QUANDO LA "UMANIZZAZIONE" DEI CENTRI DI DETENZIONE SIGNIFICA COGESTIONE.

Il contrasto dell'immigrazione clandestina basato su espulsioni sempre più sbrigative e sulla proliferazione dei centri di detenzione sta comportando gravi violazioni dei diritti fondamentali dei migranti, che spettano anche agli irregolari,a partire dal fondamentale diritto alla salute, e impedisce sovente l'accesso alla procedura per la richiesta di asilo, protezione umanitaria o protezione sociale ex art.18 del T.U. 286/98.

Ci siamo battuti per anni per affermare la incostituzionalità delle procedure di espulsione e dei centri di detenzione introdotti dalla legge 40 del 1998, ed abbiamo denunciato casi gravissimi di violazione dei diritti fondamentali dell'uomo, come nel caso più eclatante della tragedia del centro Serraino Vulpitta di Trapani del dicembre del 1999, costata la vita a sei immigrati. Adesso per quella strage un prefetto è sotto accusa per omicidio colposo plurimo e lesioni gravi e stiamo proponendo anche azioni civili a favore dei superstiti per il risarcimento danni.

Malgrado questa attività che tende a rilevare la incostituzionalità di queste strutture che annientano la identità delle persone e negano principi affermati nella nostra Costituzione, come il diritto di difesa e la presunzione di innocenza, continuiamo a ritenere utile esercitare il diritto di visita in favore degli immigrati internati in questi "non luoghi".

Scopo delle nostre visite è quello di consentire agli stranieri trattenuti nei centri di permanenza temporanea l'effettivo esercizio dei diritti fondamentali già previsti dall'art.14 del T.U. 286/98, dagli artt. 20 e 21 del regolamento di attuazione contenuto nel DPR 394 del 31 agosto 1999 e dalla circolare 30 agosto 2000 n. 3435/50 .

In particolare, l'art. 21 del suddetto regolamento prevede "la libertà di colloquio all'interno del centro, e con visitatori provenienti dall'esterno".

Abbiamo infatti verificato in molte occasioni precedenti, ed anche in Sicilia, a partire dall'estate del 1998, la impossibilità per gli stranieri trattenuti di raggiungere tempestivamente ,nei brevissimi termini previsti dalla legge per i ricorsi,un legale di fiducia, di comunicare con l'esterno e di essere visitati dai parenti, anche per la assenza di un efficace servizio di assistenza legale operante al'interno dei centri e per la difficoltà che incontrano i "clandestini" nel provare tempestivamente la convivenza "legale" o altri rapporti familiari.

Di recente in Sicilia, e soprattutto a Trapani si sono registrate situazioni incresciose che hanno impedito un libero e tempestivo accesso alla procedura di asilo da parte di immigrati trattenuti nei centri, che solo dopo nostre reiterate sollecitazioni sono stati ammessi alla procedura.

E questo anche se l'ente gestore, in base alla circolare ministeriale del 30.8.2000, sarebbe "tenuto a fornire collaborazione alle forze dell'ordine nella gestione amministrativa della posizione dello straniero".

La vigente normativa primaria ( il T.U. 286/98 ed il relativo regolamento di attuazione), peraltro, non subordina ad eventuali convenzionamenti il diritto di visita delle associazioni nei centri di permanenza temporanea, e dopo iniziali difficoltà svolgiamo periodicamente visite nei centri di Agrigento, Caltanissetta e Trapani.

Il ruolo di copertura e di cogestione delle associazioni che hanno accettato il convenzionamento per la gestione di queste strutture detentive ( CRI e Caritas) impedisce sempre di più l'esercizio effettivo del nostro diritto di visita, anche quando ci è consentito varcare la soglia di questi centri.

Ad Agrigento non siamo riusciti a contattare tempestivamente un gruppo di prostitute nigeriane trasferite da Catania e tutte sono state rimpatriate senza che nessuna di loro potesse avere informazioni sulla possibilità di chiedere un permesso per motivi di protezione sociale o per motivi umanitari, così come previsto dalla circolare ministeriale 4 agosto 2000.

Sempre ad Agrigento un rom con la moglie in stato di gravidanza è stato accompagnato in frontiera oltre la scadenza del termine di convalida e prima che il giudice dichiarasse la illegittimità del decreto di espulsione.

