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sommario

5 ottobre 2001
Civiltà sepolte
Buone idee per salvare il mondo di 25 donne e uomini di buona volontà
Tutta colpa del paradiso  di Domenico Marcello
Oh capitano, non mio capitano di Alessandro Cassin
La marcia indietro del generale   di Sergio Trippodo
La pace vista dai guerrieri  di Davide Silvera
La finanziaria "di guerra"  di Carla Rescia
Perché in tanti odiano gli Usa  di David Fiesoli
Professione homeless  di Riccardo Romani
Vade retro, femmina  di Giusy Concina

Buone idee per migliorare il mondo
Se il mondo, dopo l'11 settembre, non sarý pi˜ lo stesso, quali sono le vostre idee perchÈ possa migliorare? "Diario" raccoglie qui le prime risposte: di preveggenza, buon senso, utopia

di Donne e Uomini competenti


Alla data di martedì 2 ottobre, più o meno alle 17, mentre noi stiamo chiudendo questo numero del giornale, il mondo ronzava in una vigilia di guerra di cui sapevamo solo che sarebbe stata lunga, mondiale e segreta. Dalla distruzione del simbolo della potenza commerciale americana a New York (il World Trade Center) e dal contemporaneo attacco al suo simbolo militare (il Pentagono, a Washington) erano passati 21 giorni. Nessuno sapeva la destinazione del quarto aereo, quello precipitato in Pennsylvania. Era diretto alla Casa Bianca (sede del potere politico) o a Capitol Hill (sede del potere legislativo)?
Ancora oggi ciò che è successo a Manhattan non ha avuto una definizione nel nostro linguaggio: atto di guerra, atto di terrorismo, atrocità, stupro, mutilazione sono alcune delle parole usate. Una liquida morbosità continua intanto ad avvinghiarci alle immagini televisive dell'arrivo del secondo aereo. Degli aggettivi che abbiamo studiato a scuola, emerge la coppia "percosso" e "attonito": il preveggente Manzoni.
Per questo numero di Diario abbiamo chiesto "idee". Idee buone, piccole o grandi, su come la nostra vita potrebbe cambiare. Ci hanno risposto economisti, uomini di spettacolo, intellettuali, urbanisti, magistrati, scrittori, donne e uomini di mondo. A loro abbiamo aggiunto alcune idee di persone pubbliche che ci sono sembrate degne di nota.

Un piano Marshall
europeo per gli Usa

di Giorgio Linghini

I recenti avvenimenti hanno certamente costituto uno schock esogeno per l'economia americana e internazionale. Questo schock si è però innestato in una dinamica dell'economia già tendente alla recessione. Il Giappone è in depressione da tempo, gli Stati Uniti mostrano una fragilità strutturale, solo il potere di signoraggio sul dollaro consente loro di compensare il grave deficit di bilancio commerciale attraverso il flusso di capitali esteri. La mia proposta è questa: l'Europa dovrebbe ripensare il proprio ruolo internazionale, togliendosi dalla subalternità agli Usa. Non per arroganza, ma per l'interesse del sistema internazionale. L'Europa dovrebbe comprendere che non si governa l'economia solo con lo strumento monetario, con l'eccessiva timidezza di Duisemberg. Bisogna istituire un governo europeo in grado non solo di governare l'economia, ma soprattutto di assicurare e promuovere le conquiste sociali di cui l'Europa ha dato prova nei secoli, come nessun altro paese al mondo. Potrebbe essere un'eccellente occasione per dimostrare che è perfettamente possibile, oltre che desiderabile, avere un'economia sana e uno stato sociale civile. E potrebbe anche essere un eccellente momento perché l'Europa vari un Piano Marshall in favore degli Stati Uniti. (economista)

Mettete fuori
tutte le bandiere

di Mario Deaglio

Almeno dal punto di vista economico, questa guerra non si vince con i successi militari. Solo se il consumatore e l'investitore americani si riprendono presto dalla paura e tornano ai loro normali livelli di spesa si può evitare una recessione mondiale. Nel 1942, lo scrittore inglese Evelyn Waugh scrisse un libro intitolato Mettete fuori più bandiere e dite di aver vinto; se invece si creano troppe aspettative di una clamorosa vittoria sul campo, che dovesse poi mancare, la delusione affonderebbe del tutto l'economia. Probabilmente l'economia era il vero obiettivo dell'attacco e solo così si porranno le premesse per vincere davvero la battaglia economica. (economista)

