Cap. III) Azioni e interventi sul piano internazionale

 

Il carattere globale del fenomeno migratorio — riflesso anche del processo di integrazione e di liberalizzazione dei mercati — sollecita necessariamente un’ampia ed incisiva cooperazione internazionale ai fini della sua regolamentazione. Le questioni migratorie hanno pertanto assunto e manterranno anche in futuro rilevanza sempre maggiore nel quadro d’insieme della politica estera italiana, specie nei rapporti con i paesi di origine e di transito dei flussi migratori diretti verso il nostro territorio.

L’azione del Governo si è sin qui dispiegata e continuerà a svilupparsi lungo una triplice direttrice.

In ambito Unione Europea il coordinamento delle politiche migratorie dovrà essere sempre più stretto ed approfondito. Il Trattato di Amsterdam e successivamente il vertice di Tampere hanno ribadito l’esigenza di una politica comune in materia di asilo e di immigrazione nonché di un efficace collegamento tra politica migratoria e politica estera.

Nei rapporti bilaterali, dove più frequente è la contrapposizione tra paesi di origine e paesi di destinazione degli immigrati, occorrerà proseguire nella politica di collaborazione — di cui vanno sottolineati i non pochi risultati positivi conseguiti — inquadrando i rapporti stessi in una prospettiva equilibrata basati su interventi congiunti e su forme efficaci di assistenza diretta e di cooperazione, in particolare con i paesi prospicienti le nostre coste, i quali rappresentano il punto di origine o di transito dei più consistenti movimenti migratori verso l’Europa.

Sul piano multilaterale le questioni migratorie hanno assunto forte rilevanza, specie in ambito Nazioni Unite, dove con più forza è stata avvertita l’esigenza di una risposta incisiva e globale alla sfida posta dai fenomeni migratori. Occorrerà soprattutto adoperarsi affinché i protocolli sulla tratta di esseri umani e sul traffico di migranti, annessi alla Convenzione ONU contro il crimine organizzato trans-nazionale ed alla cui finalizzazione il nostro Paese ha fornito un importante contributo, possano trovare piena applicazione. I nostri sforzi dovranno quindi concentrarsi sul perseguimento di tale obiettivo.

E’ evidente come in materia migratoria l’azione internazionale e quella condotta sul piano interno siano complementari l’una all’altra. L’attuazione di una politica migratoria, tesa a favorire l’integrazione degli immigrati regolari non può infatti prescindere da un’attività di rigoroso contrasto dei flussi illegali, che a sua volta postula un’articolata e costruttiva cooperazione con i paesi di provenienza degli immigrati.

Politiche migratorie nell’ambito dell’Unione Europea

 

Come richiesto dal Consiglio Europeo straordinario di Tampere dell’ottobre 1999, la Commissione ha redatto un quadro di controllo ("scoreboard") delle misure necessarie alla conservazione ed al rafforzamento di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, così come definito nel Trattato di Amsterdam, nel piano d’azione di Vienna e nelle stesse conclusioni di Tampere.

Il documento, che indica le iniziative, i soggetti responsabili delle relative proposte e i tempi di attuazione, è concepito come uno strumento in continua evoluzione, le cui successive edizioni evidenzieranno i progressi realizzati e gli eventuali ritardi.

L'elaborazione di una politica migratoria e dell'asilo comune costituisce, insieme allo spazio di giustizia e alla lotta contro la criminalità, uno dei tre macrosettori in cui l'Unione europea si è impegnata a intervenire. Da parte italiana si annette particolare importanza all'attuazione rapida ed equilibrata delle misure previste in ciascuna componente dello "scoreboard" .

Per quanto concerne il settore migratorio, le direttrici di azione da seguire per realizzare il programma di lavoro elaborato in attuazione delle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere consistono nell'adozione di un approccio di partenariato con i Paesi di origine dei flussi migratori, nella garanzia di un equo trattamento degli stranieri legalmente residenti, in una gestione efficace dei flussi migratori e nell'istituzione di un regime europeo di asilo.

All'applicazione del principio del partenariato contribuirà l'attuazione di sei piani di azione relativi ad Afghanistan, Albania, Iraq, Marocco, Somalia e Sri Lanka e il possibile avvio dell'elaborazione di ulteriori piani relativi ad un secondo nucleo di Paesi di origine o transito. Da parte italiana gli sforzi andranno rivolti in via prioritaria ai Paesi e alle regioni geograficamente vicini.

Nell'ambito delle iniziative previste per assicurare un equo trattamento degli stranieri regolarmente soggiornanti sul territorio degli Stati membri, un'attenzione particolare meriterà il complesso di misure da adottare, su proposta della Commissione, ai fini dell'istituzione di una politica comune sull'ammissione e sul soggiorno. In relazione a tali obiettivi la Commissione ha recentemente inviato una specifica comunicazione al Consiglio e al Parlamento europeo intesa a stimolare il dibattito in materia.

La politica comune in questo ambito sarà articolata in una serie di strumenti distinti, che abbracceranno le condizioni di ingresso e soggiorno a titolo di ricongiungimento familiare, studio, lavoro autonomo o dipendente (l'unica proposta sinora presentata concerne il ricongiungimento familiare, principale canale di ingresso nell'Unione). In tale contesto, da parte italiana appare opportuno sottolineare la necessità che si tengano in debita considerazione gli sviluppi demografici ed economici degli Stati membri. Alla definizione di una politica comune di ammissione e soggiorno contribuirà inoltre l'adozione di norme e procedure sul rilascio di visti e titoli di soggiorno di lunga durata (è prossimo all'adozione un progetto di regolamento che determina gli Stati terzi i cui cittadini sono soggetti all'obbligo di visto e un progetto di direttiva per un permesso di soggiorno uniforme). In particolare, si prevede di ravvicinare i diritti che le normative degli Stati membri attribuiscono agli stranieri residenti sul proprio territorio da lungo tempo.

L'equo trattamento degli stranieri verrà assicurato anche attraverso un pacchetto di misure contro il razzismo, la xenofobia e le diverse forme di discriminazione, applicabili a tutti coloro che risiedono nel territorio dell'Unione europea.

Merita inoltre una specifica menzione il beneficio che gli stranieri residenti nell'Unione Europea potranno trarre dalla Carta dei Diritti Fondamentali (il cui testo è stato adottato dal Vertice di Biarritz del 14 ottobre scorso), che codifica i diritti attribuiti ai cittadini dell'Unione europea ed estensibili, anche se non integralmente, ai cittadini di Paesi terzi.

Sul fronte della migliore gestione dei flussi migratori, che per l'Italia - in quanto Stato membro di frontiera - assume un rilievo particolare, verranno avviate campagne informative sulle reali possibilità di immigrazione legale e, posto il carattere prioritario del ritorno volontario, verrà agevolata la riammissione di clandestini o irregolari attraverso la conclusione di appositi accordi europei con Paesi terzi (sono stati conferiti alla Commissione i mandati a negoziare accordi di riammissione con Marocco, Pakistan, Russia e Sri Lanka ). Anche al fine di evitare che l'esistenza di normative nazionali disomogenee costituisca un fattore di attrazione dell'immigrazione clandestina, occorrerà inoltre rafforzare la lotta contro la tratta degli esseri umani e lo sfruttamento economico degli immigrati con l'armonizzazione delle normative concernenti la definizione dei reati, le relative sanzioni e la responsabilità dei vettori che trasportano stranieri privi dei documenti necessari all'ammissione negli Stati membri (specifiche proposte sono in via di definizione). Attraverso il rafforzamento della collaborazione con Europol e il suo accresciuto coinvolgimento nelle attività che interessano gli Stati membri sarà inoltre possibile potenziare le esperienze e le capacità di ogni parte coinvolta nella lotta contro il fenomeno.

Nel quadro di una politica comunitaria volta a fornire concreta attuazione al principio di solidarietà tra gli Stati membri, la problematica del controllo alle frontiere esterne costituisce il terreno sul quale i Partners europei sono chiamati a fornire la dimostrazione di una effettiva volontà di porre in essere strategie integrate in materia di lotta all'immigrazione clandestina. Proprio nell'ottica volta ad attuare una strategia comune, partendo dall'adozione di misure concrete per il controllo dell'immigrazione clandestina e lo sfruttamento che ne deriva, è l'impegno congiunto di cui si è fatta promotrice l'Italia con la Francia e la Germania, a Marsiglia, il 28 luglio 2000, in occasione del Consiglio informale Giustizia e Affari Interni, con la messa in opera, partendo da iniziative di tipo bilaterale, di misure operative con la mobilitazione di tutti gli strumenti a disposizione dell'U.E. Di rilievo in tale contesto è l'impegno dell’EUROPOL che sarà chiamata a svolgere un ruolo determinante nell'attività di contrasto all'immigrazione illegale.

