OSSERVAZIONI SULLA PROPOSTA DI DIRETTIVA RELATIVA AGLI
STANDARD MINIMI DI ACCOGLIENZA DEI RICHIEDENTI ASILO
Art. 2 punto d) – i)
Il punto in questione
appare certamente assi delicato. Le differenze, anche notevoli, tra i diversi
paesi membri dell’Unione, sull’equiparazione o meno delle coppie
non sposate alle coppie sposate (nonché l’equiparazione delle
coppie etero alle coppie omosessuali) rischia di creare situazioni di notevole
difformità di trattamento, tra i paesi dell’Unione, nei confronti
dei richiedenti asilo. In particolare, possono ricorrere con frequenza i
seguenti casi:a) il richiedente asilo può risultare coniugato secondo
gli usi e le norme in vigore nel suo paese di origine, ma tali usi non sono
riconosciuti nel paese membro; b) il richiedente asilo può risultare
coniugato anche secondo le norme del paese membro, ma non è in grado di
dimostrarlo in alcun modo.
Una modifica essenziale,
che pure non affronta l’insieme della problematica (per la quale, va
ammesso che non vi è una soluzione semplice) dovrebbe comunque essere
introdotta chiarendo che, allo scopo di tutelare il superiore interesse del
minore, in caso di presenza di figli minorenni, sia legittimi, naturali o
adottivi, la coppia, se solo convivente, venga equiparata alla coppia sposata
ai fini di tutte le disposizioni previste dalla direttiva.
Dovrebbe
essere previsto che gi Stati membri possano applicare le disposizioni della
direttiva anche in relazione ai procedimenti di esame di domande originariamente
intese all’ottenimento di un diverso tipo di protezione - anche
quando, cioe’, non vi sia stato alcun diniego in relazione a una
richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato. Qualora per tale tipo di
procedimenti non fosse previsto il rispetto di standard minimi di accoglienza,
infatti, risulterebbe incentivata la preventiva e impropria presentazione di
domande di riconoscimento dello status di rifugiato.
Tale precisazione risulta tanto più importante qualora si consideri che, in molto stati dell’unione (tra cui l’Italia) è possibile presentare un’istanza di protezione e chiedere che venga attivata una procedura diversa da quella prevista dalla Convenzione di Ginevra per il riconoscimento dello status di rifugiato (es: asilo costituzionale)
Trattandosi di informazioni – quelle di cui al comma 1 – standard, non e’ ammissibile che si possa derogare all’obbligo di fornirle in lingua comprensibile al richiedente. Andrebbe soppresso l’inciso “per quanto possibile”.
Art.
6 co. 3
L’espressione
“possa essere prorogata” dovrebbe essere sostituita con
l’espressione “debba essere prorogata”; infatti, se il
richiedente asilo è autorizzato a permanere a pieno titolo nel
territorio dello stato membro in quanto pendente un ricorso o un riesame della
sua posizione, non si comprende la ragione per la quale l’interessato
possa correre il rischio di non disporre più dei documenti nominativi di
cui al comma 1.
Non e’ chiaro se la disposizione vada interpretata nel senso di garantire l’accesso allo studio anche in caso di decisione negativa sulla richiesta di protezione (cui non seguirebbe, di per se’, un provvedimento di espulsione). Una simile interpretazione corrisponderebbe a far prevalere – assai positivamente - il diritto del minore all’istruzione su quello dello Stato membro ad allontanare il richiedente e la sua famiglia. Sarebbe opportuna una formulazione maggiormente esplicita di questa disposizione che imponga tale interpretazione.
Del tutto incomprensibile e priva di motivazioni appare la dicitura della frase finale del comma 1, laddove si afferma che “gli stati membri possono limitare tale accesso al sistema scolastico pubblico”
Art.
14
La
previsione di tale articolo mi sembra molto importante e andrebbe senza dubbio
mantenuta. Potrebbe tuttavia risultare utile integrare la previsione, facendo
esplicito riferimento anche alla necessità che gli stati membri si
adoperino affinché resa effettivamente possibile l’accesso dei
richiedenti asilo adulti ai corsi di istruzione di base.