È l'ora dei
grandi progetti

di Corrado Passera

I grandi nemici della pace e della libertà sono la povertà, l'estremismo fanatico, la grande criminalità, che sono invece amici e spesso sono tutt'uno con il terrorismo. La povertà si vince solo con la crescita economica, che in momenti come questi ha bisogno di grandi progetti - anche pubblici - di ricerca, di innovazione, di infrastrutture.
Il fanatismo si vince solo con l'istruzione diffusa e il dialogo tra le culture e tra le religioni. Anche nel conflitto tra Israele e palestinesi dobbiamo sconfiggere l'estremismo che condiziona entrambi gli schieramenti. Una soluzione equilibrata e definitiva va trovata e, se necessario, imposta. La grande criminalità si vince solo eliminando gli strumenti che l'hanno resa ricca e imprendibile: primi tra tutti i paradisi fiscali e la malintesa sacralità del segreto bancario. Ciò che non dobbiamo fare è piangerci addosso, farci prendere dalla paura e rimandare quello che avremmo comunque dovuto fare. Se questa fosse la nostra reazione ai fatti dell'11 settembre o se, oltre alla punizione dei responsabili, iniziasse un brutale "occhio per occhio", i terroristi avrebbero vinto.
(amministratore delegato delle Poste italiane)

Prezzo fisso
per il petrolio

di John Brent

Occorre un grande accordo di lungo periodo che fissi il prezzo del petrolio - con qualche meccanismo di flessibilità e di revisione periodica - a un livello giudicato equo da produttori e consumatori. Sarebbe un embrione di programmazione mondiale nel rispetto del mercato e un patto essenziale tra il Nord e il Sud del mondo. A questo prezzo, ogni Paese potrà acquistare una quantità predeterminata, compatibile con gli accordi di Kyoto sull'inquinamento. Se la quantità domandata è più bassa, il petrolio viene "stoccato" da un'autorità mondiale; se è più alta, la contrattazione è libera. Una parte del prezzo viene pagata a un fondo per lo sviluppo delle energie alternative di cui sono soci tutti i Paesi produttori di petrolio.
(nome d'arte di un esperto del settore petrolifero)

Meno carità per
la tragedia dei ricchi

di The Economist

"I magazzini vicini a New York sono così traboccanti di barre di cereali, spazzolini da denti, bavaglioli e altri doni inutilizzabili che i responsabili hanno gridato: "È abbastanza!". Così come per i soldi, visto che il totale raccolto per le vittime dei terroristi in 20 giorni - quasi 600 milioni di dollari - è sei volte quello che ha raccolto la Croce rossa americana dopo l'uragano Andrew... Ma dove vanno tutti questi soldi? Per lo più da nessuna parte... I gruppi filantropici sono abituati ai disastri naturali che sfasciano le case dei poveri, questo è un caso in cui un sacco di gente ricca è stata cacciata dai propri uffici... Un timore crescente è che le altre campagne non legate al terrorismo prenderanno molto meno". (29 settembre)

Guerra no (lo dico
contro i miei interessi)

di Giorgio Linghini

"I terroristi come bin Laden non sono degli stupidi. Se usano la mia arma, è perché è la più semplice da usare e la migliore in termini di efficacia e sicurezza", ha detto l'ottantadueenne Michail Kalashnikov, il generale dell'Armata rossa che nel 1947 inventò il micidiale mitra AK 47. Colui che ha ricevuto questa confessione è Alexei Kudriasciov, segretario personale di Kalashnikov e massimo esperto della compagnia del ministero degli Esteri russo che produce tre quarti delle armi destinate all'export. "Io e Michail la pensiamo allo stesso modo. Non è necessario iniziare una nuova guerra. Bisogna solo punire i terroristi. Anche se, a ben vedere, le guerre sono una boccata d'ossigeno per tutte le industrie belliche, anche quella di Michail". Quella di Michail si chiama Izhmash, si trova nel cuore della Repubblica di Udmurtia. Sono lontani i tempi in cui uno degli ingegneri capi della Izhmash disse a chi scrive: "Un giorno, anziché armi, la nostra fabbrica produrrà solo giocattoli per bambini".

Architetti, resistete
di Leonardo Benevolo

"In architettura non deve cambiare niente. Ci saranno precauzioni, controlli contro la minaccia del terrorismo. Questo è nella natura delle cose, siamo in emergenza, ma l'architettura non può essere basata sulle emergenze. I grattacieli sono fatti per durare centinaia di anni, non si possono cambiare perché c'è il terrorismo. Non esiste un'architettura più sicura di un'altra. La "città orizzontale", che qualcuno propone, disperde gli abitanti su una grande superficie, che è più difficile da controllare. Del resto, 30 anni fa sono stato in Sudamerica e mi sono impressionato vedendo le banche controllate da uomini armati. Oggi succede anche da noi e non ci facciamo più caso. Per quanto riguarda l'area dove c'erano le Torri gemelle, è un'area privata che costa un occhio e bisogna vedere se ci saranno risarcimenti alla proprietà. Mi sembra bella l'idea del sindaco Giuliani, di lasciare in piedi un relitto come monumento, come si è fatto con un pezzo del muro di Berlino. Un'altra idea che mi è piaciuta è di creare due sagome di luce che riproducano le torri, così di notte sembrerà che ci siano ancora: un'immagine virtuale tridimensionale, oggi la tecnologia lo permette. Non ricostruirei le Torri così com'erano, ma solo perché erano brutte". (urbanista)