La necessità di istituire un regime europeo dell'asilo si basa, oltre che sull'opportunità di assicurare condizioni di protezione uniforme a coloro che ne hanno bisogno, su un duplice obiettivo: scongiurare movimenti secondari di cittadini di Paesi terzi che richiedono protezione in uno o l'altro Stato membro in funzione delle condizioni più o meno gravose previste per ottenerla e assicurare un equilibrio degli sforzi che gli Stati membri compiono per affrontare il fenomeno dell'afflusso di persone in cerca di protezione. A tal fine, i lavori si concentreranno

sulla definizione di norme comuni concernenti la determinazione dello Stato membro responsabile dell'esame di una domanda di asilo (in sostituzione della vigente Convenzione di Dublino),

il rilascio e il ritiro dello status di rifugiato (soprattutto allo scopo di ridurre la durata delle procedure di riconoscimento),

il trattamento da riservare ai richiedenti asilo e a coloro che beneficiano dell'asilo, uno statuto uniforme da accordare a tutti coloro che hanno bisogno di protezione internazionale (protezione temporanea in caso di afflusso massiccio e improvviso di sfollati e protezione sussidiaria).

Particolarmente sensibile e di importanza prioritaria appare la rapida elaborazione di norme sulla protezione temporanea e l'attuazione dell'obiettivo di assicurare un equilibrio degli sforzi tra Stati membri. La recente creazione di un Fondo europeo per i rifugiati costituisce un importante ma non esaustivo contributo. Nello sviluppo dei lavori occorrerà prestare attenzione affinché l'impegno degli Stati membri - come l'Italia - geograficamente esposti all'onda d'urto di sfollati in fuga venga tenuto nella debita considerazione in rapporto a quello cui fanno fronte gli Stati membri che costituiscono la meta principale dei rifugiati.

Azioni a livello internazionale per l’istruzione di bambini e giovani immigrati

Sulla base dell’esperienza maturata attraverso la cooperazione europea in campo educativo e considerato che l’inserimento scolastico di bambini e giovani immigrati costituisce una delle condizioni fondamentali per l’integrazione sociale e professionale di questi soggetti e delle loro famiglie, è necessario porre la dovuta attenzione alle problematiche relative a accoglienza, mediazione linguistica e culturale e all’apprendimento della lingua di studio Rispetto a queste tematiche le iniziative internazionali che scaturiranno in termini di politiche dell’immigrazione dovranno tener conto degli orientamenti nazionali nel capitolo sull’integrazione del presente documento.

 

Avvio di una politica comune europea nella prospettiva dell’allargamento dell’Unione

Le tematiche migratorie meritano di essere inquadrate anche nella prospettiva dell'allargamento dell'Unione che, almeno nella sua prima fase, coinvolgerà oltre 100 milioni di nuovi cittadini. Peraltro, la forte eterogeneità etnica, politica, economica e religiosa che caratterizza l’Est europeo impone un processo di integrazione graduale e funzionale alle realtà socio-economiche preesistenti secondo modalità definite di integrazione flessibile. Il processo di allargamento richiederà ad ogni paese candidato un serio e prolungato sforzo di adeguamento legislativo, strutturale, sociale e culturale , in particolare verso ambiti rispetto ai quali vi è una particolare sensibilità nei Paesi dell’Unione, come asilo, immigrazione, libera circolazione, lotta alla criminalità, lotta al traffico di droga e sicurezza dei cittadini.

Le questioni migratorie costituiscono una delle materie del capitolo Giustizia e Affari Interni, oggetto di esame e valutazione nell'ambito dei negoziati di adesione con i futuri Stati membri dell'Unione. Oltre all'allineamento delle legislazioni dei Paesi candidati all'"acquis" comunitario, andrà adeguatamente valutata l'effettiva capacità amministrativa e giudiziaria di applicare appieno le norme che ne fanno parte. Va osservato in particolare che, data l'incertezza sui tempi dell'adesione per i vari candidati, non è attualmente possibile definire in quale Paese si situerà la frontiera esterna dell'Unione e per quanto tempo. Va tuttavia precisato che l'eventuale adesione non comporterà, in linea di principio, l'automatica eliminazione dei controlli alle frontiere interne (Schengen), che scaturirà da una specifica decisione del Consiglio dell'Unione. In tal modo si potranno arginare le potenziali ripercussioni sull'immigrazione clandestina dello spostamento delle frontiere esterne dell'Unione in Paesi con capacità amministrativa di controllo in via di rafforzamento. Quanto alla potenziale immigrazione legale, va ricordato che da un recente studio condotto da un gruppo di esperti su richiesta della Direzione Generale per l'Occupazione della Commissione Europea non si rileva la prospettiva di spostamenti massicci negli attuali Stati membri dell'Unione di cittadini dei Paesi candidati (sono molto più probabili fenomeni di pendolarismo nelle regioni transfrontaliere).

 

Su un piano più generale, una politica comune dovrà riservare particolare attenzione anche allo sviluppo di forme di collaborazione con i Paesi terzi sulla base di apposite disposizioni in materia migratoria (equo trattamento dei cittadini regolarmente residenti, contrasto dell'immigrazione clandestina) inserite o da inserire in accordi di ampio respiro, alcuni dei quali rivestono grande interesse per il nostro Paese. Tra questi ultimi vanno segnalati gli accordi di associazione e stabilizzazione in via di negoziato con i Paesi balcanici o gli accordi di associazione conclusi o in via di negoziato con taluni Paesi mediterranei.

Cooperazione euro-mediterranea

Anche nell’ambito del partenariato euro-mediterraneo, avviato dal Processo di Barcellona le questioni legate all’immigrazione hanno assunto una forte valenza, come da ultimo ribadito dai Ministri degli Esteri partecipanti in occasione della Conferenza euromediterranea di Marsiglia del 15-16 novembre 2000. Le due riunioni a livello di Alti funzionari e di esperti (L’Aja, marzo 1999 — Bruxelles, settembre 2000) hanno consentito l’avvio di un dialogo sulle tematiche immigratorie del Mediterraneo. Il problema dell’immigrazione clandestina, in particolare, è stato affrontato in maniera approfondita nella Conferenza dei Ministri dell’Interno del Mediterraneo occidentale svoltasi a Lisbona nel giugno scorso.

Esistono quindi le condizioni per avviare anche in questo campo iniziative di collaborazione multilaterale fra l’Europa ed i Paesi della sponda meridionale, con lo scopo di rafforzare le politiche già messe in atto dai Paesi interessati, sia su base nazionale che bilaterale.

Sul piano concreto l’Italia, assieme alla Spagna, intende presentare ai partners euromediterranei un’iniziativa comune centrata sugli aspetti connessi al fenomeno dell’immigrazione. Il progetto riguarderebbe inizialmente due Paesi del Maghreb (Tunisia e Marocco) e potrebbe in futuro essere esteso alla Francia ed all’Algeria. .

L’idea di fondo, è di ricorrere ai fondi Meda per finanziare programmi nei seguenti settori:

sostegno alla fornitura ai Paesi maghrebini di apparecchiature e mezzi per il pattugliamento delle loro aree costiere;

assistenza ai medesimi Paesi per una migliore organizzazione delle loro strutture adibite alla riammissione dei propri cittadini non in regola;

formazione professionale, sia nei Paesi di provenienza che in quelli di accoglienza, degli iscritti nelle liste delle Autorità dei Paesi di emigrazione nel quadro dei flussi concordati con i Paesi di destinazione e delle qualificazioni professionali richieste;

interventi per creare occupazione nelle aree a più alta propensione emigratoria dei Paesi maghrebini, favorendo soprattutto l'inserimento dei giovani e la micro-imprenditorialità;

incoraggiare la c.d. "immigrazione di ritorno", sostenendo con incentivi finanziari e partecipazione al capitale di rischio le iniziative imprenditoriali degli emigrati che rientrano nei Paesi di provenienza.

Attività in ambito multilaterale

Nei fori internazionali multilaterali l’impegno italiano in materia migratoria ed in particolare nella lotta all’immigrazione clandestina e di tratta degli esseri umani s’inquadra nel solco di una tradizione di sostegno a tutte le iniziative orientate ad assicurare il rispetto della dignità umana. L’azione di contrasto verso questi fenomeni rappresenta quindi una priorità per il Governo italiano, nella piena convinzione che soltanto attraverso una più stretta e coordinata cooperazione internazionale in campo giudiziario e fra le Forze di Polizia sarà possibile fornire adeguati strumenti per combattere e stroncare le organizzazioni criminali che gestiscono tali traffici.

