(4/12/2001)

 

OSSERVAZIONI SUL DISEGNO DI LEGGE N. 795, IN MATERIA DI IMMIGRAZIONE E ASILO

 

Le norme contenute nel disegno di legge n. 795 in materia di riordino della normativa sull’immigrazione e sull’asilo destano perplessita’ sia sotto il profilo dell’efficacia nel prevenire e contrastare il fenomeno dell’immigrazione clandestina, sia sotto il profilo della legittimita’ costituzionale e del rispetto dei diritti fondamentali della persona tutelati da convenzioni internazionali ratificate dall’Italia.

 

In estrema sintesi, possono essere mossi i seguenti rilievi critici.

 

Norme sull’accesso al lavoro

 

- Una normativa che voglia contrastare il fenomeno dell’immigrazione clandestina deve innanzi tutto evitare di costringere alla clandestinita’ quegli immigrati che aspirino ad un inserimento legale nel nostro paese. La soppressione dell’articolo 23 del Testo unico, cancellando l’istituto dell’ingresso per inserimento nel mercato del lavoro (ingresso non condizionato alla stipula preventiva di un contratto di lavoro), preclude ogni possibilita’ di migrazione legale a chi voglia inserirsi in settori a bassa qualificazione (per i quali un rapporto di lavoro non puo’ costituirsi senza una previa conoscenza diretta tra datore di lavoro e lavoratore). In mancanza di possibilita’ legali di incontro con un datore di lavoro potenzialmente disposto ad assumerli, i lavoratori stranieri sarebbero indotti ad entrare in Italia illegalmente. E’, di fatto, l’esperienza maturata negli anni 1986-1998, nei quali l’unico meccanismo formalmente accessibile era quello della chiamata nominativa di un lavoratore residente all’estero.

 

E’ invece necessario potenziare le forme di ingresso per inserimento nel mercato del lavoro

 

a)        evitando la soppressione dell’articolo 23 del Testo unico (alle associazioni a diretto contatto con la realtà migratoria non risulta infatti che l’applicazione dell’articolo si sia prestata ad abusi degni di nota; si ritiene invece che sia stato favorito – nei casi di sponsor straniero - il passaggio della classica “catena migratoria” da percorsi illegali e quelli legali).

 

b)       definendo, in sede di programmazione annuale dei flussi, quote di ingressi per inserimento nel mercato del lavoro ben piu’ rilevanti di quelle (quindicimila per anno) stabilite nei due anni scorsi, anche in considerazione della assoluta sproporzione tra il numero di domande di sponsorizzazione presentate nelle questure e il numero degli ingressi consentiti (non sono noti i dati ufficiali, ma si sa che in molte questure il rapporto e’ stato di dieci a uno!);

 

c)        stimolando la “sponsorizzazione” da parte di Regioni, enti locali e associazioni imprenditoriali – i soggetti, cioe’, direttamente interessati all’esistenza di flussi ordinati di lavoratori capaci di dare risposta alla domanda di lavoro non saturata dalla manodopera nazionale;

 

d)       istituendo le liste di prenotazione (gia’ sperimentate in diverse ambasciate italiane) in tutte le rappresentanze diplomatiche o consolari italiane presenti nei paesi di emigrazione verso l’Italia: tali liste consentono di dar luogo all’ingresso (anch’esso previsto dall’articolo 23) per “auto-sponsorizzazione” di lavoratori che non abbiano gia’ forti legami con soggetti presenti in Italia, ma permettono anche di individuare i lavoratori da ammettere sulla base della sponsorizzazione da parte dei soggetti di cui al punto precedente;

 

e)        consentendo di accedere al permesso di soggiorno per lavoro (eventualmente tramite la stipula del contratto di soggiorno, che, salvo dettagli, coincide con la procedura di richiesta di autorizzazione al lavoro attualmente vigente) o per inserimento nel mercato del lavoro allo straniero presente in Italia legalmente ad altro titolo (anche per soggiorno di breve durata) in presenza di una documentata opportunita’ di lavoro o di prestazione di garanzia da parte di uno sponsor.

 

 

Norme sul provvedimento di espulsione

 

- La Corte Costituzionale ha chiarito, con la sentenza n. 105/2001 come l’espulsione con accompagnamento coattivo alla frontiera sia da considerarsi un “atto coercitivo (...) che direttamente incide sulle liberta’ della persona”, e non sulla semplice liberta’ di circolazione. Un tale provvedimento, quindi, in base all’articolo 13 della Costituzione, puo’ essere disposto solo con atto motivato dell’autorita’ giudiziaria, ovvero deve essere comunicato a tale autorita’ entro quarantotto ore e da essa convalidato nelle successive quarantotto ore, a pena di revoca.