Usciamo
e mescoliamoci

di Stefano Boeri

Difficile a dirsi, ma forse di questi tempi dovremmo uscire per strada e guardarci attorno. Come sempre facciamo, ma con un'attenzione diversa, dovremmo camminare tra i vicoli stretti del centro dove le boutique macrobiotiche e gli internet cafè si alternano ai centri di telefonia intercontinentali; attraversare le piazze rinascimentali punteggiate dai McDonald's e invase dalle ondate cicliche del commercio ambulante; entrare negli isolati ottocenteschi e osservare i seminterrati del lavoro nero compressi al di sotto degli uffici professionali; salire le torri squadrate della periferia residenziale contaminate da laboratori artigianali e spazi di culto; osservare dal finestrino gli accampamenti nomadi tra gli svincoli delle tangenziali. La nostra, quella europea, è una città imperfetta, spesso mediocre, quasi sempre disorganizzata. Una città meticcia: complicata dall'accumulo di troppi edifici e cose che si sovrappongono senza alcun ordine; confusa dalle tracce di abitanti troppo diversi che frequentano gli stessi spazi senza rinunciare al loro codice d'uso. Sporca per le reticenze di un'autorità pubblica incapace di prendersene cura. Squilibrata per come riflette nel suo corpo le differenze di ceto, di etnia, di religione.
Ma è una città fluida, che mette in scena le contraddizioni del mondo. Le vive, ne è lacerata, riesce di rado a nasconderle, a confinarle. E di questi tempi, nei quali Muri, Scudi e Protezioni sembrano aggeggi anacronistici, che non isolano più nulla e anzi spesso suscitano risposte estreme, la nostra città meticcia sta forse diventando un implicito, involontario modello di vita. (urbanista)

Beviamo, fumiamo
e facciamo sesso
"apocalittico"

di Sunday Times

"I baristi dicono che la gente sta fumando e bevendo di più, anche se questo significa accalcarsi fuori. Indulgono anche nel cosiddetto sesso del terrore o dell'apocalisse: sesso appassionato con gli estranei, a causa del trauma. Il disastro, pare, ha fatto apprezzare persino ai logorati newyorkesi il valore della compagnia umana. Molti si imbarcano in nuove relazioni o fanno "un passo in più" in quelle che già hanno. Il senso della morte arriva quasi a sembrare un grande afrodisiaco". (30 settembre)

Bombardiamo
i Talebani
con Julia Roberts

di Paco Ignacio Taibo II

"Bisognerebbe bombardare i talebani di film con Julia Roberts e Rita Hayworth. Credo che questa alleanza con Hollywood sia necessaria per far impazzire i talebani. Non vorrebbero mai una vita come quella descritta dai film, ma impazzirebbero e a quel punto il loro regime sarebbe allo sbando. Così in Afghanistan si potrebbe inastaurare un governo laico. A quel punto già che ci siamo si potrebbe approfittare per chiudere la sede della Cia a Langley: l'attentato alle Twin Towers ha dimostrato che non serve poi a molto". (scrittore)

Ricominciamo
dalla terra

di Walfgang Sachs

Mi auguro che lo smarrimento universale dopo l'attacco sanguinoso ai simboli americani trovi sbocco in un esame di coscienza da parte dell'Occidente. Poiché non c'è da ingannarsi: l'umiliazione brutale dell'America è il prodotto non solo del terrorismo, ma anche di una lunga storia di umiliazioni subite dai popoli arabi dal declino dell'impero ottomano in poi. Prima gli inglesi, francesi e italiani si sono divisi i territori arabi fra di loro, e poi gli americani hanno esercitato il loro dominio economico. Noi oggi siamo i posteri dei nostri antenati; ci troviamo fra l'altro di fronte all'eco lontana dei crimini commessi dai nostri nonni e bisnonni. Ma noi siamo anche gli antenati delle generazioni future. Come evitare un'altra esplosione di odio e disperazione fra 30-50 anni? Fra le tante minacce che pendono sui poveri del mondo ce n'è una particolarmente insidiosa: il cambiamento climatico. È l'Occidente che per la maggior parte sta producendo i gas serra che semineranno alluvioni, siccità e malattie nelle aree più vulnerabili dei Paesi del Sud. Colpirà quindi un nuovo colonialismo, quello teletrasportato attraverso la chimica dell'atmosfera. La soluzione pratica? Ratificare e andare oltre il protocollo di Kyoto. E cominciare seriamente la decarbonizzazione dei nostri sistemi energetici. Tale riconversione ecologica sarà indispensabile per garantire il diritto di sicurezza e sopravvivenza a tutti i cittadini del mondo. Senza l'ambientalismo dei ricchi oggi la risposta dei poveri domani, non sapiamo come, ma ci sarà.
(ecologista del Wuppertal Institut)

