativa per cure mediche e ricoveri ospedalieri, laddove non abbia diritto all'assistenza sanitaria in Italia in virtù di accordi o convenzioni in vigore con il suo Paese;

d) età maggiore di anni 14.

 

Rispetto a questa ipotesi di uscita e reingresso regolare in Italia, inoltre, è importante che sia garantito che il minore entrato clandestinamente in Italia non sia inserito nelle “liste Schengen”, in modo da non precludergli un successivo ingresso regolare (ci è infatti noto un caso in cui ciò si è verificato).

 

 

2) Conversione del permesso per minore età in permesso per lavoro autonomo

Un’altra ipotesi da considerare è la richiesta di conversione del permesso per minore età in permesso per lavoro autonomo in base al regolamento di attuazione art. 39, co. 7, in base a cui lo straniero già presente in Italia, in possesso di regolare permesso di soggiorno diverso da quello che consente l’esercizio di attività lavorativa, può chiedere alla questura competente per il luogo in cui intende esercitare lavoro autonomo la conversione del permesso di soggiorno, nell’ambito delle quote di ingresso per lavoro autonomo.

Tuttavia, questa ipotesi ci sembra difficilmente percorribile in quanto:

·       è necessaria l’attestazione della Direzione Provinciale del Lavoro che la richiesta rientra nell’ambito delle quote di ingresso per lavoro autonomo: si pongono dunque i problemi visti sopra in relazione alle possibilità di ingresso per stranieri minorenni;

·       ci risulta che per l’iscrizione a diversi Albi e Registri e per l’apertura della partita IVA tra i requisiti richiesti vi sia la maggiore età.

 

 

 

 

3) Uscita e reingresso da maggiorenne

 

Il minorenne può naturalmente tornare nel paese d’origine e – una volta compiuti i 18 anni – presentare richiesta di visto per rientrare in Italia nel rispetto delle norme sull’ingresso e soggiorno degli stranieri stabilite dal T.U. 286/98.

Altrettanto vale per il neo-maggiorenne già titolare di permesso di soggiorno per minore età, al quale è stato revocato il permesso di soggiorno al compimento della maggiore età. Ricordiamo tuttavia che, se il neo-maggiorenne riceve un decreto di espulsione, in generale non potrà rientrare regolarmente in Italia per 5 anni (T.U. 286/98, artt. 13, co. 13-14).

 

 

 

 

8) La competenza del Comitato per i minori stranieri in relazione al permesso di soggiorno

 

Un'ultima questione da affrontare concerne le competenze del Comitato per i minori stranieri in materia di rilascio del permesso di soggiorno.

 

Nelle Osservazioni del Presidente del Comitato per i minori stranieri del 2 maggio 2000, tale competenza veniva chiaramente esclusa.

 

Tuttavia, gli attuali orientamenti del Comitato per i minori stranieri sembrano non escludere questa ipotesi, facendo riferimento all'art. 2, co.2 del regolamento del Comitato per i minori stranieri, che stabilisce: "[…] il Comitato a) vigila sulle modalità di soggiorno dei minori".

In particolare, si può ipotizzare che il Comitato possa svolgere la funzione di valutare il percorso (scuola, formazione professionale, lavoro ecc.) svolto dal minore sul territorio italiano e fornire indicazioni alla Questura competente circa il rilascio del permesso di soggiorno, e in particolare circa la conversione del permesso di soggiorno alla maggiore età.

Il Comitato verrebbe così ad assumere, mutatis mutandis, un ruolo in certo qual senso analogo alla Commissione per il riconoscimento dello status di rifugiato: non sarebbe il Comitato, naturalmente, a rilasciare il permesso di soggiorno (competenza attribuita esclusivamente alle Questure), ma la sua valutazione sulla situazione del minore costituirebbe il presupposto per il rilascio del permesso stesso.


Fonti normative e altre disposizioni relative a

“Il permesso di soggiorno”

 

 

Convenzione di New York

Art. 2

1. Gli Stati Parti si impegnano a rispettare i diritti enunciati nella presente Convenzione ed a garantirli ad ogni fanciullo che dipende dalla loro giurisdizione, senza distinzione di sorta ed a prescindere da ogni considerazione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o altra del fanciullo o dei suoi genitori o rappresentanti legali, dalla loro origine nazionale, etnica o sociale, dalla loro situazione finanziaria, dalla loro incapacità, dalla loro nascita o da ogni altra circostanza.

2. Gli Stati Parti adottano tutti i provvedimenti appropriati affinché il fanciullo sia effettivamente tutelato contro ogni forma di discriminazione o di sanzione motivate dalla condizione sociale, dalle attività, opinioni professate o convinzioni dei suoi genitori, dei suoi rappresentanti legali o dei suoi familiari.

 

Art. 3

In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza sia delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l'interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente.

 

 

 

Testo Unico 286/98

Art. 4, co. 2

Per lo straniero in possesso di permesso di soggiorno e' sufficiente, ai fini del reingresso nel territorio dello Stato, una preventiva comunicazione all'autorita' di frontiera.

 

Art. 5, co. 9

Il permesso di soggiorno è rilasciato, rinnovato o convertito entro 20 giorni dalla data in cui è stata presentata la domanda, se sussistono i requisiti e le condizioni previsti dal presente Testo unico e dal regolamento di attuazione per il permesso di soggiorno richiesto ovvero, in mancanza di questo, per altro tipo di permesso da rilasciare in applicazione del presente Testo unico.

 

Art. 6, co 1

Il permesso di soggiorno rilasciato per motivi di lavoro subordinato, lavoro autonomo e familiari puo' essere utilizzato anche per le altre attivita' consentite. [...]

 

Art. 9, co. 4.

Oltre a quanto previsto per lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato, il titolare della carta di soggiorno puo':

a) fare ingresso nel territorio dello Stato in esenzione di visto;

b) svolgere nel territorio dello Stato ogni attivita' lecita, salvo quelle che la legge espressamente vieta allo straniero o comunque riserva al cittadino;

c) accedere ai servizi ed alle prestazioni erogate dalla pubblica amministrazione, salvo che sia diversamente disposto;

d) partecipare alla vita pubblica locale, esercitando anche l'elettorato quando previsto dall'ordinamento e in armonia con le previsioni del capitolo C della Convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale, fatta a Strasburgo il 5 febbraio 1992.

 

Art. 18

(Soggiorno per motivi di protezione sociale)

1. Quando, nel corso di operazioni di polizia, di indagini o di un procedimento per taluno dei delitti di cui all’art. 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, o di quelli previsti dall’art. 380 del codice di procedura penale, ovvero nel corso di interventi assistenziali dei servizi sociali degli enti locali, siano accertate situazioni di violenza o di grave sfruttamento nei confronti di uno straniero, ed emergano concreti pericoli per la sua incolumità, per effetto dei tentativi di sottrarsi ai condizionamenti di un’associazione dedita a uno dei predetti delitti o delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari o del giudizio, il questore, anche su proposta del procuratore della repubblica, o con il parere favorevole della stessa autorità, rilascia uno speciale permesso di soggiorno per consentire allo straniero di sottrarsi alla violenza e ai condizionamenti dell’organizzazione criminale e di partecipare a un programma di assistenza e integrazione sociale.

[…]

4. Il permesso di soggiorno rilasciato a norma del presente articolo ha la durata di sei mesi e può essere rinnovato per un anno, o per il maggior periodo occorrente per motivi di giustizia. [...]

5. Il permesso di soggiorno previsto dal presente articolo consente l’accesso ai servizi assistenziali e allo studio, nonchè l’iscrizione nelle liste di collocamento e lo svolgimento di lavoro subordinato, fatti salvi i requisiti minimi di età. Qualora, alla scadenza del permesso di soggiorno l’interessato risulti avere in corso un rapporto di lavoro, il permesso può essere ulteriormente prorogato o rinnovato per la durata del rapporto medesimo o, se questo è a tempo indeterminato, con le modalità stabilite per tale motivo di soggiorno. Il permesso di soggiorno previsto dal presente articolo può essere altresì convertito in permesso di soggiorno per motivi di studio qualora il titolare sia iscritto a un corso regolare di studi.

6. Il permesso di soggiorno previsto dal presente articolo può essere altresì rilasciato, all’atto delle dimissioni dall’istituto di pena, anche su proposta del procuratore della repubblica del giudice di sorveglianza presso il tribunale per i minorenni, allo straniero che ha terminato l’espiazione di una pena detentiva inflitta per reati commessi durante la minore età, e ha dato prova concreta di partecipazione a un programma di assistenza e integrazione sociale.

 

Art. 28

1. Il diritto a mantenere o a riacquistare l'unita' familiare nei confronti dei familiari stranieri e' riconosciuto, alle condizioni previste dal presente testo unico, agli stranieri titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore a un anno, rilasciato per lavoro subordinato o per lavoro autonomo ovvero per asilo, per studio o per motivi religiosi.

 

 

Art. 29

1. Lo straniero puo' chiedere il ricongiungimento per i seguenti familiari: a) coniuge non legalmente separato; b) figli minori a carico, anche del coniuge o nati fuori del matrimonio, non coniugati ovvero legalmente separati, a condizione che l'altro genitore, qualora esistente, abbia dato il suo consenso; c) genitori a carico; d) parenti entro il terzo grado, a carico, inabili al lavoro secondo la legislazione italiana.

2. Ai fini del ricongiungimento si considerano minori i figli di eta' inferiore a 18 anni. I minori adottati o affidati o sottoposti a tutela sono equiparati ai figli.

3. Salvo che si tratti di rifugiato, lo straniero che richiede il ricongiungimento deve dimostrare la disponibilita':

a) di un alloggio che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica, ovvero, nel caso di un figlio di eta' inferiore agli anni 14 al seguito di uno dei genitori, del consenso del titolare dell'alloggio nel quale il minore effettivamente dimorera';

b) di un reddito annuo derivante da fonti lecite non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di un solo familiare, al doppio dell'importo annuo dell'assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di due o tre familiari, al triplo dell'importo annuo dell'assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di quattro o piu' familiari.

Ai fini della determinazione del reddito si tiene conto anche del reddito annuo complessivo dei familiari conviventi con il richiedente.

 

Art. 30, co. 2-6

2. Il permesso di soggiorno per motivi familiari consente l'accesso ai servizi assistenziali, l'iscrizione a corsi di studio o di formazione professionale, l'iscrizione nelle liste di collocamento, lo svolgimento di lavoro subordinato o autonomo, fermi i requisiti minimi di eta' per lo svolgimento di attivita' di lavoro.

3. Il permesso di soggiorno per motivi familiari ha la stessa durata del permesso di soggiorno del familiare straniero in possesso dei requisiti per il ricongiungimento ai sensi dell'articolo 29 ed e' rinnovabile insieme con quest'ultimo.

4. Allo straniero che effettua il ricongiungimento con il cittadino italiano o di uno Stato membro dell'Unione europea, ovvero con straniero titolare della carta di soggiorno di cui all'articolo 9, e' rilasciata una carta di soggiorno.

5. In caso di separazione legale o di scioglimento del matrimonio o, per il figlio che non possa ottenere la carta di soggiorno, al compimento del diciottesimo anno di eta', il permesso di soggiorno puo' essere convertito in permesso per lavoro subordinato, per lavoro autonomo o per studio, fermi i requisiti minimi di eta' per lo svolgimento di attivita' di lavoro.

6. Contro il diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare e del permesso di soggiorno per motivi familiari, nonche' contro gli altri provvedimenti dell'autorita' amministrativa in materia di diritto all'unita' familiare, l'interessato puo' presentare ricorso al pretore del luogo in cui risiede, il quale provvede, sentito l'interessato, nei modi di cui agli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Il decreto che accoglie il ricorso puo' disporre il rilascio del visto anche in assenza del nulla osta. Gli atti del procedimento sono esenti da imposta di bollo e di registro e da ogni altra tassa. [...]

 

Art. 31

1. Il figlio minore dello straniero con questi convivente e regolarmente soggiornante e' iscritto nel permesso di soggiorno o nella carta di soggiorno di uno o di entrambi i genitori fino al compimento del quattordicesimo anno di eta' e segue la condizione giuridica del genitore con il quale convive, ovvero la piu' favorevole tra quelle dei genitori con cui convive. Fino al medesimo limite di eta' il minore che risulta affidato ai sensi dell'articolo 4 della legge 4 maggio 1983, n. 184, e' iscritto nel permesso di soggiorno o nella carta di soggiorno dello straniero al quale e' affidato e segue la condizione giuridica di quest'ultimo, se piu' favorevole. L'assenza occasionale e temporanea dal territorio dello Stato non esclude il requisito della convivenza e il rinnovo dell'iscrizione.

2. Al compimento del quattordicesimo anno di eta' al minore iscritto nel permesso di soggiorno o nella carta di soggiorno del genitore ovvero dello straniero affidatario e' rilasciato un permesso di soggiorno per motivi familiari valido fino al compimento della maggiore eta', ovvero una carta di soggiorno.

 

Art. 32

1. Al compimento della maggiore eta', allo straniero nei cui confronti sono state applicate le disposizioni di cui all'articolo 31, commi 1 e 2, e ai minori comunque affidati ai sensi dell'articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, puo' essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di studio di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo, per esigenze sanitarie o di cura. Il permesso di soggiorno per accesso al lavoro prescinde dal possesso dei requisiti di cui all'articolo 23.

 

 

 

Regolamento di attuazione D.P.R. 394/99

art. 2, co. 2 e 5

2. Per lo straniero regolarmente soggiornante in Italia che, dopo esserne uscito, intende farvi ritorno, il reingresso è consentito previa esibizione al controllo di frontiera del passaporto o documento equivalente e del permesso di soggiorno in corso di validità.

5. Lo straniero in possesso della carta di soggiorno rientra nel territorio dello Stato mediante la sola esibizione della carta di soggiorno e del passaporto o documento equivalente.

 

art. 5, co. 7

7. Per i visti relativi ai familiari al seguito lo straniero deve esibire, oltre alla documentazione di cui al comma 6 anche:

a) quella comprovante i presupposti di parentela, coniugio, minore età o inabilità al lavoro e di convivenza. A tal fine i certificati rilasciati dalla competente autorità dello Stato estero sono autenticati dall’autorità consolare italiana che attesta che la traduzione in lingua italiana dei documenti è conforme agli originali

b) il nulla osta della questura, utile anche ai fini dell’accertamento della disponibilità di un alloggio, a norma dell’articolo 29, comma 3, lettera a), del testo unico, e dei mezzi di sussistenza di cui allo stesso articolo, comma 3, lettera b). A tal fine l'interessato deve produrre l’attestazione dell’ufficio comunale circa la sussistenza dei requisiti di cui al predetto articolo del testo unico ovvero il certificato di idoneità igienico-sanitaria rilasciato dall’Azienda unità sanitaria locale competente per territorio.

 

art. 6, co.1

1. Per i visti relativi ai ricongiungimenti familiari il richiedente deve munirsi preventivamente di nulla osta della questura, indicando le generalità delle persone per le quali chiede il ricongiungimento e presentando:

a) la carta di soggiorno, il permesso di soggiorno avente i requisiti di cui all’articolo 28, comma 1, del testo unico, o idonea documentazione attestante la cittadinanza italiana o di uno Stato membro dell’Unione Europea;

b) la documentazione attestante la disponibilità del reddito di cui all’articolo 29, comma 3, lettera b), del testo unico;

c) la documentazione attestante la disponibilità di un alloggio, a norma dell’articolo 29, comma 3, lettera a), del testo unico. A tal fine l'interessato deve produrre l’attestazione dell’ufficio comunale circa la sussistenza dei requisiti di cui al predetto articolo del testo unico ovvero il certificato di idoneità igienico-sanitaria rilasciato dall’Azienda unità sanitaria locale competente per territorio.

 

art. 9, co. 3 e 6

3. Con la richiesta di cui al comma 1 devono essere esibiti :

- Il passaporto o altro documento equipollente da cui risultino la nazionalità, la data anche solo con l’indicazione dell’anno, e il luogo di nascita degli interessati nonché il visto di ingresso, quando prescritto;

- La documentazione, nei casi di soggiorno diversi da quelli per motivi di lavoro attestante la disponibilità dei mezzi per il ritorno nel Paese di provenienza.

[...]

6. La documentazione di cui ai commi 3 e 4 non è necessaria per i richiedenti asilo e per gli stranieri ammessi al soggiorno per i motivi di cui agli articoli 18 e 20 del testo unico.

 

art. 28

1. Quando la legge dispone il divieto di espulsione, il questore rilascia il permesso di soggiorno:

a) per minore età, salvo l’iscrizione del minore degli anni quattordici nel permesso di soggiorno del genitore o dell’affidatario stranieri regolarmente soggiornanti in Italia. Se si tratta di minore abbandonato, è immediatamente informato il Tribunale per i minorenni per i provvedimenti di competenza;

b) per motivi familiari, nei confronti degli stranieri che si trovano nelle documentate circostanze di cui all’articolo 19, comma 2, lettera c) del testo unico;

 

art. 39, co. 7

Oltre a quanto previsto dall’articolo 14, lo straniero già presente in Italia, in possesso di regolare permesso di soggiorno diverso da quello che consente l’esercizio di attività lavorativa, può chiedere alla questura competente per il luogo in cui intende esercitare lavoro autonomo la conversione del permesso di soggiorno. A tal fine, oltre alla documentazione di cui ai commi 1, 2 e 3, e fino a quando non saranno operativi i collegamenti con il S.I.L., deve essere prodotta l’attestazione della Direzione provinciale del lavoro che la richiesta rientra nell’ambito delle quote di ingresso per lavoro autonomo determinate a norma dell’articolo 3, comma 4, del testo unico.

 

 

 

Regolamento del Comitato per i minori stranieri

Art. 9.

Soggiorno

1. La durata totale del soggiorno di ciascun minore non puo' superare i novanta giorni, continuativi o frutto della somma di piu' periodi, riferiti alle permanenze effettive nell'anno solare. Il Comitato puo' proporre alle autorita' competenti l'eventuale estensione della durata del soggiorno fino ad un massimo di centocinquanta giorni, con riferimento a progetti che comprendano periodi di attivita' scolastica o in relazione a casi di forza maggiore. L'eventuale estensione della durata della permanenza e' comunicata alla questura competente ai fini dell'eventuale rinnovo o della proroga del permesso di soggiorno per gli accompagnatori e per i minori ultraquattordicenni.

 

 

 

Comitato per i minori stranieri - Osservazioni del Presidente - 2 maggio 2000

[…] Gli art. 8 e 9 [del Regolamento del Comitato] riguardano ingresso e soggiorno dei minori accolti.

 

[…] B) Risulta, dunque che non sono di competenza del Comitato: il rilascio del permesso di soggiorno:

questo deve essere rilasciato dal Questore, per il solo fatto che si tratta di minorenne.

Ci si domanda:

a) Se per il rilascio è necessaria una identificazione sicura, da parte dell’autorità di P.S. (vedi anche art. 5 regolamento del Comitato), oppure sono sufficienti, almeno temporaneamente, le dichiarazioni del minorenne, eventualmente supportate da documenti anche poco credibili.

Sembrerebbe preferibile la prima ipotesi perché in tal modo si tenderebbe a far uscire i minorenni dalla clandestinità, che è l’aspetto più pericoloso del loro soggiorno in Italia, ma rimarrebbe il fatto che il clandestino ancora non sicuramente identificato si trova nel limbo: non può essere espulso ma non può avere il permesso di soggiorno. Potrebbe configurarsi un permesso di soggiorno intestato ad un nome anche non sicuro ma riferentesi ad altri mezzi di identificazione (fotografie, impronte digitali)?

b) A chi materialmente può essere consegnato il permesso se lo straniero è minore di 14 anni e non ha un genitore od affidatario ai sensi dell’art. 4 legge adoz. (art. 31 T.U.)? Gli si deve previamente nominare un tutore? La soluzione potrebbe giovare a tenere il minorenne maggiormente “legato” a chi esercita la tutela (di regola persone indicate dagli enti locali e da associazioni di assistenza, religiose o laiche.

Il Capo della Polizia, opportunamente interpellato ha dato una risposta sostanzialmente improntata a garantire in ogni caso il rilascio del permesso di soggiorno

 

 

Legge 184/83 (come modificata dalla legge 476/98)

Art. 9

Chiunque, non essendo parente entro il quarto grado, accoglie stabilmente nella propria abitazione un minore, qualora l'accoglienza si protragga per un periodo superiore a sei mesi, deve, trascorso tale periodo, darne segnalazione al giudice tutelare, che trasmette gli atti al tribunale per i minorenni con relazione informativa. L'omissione della segnalazione può comportare l'inidoneità ad ottenere affidamenti familiari o adottivi e l'incapacità all'ufficio tutelare.

 

Art. 33.

1. Fatte salve le ordinarie disposizioni relative all'ingresso nello Stato per fini familiari,  turistici, di studio e di cura, non è consentito l'ingresso nello Stato a minori che non sono muniti di visto di ingresso rilasciato ai sensi dell'articolo 32 ovvero che non sono accompagnati da almeno un genitore o da parenti entro il quarto grado.

[…]

4. Il divieto di cui al comma 1 non opera nel caso in cui, per eventi bellici, calamità  naturali o eventi eccezionali secondo quanto previsto dall'articolo 18 della legge 6 marzo 1998, n. 40, o per altro grave impedimento di carattere oggettivo, non sia possibile l'espletamento delle procedure di cui al presente Capo e sempre che sussistano motivi di esclusivo interesse del minore all'ingresso nello Stato. In questi casi gli uffici di frontiera segnalano l'ingresso del minore alla Commissione ed al tribunale per i minorenni competente in relazione al luogo di residenza di coloro che lo accompagnano.

 

 

 

Legge 218/95

art. 65 Riconoscimento di provvedimenti stranieri

1. Hanno effetto in Italia i provvedimenti stranieri relativi alla capacità delle persone nonché all’esistenza di rapporti di famiglia o di diritti della personalità quando essi sono stati pronunciati dalle autorità dello Stato la cui legge è richiamata dalle norme della presente legge o producono effetti nell’ordinamento di quello Stato, anche se pronunciati da autorità di altro Stato, purchè non siano contrari all’ordine pubblico e siano stati rispettati i diritti essenziali della difesa.

 

Art. 66 Riconoscimento di provvedimenti stranieri di giurisdizione volontaria

1. I provvedimenti stranieri di volontaria giurisdizione sono riconosciuti senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento, sempre che siano rispettate le condizioni di cui all’art. 65, in quanto applicabili, quando sono pronunciati dalle autorità dello Stato la cui legge è richiamata dalle disposizioni della presente legge, o producono effetti nell’ordinamento di quello Stato ancorchè emanati da autorità di altro Stato, ovvero sono pronunciati da un’autorità che sia competente in base a criteri corrispondenti a quelli propri dell’ordinamento italiano.

 

 

 

Circolare del Ministero dell'Interno 23.12.1999

[....] In particolare, viene previsto, per i minori inespellibili di età superiore ai 14 anni, il rilascio del permesso di soggiorno per “minore età”. Al riguardo, si chiarisce che tale titolo di soggiorno verrà rilasciato solo in via residuale e qualora si verifichino situazioni non riconducibili ad altre tipologie di soggiorno già previste dalla normativa in vigore (es. motivi familiari, adozione, affidamento) .

Il competente CED dell’Ufficio Coordinamento e Pianificazione delle forse di polizia fornirà con apposito messaggio di servizio la parola chiave per l’inserimento del nuovo permesso di soggiorno. [...]

 

 

 

Circolare del Ministero dell’Interno 13.11.2000

OGGETTO: Permessi di soggiorno per minore età, rilasciati ai sensi dell’art. 28, comma 1 lettera a) del D.P.R. 394/99

Si fa riferimento alle note sopraindicate con le quali viene variamente posta in luce la problematica connessa all’ingresso nel territorio nazionale di stranieri minorenni e alla conseguente difficoltà di individuazione della tipologia di permesso di soggiorno da rilasciare a detti soggetti, in virtù di quanto disposto dall’art. 19, comma 2 lettera a) del D.L.vo 286/98, nonché dall’art. 28, comma 1 lett.a) del D.P.R. 394/99.

Al riguardo, si premette che la definizione del titolo di soggiorno da attribuire, in virtù della sua condizione di inespellibilità, al minore presente sul territorio nazionale in stato di clandestinità è determinabile solo dopo che sia stata puntualmente individuata l’effettiva situazione familiare in cui il medesimo versa. In tale ottica, il permesso di soggiorno per minore età, disciplinato dal citato art. 28 assume carattere residuale rispetto ai casi in cui possa essere rilasciato altro titolo di soggiorno, come peraltro illustrato alla pagina 12 della circolare n. 300/C/227729/12/207/1^Div del 23 dicembre 1999.

Pertanto, in linea generale (art. 31, comma 1 D.L.vo 286/98), il minore infraquattordicenne dovrà essere iscritto sul permesso di soggiorno di cui è titolare il genitore o l’affidatario straniero, fatto salvo il rilascio di un autonomo permesso di soggiorno per motivi familiari al compimento del quattordicesimo anno di età.

Analogamente, al minore ultraquattordicenne, la cui posizione debba essere valutata per la prima volta, dovrà essere rilasciato un autonomo permesso di soggiorno per motivi familiari, solo qualora convivente con il proprio genitore regolarmente soggiornante.

Da quanto illustrato, sembra evidente che il minore straniero accompagnato, pur se entrato irregolarmente, non potrà essere, nella generalità dei casi, beneficiario di un permesso di soggiorno per minore età. Tale titolo dovrà essere riservato ai minori stranieri non accompagnati, come definiti dal D.P.R. 9 dicembre 1999, n. 535, per i quali la legge stessa prevede la possibilità di un loro rimpatrio assistito a seguito dell’individuazione dei familiari nel Paese di origine, ovvero nell’ipotesi in cui il Tribunale per i minorenni, sia pure tempestivamente informato, non determini formalmente l’affidamento dei soggetti interessati, ai sensi dell’art.2 della L.184/83. Si ritiene di dover ricorrere al permesso di soggiorno per minore età, inoltre, anche qualora, in assenza di detto provvedimento di affidamento, il competente Giudice Tutelare abbia semplicemente nominato un tutore ai sensi del Codice Civile.

In quanto preordinato alla immediata tutela del minore non accompagnato nelle more dell’adozione dei provvedimenti più adeguati ai fini del reinserimento nella sua famiglia d’origine, si reputa che detto titolo non consenta lo svolgimento di attività lavorativa, in ragione della provvisorietà dell’autorizzazione che non è finalizzata a tutelare un diritto di stabilimento.

E’ escluso, pertanto, che nella situazione de qua possa applicarsi la disposizione di cui all’art. 32 del D.L.vo 286/98 che disciplina la possibilità di rilascio di un ulteriore permesso di soggiorno, al compimento della maggiore età, allo straniero cui, in applicazione dell’art. 31, sia stato rilasciato un permesso di soggiorno per motivi familiari o sia stato iscritto in quello del genitore o dello straniero affidatario ovvero, a seguito dell’emanazione di un provvedimento ex art. 4 L. 184/83 sia titolare di un permesso di soggiorno per affidamento.

 

 

 

Ministero degli Affari Esteri - Decreto interministeriale 12.7.2000

[…]  Visto per "studio" (V.S.U. o V.N.).

Il visto per studio consente l'ingresso in Italia, ai fini di un soggiorno di breve o lunga durata, ma a tempo determinato, allo straniero che intenda seguire corsi universitari ai sensi dell'art. 39 del Testo unico n. 286/1998 e dell'art. 46 del decreto del Presidente della Repubblica n. 394/1999, corsi di studio o di formazione professionale presso istituti riconosciuti o comunque qualificati, ovvero allo straniero che sia chiamato a svolgere attività culturali e di ricerca. Il visto per studio è altresì rilasciato, per il periodo necessario, allo straniero che si trovi nelle condizioni previste dall'art. 47, comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 394/1999. I requisiti e le condizioni per l'ottenimento del visto sono:

a) documentate garanzie circa il corso di studio, formazione professionale o attività culturale da svolgere;

b) adeguate garanzie circa i mezzi di sostentamento, non inferiori all'importo stabilito dal Ministero dell'interno con la Direttiva di cui all'art. 4, comma 3 del Testo unico n. 286/1998;

c) polizza assicurativa per cure mediche e ricoveri ospedalieri, laddove lo straniero non abbia diritto all'assistenza sanitaria in Italia in virtù di accordi o convenzioni in vigore con il suo Paese;

d) età maggiore di anni 14. Per quanto concerne le attività di studio che comportano l'esercizio di attività sanitarie è richiesto il preventivo riconoscimento del titolo di studio abilitante all'esercizio professionale da parte del Ministero della sanità.

 

 

 

Circolari relative ai permessi di soggiorno per i minori stranieri non accompagnati precedenti il T.U. 286/98, non più valide

Riportiamo i testi di queste circolari solo per ricordare come era stata affrontata negli anni passati le questioni del permesso di soggiorno da rilasciare ai minori stranieri non accompagnati, della convertibilità di tale permesso e del diritto di esercitare attività lavorativa.

 

Circolare del Ministero dell’Interno 20.7.1993, n. 32

In una riunione indetta dal Tribunale per i Minorenni di Roma, alla quale hanno partecipato rappresentanti dei Ministeri dell’Interno, di Grazia e Giustizia e del Lavoro e della Previdenza Sociale, del Servizio Sociale Internazionale e il Giudice Tutelare presso la Pretura di Roma, è stato esaminato il problema dei minori stranieri senza soggiorno in Italia, con particolare riguardo a quelli privi temporaneamente o definitivamente dell’ambiente familiare e senza protezione, ed è stato affermato il principio della priorità dell’intervento della Magistratura minorile rispetto ai provvedimenti della pubblica Amministrazione.

Secondo tale principio, che discende da una serie di norme, il minore straniero privo di genitori o di parenti e quindi praticamente in stato di abbandono, dev’essere segnalato all’Autorità Giudiziaria Minorile (Tribunale per i Minorenni o Giudice Tutelare, secondo le rispettive competenze) per i provvedimenti di legge.

Sempre nel quadro degli interventi di protezione disposti dalla predetta Autorità, dev’essere rilasciato il permesso di soggiorno provvisorio ai sensi dell’art. 4, comma 13 della legge 39/1990, con possibilità di inserimento del minore in attività scolastiche o di formazione professionale, o lavorativa per il minore ultraquattordicenne. [...]

 

 

Circolare del Ministero dell’Interno 23.9.1995, n. 29

[...] In particolare, si richiama l’attenzione sul fatto che ai minori in stato di abbandono che, al raggiungimento della maggiore età, verranno iscritti nelle liste di collocamento - onde essere avviati al lavoro secondo le procedure ordinarie - gli Uffici Stranieri delle Questure dovranno rilasciare un analogo permesso di soggiorno senza bisogno della preventiva autorizzazione di questo Dicastero.

 

 

Circolare del Ministero del Lavoro 16.6.1994, n. 67

Sono pervenuti numerosi quesiti da parte di alcuni Uffici provinciali del lavoro in merito al problema relativo ai minori extracomunitari di età compresa tra i 15 e i 18 anni i quali , per vari motivi, si trovano in Italia privati temporaneamente o definitivamente del loro ambiente familiare e, pertanto, in pratica, in stato di abbandono.

Al riguardo, a seguito di intese a suo tempo intercorse con le altre amministrazioni interessate e rilevato che il problema riguarda un gran numero di minori presenti sull’intero territorio nazionale, si è ritenuto necessario predisporre idonee misure di tutela nonché consentire il loro avviamento al lavoro, sia pure nei limiti temporali dello stato di disagio in cui versano.

A tale scopo, è stata concordata l’apposita procedura di seguito specificata:

- il datore di lavoro interessato presenterà domanda nominativa di avviamento al lavoro all’Ufficio provinciale del lavoro competente per territorio, allegando copia del provvedimento dell’Autorità giudiziaria che dispone interventi di protezione del minore (quali ad esempio inserimento in istituti assistenziali, affidamento familiare, affidamento preadottivo ecc.) e il relativo permesso di soggiorno provvisorio rilasciato dalla competente Questura;

- l’Ufficio rilascerà un apposito atto di avviamento al datore di lavoro richiedente, prescindendo dall’iscrizione del minore nelle liste di collocamento e dall’accertamento dell’indisponibilità; dell’avviamento l’Ufficio darà comunicazione all’ente o famiglia affidataria ed all’Autorità Giudiziaria che ha emanato il provvedimento di tutela del minore;

[...]

 

 

Circolare del Ministero del Lavoro 19.9.95

[...] Da alcuni Uffici del lavoro, peraltro, sono stati segnalati casi di particolare gravità riferiti a minori che, raggiunta la maggiore età, rimangono in Italia, non essendo decadute le ragioni di carattere umanitario che hanno determinato l’emanazione delle disposizioni sull’accoglienza, e che, a causa della disposizione sopra ricordata, si trovano nella impossibilità di accedere al mercato del lavoro.

