ANCORA RICHIEDENTI ASILO ALLO SBANDO IN SICILIA
Numerosi profughi giunti dal Sudan in Sicilia, trasferiti ad Agrigento dopo
essere stati trattenuti diversi giorni a Lampedusa, stanno trovando in questi
giorni accoglienza presso il Centro Santa Chiara di Palermo. Lo stesso destino
era avvenuto in precedenza ad altri 40 profughi irakeni ed a tanti altri giunti
nello stesso centro in gruppi più piccoli ( dalla Sierra Leone, dalla
Somalia, dal Ruanda).
Molti di loro hanno dovuto trascorrere diversi giorni nel centro di
"prima accoglienza" di Lampedusa,sulla carta un centro di transito,
in realtà un vero e proprio centro di detenzione non previsto dalla
legge, luogo di reclusione con tanto di sbarre, come documentato anche dalla
Rai alcuni mesi fa; oppure in altri centri di transito ubicati nelle isole
minori, prima del loro internamento ad Agrigento ( contrada San Benedetto), a
Trapani ( al Serraino Vulpitta) o a Caltanissetta (a Pian del lago) nei cd.
"centri di permanenza temporanea ed assistenza”.
I richiedenti asilo che sono costretti a giungere clandestinamente nel
nostro paese, in assenza di una via legale di entrata, sono trattati nei centri
di transito come oggetti da eliminare al più presto, magari con un
numero marchiato sul palmo della mano o sul vestito, spesso senza potere
contattare nessuno, e tantomeno, associazioni, legali o parenti.
Lampedusa come Pantelleria e altre isole siciliane: luoghi di detenzione,
quando il viaggio finisce “bene”, quando non si verificano tragedie
come quella che ieri domenica 25 novembre è costata la vita a tre
“senza nome” lasciati affogare dagli scafisti, ma anche dal cinico
rigore delle nostre leggi, vicino alle coste dell’isola di Marittimo,
mentre i loro compagni “più fortunati” sono stati fermati e
trasferiti al centro di detenzione Serraino Vulpitta di Trapani.
Dovunque in Sicilia mancano regole certe, interpreti, associazioni
indipendenti capaci di garantire una vera mediazione. Molto spesso gli
operatori umanitari sono messi nella impossibilità di agire all'interno dei centri di permanenza
temporanea, veri e propri centri di detenzione che fanno rimpiangere persino le
carceri. Mancano gli interpreti ufficiali, e quelli che ci sono, non garantiscono una adeguata informazione
agli immigrati e fedeltà nel loro lavoro di traduzione.
Spesso si ricorre alla mediazione di interpreti occasionali, reclutati sul
posto, senza alcun rapporto contrattuale certo con la amministrazione, inclini
ad operare sulla base della loro personale opinione, piuttosto che nel rispetto
dei diritti di asilo e di difesa dei migranti.
Anche Agrigento, come Trapani non fa eccezione. Così, nel caso dei
sudanesi arrivati adesso a Palermo, soltanto una parte dei profughi è
stata ammessa a presentare istanza di asilo, tutti hanno indistintamente ricevuto
il provvedimento di espulsione.
A tutti, una volta dimessi dal centro di detenzione, un consiglio: di
venire a Palermo, rivolgersi al Centro Santa Chiara, che peraltro da tempo non
è più nelle condizioni di prestare accoglienza notturna, ed
aspettare lì la convocazione in questura ,sempre a Palermo, per la
presentazione effettiva della domanda di asilo o per l'allontanamento intimato
con il provvedimento di espulsione. Qui,
grazie all’impegno dello sportello legale del centro e della
rappresentante dell ICS, molti profughi hanno potuto presentare la domanda di
asilo, ricevuta con tempestività dalla Questura. Altri hanno fatto
ricorso contro la espulsione ricevuta ad Agrigento ed il giudice di quella
stessa città ne ha dichiarato la illegittimità. Ma non tutti
hanno avuto questa assistenza.
Molti immigrati sudanesi, appartenenti allo stesso gruppo di quelli giunti
a Palermo, dopo essere stati a Lampedusa, e quindi espulsi ad Agrigento, sono
stati “spalmati” in altre città, in vari centri di
accoglienza, e non hanno avuto la possibilità di essere informati e di
accedere alla procedura di asilo, restando così condannati alla
condizione di clandestinità, senza potere presentare ricorso o almeno la
domanda di asilo.
Tutto questo mentre il Progetto nazionale asilo (PNA), che anche in Sicilia
ha consentito l'apertura di tre centri di accoglienza ( nelle province di
Catania, Agrigento e Palermo), non riesce a far fronte alle richieste, e
subisce il rischio di un drastico ridimensionamento dei fondi previsto dal Governo
per l'anno venturo ( da otto a due soli miliardi per il prossimo anno). Di
contorno, da Trapani ad Agrigento e a Palermo, il consueto affollarsi delle
associazioni che si ritengono depositarie uniche del diritto alla assistenza
dei rifugiati e accampano i loro meriti sui giornali ; associazioni che, al
momento del bisogno si ritirano in buon ordine, salvo poi a criticare chi
è costretto ad intervenire per assicurare la sopravvivenza ed i diritti
di difesa dei richiedenti asilo.
Chiediamo agli enti locali, alle prefetture ed alle Questure di accelerare
al massimo i tempi per l'ammissione alla procedura in modo da consentire
l'accoglienza dei profughi sudanesi all'interno del Progetto Nazionale Asilo.
Chiediamo che gli immigrati potenzialmente richiedenti asilo perché
provenienti da aree di crisi notoriamente riconosciute come paesi di
provenienza dei rifugiati ( Turchia, Sri lanka, Algeria, Sudan, Sierra Leone,
Ruanda ed adesso Pakistan e Bangladesh) non vengano rinchiusi nei centri di
detenzione ma in vere strutture aperte di accoglienza. Chiediamo alle
Prefetture ed agli enti locali di predisporre queste strutture di accoglienza
che sono già previsti e finanziabili in base alla legge vigente, ma che
non sono mai stati attivati.
Chiediamo all'ACNUR ed a tutte le agenzie umanitarie di monitorare
costantemente i centri di permanenza temporanea siciliani e le strutture
adibite "di fatto" a tale destinazione nelle isole di Lampedusa e di
Pantelleria ( grazie ad un uso distorto dell’art. 23 del regolamento di
attuazione del t.u. 286/98 che prevede il transito in strutture di soccorso
dopo gli sbarchi), anche al fine di evitare il ricorso indiscriminato della
misura del respingimento in frontiera, che può comportare la violazione
del principio di non “refoulement” affermato dalla Convenzione di
Ginevra e dalla Convenzione Europea dei diritti dell’uomo.Chiediamo che
in tutti gli uffici di frontiera e nei centri di detenzione vi siano interpreti
indipendenti e personale che sia capace di informare obiettivamente sulla
possibilità di chiedere asilo o protezione umanitaria,
possibilità spesso preclusa ai "clandestini" che giungono in
Sicilia.
Palermo 26.11.2001
Fulvio Vassallo Paleologo ASGI- SICILIA