Mandato
di cattura europeo

di Gian Carlo Caselli

Premesso che l'idea migliore di tutte sarebbe intervenire non soltanto sul versante della repressione, ma anche su quello delle radici sociali, politiche ed economiche di certi fenomeni, sul piano del contrasto tecnico una buona idea sarebbe ratificare le convenzioni internazionali dopo averle firmate. Invece, la Convenzione Onu del dicembre 2000 sulla lotta al crimine transnazionale e la Convenzione europea di assistenza giudiziaria del maggio 2000 sono ancora lì: con pochissime ratifiche e perciò senza nessuna operatività concreta. Segno che impegnarsi con i proclami è facile, ma i fatti sono un'altra cosa. Una buona idea sarebbe anche il mandato di arresto europeo. Oggi succede che nessun Paese estrada o persegue il proprio cittadino, anche se accusato o giudicato responsabile di gravi reati da un'autorità straniera. Così, più o meno consapevolmente, ciascuno Stato finisce per cercare la propria tranquillità sperando che il terrorismo resti confinato in casa d'altri, non intervenendo più di tanto in casa propria. Il mandato di arresto europeo segnerebbe la fine di questo "gioco del cerino", un po' miope e molto poco responsabile quanto agli interessi sovranazionali. (rappresentante italiano di Eurojust)

Aboliamo
i paradisi

di Francesco Greco

Abolire il paradiso. Quello islamico, che promette 100 vergini a chi muore per Allah, e quello fiscale, che permette al denaro sporco di circolare per il mondo ridiventando vergine. Occidente e Islam in questo sono uniti: hanno un paradiso molto fisico, molto materiale. (magistrato a Milano)

Immigrati, venite
e sarete accolti

di Sergio Briguglio

L'immigrazione trova oggi ostilità in due diversi schieramenti: quello che vuole applicare misure protezionistiche in difesa della manodopera nazionale e quello preoccupato per il rischio di un aumento del tasso di criminalità nella nostra società. Al primo bisognerebbe far osservare che il beneficio prodotto dall'abbattimento delle barriere protezionistiche è tale, per il mercato che lo pratica, da compensare largamente il danno che ne viene alla categoria che si voleva proteggere. Vale per la vendita di auto; vale anche per la vendita di lavoro. Al secondo si dovrebbe venire incontro impedendo che il malvivente straniero possa mimetizzarsi in una vasta popolazione di clandestini del tutto inoffensivi. Si dovrebbe perciò evitare che chi voglia migrare per lavoro in un Paese come il nostro sia costretto a farlo per vie illegali. Ma un soggiorno illegale sarà obbligato se pretenderemo - come si cerca di fare in Europa - che il lavoratore straniero che chiede un visto di ingresso abbia stipulato preventivamente un contratto di lavoro: un rapporto di lavoro può sorgere infatti solo da un incontro diretto, sul posto, tra datore di lavoro e lavoratore. Bisogna quindi consentire un soggiorno legale finalizzato alla semplice ricerca di un'occupazione. La soluzione più semplice consiste nel permettere a chi viene nel nostro Paese - poniamo - con un visto di ingresso per un soggiorno di breve durata (turismo, per esempio) di ottenere, nel momento in cui trova una possibilità di lavoro, un permesso di soggiorno per lavoro senza dover fare ritorno in patria. È la liberalizzazione dell'immigrazione? Ci va molto vicina, ma consente agli Stati di mantenere il controllo di chi entra e chi esce, perché lo stesso straniero ha interesse a che tutto avvenga alla luce del sole. (esperto di immigrazione Caritas)