L’impegno italiano viene portato avanti in sede multilaterale mediante la promozione e la co-sponsorizzazione di tutte le Risoluzioni delle Nazioni Unite contro il traffico di clandestini con particolare attenzione ai problemi dei gruppi più vulnerabili quali le donne ed i minori. di sostegno a Programmi Europei (?)

La Convenzione Mondiale contro la Criminalità organizzata Transnazionale, aperta alla firma di tutti i paesi membri delle Nazioni Unite, in occasione della Conferenza ad Alto Livello di Palermo e gli annessi Protocolli per la prevenzione, la repressione e la punizione del traffico di migranti, e della tratta di esseri umani, in particolare donne e minori, consentiranno di promuovere e facilitare la cooperazione tra gli Stati in questa materia, favorendo efficaci politiche di informazione nei paesi d’origine per una sempre maggiore tutela delle vittime del traffico illegale. Affinché la Convenzione possa avere concreta ed efficace applicazione tra tutti i Paesi, l’Italia che ha svolto un ruolo di impulso per la sua messa a punto, intende condurre una decisa azione di sensibilizzazione sul piano internazionale per una rapida entrata in vigore.

Dall’Italia viene anche sviluppato un rilevante sforzo per accrescere nella regione Adriatica e nel quadro dell’Iniziativa Centro-Europea — INCE - una struttura di contrasto alle organizzazioni criminali che alimentano, fra l’altro, fenomeni di immigrazione clandestina e di prostituzione che coinvolgono, a livello multilaterale, altri Paesi dell’Europa Centrale e Meridionale.

Significative a tale riguardo sono le ipotesi di lavoro scaturite nell'ambito della c.d. Iniziativa Adriatica che, partendo dall'importante Conferenza di Ancona nella quale è stata sancita la realizzazione di una politica di cooperazione a tutto campo con i Paesi della sponda orientale e nel cui alveo ha acquistato particolare importanza il tema della sicurezza, preludono alla realizzazione entro breve di dispositivi atti a realizzare, nel quadro della lotta alla immigrazione clandestina, e alla tratta di esseri umani, forme di controllo alle frontiere mediante il concreto coinvolgimento dei Paesi dell'area balcanica nell'intento di rafforzare ai confini di questi Stati il diaframma ai flussi migratori provenienti dalle più lontane aree di origine degli immigrati.

La lotta all'immigrazione irregolare ed ai trafficanti di esseri umani riceverà un ulteriore impulso anche alla luce degli impegni assunti dalla Grecia e dall'Albania nell'ambito dell'iniziativa trilaterale, di cui l'Italia è capofila. Tale collaborazione permetterà di realizzare il distacco reciproco di Ufficiali di collegamento presso gli Uffici Interpol, l'individuazione di punti di contatto, l'intensificazione dello scambio di informazioni.

La Conferenza Regionale Europea contro il Razzismo - svoltasi a Strasburgo lo scorso ottobre nel quadro della Presidenza italiana del Consiglio d’Europa e che rappresenta il contributo europeo all’analoga Conferenza Mondiale che avrà luogo a Durban nel 2001 - riassume l’impegno dei Paesi europei a lottare contro ogni forma di nazionalismo xenofobo o etnico ed a privilegiare i possibili meccanismi di integrazione, nel riconoscimento e nel rispetto dei diritti di tutti i gruppi etnico-culturali.. Tali principi — contenuti nel documento di "Conclusioni Generali", trasmesso al Comitato Preparatorio ONU della Conferenza Mondiale e nella "Dichiarazione Politica" - nonché gli altri emersi dalla Conferenza Europea, costituiranno elementi di riflessione e di azione futura per il nostro Paese, in vista di una partecipazione che intendiamo attiva alla Conferenza Mondiale in Sud Africa ed all’attuazione dei principi che in quella sede saranno adottati.

Lungo la stessa linea, l’Italia ha già avviato con convinzione e spirito propositivo la propria partecipazione ai lavori preparatori della Sessione Speciale Assemblea Generale delle Nazioni Unite — UNGASS 2001 — che, nell’autunno del prossimo anno, dovrà solennizzare i dieci anni della Convenzione ONU sui Diritti del Bambino e mettere a fuoco, fra l’altro, i meccanismi e le strategie più adeguate per combattere sul piano internazionale ogni forma illecita di traffico e di sfruttamento dei bambini.

Iniziative bilaterali

Nelle relazioni con i Paesi di emigrazione l’Italia porta avanti una strategia di "approccio globale" per ciò che attiene alle diverse tematiche che caratterizzano tali rapporti. Le iniziative finalizzate al contrasto dell’immigrazione illegale ed alla regolamentazione dei flussi di ingresso vengono pertanto poste in stretta correlazione con altre intese ed impegni di reciproco interesse sia nel settore socio-migratorio che sul più vasto fronte della cooperazione economica bilaterale ed in particolare della cooperazione allo sviluppo.

Il dialogo con i Paesi di provenienza degli immigrati è ovviamente favorito dalla possibilità - esplicitamente prevista dalla normativa vigente — di riservare nell’ambito della programmazione dei flussi quote in favore dei lavoratori originari di Stati con i quali sono stati sottoscritti accordi per la riammissione di quanti si trovano in posizione irregolare nel nostro territorio.

L’intensa azione negoziale portata avanti in questi anni ha consentito di realizzare un ampio reticolo di accordi riammissione con la quasi totalità dei Paesi dell’Est europeo e balcanici. Per ciò che concerne l’area mediterranea, dopo il perfezionamento delle intese con Algeria, Tunisia e Marocco, dovranno rapidamente essere condotti a conclusione i negoziati in materia con l’Egitto nonché con Malta e Cipro, paesi questi ultimi divenuti snodi di transito di clandestini che approdano sulle nostre coste.

Il carattere globale del fenomeno migratorio accresce il nostro interesse a pervenire a nuove intese con Paesi di altre aree. L’ormai imminente firma di accordi di riammissione con Pakistan, Sri Lanka e Filippine favorirà l’allargamento della cooperazione socio-migratoria con tali paesi, in particolare in materia di sicurezza sociale. L’opposizione di principio delle Autorità cinesi ad intese formali sulla riammissione rende necessario un’intensificazione dei nostri sforzi per concordare modalità e procedure idonee, quanto meno sul piano concreto, alla regolamentazione dei flussi ed alla lotta alle organizzazioni che gestiscono i traffici di clandestini cinesi.

Per quanto attiene all’Africa Sub-sahariana l’accordo di riammissione firmato con la Nigeria, il primo ad essere firmato con un Paese di quell’area e che prevede tra l’altro la realizzazione da parte italiana di programmi di assistenza tecnica e di formazione nonché interventi di protezione e reinserimento sociale per le vittime di traffici di esseri umani, potrà costituire certamente un modello per il perfezionamento di analoghe intese con altri Paesi africani, toccati da fenomeni di traffici di esseri umani. Va sottolineato il particolare valore di tale accordo che conferma l’attenzione verso il rafforzamento della cooperazione con i Paesi di origine dei flussi non soltanto sul versante "repressivo" ma anche su quello socio-umanitario.

Accordi di riammissione entrati in vigore, firmati e da stipulare (Ministero degli Affari Esteri)

Accordi entrati in vigore

Accordi firmati

Accordi da stipulare

Data

Paese

Data

Paese

Stato

Paese

1994

Polonia

1997

Georgia

Negoziato concluso

Malta

1997

Slovenia

1998

Marocco

Negoziato concluso

Pakistan

1997

FYR Macedonia

1999

Grecia

Negoziati in corso

Ucraina

1997

Lettonia

1999

Spagna

Negoziati in corso

Senegal

1998

Romania

2000

Algeria

Negoziati in corso

Egitto

1998

Austria

2000

Nigeria

Negoziati in corso

Filippine

1998

Croazia

Negoziato in corso

Sri Lanka

1998

Albania

 

 

Contatti

India

1998

Jugoslavia

 

 

Contatti

Bangladesh

1998

Tunisia

 

 

Contatti

Cina

1998

Ungheria

 

 

Contatti

Moldavia

1998

Lituania

 

 

Contatti

Turchia

1998

Bulgaria

 

 

Contatti

Ghana

1999

Francia

1999

Estonia

 

 

1999

Slovacchia

 

 

2000

Svizzera

 

 

 

 

Il bilancio di questo primo periodo di applicazione della nuova legge sull’immigrazione rafforza il convincimento che efficaci risultati in materia di regolamentazione dei flussi possono essere conseguiti unicamente attraverso uno stretto e costante dialogo con i Paesi di provenienza degli immigrati che da un canto consentano di contrastare efficacemente l’immigrazione illegale e dall’altra possano favorire percorsi regolari di ingresso e soggiorno degli stranieri, ed un ampliamento delle possibilità di accesso al mercato del lavoro nazionale.