Per
ciò che riguarda l’istruzione degli adulti e dei minori risulta
interessante esaminare, allo scopo di trarre delle possibili indicazioni utili,
quanto disposto dalla normativa italiana in materia di istruzione per gli
stranieri. Essa risulta particolarmente attenta ed ispirata ad una visione
aperta; in particolare: a) si prevede l’obbligo di iscrizione alla scuola
di base per tutti i minori, indipendentemente dalla loro condizione di
soggiorno (ovvero anche se il minore faccia parte di una famiglia irregolarmente
presente sul territorio nazionale) b) si prevede l’attuazione di appositi
corsi ed iniziative per l’apprendimento della lingua italiana. In tale
modo lo straniero, per l’apprendimento della lingua italiana e per
l’acquisizione del diploma di base, non è costretto a ricorrere a
corsi di natura privata, spesso erogati a pagamento.
(Istruzione degli stranieri. Educazione
interculturale)
D.Lgs 286/98 art. 38
legge 30 dicembre 1986, n. 943, art.9, commi 4 e 5)
1. I minori
stranieri presenti sul territorio sono soggetti all’obbligo scolastico;
ad essi si applicano tutte le disposizioni vigenti in materia di diritto
all’istruzione, di accesso ai servizi educativi, di partecipazione alla
vita della comunità scolastica.
2.
L’effettività del diritto allo studio è garantita dallo
Stato, dalle Regioni e dagli enti locali anche mediante l’attivazione di
appositi corsi ed iniziative per l’apprendimento della lingua italiana.
3. La comunità scolastica accoglie le differenze linguistiche e
culturali come valore da porre a fondamento del rispetto reciproco, dello
scambio tra le culture e della tolleranza; a tale fine promuove e favorisce
iniziative volte alla accoglienza, alla tutela della cultura e della lingua
d’origine e alla realizzazione di attività interculturali comuni.
4. Le iniziative
e le attività di cui al comma 3 sono realizzate sulla base di una
rilevazione dei bisogni locali e di una programmazione territoriale integrata,
anche in convenzione con le associazioni degli stranieri, con le rappresentanze
diplomatiche o consolari dei Paesi di appartenenza e con le organizzazioni di
volontariato.
5. Le
istituzioni scolastiche, nel quadro di una programmazione territoriale degli
interventi, anche sulla base di convenzioni con le Regioni e gli enti locali, promuovono:
a)
l’accoglienza degli stranieri adulti regolarmente soggiornanti mediante
l’attivazione di corsi di alfabetizzazione nelle scuole elementari e
medie ;
b) la
realizzazione di un’offerta culturale valida per gli stranieri adulti
regolarmente soggiornanti che intendano conseguire il titolo di studio della
scuola dell’obbligo ;
c) la
predisposizione di percorsi integrativi degli studi sostenuti nel paese di
provenienza al fine del conseguimento del titolo dell’obbligo o del
diploma di scuola secondaria superiore ;
d) la
realizzazione ed attuazione di corsi di lingua italiana ;
e) la
realizzazione di corsi di formazione anche nel quadro di accordi di
collaborazione internazionale in vigore per l’Italia.
6. Le regioni,
anche attraverso altri enti locali, promuovono programmi culturali per i
diversi gruppi nazionali, anche mediante corsi effettuati presso le scuole
superiori o istituti universitari. Analogamente a quanto disposto per i figli
dei lavoratori comunitari e per i figli degli emigrati italiani che tornano in
Italia, sono attuati specifici insegnamenti integrativi, nella lingua e cultura
di origine.
7. Con
regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23
agosto 1988, n. 400, sono dettate le disposizioni di attuazione del presente
capo, con specifica indicazione:
a) delle
modalità di realizzazione di specifici progetti nazionali e locali, con
particolare riferimento all’attivazione di corsi intensivi di lingua
italiana nonché dei corsi di formazione ed aggiornamento del personale
ispettivo, direttivo e docente delle scuole di ogni ordine e grado e dei
criteri per l’adattamento dei programmi di insegnamento;
b) dei criteri
per il riconoscimento dei titoli di studio e degli studi effettuati nei paesi
di provenienza ai fini dell’inserimento scolastico , nonché dei
criteri e delle modalità di comunicazione con le famiglie degli alunni
stranieri, anche con l’ausilio di mediatori culturali qualificati;
c) dei criteri
per l’iscrizione e l'inserimento nelle classi degli stranieri provenienti
dall'estero, per la ripartizione degli alunni stranieri nelle classi e per
l'attivazione di specifiche attività di sostegno linguistico;
d) dei criteri per la stipula delle convenzioni di
cui ai commi 4 e 5.