Vi presento
i nuovi leader

di Maria Pace Ottieri

Per la prima volta nella storia, vivono stabilmente in Europa circa quindici milioni di musulmani, in alcuni Paesi ormai alla seconda e alla terza generazione. Tutti i gradi di fedeltà alle origini sono rappresentati, ma la maggior parte di questi nuovi cittadini europei, a differenza delle prime ondate di immigrati, è accomunata dal desiderio di sentirsi a casa nei vari Stati, cittadini inglesi, francesi, italiani, di confessione musulmana. Certo, di fronte al miliardo e passa di musulmani nel mondo, rappresentano una minoranza, destinata però a crescere nel numero e nel peso politico e culturale. In Francia e in Inghilterra sono nate negli ultimi quindici anni decine di associazioni di studenti che lavorano ad adattare i principi originari dell'Islam al contesto europeo e che lottano per la cittadinanza e la partecipazione politica, rivendicando un'autonomia finanziaria e politica dai Paesi d'origine i quali invece attraverso moschee e ambasciate esercitano su di loro un controllo fortissimo. Cominciamo a considerarli dei mediatori naturali tra i loro Paesi d'origine e i Paesi occidentali dove vivono, studiano, lavorano, si sposano, fanno figli e presto o tardi, come tutti gli immigrati, dovranno ottenere il diritto di votare, se l'Europa non vuole covare un pentolone ribollente di giusti rancori. L'Islam non è immobile, è attraversato da un movimento riformista di rilettura dei testi, di discussione sull'ijtihad, il principio dell'interpretazione, ma i musulmani non sono dei bravi comunicatori. Alcuni leader moderati vivono nei Paesi islamici, altri in Europa come l'egiziano-ginevrino Tariq Ramadan, il tunisino in esilio Rachid Gannouchi, l'irakeno Yousif Al Khoi. È interesse comune che si facciano conoscere, spieghino come si evolve la loro religione, come si può conciliare con i nostri sistemi giuridici e con i nostri modi di vivere. Puntare su di loro, invece che su odiose dittature o frange estremiste che sfuggono di mano, sarebbe una vera novità. (giornalista)

Proviamo
a innamorarci

di Bernardo Bertolucci

Quando giravamo Il tè nel deserto nel Sahara algerino visitammo un piccolo oratorio tra le dune. Ricordo che nell'acquasantiera non c'era acqua, ma sabbia. Era l'innamoramento del cristianesimo per l'Islam, era l'Islam che si offriva al cristianesimo sotto forma di sabbia. Ecco, dopo l'11 settembre, il mio sentimento più forte è la fantasia sull'innamoramento tra culture che si attraggono, invece che respingersi. Un tema che mi ha sempre affascinato. Questa fantasia diventa più forte, quando sento parlare di supremazia e di scontro tra civiltà. Lo sa Berlusconi che il cinema migliore degli ultimi anni viene dall'Iran? Penso a registi come Kiarostami, a Payami, a Ghobadi, Makhmalbaf e a sua figlia Samina.
Non so cosa sarà di Hollywood, ora. L'interazione tra cinema e realtà è stata così forte e complessa che non si può dire se sia venuto prima il cinema o l'attacco al World Trade Center. Certo, oggi Hollywood si ritrova con niente tra le mani. Gli imitatori del cinema catastrofico hanno superato ogni sua più sfrenata fantasia. Colpisce il contrasto tra lo stile mostruosamente epico dei kamikaze di New York e Washington e quello quasi neorealista, da home movie, dei giovani palestinesi prima delle missioni suicide e omicide. Di fronte a quanto è successo non si riesce neanche a pensare ai versi di Yeats: "A terrible beauty is born". L'attacco in diretta televisiva alle Torri gemelle va al di là anche della "terribile bellezza" di un momento apocalittico. Lo spettacolo a cui il mondo ha assistito è l'orribile rispecchiarsi di un razzismo nel suo doppio. (regista)