Va del resto registrata una crescente consapevolezza da parte delle Autorità di molti Paesi di immigrazione di come flussi incontrollati siano incompatibili con obiettivi di accessi programmati e di reale integrazione degli immigrati, con la progressione dei loro diritti e finiscano in ultima analisi per nuocere — alimentando fenomeni di razzismo — alle collettività straniere regolarmente soggiornanti. In altri termini ad un serio ed effettivo sforzo dei Paesi di emigrazione per ciò che attiene al controllo dei flussi ed alla riammissione dei clandestini dovranno corrispondere analoghi impegni da parte nostra in campo economico e di sostegno allo sviluppo nonché accordi di sicurezza sociale ed intese nel campo del lavoro e della collocazione della mano d’opera. Tali accordi, che dovrebbero coinvolgere anche le imprese italiane nei diversi settori produttivi, potrebbero imperniarsi su attività di selezione di risorse umane, di formazione professionale, di elaborazione di dati concernenti le esigenze del mercato del lavoro italiano, con particolare riguardo ai trend della domanda di manodopera straniera suddivisa per regioni o distretti industriali. Alla definizione degli accordi potrebbero essere chiamate a partecipare anche Organizzazioni internazionali specializzate quali l’OIM e l’OIL.

Il soddisfacente livello di collaborazione con le Autorità tunisine \per la gestione dei flussi migratori, dopo le difficoltà e le tensioni registratesi in passato a causa dei continui sbarchi sulle nostre coste di clandestini provenienti dalla Tunisia, e che ha prodotto significativi risultati anche per quanto attiene alla selezione di lavoratori ai fini del loro inserimento in Italia attraverso l'anagrafe informatizzata, deve essere considerato come un modello di cooperazione integrata in campo socio-migratorio che, laddove andrebbe riprodotta anche in altri contesti. Essa infatti, coinvolgendo fortemente le Autorità locali, le responsabilizza ad adoperarsi per una selezione efficace dei propri lavoratori e, in parallelo, per un potenziamento dei controlli di frontiera.

L’altro modello a cui guardare può essere senz’altro quello dell’Albania dove tale collaborazione si è tuttavia realizzata attraverso l’intervento di un organismo internazionale cui è stata affidato il compito di selezionare la mano d’opera.

Cooperazione allo sviluppo e flussi migratori

Le priorità della politica di Cooperazione allo sviluppo, fissate annualmente con la presentazione della Relazione Previsionale e Programmatica, individuano obiettivi di tipo settoriale, quali la lotta alla povertà, lo sviluppo della piccola e media imprenditoria, lo sviluppo sostenibile e geografico, come lo sviluppo dei Paesi della regione dei Balcani e del Bacino del Mediterraneo. L'azione della Cooperazione italiana, orientando la propria attività allo stimolo verso lo sviluppo economico e sociale dei paesi beneficiari, contribuisce a migliorare le condizioni di vita delle popolazioni e le sue attività sono, pertanto, idonee a produrre nel tempo una riduzione della pressione migratoria. Rimuovere le cause della povertà sollecitando le potenzialità e le capacità produttive endogene del paese significa infatti fornire nuove possibilità di lavoro tali da disincentivare - anche se con processi di medio/lungo periodo - le popolazioni dall’abbandonare le loro regioni per cercare altrove concrete possibilità lavorative. La povertà estrema, la cui riduzione del 50% entro il 2015 rappresenta il primo degli obiettivi che si è posta la comunità internazionale dei donatori in sede OCSE - DAC e che è ovviamente perseguita prioritariamente anche dall'Italia, presenta infatti un evidente nesso con i fenomeni migratori.

Particolare rilievo assumono i programmi di cooperazione allo sviluppo attuati nel corso degli ultimi anni nelle aree prioritarie per l’Italia sotto il profilo migratorio - Balcani e Paesi del Maghreb - in particolare nei settori della formazione professionale, dell'agevolazione del lavoro autonomo, della promozione dello sviluppo locale e lo sviluppo di infrastrutture sociali.

Nel settore della piccola e media imprenditorialità numerosi sono stati poi i progetti della Cooperazione italiana attraverso il finanziamento di linee di credito in Tunisia, in particolare nei settori dell’industria, dell’agricoltura e della pesca , in Algeria, per far fronte all’esigenza di fornire un concreto sostegno in termini di attrezzature alla PMI, che in questo paese conta migliaia di ragioni sociali quasi interamente private ma non gode di particolari benefici ed agevolazioni da parte dello Stato ed in Marocco, nel settore del commercio, dell’artigianato, delle banche e del turismo e a favore della costituzione di una unità di assistenza tecnica all’interno dell’amministrazione marocchina competente in materia di sviluppo industriale. La cornice entro la quale si proietta l’attività della Cooperazione italiana nei Paesi del Nordafrica è altresì rappresentata dagli obiettivi di modernizzare l’agricoltura e potenziare l’industria sviluppando in particolare le potenzialità offerte in quel Paese in quei settori sui quali conviene concentrare gli sforzi per raggiungere un incremento dello sviluppo socioeconomico e, dunque, per conseguenza una riduzione dei flussi migratori

Nell’area dei Balcani a partire dall’anno 2000 sono state avviate le attività previste nel quadro del "Rapid Response for Reconstruction and Development" in Kosovo..

Forte attenzione è rivolta, e lo sarà anche per il futuro, al settore della formazione professionale, proseguendo negli impegni già assunti in questo settore.. Importante in questo ambito è inoltre il coinvolgimento delle Regioni ed Enti locali impegnati in progetti di cooperazione decentrata (programma di sviluppo umano a livello locale da attuarsi fra il Governatorato di Gafsa e le Regioni italiane o europee e fra le Delegazioni del Governatorato e le città e le provincie italiane ed europee interessate)

La Tunisia rappresenta certamente uno dei principali beneficiari di tali iniziative orientate alla formazione professionale giovanile attraverso corsi teorici e pratici anche in vista del loro inserimento presso aziende italiane e tunisine, mentre in Albania sono già avviate le attività del progetto di formazione tecnico-professionale per i giovani di Tirana e quelle attinenti il programma di sviluppo della formazione professionale a Scutari

Il Marocco è un altro dei Paesi ai quali in questo momento la Cooperazione italiana guarda in termini di stretto raccordo tra le politiche migratorie e gli interventi a sostegno dell'economia di alcune regioni e di formazione professionale.

L'intervento della Cooperazione allo Sviluppo si avvarrà sempre più di quegli Organismi quali ad esempio l'OIL l'OIM che hanno maturato significative esperienze in questo settore. Già ora sono in corso alcune iniziative che riguardano direttamente il fenomeno migratorio come quella per la valorizzazione delle dinamiche migratorie attuali e future per lo sviluppo nazionale dei paesi del Maghreb. Il fine che ci si prefigge rafforzando le sinergie con gli organismi specializzati è sempre orientata al potenziamento delle capacità di alcuni Paesi come Algeria, Marocco e Tunisia per ottimizzare il potenziale di sviluppo economico e sociale interno connesso alla gestione delle dinamiche migratorie nella regione del Mediterraneo. L'attività di cooperazione proseguirà in questa azione di identificazione delle aree a più forte pressione migratoria verso il nostro Paese, e particolarmente delle aree rurali caratterizzate da forti spinte migratorie, per sostenere la capacità potenziale di sviluppo di joint-ventures con imprese italiane, all'impatto di eventuali schemi di micro-credito.

In Egitto, paese cui la Cooperazione italiana guarda con sensibile attenzione, sono in fase di realizzazione due iniziative ("Sistema integrato per la gestione delle informazioni sull'emigrazione", e il "Programma di informazione sull'emigrazione) proprio con l'intento esplicito di agire sulle dinamiche del fenomeno migratorio anche attraverso attività di informazione.

Al fine di rendere più efficace l'azione di cooperazione mirante alla riduzione della pressione migratoria la Cooperazione italiana si orienta altresì verso la realizzazione di progetti di ricerca che hanno lo scopo di verificare le diverse cause che possono spingere all’emigrazione, nonché valutare quali siano le ricadute dell’emigrazione nei contesti di origine e quali siano i processi di inserimento sperimentati dall’immigrato in Italia.

Altro settore di prioritaria importanza verso il quale già da tempo sono concentrati gli sforzi della Cooperazione italiana anche con lo scopo precipuo di veder ridotta la pressione migratoria è quello dell'assistenza ai profughi ed ai rifugiati provenienti dalla zone interessate da conflitti, naturalmente in stretto raccordo che gli organismi internazionali, in particolare l'UNHCR. L'area balcanica, in particolare la regione del Kosovo, continuerà ad essere una delle zone di destinazione di tali interventi, ma anche quelle regioni dell'Africa interessate in tempi recenti da conflitti bellici che hanno inciso pesantemente nel tessuto socio-economico dei Paesi coinvolti. Attenzione in tali contesti viene anche riservata alla operazioni di rimpatrio che rappresentano il primo passo per la ricostituzione di tali contesti..