Considerato quanto sopra, pertanto, e sentito il parere favorevole del Ministero dell’Interno, Dipartimento P.S:, si dispone che i minori extracomunitari in stato di abbandono di cui alla citata circolare n. 67, al raggiungimento della maggiore età, possano essere iscritti nelle liste di collocamento e possano, quindi, essere avviati al lavoro secondo le ordinarie procedure.

 

 

 

 


IL DIRITTO ALLA SALUTE ED ALL’ISTRUZIONE

 

 

La Convenzione di New York stabilisce che il diritto alla salute ed all'istruzione sono diritti propri di tutti i minori, indipendentemente dalla loro nazionalità e dalla loro regolarità di soggiorno.

Il Testo Unico 286/98 ha introdotto importanti innovazioni nella direzione dell’effettiva garanzia di questi diritti. Si riscontrano tuttavia ancora alcune lacune, in particolare per quanto riguarda i minori irregolari.

 

Naturalmente, queste lacune saranno tanto più gravi quanto più lungo sarà il periodo in cui il minore resterà irregolare, in particolare se le procedure per decidere in ordine all’interesse del minore a restare in Italia o a essere rimpatriato saranno lunghe e se in attesa della decisione al minore non verrà comunque rilasciato un permesso di soggiorno.

 

Tali problematiche relative all’effettiva garanzia dei diritti dei minori non accompagnati dovranno essere affrontate dal Comitato per i minori stranieri, che “opera al fine prioritario di tutelare i diritti dei minori presenti non accompagnati [...]” (Regolamento del Comitato per i minori stranieri, art. 2, co. 1).

 

 

 

Il diritto alla salute

 

1) La Convenzione di New York, art. 24, co. 1 stabilisce che: “Gli Stati Parti riconoscono il diritto del minore di godere del miglior stato di salute possibile e di beneficiare di servizi medici e di riabilitazione. Essi si sforzano di garantire che nessun minore sia privato del diritto di avere accesso a tali servizi.”

 

 

2) Per quanto riguarda i minori irregolari, il diritto alla salute non è pienamente garantito in quanto il T.U. 286/98, pur stabilendo che “Sono, in particolare, garantiti: [...] b) la tutela della salute del minore in esecuzione della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176;” (T.U. art. 35, co. 3), non chiarisce poi come si attui concretamente questa disposizione, con la conseguenza che al minore vengono di fatto ad applicarsi le stesse disposizioni relative alla generalità degli stranieri irregolari, che si limitano a garantire “le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorche' continuative, per malattia ed infortunio e [...] i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva.” (T.U. art. 35, co. 3).

Nè tale lacuna è stata colmata dal regolamento di attuazione del T.U. 286/98 e dalla circolare del Ministero della Sanità 24.3.2000.

Anche il regolamento del Comitato per i minori stranieri, art. 6, co. 1 prevede che "Al minore non accompagnato sono garantiti i diritti relativi al soggiorno temporaneo, alle cure sanitarie […]", senza specificare ulteriormente.

 

 

3) Per quanto riguarda i minori regolari, distinguiamo tra i minori titolari di:

·     Permesso di soggiorno per motivi familiari: il T.U. 286/98, art. 34 stabilisce l’iscrizione obbligatoria al SSN;

·     Permesso di soggiorno per affidamento: il T.U. 286/98, art. 34 stabilisce l’iscrizione obbligatoria al SSN;

·     Permesso di soggiorno per minore età: il T.U. 286/98, art. 34 stabilisce l’iscrizione obbligatoria al SSN per i titolari di permesso di soggiorno “per asilo umanitario”; la circolare del Ministero della Sanità 24.3.2000 comprende in questa categoria anche i minori di anni diciotto per i quali vige il divieto di espulsione e respingimento in base al T.U. 286/98, art. 19, co. 2 cioè quei minori ai quali deve essere rilasciato il permesso di soggiorno per minore età in base al regolamento di attuazione;

·     Permesso per protezione sociale: il T.U. 286/98, art. 34 stabilisce l’iscrizione obbligatoria al SSN per i titolari di permesso di soggiorno “per asilo umanitario”; la circolare del Ministero della Sanità 24.3.2000 comprende in questa categoria anche i titolari di permesso di soggiorno per protezione sociale.

 

 

Il diritto all’istruzione

 

1) La Convenzione di New York, art. 28, co. 1 stabilisce che: “Gli Stati Parti riconoscono il diritto del fanciullo all'educazione, ed in particolare, al fine di garantire l'esercizio di tale diritto gradualmente ed in base all'uguaglianza delle possibilità: A) rendono l'insegnamento primario obbligatorio e gratuito per tutti; B) incoraggiano l'organizzazione di varie forme di insegnamento secondario sia generale che professionale, che saranno aperte ed accessibili ad ogni fanciullo e adottano misure adeguate come la gratuita dell'insegnamento e l'offerta di una sovvenzione finanziaria in caso di necessità;”

 

 

2) Per quanto riguarda i minori irregolari:

·     il diritto all’istruzione scolastica è pienamente garantito in quanto il T.U. 286/98, art. 38 stabilisce il diritto all’istruzione (non limitato all’obbligo scolastico) per tutti i minori presenti sul territorio italiano (dunque anche se irregolari); il regolamento di attuazione prevede anche molto positivamente che l’irregolarità non pregiudichi il conseguimento dei titoli conclusivi (D.P.R 394/99, art. 45, co. 1 e 2); il "diritto all'avviamento scolastico" è previsto anche dal Regolamento del Comitato per i  minori stranieri (art. 6, co. 1).

 

·     il diritto alla formazione professionale, invece, non è garantito; per garantirlo si dovrebbero applicare le stesse norme relative all’iscrizione e al conseguimento dei titoli finali previste per l’istruzione scolastica (a maggior ragione in seguito all’introduzione dell’obbligo formativo a 18 anni).

 

 

3) Per quanto riguarda i minori regolari, sia il diritto all’istruzione scolastica che il diritto alla formazione professionale sono pienamente garantiti.

 

 


Fonti normative ed altre disposizioni relative a

“Il diritto alla salute ed all’istruzione”

 

 

Convenzione di New York

Articolo 2

1. Gli Stati Parti si impegnano a rispettare i diritti enunciati nella presente Convenzione ed a garantirli ad ogni fanciullo che dipende dalla loro giurisdizione, senza distinzione di sorta ed a prescindere da ogni considerazione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o altra del fanciullo o dei suoi genitori o rappresentanti legali, dalla loro origine nazionale, etnica o sociale, dalla loro situazione finanziaria, dalla loro incapacità, dalla loro nascita o da ogni altra circostanza;

2. Gli Stati Parti adottano tutti i provvedimenti appropriati affinché il fanciullo sia effettivamente tutelato contro ogni forma di discriminazione o di sanzione motivate dalla condizione sociale, dalle attività, opinioni professate o convinzioni dei suoi genitori, dei suoi rappresentanti legali o dei suoi familiari.

 

Articolo 24

1. Gli Stati Parti riconoscono il diritto del minore di godere del miglior stato di salute possibile e di beneficiare di servizi medici e di riabilitazione. Essi si sforzano di garantire che nessun minore sia privato del diritto di avere accesso a tali servizi.

2. Gli Stati Parti si sforzano di garantire l'attuazione integrale del summenzionato diritto ed in particolare, adottano ogni adeguato provvedimento

per:

A) diminuire la mortalità tra i bambini lattanti ed i fanciulli;

B) assicurare a tutti i minori l'assistenza medica e le cure sanitarie necessarie, con particolare attenzione per lo sviluppo delle cure sanitarie primarie;

C) lottare contro la malattia e la malnutrizione, anche nell'ambito delle cure sanitarie primarie, in particolare mediante l'utilizzazione di tecniche agevolmente disponibili e la fornitura di alimenti nutritivi e di acqua potabile, tenendo conto dei pericoli e dei rischi di inquinamento dell'ambiente naturale;

D) garantire alle madri adeguate cure prenatali e postnatali;

E) fare in modo che tutti i gruppi della società in particolare i genitori ed i minori ricevano informazioni sulla salute e sulla nutrizione del minore sui vantaggi dell'allattamento al seno, sull'igiene e sulla salubrità dell'ambiente e sulla prevenzione degli incidenti e beneficino di un aiuto che consenta loro di mettere in pratica tali informazioni;

F) sviluppare le cure sanitarie preventive, i consigli ai genitori e l'educazione ed i servizi in materia di pianificazione familiare.

3. Gli Stati Parti adottano ogni misura efficace atta ad abolire le pratiche tradizionali pregiudizievoli per la salute dei minori.

4. Gli Stati Parti si impegnano a favorire ed a incoraggiare la cooperazione internazionale in vista di attuare gradualmente una completa attuazione del diritto riconosciuto nel presente articolo. A tal fine saranno tenute in particolare considerazione le necessità dei paesi in via di sviluppo.

 

Articolo 28

1. Gli Stati Parti riconoscono il diritto del fanciullo all'educazione, ed in particolare, al fine di garantire l'esercizio di tale diritto gradualmente ed in base all'uguaglianza delle possibilità:

A) rendono l'insegnamento primario obbligatorio e gratuito per tutti;

B) incoraggiano l'organizzazione di varie forme di insegnamento secondario sia generale che professionale, che saranno aperte ed accessibili ad ogni fanciullo e adottano misure adeguate come la gratuita dell'insegnamento e l'offerta di una sovvenzione finanziaria in caso di necessità;

C) garantiscono a tutti l'accesso all'insegnamento superiore con ogni mezzo appropriato, in funzione delle capacità di ognuno;

D) fanno in modo che l'informazione e l'orientamento scolastico e professionale siano aperte ed accessibili ad ogni fanciullo;

E) adottano misure per promuovere la regolarità della frequenza scolastica e la diminuzione del tasso di abbandono della scuola.

2. Gli Stati Parti adottano ogni adeguato provvedimento per vigilare affinché la disciplina scolastica sia applicata in maniera compatibile con la dignità del fanciullo in quanto essere umano ed in conformità con la presente Convenzione.

3. Gli Stati Parti favoriscono ed incoraggiano la cooperazione internazionale nel settore della educazione, in vista soprattutto di contribuire ad eliminare l'ignoranza e l'analfabetismo nel mondo e facilitare l'accesso alle conoscenze scientifiche e tecniche ed ai metodi di insegnamento moderni. A tal fine, si tiene conto in particolare delle necessità dei paesi in via di sviluppo.

 

 

 

Testo Unico 286/98

art. 34, co. 1

1. Hanno l'obbligo di iscrizione al Servizio sanitario nazionale e hanno parita' di trattamento e piena uguaglianza di diritti e doveri rispetto ai cittadini italiani per quanto attiene all'obbligo contributivo, all'assistenza erogata in Italia dal Servizio sanitario nazionale e alla sua validita' temporale:

a) gli stranieri regolarmente soggiornanti che abbiano in corso regolari attivita' di lavoro subordinato o di lavoro autonomo o siano iscritti nelle liste di collocamento;

b) gli stranieri regolarmente soggiornanti o che abbiano chiesto il rinnovo del titolo di soggiorno, per lavoro subordinato, per lavoro autonomo, per motivi familiari, per asilo politico, per asilo umanitario, per richiesta di asilo, per attesa adozione, per affidamento, per acquisto della cittadinanza.

 

art. 35, co. 3 e 4

3. Ai cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale, non in regola con le norme relative all'ingresso ed al soggiorno, sono assicurate, nei presidi pubblici ed accreditati, le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorche' continuative, per malattia ed infortunio e sono estesi i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva. Sono, in particolare, garantiti:

a) la tutela sociale della gravidanza e della maternita', a parita' di trattamento con le cittadine italiane, ai sensi delle leggi 29 luglio 1975, n. 405, e 22 maggio 1978, n. 194, e del decreto del Ministro della sanita' 6 marzo 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 87 del 13 aprile 1995, a parita' di trattamento con i cittadini italiani;

b) la tutela della salute del minore in esecuzione della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176;

c) le vaccinazioni secondo la normativa e nell'ambito di interventi di campagne di prevenzione collettiva autorizzati dalle regioni;

d) gli interventi di profilassi internazionale;

e) la profilassi, la diagnosi e la cura delle malattie infettive ed eventuale bonifica dei relativi focolai.

4. Le prestazioni di cui al comma 3 sono erogate senza oneri a carico dei richiedenti qualora privi di risorse economiche sufficienti, fatte salve le quote di partecipazione alla spesa a parita' con i cittadini italiani.

 

art. 38, co. 1

1. I minori stranieri presenti sul territorio sono soggetti all'obbligo scolastico; ad essi si applicano tutte le disposizioni vigenti in materia di diritto all'istruzione, di accesso ai servizi educativi, di partecipazione alla vita della comunita' scolastica.

 

 

 

Regolamento di attuazione D.P.R. 394/99

art. 43

(Assistenza sanitaria per gli stranieri non iscritti al Servizio Sanitario Nazionale)

1. Ai cittadini stranieri regolarmente soggiornanti, ma non iscritti al Servizio sanitario nazionale, sono assicurate le prestazioni sanitarie urgenti, alle condizioni previste dall’articolo 35, comma 1, del testo unico. Gli stranieri non iscritti al Servizio sanitario nazionale possono inoltre chiedere all'azienda ospedaliera o alla unità sanitaria locale (U.S.L.) di fruire, dietro pagamento delle relative tariffe, di prestazioni sanitarie di elezione.

 

 

art. 45, co. 1 e 2

1. I minori stranieri presenti sul territorio nazionale hanno diritto all'istruzione indipendentemente dalla regolarità della posizione in ordine al loro soggiorno, nelle forme e nei modi previsti per i cittadini italiani. Essi sono soggetti all'obbligo scolastico secondo le disposizioni vigenti in materia. L'iscrizione dei minori stranieri nelle scuole italiane di ogni ordine e grado avviene nei modi e alle condizioni previsti per i minori italiani. Essa può essere richiesta in qualunque periodo dell'anno scolastico. I minori stranieri privi di documentazione anagrafica ovvero in possesso di documentazione irregolare o incompleta sono iscritti con riserva.

2. L’iscrizione con riserva non pregiudica il conseguimento dei titoli conclusivi dei corsi di studio delle scuole di ogni ordine e grado. In mancanza di accertamenti negativi sull'identità dichiarata dell'alunno, il titolo viene rilasciato all'interessato con i dati identificativi acquisiti al momento dell'iscrizione.

 

 

 

Circolare del Ministero della Sanità 24.3.2000

[...] Nell'art. 34 del T.U. vengono affermati due fondamentali principi ai fini dell'iscrizione obbligatoria al S.S.N. dei cittadini stranieri extracomunitari.

Nel punto a) viene affermato il principio che lo svolgimento di un'attività lavorativa o l'iscrizione nelle liste di collocamento, nel rispetto della legislazione del lavoro, dà diritto all'iscrizione obbligatoria del cittadino straniero regolarmente soggiornante, a prescindere dal fatto che il permesso di soggiorno sia stato rilasciato per lavoro subordinato o autonomo (vedi ad es. art. 18 - comma 5 - e art. 30 — comma 2 — del T.U.) o il motivo del permesso di soggiorno non preveda l’iscrizione obbligatoria.

E' da precisare che, a differenza di quanto previsto dalla legislazione precedente, con la quale si provvedeva ad individuare specifiche figure di lavoratori tenuti all'assicurazione obbligatoria, con la presente legge l'espressione "lavoro autonomo" deve essere definita per esclusione, nel senso che tutti coloro che svolgono un'attività lavorativa, che non rientri nell'ambito del lavoro subordinato, rientrano nella figura del lavoratore autonomo in quanto soggetto tenuto alla dichiarazione dei redditi in base alle disposizioni fiscali in vigore.

Nel punto b) sono, invece, specificamente indicati, quali destinatari dell'assicurazione obbligatoria, tutti gli stranieri che, in relazione alle disposizioni che disciplinano il rilascio del permesso di  soggiorno, abbiano ottenuto il permesso stesso o ne abbiano chiesto il rinnovo per i seguenti  motivi:

1) lavoro subordinato: il riferimento è al Titolo III "Disciplina del lavoro" del T.U.;

2) lavoro autonomo: il riferimento è al Titolo III artt. 26 e 27 del T.U.;

3) motivi familiari: disciplinato nel Titolo IV dagli artt. 28, 29, 30, 31, 32 e 33 del T.U. In proposito si deve rilevare che tale permesso è rilasciato, ai sensi dell'art. 30 — comma 1 - punti a) - b) - c) - d), allo straniero che ha ottenuto il visto d’ingresso per ricongiungimento familiare;

[...]

5) asilo umanitario: il riferimento è agli articoli del T.U. 18 - comma 1 - (soggiorno per motivi di protezione sociale), 19 - comma 2 lettere a) e d) (divieto di espulsione e di respingimento di minori di anni diciotto e di donne in stato di gravidanza e di puerperio fino ad un massimo di sei mesi), 20 - comma 1 - (misure straordinarie di accoglienza per eventi eccezionali) e 40 - comma 1- (stranieri ospitati in centri di accoglienza, qualora non abbiano altro titolo all'assicurazione obbligatoria od all'erogazione di prestazioni sanitarie);

[...]

7) attesa adozione e affidamento: il riferimento è agli articoli 29, 31 e 33 - comma 2 - del T.U.  e all'art. 2 della legge 4 maggio 1983 n. 184;

[...]

In ordine alla tipologia di prestazioni previste dal terzo comma dell’art. 35 del T.U. si chiarisce che:

per cure urgenti si intendono le cure che non possono essere differite senza pericolo per la vita o danno per la salute della persona;

per cure essenziali si intendono le prestazioni sanitarie, diagnostiche e terapeutiche, relative a patologie non pericolose nell'immediato e nel breve termine, ma che nel tempo potrebbero determinare maggiore danno alla salute o rischi per la vita (complicanze, cronicizzazioni o aggravamenti).

E' stato, altresì, affermato dalla legge il principio della continuità delle cure urgenti ed essenziali, nel senso di assicurare all'infermo il ciclo terapeutico e riabilitativo completo riguardo alla possibile risoluzione dell'evento morboso.

 

Regolamento del Comitato per i minori stranieri

art. 2, co. 1 e 2

Compiti del Comitato

1. Il Comitato opera al fine prioritario di tutelare i diritti dei minori presenti non accompagnati e dei minori accolti, in conformita' alle previsioni della Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176.

2. Ai fini del comma 1, il Comitato:

a) vigila sulle modalita' di soggiorno dei minori;

b) coopera e si raccorda con le amministrazioni interessate;

 

art. 6

Accoglienza

1. Al minore non accompagnato sono garantiti i diritti relativi al soggiorno temporaneo, alle cure sanitarie, all'avviamento scolastico e alle altre provvidenze disposte dalla legislazione vigente.

2. Al fine di garantire l'adeguata accoglienza del minore il Comitato puo' proporre al Dipartimento per gli affari sociali di stipulare convenzioni con amministrazioni pubbliche e organismi nazionali e internazionali che svolgono attivita' inerenti i minori non accompagnati in conformita' ai principi e agli obiettivi che garantiscono il superiore interesse del minore, la protezione contro ogni forma di discriminazione, il diritto del minore di essere ascoltato.

 

 

 

Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea 26.6.97

art. 2, co. 3

3. I minori non accompagnati che, a norma delle disposizioni nazionali, devono sostare alla frontiera fino a quando sia presa una decisione in merito all'ammissione nel territorio nazionale, o una decisione in merito al loro rimpatrio, dovrebbero ricevere l'aiuto e il sostegno materiali necessari a soddisfare i loro bisogni elementari, quali vitto, sistemazione adatta alla loro età, attrezzature sanitarie e assistenza medica.

 

art. 3, co. 2, 6, 7

2. I minori non accompagnati, indipendentemente dal loro status giuridico, dovrebbero aver diritto alla protezione e alle cure elementari necessarie, in conformità del diritto interno dello Stato membro in questione.

[...]

6. Qualora si presuma che un minore non accompagnato in età scolare protrarrà la sua permanenza nello Stato membro, egli dovrebbe avere accesso alle strutture generali della pubblica istruzione alla stregua dei cittadini dello Stato membro ospitante, in alternativa, dovrebbero essergli offerte speciali e appropriate opportunità di istruzione.

7. I minori non accompagnati dovrebbero ricevere le cure mediche appropriate per far fronte ad esigenze immediate. Un'assistenza speciale, medica o di altro tipo, dovrebbe essere fornita ai minori che sono stati vittime di qualsiasi forma di negligenza, sfruttamento o maltrattamenti, tortura o qualsiasi altra forma di pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, oppure di conflitti armati.

 

 

 

 

 

 


L’ESPULSIONE E IL RESPINGIMENTO

 

 

1)  L’espulsione

 

Il Testo Unico 286/98, art. 19 stabilisce che il minore non può essere espulso, salvo che per motivi di ordine pubblico e sicurezza dello Stato (e in questo caso il provvedimento deve essere adottato, su richiesta del Questore, dal Tribunale per i minorenni) e salvo il diritto del minore a seguire il genitore o l’affidatario espulso.

 

In relazione a quest’ultima disposizione è da notarsi che, mentre per il permesso di soggiorno si fa riferimento all’affidamento formale ex art. 4 legge 184/83, per l’espulsione non viene specificato. Questa ambiguità consente un'interpretazione che includa anche gli affidamenti di fatto a parenti entro il quarto grado: vi sono casi, infatti, in cui il minore viene espulso al seguito del parente entro il quarto grado al quale è affidato di fatto.

Questa interpretazione, tuttavia, ove non vi sia stata una seria valutazione da parte dei servizi sociali circa l'idoneità del parente a provvedere al minore, ci sembra non garantire assolutamente il diritto del minore alla protezione.

 

Nei casi di espulsione al seguito dell’affidatario, si pone inoltre il problema della tutela giurisdizionale (ad es. nei casi in cui si verifichino errori nella valutazione della parentela tra l’adulto espulso ed il minore, come è effettivamente accaduto): non è chiaro, infatti, come possa essere presentato ricorso non essendovi un provvedimento di espulsione nei confronti del minore.

 

Infine, rispetto all’esecuzione dell’espulsione, si pone la questione se il minore possa essere trattenuto nei Centri di Permanenza Temporanea e Assistenza previsti dal T.U. 286/98. Il trattenimento in tali Centri, la cui legittimità costituzionale viene da più parti messa in discussione, e che comporterebbe per il minore la privazione della libertà personale e l’inserimento in un ambiente caratterizzato da fortissime tensioni emotive (con atti di autolesionismo ecc.), non può che essere considerato come gravemente lesivo dei diritti del minore, e in particolare del principio del “superiore interesse del minore” sancito dalla Convenzione di New York.

 

 

 

 

2)  Il respingimento

 

Il Testo Unico 286/98 non vieta il respingimento del minore che si presenti alla frontiera senza avere i requisiti per l’ingresso (anche ove sia stato temporaneamente ammesso nel territorio per necessità di pubblico soccorso) o che sia fermato all'ingresso o subito dopo.

 

Tuttavia, se il minore non accompagnato da genitore o parente entro il quarto grado si trova nel territorio dello Stato (o in quanto temporaneamente ammesso o in quanto fermato subito dopo l’ingresso), lo Stato italiano è senz’altro competente alla protezione del minore in via d’urgenza ex art. 9 della Convenzione dell’Aja del 1961, e quindi sembra doversi prevedere la competenza del Tribunale per i minorenni e/o del Comitato per i minori stranieri.

 

Nel caso, invece, il minore si trovi ancora alla frontiera, la legge 184/83 (come modificata dalla legge 476/98) prevede all’art. 33, co. 3 che:  “Coloro che hanno accompagnato alla frontiera un minore al quale non viene consentito l'ingresso in Italia provvedono a proprie spese al suo rimpatrio immediato nel Paese d'origine. Gli uffici di frontiera segnalano immediatamente il caso alla Commissione affinché prenda contatto con il Paese di origine del minore per assicurarne la migliore collocazione nel suo superiore interesse.”

 

 

 

 

Diverse questioni andranno chiarite:

 

1.  Come già rilevato nella sezione riguardante la segnalazione, non è chiaro se la Commissione per le adozioni internazionali dovrà segnalare al Comitato per i minori stranieri anche i minori segnalati dagli uffici di frontiera che devono essere immediatamente rimpatriati, in analogia a quanto previsto dal D.P.R. 492/99 per i minori presenti sul territorio italiano; ovvero se per questi minori sarà competente direttamente la Commissione per le adozioni internazionali, come sembrerebbe in base alla lettera della legge 476/98.

 

2.  Ove la competenza sia della Commissione per le adozioni internazionali, andrà chiarito se questa svolga le stesse funzioni del Comitato per i  minori stranieri, e quindi se essa disponga la ricerca dei familiari e le indagini sulla situazione nel Paese d’origine come il Comitato e se possa decidere tra rimpatrio o accoglienza. 

 

3.  Che tipo di controllo esercita la Commissione sull’affidabilità dell’adulto che accompagna il minore e che deve provvedere al suo immediato rimpatrio? Con l’espressione “coloro che accompagnano” si intende l’adulto cui il minore è affidato di fatto o anche il vettore?

 

4. Come si concilia l’esigenza del “rimpatrio immediato” con l’intervento della Commissione per prendere contatto con il Paese d’origine? Appare comunque assai dubbio che possa essere assunta una qualsiasi decisione che garantisca il superiore interesse del minore in tempi così rapidi da consentire il suo rimpatrio immediato.

 

5.  In attesa che venga assunta la decisione, al minore sarà consentito l’ingresso in Italia, come sembra prevedere l’art. 33 della l. 476/98, ovvero sarà trattenuto alla frontiera? Tale possibilità è prevista  dalla Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea 26.6.97, che stabilisce che in tali situazioni i minori possano “sostare alla frontiera fino a quando sia presa una decisione in merito all'ammissione nel territorio nazionale, o una decisione in merito al loro rimpatrio”, disponendo però che lo Stato deve garantire “ l'aiuto e il sostegno materiali necessari a soddisfare i loro bisogni elementari, quali vitto, sistemazione adatta alla loro età, attrezzature sanitarie e assistenza medica”. Tuttavia, non sembra sostenibile che possa rispondere maggiormente all’interesse del minore il trattenimento in frontiera rispetto alla possibilità di ingresso in Italia.

 

 

Più in generale, ci sembra che il respingimento con rimpatrio immediato del minore (o con l’eventuale trattenimento alla frontiera) contrasti nettamente con il dovere dello Stato italiano di garantire la protezione del minore e di considerare prioritariamente il superiore interesse del minore in ogni procedimento giudiziario o amministrativo, dovere che, in base alla Convenzione di New York, incombe allo Stato italiano nei confronti di tutti i minori, indipendentemente dal fatto che abbiano attraversato o meno la linea di frontiera.

 

 


Fonti normative ed altre disposizioni relative a

“L’espulsione e il respingimento”

 

 

T.U.  286/98

Art. 13

1. Per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, il Ministro dell'interno puo' disporre l'espulsione dello straniero anche non residente nel territorio dello Stato, dandone preventiva notizia al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro degli affari esteri.

 

Art. 10

1. La polizia di frontiera respinge gli stranieri che si presentano ai valichi di frontiera senza avere i requisiti richiesti dal presente testo unico per l'ingresso nel territorio dello Stato.

2. Il respingimento con accompagnamento alla frontiera e' altresi' disposto dal questore nei confronti degli stranieri:

a) che entrando nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera, sono fermati all'ingresso o subito dopo;

b) che, nelle circostanze di cui al comma 1, sono stati temporaneamente ammessi nel territorio per necessita' di pubblico soccorso.

 

Art. 19, co. 2

2. Non e' consentita l'espulsione, salvo che nei casi previsti dall'articolo 13, comma 1, nei confronti:

a) degli stranieri minori di anni diciotto, salvo il diritto a seguire il genitore o l'affidatario espulsi;

b) degli stranieri in possesso della carta di soggiorno, salvo il disposto dell'articolo 9;

c) degli stranieri conviventi con parenti entro il quarto grado o con il coniuge, di nazionalita' italiana;

d) delle donne in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio cui provvedono.

 

Art. 31, co. 4

4. Qualora ai sensi del presente testo unico debba essere disposta l'espulsione di un minore straniero, il provvedimento e' adottato, su richiesta del questore, dal tribunale per i minorenni.

 

 

 

 

Legge  184/83 (come modificata dalla legge 476/98)

art. 33., co 1., 3, 4

1. Fatte salve le ordinarie disposizioni relative all'ingresso nello Stato per fini familiari, turistici, di studio e di cura, non è consentito l'ingresso nello Stato a minori che non sono muniti di  visto di ingresso rilasciato ai sensi dell'articolo 32 ovvero che non sono accompagnati da almeno un  genitore o da parenti entro il quarto grado.

3. Coloro che hanno accompagnato alla frontiera un minore al quale non viene consentito  l'ingresso in Italia provvedono a proprie spese al suo rimpatrio immediato nel Paese d'origine. Gli uffici di frontiera segnalano immediatamente il caso alla Commissione affinché prenda contatto con il Paese di origine del minore per assicurarne la migliore collocazione nel suo superiore interesse.

4. Il divieto di cui al comma 1 non opera nel caso in cui, per eventi bellici, calamità  naturali o eventi eccezionali secondo quanto previsto dall'articolo 18 della legge 6 marzo 1998, n. 40, o per altro grave impedimento di carattere oggettivo, non sia possibile l'espletamento delle procedure di cui al presente Capo e sempre che sussistano motivi di esclusivo interesse del minore all'ingresso nello Stato. In questi casi gli uffici di frontiera segnalano l'ingresso del minore alla Commissione ed al tribunale per i minorenni competente in relazione al luogo di residenza di coloro che lo accompagnano.

 

 

 

Comitato per i minori stranieri - Osservazioni del Presidente - 2 maggio 2000

 […] 2) L’espulsione:

E’ prevista nel solo caso dell’art. 13 c.1 T.U.; l’art. 31 attribuisce la competenza al T.M. su richiesta del Questore (o del ministro degli Interni?).

La questione è delicata. L’espressione “motivi di ordine pubblico” usata nell’art. 31 T.U. è sufficientemente elastica sì che potrebbe in ipotesi consentire una espulsione di ragazzi “grandi” che avessero già compiuto molti reati (si pensa allo spaccio reiterato) e che non siano stati condannati a pene detentive da scontare: si tratta di situazioni non infrequenti dove potrebbe configurarsi un “motivo di ordine pubblico” a causa della reazione dei cittadini nei confronti della “impotenza” dei pubblici poteri. Come risvolto negativo si rischierebbe di introdurre una sorta di espulsione giudiziario – amministrativa che potrebbe vulnerare il principio del divieto di espulsione per i minorenni; come risvolto positivo, però, si potrebbe evitare un uso eccessivo del rimpatrio assistito, fondato sul presunto interesse del ragazzo ad evitare, tornando nel suo Paese di origine, di rimanere affondato nei guai già ora e soprattutto quando raggiungesse la maggiore età.

Sarebbe opportuno conoscere se già vi siano stati esempi concreti di applicazione di queste due norme (art. 13 e 31 T.U.) e in caso positivo quale interpretazione sia stata data alla espressione “per motivi di ordine pubblico e di sicurezza dello Stato”.

Una risposta potrebbe essere data dal Ministro di Giustizia, Ufficio centrale per la giustizia minorile, o da singoli uffici giudiziali minorili.

 

 

 

Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea 26.6.97

art. 2

1. Conformemente alle loro legislazioni e prassi nazionali, gli Stati membri possono rifiutare l'ammissione alla frontiera ai minori non accompagnati, segnatamente a quelli sprovvisti dei documenti e delle autorizzazioni necessari a tal fine. Ai minori non accompagnati richiedenti asilo si applica tuttavia la risoluzione sulle garanzie minime per le procedure di asilo, segnatamente i principi enunciati ai paragrafi 23, 24 e 25.

2. In questo contesto, gli Stati membri dovrebbero prendere, in conformità della loro legislazione nazionale, le misure appropriate per impedire l'ingresso illegale dei minori non accompagnati e dovrebbero collaborare tra loro per impedire che minori non accompagnati entrino e soggiornino irregolarmente nel loro territorio.

3. I minori non accompagnati che, a norma delle disposizioni nazionali, devono sostare alla frontiera fino a quando sia presa una decisione in merito all'ammissione nel territorio nazionale, o una decisione in merito al loro rimpatrio, dovrebbero ricevere l'aiuto e il sostegno materiali necessari a soddisfare i loro bisogni elementari, quali vitto, sistemazione adatta alla loro età, attrezzature sanitarie e assistenza medica.