Imparare
a conversare

di Fabio Fazio

Come sono cambiate le nostre abitudini dopo gli attentati dell'11 settembre, così cambierà la televisione, cioè non succederà assolutamente niente. O meglio, cambierà la programmazione televisiva in favore dell'approfondimento e a svantaggio dell'intrattenimento che in periodo di crisi economica e di minori investimenti pubblicitari significa una benedizione, ma non cambierà, temo, la sostanza.
Non cambierà l'atteggiamento di chi fa televisione nei confronti del pubblico che continuerà a essere considerato un'indistinta massa di distratti consumatori. È evidente che per tradurre l'angoscia di questi giorni non serve a nulla indossare la faccia di circostanza e chiedere un bell'applauso o peggio ancora rinunciare a un genere: questa volta è un problema di sostanza. Vorrei una televisione che recuperasse il significato delle parole, che ci aiutasse a non sprecarle, che ci regalasse il tempo per distinguerle, per capire. Magari, fra i mille giochi e giochini riuscissimo davvero a giocare; magari un varietà riuscisse davvero a farci divertire; magari un talk-show rispettasse le regole della conversazione. La conversazione obbliga all'ascolto dell'interlocutore, all'accoglimento del suo punto di vista, alla elaborazione di un pensiero e quindi alla replica. Volendo anche questo potrebbe essere un gioco e ci si potrebbe persino divertire. Di certo ci abituerebbe a prendere in considerazione il punto di vista altrui e forse a renderci conto che ci sono anche gli altri, molti dei quali vedono la nostra televisione da lontano: vedono i nostri quiz ma non possono parteciparvi, vedono i nostri prodotti ma non possono comperarli, vedono il nostro benessere ma non stanno affatto bene.
Si dice sempre che la televisione è volgare e di solito lo si dice per stigmatizzare l'intemperanza verbale di un comico o la tetta al vento di qualche attricetta: io invece penso che la volgarità sia sempre e solo negli intenti, nel perseguire uno scopo diverso da quello che si dichiara: sarebbe molto volgare, per esempio, listare a lutto la televisione per lavarsi la coscienza. Sarebbe auspicabile che la terrificante deflagrazione cui abbiamo assistito ci facesse risvegliare dal nostro torpore e ci ricordasse che la nostra felicità non può prescindere da quella altrui e ricordasse a noi che facciamo tv che anche la nostra volgarità come ogni volgarità rende il mondo più brutto e dunque più violento. (autore e conduttore televisivo)

Più di tutto,
tenersi per mano

di Anthony Lane

Antohony Lane, critico cinematografico del New Yorker, annota: "L'immaginario americano della catastrofe era, fino all'11 settembre, legato ai film di Hollywood (mentre in Europa la distruzione di una metropoli è in grado di far rivivere delle realtà, che vanno dalla Seconda guerra mondiale agli attentati dell'Ira). Delle scene del disastro, commenta: "L'11 settembre migliaia di persone sono morte, e sono morte davverro; ma migliaia sono morte insieme, e quindi qualcosa viveva. Le scene più importanti, e disturbanti, che emergono da quelle ore non sono quelle delle torri che crollano o del vuoto che le sostituisce. Sono le fotografie delle persone che si buttano dalle finestre e, in particolare, di due persone che saltano insieme. È impossibile, nella macchia che formano, stabilire la loro età o il loro sesso. Ma non ha importanza, perché una cosa si vede con chiarezza: i due cadono tenendosi per mano. Ora pensate alla poesia di Philip Larkin sulle figure di pietra scolpite su una tomba inglese e a quel "sharp tender shock" alla vista che si tengono per mano. Il verso finale di quella poesia è diventato celebre e martedì scorso - in innumerevoli maniere, nelle telefonate finali, nelle mani unite di quella coppia, in circostanze che Hollywood non potrebbe nemmeno pensare di riprodurre - quel verso si è dimostrato di nuovo vero e, così facendo, con calma ha conquistato il terreno del disgusto e della rabbia in cui il crimine è stato concepito: "What will survive of us is love". (critico cinematografico)