Art. 15, co. 1, lettera a)
L’accesso
alle condizioni materiali di accoglienza dovrebbe essere previsto fino alla
scadenza dei termini per l’impugnazione della decisione negativa di primo
grado, anziche’ fino al momento della notifica di tale decisione.
Art. 16, co. 2, lettera a)
Dovrebbe essere garantito l’accesso alle cure mediche “essenziali”, anziche’ solo a quelle “indifferibili”, intendendo per “essenziali” quelle prestazioni sanitarie, diagnostiche e terapeutiche, relative a patologie non pericolose nell'immediato e nel breve termine, ma che nel tempo potrebbero determinare maggiore danno alla salute o rischi per la vita (complicanze, cronicizzazioni o aggravamenti).
La
sostituzione dell’espressione “cure mediche indifferibili”
con “cure mediche essenziali” dovrebbe riguardare almeno anche il
comma 1 dell’art. 20.
Art.
16 co. 6
La
previsione del coinvolgimento dei richiedenti asilo nella gestione delle
strutture di accoglienza è assai importante e preziosa. Andrebbe forse
rafforzato l’articolo indicando anche la necessità che,
l’elaborazione e la realizzazione dei programmi di accoglienza debba
tenere in massima considerazione la necessità di rispettare le culture e
i costumi dei richiedenti asilo.
Art.
20 co. 1
Il
comma 1 appare gravemente carente in quanto fa riferimento alle sole cure
mediche di base prestate da medici generici. Non fa alcun riferimento alle cure
ospedaliere, né alle cure specialistiche. Ciò appare del tutto
inaccettabile qualora si consideri che il richiedente asilo, che è
straniero regolarmente soggiornante nel paese membro, nonché persona
bisognosa di protezione, si vedrebbe ricevere un trattamento apertamente
discriminatorio rispetto ad un cittadino comunitario.
Il
comma 1 andrebbe del tutto riformulato prevedendo che il richiedente asilo
abbia diritto di accesso all’insieme dell’assistenza sanitaria
assicurata per i cittadini comunitari (con eccezione delle sole prestazioni
sanitarie considerate non essenziali per gli stessi cittadini dello stato
membro (ad esempio, cure di carattere “estetico” et)
Art.
20 co. 3
Non
si comprende l’espressione “cure mediche volte a prevenire
l’aggravarsi di malattie in corso”. Ciò vorrebbe forse dire
che sono ammesse cure mediche che mantengono, senza aggravarlo, il livello
esistente di malattia, ma non la curano? L’espressione usata appare priva
di ogni significato scientifico e deontologico.
La questione del diritto del richiedente asilo a potere godere delle cure mediche necessarie mi sembra un punto essenziale, sul quale la presente proposta di direttiva europea appare in generale carente.
Il confronto con la vigente legislazione italiana è estremamente interessante e degna di attenzione per le seguenti ragioni:
a),
tutti gli stranieri che sono regolarmente soggiornanti nel Paese, ad
eccezione di coloro che sono presenti per soggiorno di breve durata (quali
turismo, affari, et) hanno il diritto/obbligo di iscrizione al servizio
sanitario nazionale, a piena parità di trattamento dei cittadini
italiani. I richiedenti asilo hanno pertanto diritto all’assistenza
sanitaria con assoluta parità di trattamento con i cittadini italiani e
non solo il diritto alle cure mediche necessarie o essenziali o urgenti.
b)
le misure riguardanti la tutela della maternità, le misure di
profilassi, e gli interventi, anche continuativi, relativi a prestazioni di
urgenza, debbono essere assicurati anche a stranieri irregolari e clandestini;
c)
allo scopo di evitare che gli stranieri clandestini non si rivolgano alle
strutture sanitarie per timore di essere segnalati alle autorità e che
in tale modo la loro salute venga compromessa, la norma prevede
l’erogazione delle prestazioni sanitarie da parte del servizio pubblico
non può comportare alcuna segnalazione dello straniero alle
autorità di polizia.
Riporto
di seguito quanto previsto dal testo unico delle leggi sull’immigrazione,
sull’assistenza agli stranieri. Aggiungo che sono ben consapevole che,
sull’aspetto sanitario, la legge italiana è estremamente avanzata
e che ben difficilmente le sue previsioni possano intermante divenire accolte in
sede comunitaria. Tuttavia proprio il suo alto grado di innovazione è
tale da potere costituire un punto di confronto per “innalzare” il
livello della direttiva europea.
