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Opera Nomadi |
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Joseph Crescenzi Rovera ci ha
lasciato.
Joseph Crescenzi, quel piccolo Sinto biondo
di un anno e mezzo dai grandi occhi azzurri, non è più. Solo
l’altro ieri giocava con le cuginette a Latina. Il nonno ha tentato con
tutte le sue forze di salvarlo dalle fiamme, riportando lui stesso ustioni
medicate in ospedale. Estratto il bambino dalla roulotte, hanno tentato di
rianimarlo ma tutto è stato inutile.
Sistemato da qualche anno a Campo di Carne,
il nonno giostraio Giancarlo Rovera aveva raccolto intorno a sé parte
dei figli. Gianni ed Emanuele, ora diciottenni, erano insieme
dall’età di 16 anni. Erano fieri di questo loro figlio che cresceva
così bene. Tutti i Sinti di Latina e dintorni sono sconvolti. Lo
è pure l’Opera Nomadi legata alla famiglia Crescenzi Rovera da
profonda amicizia.
Joseph non festeggerà con i
suoi cari il suo secondo Natale.
Joseph è solo l’ultima
vittima sacrificale causata dalle condizioni disumane in cui il popolo dei Rom,
Sinti e Camminanti è relegato a vivere in cosiddetti campi nomadi sprovvisti di
dignità e di un minimo di sicurezza in cui, molto spesso sono approdati
per sfuggire alle pulizie etniche nei nuovi Stati Nazionali Puri dell’est europeo da
cui sono fuggiti in massa negli ultimi 10 anni.
In questi campi (a parte qualche villaggio
attrezzato che a paragone degli altri sembra quasi un’isola felice!),
bambine e bambini rischiano quotidianamente la vita per il freddo, gli incendi,
le malattie e soprattutto rischiano il loro futuro sempre più incerto e
buio.
I cosiddetti campi nomadi nati come risposta ad un’emergenza
sono purtroppo diventati un’escrescenza stabile di questa opulenta
società.
Un luogo dove emarginazione,
devianza, rischio della propria vita e un futuro senza speranza sono
all’ordine del giorno.
Qui a Roma sei bambini sono morti in
un anno alla Muratella; altri sei bambini
Rom morirono al Casilino 700 prima
della sua chiusura e assistiamo impotenti ad uno stillicidio continuo di morti
quotidiane.
Dopo la morte a Bologna di Amanda e
Alex, i due bambini Rom che tanta commozione suscitarono in tutto il paese,
abbiamo continuato a contare, in tutta Italia, le morti per fuoco dei figli dei
ghetti. Negli ultimi anni ammontano a più di quaranta i bambini morti
per la precarietà dell'habitat.
Joseph era un bambino italiano ed è morto come tanti
altri bambini Rom e Sinti dell’est europeo.
A parte alcuni gruppi ancora seminomadi (che sono oramai una minoranza nel nostro paese) nel Centro-Sud la grande maggioranza dei Rom italiani vive in casa ed ha abbandonato il seminomadismo per via della scomparsa dall’economia italiana dell’allevamento dei cavalli e dell’artigianato dei metalli, che per 600 anni avevano costituito la sopravvivenza materiale e la conseguente cultura di vita.
Nel Centro-Nord migliaia di <Sinti
ex-Giostrai>
vivono ammassati in enormi campi di roulotte, mentre essi desiderano vivere in
piccoli gruppi familiari; i Comuni non permettono loro di autocostruire questi
piccoli Villaggi, che garantirebbero invece un buon livello di vita
comunitaria.
Grave è ancora invece la
sorte dei Rom originari della Romania e della Jugoslavia, i quali a migliaia sono
fuggiti dai <Campi> per affittare vecchie case ma ancora troppi vivono in
queste strutture con servizi promiscui.
L'esigenza di avere servizi privati
per ogni nucleo familiare e' molto sentita, infatti l'uso di strutture in
comune causa problemi derivanti sia da un senso del pudore tradizionalmente
radicato, sia da un senso della cura e dell'igiene che sicuramente non si ha
verso servizi che non sono di proprietà o di uso esclusivo.
Alcuni Comuni hanno assegnato
<Case popolari> a qualche famiglia di Rom Jugoslavi, ma si tratta ancora
di casi isolati.
Molto più numerosi i Comuni
che hanno adottato la linea dei <Villaggi di prefabbricati> che almeno
hanno eliminato la promiscuità, ma i Rom dei Balcani vogliono casa
perché abituati da 50 anni nei loro Paesi a vivere in appartamenti del
governo o in piccole abitazioni autocostruite.
Una casa dignitosa, come quelle di
recente date dal Comune ai Rom baraccati di Cosenza, è questa
l’unica speranza affinché i tanti Joseph, Amanda, Alex, Manuela,
Salem, Silvana, Enrico… non siano morti invano.
Roma, 21/12/2001