Anche i programmi di reinserimento degli emigrati al momento del loro ritorno nel paese di origine saranno oggetto di finanziamenti da parte della nostra Cooperazione anche sulla scia di quanto già in essere per esempio nel caso del Programma di formazione e microcrediti per gli emigrati di ritorno in Egitto, progetto di prossima approvazione e del Programma di reinserimento sociale delle persone che rientrano in Nigeria.

Tendenze nelle politiche migratorie di altri paesi.

L’evoluzione in atto nel mercato del lavoro, in relazione ai trend demografici ed alla favorevole fase congiunturale attraversata da alcuni settori produttivi, influisce oggi sull’elaborazione e sull’attuazione delle politiche migratorie di molti paesi occidentali. Posizioni di blocco dei nuovi ingressi cedono così progressivamente il passo ad una sempre più diffusa consapevolezza che i flussi migratori, purché adeguatamente governati attraverso l’elaborazione di una politica di "gestione", costituiscono soprattutto una risorsa.

Il rapporto tra la crescita economica ed una politica di gestione dei flussi migratori è stato d’altronde già sperimentato a partire dal secolo scorso, come dimostra la storia economica e sociale di paesi "nuovi" come gli Stati Uniti, il Canada, l’Australia e alcuni paesi dell’America Latina. La tendenza attuale si differenzia però dalla tradizionale politica atta ad attrarre manodopera a basso costo per la crescita di settori a basso livello di tecnologia. La struttura e le esigenze del sistema produttivo di molti paesi occidentali richiedono infatti di poter disporre di manodopera qualificata, soprattutto da destinare a settori ad alta tecnologia, difficilmente reperibile sui mercati del lavoro nazionali. La carenza di manodopera qualificata, problema che in prospettiva sarà acuito dalle attuali tendenze demografiche, e rispetto al quale i sistemi formativi nazionali stentano a fornire adeguate risorse, è insomma alla base della politica di cauta apertura adottata da molti governi in materia migratoria.

Emblematico, a questo proposito, è il caso del Regno Unito. Rispetto alla sostanziale chiusura delle frontiere (con l’eccezione dei cittadini UE e dei rifugiati), disposta nel 1971, il governo britannico si è recentemente mostrato incline ad adottare una politica dell’immigrazione "orientata al mercato", sulla scorta delle misure già approvate in materia di attività economiche intraprese da cittadini stranieri e permessi di lavoro a favore di studenti provenienti dall’estero. In particolare, è all’esame la possibilità di limitare le restrizioni in materia di assunzioni di cittadini stranieri attualmente imposte ai datori di lavoro.

Anche in Germania è in corso un intenso dibattito sull’immigrazione e sulla possibilità di introdurre per la prima volta in quel paese un vero e proprio strumento normativo che affronti la materia nella sua globalità. Il governo ha già deciso di attuare una contenuta apertura, in particolare concedendo 20 mila nuovi permessi di soggiorno ad operatori qualificati del settore informatico. Di dimensioni molto maggiori le aperture disposte da paesi caratterizzati storicamente dai maggiori flussi immigratori. La crescente domanda di molti settori produttivi statunitensi di manodopera qualificata ha spinto il governo di Washington a disporre un incremento delle quote annuali di immigrazione. Nel maggio scorso è stato disposto un aumento di 200 mila unità della quota di ingressi per lavoratori qualificati nell’industria ad alta tecnologia, con un incremento superiore all’85%. L’Amministrazione americana ha così confermato di vedere nell’accesso al mercato del lavoro internazionale un fattore essenziale per il mantenimento della competitività del sistema produttivo statunitense a livello mondiale.

La percezione che gli Stati Uniti possano aver alleviato la loro carenza di manodopera qualificata attraverso una politica di gestione dei flussi migratori ha spinto altri Paesi ad intraprendere la stessa strada, tanto da generare una sorta di concorrenza nell’attrarre i lavoratori stranieri qualificati, offrendo loro sempre migliori opportunità formative e professionali. Il Canada ha ad esempio deciso di liberalizzare l’accesso di lavoratori stranieri dei settori ad alta tecnologia, mentre l’Australia ha varato un nuovo sistema di visti temporanei destinati allo stesso tipo di immigrati.

La tendenza a favorire l’immigrazione di lavoratori qualificati, tendenza già in atto anche in Italia, e che nel nostro paese dovrà essere coerentemente sostenuta parallelamente alla modernizzazione e all’evoluzione tecnologica di molti settori produttivi, è d’altro canto di notevole interesse anche per i paesi di origine dei flussi migratori. La connessione tra il fenomeno migratorio e lo sviluppo economico e sociale di questi ultimi paesi è sempre più all’attenzione dei governi dei PVS, delle agenzie per la cooperazione allo sviluppo, degli organismi internazionali che si occupano di migrazioni. Le "migrazioni di ritorno", adeguatamente favorite da specifici programmi di cooperazione (già avviati, in particolare, per alcuni paesi dell’area balcanica e dell’Africa sub-sahariana) e sostenute da una legislazione adeguata, possono costituire lo strumento attraverso il quale le conoscenze tecniche, la formazione professionale ed anche le risorse finanziarie acquisite dal lavoratori provenienti dai PVS nella loro permanenza nei paesi più sviluppati possono essere messe a disposizione dello sviluppo economico e sociale dei paesi d’origine.

Cap. IV) Politiche di integrazione

 

 

 

Lo stato di realizzazione del modello di integrazione adottato e gli obiettivi prioritari per il futuro.

Si ritiene utile seguire il modello di integrazione ragionevole, proposto nel rapporto 1999 dalla Commissione per le politiche di integrazione degli immigrati. Secondo questo modello i principali obiettivi da perseguire sono la tutela dell’ "integrità della persona" e la costruzione di un’ "interazione a basso conflitto" tra immigrati e cittadini, tra nazionali e nuove minoranze. Le politiche di integrazione devono essere dirette, da una parte, ad assicurare agli stranieri presenti nel nostro paese basi di partenza nell’accesso a beni e servizi e, più in generale, condizioni di vita decorose. Un’interazione a basso conflitto implica che le politiche di integrazione si rivolgono anche e forse soprattutto ai cittadini italiani e non solo agli stranieri che vivono e lavorano in Italia.

All’interno delle misure destinate a garantire l’integrità della persona, fondamentale importanza rivestiranno anche nei prossimi anni quelle dirette a "premiare la legalità" di chi, facendo uso di strumenti ormai finalmente operanti a pieno regime quali l’ingresso per lavoro nell’ambito dei flussi, l’ingresso con sponsorizzazione e i ricongiungimenti familiari, è entrato regolarmente nel nostro paese. Nella direzione di premiare la legalità e la residenza regolare di lungo periodo, alcune importanti realizzazioni hanno avuto luogo nel corso del 2000: il rilascio delle prime carte di soggiorno e l’attuazione dell’istituto dello sponsor per ricerca di lavoro.

Perciò sembra necessario creare le condizioni che permettano di mantenere la stabilità della permanenza legale, evitando automatismi nell’applicazione della legge che possano produrre "ricadute" nell’illegalità. A questo scopo, gli strumenti da privilegiare sembrano essere il monitoraggio costante sul funzionamento delle misure che regolano il soggiorno, che ne rilevi i punti di criticità, e l’adozione di misure dirette a realizzare una maggiore semplificazione amministrativa delle procedure.

Maggiore impulso dovrà essere dato alle misure dirette ad assicurare agli stranieri regolari il pieno esercizio dei diritti loro riconosciuti. Un problema di mancato esercizio dei diritti si rileva tuttora sia nel campo della salute, che in quello della scuola. Per quanto riguarda il primo settore, dati a livello locale fanno presumere che circa il 30% dei regolari, aventi per legge diritto all’assistenza sanitaria a condizione di parità con i cittadini italiani, non si è mai iscritto al Servizio Sanitario Nazionale, condizione preliminare per l’accesso all’assistenza. Per quanto riguarda l’istruzione, il numero di alunni stranieri che frequentano le nostre scuole corrisponde a poco più della metà del numero di minori stranieri che risultano soggiornare in Italia. I dati relativi alla frequenza scolastica prendono in considerazione ovviamente solo i minori in età scolare, dai tre anni in su. Tuttavia, anche in considerazione del fatto che a scuola possono andare anche i minori irregolari, mentre i dati sulla presenza riguardano solo i regolari, la discrepanza tra soggiornanti e frequentanti appare un aspetto preoccupante. In entrambi i contesti sarà necessario adottare misure che consentano di ridurre progressivamente, e poi di eliminare, il divario tra quanti hanno diritto all’assistenza sanitaria e all’istruzione e quanti effettivamente ne usufruiscono.