 

 

 

 


IL COMITATO PER I MINORI STRANIERI

 

Il T.U. 286/98 (come modificato dal Dlgs. 113/99) e il Regolamento del Comitato per i minori stranieri (D.P.C.M. 535/99) definiscono composizione e competenze del Comitato per i minori stranieri:

 

 

Composizione del Comitato per i minori stranieri

Il Comitato per i minori stranieri, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, è composto da nove rappresentanti:

- uno del Dipartimento per gli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei Ministri;

- uno del Ministero degli affari esteri;

- uno del Ministero dell'interno;

- uno del Ministero della giustizia;

- due dell'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI);

- uno dell'Unione province italiane (UPI);

- due delle organizzazioni maggiormente rappresentative operanti nel settore dei problemi della famiglia e dei minori non accompagnati.



 

Compiti del Comitato per i minori stranieri

Con l'entrata in vigore del Dlgs. 113/99, le competenze del Comitato per i minori stranieri non riguardano più solo i “minori accolti” (cioè i minori temporaneamente ammessi nell’ambito di programmi solidaristici di accoglienza temporanea) ma anche i “minori presenti non accompagnati”; 

·        in generale il Comitato è istituito al fine di tutelare i diritti di questi minori, vigilare sulle modalità di soggiorno dei minori e coordinare le attività delle amministrazioni interessate;

·        riguardo ai “minori accolti” nell’ambito di programmi solidaristici di accoglienza temporanea, il Comitato decide sulle richieste di enti, associazioni o famiglie per l’ingresso, l’affidamento temporaneo e il rimpatrio dei minori accolti;

·        riguardo ai “minori presenti non accompagnati”, il Comitato ne cura il censimento, ne accerta lo status di minori non accompagnati, promuove la ricerca dei familiari dei minori (avvalendosi della collaborazione delle amministrazioni pubbliche e di organismi nazionali e internazionali con i quali il Dipartimento per gli Affari Sociali può stipulare convenzioni), può disporne il rimpatrio assistito; può, infine, proporre al Dipartimento per gli affari sociali di stipulare convenzioni e finanziare programmi finalizzati all’accoglienza e al rimpatrio dei minori non accompagnati.

 


Fonti normative a altre disposizioni relative a

Il Comitato per i minori stranieri

 

 

T.U. 286/98, art. 33 (come modificato dal Dlgs. 113/99, art. 5)

2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro da lui delegato, sentiti i Ministri degli affari esteri, dell'interno e di grazia e giustizia, sono definiti i compiti del Comitato di cui al comma 1, concernenti la tutela dei diritti dei minori stranieri in conformita' alle previsioni della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176. In particolare sono stabilite:

a) le regole e le modalita' per l'ingresso ed il soggiorno nel territorio dello Stato dei minori stranieri in eta' superiore a sei anni, che entrano in Italia nell'ambito di programmi solidaristici di accoglienza temporanea promossi da enti, associazioni o famiglie italiane, nonche' per l'affidamento temporaneo e per il rimpatrio dei medesimi;
b) le modalita' di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati presenti nel territorio dello Stato, nell'ambito delle attivita' dei servizi sociali degli enti locali e i compiti di impulso e di raccordo del Comitato di cui al comma 1 con le amministrazioni interessate ai fini dell'accoglienza, del rimpatrio assistito e del ricongiungimento del minore con la sua famiglia nel Paese d'origine o in un Paese terzo.

2-bis. Il provvedimento di rimpatrio del minore straniero non accompagnato per le finalita' di cui al comma 2, e' adottato dal Comitato di cui al comma 1. Nel caso risulti instaurato nei confronti dello stesso minore un procedimento giurisdizionale, l'autorita'giudiziaria rilascia il nulla osta, salvo che sussistano inderogabili esigenze processuali.



Regolamento del Comitato per i minori stranieri

Art. 2

Compiti del Comitato

1. Il Comitato opera al fine prioritario di tutelare i diritti dei minori presenti non accompagnati e dei minori accolti, in conformita' alle previsioni della Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176.
2. Ai fini del comma 1, il Comitato:

a) vigila sulle modalita' di soggiorno dei minori;

b) coopera e si raccorda con le amministrazioni interessate;

c) delibera, ai sensi dell'articolo 8, previa adeguata valutazione, secondo criteri predeterminati, in ordine alle richieste provenienti da enti, associazioni o famiglie italiane, per l'ingresso di minori accolti nell'ambito di programmi solidaristici di accoglienza temporanea, nonche' per l'affidamento temporaneo e per il rimpatrio dei medesimi;
d) provvede alla istituzione e alla tenuta dell'elenco dei minori accolti nell'ambito delle iniziative di cui alla lettera c);

e) accerta lo status del minore non accompagnato ai sensi dell'articolo 1, comma 2, sulla base delle informazioni di cui all'articolo 5;

f) svolge compiti di impulso e di ricerca al fine di promuovere l'individuazione dei familiari dei minori presenti non accompagnati, anche nei loro Paesi di origine o in Paesi terzi, avvalendosi a tal fine della collaborazione delle competenti amministrazioni pubbliche e di idonei organismi nazionali ed internazionali, e puo' proporre al Dipartimento per gli affari sociali di stipulare apposite convenzioni con gli organismi predetti;
g) in base alle informazioni ottenute, puo' adottare, ai fini di protezione e di garanzia del diritto all'unita' familiare di cui all'articolo 1, comma 4, il provvedimento di cui all'articolo 7, di rimpatrio assistito dei minori presenti non accompagnati;

h) definisce criteri predeterminati di valutazione delle richieste per l'ingresso di minori accolti di cui al comma 2, lettera c);

i) provvede al censimento dei minori presenti non accompagnati, secondo le modalita' previste dall'articolo 5.
3. Il Comitato puo' effettuare il trattamento dei dati sensibili, di cui al comma 1 dell'articolo 22 della legge 31 dicembre 1996, n. 675, che ad esso pervengono o che sono acquisiti ai sensi del presente regolamento, in particolare per quanto attiene all'origine razziale ed etnica del minore, della famiglia di origine e degli
adulti legalmente responsabili o con funzioni di sostegno, di guida e di accompagnamento, alle loro convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, allo stato di salute. Dei dati sensibili possono essere
effettuate, in relazione alle competenze istituzionali del Comitato, di cui all'articolo 33 del testo unico e al presente regolamento, le operazioni di raccolta, registrazione, organizzazione, conservazione, elaborazione, estrazione, raffronto, utilizzo, interconnessione, blocco, comunicazione, cancellazione e distruzione; la diffusione puo' essere effettuata in forma anonima e per finalita' statistiche, di studio, di informazione e ricerca.

Art. 3.

Costituzione ed organizzazione del Comitato

1. Il Comitato e' nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri ed e' composto da nove rappresentanti:
- uno del Dipartimento per gli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
- uno del Ministero degli affari esteri;

- uno del Ministero dell'interno;

- uno del Ministero della giustizia;

- due dell'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI);

- uno dell'Unione province italiane (UPI);

- due delle organizzazioni maggiormente rappresentative operanti nel settore dei problemi della famiglia e dei minori non accompagnati.

2. Per ogni membro effettivo e' nominato un supplente. I membri rappresentanti delle pubbliche amministrazioni di cui al comma 1 devono rivestire una qualifica dirigenziale o equiparata, ove
prescelti tra i dipendenti delle medesime amministrazioni.

3. Il Comitato e' presieduto dal rappresentante designato dal Dipartimento per gli affari sociali e si riunisce, su convocazione del presidente, che redige l'ordine del giorno della riunione, in relazione a singole necessita' e almeno una volta ogni trimestre.

4. I compiti di segreteria e di supporto al Comitato sono svolti da personale in servizio presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari sociali.


 

 

 

 

 

 

PARTE II:

 

 

ASPETTI DI MERITO:

 

 

Qualche riflessione sui criteri di scelta

 

tra accoglienza in Italia e rimpatrio


Introduzione

 

I criteri su cui fondare la decisione se sia nell’interesse del minore restare in Italia o essere rimpatriato costituiscono una delle problematiche più complesse e delicate di tutta la questione dei minori stranieri non accompagnati.

Naturalmente, la scelta dovrà sempre fondarsi su una valutazione caso per caso, che tenga conto della specifica situazione di ogni singolo minore.

Tuttavia, è inevitabile che vi siano dei criteri più o meno generali relativi a che cosa, a quali fattori debbano essere valutati: la mera esistenza dei genitori, ovvero la loro capacità di mantenere il minore, la volontà dei genitori, la loro eventuale condotta pregiudizievole nei confronti del minore, le opportunità offerte al minore in Italia e nel suo Paese d’origine ...

Vi saranno inoltre alcuni principi generali - e primo fra tutti, e il più generale, il superiore interesse del minore - che guideranno la scelta.

 

Proviamo dunque ad abbozzare qualche riflessione sulla questione dei criteri di scelta, analizzando in particolare la Convenzione di New York, che costituisce la normativa quadro in materia.

Come già sottolineato nell’introduzione, abbiamo tentato di essere il più possibile oggettivi, di cercare nella normativa delle “linee guida” senza “selezionare” le disposizioni a favore di una tesi ed eliminare quelle favorevoli alla tesi opposta.

 

 

 

Il superiore interesse del minore come considerazione prioritaria

 

In base alla Convenzione di New York e al Testo Unico 286/98 in tutti i procedimenti amministrativi e giurisdizionali riguardanti i minori deve essere preso in considerazione con carattere di priorità il superiore interesse del minore, indipendentemente dalla nazionalità e dalla regolarità del soggiorno:

·        “In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza sia delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l'interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente.” (Convenzione di New York, art. 3, co. 1);

·        “In tutti i procedimenti amministrativi e giurisdizionali finalizzati a dare attuazione al diritto all’unità familiare e riguardanti i minori, deve essere preso in considerazione con carattere di priorità il superiore interesse del fanciullo, conformemente a quanto previsto dall’art. 3, comma 1, della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa escutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176.” (Testo Unico 286/98, art. 28, co. 3).

 

1)  Dall’affermazione della priorità del superiore interesse del minore discende che ogni considerazione in merito al controllo dell’immigrazione clandestina dovrà essere secondaria rispetto alla valutazione dell’interesse del minore.

Proprio in attuazione di questo principio, il T.U. 286/98 vieta in generale l’espulsione del minore - provvedimento che si fonda sulla violazione delle norme sull’ingresso e il soggiorno degli stranieri e quindi sull’ “interesse” dello Stato - e prevede invece il rimpatrio assistito, provvedimento che si fonda sull’interesse del minore.

E’ da notarsi inoltre che la Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea del 26.6.97 sui minori non accompagnati, atto cui fanno in genere riferimento le disposizioni e i provvedimenti in materia di rimpatrio adottati recentemente, sembra collocarsi più nell’ambito della normativa in materia di lotta contro l’immigrazione clandestina che non in quella relativa alla tutela dei minori. Le “questioni di interesse comune” citate nel preambolo, che danno ragione dell’adozione di un atto a livello europeo, fanno infatti riferimento in primo luogo alla “lotta contro l’immigrazione e il soggiorno irregolari dei cittadini dei paesi terzi nel territorio degli Stati membri” e solo in secondo luogo e assai meno incisivamente alla tutela dei minori non accompagnati.[36]

 

Secondaria rispetto alla valutazione del superiore interesse del minore dovrà essere anche ogni considerazione relativa alle priorità nell’utilizzo delle risorse dello Stato sociale a favore dei minori italiani rispetto ai minori stranieri.

 

2) Il “superiore interesse del minore” non è rigidamente definito, ma è al contrario un concetto altamente discrezionale e tale deve essere per consentire un’effettiva valutazione caso per caso della situazione di ogni singolo minore.

 

Da tale considerazione discende che anche il diritto all’unità familiare e il diritto a vivere nel proprio Paese d’origine non possono essere considerati come criteri assoluti, ma dovranno essere valutati come modalità di attuazione del superiore interesse del minore, caso per caso.

 

3) Per orientarci nella valutazione del “superiore interesse del minore” (ancorché tale valutazione debba sempre considerare il singolo caso), possiamo fare riferimento alla normativa dettata dalle Convenzioni e dalle leggi vigenti in materia di diritti del minore, in quanto l’enunciazione di tali diritti costituisce un’indicazione circa le modalità di attuazione dell’interesse del minore.

 

Proviamo ad analizzare alcune di queste indicazioni.

 

 

 

Il diritto alla protezione

 

In primo luogo, la Convenzione di New York stabilisce che il minore ha diritto ad una protezione particolare e a non essere abbandonato a se stesso:

·         “[...] Tenendo presente che la necessità di concedere una protezione speciale al fanciullo é stata enunciata nella dichiarazione di Ginevra del 1924 sui diritti del fanciullo e nella dichiarazione dei diritti del fanciullo adottata dall'Assemblea Generale il 20 novembre 1959 [...] Tenendo presente che, come indicato nella Dichiarazione dei diritti dell'uomo "il fanciullo, a causa della sua mancanza di maturità fisica ed intellettuale necessita di una protezione e di cure particolari, ivi compresa una protezione legale appropriata, sia prima che dopo la nascita, [...]” (preambolo);

·         “Gli Stati Parti si impegnano ad assicurare al fanciullo la protezione e le cure necessarie al suo benessere, in considerazione dei diritti e dei doveri dei suoi genitori, dei suoi tutori o di altre persone che hanno la sua responsabilità legale, ed a tal fine essi adottano tutti i provvedimenti legislativi ed amministrativi appropriati.” (art. 3, co. 2);

·         “Ogni fanciullo il quale é temporaneamente o definitivamente privato del suo ambiente familiare oppure che non può essere lasciato in tale ambiente nel suo proprio interesse, ha diritto ad una protezione e ad aiuti speciali dello stato.” (art. 20, co. 1)

 

 

In ottemperanza al principio per cui incombe allo Stato il dovere di protezione del minore, questi può essere allontanato dal territorio dello Stato solo mediante il rimpatrio assistito, e non mediante espulsione (tranne che per ragioni di ordine pubblico e sicurezza dello Stato).

L’espulsione, infatti, è un provvedimento in base al quale lo straniero viene semplicemente rinviato nel suo Paese d’origine, senza curarsi di quale situazione vi incontrerà (salvo il caso di rischio di persecuzioni[37]).

Il rimpatrio assistito, invece, fondato sulla valutazione del superiore interesse del minore, comporta il rispetto del diritto del minore alla protezione, e quindi che il minore venga affidato ad adulti responsabili che se ne prendano cura.

 

In questo senso, la Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea sui minori non accompagnati prevede, all’art. 5 “1. Qualora un minore non sia autorizzato a protrarre il suo soggiorno in uno Stato membro, quest'ultimo può rimpatriare il minore nel paese di origine o rinviarlo in un paese terzo disposto ad accettarlo soltanto se vi siano disponibili per lui, al suo arrivo, un'accoglienza e assistenza adeguate, a seconda delle sue esigenze in base all'età e al grado di indipendenza. Vi possono provvedere i genitori o altri adulti che si prendano cura del fanciullo, nonché organizzazioni governative e non governative. 2. Finché non sia possibile un rimpatrio a tali condizioni, gli Stati membri dovrebbero in linea di massima offrire al minore la possibilità di restare nel loro territorio.”

 

 

 

Il diritto alla salute, all’istruzione, alla tutela contro lo sfruttamento economico

 

In secondo luogo, la Convenzione di New York stabilisce alcuni diritti fondamentali del minore, tra cui:

·       il diritto “ad un livello di vita sufficiente per consentire il suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale.” (Convenzione di New York, art. 27);

·       il diritto “di godere del miglior stato di salute possibile e di beneficiare di servizi medici e di riabilitazione. [Gli Stati parte] si sforzano di garantire che nessun minore sia privato del diritto di avere accesso a tali servizi.” (Convenzione di New York, art. 24);

·       il diritto “all'educazione, ed in particolare, al fine di garantire l'esercizio di tale diritto gradualmente ed in base all'uguaglianza delle possibilità [Gli Stati parte]: A) rendono l'insegnamento primario obbligatorio e gratuito per tutti; B) incoraggiano l'organizzazione di varie forme di insegnamento secondario sia generale che professionale, che saranno aperte ed accessibili ad ogni fanciullo e adottano misure adeguate come la gratuita dell'insegnamento e l'offerta di una sovvenzione finanziaria in caso di necessità;  C) garantiscono a tutti l'accesso all'insegnamento superiore con ogni mezzo appropriato, in funzione delle capacità di ognuno; D) fanno in modo che l'informazione e l'orientamento scolastico e professionale siano aperte ed accessibili ad ogni fanciullo; E) adottano misure per promuovere la regolarità della frequenza scolastica e la diminuzione del tasso di abbandono della scuola.” (Convenzione di New York, art. 28);

·       il diritto “di essere protetto contro lo sfruttamento economico e di non essere costretto ad alcun lavoro che comporti rischi o sia suscettibile di porre a repentaglio la sua educazione o di nuocere alla sua salute o al suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale o sociale.” (Convenzione di New York, art. 32).

 

Le opportunità di esercizio di questi diritti rientrano indubbiamente nella valutazione del superiore interesse del minore.

 

Per valutare l'interesse del minore a restare in Italia o ad essere rimpatriato, dunque, ci sembra che debbano essere prese in considerazione anche le opportunità formative, lavorative, assistenziali disponibili in Italia e nel Paese d'origine, in quanto esse hanno un'importante influenza sulle possibilità che il minore possa effettivamente esercitare il diritto “ad un livello di vita sufficiente per consentire il suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale".

 

Il diritto di vivere nella famiglia d’origine/in un ambiente familiare sostitutivo/nel Paese d’origine

 

In terzo luogo, tentiamo di valutare come nella Convenzione di New York e nelle leggi vigenti venga considerato il diritto del minore a vivere:

- nella propria famiglia d’origine;

- in un ambiente familiare idoneo sostitutivo  rispetto alla propria famiglia d’origine;

- nel proprio Paese d’origine.

 

1) Famiglia d’origine/ambiente familiare sostitutivo/Paese d’origine

 

1.1) Sicuramente viene considerato un diritto fondamentale del minore (e quindi rientrante nella valutazione del suo superiore interesse) il diritto di vivere nella propria famiglia d’origine, che dovrà provvedere al suo mantenimento e favorirne lo sviluppo (Convenzione di New York, preambolo e artt. 7, 8, 9, 18.2, 27.3; Costituzione, art. 30; Codice Civile, art. 147; legge 184/83, art. 1):

“Convinti che la famiglia, unità fondamentale della società ed ambiente naturale per la crescita ed il benessere di tutti i suoi membri ed in particolare dei fanciulli, deve ricevere la protezione e l'assistenza di cui necessita per poter svolgere integralmente il suo ruolo nella collettività, Riconoscendo che il fanciullo, ai fini dello sviluppo armonioso e completo della sua personalità deve crescere in un ambiente familiare in un clima di felicità, di amore e di comprensione,” (Convenzione di New York, preambolo)

“Il fanciullo [...] ha diritto [...] nella misura del possibile a conoscere i suoi genitori ed a essere allevato da essi.” (Convenzione di New York, art. 7).

“Il minore ha diritto ad essere educato nella propria famiglia” (l. 184/83, art. 1)

 

 

1.2) Ove il minore sia temporaneamente o definitivamente privato di un ambiente familiare idoneo, avrà diritto a ricevere protezione in un ambiente familiare idoneo sostitutivo o, in ultima istanza ove questo non fosse possibile, in un istituto di assistenza.

La Convenzione di New York, art. 20, infatti, stabilisce “1. Ogni fanciullo il quale é temporaneamente o definitivamente privato del suo ambiente familiare oppure che non può essere lasciato in tale ambiente nel suo proprio interesse, ha diritto ad una protezione e ad aiuti speciali dello stato. 2. Gli Stati Parti prevedono per questo fanciullo una protezione sostitutiva, in conformità con la loro legislazione nazionale. 3. Tale protezione sostitutiva può in particolare concretizzarsi per mezzo di sistemazione in una famiglia, della kafalah di diritto islamico, dell'adozione o in caso di necessità, del collocamento in un adeguato istituto per l'infanzia. Nell'effettuare una selezione tra queste soluzioni, si terrà debitamente conto della necessità di una certa continuità nell'educazione del fanciullo, nonché della sua origine etnica, religiosa, culturale e linguistica.”

 

La legge 184/83 (che costituisce la "legislazione nazionale" cui fa riferimento il co. 2 dell'articolo succitato) prevede all'art. 2 che “Il minore che sia temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo può essere affidato ad un'altra famiglia, possibilmente con figli minori, o ad una persona singola, o ad una comunità di tipo familiare, al fine di assicurargli il mantenimento, l'educazione e l'istruzione.

Ove non sia possibile un conveniente affidamento familiare, è consentito il ricovero del minore in un istituto di assistenza pubblico o privato, da realizzarsi di preferenza nell'ambito della regione di residenza del minore stesso.”

 

Il collocamento in istituto è dunque un’ipotesi percorribile solo ove non sia possibile un conveniente affidamento familiare. In tutti i casi in cui è possibile sarà invece preferibile l’affidamento familiare, sia che si tratti di affidamento ad una famiglia o singolo, sia che si tratti di affidamento a una comunità di tipo familiare[38].

 

 

 

 

1.3) Non viene fatto riferimento, invece, al diritto del minore di vivere nel proprio Paese di origine.

 

La Convenzione di New York stabilisce:

·       il diritto di mantenere la propria identità nazionale: “Gli Stati Parti si impegnano a rispettare il diritto del fanciullo a preservare la propria identità, ivi compresa la sua nazionalità [...]” (Convenzione di New York, art. 7);

·       l’esigenza che si tenga conto dell’origine etnica, religiosa, culturale e linguistica nel disporre provvedimenti di protezione ove il minore si trovi privo di un ambiente familiare idoneo (v. sopra: Convenzione di New York, art. 20, co. 3)

Tali riferimenti, tuttavia, non implicano che il minore debba trovarsi nel Paese d’origine, ma che lo Stato in cui il minore si trova si adoperi affinché il minore possa mantenere la propria identità nazionale, religiosa, culturale, linguistica.

 

La Convenzione di New York stabilisce poi all’art. 11 che “Gli Stati Parti adottano provvedimenti per impedire gli spostamenti ed i non - ritorni illeciti di fanciulli all'estero.”. Tale disposizione, tuttavia, sembra doversi interpretare in riferimento non alla violazione delle regole sull’ingresso e il soggiorno degli stranieri, ma esclusivamente agli spostamenti contrari alla volontà degli esercenti la potestà, in analogia alle analoghe espressioni nella Convenzione europea sul riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia di affidamento dei minori e di ristabilimento dell’affidamento (Lussembrugo, 20 maggio 1980) e nella Convenzione sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori (L’Aja, 25 ottobre 1980).

 

Infine, la previsione dell’adozione internazionale come “un altro mezzo per garantire le cure necessarie al fanciullo, qualora quest’ultimo non possa essere messo a balia in una famiglia, oppure in una famiglia di adozione oppure essere allevato in maniera adeguata” (Convenzione di New York, art. 21, lett. B) indica - pur nella diversità dell’istituto dell’adozione rispetto a quello della tutela o dell’affidamento - come possa essere nell’interesse del minore trovare all’estero un ambiente familiare idoneo.

 

Il supposto “diritto a vivere nel proprio Paese d’origine”, dunque, non sembra dover rientrare nei criteri fondamentali di valutazione dell’interesse del minore.

 

 

 

2) Il rimpatrio non finalizzato al ricongiungimento familiare

 

In generale, dunque (anche se naturalmente la valutazione va fatta sempre caso per caso) possiamo affermare che, in base alla Convenzione di New York e alla legge 184/83, si possa considerare tendenzialmente più rispondente all’interesse del minore vivere in un ambiente familiare sostitutivo in un Paese diverso dal proprio Paese d’origine che non vivere in un istituto di assistenza nel proprio Paese di origine.

 

Tale considerazione ha rilevanza nella decisione sull’interesse del minore a restare in Italia ovvero ad essere rimpatriato, nei casi in cui la famiglia nel Paese d’origine risulti inesistente o non idonea a provvedere al minore, e vi sia però nel Paese d’origine stesso un istituto di assistenza disponibile ad accogliere il minore: tale situazione non riguarda solo i minori orfani, ma anche quei minori che, in caso di rimpatrio, non si ricongiungerebbero effettivamente con la famiglia ma dovrebbero andare a vivere comunque separati dai genitori (ad es. i minori rimpatriati ai quali viene offerto di frequentare un corso di formazione professionale in una sede lontana dalla residenza della famiglia).

La questione è quindi: il rimpatrio potrà essere disposto solo in attuazione del diritto all’unità familiare o anche al fine di affidare il minore ad un istituto di assistenza nel Paese d’origine?

 

1)  In base alla legge 184/83, artt. 11 e 15, sembra di poter affermare che il Tribunale per i minorenni, una volta accertato tramite l’autorità consolare che i genitori sono deceduti e non esistono parenti entro il quarto grado con cui il minore abbia relazioni significative, ovvero che essi sono irreperibili, o non si sono presentati, debba dichiarare lo stato di adottabilità.

·       Art. 11: “Quando dalle indagini previste nell'articolo precedente risultano deceduti i genitori del minore e non risultano esistenti parenti entro il quarto grado, il tribunale per i minorenni provvede a dichiarare lo stato di adottabilità, salvo che esistano istanze di adozione ai sensi dell'articolo 44. In tal caso il tribunale per i minorenni decide nell'esclusivo interesse del minore. [...]”;

·       Art. 15: “A conclusione delle indagini e degli accertamenti previsti dagli articoli precedenti, ove risulti la situazione di abbandono di cui all'articolo 8, lo stato di adottabilità del minore è dichiarato dal tribunale per i minorenni quando: 1) i genitori e i parenti convocati ai sensi degli articoli 12 e 13 non si sono presentati senza giustificato motivo;  2) l'audizione dei medesimi ha dimostrato il persistere della mancanza di assistenza morale e materiale e la non disponibilità ad ovviarvi; 3) le prescrizioni impartite ai sensi dell'articolo 12 sono rimaste inadempiute per responsabilità dei genitori.”

 

In questo caso, dunque, non sembra essere percorribile l’ipotesi del rimpatrio, almeno nei casi in cui non vi sia una richiesta da parte delle autorità dello Stato di cui il minore è cittadino.

 

 

2)  Ove invece si applichi la Convenzione dell’Aja del 1961 - che, in base alla legge di riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato 218/95 disciplina la protezione dei minori - si rileva ancora una volta la crucialità del concetto di “residenza abituale” del minore[39].

Infatti, se il minore viene considerato abitualmente residente in Italia, le autorità giudiziarie e amministrative italiane divengono competenti in via generale ad adottare misure di protezione nei suoi confronti, e quindi non sembra percorribile l’ipotesi del rimpatrio.

Ove invece il minore venga considerato abitualmente residente nel suo Paese d’origine, le autorità competenti in via generale saranno quelle del Paese d’origine (anche se, naturalmente, le autorità italiane potranno assumere misure urgenti ex art. 9 della Convenzione del 1961): in questo caso, dunque, potrebbe essere eseguito il rimpatrio per riaffidare il minore alle autorità competenti del suo Paese d’origine, in quanto Stato ove egli ha la sua residenza abituale.

 

Come abbiamo già sottolineato in precedenza, la definizione di “Stato di residenza abituale” fa riferimento agli effettivi legami familiari e sociali del minore, ed attiene a una valutazione di fatto e non di diritto.

In tale valutazione assume particolare importanza (anche se non risolutiva, dato che si tratta di una valutazione di fatto e caso per caso) l’elemento temporale: lo Stato in cui il minore si trova può essere cioè considerato “Stato di residenza abituale” dopo un certo periodo di tempo, che in giurisprudenza viene spesso fissato intorno ai 6 mesi.

Altro aspetto importante nella valutazione è la volontà del minore e la volontà della famiglia, che naturalmente hanno una loro rilevanza nel far sì che un determinato ambiente possa essere considerato come il centro di gravità della vita del minore.

 

 

3)  Le norme specifiche che disciplinano il rimpatrio, d’altro canto, non sono univoche sulla possibilità di adottare provvedimenti di rimpatrio non finalizzati al ricongiungimento familiare, in quanto talvolta fanno riferimento al ricongiungimento familiare, e talaltra al riaffidamento alle autorità responsabili o ad organizzazioni nel Paese d'origine:

 

1.  Il T.U. 286/98, art 33 (come modificato dal Dlgs. 113/99, art. 5) parla di  “compiti di impulso e di raccordo del Comitato di cui al comma 1 con le amministrazioni interessate ai fini dell'accoglienza, del rimpatrio assistito e del ricongiungimento del minore con la sua famiglia nel Paese d'origine o in un Paese terzo.".

 

2.  Il Regolamento del Comitato per i minori stranieri, prevede:

·       all’art. 1, co. 4: “Per "rimpatrio assistito" si intende l'insieme delle misure adottate allo scopo di garantire al minore interessato l'assistenza necessaria fino al ricongiungimento coi propri familiari o al riaffidamento alle autorita' responsabili del Paese d'origine, in conformita' alle convenzioni internazionali, alla legge, alle disposizioni dell'autorità giudiziaria ed al presente regolamento. Il rimpatrio assistito deve essere finalizzato a garantire il diritto all'unita' familiare del minore e ad adottare le conseguenti misure di protezione.”;

·       all’art. 2, co. 2:  “Ai fini del comma 1, il Comitato: [...] g) in base alle informazioni ottenute, puo' adottare, ai fini di protezione e di garanzia del diritto all'unita' familiare di cui all'articolo 1, comma 4, il provvedimento di cui all'articolo 7, di rimpatrio assistito dei minori presenti non accompagnati;”

 

3. La Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea 26.6.97 stabilisce :

·       nella premessa: “[...] gli Stati membri si sforzano di collaborare tra di loro e con i paesi terzi di origine per ricondurre il minore nel suo paese d'origine o in un paese terzo disposto ad accettarlo senza alcun rischio per la sua sicurezza per rintracciare, ogniqualvolta è possibile, le persone che ne sono responsabili e per ricongiungere il minore con esse;”;

·       all’art. 5, co. 1 e 3: “1. Qualora un minore non sia autorizzato a protrarre il suo soggiorno in uno Stato membro, quest'ultimo può rimpatriare il minore nel paese di origine o rinviarlo in un paese terzo disposto ad accettarlo soltanto se vi siano disponibili per lui, al suo arrivo, un'accoglienza e assistenza adeguate, a seconda delle sue esigenze in base all'età e al grado di indipendenza. Vi possono provvedere i genitori o altri adulti che si prendano cura del fanciullo, nonché organizzazioni governative e non governative. [...] 3. Le autorità competenti degli Stati membri dovrebbero cooperare, in vista di un rimpatrio: a) ai fini del ricongiungimento del minore non accompagnato con i suoi familiari nel paese di origine del minore o nel paese in cui essi si trovano; b) con le autorità del paese di origine del minore o di un altro paese al fine di trovare una soluzione durevole adeguata; c) con organizzazioni internazionali quali l'Unhcr e l'Unicef, già attive nell'opera di consulenza ai governi in materia di orientamenti per il trattamento dei minori non accompagnati, in particolare i richiedenti asilo; d) se del caso, con le organizzazioni non governative per accertare la disponibilità di strutture ricettive e assistenziali nel paese in cui il minore sarà rimpatriato o rinviato.”

 

4. Infine, la Convenzione dell’Aja del 1970 sul rimpatrio - che citiamo ancorchè essa non sia ancora internazionalmente in vigore - stabilisce:

·       all’art 2 : “ 1. La présente Convention s’applique aux mineurs qui se trouvent sur le territoire d’un Etat Contractant et dont le rapatriement est demandé par un autre État Contractant pour l’une des raisons suivantes: a) la présence du mineur sur le territoire de I’État requis est contraire a la volonté de la personne ou des personnes qui détiennent à son égard l’autorité parentale ; b) la présence du mineur sur le territoire de I’État requis est incompatible avec une mesure de protection ou de rééducation prise à son égard par les autorités compétentes de I’État requérant: c) la présence du mineur sur le territoire de I’État requérant est nécessaire en raison d‘une procédure visant à prendre a son égard des mesures de protection ou de rééducation

2. La présente Convention s’applique également au rapatriement des mineurs qui se trouvent sur le territoire d’un Etat Contractant lorsque cet État estime leur présence contraire à ses propres intérêts ou aux intérêts de ces mineurs et pour autant que sa législation lui permette dé les éloigner de son territoire. ” ;

·       all’art. 14 : “ 1. Dans les cas prévus à l’article 2, paragraphe 2, I’État de séjour du mineur peut demander à un autre Etat Contractant d’accepter le rapatriement de ce mineur selon les dispositions suivantes: a) lorsque la personne ou les personnes qui détiennent l’autorité parentale se trouvent dans un autre Etat Contractant, la requête est adressée à cet Etat; b) lorsque la personne ou les personnes qui détiennent I’autorité parentale se trouvent dans un Etat non Contractant, la requête est adressée à I’Etat Contractant où le mineur a sa résidence habituelle; c) lorsque l’État où se trouvent la personne ou les personnes qui détiennent l’autorité parentale n’est pas connu ou lorsque personne ne détient cette autorité, la requête est adressée à l’État Contractant où le mineur a sa résidence habituelle ou, si le rapatriement vers cet État est refusé ou ne peut avoir lieu, à I’État Contractant dont le mineur est ressortissant. ” 

 

 

4)  Tuttavia, poiché la Convenzione di New York ha valenza di normativa quadro in materia di tutela dei minori, anche la Convenzione dell’Aja del 1961, la Convenzione dell’Aja del 1970 sul rimpatrio e la Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea (che inoltre non ha valore vincolante, trattandosi non di regolamento o direttiva ma di risoluzione) devono essere interpretate alla luce dei suoi principi e delle sue regole.