Nel caso del Serraino Vulpitta di Trapani abbiamo avuto modo di incontrare nello scorso dicembre numerosi Tamil provenienti da uno sbarco avvenuto in prossimità di Catania,che oltre ad essere trattenuti insieme a cittadini singalesi, non avevano avuto nè un interprete ufficiale a disposizione nè alcuna informazione sulla possibilità di richiedere asilo, e solo dopo la nostra visita hanno potuto presentare la relativa istanza.Di recente, sempre a Trapani, un cittadino algerino ha più volte manifestato la sua intenzione di chiedere asilo, sia in presenza del Direttore del centro, che in un altra occasione di un interprete ufficiale della Questura, ma la sua richiesta, ad una nostra successiva visita presso l'Ufficio stranieri della Questura di Trapani non risultava ancora accolta, mentre quella- a nostro avviso- palesemente infondata di un cittadino marocchino da noi ascoltato in precedenza era già all'esame dell'ufficio.Perchè queste differenze di trattamento ?

Dal punto di vista delle procedure relative alla gestione dei centri lamentiamo che in Sicilia la scelta del gestore in sede di convenzionamento non avviene mai con "procedure ad evidenza pubblica" come richiesto dalla circolare ministeriale del 30 agosto 2000, e che nel caso di Trapani la nomina del Direttore è avvenuta con un decreto del precedente prefetto,adesso incriminato e trasferito a Vercelli, e che la stessa persona risulta Direttore del centro di detenzione e di un centro di accoglienza esterno alla struttura, dal quale transita una parte degli immigrati rilasciati per scadenza dei termini o per richiesta di asilo.

La stessa persona sembrerebbe dirigere inoltre la cooperativa che gestisce la mensa e il servizio di pulizia,oltre ad essere espressione della medesima associazione, la Caritas, che svolge "attività di ascolto" all'interno del centro di detenzione.

In questa situazione numerosi stranieri, soprattutto provenienti dall'estremo oriente, peraltro impossibilitati ad avvalersi di un servizio ufficiale di interpreti, non sono raggiunti da alcuna informazione circa l'accesso alle procedure di asilo e protezione umanitaria, e rimangono alla mercè di informazioni imprecise,mutuate magari da altri ospiti della struttura impropriamente assurti alla qualità di intreprete, mutando continuamente parere sulle scelte da fare.

Non ci risulta che a fronte di questa difficoltà nel reperimento degli interpreti, comune ad altri centri di detenzione siciliani, si sia mai fatto riferimento alla Direzione generale dei servizi civili del Ministero dell'interno, per individuare i servizi di interpretariato necessari per garantire i diritti fondamentali di difesa e di asilo degli stranieri internati nella struttura.

Alcuni minori che hanno fatto ingresso nel nostro paese clandestinamente nella provincia di Trapani sono transitati anche dal centro di detenzione Vulpitta,oltre che dal centro di accoglienza senza che-per quanto ci risulta- vi fosse l'intervento del Tribunale dei minorenni come richiesto dalla legge e dalla circolare del 30 agosto 2000.

Si rileva infine che all'interno del centro Vulpitta di Trapani- al di là di uno scarno stampato di poche righe- manca qualunque servizio ufficiale di informazione giuridica, che sempre in base alla suddetta circolare "dovrebbe essere garantita allo straniero prima o comunque nelle more di definizione della procedura di convalida del trattenimento".

Si segnala infine come tra i servizi offerti dalla cooperativa che gestisce il centro sia frequente l'acquisto"di generi alimentari e di conforto

( sigarette, quotidiani,indumenti,libri) a cura dei medesimi "operatori dell'ente gestore" ma a spese degli immigrati trattenuti, che così alla fine del periodo di detenzione, quando l'espulsione non viene eseguita con l'accompagnamento in frontiera ( oltre il 50 per cento dei casi) si ritrovano all'uscita dal centro, magari alla mezzanotte, con poche lire in tasca ma con l'intimazione a lasciare il nostro territorio entro quindici giorni. E talvolta, magari anche con il consiglio di andare a cercare i soldi da qualche altra parte, presso associazioni indipendenti come le nostre che non fruiscono di alcun contributo pubblico.

Tutto quanto precede sta costituendo ormai una situazione bloccata che impedisce un "effettivo" esercizio del diritto di visita e dei diritti di difesa e di richiedere asilo, protezione umanitaria o sociale.

Sollecitiamo pertanto tutte le organizzazioni competenti a volere predisporre tempestivamente visite nei centri di detenzione siciliani, a partire dal Serraino Vulpitta di Trapani, al fine di migiorare, con una costante attività di monitoraggio e di controllo, una situazione che rischia altresì di degenerare in altre gravi violazione dei diritti fondamentali.

Prof.Fulvio Vassallo Paleologo

in rappresentanza dell'ASGI ( Associazione studi giuridici sull'immigrazione), del CISS ( Consorzio italiano sud-sud), dei Coordinamenti per la pace di Palermo, Trapani e Catania.

Spedisce Prof.Fulvio Vassallo Paleologo- C.so Vitt. Emanuele 39 PALERMO

Tel 091.588-987 e-mail fulvassa@tin.it