Carattere di priorità dovrà essere riconosciuto all’obiettivo di eliminare o quantomeno ridurre le barriere, tanto di tipo prettamente linguistico o, più in generale, culturale, quanto di tipo organizzativo, che ostacolano la fruibilità dei servizi da parte degli immigrati. L’esistenza di ostacoli che impediscono l’esercizio del diritto di accesso ai servizi è particolarmente evidente nel settore dei servizi sanitari e sociali. Gli ostacoli di tipo culturale in senso ampio comprendono non solo la lingua, ma sia le difficoltà legate ad una non buona comprensione da parte degli stranieri del funzionamento dei servizi, sia ad una concezione diversa della malattia o del bisogno, ad aspettative diverse rispetto alla cura, alla assistenza, al rapporto tra operatore e utente.

In questo ambito la priorità deve essere data alla formazione specifica degli operatori posti a contatto con l’utenza immigrata e alla diffusione del ricorso ai mediatori culturali.

La figura del mediatore culturale è stata introdotta per la prima volta dal Testo unico sull’immigrazione, come figura "ponte" tra gli immigrati, portatori di una diversa cultura di origine e di specifiche esigenze, e il contesto dei servizi e delle istituzioni italiane. Sembra tuttavia necessaria una più precisa determinazione del ruolo e dell’ambito di intervento dei mediatori culturali, così come l’uniformazione secondo standard comuni del loro percorso formativo, oggi completamente delegato ai differenti orientamenti dei singoli enti che li formano e li utilizzano.

Altre barriere sono di tipo organizzativo, risolvibili con una maggiore flessibilità dei servizi e degli orari, che consenta di venire incontro ad esigenze proprie dell’utenza immigrata (ma non solo), e con misure dirette a semplificare e chiarire procedure burocratiche spesso oscure (anche ai nazionali).

Un ulteriore sforzo dovrà essere diretto a diffondere maggiormente, tra gli stranieri, ma anche tra gli operatori che si trovano a contatto con l’utenza immigrata, l’informazione sui diritti e sulla legge. I problemi di accesso ai servizi sono spesso determinati sia da carenze di informazione e di consapevolezza dei propri diritti da parte degli utenti, sia di scarsa informazione sui propri obblighi da parte degli erogatori.

In prospettiva le politiche sociali dirette agli immigrati dovrebbero essere inserite nelle politiche sociali generali. Sembra opportuno prendere le mosse da normative recenti quali la disciplina dell’assegno di maternità e del reddito minimo di inserimento, che comprendono tra i potenziali beneficiari, a condizioni di parità con gli italiani, gli immigrati regolarmente residenti, per riflettere su una possibile riforma del sistema degli ammortizzatori sociali che, partendo dalla considerazione degli immigrati quali componenti ormai strutturali della società, li inserisca tra i beneficiari di misure generali di sostegno socio-economico. E’ d’altronde lo stesso T.U. sull’immigrazione a stabilire il principio dell’equiparazione ai cittadini italiani degli stranieri titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno per quanto riguarda la "fruizione delle provvidenze e delle prestazioni, anche economiche, di assistenza sociale".

Lavoro

Le misure dirette a favorire l’emersione del lavoro sommerso rappresentano senza dubbio una priorità, infatti un forte settore informale, oltre a sottrarre risorse allo Stato e agli enti previdenziali, agisce da potente fattore di attrazione dell’immigrazione irregolare verso l’Italia.

Le misure da adottare per combattere il lavoro irregolare degli stranieri non sono diverse da quelle destinate a ridurre il lavoro irregolare svolto dagli italiani: si tratta di aumentare i controlli, rendere più gravi le sanzioni e meno onerosa la contribuzione per il lavoro regolare. Sarebbe anche opportuno avviare un monitoraggio che consenta di valutare se e in che misura il lavoro irregolare degli stranieri si stia "sganciando" dalla irregolarità del soggiorno, tenuto comunque conto del fatto che i lavoratori immigrati sono in condizioni di maggiore ricattabilità e vulnerabilità rispetto agli italiani quanto alla scelta del tipo di lavoro e alla possibilità di optare per un rapporto regolare.

Si possono prevedere anche alcune misure specifiche: è necessario seguire i percorsi lavorativi di chi ha fatto ingresso in Italia con sponsorizzazione o per ricongiungimento familiare, per non alimentare il lavoro nero con immigrati regolari. In una prospettiva più generale, un monitoraggio di questo tipo si rivelerebbe strumento utile anche per le valutazioni relative ai flussi di ingresso per lavoro.

Favorire il ricorso degli immigrati ai contratti di formazione lavoro (attualmente utilizzati solo nel 5% degli avviamenti al lavoro) e di apprendistato, che riducono i costi per le imprese e costituiscono ottime opportunità per gli stranieri.

Pur essendo spesso dotati di un buon livello di istruzione, gli immigrati sono nella maggior parte dei casi collocati nel mercato del lavoro italiano ai più bassi livelli di qualifica professionale. Questo appiattimento comporta un grave sotto-utilizzo di capacità e risorse umane che vengono di fatto sprecate e la diffusione di un’immagine stereotipata del lavoratore immigrato, la cui utilità per l’economia e per la società è sempre confinata in ambiti limitati. Sembrano quindi prioritariamente da promuovere iniziative tendenti a incentivare la mobilità sul mercato del lavoro degli stranieri, in modo da consentirne l’uscita da "settori-ghetto" quali il lavoro domestico per le donne e i bassi profili professionali dell’industria e del terziario per gli uomini. Sembra inoltre fortemente necessario ridurre lo sfasamento tra il livello di istruzione e la collocazione professionale e facilitare l’accesso degli immigrati a lavori "visibili" e tenuti in buona considerazione, quali, per esempio, l’operatore di sportello. Sembrano inoltre ancora da migliorare i servizi di orientamento al lavoro diretti specificamente agli immigrati.

Istruzione

L’inserimento scolastico di bambini e giovani immigrati costituisce una delle condizioni fondamentali per l’integrazione sociale e professionale dei minori stranieri e delle loro famiglie e per la realizzazione di pari opportunità di partenza.

Gli alunni con cittadinanza non italiana che frequentano le nostre scuole sono oggi venti volte più numerosi di quelli registrati nell’anno scolastico 1983/84, quando costituivano appena lo 0.06% della popolazione scolastica complessiva.

Nell’anno scolastico 1999-2000, più di 119.000 alunni stranieri hanno frequentato le scuole italiane, rappresentando l’1,47% dell’intera popolazione scolastica.

L’Istat ha stimato la presenza in Italia al 1 gennaio 2000 di circa 230.000 minori stranieri. I dati relativi alla frequenza scolastica prendono in considerazione ovviamente solo i minori in età scolare, dai tre anni in su. Tuttavia — come si è già osservato- anche in considerazione del fatto che a scuola possono andare anche i minori irregolari, mentre i dati sulla presenza riguardano solo i regolari, la discrepanza tra soggiornanti e frequentanti appare un dato preoccupante, soprattutto nel meridione. Maggiori sforzi dovranno essere compiuti nei prossimi anni per diminuire il divario e realizzare compiutamente la norma del testo unico sull’immigrazione che prevede il diritto-obbligo scolastico per i bambini stranieri allo stesso modo in cui lo si prevede per gli italiani. Anche in questo ambito le misure da adottare sembrano dover essere solo in parte specificamente destinate agli immigrati, costituendo l’evasione dell’obbligo scolastico un fenomeno diffuso anche e in primo luogo tra la popolazione scolastica "nativa", soprattutto nelle regioni meridionali. Deve quindi essere affrontato con strumenti di carattere generale e strutturale, che siano diretti a colmare determinate carenze del sistema scolastico nel suo complesso.

Accanto ai problemi dell’accesso, andranno meglio affrontati nei prossimi anni i problemi dell’inserimento e del successo scolastico.

Sono diversi i dati che segnalano come i bambini e i ragazzi stranieri che frequentano le scuole italiane incontrino maggiori difficoltà a scuola rispetto ai loro coetanei italiani. Nonostante l’incompletezza dei dati attualmente disponibili, si può affermare che tra gli studenti stranieri il tasso di insuccessi scolastici e di abbandoni risulta essere più alto di quello relativo agli studenti italiani e la forbice tende ad allargarsi nel passaggio tra le scuole elementari e le medie.

La condizione dei bambini figli di immigrati privi di permesso di soggiorno è spesso caratterizzata da difficoltà di inserimento. La legge ne permette la regolare iscrizione a scuola, ma molto spesso il loro inserimento scolastico trova ostacoli nella condizione di illegalità e il contatto con i genitori è per ovvie ragioni quasi totalmente assente. Si assiste inoltre ad un forte assenteismo da parte di questi bambini e ragazzi, sempre determinato dalla posizione illegale delle loro famiglie.