Amore
e microcredito

di Muhammad Yunus

L'11 settembre 2001 è stata una sveglia per il mondo intero. Il mondo è cambiato irrevocabilmente. Sappiamo che non è né etico né giusto per i Paesi ricchi isolarsi dalla povertà, dalla sofferenza o dalle lagnanze della gente degli altri Paesi. Adesso sappiamo che un mondo dove la tecnologia e l'informazione rendono facile per chiunque pianificare ed eseguire carneficina su scala gigantesca non è sicuro. La parte inferiore del mondo langue nell'oscurità dell'ignoranza e dell'incapacità. L'11 settembre i terroristi ci hanno dato solo un terribile esempio di una minaccia che continuerà a crescere se noi non costruiamo un mondo nuovo. La fine del terrorismo non arriverà però attraverso attacchi militari né facendo piovere missili su un piccolo territorio o su molti territori. L'America deve innanzitutto raccogliere tutto il mondo per eliminare il terrorismo in modo sostenibile, non solo fargli nascondere la sua orribile testa per qualche tempo. Il modo migliore per fare questo, per il presidente Bush, è richiedere al segretario generale dell'Onu di convocare un summit mondiale per determinare i modi e i mezzi per farla finita con il terrorismo il prima possibile. Ci vorranno gli sforzi di molte nazioni per punire i protettori degli atroci atti dell'11 settembre e per identificare le cause più profonde del terrorismo e agire contro di loro collettivamente. Quindi dobbiamo continuare a costruire un mondo che sia completamente libero dall'odio e dalla rabbia che causa il terrorismo. In questo nuovo mondo dovremo prendere molto seriamente le sensibilità nazionali, religiose, etniche, culturali e storiche. Questo mondo dovrà essere basato su profonda comprensione, empatia e cooperazione. Dovrà essere un mondo in cui l'obiettivo sia la dignità per tutti, la compassione per tutti, con un principio della società globale che sia: più sei debole, più attenzioni hai.
Può sembrare un obiettivo lontano. Ma noi abbiamo già posto solide fondamenta. Le cose stanno prendendo forma. Il muro di Berlino è scomparso. L'Unione Sovietica è collassata. La guerra fredda è finita. L'Europa si è unita. L'apartheid non c'è più. La Cina è entrata nella World trade organization. Il processo della vera globalizzazione è cominciato. Giovani democrazie stanno mettendo le radici fra America Latina, Africa e Asia. Per la prima volta nella storia la gente più povera del mondo, e in particolare le donne povere, stanno avendo una possibilità di costruire il proprio destino e di tirarsi fuori da sole dalla povertà. I pionieri del microcredito hanno lanciato un movimento che raggiungerà 100 milioni di famiglie povere entro l'anno 2005. Quasi 20 milioni di famiglie sono state già raggiunte. L'obiettivo sembra conseguibile. Al Millennium summit delle Nazioni unite, i paesi ricchi hanno steso una dichiarazione per ridurre della metà il numero di poveri nei loro Paesi entro il 2015. Tutto questo è successo appena in una generazione! Primi ministri e presidenti dei Paesi ricchi possono andare oltre, galvanizzando i loro legislatori e cittadini per appoggiare lo storico compito e annunciare una campagna per cancellare tutta la povertà entro il 2030!
Questo è il tipo di movimento che porterà davvero alla fine del terrorismo. Abbiamo ancora tempo per pensare. Speriamo che prevalga il buon senso. Quando la freccia lascia l'arco è troppo tardi. Noi abbiamo ancora la possibilità di proteggere quello che abbiamo costruito e che stiamo continuando a costruire. Rafforziamo questo processo che abbiamo faticosamente creato. Continuiamo ad andare avanti, non arretriamo nel passato. (fondatore di Grameen Bank)

Usa, non lasciate
il lavoro a metà

di Madeleine Albright

"Io ritengo ci si debba concentrare sul futuro dell'Afghanistan, e non voltargli le spalle allontanandoci, se il regime dei taliban si disintegrerà. Gli Stati Uniti voltarono le spalle all'Afghanistan quando i sovietici si ritirarono, lasciando un vuoto. Abbiamo una sorta di tendenza a voltare le spalle e allontanarci prima di aver concluso il lavoro. È successo in Iraq e sta succedendo in Afghanistan. Ma abbiamo insistito sul fatto che, per esempio, nessuno si allontanasse dai Balcani prima di concludere il lavoro che doveva essere fatto. In questo caso, dunque, penso che non dovremo scegliere il governo dell'Afghanistan, ma dobbiamo appoggiare le forze che guardano al futuro... Nel tentativo di creare questa coalizione che dovrà appoggiare la guerra contro il terrorismo, sembra che gli Stati Uniti stiano facendo un voltafaccia con una serie di paesi. Verso il Pakistan sembra stiamo chiudendo un occhio sulla questione del loro programma nucleare. O le repubbliche dell'Asia centrale - alcuni sono Paesi con una spaventosa situazione per quanto riguarda i diritti, e ora diciamo "lavoriamo con voi". L'Iran, la Siria... È possibile che gli Stati Uniti stiano lasciando da parte un po' di principi nel tentativo di mettere la guerra al terrorismo davanti a tutto? Questo mi preoccupa, perché penso che poi ci si possa trovare in alleanze o amicizie con popoli o paesi ambigui di cui ci pentiremo".
(ex segretario di Stato Usa, intervista alla Cnn, 1 ottobre)

Basta con i "parlamenti apparenti"
di Ralf Dahrendorf

La soluzione per superare l'attuale crisi della democrazia? "Non creare dei parlamenti "apparenti" per il mondo nel suo insieme. La soluzione si deve trovare in un sistema di controlli incrociati, secondo procedure trasparenti che diano alle persone la possibilità di esprimere il loro punto di vista in modo chiaro". (filosofo)

Il Nobel a Bush
se non fa la guerra

di Le Monde

"Un gruppo di accademici norvegesi ha suggerito la candidatura di George W. Bush al premio Nobel per la pace, ma solo se "eviterà la guerra in risposta agli attentati dell'11 settembre". Chiedono che Bush "tratti il problema del terrorismo senza causare la morte di innocenti"". (26 settembre )