 

Le disposizioni del Testo unico e quelle del disegno di legge che prevedono la possibilita’ di accompamento coattivo non sottoposto alla convalida dell’autorita’ giudiziaria devono assolutamente essere riviste alla luce della sentenza citata.

 

- La disposizione che estende il divieto di reingresso dello straniero espulso da cinque a dieci anni appare eccessivamente severa, stante il carattere di necessita’ o di venialita’ della gran parte delle situazioni di soggiorno illegale nel nostro paese.

 

 

Norme sul riconoscimento dello status di rifugiato

 

- Le disposizioni relative alla procedura di riconoscimento dello status di rifugiato prevedono che si dia luogo a trattenimento del richiedente asilo in diversi casi. Mentre appare accettabile la disposizione riguardante lo straniero che abbia presentato domanda di asilo essendo gia’ destinatario di un provvedimento di espulsione o di respingimento, non sembra opportuno che sia sottoposto a trattenimento lo straniero che si sia presentato spontaneamente all’autorita’ di pubblica sicurezza per avanzare richiesta di asilo. La formulazione scelta per la lettera a) del comma 2 del nuovo articolo 1 bis introdotto dall’articolo 25 del disegno di legge presenta ambiguita’ che andrebbero eliminate, in modo da escludere che il trattenimento obbligatorio possa estendersi a casi del genere.

 

- L’esclusione di un effetto sospensivo automatico del ricorso presentato in seguito a esito negativo di una procedura semplificata di esame della domanda di asilo appare in contrasto con il principio di non refoulement sancito dall’articolo 33 della Convenzione di Ginevra del 1951, ma anche con la proposta di direttiva sulle norme minime relative alle procedure di riconoscimento e di revoca dello status di rifugiato, presentata nei mesi scorsi dalla Commissione europea. In tale proposta, infatti, la deroga alla disposizione che sancisce l’effetto sospensivo del ricorso e’ limitata a una casistica ben delimitata, che non include i soggetti contemplati dal citato art. 1 bis, co. 2, lettera a) del disegno di legge (si noti che tali soggetti costituiscono la stragrande maggioranza dei richiedenti asilo in Italia). Non e’ sufficiente la previsione di una mera facolta’ di chiedere la sospensione dell’allontanamento al prefetto, giacche’ tale autorita’ non puo’ essere considerata terza rispetto a quella che ha rigettato la domanda di asilo (la Commissione territoriale e’ presieduta da un funzionario di prefettura). E’ necessario pertanto che venga esteso ai casi di cui all’art. 1 bis, co. 2, lettera a) l’effetto sospensivo del ricorso, ovvero che sia affidata al giudice la decisione sulla sospensione del provvedimento di allontanamento.

 

- Le disposizioni introdotte lasciano sostanzialmente scoperto il problema dell’assistenza e del sostentamento del richiedente asilo. La proposta di direttiva presentata recentemente dalla Commissione europea in materia di standard minimi per l’accoglienza dei richiedenti asilo costituisce un eccellente quadro di riferimento per la definizione di disposizioni adeguate in proposito. E’ opportuno che disposizioni di questo genere siano inserite nel disegno di legge.

 

 

Altre disposizioni

 

- Le disposizioni relative al rinnovo del permesso di soggiorno, laddove impongono, ad esempio, di richiederlo almeno novanta giorni prima della scadenza (in caso di permessi di soggiorno della durata di due anni), risultano inutilmente rigide e rischiano di provocare una crescita inopinata del bacino di irregolarita’.

 

- Appare dannosa la riduzione da un anno a sei mesi del periodo minimo di iscrizione nelle liste di collocamento cui ha diritto il lavoratore straniero licenziato.

 

- Non e’ accettabile che la soppressione della norma che consente, in caso di rientro in patria del lavoratore straniero, la liquidazione dei contributi previdenziali versati riguardi posizioni previdenziali gia’ accese. In generale, comunque, e’ facilmente prevedibile che tale soppressione incentivera’ l’evasione contributiva.

 

- Appare francamente incomprensibile l’appesantimento del requisito richiesto per l’accesso alla carta di soggiorno (aumento da cinque a sei anni del periodo di soggiorno regolare). Serve solo a rendere piu’ difficile la vita a persone che hanno dimostrato di volersi inserire utilmente nella societa’ italiana e di saperlo fare.

 

- Inutilmente vessatoria appare infine l’esclusione della categoria dei familiari inabili al lavoro dal novero dei soggetti per i quali puo’ essere chiesto, dallo straniero, il ricongiungimento. La disposizione che consente l’ingresso di tali soggetti e’ stata utilizzata in un numero del tutto trascurabile di casi, con beneficio di persone affette da handicap e senza danno per alcuno.