Come abbiamo visto, nella Convenzione di New York viene attribuita fondamentale importanza al diritto del minore di vivere in un ambiente familiare idoneo, mentre non è sancito il diritto del minore a vivere nel proprio Paese d’origine.

Ci sembra quindi che debba prevalere il principio per cui risulta tendenzialmente più rispondente all’interesse del minore “crescere in un ambiente familiare in un clima di felicità, di amore e di comprensione”, ancorchè al di fuori del proprio Paese d’origine, che non vivere in un istituto di assistenza nel proprio Paese d’origine; e che, di conseguenza, sia discutibile la legittimità del rimpatrio non finalizzato al ricongiungimento familiare.

 

 

 

Il dovere di provvedere al mantenimento ed allo sviluppo del minore

 

Dopo queste prime riflessioni sui diritti del minore, cerchiamo ora di analizzare brevemente i doveri che a questi diritti corrispondono, ponendoci in particolare la domanda: a chi incombe il dovere di provvedere al minore?

 

E’ evidente, infatti, che nella decisione tra rimpatrio o accoglienza in Italia andrà considerata, oltre al superiore interesse del minore (che sarà sempre considerazione prioritaria), anche un’altra questione e cioè chi debba provvedere al minore stesso. In particolare, ci chiediamo se siano sempre la famiglia d’origine del minore e il suo Paese d’origine a dovervi provvedere.

 

1) La famiglia e il sostegno dello Stato alla famiglia

 

1.1) Il dovere di provvedere al mantenimento del minore ed al suo sviluppo incombe innanzitutto sui genitori o, in mancanza di essi, alle altre persone che hanno l'affidamento del minore, ai parenti tenuti agli alimenti, ai parenti entro il quarto grado. (Convenzione di New York, art. 18, co. 1 e art. 27, co. 1 e 2; Costituzione, art. 30; Codice Civile, art. 147  e 433; legge 184/83)

 

Viene però espressamente riconosciuta la possibilità che i genitori non riescano ad adempiere a questo dovere perché “le loro possibilità e i loro mezzi finanziari”non glielo consentono.

La Convenzione di New York, art. 27, co. 2, infatti, stabilisce che: “Spetta ai genitori o ad altre persone che hanno l'affidamento del fanciullo la responsabilità fondamentale di assicurare, entro i limiti delle loro possibilità e dei loro mezzi finanziari, le condizioni di vita necessarie allo sviluppo del fanciullo. “

 

1.2) Ove i genitori non abbiano i mezzi per provvedere al mantenimento ed allo sviluppo del minore, lo Stato deve fornire loro assistenza e sostegno (Convenzione di New York, art. 18, co. 2 e art. 27, co. 3; Costituzione, art.31).

 

Anche qui, però, viene riconosciuta la possibilità che lo Stato non disponga dei mezzi sufficienti per rispettare tale dovere:

·       “Gli Stati Parti si impegnano ad adottare tutti i provvedimenti legislativi, amministrativi ed altri, necessari per attuare i diritti riconosciuti dalla presente Convenzione. Trattandosi di diritti economici, sociali e culturali essi adottano tali provvedimenti entro i limiti delle risorse di cui dispongono e, se del caso, nell'ambito della cooperazione internazionale.” (Convenzione di New York, art. 4);

·       “Gli Stati Parti adottano adeguati provvedimenti, in considerazione delle condizioni nazionali e compatibilmente con i loro mezzi, per aiutare i genitori ed altre persone aventi la custodia del fanciullo di attuare questo diritto ed offrono, se del caso, una assistenza materiale e programmi di sostegno, in particolare per quanto riguarda l'alimentazione, il vestiario e l'alloggio.” (Convenzione di New York, art. 27, co. 3).

 

1.3) Che cosa accade dunque nel caso in cui i genitori non abbiano “le possibilità e i mezzi finanziari” per provvedere al mantenimento ed allo sviluppo del minore, ma lo Stato in cui risiedono “in considerazione delle condizioni nazionali e compatibilmente con i [suoi] mezzi” non può fornire loro l’assistenza e il sostegno necessari ad assicurare al minore “un livello di vita sufficiente per consentire il suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale.”?

La Convenzione di New York stabilisce espressamente in uno dei suoi primi articoli che “Gli Stati Parti rispettano la responsabilità, il diritto ed il dovere dei genitori o, se del caso, dei membri della famiglia allargata o della collettività, come previsto dagli usi locali, dei tutori o altre persone legalmente responsabili del fanciullo, di dare a quest'ultimo, in maniera corrispondente allo sviluppo delle sue capacità, l'orientamento ed i consigli adeguati all'esercizio dei diritti che gli sono riconosciuti dalla presente Convenzione.” (Convenzione di New York, art. 5).

Se tali sono le condizioni, non può essere considerato un corretto esercizio della potestà genitoriale il fatto che il genitore orienti il minore ad emigrare per cercare condizioni migliori in un Paese più ricco, naturalmente ove l’emigrazione non comporti una situazione di grave pregiudizio per il minore stesso?

 

 

2) La competenza dello Stato

 

Dopo aver brevemente analizzato il dovere della famiglia di provvedere al minore e il dovere dello Stato di aiutare la famiglia a svolgere tale compito, accenniamo al più generale dovere dello Stato riguardo alla protezione del minore.

 

2.1) Rispetto alla competenza dello Stato in ordine alla protezione del minore, la Convenzione dell’Aja del 1961 stabilisce in via generale la competenza dello Stato di residenza abituale del minore, e solo in via accessoria quella dello Stato di nazionalità: non è scontato, dunque, che sia lo Stato di cui il minore è cittadino a doversene “fare carico".

Se la competenza sarà delle autorità italiane o delle autorità del Paese d’origine del minore, dipenderà da come verrà interpretato e applicato il concetto di “residenza abituale”[40].

 

2.2) Come abbiamo già accennato, nella Convenzione di New York non si nasconde la realtà che molti paesi del mondo sono troppo poveri per attuare effettivamente i diritti previsti dalla Convenzione stessa, ed a questo proposito fa riferimento alla cooperazione internazionale:

·       “Riconoscendo l'importanza della cooperazione internazionale per il miglioramento delle condizioni di vita dei fanciulli di tutti i paesi, in particolare dei paesi in via di sviluppo, [...]” (Convenzione di New York, preambolo).

·       “Gli Stati Parti si impegnano ad adottare tutti i provvedimenti legislativi, amministrativi ed altri, necessari per attuare i diritti riconosciuti dalla presente Convenzione. Trattandosi di diritti economici, sociali e culturali essi adottano tali provvedimenti entro i limiti delle risorse di cui dispongono e, se del caso, nell'ambito della cooperazione internazionale.” (Convenzione di New York, art. 4);

·       rispetto al diritto alla salute: “Gli Stati Parti si impegnano a favorire ed a incoraggiare la cooperazione internazionale in vista di attuare gradualmente una completa attuazione del diritto riconosciuto nel presente articolo. A tal fine saranno tenute in particolare considerazione le necessità dei paesi in via di sviluppo.”(Convenzione di New York, art. 24, co. 4);

·       rispetto al diritto all’istruzione: “Gli Stati Parti favoriscono ed incoraggiano la cooperazione internazionale nel settore della educazione, in vista soprattutto di contribuire ad eliminare l'ignoranza e l'analfabetismo nel mondo e facilitare l'accesso alle conoscenze scientifiche e tecniche ed ai metodi di insegnamento moderni. A tal fine, si tiene conto in particolare delle necessità dei paesi in via di sviluppo.” (Convenzione di New York, art. 28, co. 3);

 

Se il Paese d’origine del minore "in considerazione delle condizioni nazionali e compatibilmente con i [suoi] mezzi", non riesce a fornire alla famiglia l'assistenza e il sostegno necessari perché essa possa provvedere al minore stesso, né può assistere il minore tramite propri istituti di assistenza in modo da assicurargli "un livello di vita sufficiente per consentire il suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale", non si può ritenere dovere dello Stato in cui si trova (cioè dell'Italia), in quanto paese ricco e industrialmente avanzato, provvedere al minore stesso, indipendentemente dalla sua residenza abituale?

Non si può considerare tale intervento come attuazione di quella cooperazione internazionale prevista dalla Convenzione di New York?

 

 

 

La valutazione dell’idoneità della famiglia d’origine e della più generale situazione nel Paese d'origine

 

Un aspetto fondamentale nella decisione sull’interesse del minore a restare in Italia o ad essere rimpatriato concerne la valutazione sull’idoneità della famiglia d’origine a provvedere al mantenimento, educazione ed istruzione del minore[41] nonché la valutazione delle opportunità offerte dal Paese d'origine.

 

1) La capacità e la volontà di provvedere al minore

 

In primo luogo, ci pare importante distinguere tra la capacità e la volontà dei genitori di provvedere al mantenimento, educazione ed istruzione del minore.

 

1.1) Se, infatti, i genitori hanno mezzi sufficienti ed accettano di riaccogliere il minore e di provvedervi, il rimpatrio potrà essere ipotizzabile, tenendo conto naturalmente degli altri fattori (quali la volontà della famiglia e del minore, la valutazione più generale delle opportunità formative, lavorative e assistenziali offerte dal Paese d’origine e dall’Italia ecc.).

 

1.2) Nel caso invece in cui i genitori pur avendo i mezzi sufficienti si rifiutano di provvedere al minore (e quindi rifiutano il suo rimpatrio), sembra di poter affermare che il Tribunale per i minorenni dovrebbe dichiarare la decadenza dei genitori dalla potestà genitoriale e lo stato di adottabilità, in base a quanto disposto dalla legge 184/83, artt. 12 e 15:

“Art. 12. Quando attraverso le indagini effettuate consta l'esistenza dei genitori o di parenti entro il quarto grado indicati nell'articolo precedente, che abbiano mantenuto rapporti significativi con il minore, e ne è nota la residenza, il presidente del tribunale per i minorenni con decreto motivato fissa la loro comparizione, entro un congruo termine, dinanzi a sé o ad un giudice da lui delegato. [...] In caso di residenza all'estero è delegata l'autorità consolare competente.

Udite le dichiarazioni dei genitori o dei parenti, il presidente del tribunale per i minorenni o il giudice delegato, ove ne ravvisi l'opportunità, impartisce con decreto motivato ai genitori o ai parenti prescrizioni idonee a garantire l'assistenza morale, il mantenimento, l'istruzione e l'educazione del minore, stabilendo al tempo stesso periodici accertamenti da eseguirsi direttamente o avvalendosi del giudice tutelare o dei servizi locali, ai quali può essere affidato l'incarico di operare al fine di più validi rapporti tra il minore e la famiglia. [...]”

Art. 15. “A conclusione delle indagini e degli accertamenti previsti dagli articoli precedenti, ove risulti la situazione di abbandono di cui all'articolo 8, lo stato di adottabilità del minore è dichiarato dal tribunale per i minorenni quando: 1) i genitori e i parenti convocati ai sensi degli articoli 12 e 13 non si sono presentati senza giustificato motivo;  2) l'audizione dei medesimi ha dimostrato il persistere della mancanza di assistenza morale e materiale e la non disponibilità ad ovviarvi; 3) le prescrizioni impartite ai sensi dell'articolo 12 sono rimaste inadempiute per responsabilità dei genitori.”

In questo caso, dunque non dovrebbe essere possibile il rimpatrio finalizzato al ricongiungimento familiare.

 

1.3) Consideriamo infine la situazione in cui i genitori non avessero mezzi sufficienti per provvedere al minore, ma accettassero il suo rimpatrio a condizione di ricevere un sostegno che li rendesse in grado di mantenere il minore e se del caso anche il resto della famiglia (il cui mantenimento spesso trae un importante sostegno dalle rimesse del componente emigrato, in questo caso il minore).

In tal caso si porrebbe l’alternativa tra far restare il minore in Italia ovvero rimpatriarlo, fornendo però assistenza alla famiglia nel Paese d’origine. Nella scelta tra le due ipotesi la considerazione prioritaria sarà, naturalmente, l’interesse del minore (e quindi dovranno essere considerati la volontà del minore e della sua famiglia, le opportunità formative, lavorative e assistenziali offerte dal Paese d’origine e dall’Italia ecc.).

A “parità di valutazione” sull’interesse del minore a restare in Italia ovvero ad essere rimpatriato potrà anche essere valutata l’efficienza della spesa assistenziale: l’iniziale mantenimento del minore in Italia è in genere più costoso che nel suo Paese di origine, ma dall’altra parte in Italia il minore probabilmente inizierà a lavorare e riuscirà a mantenere se stesso e, mediante le rimesse, anche la famiglia.

 

 

2) Gli “standard” di valutazione

 

Come valutare la capacità della famiglia di provvedere al mantenimento, educazione ed istruzione del minore. Come valutare le opportunità offerte dal Paese d’origine?

Al di sotto della soglia della povertà assoluta non vi saranno dubbi di valutazione: se la famiglia muore letteralmente di fame, si può affermare con sicurezza che non è in grado di mantenere il minore, ed altrettanto dicasi se il Paese d’origine è colpito ad esempio da una grave carestia.

 

Vi sono però situazioni di sussistenza in cui si pone la questione se la valutazione debba fondarsi sugli “standard” di mantenimento, istruzione ecc. dei Paesi industrialmente avanzati, o sugli “standard” del Paese d’origine.

Consideriamo ad esempio il caso (nella realtà molto frequente) in cui la famiglia viva in una zona molto povera di montagna o di campagna, ove il minore non può frequentare la scuola ed è costretto, per mantenere se stesso e la famiglia, a lavorare duramente o ad emigrare in città per cercare lavoro. Tale situazione verrà valutata in base ai nostri “standard”, e quindi si considererà che il minore non potrebbe esercitare il diritto all’istruzione, alla salute, alla tutela dallo sfruttamento economico ecc. riconosciutigli dalla Convenzione di New York?

Oppure gli “standard” assunti saranno quelli del Paese di origine, e si riterrà quindi che, dato che il reddito, il livello di istruzione e la qualità della vita medi nel Paese d’origine sono bassi, si potranno ritenere “sufficientemente” soddisfatti i diritti del minore alla salute, all’istruzione ecc. e la famiglia potrà essere considerata in grado di provvedere al mantenimento ed all’istruzione del minore? L’Autorità Giudiziaria o Amministrativa dovrà quindi applicare criteri diversi al minore italiano e al minore straniero?

Tale ipotesi sembra improponibile, anche in base a quanto disposto dalla Convenzione di New York, art. 2: “1. Gli Stati Parti si impegnano a rispettare i diritti enunciati nella presente Convenzione ed a garantirli ad ogni fanciullo che dipende dalla loro giurisdizione, senza distinzione di sorta ed a prescindere da ogni considerazione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o altra del fanciullo o dei suoi genitori o rappresentanti legali, dalla loro origine nazionale, etnica o sociale, dalla loro situazione finanziaria, dalla loro incapacità, dalla loro nascita o da ogni altra circostanza;”

 

Né tale questione sembra trovare soluzione con il riferimento alla legge 218/95 di riforma del diritto internazionale privato che all’art. 36 stabilisce che i rapporti tra genitori e figli, compresa la potestà genitoriale (e i diritti-doveri connessi), sono regolati dalla legge nazionale del figlio.

In primo luogo, infatti, il riferimento alla legge nazionale non risolve che parzialmente il problema degli “standard” di valutazione, in quanto i diritti-doveri connessi alla potestà solitamente sono stabiliti in generale e non in concreto.

In secondo luogo, e soprattutto, si deve sempre fare riferimento al superiore interesse del minore e ai diritti sanciti dalla Convenzione di New York: tutti i minori, indipendentemente dalla nazionalità, hanno diritto alla massima tutela possibile dei loro diritti, dal diritto di godere del miglior stato di salute possibile, al diritto all’istruzione, alla tutela contro lo sfruttamento economico ecc.

 

 

3) La condotta pregiudizievole dei genitori nella scelta dell’emigrazione

 

Un altro aspetto da considerare è se la scelta dei genitori di “mandare” il minore in Italia rappresenti una condotta pregiudizievole tale da richiedere la limitazione o decadenza dalla potestà genitoriale.

 

In particolare, se il minore si trova in Italia in una situazione di sfruttamento, sarà importante valutare la consapevolezza dei genitori rispetto a tale circostanza: ove i genitori avessero consapevolmente inviato il minore in tale situazione di grave pregiudizio (vendendolo o in ogni caso affidandolo a adulti sfruttatori) si ravviserebbero probabilmente le condizioni per una limitazione o una decadenza dalla potestà genitoriale.

 

Se invece il minore non si trova in una situazione di sfruttamento, ma è stato “mandato” completamente da solo in Italia, sarà da discutere se tale comportamento può essere considerato come una condotta pregiudizievole o se, al contrario, possa essere valutato in determinate circostanze come un corretto esercizio della potestà genitoriale.

 

Infine, nel caso in cui il minore sia affidato a parenti o altri adulti moralmente e materialmente idonei a provvedervi, non sembra potersi ipotizzare alcuna condotta pregiudizievole da parte dei genitori, a meno di voler fare rientrare in tale concetto anche il solo fatto di “mandare” il minore in Italia in violazione della normativa sull’ingresso e il soggiorno degli stranieri in Italia.

 

 

 

La valutazione della situazione del minore in Italia

 

Dopo aver discusso alcune problematiche riguardanti la valutazione della famiglia e della più generale situazione nel Paese d’origine, accenniamo ad alcune questioni relative alla valutazione della situazione del minore in Italia.

 

1) Quali saranno i criteri per valutare la situazione del minore in Italia?

- l’esistenza ed idoneità di parenti entro il quarto grado;

- la disponibilità di famiglie, singoli o comunità di tipo familiare ad accogliere il minore in affidamento;

- la disponibilità di associazioni ed altri enti a prendere in tutela il minore ed a provvedervi;

- le opportunità formative, lavorative e assistenziali disponibili in Italia;

- altro …

 

2) La disponibilità di associazioni, famiglie ecc. ad accogliere il minore così come le opportunità formative e lavorative saranno valutate in base a ciò che è già effettivamente disponibile al minore al momento dell’apertura del procedimento (ad esempio se il minore ha già preso contatto con associazioni, se è già iscritto ad un corso di formazione professionale ecc.) ovvero a ciò che è disponibile sul territorio e che potenzialmente può essere offerto al minore?

Tale questione assume particolare rilevanza nel caso di minori coinvolti in attività illegali e finiti nel circuito penale: se la situazione del minore in Italia venisse valutata in base alle condizioni attuali, il giudizio sarebbe naturalmente molto negativo e la decisione si orienterebbe probabilmente in direzione di un rimpatrio  (ove la famiglia risultasse idonea a provvedere al minore) per sottrarre il minore alla situazione di pregiudizio in cui si trova in Italia; se invece venissero valutate anche le potenzialità di inserimento e di positiva evoluzione del minore, la scelta tra accoglienza e rimpatrio sarebbe molto meno scontata.

 

 

 

La volontà dei genitori e la volontà del minore

 

Un altro aspetto importante è il peso che dovrà avere nella decisione tra accoglienza e rimpatrio la volontà dei genitori (o degli altri esercenti la potestà). In particolare, se i genitori non hanno i mezzi per provvedere al  minore ed esprimono la volontà che il minore resti in Italia, in che modo andrà valutata tale volontà?

 

Il diritto di stabilire il luogo in cui il minore deve risiedere rientra nei poteri connessi alla potestà genitoriale. Tuttavia, oltre alle problematiche relative alla decadenza dei genitori dalla potestà cui abbiamo precedentemente accennato, è da ritenersi che il diritto del genitore a stabilire il luogo in cui il minore deve risiedere non possa essere esercitato in violazione della normativa sull’ingresso ed il soggiorno degli stranieri in Italia. La volontà dei genitori, quindi, sembra debba valutata con riferimento non al diritto del genitore ma esclusivamente con riferimento all’interesse del minore.

 

Rientra certamente nella valutazione del minore, infatti, la considerazione della volontà dei genitori, in primo luogo perché ciò che essi ritengono che sia meglio per il figlio, le responsabilità che gli attribuiscono, le aspettative di cui lo caricano sono aspetti che hanno un’importanza cruciale per il minore dal punto di vista psicologico.

 

In secondo luogo, la considerazione della volontà dei genitori costituisce una concreta attuazione del già citato art. 5 della Convenzione di New York, in base a cui “Gli Stati Parti rispettano la responsabilità, il diritto ed il dovere dei genitori o, se del caso, dei membri della famiglia allargata o della collettività, come previsto dagli usi locali, dei tutori o altre persone legalmente responsabili del fanciullo, di dare a quest'ultimo, in maniera corrispondente allo sviluppo delle sue capacità, l'orientamento ed i consigli adeguati all'esercizio dei diritti che gli sono riconosciuti dalla presente Convenzione.”

 

Per quanto riguarda, poi, la considerazione della volontà del minore, la Convenzione di New York stabilisce il diritto del minore di “esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa, le opinioni del fanciullo essendo debitamente prese in considerazione tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità” (Convenzione di New York, art. 12).

 

Infine, il fatto di tenere conto della volontà dei genitori e (ove l’età lo consenta) della volontà del minore corrisponde ad una concezione di “valutazione dell’interesse del minore” meno paternalistica, più responsabilizzante ed attenta alla persona ed alla libertà di ciascuno di stabilire che cosa sia meglio per sé o per i propri figli.

 

 

 

L’età del minore

 

L’età è naturalmente un fattore molto importante, che ha rilevanza rispetto a molti degli altri fattori precedentemente analizzati, e in particolare rispetto a:

 

1.   l’esigenza del minore di vivere nella propria famiglia d’origine: è evidente che per un adolescente tale esigenza è assai inferiore rispetto ad un bambino;

 

2.   la condotto pregiudizievole dei genitori nella scelta dell’emigrazione: nel caso di genitori che inviano un bambino solo in un Paese straniero a lavorare è più probabile che si possa parlare di condotta pregiudizievole che non nel caso di un adolescente;

 

3.   la volontà del minore: più il minore è maturo, più sarà importante tenere conto della sua volontà; tale principio trova espressione in diverse disposizioni procedurali, che stabiliscono una soglia di età al di sopra della quale il minore deve essere sentito (ad es. prima che venga disposto l’affidamento familiare, il servizio sociale deve sentire il minore che abbia compiuto i 12 anni; prima della nomina del tutore, il Giudice Tutelare deve sentire il minore che ha compiuto i 16 anni) o addirittura è necessario il suo consenso (ad es. per l’adozione il minore che ha compiuto i 14 anni deve manifestare espresso consenso).

 

 

 

 

La priorità nella scelta tra accoglienza e rimpatrio

 

Sarà importante, infine, capire se la priorità dovrà esser data all’ipotesi del rimpatrio o a quella dell’accoglienza.

Vi sono casi in cui la scelta è chiara. Nei casi di minori provenienti da paesi in guerra, o che rischiano persecuzioni nel Paese d'origine o che comunque corrano gravi rischi, il rimpatrio è evidentemente impossibile, e il minore dovrà quindi essere accolto nel nostro paese. Viceversa, nei casi di  minori i cui genitori o altri esercenti la potestà abbiano chiesto il rimpatrio, o che abbiano essi stessi chiesto di essere rimpatriati, si procederà certamente al rimpatrio.

Tuttavia, la maggior parte dei minori non accompagnati presenti in Italia si trovano in una categoria intermedia tra questi due estremi, non provenendo da paesi in guerra o a rischio di persecuzione da una parte, e dall’altra parte essendo emigrati con il consenso dei genitori, che non hanno dunque intenzione di chiederne il rimpatrio. Molti di questi minori provengono da famiglie e da zone molto povere, nelle quali le opportunità di studio, di formazione, di lavoro e di assistenza sono scarsissime.

Che cosa verrà deciso per questi minori? Il rimpatrio sarà la soluzione tendenzialmente generale o residuale?

 

Il "Piano nazionale di azioni e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva 2000-2001" (approvato con D.P.R. 13 giugno 2000) ripreso anche dalle Linee Guida del Comitato per i minori stranieri deliberate nella riunione dell’11 gennaio 2000[42] – ci induce a ritenere che la linea che il Governo intende assumere sia quella del rimpatrio come soluzione tendenzialmente generale.

Nel Piano Nazionale, infatti, leggiamo In vista dell'adozione dei necessari provvedimenti - innanzi tutto di rimpatrio[43] - il Comitato minori stranieri provvederà: a) ad un tempestivo accertamento dell'identità del minore ed alla identificazione, anche attraverso organismi internazionali quali la CRI, l'Unicef, l'Unhcr del suo nucleo familiare in patria e dei suoi congiunti; b) alla predisposizione delle condizioni indispensabili per un rimpatrio sicuro ed assistito del minore, fornendogli anche - se adolescente - un certo previo bagaglio professionale che gli consenta n migliore reinserimento nel suo Paese.”

Nelle Linee Guida del Comitato per i minori stranieri si legge “E' da precisare tuttavia che l'accoglienza ha il senso di assicurare i diritti del fanciullo per tutto il periodo in cui proseguirà la sua permanenza in Italia. Tale permanenza è intesa come temporanea, dovendosi provvedere, ove ne ricorrano le condizioni, al rimpatrio assistito, vale a dire al ricongiungimento con il nucleo parentale originario od al riaffidamento alle Autorità responsabili del paese di origine.”

 

Se andiamo ad analizzare le norme vigenti, tuttavia, esse non forniscono una risposta chiara alla domanda se il rimpatrio debba essere la soluzione tendenzialmente generale o residuale, e questa ambiguità ricalca in parte l’ambiguità precedentemente analizzata in merito alle competenze ed alle procedure sulla scelta tra accoglienza e rimpatrio.

 

1)  La legge 184/83, art. 33, co. 5 (come modificata dalla legge 476/98) stabilisce che: “[...] Il tribunale, adottato ogni opportuno provvedimento temporaneo nell'interesse del minore, provvede ai sensi dell'articolo 37-bis, qualora ne sussistano i presupposti, ovvero segnala la situazione alla Commissione [cioè la Commissione per le adozioni internazionali] affinché prenda contatto con il Paese di origine del minore e si proceda ai sensi dell'articolo 34.”

Questa disposizione sembrerebbe attribuire priorità all’accoglienza, limitando l’ipotesi del rimpatrio ai casi in cui non “sussistano i presupposti” per disporre un provvedimento ex art. 37-bis.

In realtà, tuttavia, resta una forte ambiguità in quanto non è chiaro che cosa si intenda con l’espressione “qualora sussistano i presupposti” (per provvedere ai sensi dell’art. 37-bis): deve intendersi la disponibilità di una famiglia, di un singolo o di una comunità di tipo familiare  a  prendere il minore in affidamento o in tutela? In questo caso, tale disponibilità dovrà esservi già al momento dell'apertura del procedimento ovvero potrà trattarsi di una disponibilità emersa nel corso del procedimento?

Facendo riferimento alla Convenzione de L’Aja del 1961 si potrebbe forse intendere che il Tribunale per i minorenni adotta provvedimenti provvisori ed urgenti ex art. 9 della Convenzione e successivamente, ove ritenga che il minore possa essere considerato abitualmente residente in Italia, adotta i provvedimenti ex art. 37-bis della legge 184/83.

L’espressione “qualora ne sussistano i presupposti” potrebbe quindi essere intesa nel senso di “qualora il minore possa essere considerato abitualmente residente in Italia”, cioè quando il minore abbia il centro di gravità della sua vita in Italia, anche in conseguenza delle misure urgenti disposte e considerando l’elemento volontaristico.

 

2)  Il T.U. 286/98, art. 33 (come modificato dal Dlgs. 113/99, art. 5) stabilisce che “[...] Il provvedimento di rimpatrio del minore straniero non accompagnato per le finalita' di cui al comma 2, e' adottato dal Comitato di cui al comma 1 [cioè il Comitato per i minori stranieri]. Nel caso risulti instaurato nei confronti dello stesso minore un procedimento giurisdizionale, l'autorita' giudiziaria rilascia il nulla osta, salvo che sussistano inderogabili esigenze processuali.".

In questa disposizione, dunque, sembra che la priorità venga attribuita all’ipotesi del rimpatrio.

 

3)  Il Regolamento del Comitato per i minori stranieri prevede all’art. 7, co.2: “Salva l'applicazione delle misure previste dall'articolo 6, il Comitato dispone il rimpatrio assistito del minore presente non accompagnato, assicurando che questi sia stato previamente sentito, anche dagli enti interessati all'accoglienza, nel corso della procedura.”[44]

Andrà chiarito che cosa significhi l’espressione “Salvo l’applicazione delle misure previste dall'articolo 6”: si intende solo le misure di accoglienza temporanea in attesa della disposizione ed esecuzione del provvedimento di rimpatrio? O significa che, se vengono disposte misure di accoglienza (quali le “tutele civili” o l’affidamento), il rimpatrio non deve essere necessariamente disposto?

 

4)  Spesso per sostenere la priorità del diritto all’unità familiare si fa riferimento all’art. 22 della Convenzione di New York, in base a cui “[...] gli Stati Parti collaborano, a seconda di come lo giudichino necessario, a tutti gli sforzi compiuti dall'organizzazione delle Nazioni Unite e le altre organizzazioni intergovernative o non governative competenti che collaborano con l'organizzazione delle Nazioni Unite, per proteggere ed aiutare i fanciulli che si trovano in tale situazione e per ricercare i genitori o altri familiari di ogni fanciullo rifugiato al fine di ottenere le informazioni necessarie per ricongiungerlo alla sua famiglia.

Se il padre, la madre o ogni altro familiare sono irreperibili, al fanciullo sarà concessa, secondo i principi enunciati nella presente Convenzione, la stessa protezione di quella di ogni altro fanciullo definitivamente oppure temporaneamente privato del suo ambiente familiare per qualunque motivo.”

 

Tale disposizione, tuttavia, si riferisce specificatamente ai minori rifugiati e richiedenti lo status di rifugiato, che sono stati separati dai genitori contro la loro volontà, fattispecie dunque ben diversa da quella qui analizzata dei minori emigrati per motivi economico-sociali e, soprattutto, con il consenso dei genitori.

 

5)  La Convenzione dell’Aja del 1970 sul rimpatrio - che citiamo pur non essendo internazionalmente in vigore - prevede all’art. 8 che : “ L’Etat requis peut en outre, compte tenu de toutes les circonstances de l’affaire, rejeter la requête: a) si la personne ou les personnes qui détiennent j’autorité parentale ou à qui le mineur est confié se trouvent sur le territoire de I’Etat requis et s’opposent au rapatriement ; b) si le rapatriement est considéré comme étant contraire à l’intérêt du mineur, notamment lorsque ce dernier a des liens familiaux ou sociaux effectifs dans cet Etat ou lorsque le rapatriement est incompatible avec une mesure de protection ou de rééducation prise dans ledit Etat. ”

 

6)  La Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea del 26.6.97 è invece molto chiara nello stabilire che, ogni qualvolta sia possibile, il minore debba essere rimpatriato:

·       “[...] considerando che la presenza irregolare nel territorio degli Stati membri di minori non accompagnati che non sono considerati rifugiati deve avere carattere provvisorio, per cui gli Stati membri si sforzano di collaborare tra di loro e con i paesi terzi di origine per ricondurre il minore nel suo paese d'origine o in un paese terzo disposto ad accettarlo senza alcun rischio per la sua sicurezza per rintracciare, ogniqualvolta è possibile, le persone che ne sono responsabili e per ricongiungere il minore con esse; [..]” (premessa);

·        “1. Qualora un minore non sia autorizzato a protrarre il suo soggiorno in uno Stato membro, quest'ultimo può rimpatriare il minore nel paese di origine o rinviarlo in un paese terzo disposto ad accettarlo soltanto se vi siano disponibili per lui, al suo arrivo, un'accoglienza e assistenza adeguate, a seconda delle sue esigenze in base all'età e al grado di indipendenza. Vi possono provvedere i genitori o altri adulti che si prendano cura del fanciullo, nonché organizzazioni governative e non governative. 2. Finché non sia possibile un rimpatrio a tali condizioni, gli Stati membri dovrebbero in linea di massima offrire al minore la possibilità di restare nel loro territorio.” (art. 5).