Telecomandiamo
gli aerei fuori rotta

di Mark Springer

Mark Springer, ingegnere areonautico, sostiene che la tecnologia già esistente (la stessa utilizzata per far volare i jumbo in pilota automatico) potrebbe permettere alle torri di controllo di neutralizzare qualsiasi aereo dirottato, costringendolo ad atterrare dove e come vogliono. In altre parole se un aereo di linea improvvisamente cambia rotta, gli operatori della torre di controllo più vicina potrebbero "congelare la cabina di comando in mano a terroristi e costringere l'aereo a riprendere la rotta fino a destinazione". Secondo Springer sarebbero necessarie modifiche modeste agli aerei ma molto più personale per controllare le rotte degli aerei almeno in prossimità delle città. Torna in mente il presidente Ronald Reagan, che nel 1980 licenziò in blocco circa 18 mila controllori di volo.

Voliamo con
trentamila lire

di Michael O'Leary

Michael O'Leary, presidente di Ryanair, compagnia low cost, ha proposto la sua ricetta per superare la crisi: "Bisogna adottare misure per tagliare i costi delle compagnie aeree così come le tasse aeroportuali. I governi dell'Unione europea devono resistere alle richieste di aiuti di Stato che semplicemente aumentano l'inefficienza. Noi ci impegnamo a mantenere intatto il nostro orario, senza cancellare voli o licenziare personale". La Ryanair ha deciso di mettere in vendita un milione di posti sui suoi aerei a 9,99 sterline (31 mila lire).

Sanità pubblica
contro i virus nemici

di Vox Populi

In caso di attacco chimico o batteriologico, risulta chiaro a tutti che oggi le strutture ospedaliere Usa non sarebbero in grado di farvi fronte. Un quarto di secolo di privatizzazioni, tagli del personale, riduzione dei costi in ottica solo di profitti, ha fatto degli ospedali delle strutture indipendenti e non comunicanti. Sarebbe invece utilissimo un coordinamento sanitario nazionale moderno ed efficente. Solo un simile ente (pubblico, statale) sarebbe in grado di monitorare, analizzare e mettere a disposizione strutture e personale in caso di un'emergenza sanitaria. Un ritorno alla gestione pubblica della sanità pare la scelta più sensata.

Negli Usa più Stato,
meno mercato
di Robert L. Borosage e William Greider

"È necessario un forte programma governativo di stimolo - e di motivazioni - per le aziende e per i consumi delle famiglie. Se siamo davvero in guerra, il governo deve stimolare un senso di fiducia e di equità sociale. Il patriottismo non potrà essere un collante se continuerà l'etica del "chi vince piglia tutto". Il salvataggio delle compagnie aeree con 15 miliardi di dollari del governo non è stato un buon inizio, perché Washington non ha chiesto alle compagnie nulla in cambio. Quando, vent'anni fa, il governo salvò la Chrysler, il suo amministratore delegato Lee Jacocca lavorò per un anno alla paga simbolica di un dollaro; i sindacati ebbero un posto nel consiglio di amministrazione e il governo tramutò in azioni il denaro che aveva versato (azioni che poi vennero restituite). Questa volta nemmeno il Partito democratico chiede cose minime, e cioè che le compagnie non considerino i contratti sindacali carta straccia (le compagnie aeree americane hanno finora licenziato centomila dipendenti, ndr). Anche lo stanziamento straordinario di 40 miliardi di dollari ci sembra un balbettio. Il governo dovrebbe invece destinare agli stati una cifra tra i 40 e i 60 miliardi di dollari per lo sviluppo di istruzione, trasporto, alimentazione, case popolari e salute. Piuttosto che destinare il budget al Pentagono, il Congresso dovrebbe approvare programmi sociali, e prima di tutti, dovrebbe portare a 36 settimane l'assegno di disoccupazione di 300 dollari la settimana. In generale pensiamo che il governo dovrebbe impegnarsi in un programma sociale per mille miliardi di dollari e permettere alle famiglie la dilazione dei loro debiti. Gli impegni sono pari alla sfida che è stata portata e i cittadini dovrebbero svegliare i politici di Washington dallo stupore che soffoca la loro immaginazione.
(Borosage è presidente di Campaign for America's Future, Greider è un giornalista politico)

Mai più
in macchia da soli

di Giorgio Linghini

Il sindaco di New York ha vietato, nell'emergenza attuale, l'ingresso in città alle automobili con una sola persona a bordo. Molte persone pensano che la regola dovrebbe essere rispettata anche in tempi normali. Il progetto si chiama "car sharing" e porta notevoli benefici allo snellimento del traffico e alla diminuzione dell'inquinamento urbano.


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