D.Lgs 286/98 Art. 34
(Assistenza per gli stranieri iscritti al Servizio
sanitario nazionale)
1. Hanno l’obbligo di iscrizione al servizio sanitario
nazionale e hanno parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti e
doveri rispetto ai cittadini italiani per quanto attiene
all’obbligo contributivo, all’assistenza erogata in Italia dal
servizio sanitario nazionale e alla sua validità temporale :
a) gli stranieri regolarmente soggiornanti che abbiano in corso
regolari attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo o
siano iscritti nelle liste di collocamento;
b) gli stranieri regolarmente soggiornanti o che abbiano chiesto il
rinnovo del titolo di soggiorno, per lavoro subordinato, per lavoro autonomo,
per motivi familiari, per asilo politico, per asilo umanitario, per richiesta di
asilo,
per attesa adozione, per affidamento, per acquisto della cittadinanza.
2. L’assistenza sanitaria spetta altresì ai familiari a
carico regolarmente soggiornanti. Nelle more dell’iscrizione al servizio
sanitario nazionale ai minori figli di stranieri iscritti al servizio sanitario
nazionale è assicurato fin dalla nascita il medesimo trattamento dei
minori iscritti.
3. Lo straniero regolarmente soggiornante, non rientrante tra le
categorie indicate nei commi 1 e 2 è tenuto ad assicurarsi contro il
rischio di malattie, infortunio e maternità mediante stipula di apposita
polizza assicurativa con un istituto assicurativo italiano o straniero, valida
sul territorio nazionale, ovvero mediante iscrizione al servizio sanitario
nazionale valida anche per i familiari a carico. Per l’iscrizione al
servizio sanitario nazionale deve essere corrisposto a titolo di partecipazione
alle spese un contributo annuale, di importo percentuale pari a quello previsto
per i cittadini italiani, sul reddito complessivo conseguito nell’anno
precedente in Italia e all’estero. L'ammontare del contributo è
determinato con decreto del Ministro della sanità di concerto con il
Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e non
può essere inferiore al contributo minimo previsto dalle norme vigenti.
4. L’iscrizione volontaria al servizio sanitario nazionale
può essere altresì richiesta:
a) dagli stranieri soggiornanti in Italia titolari di permesso di
soggiorno per motivi di studio ;
b) dagli stranieri regolarmente soggiornanti collocati alla pari, ai
sensi dell’accordo europeo sul collocamento alla pari, adottato a
Strasburgo il 24 novembre 1969, ratificato e reso esecutivo ai sensi della
legge 18 maggio 1973 n. 304.
5. I soggetti di cui al comma 4 sono tenuti a corrispondere per
l’iscrizione al servizio sanitario nazionale, a titolo di partecipazione
alla spesa, un contributo annuale forfettario negli importi e secondo le
modalità previsti dal decreto di cui al comma 3.
6. Il contributo per gli stranieri indicati al comma 4, lettere a) e
b) non è valido per i familiari a carico.
7. Lo straniero assicurato al servizio sanitario nazionale è
iscritto nella azienda sanitaria locale del comune in cui dimora secondo le
modalità previste dal regolamento di attuazione.
Art. 35 (Assistenza sanitaria per gli stranieri non iscritti al Servizio sanitario
nazionale)
1. Per le prestazioni sanitarie erogate ai cittadini stranieri non
iscritti al servizio sanitario nazionale devono essere corrisposte, dai
soggetti tenuti al pagamento di tali prestazioni, le tariffe determinate dalle regioni
e province autonome ai sensi dell’articolo 8, commi 5 e 7, del decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni.
2. Restano salve le norme che disciplinano l’assistenza
sanitaria ai cittadini stranieri in Italia in base a trattati e accordi
internazionali bilaterali o multilaterali di reciprocità sottoscritti
dall’Italia.