 

Va tuttavia ricordato che:

·       la Risoluzione dell’Unione Europea non ha valore vincolante, non trattandosi né di un regolamento né di una direttiva, ma appunto di una risoluzione;

·       la Risoluzione stessa stabilisce che “La presente risoluzione lascia impregiudicate eventuali disposizioni più favorevoli della legislazione nazionale.” (art. 3, co.4);

·       come già notato all’inizio, la Risoluzione sembra collocarsi più nell’ambito della normativa in materia di lotta all’immigrazione clandestina che non in quella relativa alla tutela dei minori.

 

7) Infine, la nuova legge di modifica alla legge 184/83[45], non ancora promulgata, prevede che “Le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la potestà genitoriale non possono essere di ostacolo all’esercizio del diritto del minore alla propria famiglia. A tal fine a favore della famiglia sono disposti interventi di sostegno e aiuto.” (art. 1, co. 3); “Il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo, nonostante gli interventi ai sostegno e aiuto disposti ai sensi dell’art. 1, è affidato ad una famiglia [...]” (art. 2, co. 2).

E’ interessante notare come tali disposizioni costituiscano un progresso importantissimo per la garanzia dei diritti dei minori italiani, ma rischino di trasformarsi in un “boomerang” per i minori stranieri non accompagnati. La famiglia italiana indigente, infatti, appartenente ad una società ricca come quella italiana, riceverà sostegno dallo Stato per poter essere in grado di provvedere adeguatamente al minore, che vedrà così tutelato il suo diritto a vivere nell’ambito della sua famiglia, indipendentemente dalle condizioni economico-sociali della famiglia.

Per i minori stranieri non accompagnati, invece, queste disposizioni vengono già attualmente citate[46], pur non essendo ancora in vigore, per sostenere l’ipotesi del rimpatrio come soluzione tendenzialmente generale: non si potrà, cioè, giustificare l’accoglienza del minore in Italia e il mancato rimpatrio, solo in base alla valutazione che la sua famiglia nel paese d’origine è troppo povera per garantirgli un livello di vita sufficiente.

Questa posizione, naturalmente, non tiene conto del fatto che queste famiglie vivono in paesi poveri, e che non riusciranno a ottenere dal loro Stato alcun sostegno economico; e, soprattutto, ignora il fatto che sono le più generali condizioni del paese ad impedire un livello di vita e opportunità di sviluppo soddisfacenti per il minore. E purtroppo non saranno né gli eventuali interventi di sostegno erogati dallo Stato italiano alle famiglie, né i corsi di formazione professionale finanziati dall’Italia nei paesi d’origine a modificare significativamente e in tempi rapidi queste condizioni.

Lo sviluppo economico di questi paesi è certamente un obiettivo fondamentale, l'unico che farà sì che quella parte significativa di minori che emigrano per ragioni economiche non siano costretti ad abbandonare la loro famiglia per cercare condizioni migliori in un altro paese. Ma purtroppo ben sappiamo che per avviare davvero lo sviluppo i tempi saranno lunghi, e i risultati restano comunque incerti.

 

 

Si può ritenere, dunque, che – in presenza di una normativa che non ci fornisce risposte chiare alla questione se il rimpatrio debba essere la soluzione tendenzialmente generale ovvero residuale – si dovrà fare ricorso all’interpretazione, con riferimento all’atto che, in materia di protezione dei minori, costituisce normativa quadro: la Convenzione di New York.

 

La decisione tra accoglienza e rimpatrio dovrà sempre fare riferimento, in base alla Convenzione di New York e al Testo Unico 286/98, al superiore interesse del minore: dunque anche nel caso in cui “vi siano disponibili per lui, al suo arrivo, un'accoglienza e assistenza adeguate, a seconda delle sue esigenze in base all'età e al grado di indipendenza”, la decisione di provvedere al rimpatrio non potrà essere scontata, partendo dal presupposto che per il minore sia sempre e comunque meglio vivere nella sua famiglia d'origine e nel suo Paese d'origine.

Il diritto all'unità familiare è sicuramente un principio fondamentale, ma non assoluto. La valutazione del "superiore interesse del minore" richiede di tenere conto non solo del diritto all'unità familiare (né tanto meno del solo diritto a vivere nel proprio Paese d’origine), ma anche del diritto ad “un livello di vita sufficiente per consentire il suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale”, del diritto alla salute, all’istruzione, alla tutela sul lavoro ...

Diritti di cui il minore presente in Italia, cittadino di un paese non industrialmente avanzato, ha diritto di godere quanto il minore italiano.


 

 

 

 

 

 

 

 

APPENDICE

 

 

 

 


INDICE DELL’APPENDICE

 

 

Articoli e interventi a seminari ......................…................................................................................... p. 120         

·     W. Citti, I minori stranieri non accompagnati tra tutela in Italia e rimpatrio, articolo consultabile sul sito Progetto “Atlante” della Provincia di Torino e di prossima pubblicazione in un volume edito da Giuffrè: ..............................……….................................………........................................................ p.    120

·       G. De Marco, G. Calcagno, A. Tetto, Interventi al seminario “Minori stranieri irregolari: quale tutela?”, Torino, 15 ottobre 1999: ............................................................……………………........... p.130

·       Sintesi degli interventi al seminario “Minori stranieri non accompagnati e irregolari, tra accoglienza e rimpatrio” Torino, 4 luglio 2000 ..........……………………………................................................... p.135

 

 

 

Altri documenti: ........................................……...................................................................….............. p. 138

 

·        Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per gli Affari Sociali – Comitato per i minori stranieri – Minori stranieri non accompagnati - Linee Guida deliberate nella riunione dell’11 gennaio 200

·        Piano nazionale di azioni e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva 2000-2001 (approvato con D.P.R. 13 giugno 2000);

·        Nota informativa del Servizio Sociale Internazionale;

·        Documento di aggiornamento dell’Intesa tra Tribunale per i minorenni di Torino, Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Torino, Giudice Tutelare presso la Pretura Circondariale di Torino, Ufficio Stranieri della Questura di Torino, Comune di Torino, IPM di Torino, Ufficio Distrettuale di Servizio Sociale per i minorenni di Torino, Corpo di polizia municipale di Torino 24 ottobre 1994;

·        Protocollo di intesa per l’inserimento di minori stranieri extracomunitari tra Provveditorato agli Studi di Torino e Città di Torino 19 dicembre 1996;

·        Nota della Procura della Repubblica e del Tribunale per i minorenni di Torino e del Giudice Tutelare di Torino del 12 novembre 1998;

·        Nota della Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Torino.

 

 

 

Giurisprudenza: ............................................................…….................................................................. p. 163                                  

·        Pretura di Torino Ufficio del Giudice Tutelare 22.12.1998 - provvedimento di rimpatrio - revoca; scheda di L. Guerci  (in “Diritto, Immigrazione e Cittadinanza”, 1999, n. 3);

·        Tribunale per i Minorenni del Veneto, 23.02.1998, efficacia provvedimento di affidamento straniero -  (in Diritto, Immigrazione e Cittadinanza, 1999, n. 3)

·        Tribunale per i minorenni di Brescia 20.1.1999 - affidamento di minore straniero a familiari entro il quarto grado - esclusione competenza del Tribunale minorile; competenza del Giudice Tutelare per l’apertura della tutela (in “Diritto, Immigrazione e Cittadinanza”,1999, n. 1);

·        Pretura di Mantova, sez. dist. Castiglione delle Stiviere, comunicazione del Giudice Tutelare 15.2.1999 - apertura di tutela - esclusione competenza del Giudice Tutelare (in “Diritto, Immigrazione e Cittadinanza”,1999, n. 1);

·        Tribunale per i minorenni di Venezia 21.12.1998 - affidamento di minore straniero a familiari entro il quarto grado - competenza del Tribunale minorile (in “Diritto, Immigrazione e Cittadinanza”,1999, n. 4);

·        Tribunale per i minorenni di Venezia 28.12.1998 - affidamento di minore straniero a familiari entro il quarto grado - competenza del Tribunale minorile (in “Diritto, Immigrazione e Cittadinanza”,1999, n. 4);

·        Tribunale per i minorenni di Venezia 10.5.1999 - affidamento di minore straniero a familiari entro il quarto grado - esclusione competenza del Tribunale minorile (in “Diritto, Immigrazione e Cittadinanza”,1999, n. 4);

·        Tribunale per i minorenni di Torino 22.7.1999 - minore straniero irregolare - convivenza con familiari entro il quarto grado - esclusione dell’intervento del Tribunale minorile (in “Diritto, Immigrazione e Cittadinanza”,1999, n. 4);

·        Corte d’appello di Torino 10.12.1999 - affidamento di minore straniero a familiari entro il quarto grado - esclusione competenza del Tribunale minorile; competenza del Giudice Tutelare per l’apertura della tutela; scheda di L. Miazzi (in “Diritto, Immigrazione e Cittadinanza”, 2000, n. 1);

·        Tribunale Amministrativo del Piemonte 10.11.1999 - annullamento del rigetto di domanda di permesso di soggiorno per motivi di giustizia presentata meno di 20 giorni prima del compimento della maggiore età.

  

 

 

Breve bibliografia sul tema dei minori stranieri non accompagnati ……………………..…………p. 175


 

I minori stranieri non accompagnati tra tutela in Italia e rimpatrio

 

di Walter Citti*

 

 

Non è per nulla agevole affrontare dal punto di vista normativo la delicata questione del trattamento dei minori stranieri non accompagnati. Nonostante l'entrata in vigore della legge n. 40/1998, definita al momento dell'approvazione  normativa "organica"  in materia di immigrazione, e l'emanazione del suo regolamento  di attuazione, la materia dei minori stranieri non accompagnati viene ad essere considerata in recenti studi sull'argomento "quasi intrattabile"[47]  a causa della  "coesistenza nell'ordinamento giuridico di molteplici disposizioni, disorganiche e in parte contrastanti tra loro, che danno luogo a enormi difficoltà di orientamento e, conseguentemente, a prassi giudiziarie  le più disparate"[48]. Non si esita a definirla un vero e proprio "guazzabuglio" normativo, dove gli operatori sociali e giudiziari si muovono "secondo prassi più o meno consolidate (perlopiù a livello locale ndr), dall'origine incerta e dalla perdurante legittimità quantomeno dubbia"[49], innanzitutto sotto il profilo costituzionale.[50]

 

La situazione prima della legge n. 40/1998.

La mancata regolamentazione giuridica della materia da parte della legge n. 39/1990 aveva costretto diverse realtà locali ad individuare forme di intervento ispirate ai principi generali del diritto minorile e a quelli della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, con l'intento di sottrarre all'autorità di polizia i poteri di determinazione in merito al trattamento dei minori stranieri non accompagnati per trasferirli  a quella giudiziaria, individuata alternativamente nel Tribunale per i Minorenni ovvero nel Giudice Tutelare.

Se andiamo brevemente ad esaminare il sistema generale delle norme in materia di protezione dei minori, ricavabile dalla costituzione, dalle fonti internazionali e relative leggi di ratifica ed esecuzione, così come  dalle norme del codice civile e dalla disciplina sull'adozione e l'affidamento (legge n.184/83 come modificata dalla legge n. 476/98), appare emergere  un quadro che  attribuirebbe esclusivamente all'Autorità Giudiziaria minorile la competenza sul trattamento del minore straniero non accompagnato in Italia e sulle soluzioni più opportune da adottare nei suoi confronti, nel senso del rimpatrio ovvero della sua permanenza in Italia. Come vedremo più avanti, tale convinzione appare oggi messa in discussione per effetto di  nuovi strumenti normativi, di dubbia legittimità costituzionale, che sembrerebbero trasferire tale competenza all'autorità amministrativa.

Innanzitutto vale la pena citare le fonti giuridiche interne in tema di protezione generale giuridica della condizione minorile, applicabili nei casi in cui i genitori siano impossibilitati ad esercitare la potestà e riguardanti l'apertura della tutela ad opera del giudice tutelare (art. 343 C.C.), anche deferendola al rappresentante dell'istituto di assistenza ove il minore venga ricoverato o assistito a cura della pubblica autorità (artt. 401, 402, 403 C.C.).[51] Molto importante è anche l'art. 371 C.C. che demanda al Giudice tutelare  il compito di stabilire il luogo in cui il minore sottoposto a tutela deve vivere e che, rispetto ai minori stranieri non accompagnati, è stato per analogia interpretato come attribuente all'autorità giudiziaria la valutazione dell'interesse o meno del minore a rimanere in Italia ovvero ad essere rimpatriato.[52] Una norma esplicitamente rivolta ad estendere anche al minore straniero le misure di protezione generalmente previste è stata il famoso art. 37 della legge n. 184/83, che ha dichiarato applicabile anche al minore straniero in stato di abbandono in Italia le misure contenute nel medesimo strumento normativo in materia di adozione, di affidamento familiare e di provvedimenti necessari in caso di urgenza.[53]

Prendendo spunto da questo complesso quadro normativo, così come dalle esperienze di collaborazione interistituzionale già promosse in diversi contesti locali e specialmente a Roma e a Torino,  nel corso del 1994 le autorità centrali del Ministero dell'Interno, di quello di Grazia e Giustizia e del  Lavoro decisero di avviare una serie di incontri e discussioni che condussero all'emanazione di provvedimenti amministrativi (circolari) volti a regolamentare in modo uniforme sul territorio nazionale la questione del trattamento dei minori stranieri non accompagnati. Si sancì la necessità per ogni minore straniero non accompagnato di avviare l' apertura di una  tutela da parte del Tribunale per i Minorenni (per i minori di anni 14) o del Giudice tutelare (per gli ultra quattordicenni), con conseguente affidamento all'Ente locale, in base ad una interpretazione "lata" dell'art. 37 della legge n. 184/83, secondo cui il giudice può emettere provvedimenti urgenti a favore del minore straniero in stato di abbandono. In base a tali circolari amministrative, all'autorità di polizia veniva sottratto ogni potere di determinazione circa la condizione ed il trattamento del minore straniero non accompagnato, demandando all'autorità giudiziaria minorile il delicato compito di individuare la soluzione più confacente agli interessi supremi del minore richiamati dalla Convenzione Internazionale sui diritti del fanciullo (art. 3) (accoglienza, integrazione o rimpatrio). Durante la tutela disposta dall'autorità giudiziaria, il minore godeva di un permesso di soggiorno per motivi di "affidamento" o  di "giustizia", il cui rilascio veniva ricondotto alla previsione di cui all'art. 4.14 della legge n. 39/90 ("Per gli stranieri ricoverati in case di cura e di pena, ovvero ospitati in comunità civili o religiose, il permesso di soggiorno può essere richiesto alla questura competente da chi presiede le case, gli istituti o le comunità sopraindicati, per delega degli stranieri medesimi"[54]).

Al fine di  rendere maggiormente  effettiva la protezione sociale del minore non accompagnato sottoposto a tutela, venne concordata la possibilità di un suo accesso all'impiego, in via del tutto eccezionale, previo rilascio al datore di lavoro di un apposito atto di avviamento a prescindere dall'iscrizione del minore  alle liste di collocamento (circ. Min. Lavoro n. 67 dd. 16.06.1994).

Venendo incontro a ragioni di carattere umanitario facilmente comprensibili, con una successiva circolare amministrativa (circ. Ministero del Lavoro dd. 19.09.1995) si  consentì la possibilità per il minore straniero non accompagnato e sottoposto a tutela, una volta raggiunta la maggiore età, di rimanere in Italia, usufruendo dell'iscrizione alle liste di collocamento, alla pari degli altri cittadini stranieri regolarmente soggiornanti in Italia per motivi  di lavoro, anziché essere sottoposto al provvedimento espulsivo.[55]

 

 

Le disposizioni contenute nella legge n. 40/1998. Una riforma mancata in materia di minori non accompagnati.

Sebbene le autorità di P.S. a livello locale applicassero spesso i provvedimenti amministrativi citati in maniera discrezionale e disomogenea, si può affermare in linea generale che erano state poste le basi nel trattamento dei minori stranieri non accompagnati per un superamento della logica delle espulsioni a favore di una logica alternativa di accoglienza ed integrazione.

Con l'entrata in vigore della legge n. 40/1998, sembrò trovare ulteriore conferma questo orientamento favorevole all'integrazione.

Sebbene la questione non appaia molto definita dalla normativa in questione, importanti disposizioni vi sono peraltro contenute. Così, l'art. 19.2 a) del d.lgs. 286/98 dispone l'inespellibilità del minore straniero non accompagnato, tranne per i motivi di sicurezza nazionale e ordine pubblico, per i quali, in base all'art. 31.4, deve disporre il Tribunale per i minorenni su richiesta del questore. Per quanto concerne la condizione dei minori stranieri non accompagnati sottoposti a tutela ("comunque affidati ai sensi dell'art. 2 della legge n. 184/83" ad una famiglia, ad una persona singola, ad una comunità di tipo familiare o ad un istituto), una volta raggiunta la maggiore età, l'art. 32 stabilisce la possibilità del rilascio a loro  favore di un permesso di soggiorno per motivi di studio o di accesso al lavoro, a prescindere dal sistema delle  quote annuali introdotto dal meccanismo della programmazione dei flussi.[56]

 

Il decreto legislativo n. 133/1999. Dall'accoglienza al rimpatrio assistito. Tutela dei diritti del minore o "espulsione camuffata" ?

Il fatto, tuttavia, che non si sia voluto prevedere con la nuova legge sull'immigrazione una griglia normativa precisa ed organica della materia, ha favorito ben presto un cambio di rotta a livello governativo, improntato più che su solide basi giuridiche, su un elevato esercizio di discrezionalità amministrativa, e giustificato da considerazioni di opportunità politica nonché da asserite inconciliabilità della situazione italiana con gli standard europei.

L'aumento  del numero dei minori stranieri non accompagnati affidati e accolti presso istituti e centri di accoglienza dei comuni, cui spetta tale compito anche in base a quanto chiarito da un parere del Consiglio di Stato (30 luglio 1997), ha accresciuto le difficoltà di gestione da parte degli Amministratori locali. A ciò si sono aggiunte le preoccupazioni da parte governativa di alimentare con una politica di accoglienza  flussi migratori clandestini e soprattutto di favorire indirettamente le organizzazioni criminali che li gestiscono, così come di non ottemperare ai criteri - peraltro non vincolanti giuridicamente- contenuti nella Risoluzione del Consiglio dell'Unione Europea del 26 giugno 1997 sui minori non accompagnati, cittadini di paesi terzi 11.

Utilizzando la delega contenuta nell'art. 47 c. 2 della legge n. 40/98, che demandava al Governo stesso di adottare, entro due anni, le disposizioni correttive necessarie "per realizzare pienamente i principi della legge o per assicurarne la migliore attuazione", con  il d. lgs. 13 aprile 1999 n. 113, ed in particolare con l'art. 5, sono state introdotte delle disposizioni correttive al Testo Unico sull'immigrazione riferite ai poteri e alle funzioni del Comitato per i minori stranieri di cui all'art. 33 del  d.lgs. n. 286/98. Tale comitato  era sorto già ai tempi della "legge Martelli" con lo scopo di vigilare e regolare le modalità di ingresso e di soggiorno temporaneo in Italia dei minori stranieri nell'ambito di programmi solidaristici di accoglienza temporanea proposti da enti, associazioni di volontariato, enti locali (ad es. i soggiorni estivi dei bambini ucraini e bielorussi colpiti dalle radiazioni di Chernobyl, etc.). Accanto a queste funzioni tradizionali,  già con l'art. 33 del T.U. si era fatto cenno, in verità assai sfuggevole, ad ulteriori e non precisati compiti concernenti la tutela dei diritti dei minori stranieri in conformità alla Convenzione sui diritti del fanciullo del 1989, in relazione anche all'affidamento temporaneo e al rimpatrio dei medesimi. Con l'art. 5 del d.lgs. 113/99 si fa esplicito rimando ad un regolamento, successivamente emanato con il d.p.c.m. 09.12.1999 n. 53512, volto  a definire i compiti del comitato anche con riferimento alle modalità di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati da parte dei servizi sociali degli enti locali, e alle soluzioni praticabili nei loro confronti, di accoglienza, di rimpatrio assistito, di ricongiungimento con la famiglia nel paese di origine o in un  paese terzo (c. 1b)). In particolare, il decreto legislativo prevede che il provvedimento di rimpatrio del minore straniero non accompagnato  venga adottato dal Comitato e che l'autorità giudiziaria rilasci il nulla-osta in caso di pendenza di un procedimento giudiziario, fatta salva la sussistenza di inderogabili esigenze processuali (c.2).

In sostanza, con il decreto legislativo n. 113/99 il governo ha voluto indicare che l'inespellibilità del minore straniero non accompagnato, che discende dall'art.19 c. 2 a) del T.U., non esclude di per sé l'ipotesi del rimpatrio del medesimo, istituto che va distinto da quello dell'espulsione qualora, realizzandosi mediante le garanzie sostanziali e procedurali contenute nella risoluzione europea accennata, assuma un carattere non meramente coatto, bensì "assistito". 13

Chiarito che, nell'impostazione governativa, la non-espellibilità del minore straniero non accompagnato non esclude  l'eventualità/opzione del suo rimpatrio "assistito", sembrano tuttavia lungi dall'apparire privi di lacune, incertezze, contraddizioni e dubbi di legittimità costituzionale decisivi aspetti del complesso normativo venuto a compimento con il varo del citato regolamento previsto dal d.lgs. 113/99, concernente i compiti del Comitato per i minori stranieri. Molteplici rilievi, in particolare, è necessario muovere sui seguenti punti:

a)     L'incerta definizione di minore non accompagnato e l'altrettanto precaria condizione di tutela giuridica del minore straniero affidato di fatto a parenti entro il quarto grado anche a causa del difetto di coordinamento  tra le disposizioni della legge n. 40/98 e quelle ordinarie di cui alla legge n. 184/83.

b)     Le scarse garanzie di effettività nell'applicazione delle specifiche disposizioni di tutela del minore straniero  non accompagnato contenute nell'art. 33 c. 5 della legge n. 476/9814 rispetto alle norme della legge sull'immigrazione relative all'istituto del respingimento con accompagnamento alla frontiera.

c)     La distribuzione ed il coordinamento delle competenze e delle responsabilità  decisionali riguardo alla soluzione da adottare per il minore non accompagnato, tra autorità giudiziaria minorile, questura, servizi sociali degli enti locali, volontariato, comitato per i minori stranieri.

d)     Il quadro delle garanzie previste per il minore affinché il rimpatrio assistito costituisca effettivamente la soluzione più vicina ai suoi interessi superiori;

e)     Il quadro dei diritti e delle facoltà connesse all'accoglienza e al soggiorno del minore non accompagnato in Italia nel corso  della tutela.

__.__.__

 

f)     Nel regolamento  concernente i compiti del comitato per i minori stranieri viene contenuta una definizione di "minore straniero non accompagnato" che ricalca sostanzialmente quella contenuta nella risoluzione europea, intendendo per esso "quel minorenne non avente la cittadinanza italiana o di uno degli Stati dell'Unione Europea che, non avendo presentato domanda di asilo politico, si trova per qualsiasi causa, nel territorio dello Stato privo di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti responsabili in base alle leggi vigenti nell'ordinamento italiano".15 Tale definizione non risolve la delicata, e peraltro assai frequente nella casistica, questione del trattamento dei minori stranieri affidati di fatto dai genitori rimasti nel paese di origine a parenti entro il quarto grado residenti regolarmente in Italia. In base all'art. 19 del d.lgs. n. 286/98 sull'inespellibilità del minore (salvo il diritto a seguire il genitore o l'affidatario espulso) e alla conseguente norma di attuazione contenuta nel regolamento di attuazione (art. 28 d.p.r. 31.08.1999 n. 394: "Quando la legge dispone il divieto di espulsione, il questore rilascia il permesso di soggiorno…per minore età", salvo l'iscrizione del minore di anni quattordici nel permesso di soggiorno del genitore o dell'affidatario straniero regolarmente soggiornanti in Italia) non vi sono dubbi sul diritto del minore ad ottenere una regolarizzazione della propria presenza in Italia. I problemi che si pongono sono di duplice natura:  vi sono i presupposti per l'intervento da parte di un'autorità giudiziaria minorile e quale deve essere tale autorità ? Qual' è lo status del minore al momento del raggiungimento della maggiore età ?.

La norma citata del regolamento applicativo richiede la segnalazione  di ogni minore non accompagnato al Tribunale per i minorenni "per i provvedimenti di competenza", ma tale competenza nei casi di minori stranieri affidati di fatto a parenti entro il quarto grado in Italia appare perlomeno dubbia. Il Tribunale per i minorenni infatti ha la funzione di controllo dell'esercizio della potestà genitoriale e ha come scopo la tutela dei minorenni nei confronti delle condotte eventualmente pregiudizievoli dei genitori, con conseguente, nel caso, esercizio del potere di limitazione o esclusione della potestà (art. 330-333 C.C.). Nella maggior parte dei casi l'affido di fatto ai parenti in Italia avviene con il pieno consenso dei genitori, espresso con atti notarili redatti nei paesi di origine e raccolti dai servizi sociali o dall'autorità giudiziaria italiana, così come i parenti di fatto affidatari vivono regolarmente in Italia  soddisfando requisiti alloggiativi e reddituali per il mantenimento del minore, per cui a molti giudici non appare sostenibile la tesi di una condotta pregiudizievole che sola può giustificare l'intervento del T.M. Ugualmente, argomentando a contraris ex art. 9 VI° comma l. 184/83 ("Chiunque, non essendo parente entro il quarto grado, accoglie stabilmente nella propria abitazione un minore, qualora l'accoglienza si protragga per un periodo superiore a sei mesi, deve,  trascorso tale periodo, darne segnalazione al giudice tutelare, che trasmette gli atti al Tribunale per i minorenni con relazione informativa…Nello stesso termine di cui al comma precedente uguale segnalazione deve essere effettuata dal genitore che affidi stabilmente a chi non sia parente entro il quarto grado il figlio minore per un periodo non inferiore a sei mesi") la giurisprudenza ha sostenuto di non ravvisare in questi casi la competenza né dell'autorità amministrativa del Servizio sociale per l'eventuale disposizione  formale dell'affidamento consensuale, né del Tribunale per i minorenni per quello giudiziale.16 Resta il fatto che in assenza di un provvedimento formale di affidamento ex art. 2 e 4 della legge n. 184/83,  in base ad un'interpretazione letterale, non potrebbero essere applicate le disposizioni di cui agli artt. 30 e 31 del D.lgs.vo n. 286/98 che richiamano proprio alle norme sull'adozione e l'affidamento, per cui il minore infraquattordicenne non potrebbe essere iscritto sul permesso di soggiorno del parente affidatario  di fatto e seguirne la condizione giuridica, né ottenere al compimento del quattordicesimo anno di età un permesso di soggiorno autonomo per motivi familiari (che rientra nel novero di quelli multifunzionali che conferiscono l'accesso all'attività lavorativa ex art. 6 c. 1 del TU)17. Tanto meno potrebbe richiedere la conversione del permesso di soggiorno in quello per motivi di lavoro al compimento della maggiore età. Resterebbe il suo diritto a godere di un permesso di soggiorno provvisorio per "minore età" - i cui diritti e facoltà esercitabili resterebbero del tutto imprecisati -  in quanto inespellibile fino alla maggiore età, dal cui compimento ne conseguirebbe l'automatica espulsione18. Assisteremmo dunque alla paradossale situazione per cui proprio coloro che sono maggiormente tutelati dal punto di vista familiare, socio-economico, affettivo si troverebbero ad essere meno tutelati dal punto di vista giuridico. Da tale assurda situazione si può uscire soltanto con un'interpretazione estensiva  della norma della legge n. 40/98, volta a consentire l'applicazione di quanto in essa previsto anche senza che vi sia un provvedimento formale ex art. 2 o 4 della l. 184, estendendo  il concetto di minore affidato anche nei casi di minori affidati de facto con semplice atto notarile della famiglia. Ma di tutto ciò non vi è traccia nel regolamento di attuazione del d.lgs. n. 113/99 varato con il citato d.p.c.m. n. 535/99, né apparirebbe legittimo sotto il profilo costituzionale e del principio di gerarchia delle fonti modificare nella sostanza norme di legge mediante fonti di natura secondaria.

 

g)     L'art. 10 del T.U. prevede il respingimento con accompagnamento alla frontiera disposto dal questore nei confronti  degli stranieri che siano entrati nel territorio dello Stato illegalmente, e siano fermati all'ingresso o subito dopo e di quelli che sono stati temporaneamente ammessi per necessità di pubblico soccorso. L'eventuale applicazione di tali disposizioni al minore contrasterebbe con  quanto previsto dall'art. 33 comma 5 della legge n. 476/98, che configura un sistema di tutela per il minore "solo"  con obbligo di segnalazione al Tribunale per i minorenni in tutti i casi in cui "sia comunque avvenuto l'ingresso di un minore nel territorio dello Stato al di fuori delle situazioni consentite". Anche in relazione a tale aspetto, dunque, si ravvede l'opportunità di un intervento legislativo  finalizzato a mettere ordine nella materia del trattamento dei minori stranieri non accompagnati.19

 

c)   I commenti critici che da più parti si sono levati nei confronti del d.lgs. n. 113/99 hanno evidenziato forti perplessità di illegittimità costituzionale per violazione dei principi di riserva di legge e di riserva di giurisdizione. Il rinvio ad un successivo atto del governo per regolamentare le modalità di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati ai fini dell'accoglienza, del rimpatrio assistito e del ricongiungimento familiare con il paese di origine o in un altro paese ha equivalso in sostanza alla possibilità per l'esecutivo di riscrivere la disciplina della condizione giuridica del minore straniero solo, il che è andato ben al di là della delega contenuta nella legge sull'immigrazione, così come contrasta con il principio di riserva di legge nella regolamentazione della  condizione giuridica dello straniero di cui all'art. 10 c. 2 della Costituzione. 20 Ugualmente non si può non ravvisare le difficoltà di coordinamento tra la norma del decreto che attribuisce al Comitato per i minori stranieri la responsabilità della decisione in materia di  "rimpatrio assistito" del minore21 e quella dell'art. 28 del d.p.r. 31.08.1999,  n. 394 che, in attuazione dell'art. 19 .2 a) del T.U. , attribuisce al Tribunale per i Minorenni la competenza per l'emanazione dei provvedimenti concernenti il minore straniero non accompagnato. Si potrebbe  supporre che l'esecutivo abbia voluto da un lato coinvolgere l'autorità giudiziaria minorile per quanto concerne l'apertura della tutela del minore individuato sul territorio nazionale privo di accompagnamento di una persona adulta di riferimento (in base all'art. 2 della legge n.  184/1983), facendo salva tuttavia la competenza del Comitato per i minori stranieri per l'assunzione della decisione in merito al  "rimpatrio assistito", quale soluzione eventualmente più rispondente all'interesse del minore, in base ai principi contenuti nella Convenzione di New York sull'esigenza di garantire l'unità familiare e il rispetto dei valori culturali.

Nel regolamento di attuazione del D.lgs. n. 113/99  si prevede infatti che i pubblici ufficiali, gli incaricati di pubblico servizio e gli enti, che vengano a conoscenza dell'ingresso e della presenza sul territorio italiano di un minore straniero non accompagnato, siano tenuti a darne immediata notizia al Comitato (art. 5), così come a cooperare con le amministrazione statuali cui è affidato il rimpatrio assistito (art. 7.3). L'attribuzione ad un organo amministrativo della competenza a disporre il rimpatrio, sottraendola all'autorità giudiziaria minorile, non sembra  peraltro in linea con la giurisprudenza costituzionale, che ha annoverato il Tribunale per i  minorenni tra gli istituti che la Repubblica ha predisposto in base all'art. 31 della Cost., per l'adempimento del precetto costituzionale che la impegna alla "protezione della gioventù"22. E' lecito ritenere  che, una volta adottata dal Comitato la decisione del "rimpatrio assistito" del minore, l'autorità giudiziaria minorile non possa far altro che adeguarvisi,  revocando la tutela precedentemente aperta, in base a quanto previsto dall'art. 4 della legge n. 184/1983 e dall'art. 336 C.C.?23 Ugualmente, appare sconcertante che nel decreto e nel regolamento sul Comitato non si faccia parola dei rimedi di tutela amministrativa e giurisdizionali contro il provvedimento di rimpatrio, anche se è evidente che questi possono essere esercitati.  24

 

d)  Vale la pena innanzitutto ricordare che, sebbene la risoluzione europea citata non assuma un atteggiamento favorevole all'integrazione dei minori stranieri non accompagnati, prediligendo la soluzione del rimpatrio ("la presenza irregolare nel territorio degli Stati membri di minori non accompagnati che non sono considerati rifugiati deve avere carattere provvisorio, per cui gli Stati membri si sforzano di collaborare tra di loro e con i paesi terzi di origine per ricondurre il minore nel suo paese di origine..."), ugualmente essa stabilisce opportuni paletti, limitazioni  e garanzie volte a proteggere il minore dal rischio di un rimpatrio indiscriminato, prevedendo che il rimpatrio possa avere luogo solo "se vi siano disponibili per lui, al suo arrivo, un'accoglienza ed un'assistenza adeguate, a seconda delle sue esigenze in base all'età e al grado di indipendenza", mentre finché tali condizioni non si saranno verificate, "gli Stati membri dovrebbero, in linea di massima, offrire al minore la possibilità di restare nel loro territorio". Ugualmente trova conferma nella risoluzione l'esigenza di un pieno rispetto dei principi generali di "non refoulement" e della tutela dei minori rifugiati, che discendono rispettivamente dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo  e dalla Convenzione di Ginevra del 1951.