Un problema molto diffuso tra gli alunni stranieri è rappresentato dal divario tra l’età del minore e la classe in cui viene inserito in Italia. Nonostante che la legge 40 indichi come criterio guida quello di inserire gli alunni stranieri nella classe immediatamente successiva a quella conclusa con successo nel paese di origine, spesso una scarsa conoscenza della lingua italiana induce le autorità scolastiche a inserire lo studente straniero in una classe composta da alunni molto più piccoli. Questo sfasamento tra età anagrafica e classe di inserimento, che si fa sempre più frequente mano a mano che si procede verso i gradi più alti dell’istruzione, si rivela dannoso tanto psicologicamente quanto pedagogicamente per l’alunno straniero. Per evitarlo, si dovrà puntare molto di più in futuro su programmi personalizzati di inserimento e di istruzione.

Anche nell’ambito della scuola la figura del mediatore linguistico e culturale si è rivelata in grado di facilitare l’inserimento e di svolgere funzioni di supporto e di assistenza, sia in termini di conoscenza delle culture di cui sono portatori i bambini immigrati, sia come sostegno agli stessi bambini nella fase di adattamento alla scuola. Il mediatore, inoltre, può svolgere un ruolo non trascurabile proprio in quel dialogo con le famiglie che si considera fondamentale nell’accoglienza.

I genitori degli alunni stranieri dovranno essere stimolati ad un maggior coinvolgimento e partecipazione ai lavori degli organi democratici della scuola. Il dialogo con i genitori e le Comunità di provenienza, svolto con continuità e non in maniera occasionale, assume una rilevanza fondamentale per un inserimento non traumatico nel contesto scolastico e sociale.

La diffusione di corsi di lingua e cultura italiana, a tutti i livelli, sia per bambini che per adulti costituisce un altro obiettivo importante. Per quanto riguarda i bambini e i ragazzi in età scolare, gli interventi finalizzati all’insegnamento della lingua di studio andranno strutturati tenendo conto delle lingue di origine e realizzati all’interno delle classi di appartenenza e in laboratori interculturali e interlingue appositamente istituiti presso le scuole. Le esperienze in questa direzione, già realizzate in Italia, hanno prodotto risultati positivi.

Il riconoscimento dell’importanza della lingua come strumento di integrazione è anche alla base del progetto pilota per la costituzione di un sistema nazionale per l’insegnamento dell’italiano di base agli immigrati adulti. Infatti la maggior parte degli immigrati giunge nel nostro paese senza conoscere la lingua italiana e si trova a dover affrontare, in una penalizzante situazione di disagio linguistico, innumerevoli impegni e ostacoli. Il progetto di insegnamento dell’italiano di base è stato pensato proprio al fine di ridurre questa condizione di disagio e di creare pari opportunità. L’obiettivo prioritario del progetto attraverso l’immediata attivazione, in via sperimentale, di circa 50 Centri Territoriali per l’Educazione Permanente degli Adulti è di diffondere il più possibile tra gli immigrati la conoscenza di queste strutture quali centri di formazione linguistica per l’insegnamento della lingua italiana, compresi nell’ambito del sistema integrato di educazione e formazione permanente previsto dalla delibera della Conferenza Unificata del 2 marzo 2000, in modo che per gli immigrati diventino punti di riferimento per le necessità di apprendimento della lingua italiana.

Alla diffusione dell’insegnamento della lingua dovrà essere abbinata l’introduzione di un certificato ufficiale di conoscenza della lingua italiana, analogo a quello che esiste in diversi paesi europei, differenziato in vari livelli, così come proposto dalla Commissione per le politiche di integrazione.

Università Nell’anno accademico 1997/98 risultano iscritti ai corsi di laurea e ai corsi di diploma universitario 24.010 studenti stranieri, di cui circa 14.000 provenienti da paesi comunitari o comunque a sviluppo avanzato (di cui più di 10.000 dalla Grecia). Nell’anno accademico 1998/99 risultano iscritti 20.999 studenti stranieri, di cui circa 11.000 provenienti da paesi a sviluppo avanzato (8000 solo dalla Grecia). Al momento, per l’anno accademico 1999/2000 sono disponibili solo dati parziali dai quali emerge un totale di 16.550 studenti stranieri iscritti.

Più della metà degli studenti universitari stranieri proviene quindi, negli anni più recenti, da paesi a sviluppo avanzato. Un maggiore sforzo dovrà essere compiuto nei prossimi anni per favorire l’accesso all’istruzione universitaria degli studenti provenienti da paesi a forte pressione migratoria, sia prevedendo un congruo numero di ingressi annuali per studio, sia agevolando, anche in termini economici, l’accesso all’università per chi già vive in Italia. Alcuni passi in questa direzione sono già stati compiuti: il Decreto Interministeriale MURST — MAE - INTERNI fissa a 20.220 unità la quota di ingressi per studio dell’anno accademico 2000-2001; inoltre sono stati recentemente modificati i parametri relativi al calcolo del reddito per la concessione di borse di studio a studenti stranieri.

Alloggio

Il contesto abitativo rappresenta a tutt’oggi un ambito di grave e generalizzato disagio per gli immigrati presenti nel nostro paese. Questo disagio appare in gran parte causato dalle caratteristiche generali del mercato degli alloggi in Italia, in cui tanto l’offerta generale di abitazioni in affitto quanto quella più specifica di abitazioni sociali sono notevolmente inferiori alle medie europee. Si stima che circa un terzo della popolazione immigrata viva in condizioni di disagio abitativo e all’incirca un quinto sia senza dimora. Inoltre il progressivo stabilizzarsi degli immigrati, segnalato dall’aumento dei ricongiungimenti familiari e delle nascite di bambini, comporta un aumento della domanda di abitazioni adatte a famiglie e non più di mere strutture di accoglienza. L’aumentata domanda di case in affitto si scontra con un mercato dell’affitto rigido e limitato, ma anche con la diffidenza di molti proprietari ad affittare a stranieri.

Questo è forse in assoluto l’ambito dove meno necessarie appaiono misure specifiche per gli immigrati e dove, al contrario, gli stranieri risentono, in misura aggravata dalla mancanza di reti familiari di supporto, della debolezza delle politiche di carattere generale dirette a ridurre il disagio e l’esclusione abitativa delle fasce più deboli della popolazione.

Tanto la gestione dei centri di prima accoglienza, quanto la realizzazione delle altre modalità alloggiative previste dalla legge 40/98 per gli immigrati e per gli italiani in situazione di difficoltà sono in larga parte di competenza delle regioni e degli enti locali. Le politiche abitative pubbliche sono state trasferite, in attuazione del decreto legislativo 112/98, alle regioni cui spetta adesso avviare una nuova fase caratterizzata anche da scelte innovative.

Dai dati relativi al 1998 emanati dalla Direzione Centrale Documentazione del Ministero dell’Interno, risultano 17.200 posti letto offerti da un complesso di 820 strutture residenziali per stranieri, di cui 322 pubbliche, 428 private e 70 miste. Il 75% di queste strutture residenziali si trova al Nord del paese, il 14 % al Centro e il restante 12 % si divide tra Sud e Isole.

I centri di prima accoglienza continuano ad essere una componente necessaria del quadro di offerta di soluzioni abitative agli immigrati, ma devono essere posti in condizione di svolgere la funzione loro propria, caratterizzata prevalentemente dalla temporaneità e dalla flessibilità dell’accoglienza. Devono cioè poter rispondere a bisogni urgenti di accoglienza per periodi limitati di tempo, con un frequente ricambio delle persone ospitate. Da assumere con carattere di priorità saranno quindi le misure dirette ad aumentare, quantitativamente e qualitativamente, la gamma di possibilità abitative percorribili fuori del centro di accoglienza.

A questo scopo occorrerà incentivare maggiormente esperienze-pilota che hanno prodotto buoni risultati negli ultimi anni in Italia, ma anche negli altri paesi europei, quali i progetti di recupero e ristrutturazione del patrimonio immobiliare esistente, le agenzie di intermediazione immobiliare, che consentono di superare alcune diffidenze dei proprietari di immobili, l’accesso agli alloggi ordinari a prezzi sociali o calmierati. Maggiore impulso dovrebbe inoltre essere dato alla realizzazione degli "alloggi sociali" previsti dalla legge 40, che, costituendo una soluzione alloggiativa intermedia tra il centro di prima accoglienza e l’abitazione vera e propria, contribuirebbero a decongestionare le strutture di accoglienza emergenziale.