3. Ai cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale, non
in regola con le norme relative all’ingresso ed al soggiorno, sono
assicurate, nei presidi pubblici ed accreditati, le cure ambulatoriali ed
ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative,
per malattia ed infortunio e sono estesi i programmi di medicina preventiva a
salvaguardia della salute individuale e collettiva. Sono, in particolare
garantiti:
a) la tutela sociale della gravidanza e della maternità, a
parità di trattamento con le cittadine italiane, ai sensi delle leggi 29
luglio 1975, n. 405, e 22 maggio 1978, n. 194, e del decreto del Ministro della
sanità 6 marzo 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 87 del 13
aprile 1995, a parità di trattamento con i cittadini italiani ;
b) la tutela della salute del minore in esecuzione della
Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa
esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176;
c) le vaccinazioni secondo la normativa e nell’ambito di
interventi di campagne di prevenzione collettiva autorizzati dalle regioni;
d) gli interventi di profilassi internazionale;
e) la profilassi, la diagnosi e la cura delle malattie infettive
ed eventuale bonifica dei relativi focolai.
4. Le prestazioni di cui al comma 3 sono erogate senza oneri a
carico dei richiedenti qualora privi di risorse economiche sufficienti, fatte
salve le quote di partecipazione alla spesa a parità con i cittadini
italiani.
5. L'accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non
in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di
segnalazione all'autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il
referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano.
6. Fermo restando il finanziamento delle prestazioni ospedaliere
urgenti o comunque essenziali a carico del Ministero dell’interno, agli
oneri recati dalle rimanenti prestazioni contemplate nel comma 3, nei confronti
degli stranieri privi di risorse economiche sufficienti, si provvede
nell'ambito delle disponibilità del Fondo sanitario nazionale, con
corrispondente riduzione dei programmi riferiti agli interventi di emergenza.
Art. 20, co. 1, lettera a)
L’accesso alle condizioni materiali di accoglienza dovrebbe essere previsto fino alla scadenza dei termini per l’impugnazione della decisione negativa di primo grado, anziche’ fino al momento della notifica di tale decisione.
Art. 22, co. 1, lettera c)
La riduzione o la revoca delle condizioni di accoglienza in seguito a occultamento delle risorse dovrebbe poter scattare solo quando si tratti di risorse significative.
Art. 22, co. 1, lettera d)
La riduzione o la revoca delle condizioni di accoglienza non dovrebbe poter discendere dal fatto che il richiedente asilo sia considerato una minaccia per la sicurezza nazionale, ne’ da circostanze legate a eventuali crimini da lui commessi. Non vi e’ infatti alcuna correlazione tra questi fatti e le necessita’ del richiedente in quanto persona.
Art. 22, co. 2, lettera a)
La riduzione o la revoca delle condizioni di accoglienza in seguito a comportamento violento o minaccioso, e ripetuto, nei confronti di terzi dovrebbe poter scattare solo quando si tratti di comportamento immotivato.
Art. 22, co. 2, lettera b)
La riduzione o la revoca delle condizioni di accoglienza in seguito a mancata ottemperanza ad un provvedimento facente obbligo di soggiorno in una determinata localita’ dovrebbe poter scattare quando il comportamento dell’interessato non sia giustificato da valido motivo.
Art. 22, co. 3
La riduzione o la
revoca delle condizioni di accoglienza in seguito alla mancata ottemperanza, da
parte del richiedente, ai suoi doveri in relazione all’istruzione di minori
per i quali e’ responsabile non sembra misura sufficiente a tutelare i
diritti del minore. Al contrario, la misura appare
irrazionale, in quanto nel caso previsto dovrebbero trovare applicazioni le
stesse eventuali sanzioni civili o penali previste per i cittadini comunitari
che fanno in modo che i loro figli contravvengano all’obbligo scolastico.
Non vi è ragione per istituire un trattamento differenziato per i
richiedenti asilo.
Art.
22 co. 6
La
riduzione o la revoca dell’assistenza, oltre a non applicarsi
all’assistenza medica urgente, andrebbe estesa anche alla tutela della
maternità e ai casi vulnerabili, quali disabili, vittime di tortura et.
(vedi anche ragionamento complessivo sulla sanità alcuni paragrafi
sopra)
Art.
22 (generale)
Allo
scopo di evitare che alcuni comportamenti del singolo richiedente asilo, pure
sanzionabili, ledano in modo eccessivo i diritti del suo nucleo famigliare, ed
in particolare finiscano per contrastare con il superiore interesse del minore, andrebbe inserito un comma nel quale si
prevede che la revoca o la riduzione delle condizioni di accoglienza dovranno
essere valutate alla luce delle possibili conseguenze che le misure che si
intende adottare possono avere sulla famiglia del richiedente e sui figli
minori e che tali valutazioni debbano costituire parte integrante dei criteri
in base ai quali la decisione verrà adottata.