Affinché il rimpatrio sia effettivamente "assistito" e non meramente coatto secondo i criteri europei occorre dunque attivare una complessa azione di identificazione del minore, di "tracing" dei familiari e di indagine sulle opportunità assistenziali, formative e lavorative offerte nel paese di origine, e quindi di accoglienza e reinserimento nel medesimo,  che veda il coinvolgimento di organismi internazionali (Croce Rossa, Unicef, Unhcr, servizi sociali del paese di origine, ONG,…). Si può realisticamente ritenere che tali compiti, spesso peraltro obiettivamente difficili da realizzare per le condizioni di povertà ed isolamento dei luoghi di origine dei minori, possano essere svolti soltanto dai servizi sociali degli enti locali cui i minori sono affidati o  anche solo dal comitato costituto presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, composto da nove rappresentanti e che si avvale di un personale di segreteria e supporto molto ristretto come quello assegnatogli dal Dipartimento affari sociali ?25 E' vero che nel regolamento si prevede la possibilità  del comitato di avvalersi della collaborazione di esperti e di idonei organismi nazionali ed internazionali anche mediante la stipula di apposite convenzioni (art. 2.2 f) e che  una convenzione di tale  genere, ancor prima dell'entrata in vigore del regolamento, è stata già stipulata nell'aprile '99 tra il Dipartimento affari sociali della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Servizio Sociale internazionale -Sezione Italiana, in accordo con il Ministero del Lavoro e degli Affari sociali albanese, "in supporto alle iniziative connesse al rimpatrio assistito dei minori albanesi non accompagnati presenti irregolarmente in Italia". Resta, tuttavia, ancora da verificare la possibilità di estendere tale approccio ad altri paesi di provenienza dei minori, così come la stessa effettività delle misure intraprese in base alla convenzione sui minori albanesi, rispetto agli ambizioni obiettivi prefissi, che comprendono tra l'altro "la presa in consegna del minore all'arrivo e il riaccompagnamento in famiglia o altra struttura e l'inserimento del minore in Albania in corsi professionali o apprendistato al lavoro sostenuto da una borsa lavoro", soprattutto alla luce della debolezza delle strutture educative e formative statuali in Albania e delle precarietà delle condizioni sociali e lavorative ivi esistenti.26

Nel regolamento viene previsto il coinvolgimento del minore nel procedimento che dovrebbe condurre il comitato ad assumere la decisione sull'eventuale "rimpatrio assistito", prevedendo che esso "sia previamente  sentito, anche dagli enti interessati all'accoglienza".27 E' facile supporre, tuttavia, che nella maggior parte dei casi la decisione del rimpatrio assistito venga ad essere attuata dai pubblici poteri contro la volontà del minore e senza la sua collaborazione e, dunque con un accompagnamento di tipo coercitivo. In tal modo, il rimpatrio acquisisce la natura di un provvedimento limitativo della libertà personale del minore, sollevando ulteriori profili di illegittimità costituzionale per violazione dell'art. 13 Cost., nel caso in cui, come sembrerebbe, venisse adottato da un organo amministrativo, quale il Comitato per i minori stranieri, e non dall'autorità giudiziaria.28

 

e) Avendo in considerazione la complessità e la mole di lavoro e di contatti richiesti per accertare le condizioni per un eventuale "rimpatrio assistito", è presumibile che la permanenza del minore  in Italia si prolunghi per periodi di tempo anche lunghi, così come l'obiettiva impossibilità in molti casi di reperire sufficienti ed attendibili informazioni  sulle possibilità di accoglienza, assistenza e reinserimento  nel paese di origine (si pensi a minori provenienti da paesi lontani, geograficamente e culturalmente, come il Bangladesh, lo Sri Lanka,..) possono realisticamente rendere più praticabile e confacente al superiore interesse del minore la soluzione della sua integrazione, in attesa del raggiungimento della maggiore età, piuttosto che quella del rimpatrio. Diviene dunque decisiva la questione dei diritti e delle facoltà esercitabili dal minore sottoposto a tutela, al fine di evitare situazioni di mero "parcheggio" nelle strutture di accoglienza, fonte eventuale di ulteriore isolamento ed emarginazione.29 Ugualmente, vanno definite le caratteristiche connesse al permesso di soggiorno del minore sottoposto a tutela. Se il Testo unico ha sciolto ogni dubbio in merito all'accesso all'assistenza sanitaria (includendo il permesso di soggiorno per affidamento tra quelli che consentono l'iscrizione  obbligatoria al SSN in condizione di parità con il cittadino italiano: art. 34) e all'istruzione, margini di ambiguità permangono per quanto concerne l'accesso all'attività lavorativa degli ultraquattordicenni. L'esclusione da tale facoltà di coloro che godano di un affidamento temporaneo alle strutture di accoglienza dell'ente locale o del volontariato  non potrebbe ritenersi legittima per l'evidente ed ingiustificata disparità di trattamento che si creerebbe rispetto a quelli affidati ad un adulto straniero in possesso di permesso o di carta di soggiorno, per i quali l'art. 31 c. 2 prevede il rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari, valido dunque anche per l'esercizio dell'attività lavorativa in base al principio di multifunzionalità. Per tale ragione, appare certamente illegittimo, perché contrastante con la norma primaria che dovrebbe attuare, il regolamento delle attività del Comitato che non contempla  alcuna disposizione per l'accesso all'attività lavorativa dei minori stranieri non accompagnati accolti, citando soltanto i diritti relativi al "soggiorno temporaneo, alle cure sanitarie, all'avviamento scolastico e alle altre provvidenze disposte dalla legislazione vigente" (art. 6.1), mentre la durata del permesso di soggiorno del minore viene ridotta a  novanta giorni, estensibili fino ad un massimo di 150 giorni su  decisione del comitato (art. 9) . La mancata previsione di ulteriori possibilità di proroga rende di difficile interpretazione il significato di detto articolo, che potrebbe certo adattarsi alle esigenze di minori  arrivati in Italia per soggiorni temporanei nell'ambito di iniziative di solidarietà promosse da enti locali ed associazioni di volontariato, ma non certo  a quelle dei minori non accompagnati giunti in Italia irregolarmente, per i quali  la permanenza potrebbe rendersi necessaria per più lunghi periodi di tempo, per le difficoltà ad organizzare un rimpatrio "assistito" ovvero perché l'integrazione in Italia potrebbe comunque  risultare la soluzione più conforme agli interessi superiori del minore medesimo.

 

            Da questa disamina appare chiaramente l'orientamento del governo italiano di privilegiare la soluzione del rimpatrio assistito rispetto a quella dell'integrazione. Tale orientamento viene  giustificato   con l'obiettivo proclamato di contrastare l'immigrazione irregolare e le organizzazioni che la sfruttano, di salvaguardare il principio della programmazione dei flussi di ingresso e di rispettare il criterio preferenziale accordato alla riunificazione familiare dagli strumenti normativi internazionali di tutela dei minori.30 Non è priva di fondamento l'obiezione sollevata dagli organismi umanitari e di volontariato, secondo cui   tale politica potrebbe determinare effetti esattamente opposti. I minori, percependo la concreta eventualità del rimpatrio, e spaventati da essa, potrebbero  non avere interesse a emergere dalla clandestinità e a sottrarsi alle condizioni di sfruttamento cui spesso sono soggetti (accattonaggio, lavoro minorile, prostituzione, situazioni che posso determinare in molti casi la fattispecie della vera e propria "riduzione in schiavitù"), così come anche il rapporto con i servizi sociali e le comunità di accoglienza verrebbe falsato e reso problematico dall'obbligo di cooperazione di queste ultime con il comitato e le autorità di polizia ai fini dell'eventuale assunzione della decisione del rimpatrio.31

Anche sul piano del merito, dunque, è lecito sollevare dubbi sull'effettiva capacità di una politica di rimpatrio dei minori non accompagnati a corrispondere tanto agli interessi superiori dei medesimi, quanto alle esigenze di sicurezza della collettività nazionale.

 

 


Interventi di G. De Marco (Tribunale per i minorenni di Torino), G. Calcagno (Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Torino) e A. Tetto (Questura di Torino)

al seminario “Minori stranieri irregolari: quale tutela?”

Torino, 15 ottobre 1999*

 

 

G. De Marco: Inizio dall’osservazione di Pastore che i minori passano da un ufficio all’altro. Questo è vero, e deriva dalla scarsa chiarezza, e dalla mancanza di una definizione esaustiva del concetto di minore non accompagnato. Prima abbiamo ritenuto che il minore non accompagnato potesse essere, come diceva la Risoluzione dell’UE, solo quello che non aveva genitori o tutori; poi ci è sembrato  che minore non accompagnato fosse  anche quello che aveva dei parenti entro il quarto grado in Italia; poi c’è stata un’ulteriore specificazione per cui anche se ha parenti in Italia è comunque un minore non accompagnato ...

Questa incertezza, che si è trasfusa nel Tribunale, ha portato per lungo tempo alla paralisi giudiziaria nel senso che non volevamo creare delle ingiustizie accogliendo certe istanze o respingendone altre. Abbiamo tenuto queste istanze ferme per molto tempo, poi di fronte alla processione che abbiamo avuto quest’estate di persone che volevano andare in vacanza nei loro paesi d’origine e non sapevano se sarebbero potuti tornare legittimamente, abbiamo deciso di iniziare a dare la risposta che a noi sembra, allo stato della legge, quella più coerente. E quale è stata questa risposta?

Noi abbiamo delle domande di affidamento proposte da parenti entro il quarto grado, regolari, che convivono con minorenni clandestini ... e sono centinaia; poi abbiamo una serie di minori segnalati dalle scuole o dalla dott.ssa Marzin, dei quali si dice che vivono con parenti. Nel primo caso il fascicolo è stato legittimamente aperto sulla domanda di affidamento del parente: in base alla legge il parente entro il quarto grado può chiedere al Tribunale per i minorenni provvedimenti a tutela di un minore. Nel secondo caso, è il Pubblico Ministero che ha assunto l’iniziativa per l’apertura di un procedimento, in cui ha detto al Tribunale: “Verifica come sta questo minore, e poi mandami gli atti per il parere”. In entrambi i casi, sia quando l’istanza è partita dai parenti, sia quando l’iniziativa è partita dal PM, noi abbiamo chiesto informazioni alla dott.ssa Marzin per tutti i minorenni i cui parenti vivevano a Torino, a tutti i servizi del Piemonte per i minorenni che vivevano nel resto del Piemonte.

Facendo un’interpretazione analogica-estensiva della legge, abbiamo chiesto ai servizi di verificare che i parenti avessero gli stessi requisiti che devono avere i genitori per il ricongiungimento familiare perché si arrivava all’assurdo che il padre e la madre non poteva richiamare il figlio a Torino per ricongiungimento se non aveva un reddito di almeno £ 870.000, una casa che avesse dall’Ufficio del Comune l’abitabilità, e che non garantisse un minimo di qualità nelle funzioni genitoriali, e i parenti avrebbero potuto ottenere l’affidamento di minori entrati clandestinamente, per il sol fatto di presentare la domanda in Tribunale. Estendendo l’interpretazione della legge abbiamo chiesto di verificare se i parenti avevano questi tre requisiti. Accertato che i requisiti c’erano, acquisita la prova documentale che i genitori erano d’accordo, cioè le dichiarazioni davanti ai notai “Io voglio che mio figlio viva con mio fratello ... ”, abbiamo ritenuto che il minore non versasse in una situazione di pregiudizio e che quindi non dovessimo come Magistrati limitare la potestà genitoriale con provvedimenti autoritativi.

La legge prevede che nella parentela allargata, entro il quarto grado, posso lasciare mio figlio quanto tempo voglio, non c’è obbligo di segnalare all’Autorità Giudiziaria, né l’Autorità Giudiziaria ha diritto di interferire quando il bambino sta bene. Questa è la ragione per cui, su parere conforme del PM, abbiamo respinto le istanze di affidamento proposte dai parenti e abbiamo dichiarato non luogo a provvedere in relazione ai procedimenti iniziati su iniziativa del PM, quando le informazioni sono risultate positive.

Ci è stato riferito che è stata data una diversa interpretazione ai fini del permesso di soggiorno, fra le pronunce di non luogo a provvedere e le pronunce di rigetto della domanda di affidamento. Il Tribunale ha telefonato immediatamente in Questura, e abbiamo chiarito che il significato era lo stesso e dipendeva solo dal soggetto che aveva assunto l'iniziativa. Però, anche se il Tribunale insieme alla Procura e al Giudice Tutelare è una delle istituzioni che non ha ritenuto di riconfermare l’Intesa, un po’ per dei fatti oggettivi e un po’ perché c’era la legge 40 ... non avete idea di quante ore io e Graziana passiamo su questo problema degli stranieri, quanti problemi ci poniamo, come esaminiamo (come diceva il dott. Valeri) le situazioni caso per caso. Se minimamente ci si dice che in quella famiglia non sta bene, è difficile che lo rimpatriamo di punto in bianco; normalmente diciamo “Lo mettiamo in comunità, intanto il Servizio Sociale Internazionale e il servizio di zona valuteranno se c’è l’attuabilità concreta di un rimpatrio assistito". E la dott.ssa Marzin, che paga per tutti i provvedimenti che facciamo, vi potrà dire quanto costa.

Abbiamo disposto dei rimpatri assistiti, ma vorrei che leggeste per quali casi li abbiamo disposti. Eccezion fatta per i 22 albanesi che erano arrivati in un gruppo solo, che avevano occupato l’ospedale di Collegno, e ci avevano dato il segno di quali potevano essere le conseguenze di questa giurisprudenza di Torino (ti danno l’idea che possano arrivare altri 22 il giorno dopo ecc., e non credo che noi come Autorità Giudiziaria, come giurisdizione, come potere dello stato ma non potere amministrativo,  possiamo decidere la politica dei flussi migratori annullando quello che una legge dice e quello che il governo ha deciso), tutti i nostri provvedimenti sono emessi nei confronti di ragazzi che hanno una recidiva specifica nello spaccio di stupefacenti, quelli che alla Parini e alla Braccini non ci mettono mai piede, che non sono venuti qui né per lavorare né per integrarsi, che sono sfruttati, drogati, venduti e che devono tornare nel loro paese perché qui non c’è possibilità di aiutarli perché tutte le prove fatte (l’inserimento in comunità, l’affidamento al servizio sociale ministeriale, i tentativi della dott.ssa Marzin di metterli da padre Albano, ecc.) non hanno avuto risultato perché sono scappati. Allora, questi sono i rimpatri che facciamo, perché la situazione di pregiudizio in cui vivono risulta dai loro precedenti penali che abbiamo negli atti. Certo, forse dovremmo aiutare più questi che quelli che vanno alla Parini, umanamente. Però gli strumenti che abbiamo, nel momento in cui li rimpatriamo li abbiamo provati tutti: gli strumenti giudiziari, gli strumenti sociali ... e allora?

Abbiamo parlato con il sottosegretario del Marocco. Molto gentilmente, con gran disponibilità, di fronte alla nostra volontà di volere conoscere più a fondo questo paese, di andare a parlare con i referenti del posto, ci hanno invitato. E’ probabile che, se il CSM e il Ministero della Giustizia ci autorizzeranno andremo, ma non ho avuto la sensazione che questi ragazzi quando arrivano là li buttino proprio nel fiume. Certo trovano delle realtà diverse, ma ha ragione il dott. Valeri, non è che noi possiamo riparare a tutto né dobbiamo avere la presunzione di riparare a tutto ...

Il Tribunale non ha intenzione di fare una politica giudiziaria di respingimento o di espulsione: con il dott. Longo ieri abbiamo parlato di come possiamo tenere una famiglia di otto persone, con quello che costeranno, perché i bambini li manderemo tutti in comunità, solo prendendo lo spunto dal fatto che uno di questi bambini non sta tanto bene. Teniamo bambini in Italia magari solo perché sono stati ustionati, teniamo una famiglia perché il Regina Margherita ci segnala che i bambini hanno bisogno di qualche cura, teniamo ragazzine e le loro famiglie perché devono subire un intervento per corregger lo strabismo ... teniamo bambini e famiglie tutte le volte che la legge ce lo consente ... L’art.29 lo interpretiamo nella maniera più estensiva possibile .. teniamo le ragazze ultradiciottenni, quelle di cui non so chi diceva che ci sarebbe pericolo se tornassero in Albania, le teniamo arrampicandoci sugli specchi, chiediamo il permesso di soggiorno  in base all’art.30.

Leggendo in questo documento che“si sono incrinati i rapporti con la Magistratura minorile” dico che forse si sono incrinati perché prima facevamo un ruolo di supplenza che non ci spettava. Allora la legge non c’era, questi bambini non avevano nulla … ma sostituirci al governo, sostituirci alle decisioni che i rappresentanti di questo paese che noi abbiamo eletto assumono, io francamente non me la sento … anche se forse il potere lo abbiamo. Ma d’altro canto questo potere ancora ce lo riconoscono, perché il rimpatrio assistito non lo potranno disporre se il giudice minorile non darà il nulla-osta come organo che ha il compito istituzionale della tutela del minore.

Ultima cosa: in una telefonata con il dott. Longo l’altro giorno ci siamo detti: arriviamo all’assurdità che il minore non accompagnato magari viene rimpatriato dopo aver avuto un permesso temporaneo, mentre il minore che vive con parenti entro il quarto grado continua a vivere in questa situazione di limbo. Allora, abbiamo proprio oggi concordato una lettera in cui diciamo se non è possibile proporre al Comitato un’interpretazione estensiva del concetto di minore affidato. In base alla l.184 entro il quarto grado non c’è bisogno di affidamento formale; l’art.30 e gli altri artt che richiamano la l.184 citano l’art.2 e l’art.4 che riguardano l’affidamento consensuale e l’affidamento del Tribunale per i minorenni. Nel consensuale non potrebbero entrarci anche i minori affidati a parenti entro il quarto grado col consenso dei genitori?

Essendo magistrati cerchiamo sempre di rimanere nell’ambito della legge, di trovare quegli spazi che il legislatore o perché non ha voluto dire, o perché si è dimenticato di dire, o perché in fondo non aveva le idee chiare ci lascia per sanare delle situazioni … perché un ragazzino che vive qui con lo zio, col cugino, con la sorella, che è mantenuto da loro, che tiene una condotta di vita normalissima, secondo me potrebbe avere diritto di avere al permesso di soggiorno. Anche perché se passa questo regolamento di attuazione, col permesso di soggiorno  per minore età ... mi sembra più ampio “per minore età” che il caso del minore affidato di fatto a parente entro il quarto grado. Anche perché poi c’è il divieto di espulsione …

 

[...]

 

G. Calcagno: Io condivido naturalmente tutto quello che ha detto Giulia. Ha anche chiarito quanto tempo passiamo e passeremo su questi problemi per cercare delle soluzioni. Quello che non è ben chiaro, e che qualcuno non vuole accettare, è che la giurisdizione ha dei compiti che non sono quelli dell’amministrazione: non si può chiedere ad un Tribunale di fare delle cose che non entrano nella sua competenza, le nostre competenze sono stabilite per legge, noi giuriamo  fedeltà alla Costituzione, alla Repubblica, alle leggi dello Stato, comprese quelle che non ci piacciono … allora se continuiamo a girare sul fatto che ci sono delle leggi non chiare è semplicemente perché ci sono delle leggi che non ci piacciono, non perché non sono chiare, e allora si vogliono trovare a tutti i costi delle soluzioni, ma non potete chiedere alla Magistratura le soluzioni che sono contro la legge.

Allora parto dall’ultimo punto: abbiamo chiesto anche al Consolato del Marocco che ci dicesse ufficialmente che cosa sono per la legge marocchina questi consensi dei genitori al fatto che il figlio vada coi parenti … perché se per la legge marocchina questo consenso avesse avuto valore legale, noi Tribunale avremmo potuto riconoscere valore legale. Ma la risposta è stata no: nemmeno per la legge marocchina questi affidamenti sono affidamenti formali, dovrebbero essere fatti davanti all’autorità giudiziaria.

Volevo spiegare, perché non tutti sono giuristi, la ragione di questa che sembra un’enorme incongruenza del Tribunale che non fa affidamenti ai parenti entro il quarto grado: perché la giurisdizione minorile ha per scopo la tutela dei minorenni nei confronti delle condotte pregiudizievoli dei genitori, è l’organo che ha il potere di limitare, escludere la potestà genitoriale. Poi ha potere di intervento a tutela dei minorenni, ma essenzialmente ha la funzione di controllo dell’esercizio della potestà. A voi parrà paradossale perchè volete usare il Tribunale a fini amministrativi per ottenere il permesso di soggiorno, ma la verità è che se avessimo riscontrato situazioni di sofferenza dei ragazzini affidati a parenti entro il quarto grado li avremmo allontanati, li avremmo affidati al Comune, ecc., avrebbero avuto un affidamento secondo la legge italiana, e avrebbero potuto avere il permesso di soggiorno. Ma non si può fare la stessa cosa quando i genitori hanno correttamente esercitato la potestà perché hanno affidato il loro piccolino a dei parenti adeguati. Perché il Tribunale deve richiamare le norme di legge: visto l’art.330 o 333 che parla di condotta pregiudizievole del genitore verso il figlio, se il Tribunale riscontra una condotta pregiudizievole lo toglie quel bambino, non può richiamare un concetto del genere per lasciare quel bambino dove correttamente gli esercenti la potestà lo hanno messo. Questo da un punto di vista tecnico: penso che non solo noi, ma nessun magistrato si presterebbe a stravolgere le finalità della giurisdizione per consentire a questi ragazzini di avere il permesso di soggiorno. Ci danno lo stipendio per un’altra funzione, questo dev’essere ben chiaro. Anche se tutti gli sforzi sono sempre stati fatti per proteggere questi bambini finchè possiamo proteggerli.

Però vorrei che non fosse dimenticata una cosa, perché mi dispiace quando sento dire "un tempo abbiamo lavorato bene insieme, adesso non lavoriamo più bene insieme, per colpa dei magistrati". Si è dimenticato che l’Intesa aveva lo scopo di tutelare il minore irregolare durante la sua permanenza in Italia: durante, non era finalizzato a concedere un permesso di soggiorno  che potesse permettergli di rimanere da grande in Italia, tant’è che si diceva esplicitamente che rimanevano indipendenti i poteri della giurisdizione e i poteri amministrativi in caso di espulsione dei genitori o del genitore con cui il minore viveva, il Tribunale si impegnava a revocare il provvedimento in base al quale era stato concesso il permesso di soggiorno, per consentire al ragazzino di seguire i genitori, e all’autorità amministrativa di svolgere i suoi compiti tra cui quello dell’espulsione. Se poi le cose sono andate oltre, e non è la prima volta che esprimo questi concetti, …

Noi italiani, che abbiamo una Costituzione che riconosce dei diritti fondamentali a tutti i bambini, e abbiamo delle Convenzioni internazionali che noi abbiamo collaborato a  redigere, non possiamo tollerare che esistano qui a Torino dei bambini che non vanno a scuola, che non sono curati, ecc. solo perché qualche adulto ha deciso di portarli irregolarmente: finchè stanno qua noi li tuteliamo, e il permesso di soggiorno  era l’unica strada per ottenere l’assistenza sanitaria, l’iscrizione a scuola, ecc. Era questo il punto, perché se avessimo inventato un altro inghippo non avremmo percorso quella strada: era l’unica possibilità. Ma: assistenza e tutela temporanea, finchè sta qua. Poi per questa strada qualcuno è rimasto, ma benissimo, non è che noi fossimo contrari, ma il punto di partenza che legittimava l’Intesa era questo.

Poi è arrivata la legge e noi non è che non ci sono più intesi, ma siamo tutti in grado di dire a quali condizioni la legge permette la regolarizzazione, e ce lo siamo ripetuti tante volte: che siano in tutela, e non è poco se sono state fatte credo almeno 80 tutele cosiddette civili e quindi altrettanti ragazzi hanno ottenuto il permesso di soggiorno. Lo abbiamo anche detto, certo sono stati posti dei criteri perché la proposta di tutela fosse considerata adeguata, ma perché il compito  nostro e di tutti quanti è di tutelare il bambino davvero, non di fare degli atti formali.

Abbiamo parlato sì di affidamento, l’abbiamo anche scritto, peccato che debba trattarsi di un affidamento non a parente entro il quarto grado. Salvo che si dia quella interpretazione che ora ricordava la dott.ssa De Marco, ma che chiaramente è un’interpretazione estensiva della legge sul ricongiungimento familiare, che però ha una sua logica: posto che la legge italiana sull’adozione e l’affidamento riconosce la famiglia allargata, cioè entro il quarto grado; posto che nella l.40 c’è un altro spunto che riconosce la famiglia allargata: la norma che dice che non si possono espellere gli adulti che vivono con un parente entro il quarto grado. Allora la richiesta è: riconoscete in conformità alla legge sull’affidamento e l’adozione il concetto di famiglia allargata, perché in effetti quelli che rimangono in condizione più confusa sono proprio questi, che sono quelli che dal punto di vista dell’immigrazione, di tutti i problemi che possono sorgere, ecc. sono invece i più tranquilli, perché vivono in famiglia, il Tribunale o i servizi verificano che siano accuditi, c’è chi provvede a loro, non dovrebbero dare problemi, o se daranno dei problemi saranno gli stessi che ci danno i  ragazzi italiani.

Aggiungo che mentre c’è il timore di concedere un permesso di soggiorno  per minore età perché avrebbe l’effetto di far saltare tutti i contingentamenti, perché potrebbero arrivare tutti i ragazzi di 17 anni e mezzo, invece rispetto a questa situazione la limitazione è automatica, nasce dalla capacità delle famiglie di immigrati di assorbire i loro parenti: se hanno già quattro figli, magari ne accoglieranno un altro, un nipote, ma non accoglieranno quattro nipoti. Quindi c’è un’autolimitazione di questo fenomeno, che quindi non dovrebbe allarmare.

Il discorso della chiarezza: la mia impressione è che non si sia voluto essere chiari con i ragazzi, perché come ho detto c’è qualcosa in questa legge che non viene accettato. Allora si sarebbe voluto, e queste cose sono state dette apertamente, non me le sto inventando, si sarebbe voluto poter accogliere tutti, dare il permesso di soggiorno  a tutti, alle centinaia e centinaia di ragazzi che sono arrivati. Questo la legge non permetteva, allora chi non  era d’accordo con questi limiti posti dalla legge non si è sentito di dire al ragazzo “Guarda che tu dovrai tornare a casa tua anche se adesso stai facendo la scuola”.

La mancanza di chiarezza non è tutta della legge, la mancanza di chiarezza è anche nostra, vostra, degli operatori o di non so chi, perché quando una cosa non ci piace allora non la diciamo ... allora "aspettiamo il Tribunale, può darsi che il Tribunale accolga, è il Tribunale che non vuole". Ma queste cose ce le siamo dette nella primavera dell’anno scorso, subito dopo la pubblicazione della l.40, se loro ricordano io ho detto “Impugno l’Intesa come Procuratore perché non ha più senso". Io sono pronta a fare qualsiasi Intesa operativa che possa essere utile a dire “facciamo così, facciamo cosà”, ma le linee sono segnate dalla legge, non c’è bisogno di inventare grandi cose.

Se poi hanno ritenuto che invece questa disponibilità da parte nostra non ci fosse, pazienza …

[...]

 Un’altra cosa è questa: il Tribunale può provvedere nell’interesse del minore o se ravvisa una situazione di pregiudizio per il minore. L’unica motivazione che può reggere un provvedimento di rimpatrio non è tanto secondo me l’accordo italo-albanese, perché è un accordo a livello governativo, amministrativo: il Tribunale interviene nell’interesse del minore.

Allora perché rimpatriare bambini piccoli o ragazzi “cattivissimi”? Perché i piccoli se non hanno famiglia sono chiaramente in una situazione di pregiudizio, perchè piangono che vorrebbero tornare da papà a mamma; e quelli cattivissimi, perché quando escono dal carcere sono chiaramente in Italia in una situazione di pregiudizio. Ma gli adolescenti di 15-16-17 anni, gli albanesi proprio, che vanno a scuola, che sono assistiti, che vivono tranquilli … è difficile costruire una motivazione per ordinare il rimpatrio in base ad una legislazione, quella che riguarda il funzionamento della giurisdizione minorile, che non si preoccupava di queste cose.

Devo dire che noi avevamo fatto delle scelte, anche contestate, ma avevamo una nostra linea … è intervenuto il decreto legislativo dell’aprile 99 che indicava la competenza del Comitato …. A quel punto ci siamo dette: è vero che non è ancora attuativo, perché manca il regolamento, ma nel momento in cui il Parlamento sottrae o meglio indica un organo specifico, il Comitato, cui attribuisce i provvedimenti di rimpatrio, non può più farli il Tribunale se non nelle situazioni di pregiudizio.

 

G. De Marco: Comunque la dott.ssa Marzin dirà, sono venuti fuori tantissimi parenti che prima non c’erano, quando si è profilata l’idea che il Tribunale avrebbe potuto sanare la loro presenza in Italia se avessero avuto un parente.

 

A. Tetto: Come diceva prima la dott.ssa De Marco, il dott. Longo ha avuto nei giorni scorso un contatto con la dottoressa, proprio per queste nuove procedure adottate dal Tribunale dei minori. E di fatto anche noi all’inizio ci siamo trovati, nelle more dell’attuazione di queste nuove procedure, ad avere un momento di smarrimento. Io personalmente mi sto occupando di questi casi, in modo da poter adottare la soluzione migliore, che può anche essere quella, ne stiamo discutendo ora con il dott. Longo, per adottare una linea comune e riguardare casi in cui avevamo preso una soluzione in difformità con casi analoghi, e stiamo vedendo anche eventualmente di dare il permesso di soggiorno, quando come avete accertato ci sono gli estremi.

Naturalmente la Questura tende a chiarire che la disponibilità a tutelare il minore è certamente grande, ma la Questura non è la fabbrica del permesso di soggiorno, che è l’atteggiamento con cui noi veniamo in contatto allo sportello quando trattiamo di minori stranieri. Perché in effetti loro devono anche acquisire l’approccio corretto con i nostri operatori nel momento in cui devono attivarsi, per il tramite delle persone cui sono affidate, anche producendo dei documenti, per creare un rapporto di trasparenza da parte loro e di conoscibilità da parte nostra della loro situazione: essere affidati ad una famiglia significa anche farci conoscere dove abitano, con chi vivono, che trasformazioni ci sono nella loro permanenza in Italia.

Volevo fare una piccola distinzione che per noi è rilevante: naturalmente per i minori piccolissimi, i problemi sono minori perché c’è una situazione di tempo maggiore per creare degli interventi, chiedere verifiche e accertamenti; per dei quasi adulti, ragazzi che arrivano in Italia a 17 anni e mezzo, 17 anni e 11 mesi come è capitato, anche da parte nostra diventa difficile e imbarazzante rilasciare un permesso di soggiorno  che è solo un lascia-passare per una vita di regolarità.

Il caso che riferiva la dott.ssa De Marco dei 22 albanesi che sono stati rimpatriati, mi sono confrontata io direttamente perché ero andata io a fare quel controllo: questi ragazzi avevano tutti uno stesso canale che li aveva portati in Italia per seguire quel tipo di progetto di inserimento. Quindi per evitare anche delle strumentalizzazioni di progetti anche molto validi, che hanno funzionato, io penso che i provvedimenti di rimpatrio sia stato anche nella tutela degli stessi minori.

Un altro punto che va sottolineato è la riluttanza che molti percepiscono, e io non condivido, di questi minori ad essere rimpatriati: non è così, perchè molti minori esprimono proprio il desiderio di ricongiungersi con le proprie famiglie che per ragioni anche molto gravi e serie hanno acconsentito a farli venire in Italia, ma sentono il desiderio e la nostalgia di ricongiungersi con la famiglia di appartenenza.

C’è poi un altro aspetto, che attiene alla doppia natura del nostro lavoro, che non è solo di tipo amministrativo, ma è anche un’attività di controllo: nel momento in cui anche viene concesso il permesso di soggiorno, e dovesse essere concesso nella prospettiva rappresentata dal Tribunale dei minori ai minori affidati a parenti entro il quarto grado, comunque noi abbiamo delle possibilità di controllo e di verifica, perché noi veniamo a conoscenza giorno per giorno incidentalmente, per es. in caso di controlli ad un certo indirizzo, in cui viene rintracciato in modo casuale un minore in stato di abbandono, perché il parente è da 4 mesi in Marocco, è andato via non si sa dove … e allora scatta l’obbligo per noi di comunicarlo, sebbene originariamente ci fosse un adulto di riferimento, e penso anche nella tutela del minore.

Quindi dal mio punto di vista la visibilità e conoscenza del minore anche ai fini del rilascio del permesso di soggiorno  è auspicabile, ma una politica generalizzata rischia di incrementare queste persone, anche parenti entro il quarto grado (a volte, non dico sempre, assolutamente), che vogliano sfruttare il minore che diventa una fonte di reddito anche solo vendendo spugnette per non parlare poi dei “cattivissimi” che citava la dott.ssa Calcagno. Quindi da parte nostra resta comunque aperta una possibilità, non vogliamo essere restrittivi al massimo perché sicuramente non gioverebbe nemmeno alla tutela dei minori; ma nemmeno creare un discorso di allargamento totale che non ci consenta nemmeno una verifica o comunque un controllo delle obiettive situazioni di vita che sono soprattutto nell’interesse del minore.

 


 Sintesi degli interventi al seminario

“Minori stranieri non accompagnati e irregolari, tra accoglienza e rimpatrio”

Torino, 4 luglio 2000 *

 

 

1) La definizione di minori stranieri non accompagnati comprende non solo i minori completamente soli, ma anche quelli affidati di fatto a parenti entro il quarto grado (zii, cugini, fratelli…) che non siano tutori o affidatari in base a un provvedimento formale.

 

2) Il Comitato per i minori stranieri, non avendo articolazione territoriale, si avvale delle Prefetture come mezzo di trasmissione delle proprie comunicazioni e punto di raccolta delle segnalazioni.

 

3) La segnalazione del minore non accompagnato al Comitato può essere o finalizzata solo al censimento (ex art. 5 del regolamento del Comitato) o anche per chiedere il rimpatrio assistito del minore.

 

I minori non accompagnati vanno sempre segnalati ai fini del censimento.

La richiesta di rimpatrio assistito, invece, andrà fatta solo nei casi in cui si ritenga che il rimpatrio corrisponda al superiore interesse del minore.

 

La segnalazione deve essere fatta utilizzando l’apposita scheda e inviandola alla Prefettura, che provvederà all’invio al Comitato per i minori stranieri.

 

Se la segnalazione è finalizzata solo al censimento, si dovranno comunicare solo i dati sintetici richiesti dalla scheda.

Se invece la segnalazione è finalizzata anche alla richiesta di rimpatrio assistito, si dovranno comunicare tutte le informazioni in possesso (situazione psicologica, percorsi formativi o lavorativi seguiti dal minore o che gli sono stati proposti ecc.).

 

4) L’unico organo competente a disporre il rimpatrio assistito è il Comitato per i minori stranieri; non sono competenti, invece, né i Tribunali per i minorenni né i Giudici Tutelari.

 

5) Il minore in generale ha diritto a restare in Italia, dato che la legge stabilisce che è inespellibile.

Il minore viene rimpatriato solo se le persone che sono in contatto con il minore (dunque a livello locale) ritengono che il rimpatrio risponda al suo superiore interesse e quindi ne fanno richiesta al Comitato: dato il generale principio di decentramento dell’assistenza, infatti, la valutazione in primis deve essere fatta a livello locale e non a livello centrale da parte del Comitato per i minori stranieri.

 

6) La decisione tra rimpatrio e accoglienza è sempre caso per caso.

 

Tuttavia, il Comitato ha steso alcune linee-guida interne:

a) minori con gravi problemi sanitari, psichiatrici, di tossicodipendenza, di alcolismo: tendenzialmente è meglio che restino in Italia

 

b) bambini al di sotto dei 14 anni: se la famiglia esiste e non è del tutto inidonea, tendenzialmente devono essere rimpatriati; se la famiglia non esiste, il Tribunale per i minorenni apre la procedura di adottabilità;

 

c) ragazzi al di sopra dei 14 anni: per ora la linea è tendenzialmente che se il minore è inserito in un percorso di integrazione (in corso o progettato) non viene rimpatriato; viene rimpatriato quando è evidente che questo risponda al suo interesse, perchè chiede di tornare a casa o perchè dopo proposte formative, di lavoro ecc. si è visto che non gli interessa restare;

 

d) minori dell’area penale: in questi casi è molto complesso definire quale sia l’interesse del minore: se il minore resta in Italia vi è il rischio che non riesca ad “uscire dal giro” ed anzi si stabilizzi nel ruolo criminale; se viene rimpatriato vi è il rischio che il rimpatrio diventi un’espulsione mascherata e sia percepito come una punizione; il Presidente del Comitato esprime il suo disaccordo nei confronti dell’ipotesi di interpretazioni estensive del concetto di “ordine pubblico” che consentirebbe l’espulsione per motivi di ordine pubblico e sicurezza dello Stato dei minori con reati reiterati.

 

7) Nel caso di richiesta di rimpatrio al Comitato:

a) Il minore al di sotto dei 12 anni non deve essere sentito.

b) Il minore al di sopra dei 12 anni deve essere sentito in merito alla sua volontà di essere o no rimpatriato e di restare o no in Italia.

La volontà del minore deve risultare da una dichiarazione da lui sottoscritta o da un verbale da cui risulta che il minore è stato sentito.

 

Non è necessario che sia sentito un tutore del minore, nei casi più delicati è bene che sia recepito il suo parere.

 

8) Le indagini sulla situazione del minore in Italia vengono svolte dai servizi sociali e dalla polizia.

 

Le indagini sulla situazione del minore nel paese d’origine:

- per l’Albania: vengono svolte dal Servizio Sociale Internazionale;

- per gli altri paesi: per ora la richiesta viene rivolta all’Ambasciata o Consolato italiani; in seguito verranno stipulate convenzioni con ONG che svolgano funzioni analoghe al SSI.

 

9) Il provvedimento di rimpatrio è ricorribile al TAR.

 

10) In base a una comunicazione del Capo della Polizia al Presidente del Comitato per i minori stranieri, perché il minore possa ottenere il permesso di soggiorno per minore età la Questura deve avere la certezza che si tratti di un minore.

Di conseguenza:

a) i bambini più piccoli hanno diritto ad ottenere il permesso anche se non sono identificati con certezza;

b) invece i ragazzi per i quali può sussistere il dubbio che si tratti di minorenni possono ottenere il permesso solo se identificati con certezza.

 

11) Resta aperta la questione del permesso di soggiorno per i minori affidati di fatto a parenti entro il quarto grado, perchè il Testo Unico 286/98 non prevede esplicitamente che possano ottenere il permesso di soggiorno per motivi familiari (tale possibilità è prevista solo per i minori affidati con provvedimento formale ex art. 4 l. 184/83). Più in generale resta aperta la questione se debbano essere assunti provvedimenti di affidamento o tutela nei confronti di questi minori.

 

a) Il Presidente del Comitato per i minori stranieri sostiene che:

- i minori conviventi con parenti entro il quarto grado non possono essere equiparati ai minori affidati con provvedimento formale ex art. 4 l. 184/83, in quanto l’art. 9 l. 184/83 si limita a consentire che il minore abiti presso il parente entro il quarto grado senza che sia necessaria la segnalazione all’Autorità Giudiziaria, ma non attribuisce al parente gli stessi poteri dell’affidatario nominato in base a un provvedimento formale;

- è possibile per il Tribunale per i minorenni disporre un affidamento formale ex art. 4 l. 184/83 a parenti entro il quarto grado.

 

 

b) Il Tribunale per i minorenni di Torino sostiene che:

- i minori conviventi con parenti entro il quarto grado possano essere equiparati ai minori affidati con provvedimento formale ex art. 4 l. 184/83;

- non è possibile per il Tribunale per i minorenni disporre un affidamento formale a parenti entro il quarto grado, perché l’art. 9 l. 184/83 stabilisce che non è necessaria tale formalizzazione.

 

c) La Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Torino sostiene che:

- non è possibile per il Tribunale per i minorenni disporre un affidamento formale ex art. 4 l. 184/83 a parenti entro il quarto grado, perché si trovano in un ambiente familiare idoneo;

- però è necessario che si apra una tutela per questi minori, e forse se il parente viene nominato tutore il minore potrebbe ottenere il permesso per motivi familiari.

 

d) L’ipotesi dell’affidamento consensuale (cioè disposto dai servizi locali invece che dal Tribunale, in presenza del consenso del genitore o tutore) può essere presa in considerazione, ma bisogna risolvere il problema di chi e come deve manifestare il consenso.

Il consenso potrebbe essere dato dall’ente di assistenza che esercita le funzioni tutorie (ma c’è il problema che l’ente che dispone l’affidamento e l’ente che dà il consenso sarebbe lo stesso); oppure potrebbe essere dato dal genitore presso l’Ambasciata o Consolato italiani nel paese d’origine.

 

e) La Questura di Torino sostiene che ai minori affidati di fatto a parenti entro il quarto grado, senza provvedimento formale ex art. 4 l.184/83, può essere rilasciato solo il permesso di soggiorno per minore età.

 

12) Resta aperta la questione della possibilità di convertire il permesso di soggiorno per minore età in altro titolo di soggiorno al compimento dei 18 anni.

La Questura di Torino sostiene che attualmente questa possibilità è esclusa.

 

13) I provvedimenti di affidamento e tutela nei confronti del minore straniero non accompagnato sono sicuramente di competenza del Tribunale per i minorenni, servizi locali e Giudice Tutelare e non del Comitato per i minori stranieri.

 

 

 


 Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli Affari Sociali

Comitato per i minori stranieri

 

Minori stranieri non accompagnati - Linee Guida

(Deliberate nella riunione dell'11 gennaio 2001)

 

1) PREMESSA

L'articolo 33 comma 1, del D. L.vo 25 luglio 1998, n. 286, istituisce presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri il Comitato per i minori stranieri, col compito di "vigilare sulle modalità di soggiorno dei minori stranieri temporaneamente ammessi sul territorio dello Stato e di coordinare le attività delle amministrazioni interessate".

Il comma 2 del medesimo articolo, sostituito dall'articolo 5, D.L.vo 13 aprile 1999, n. 113, ribadisce che i compiti di detto Comitato debbono essere definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti i Ministri degli affari esteri, dell'interno e della giustizia, in conformità alle previsioni della Convenzione sui diritti del fanciullo, stipulata a New York il 20 novembre 1989; ed aggiunge che debbono essere regolati, tra l'altro (lettera (b), "le modalità di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati presenti nel territorio dello Stato …  e i compiti di impulso e di raccordo del Comitato… ai fini dell'accoglienza, del rimpatrio assistito e del ricongiungimento del minore con la sua famiglia nel Paese d'origine o in un Paese terzo".

Il comma 2 bis, aggiunto con la disposizione da ultimo citata, assegna al Comitato suddetto anche il compito di adottare formalmente il provvedimento di rimpatrio medesimo, salvo che l'autorità giudiziaria neghi il nulla osta per inderogabili esigenze processuali.

In conformità alle richiamate disposizioni, con DPCM 9 dicembre 1999, n. 535 è stato approvato il Regolamento concernente i compiti del Comitato.

Oltre ai predetti riferimenti normativi, è utile richiamare il Secondo Piano Nazionale di Azione e di Interventi per la Tutela dei Diritti e lo Sviluppo dei Soggetti in Età evolutiva 2000-2001 (D.P.R. 18 giugno 2000) nel quale è stato affrontato il problema dei minori stranieri non accompagnati. In essa il Governo ha posto l'accento sulla necessità che ai minori stranieri trovati in situazione irregolare nel territorio nazionale siano assicurate tempestivamente le necessarie cure e la protezione anche dai pericoli di sfruttamento, nonché una sistemazione adeguata in vista dell'adozione "dei necessari provvedimenti - innanzitutto il rimpatrio". Il Documento di Governo ha tenuto conto anche della Risoluzione del Consiglio dell'Unione Europea del 26 giugno 1997 sui minori non accompagnati.

Al fine di rendere esplicite le linee d'indirizzo adottate dal Comitato, con riferimento all'attuazione dei compiti ad esso assegnati, sembrano opportune alcune preliminari considerazioni.

 

 

2. PRECISAZIONE DEI COMPITI

2.1 Minori "ACCOLTI"

Il comma 1 dell'articolo 33, T.U. n. 286/1998 è rimasto immutato, anche dopo gli ulteriori interventi legislativi, ed è tuttora vigente. Il compito del Comitato, disciplinato da tale norma, consiste essenzialmente nel "vigilare sulle modalità di soggiorno dei minori stranieri temporaneamente ammessi sul territorio dello Stato".

L'espressione "temporaneamente ammessi" fa comprendere, senza alcun dubbio, che la categoria di minorenni stranieri cui la norma si riferisce è composta da soggetti che - a seguito di domanda, presentata da loro stessi o da altri per loro conto, debitamente accolta dalle autorità competenti - sono stati autorizzati a soggiornare temporaneamente nel territorio dello Stato.

Nei confronti di questi soggetti non si pongono particolari problemi giacché è ovvio che, al termine del soggiorno temporaneo autorizzato, essi debbano far ritorno nel Paese d'origine.

 

2.2 Minori "NON ACCOMPAGNATI"

Il Comitato ha il compito ulteriore consistente nel doversi occupare dei "minori stranieri non accompagnati presenti nel territorio dello Stato", ai fini della vigilanza sull'accoglienza e del rimpatrio assistito.

La definizione di questa categoria di minori è data dal Regolamento (articolo 1, co. 2) nei termini seguenti: "minorenne non avente cittadinanza italiana o di altri Stati dell'Unione Europea che, non avendo presentato domanda d'asilo, si trova per qualsiasi causa del territorio dello Stato privo di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell'ordinamento italiano".

Questa categoria differisce da quella considerata sub 2.1., per alcuni fondamentali ragioni, fra cui le seguenti:

·       il minore non è stato "ammesso" nel territorio dello Stato, bensì vi si trova "per qualsiasi causa"; si tratta dunque, normalmente, di clandestini (salvo che si tratti di soggetti che abbiano presentato domanda di asilo);

·       il minore è "solo", cioè non può giovarsi, nel nostro Paese, della presenza dei genitori o di altri adulti "legalmente responsabili", che possano e debbano rappresentarlo e prendersi cura di lui: in caso contrario, la sua permanenza - ed anche la fine della permanenza - sul territorio nazionale sarebbe soggetta agli accidenti ed alle modalità previsti dalla legge per gli adulti (l'espulsione di un adulto entrato clandestinamente con un figlio minorenne si riferisce anche a quest'ultimo).

 

Di fronte al caso di minorenne "solitario" entrato clandestinamente nel territorio dello Stato (tecnicamente connotato dall'espressione "minore presente non accompagnato"), la legge non prevede che ci si debba necessariamente occupare di lui a tempo indeterminato né, d'altra parte, che lo si debba trattare come ogni altro clandestino, e quindi allontanarlo dal territorio nazionale nei modi previsti per tutti coloro che vi fanno ingresso senza autorizzazione.

Occorre invece adottare un trattamento differenziato, applicabile soltanto ai minorenni che versano in questa condizione. Tale trattamento consiste nel "rimpatrio assistito" previsto dall'art. 33 comma 2bis del T.U. 286/98. L'applicazione di questo istituto è di competenza esclusiva del CMS, il quale pertanto formula queste linee di indirizzo allo scopo di chiarire in quale modo intende esercitare tale suo compito.

 

 

3. TRATTAMENTO DEI MINORI PRESENTI NON ACCOMPAGNATI

L'affermazione fondamentale da cui muove il legislatore, alla quale dunque il Comitato deve attenersi, è che il minore non è passibile di espulsione (salvo che debba seguire il genitore o l'affidatario espulsi e salvo che la sua presenza ponga obiettivamente in pericolo l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato).

L'impossibilità dell'espulsione non significa, tuttavia, che il minorenne solitario, entrato clandestinamente, debba necessariamente permanere sul territorio nazionale: come si è detto, è previsto infatti il rimpatrio assistito.

Sarà sempre disposto il rimpatrio del minore su richiesta del genitore o del tutore.

Analogamente sarà disposto il rimpatrio se si accerta che i motivi dell'immigrazione del minore non sono condivisi dai parenti (fuga da casa, etc.)

Le indagini, sempre doverose, potrebbero condurre a scoprire una situazione di obiettivo abbandono, materiale e morale, che imporrebbe la segnalazione al tribunale per i minorenni per l'inizio eventuale della procedura di adottabilità (articolo 37 bis, legge 4 maggio 1983, n. 184, introdotto dalla legge 31 dicembre 1998, n.476).

Sulla base di quanto sin qui detto, pare opportuno precisare che le competenti autorità che vengano a conoscenza di un minore straniero non accompagnato devono:

a)     Accertare

-       l'identità ed in particolare l'età di lui;

-       se esistono e dove stanno i familiari del minorenne, cercando di ottenere direttamente da lui ogni utile informazione in merito;

-       quali le condizioni di vita, le ragioni del suo ingresso nel territorio italiano, gli studi compiuti, le attività di formazione e di lavoro svolte, le intenzioni per il futuro sia del minorenne che dei suoi genitori e tutori, anche riguardo al rimpatrio;

b)     Informare il Comitato delle indagini svolte e dunque delle informazioni raccolte.

c)     Provvedere intanto all'accoglienza.

Si ricorda, su questo punto, che tra le modalità di accoglienza sono compresi tutti gli interventi utili a favorire il normale sviluppo del minorenne (quindi non il mero mantenimento o la sola ospitalità, ma anche le cure necessarie, l'istruzione, la formazione, lo sport e quant'altro necessario) in quanto i diritti del fanciullo sono, dalla Convenzione di New York, attribuiti ad ogni minorenne indifferente essendo la sua origina nazionale.

E' da precisare tuttavia che l'accoglienza ha il senso di assicurare i diritti del fanciullo per tutto il periodo in cui proseguirà la sua permanenza in Italia. Tale permanenza è intesa come temporanea, dovendosi provvedere, ove ne ricorrano le condizioni, al rimpatrio assistito, vale a dire al ricongiungimento con il nucleo parentale originario od al riaffidamento alle Autorità responsabili del paese di origine.

 

 

4.  RIMPATRIO ASSISTITO

4.1 Quanto alla decisione circa il rimpatrio assistito, di esclusiva competenza del Comitato, fondamentale è il dovere di rispettare l'interesse del fanciullo a norma dell'art. 3 della richiamata Convenzione di New York per cui "In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l'interesse del fanciullo deve essere una considerazione preminente".

Questo significa che la valutazione di tale interesse da parte del Comitato non può essere fatta in modo preventivo e generale, anche solo per categorie astratte, ma tenendo conto, volta per volta, dell'interesse concreto di ogni determinato minorenne. Comunque il Comitato valuterà quell'interesse in modo particolare per quanto riguarda i ragazzi di età superiore ai 14 anni, già inseriti in un percorso scolastico e/o di formazione-lavoro. Più in generale adatterà le proprie decisioni in merito all'eventuale rimpatrio, alla verifica delle condizioni nelle quali si è realizzato il temporaneo soggiorno del minore straniero nel territorio nazionale, con particolare riguardo all'accoglienza offertagli ed alle provvidenze scolastiche di cui ha potuto usufruire.

4.2  L'adozione del provvedimento di rimpatrio sarà assunta in ossequio al dettato dell'articolo 33 comma 2bis del D. Leg. 286/98. Il Comitato ritiene che il rimpatrio del minore straniero, quando deciso, sia veramente "assistito" cioè volto ad un reale ricongiungimento con la famiglia ovvero al riaffidamento alle Autorità responsabili del Paese di origine e quindi all'inserimento in una adeguata struttura in loco. A tal fine le eventuali convenzioni che verranno stipulate con gli Organismi specializzati, dovranno prevedere le condizioni di "assistenza" al rimpatrio che potranno anche comprendere l'avvio del minore a percorsi formativi o prima del rientro, ovvero nel paese di origine. Ciò al fine di fornirgli quel bagaglio di skills e know how necessari ad aumentare concretamente la sua capacità di sviluppo autonomo anche professionale. In tal senso il Piano di Azione fa riferimento alla "predisposizione delle condizioni indispensabili per un rimpatrio assistito e sicuro, fornendogli anche - se adolescente - un certo previo bagaglio professionale che gli consenta un miglior reinserimento nel suo Paese".

4.3 La decisione del rimpatrio non potrà mai essere assunta senza una previa valutazione delle condizioni del minore: il rimpatrio non dovrà essere in nessun caso "automatico". Tutto quanto indicato nei punti precedenti circa la verifica delle sue condizioni, delle condizioni della famiglia e del paese di rientro dovranno essere attentamente considerate in vista della decisione. Si avrà pertanto riguardo alle risultanze delle ricerche che verranno effettuate nel Paese di origine ovvero di abituale residenza, e si avrà inoltre riguardo, all'atto delle decisioni di assumere, delle condizioni di accoglienza nel nostro Paese, di eventuali percorsi scolastici o formativi intrapresi.

4.4 Si precisa ancora che:

a)     l'audizione del minore per accertarne l'opinione in merito ad un eventuale rimpatrio assistito che non può essere fatta direttamente dal Comitato, è riservata all'autorità locale, la quale dovrà fare in modo che ne risulti non solo una affermazione di consenso o dissenso ma anche le motivazioni di essa.

b)     Il Comitato , ove ritenga essere presenti le condizioni per il rimpatrio, si informerà in ogni caso, presso il Tribunale per i minorenni competente del luogo di dimora del minorenne in Italia, dell'eventuale esistenza di procedure in corso, onde ottenere il necessario nulla osta previsto dall'art. 2 bis u.p. dell'art. 33 T.U. n. 296/1998.

c)     Se a seguito delle informazioni ottenute dal Comitato, anche attraverso l'intervento di organismi internazionali coi quali esistano convenzioni o con la collaborazione delle autorità consolari e diplomatiche straniere in Italia, risultassero non esistenti nuclei familiari del minorenne, o autorità del Paese d'origine disposti ad assumerne l'affidamento a seguito di rimpatrio, il Comitato ne informerà l'autorità giudiziaria competente per la valutazione dell'eventuale stato di abbandono e per i conseguenti provvedimenti. In proposito si terrà conto delle raccomandazioni formulate in sede internazionale (cfr. linee-guida UNHCR) per cui le ricerche dei familiari, di un minorenne straniero apparentemente abbandonato, debbono proseguire per almeno due anni prima di potere dichiarare lo stato di abbandono.

d)     Come già accennato, il Comitato non ha competenza ad intervenire ove sia stata proposta domanda d'asilo.

e)     Le autorità competenti sono invitate ad informare il Comitato dei casi di minorenni trovati coinvolti in situazioni di sfruttamento, violenza, riduzione in schiavitù, ai quali sia stato rilasciato permesso di soggiorno per motivi di protezione, con inserimento della vittima in programmi di assistenza e reintegrazione secondo quanto disposto dall'art. 18 del T.U. 268/98.

f)     Il rimpatrio sarà effettuato in modo davvero "assistito" anche al momento del rientro nel Paese d'origine. A tal fine il Comitato ha chiesto al Dipartimento per gli Affari Sociali di stipulare convenzioni con organizzazioni specializzate, in modo da consentire condizioni ottimali che potranno anche comprendere l'avvio del minorenne a percorsi di studio e formativi nel Paese d'origine.

g)     Il Comitato solleciterà il Governo a sviluppare tutte quelle intese bilaterali, con gli Stati di più frequente emigrazione in Italia, atte a creare per gli stranieri più giovani, nuove opportunità di crescita scolastica e professionale, consentendo loro attraverso scambi, soggiorni temporanei, di trascorrere periodi di studio o lavoro nel nostro Paese.

 

Roma, 11 gennaio 2001

 

f.to

Il Presidente

Prof. P. Vercellone

 

 


Piano nazionale di azioni e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo

dei soggetti in età evolutiva 2000-2001 (legge 415/97)

Testo approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 2000

 

 

Riportiamo esclusivamente le sezioni del Piano nazionale riguardanti il tema dei minori stranieri non accompagnati o temi che possono avere diretta rilevanza rispetto ai temi affrontati (ad es. la questione del pubblico tutore dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza.

 

 

[…]

Parte prima

[…] 2. In questo processo di cambiamento, l'impegno dell'attuale Piano d'azione pone una particolare attenzione su alcuni temi emergenti pur mantenendosi inalterato l'impegno del Governo e degli enti locali su tutti i settori coinvolti nei temi di tutela e promozione dei diritti del cittadino di età minore.

Innanzi tutto, l'Italia è sempre più convinta del valore universale dei principi e dei diritti del fanciullo sanciti dalla Convenzione di New York del 1989.

Principi e diritti che non possono essere ristretti ai soli cittadini del nostro Paese, ma anche a quanti giungono da altre nazioni oppure nascono da genitori che provengono da Paesi lontani e molto più poveri del nostro.

Ma non solo. L'Italia è anche un Paese i cui cittadini hanno riconosciuto la povertà e le difficoltà insopportabili di tanti bambini e bambine, che vivono in Paesi vicini e lontani, e hanno cercato di alleviarle intervenendo con atti di toccante generosità.

Pertanto il Governo si sente impegnato sempre di più sia a sostenere iniziative a favore dei bambini che nel mondo si trovano in condizione di povertà, sia a realizzare una migliore integrazione di coloro che vivono tra noi: non più stranieri, ma nuovi, per quanto piccoli, cittadini di un Paese attento e solidale al mondo ed ai suoi figli. […]

 

 

Parte seconda: gli impegni del Governo

[…] A. Interventi legislativi.

Il Governo si impegna, innanzi tutto, a proporre al Parlamento una serie di riforme legislative per rendere più coerente con la Convenzione ONU del 1989 il nostro ordinamento giuridico, riconoscendo nel modo più ampio possibile i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza ed istituendo organi più efficaci di tutela di tali diritti. In particolare:

1. Sul versante del riconoscimento dei diritti il governo si impegna:

a presentare un disegno di legge di ratifica e attuazione della Convenzione europea di Strasburgo

sull'esercizio dei diritti dei bambini e quindi sulle modalità di ascolto dei minori nei procedimenti, non solo giudiziari ma anche amministrativi, per consentire loro di far sentire la loro voce e di essere considerati non oggetto del contendere ma soggetti di una situazione di vita che pesantemente li coinvolge;

[…]

 

E. Minori stranieri.

Il Governo non può preoccuparsi solo dei minori cittadini italiani, trascurando i bambini che vivono nel nostro Paese provenendo da Paesi stranieri o che vivono in gravi difficoltà in Paesi lontani. Pertanto anche in questo campo il governo intende intervenire su piani diversi.

1. Interventi di protezione e integrazione nei confronti dei bambini stranieri che sono in Italia. Il fenomeno della presenza di minori stranieri nel nostro territorio nazionale è in grande espansione e richiede un deciso intervento di protezione da parte del Governo in attuazione dei principi sanciti dall'ONU con la Convenzione del 1989 sui diritti del bambino. Un intervento che deve articolarsi su

vari versanti:

a) Per i minori stranieri non accompagnati presenti sul territorio il Governo, in collaborazione con il privato sociale, è impegnato a garantire loro cure tempestive e protezione anche dai pericoli di sfruttamento e a ricercare un'adeguata sistemazione. In vista dell'adozione dei necessari provvedimenti - innanzi tutto di rimpatrio - il Comitato minori stranieri provvederà:

ad un tempestivo accertamento dell'identità del minore ed alla identificazione, anche attraverso organismi internazionali quali la CRI, l'Unicef, l'Unhcr del suo nucleo familiare in patria e dei suoi

congiunti;

alla predisposizione delle condizioni indispensabili per un rimpatrio sicuro ed assistito del minore, fornendogli anche - se adolescente - un certo previo bagaglio professionale che gli consenta n migliore reinserimento nel suo Paese.

Il Governo è anche intenzionato ad attuare programmi di prevenzione nei Paesi da cui provengono la maggior parte di minori non accompagnati (Albania, Marocco, Romania, Bangladesh, ecc.) ed a stipulare protocolli d'intesa con quei Paesi per la messa appunto di adeguate procedure di rimpatrio.

Per i minori stranieri non accompagnati che richiedono asilo, il Governo intende dare piena attuazione alla risoluzione del Consiglio d'Europa del 26 giugno 1997, garantendo un'adeguata sistemazione in centri di accoglienza o in famiglie, realizzando colloqui con i minori che consentano un'esatta percezione dei problemi personali, attraverso funzionari con esperienza e formazione adeguata, valutando la domanda di asilo con particolare riguardo al prevalente interesse del minore e tenendo conto dell'esigenza di un ricongiungimento familiare.

[…]

 

 

Parte terza – Programma di azioni mirate per il periodo maggio 2000-giugno 2001-03-22

[…]

IL COMITATO MINORI STRANIERI

Il Comitato per la tutela dei minori stranieri, previsto dalla legge sull'immigrazione, procederà a realizzare un censimento nazionale sulla presenza dei minori stranieri non accompagnati, allo scopo di mettere a punto standard di accoglienza uniformi sul territorio nazionale e di avviare opportuni rapporti con i Paesi di provenienza. Sarà inoltre attivata un'agenzia nazionale che si farà carico di esaminare, caso per caso, l'opportunità di avviare un processo di integrazione del minore nel nostro Paese o di organizzarne il rientro in famiglia. A tal fine saranno avviate due attività: una in Italia, con l'istituzione di una rete di centri attivi nell'accoglienza; una seconda nei Paesi di origine, per prevenire le partenze illegali e favorire i rientri in famiglia.

Si reputa inoltre opportuno stipulare protocolli operativi specifici, il primo dei quali con il CONI e la Federcalcio, per affrontare il tema dei numerosissimi minori stranieri che ogni anno vengono a contatto con il sistema delle società sportive nella speranza di un ingaggio.

Si intende, infine, avviare d'intesa con le associazioni degli immigrati, in particolare quelle femminili, una campagna di informazione e sensibilizzazione presso le famiglie immigrate contro le

mutilazioni genitali delle bambine, perseguite dalle nostre leggi, ma ancora troppo raramente denunciate perché legittimate dalle tradizioni delle comunità di provenienza.

[…]

 

IL PUBBLICO TUTORE DEI DIRITTI DELL'INFANZIA E DELL'ADOLESCENZA

Pur nella consapevolezza dell'oggettiva difficoltà, in questo scorcio di legislatura, di realizzare nuovi interventi normativi, il Governo intende onorare un impegno europeo con l'istituzione della figura del pubblico tutore dei bambini e delle bambine. In coerenza con un disegno politico federalista, si individueranno in capo a questa figura compiti attualmente esercitati dallo Stato, all'interno di una collocazione territoriale più vicina alle persone.

I compiti principali saranno quelli dell'ascolto dei problemi delle persone in formazione, della difesa dei loro interessi, della promozione delle azioni positive per l'infanzia e l'adolescenza, del potenziamento della tutela dei relativi diritti. E' una innovazione istituzionale che vuole anche inaugurare una fase nuova e più incisiva di azione per il rispetto e la valorizzazione dei diritti sanciti

dalla Convenzione di New York. Sarà di fondamentale importanza a questo riguardo la collaborazione e l'impegno delle regioni.

 

L'ASCOLTO DEI CITTADINI PIÙ PICCOLI

Sono necessarie ed urgenti delle norme di adeguamento del nostro ordinamento affinché siano concretamente realizzabili le disposizioni di principio contenute nella Convenzione europea sull'ascolto dei minori, ratificata dal nostro Paese lo scorso anno.

Il Governo si impegna a presentare al Parlamento il testo di un disegno di legge che consentirà l'ascolto dei minori non solo nei procedimenti giudiziari ma anche in quelli amministrativi.


Breve bibliografia sul tema dei minori stranieri non accompagnati

 

 

Riportiamo i riferimenti di alcune pubblicazioni e di altri documenti sul tema dei minori stranieri non accompagnati:

 

·       G.C.Turri, I bambini stranieri non accompagnati, in Minorigiustizia, 1999, n. 3

·       L. Miazzi, La condizione giuridica dei bambini stranieri in Italia, in Minorigiustizia, 1999, n. 3

Franco Angeli - v.le Monza 106, 20127 Milano - tel. 02.2827651

 

·     C. Moro, L. Fadiga e altri, Monografia “L’accoglienza temporanea dei bambini stranieri”, in Studi Zancan - Politiche e servizi alle persone, 2000, n. 5

Fondazione Zancan - v. Vescovado 66, 35141 Padova - tel. 049663800

 

·     L. Miazzi, Il rimpatrio assistito del minore straniero: ancora un caso di diritto speciale?, in Diritto, immigrazione e cittadinanza, 2000, n. 2

Franco Angeli - v.le Monza 106, 20127 Milano - tel. 02.2827651

 

·       Documentation of the European Conference “Children First and Foremost - Policies towards Separated Children in Europe

·       Separated Children Seeking Asylum in Europe: A Programme for Action

·       Separated Children Coming to Western Europe

Save The Children Italia - v. Gaeta 19 - 00185 Roma - tel 06.4740354, e-mail: info@savethechildren.it

 

·        Atti del seminario “Minori stranieri irregolari: quale tutela?”, Torino, ottobre 1999

·        Atti del seminario “Minori stranieri non accompagnati e irregolari, tra accoglienza e rimpatrio”, Torino, luglio 2000

·        Atti del convegno nazionale “Minori stranieri non accompagnati”, Torino, marzo 2001

·        Relazione finale della Commissione congiunta istituita dal Ministero della Giustizia e dal Comune di Torino sul tema “Le risposte al reato minorile con particolare attenzione alla condizione dei minori stranieri”

> possono essere richiesti a: IRES L. Morosini - p.za Vittorio Veneto 1, 10124 Torino - tel. 011.835939, fax 011.81.25.001, e-mail: irescgil@arpnet.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 



* Riportiamo i riferimenti completi solo in questo elenco, mentre nel testo vengono utilizzate delle abbreviazioni.

[1] Vedi a questo proposito la Sintesi degli interventi al seminario “Minori stranieri non accompagnati e irregolari, tra accoglienza e rimpatrio”  tenutosi a Torino il  4 luglio 2000, riportata in appendice.

[2] Alle disposizioni citate si aggiungono, naturalmente, le disposizioni del Codice Penale che stabiliscono il dovere di segnalare alla pubblica autorità il minore in stato di abbandono, e le disposizioni del Codice Civile che stabiliscono il dovere della pubblica autorità di collocare in luogo sicuro il minore in stato di abbandono (C.C. art. 403).

[3] Vedi in appendice.

[4] Tali questioni, data la profonda connessione con gli aspetti di merito relativi alla scelta se sia nell’interesse del minore restare in Italia o essere rimpatriato, saranno sviluppate più approfonditamente nella seconda parte “Aspetti di merito: Qualche riflessione sui criteri per la scelta tra accoglienza e rimpatrio”.

 

[5] Ad es. a quanto ci risulta – ma la questione è da verificare meglio – secondo la legislazione marocchina, la maggiore età si raggiunge a 20 anni: il che significherebbe che la Convenzione del 1961 dovrebbe applicarsi anche ai cittadini marocchini d’età compresa tra i 18 e i 20 anni presenti in Italia.

[6] La definizione di “residenza abituale” è discussa più avanti.

[7] Le notazioni che seguono sono tratte da: M. Franchi, Protezione dei minori e diritto internazionale privato, Milano, 1997 (pagg. 23-27).

[8] Le questioni connesse al provvedimento di rimpatrio e al rapporto tra i provvedimenti di tutela e di affidamento da una parte ed il provvedimento di rimpatrio dall’altra vengono invece trattati più avanti, nella sezione “La scelta tra accoglienza e rimpatrio, l’adozione del provvedimento di rimpatrio e la sua  esecuzione” (per gli aspetti procedurali) e nella seconda parte del dossier “Aspetti di merito: Qualche riflessione sui criteri di scelta tra accoglienza e rimpatrio” (per gli aspetti di merito).

[9] “[In base alla legge di riforma del diritto internazionale privato] il regime si diversifica permettendo allo Stato italiano di assumere ogni misura d’urgenza necessaria ex art. 9 della Convenzione del 1961 e non in base all’art. 37; quindi, in applicazione dell’art. 37, disporre misure di affido ove del caso, tenendo conto della residenza abituale del minore nel territorio, che dovrebbe corrispondere al legame effettivo del minore col territorio, anche in virtù delle misure urgenti e, se sia possibile, coordinando l’azione con il paese di provenienza del minore” M. Franchi, Protezione dei minori e diritto internazionale privato, Milano, 1997 (pag. 65).

[10] Tribunale per i minorenni e della Procura della Repubblica per i minorenni di Venezia “Informazioni, indicazioni, suggerimenti in ordine alla tutela giudiziaria dei minori” 21 giugno 2000.

[11] Per i problemi relativi al permesso di soggiorno che può essere rilasciato ai minori affidati di fatto a parenti entro il quarto grado, vedi il capitolo “Il permesso di soggiorno”.

[12] Vedi in appendice i decreti del Tribunale di Venezia 21.12.1998 e 28.12.1998.

[13] In questo senso, vedi in appendice la conclusione dell’intervento di G. De Marco al seminario “Minori stranieri irregolari: quale tutela?”.

[14] Vedi in appendice il decreto del Tribunale di Torino 22.7.1999 e del Tribunale per i minorenni di Venezia 10.5.1999.

[15] L’art. 31 del T.U. 286/98, infatti, disciplina il rilascio del permesso di soggiorno solo per i minori affidati ex art. 4 della legge 184/83, mentre nulla prevede per i minori affidati di fatto al parente entro il quarto grado: vedi il capitolo "Il permesso di soggiorno".

[16] Il testo integrale del decreto si trova in appendice.

[17] Vedi in questo senso in appendice: Pretura di Mantova, sez. dist. Castiglione delle Stiviere, comunicazione del Giudice Tutelare 15.2.1999

[18] Le problematiche attinenti alle indagini, invece, sono state trattate nella sezione precedente “Le indagini sull'identità e sulla situazione in Italia e nel Paese d’origine”.

[19] La Convenzione europea sul riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia di affidamento dei minori e di ristabilimento dell'affidamento (Lussemburgo 20 maggio 1980) prevede che in caso di trasferimento illegittimo di minore, se la domanda di restituzione viene proposta allo Stato in cui il minore si trova dopo che sono passati più di sei mesi, lo Stato richiesto potrà rifiutare il riconoscimento e l'esecuzione della decisione in materia di affidamento “se si è constatato che a seguito del mutamento di circostanze, compreso il passare del tempo ma escludendo il mero cambiamento di residenza del minore a seguito di trasferimento illegittimo, gli effetti del provvedimento originario risultano non più conformi all'interesse del minore” (art. 10)

La Convenzione sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori (Aja 25 ottobre 1980) stabilisce che in caso di trasferimento illecito di minore, se la domanda per ottenerne il ritorno viene proposta allo Stato dove si trova il minore dopo più di un anno, lo Stato richiesto può non ordinare il ritorno immediato del minore se “sia dimostrato che il minore si è integrato nel suo nuovo ambiente.” (art. 12)

La Convenzione dell’Aja del 1970 sul rimpatrio, infine, dispone che : “ L’Etat requis peut en outre, compte tenu de toutes les circonstances de l’affaire, rejeter la requête[...] si le rapatriement est considéré comme étant contraire à l’intérêt du mineur, notamment lorsque ce dernier a des liens familiaux ou sociaux effectifs dans cet Etat ou lorsque le rapatriement est incompatible avec une mesure de protection ou de rééducation prise dans ledit Etat. ”

[20] La Convenzione de L’Aja del 1970 sul rimpatrio - che può essere utile considerare, ancorchè non internazionalmente in vigore - dispone all’art. 5, co. 1 che “Aucune décision sur une requête aux fins de rapatriement n’est prise avant que le mineur ait été entendu personellement, si ses facultés de discernement le permettent, par une autorité compétente de l’Etat requis.”

[21] Ricordiamo qui che, mentre al provvedimento di espulsione segue il divieto di rientro per 5 anni, invece per il provvedimento di rimpatrio non è previsto tale divieto.

[22] La mozione dell’Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e la famiglia è riportata nell’introduzione, mentre l'articolo di W. Citti è riportato nell’appendice.

[23] Per la disciplina di questa materia prima dell’entrata in vigore del T.U. 286/98, e in particolare per le disposizioni circa il permesso di soggiorno “per motivi di giustizia” vedi nell’appendice l’articolo di W. Citti.

[24] Salvo il caso di minore parente entro il terzo grado e inabile al lavoro, o di minore coniugato ... e salvo l’ipotesi che il minore di età inferiore all’età lavorativa sia da considerarsi inabile al lavoro e quindi possa usufruire del ricongiungimento a parente entro il terzo grado.

[25] Vedi in appendice: Tribunale per i Minorenni del Veneto, 23.02.1998.

[26] Tale ipotesi è argomentata più avanti, nel paragrafo specificatamente dedicato ai “Minori affidati di fatto a parenti entro il quarto grado”.

[27] Le problematiche relative al permesso di soggiorno per minore età sono approfondite più avanti, nel paragrafo “Approfondimenti: il permesso per minore età e i minori affidati di fatto a parenti entro il quarto grado”.

[28] Poiché, come sottolineato nell'introduzione, non abbiamo voluto trattare la questione - gravissima, ma dotata di sue specificità - dei minori vittima della tratta, non approfondiamo qui la questione del permesso per protezione sociale. Non abbiamo analizzato, per la stessa ragione, le disposizioni della legge 269/98.

[29] La situazione dei minori affidati a parenti entro il quarto grado è approfondita più avanti, al paragrafo “Approfondimenti: il permesso per minore età e i minori affidati di fatto a parenti entro il quarto grado”.

[30] Vedi il capitolo “Affidamento, tutela e altri provvedimenti di protezione del minore sul territorio italiano”.

[31] Non abbiamo citato qui il permesso per protezione sociale perché esso non ha i suoi presupposti nella minore età, e quindi viene rinnovato secondo le modalità analizzate nel paragrafo precedente relativo alla durata.

[32] Questo aspetto è approfondito più avanti, al paragrafo “Approfondimenti: il permesso per minore età e i minori affidati di fatto a parenti entro il quarto grado”.

[33] Questo aspetto è approfondito al paragrafo successivo.

[34] In tal senso vedi in appendice l’ordinanza del Tribunale Amministrativa del Piemonte del 10 novembre 1999, n.514, in cui si ordina l’annullamento di un provvedimento di rigetto della domanda di permesso di soggiorno per motivi di giustizia, emesso dalla Questura di Torino: la motivazione di tale rigetto, infatti, faceva riferimento al fatto che la domanda era stata presentata quando mancavano meno di 20 giorni al compimento della maggiore età.

[35] Tale questione è discussa nel precedente capitolo “Affidamento, tutela e altri provvedimenti di protezione del minore sul territorio italiano”.

[36] “considerando che, ai sensi dell'articolo K.1, punto 3, lettere a), b) del trattato, le condizioni di ingresso e di soggiorno dei cittadini dei paesi terzi nel territorio degli Stati membri e la lotta contro l'immigrazione e il soggiorno irregolari di tali cittadini nel territorio degli Stati membri costituiscono questioni di interesse comune; [...] considerando che si verifica che minori di paesi terzi entrano e soggiornano nel territorio degli Stati membri senza essere accompagnati da una persona adulta per essi responsabile e senza aver ottenuto le autorizzazioni necessarie a tal fine; considerando che i minori non accompagnati, cittadini di paesi terzi, possono essere vittime di persone che organizzano l'immigrazione clandestina e che è importante per gli Stati membri cooperare nella lotta contro tale forma di aiuto all'immigrazione clandestina: considerando che i minori non accompagnati, cittadini di paesi terzi, si trovano generalmente in una situazione particolarmente delicata, che richiede tutela e cure speciali; considerando che il riconoscimento della delicata situazione dei minori non accompagnati nel territorio degli Stati membri giustifica l'adozione di principi comuni per la gestione di tali situazioni;” (Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea 26.6.97, preambolo)

 

[37] Naturalmente, il rischio di persecuzioni costituisce un limite non solo per l'espulsione ed il respingimento, ma anche ed a maggior ragione per il "rimpatrio assistito". Tale limite è sottolineato dalla Risoulzione del Consiglio dell’Unione Europea 27.6.97, art. 5, co. 4: “In nessun caso si può procedere al rimpatrio del minore in un paese terzo se il rimpatrio è contrario alla convenzione relativa allo status dei rifugiati, alla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, alla convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti o alla convenzione sui diritti dei fanciulli, fatte salve eventuali riserve formulate dagli Stati membri all'atto della ratifica o ai relativi protocolli.”

Non approfondiamo qui questa tematica, che riguarda i minori richiedenti asilo e protezione umanitaria.

[38] La Convenzione di New York e soprattutto la legge 184/83 recepiscono infatti l’importante lezione del movimento per la deistituzionalizzazione che dagli anni ’70 sostenne gli effetti negativi della “istituzionalizzazione” sulla personalità dell’individuo, e in particolare dell’individuo in formazione.

 

[39] Vedi il capitolo “Affidamento, tutela e altri provvedimenti di protezione del minore sul territorio italiano”.

[40] Tale definizione è discussa nel capitolo “Affidamento, tutela e altri provvedimenti di protezione del minore sul territorio italiano”.

[41] Utilizziamo qui la definizione dei diritti-doveri connessi alla potestà genitoriale propria dell’ordinamento italiano, anche se in base all’art. 36 della l. 218/95 i rapporti tra genitori e figli, compresa la potestà genitoriale, sono regolati dalla legge nazionale del figlio.

[42] Sia il Piano Nazionale che le Linee Guida sono riportati in appendice.

[43] Il corsivo è nostro.

[44] L’art. 6 del Regolamento prevede che “1. Al minore non accompagnato sono garantiti i diritti relativi al soggiorno temporaneo, alle cure sanitarie, all'avviamento scolastico e alle altre provvidenze disposte dalla legislazione vigente. 2. Al fine di garantire l'adeguata accoglienza del minore il Comitato puo' proporre al Dipartimento per gli affari sociali di stipulare convenzioni con amministrazioni pubbliche e organismi nazionali e internazionali che svolgono attivita' inerenti i minori non accompagnati in conformita' ai principi e agli obiettivi che garantiscono il superiore interesse del minore, la protezione contro ogni forma di discriminazione, il diritto del minore di essere ascoltato.”

[45] “Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, recante “Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori” nonché al titolo VIII del libro primo del codice civile” approvata in via definitiva dal Senato della Repubblica il 1 marzo 2001, non ancora promulgata.

[46] Vedi ad es. l’intervento del Presidente del Tribunale per i minorenni di Torino, Giulia De Marco, al convegno nazionale “Minori stranieri non accompagnati” tenutosi a Torino il 10 marzo 2001.

* Articolo consultabile sul sito Progetto “Atlante” della Provincia di Torino e di prossima pubblicazione.

[47] Giancristoforo Turri, I bambini stranieri non accompagnati, in Minorigiustizia, edizione della rivista in corso di stampa al momento della redazione del presente testo.

[48] Ibidem.

[49] Lorenzo Miazzi, La condizione giuridica dei bambini stranieri in Italia, in Dossier Minorigiustizia, edizione della rivista in corso di stampa al momento della redazione del presente contributo.

[50] Sull'illegittimità costituzionale dell'attuale sistema di trattamento dei minori stranieri non accompagnati si veda in particolare Paolo Bonetti, Anomalie costituzionali delle deleghe legislative e dei decreti legislativi previsti dalla legge sull'immigrazione straniera (parte II), in Diritto, Immigrazione e Cittadinanza, n.3/1999, pp. 74-83.

[51] A seguito del parere del Consiglio di Stato (30 luglio 1997) è stato fugato ogni dubbio sulla responsabilità dell'assistenza dei minori non accompagnati, da attribuirsi agli enti locali nel cui territorio i minori vengono individuati e non al Ministero dell'Interno come invece avveniva in passato.

[52] Tale normativa civile generale, infatti, può ritenersi certamente  applicabile nelle situazioni riguardanti minori stranieri, se non altro per effetto del principio di non-discriminazione in materia di protezione della gioventù ricavabile dall'art. 31 della Costituzione italiana e dall'art. 2 della Convenzione sui diritti del fanciullo  (New York 20.11.1989, ratificata e resa esecutiva in Italia con l. 27.05.1991, n. 176).

[53] La legge n. 184/83, dopo aver stabilito all'art. 1 che "il minore ha diritto di essere educato nell'ambito della propria famiglia", dispone all'art. 2 che "il minore che sia temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo può essere affidato ad un'altra famiglia…o a una persona singola, o a una comunità di tipo familiare, al fine di assicurargli il mantenimento, l'educazione e l'istruzione". In base all'art. 4, l'affidamento è disposto in via ordinaria dal servizio sociale dell'ente locale e, se non c'è il consenso di chi esercita la potestà, dal tribunale per i minorenni.

[54] Una norma del tutto analoga è stata inclusa nel regolamento di attuazione del T.U. sull'immigrazione (d.p.r. n. 394/99, art. 10 c. 4) .

[55]  Nessuna modifica a tale modalità di trattamento dei minori stranieri non accompagnati  derivò dall'introduzione della legge di riforma del diritto internazionale privato (l. 31 maggio 1995, n. 218) che in tema di protezione dei minori fa riferimento alla Convenzione dell'Aja del 5 ottobre 1961 (ratificata e resa esecutiva con legge n. 724 del 24 ottobre 1980, ma le cui disposizioni attuattive sono state emanate appena con legge 15 gennaio 1994, n. 64) per quanto attiene all'individuazione della legge applicabile e dell'autorità competente. Il rinvio alla Convenzione dell'Aja (art. 42 l. 218/95)  si traduce nella competenza delle autorità italiane, sia giudiziarie che amministrative, ad adottare le misure di protezione del minore -  della sua persona come dei suoi beni -  che abbia la residenza abituale nel nostro paese o, limitatamente ai casi di urgenza e alle misure "necessarie", nel caso di minori comunque presenti in Italia, indipendentemente dalla nazionalità. Pur mancando nella Convenzione una definizione delle "misure" di protezione,  sembra pacifico ritenere che debbano essere ricomprese la tutela ex art. 343 C.C., gli interventi urgenti di protezione della pubblica autorità ex art. 403 C.C., gli affidamenti eterofamiliari  ex art. 2-5 l. 184/83,  così come quelli di competenza del tribunale per i minorenni relativi all'esercizio della potestà familiari  ex art. 330 sgg.  C.C, tutti -come si è già detto- riferibili, anche solo per analogia, anche alla problematica dei minori stranieri non accompagnati.  Il rinvio alla Convenzione dell'Aja del 1961 rafforza dunque il principio della  riserva di giurisdizione all'autorità giudiziaria minorile dei provvedimenti in materia di minori stranieri non accompagnati.

[56] In implicita polemica con gli orientamenti assunti dagli uffici giudiziari minorili in alcune realtà locali, volti ad un maggior rigore nell'apertura delle tutele e all'esclusione dei minori stranieri non accompagnati che abbiano già compiuto i 17 anni,  per l'asserita mancanza di tempo sufficiente per un percorso di inserimento che giustifichi la tutela, Giancristoforo Turri sostiene che "la mancata indicazione nella legge circa il dies a quo sta a significare che l'affidamento  può essere disposto pure in prossimità del raggiungimento della maggiore età", in I bambini stranieri non accompagnati, in Minorigiustizia, cit.

Sempre con riferimento alla legge n. 40/98 va altresì ricordata la norma contenuta nell'ambito delle misure di "protezione sociale", per cui un permesso di soggiorno valido per motivi di lavoro della durata di sei mesi e suscettibile di rinnovo per un anno, può essere rilasciato, anche su proposta del procuratore della Repubblica o del giudice di sorveglianza presso il Tribunale per i minorenni, allo straniero che ha terminato l'espiazione delle pena detentiva, inflitta per reati commessi durante la minore età, e abbia dato prova concreta di partecipazione ad un programma di assistenza e integrazione sociale (art. 18 c. 6).

11  In G.U. delle Comunità Europee del 19 luglio 1997 n. C221/23, Il testo è stato pubblicato sulla rivista "Diritto, Immigrazione e Cittadinanza", n. 2/1999, pp.241-246.

12 Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri  09.12.1999, n. 535: Regolamento concernente i compiti del Comitato per i minori stranieri, a norma dell'art. 33, commi 2 e 2-bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in G.U. n. 19 del 25.01.2000.

13  La tesi della distinzione dell'istituto dell'espulsione da quello del rimpatrio "assistito" è presentata da Mauro Valeri, funzionario presso il Dipartimento affari sociali della Presidenza del Consiglio dei Ministri nel saggio Minori non accompagnati,  pubblicato sulla rivista "Gli Stranieri", n. 3/1998, pp. 1-10. L'ulteriore differenza fra espulsione e rimpatrio è che alla prima soltanto consegue il divieto di rientro per cinque anni, collegato all'inserimento del nominativo nel SIS (Sistema Informativo Schengen). Il rimpatrio assistito viene definito all'art. 1 c. 4 del d.p.c.m. n. 535/99 come “l'insieme delle misure adottate allo scopo di garantire al minore interessato l'assistenza necessaria fino al ricongiungimento con i propri familiari o al riaffidamento alle autorità responsabili del Paese d'origine, in  conformità alle convenzioni internazionali, alla legge, alle disposizioni dell'autorità giudiziaria e al presente regolamento. Il rimpatrio assistito deve essere finalizzato a garantire il diritto all'unità familiare del minore e ad adottare le conseguenti misure di protezione”.

14 La legge n. 476/98 dd. 31.12.1998 ha ratificato e dato attuazione alle norme della Convenzione dell'Aja in materia di protezione dei bambini e di cooperazione nell'ambito dell'adozione internazionale. Nel provvedimento di legge vengono disciplinati i casi di ingresso del minore straniero in Italia, vietandolo nel caso di stranieri soli, salvo nei casi di adozione internazionale, e fatte salve le disposizioni relative al ricongiungimento familiare, all'ingresso per motivi turistici, di studio e di cura, così come quelle relative ai flussi eccezionali determinati per eventi bellici, calamità naturali, secondo quanto previsto dall'art. 18 della legge n.40/98. In quest'ultimo caso,  si prevede l'obbligo della segnalazione dell'ingresso del minore  alla Commissione istituita dalla legge e al Tribunale per i Minorenni competente territorialmente in relazione alla residenza degli accompagnatori o, nel caso del minore "solo", al luogo di individuazione. Per evitare inutili sovrapposizioni di competenza, l'art. 18 del d.p.r. 01.12.1999 n. 492 (in G.U. 27.12.1999, n. 302) prevede che l'unico compito attribuito alla commissione per le adozioni internazionali in questi casi sia quello di comunicare i nominativi dei minori al Comitato per i minori stranieri.

15 Art. 1 c. 2 d.p.c.m. n. 535/99.

16 In sostanza, la legge italiana sull'adozione e l'affidamento riconosce la famiglia allargata, cioè entro il quarto grado di parentela e dunque non considera che il minore sia temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo e suscettibile di essere formalmente affidato per il solo fatto che  viene dai genitori mandato a vivere con tali parenti (conforme Tribunale per i minorenni di Bologna, 17.01.1984, in Diritto di famiglia e delle persone, 1985, 140).

Rispetto alla tutela del minore straniero affidato di fatto a parenti entro il quarto grado,  tale giurisprudenza volta ad escludere la competenza del T.M. non appare peraltro monolitica. Alla rigorosa adesione al principio di incompetenza sostenuto dal T.M. di Torino, fa riscontro una maggiore flessibilità del T.M. di Venezia, che tentando una soluzione sistematica delle diverse fattispecie normative, è giunto a distinguere,  da un lato, fra i casi in cui il minore straniero abbia o meno compiuto gli anni 14, e dall'altro, fra i casi in cui risulti o meno il consenso dei genitori all'affidamento di fatto. Il T.M. di Venezia ha così disposto l'affidamento ai sensi del secondo comma dell'art. 4 della l. 184/83 qualora non sia stato accertato il consenso dei genitori o qualora il minore sia infraquattordicenne. Per un'analisi critica della giurisprudenza veneziana, si veda il commento di Lorenzo Miazzi, La tutela del minore straniero affidato di fatto a parenti entro il quarto grado, in Diritto, Immigrazione e Cittadinanza, n. 4/1999, pp. 65-68, mentre per il caso torinese si vedano gli atti del seminario Minori stranieri irregolari: quale tutela ?, promosso da ASGI, Servizio Migranti Caritas, CTP Parini, Rete contro il razzismo a Torino il 15 ottobre, 1999 (inedito). Dibattuta, peraltro, dalla giurisprudenza minorile è anche la tesi dell'eventuale competenza del giudice tutelare per l'eventuale nomina di un tutore, ex art. 343 C.C, ritenendosi  il minore comunque  privo di rappresentanza legale in Italia. In senso favorevole: Tribunale per i minorenni di Venezia, decreto 10.05.99 ( pubblicato in  Diritto, Immigrazione, Cittadinanza, n. 4/1999, pp. 168-169). Di segno opposto, Pretura di Mantova, sez. dist. di Castiglione delle Stiviere, comunicazione dd. 15.02.1999 del Giudice Tutelare (in Diritto, Immigrazione e Cittadinanza, n. 1/99, pag. 186).

17  Diversa invece è l'ipotesi di esistenza di un provvedimento vero e proprio di affidamento del minore emesso dall'autorità competente nel paese di origine, che potrà essere automaticamente  riconosciuto in Italia senza la necessità di alcun procedimento per effetto dell'art. 66 della legge n. 218/95, purché non ricorra la  condizione di contrarietà ai principi dell'ordine pubblico interno o internazionale di cui all'art. 65 della legge medesima. Di conseguenza, il provvedimento straniero di affido renderebbe pienamente applicative le disposizioni di cui agli art. 30 e 31 del D.lgs. n. 286/98; vedi al riguardo Tribunale per i Minorenni del Veneto, decreto 23.02.1998, in Diritto, Immigrazione e Cittadinanza, n. 3/1999, p. 178.

18 A conferma di questa ipotesi, si può citare il contenuto della recente circolare del Ministero dell'Interno n. 300/C227729/12/207/1^Div. Del 23.12.1999 che dispone  per i minori inespellibili di età superiore ai 14 anni il rilascio del permesso di soggiorno per "minore età", chiarendo che “tale titolo di soggiorno verrà rilasciato solo in via residuale e qualora si verifichino situazioni non riconducibili ad altre tipologie di soggiorno già previste dalla normativa in vigore (es. motivi familiari, adozione, affidamento)” .

19 Giancristoforo Turri, op. cit.

20 Per uno sviluppo di questa argomentazione si rimanda  a Paolo Bonetti, Anomalie costituzionali delle deleghe…, cit. in Diritto, Immigrazione e Cittadinanza, n. 3/99, pp. 52-83.

21 La competenza attribuita al Comitato per i minori stranieri viene ribadita dal d.p.c.m. n. 535/99 che tra i compiti del comitato annovera l'accertamento dello status del minore non accompagnato e l'adozione, ai fini di protezione e di garanzia del diritto all'unità familiare, del provvedimento di rimpatrio assistito (art. 2 c. 1 lett. e) e g)). Ugualmente, l'art. 7 del suddetto regolamento afferma ulteriormente il potere del Comitato di disporre il rimpatrio assistito del minore presente non accompagnato. Con una notevole dose di ambiguità, peraltro,  nella definizione del rimpatrio assistito lo stesso regolamento afferma che le misure relative dovranno essere conformi tra l'altro alle disposizioni dell'autorità giudiziaria (art.1 c. 4).

22 Cfr. Corte cost., sent. 8 giugno 1983, n. 149, in Foro it., 1983, I, c. 2062.

23 Il discorso è  teorico ed ipotetico, in quanto le prassi affermatisi negli ultimi mesi, dopo l'entrata in vigore del d.lgs. n. 113/99, differiscono a seconda delle   realtà locali. Ad esempio a Torino, l'autorità giudiziaria minorile ha ritenuto di non procedere all'apertura delle  tutele nei casi per i quali si riteneva più appropriata la soluzione del rimpatrio, riservando le tutele ai soli casi in cui si rendeva possibile ed auspicabile un percorso di inserimento, anche in relazione alle risorse accoglitive messe a disposizione dall'ente locale e dal volontariato. Forse proprio prendendo spunto da questa esperienza, il d.p.c.m. n. 535/99 prevede che solo in caso di necessità, il Comitato debba comunicare la situazione del minore al giudice tutelare competente, per l'eventuale nomina di un tutore provvisorio (art. 3 c. 6). Nonostante le indicazioni contenute nel d.lgs. n. 113/99,  l'operato del comitato per i minori stranieri finora è stato  quello innanzitutto di promuovere e sostenere l'intesa con il Servizio Sociale Internazionale e il Ministero del Lavoro e degli affari sociali albanese per il rimpatrio "assistito" dei minori albanesi, lasciando  all'autorità giudiziaria minorile italiana e al SSI rispettivamente la competenza alla deliberazione del provvedimento e alle modalità della sua esecuzione.

24 Per l'analisi ed il commento di un interessante caso  di revoca di un decreto di rimpatrio di un minore "solo" precedentemente adottato dal Giudice tutelare di Torino "per l'avvenuto mutamento delle circostanze di fatto che l'avevano determinato", si rimanda alla scheda di Luciana Guerci pubblicata sul n. 3/1999 della rivista Diritto, Immigrazione e Cittadinanza, pp. 175-178.

25 Sulla composizione del Comitato si rimanda all'art. 33 del D.lgs. n. 286/98 e all'art. 3 c. 6 del d.p.c.m. n. 535/99.

26 Materiale informativo sulla convenzione tra il Dipartimento per gli affari sociali ed il Servizio Sociale Internazionale, in accordo con il Ministero del Lavoro e degli Affari Sociali albanese, può essere consultato sul sito Internet dell'ANCI (http: //www.ancitel.it/new/ssi.html).

27 L'opportunità che sia raccolta l'opinione del minore discende, peraltro, da precisi obblighi internazionali derivanti dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo (art. 12). Hanno soltanto il valore di raccomandazione invece le prese di posizione dell'UNHCR riferite ai minori rifugiati e all'opportunità che essi vengano sentiti, in relazione all'età e alla loro maturità, nelle procedure relative alle decisioni da intraprendere sulle soluzioni di lunga durata  (UNHCR, Refugee Children: Guidelines on Protection and Care 121 (1994)).

28 Sul punto, cfr. Paolo Bonetti, op. cit., pp. 74-83.

29 Innanzitutto l'accoglienza  non dovrebbe essere improntata a criteri emergenziali e improvvisati, finalizzati soltanto al soddisfacimento di bisogni primari di alloggio e vitto, ma richiedere la presenza di personale specializzato, di locali  idonei e non promiscui con situazioni di accoglienza di altro genere e caratteristiche, nonché prevedere interventi mirati di accompagnamento sociale,  centrati sull'assistenza medica e psicologica, sulla formazione educativa e professionale e, in caso di possesso dei requisiti di età, sull'inserimento lavorativo.  Occorrerebbe, dunque promuovere, nell'ambito della gestione del Fondo per le politiche migratorie, la creazione di centri specializzati regionali, non lasciando ai singoli enti locali soltanto la gestione del problema. Una possibilità in questa direzione viene aperta dall'art. 6 c. 2 del d.p.c.m. n. 535/99 che prevede, su proposta del comitato per i minori stranieri,  la stipula di apposite  convenzioni tra il Dipartimento per gli affari sociali e le amministrazioni pubbliche o organismi nazionali e internazionali al fine di garantire l'adeguata accoglienza del minore.

30 Cfr. artt. 8,9,10,11, 18 Convenzione di New York sui diritti del fanciullo. Il criterio preferenziale alla riunificazione familiare tuttavia deve essere sempre subordinato alla valutazione della corrispondenza agli interessi superiori del fanciullo. Per quanto concerne i minori rifugiati, la conclusione dell'UNHCR è che"all action taken on behalf of refugee children must be guided by the principle of the best interests of the child as well as by the principle of family unity" (Executive Committee Conclusions, n. 47 (1987). Per una interessante ed approfondita analisi dell'argomento si rimanda a Daniel  J. Steinbock, Unaccompanied Refugee Children in Host Country Foster Families, in International Journal of Refugee Law, vol. 8, n. 1/2, 1996, pp. 6-47.

31  In proposito si rimanda alle argomentazioni  sollevate in particolare da un gruppo di associazioni di Torino nel documento "Nell'interesse del minore nell'interesse della collettività. Appello per la sospensione dei rimpatrio dei minori stranieri a Torino", febbraio 1999.

*  Il testo seguente rappresenta la trascrizione letterale (non corretta dalle relatrici, ad eccezione dell’intervento di G. De Marco) degli interventi registrati su audiocassetta.

 

* Questa sintesi (curata da Elena Rozzi) è stata vista e corretta dal Presidente del Comitato per i minori stranieri, Paolo Vercellone. Le parti relative agli interventi del Tribunale per i minorenni, della Procura presso il Tribunale per i minorenni e della Questura di Torino, invece, non sono state viste e corrette dai relatori, e si tratta quindi di una nostra interpretazione.