Da non sottovalutare è inoltre la misura in cui le difficoltà a trovare un alloggio in affitto sono aggravate dalla diffidenza dei proprietari, se non da veri e propri pregiudizi, nei confronti degli stranieri.

Salute

Recenti indagini confermano quanto sia ancora nettamente prevalente tra gli stranieri che vivono attualmente in Italia il cosiddetto "effetto migrante sano", ovvero una situazione di base di buona salute che caratterizza la grande maggioranza degli stranieri che arrivano in Italia. Lungi dall’essere pericolosi portatori di malattie esotiche, gli immigrati giungono nel nostro paese con un patrimonio di salute, fisica e mentale, senza il quale non avrebbero potuto affrontare l’avventura migratoria, e che rischia di essere progressivamente eroso dalle cattive condizioni di vita, di lavoro, di alloggio in Italia.

All’interno di questo contesto generale, tuttavia, emergono alcune aree critiche a cui dovrà essere rivolta maggiore attenzione nei prossimi anni. La progressiva stabilizzazione degli immigrati nel nostro paese sta provocando un aumento tra la popolazione immigrata di bambini e di anziani, entrambe categorie con specifiche esigenze di salute. Nell’area ginecologica e pediatrica si riscontrano alcune patologie più frequenti tra gli immigrati che tra gli italiani, causate anch’esse da precarie condizioni di vita e in alcuni casi da carenze informative che sarà necessario affrontare più compiutamente nel prossimo futuro.

L’assistenza sanitaria è inoltre uno dei settori in cui emergono con più evidenza fattori di diversa natura che ostacolano l’accesso ai servizi da parte dell’utenza immigrata. Diverse misure per eliminare tali barriere sono già state indicate nella prima parte della sezione dedicata all’integrazione di questo documento.

Ancora più a monte della questione di come facilitare l’accesso ai servizi, occorre avviare un monitoraggio su scala nazionale che consenta di verificare quanti titolari del diritto all’assistenza sanitaria, non lo hanno mai esercitato, dal momento che non si sono mai iscritti al Servizio sanitario nazionale. Occorrerà rimuovere le cause di questo mancato esercizio di un diritto fondamentale, principalmente con una adeguata opera di informazione.

Lotta alla discriminazione

Gli articoli 43 e 44 del testo unico sull’immigrazione, che prevedono un’ampia nozione di discriminazione e la possibilità di ricorrere ad una azione civile contro atti discriminatori, sono tuttora poco applicati e poco conosciuti. Il livello di diffusione di nel nostro paese di atti discriminatori, tanto profondamente lesivi della dignità degli stranieri quanto segni evidenti della mancanza di interazione positiva tra stranieri e italiani, è a tutt’oggi oggetto di segnalazioni sparse e non di un monitoraggio adeguato e capillare. Questo è un ambito in cui un costante impegno dovrà essere profuso nel prossimo futuro, sia nella direzione di diffondere maggiormente tra gli immigrati e tra gli operatori legali la conoscenza di questa parte della legge 40, sia nella direzione dell’istituzione, da parte delle Regioni, dei centri di osservazione, informazione e assistenza legale per le vittime di discriminazioni che la stessa legge affida alla loro competenza. A tutt’oggi non risulta istituito alcuno di questi centri, si verifica, quindi, una lacuna tanto di monitoraggio del fenomeno quanto di informazione e tutela. L’istituzione di un "Numero verde contro la discriminazione", attualmente in fase di progettazione presso il Dipartimento per gli affari sociali, dovrà almeno parzialmente contribuire a colmare, a partire dai primi mesi del 2001, questa grave lacuna. Senza tuttavia nulla togliere alla necessità dell’istituzione in tempi brevi dei centri regionali.

Diritti di rappresentanza e di cittadinanza

Sia a livello nazionale, nell’ambito della Consulta per i problemi degli stranieri immigrati e delle loro famiglie, che a livello locale, con la costituzione dei Consigli territoriali, ormai operanti in ogni provincia, si sono poste le basi per favorire la visibilità e la partecipazione delle associazioni di immigrati alla vita collettiva. Queste sono le basi di partenza da cui occorrerà prendere le mosse per fornire agli immigrati che vivono e lavorano nel nostro paese una voce in capitolo sulle decisioni che li riguardano.

Sul versante dell’ampliamento dei diritti dei lungo residenti e del loro "percorso di cittadinanza" si registra, invece, una stasi che è necessario impegnarsi a superare: la riforma delle norme sull’acquisizione della cittadinanza italiana e l’attribuzione del voto locale agli stranieri restano obiettivi di fondo cui si continuerà a dedicare impegno ed attenzione.

Risorse

A partire dal 2000 è entrato pienamente a regime il sistema di funzionamento del Fondo politiche migratorie così come previsto dal Testo unico. Si tratta di un fondo ampiamente regionalizzato, nella gestione del quale lo Stato centrale mantiene, oltre ad una piccola quota, la funzione di indirizzo e di verifica dell’utilizzo da parte delle regioni. La quota di spettanza delle amministrazioni centrali in futuro potrà sempre di più essere utilizzata per il finanziamento di progetti pilota, di volta in volta individuati, che forniscono soluzioni sperimentali in determinate aree critiche.

Alcune linee d’azione innovative

Sulla falsariga di alcuni progetti pilota già realizzati, sembra opportuno promuovere momenti di concertazione tra amministrazioni centrali e locali, anche prevedendo il coinvolgimento delle imprese, dei sindacati, delle associazioni degli immigrati, del volontariato e dei consigli territoriali.

Un vero e proprio progetto pilota di questo tipo è in corso di realizzazione nell’area del Nord-Est, Veneto e Friuli-Venezia Giulia.

In Veneto, i sindacati e l’associazione degli industriali hanno firmato un accordo regionale che disciplina la partecipazione degli immigrati a corsi di lingua italiana. La Regione Veneto ha istituito un "Tavolo unico regionale in materia di immigrazione" in collaborazione con il Dipartimento per gli Affari Sociali, gli Enti Locali e le parti sociali, per favorire l’integrazione degli immigrati utilizzando gli strumenti della formazione linguistica e professionale, della politica abitativa, dei servizi all’immigrazione e della programmazione dei flussi.

In Friuli-Venezia Giulia, a Pordenone e a Udine, sono stati invece siglati accordi a livello territoriale tra i sindacati e le associazioni degli industriali per favorire l’apprendimento della lingua italiana.

Si tratta di esperienze significative che possono indicare un percorso proficuo anche per i prossimi anni, in cui sarà sempre più necessario il coinvolgimento delle Regioni, degli enti locali, delle parti sociali e delle associazioni nella gestione delle misure di integrazione degli stranieri.

Istituzione del riconoscimento "Migliore progetto per una Città multi-culturale" in collaborazione con l’ANCI

Si ritiene necessario introdurre delle ulteriori forme di attuazione delle politiche di integrazione sociale in favore dei cittadini stranieri regolarmente soggiornanti sul territorio dello stato per consentirne una più ampia diffusione e partecipazione da parte dei Comuni sulla scorta delle esperienze finora prodotte anche sulla base della legge 40/1998. A due anni dall’attuazione del T:U: sulle politiche dell’immigrazione risulta necessario proseguire nel percorso di sostegno delle città italiane nell’impegno sulle politiche di integrazione sociale, introducendo nuove occasioni per migliorare i servizi in favore dei cittadini stranieri; è questa l’opportunità di rendere più intenso e capillare il coinvolgimento dei Comuni su tali tematiche, promovendo iniziative di supporto alle azioni da questi messe in atto con interventi mirati all’inserimento sociale nella comunità locale.

 

Priorità per le misure di integrazione

Target Group

Ambiti di attività

Rilevazione dello stato di integrazione

Associazioni e organizzazioni degli immigrati

Valorizzazione delle strutture di rappresentanza e dei Consigli territoriali, soprattutto nella componente dell’associazionismo immigrato

Tutti gli stranieri, ma anche i cittadini di origine straniera

Istituzione dei centri di osservazione regionali anti-discriminazione

Immigrati regolari

Monitoraggio sulla iscrizione al SSN da parte degli immigrati regolari.

Ricercatori, Istituti universitari, Operatori, Enti locali, Commissione per l’integrazione

Ricognizione e valorizzazione di esperienze di integrazione realizzate a livello locale

Politiche sociali

Immigrati, richiedenti asilo, rifugiati

Realizzazione degli alloggi sociali previsti dal T.U.

Ampliamento delle possibilità e delle modalità alloggiative che consentano il turn-over degli ospiti dei centri di accoglienza.

-Promuovere la creazione di agenzie di intermediazione e di garanzia per favorire l’accesso degli immigrati al mercato delle abitazioni anche per pervenire situazioni di discriminazioni.

Donne

Realizzazione di alloggi per madri sole con bambini sotto i tre anni.

Consulenza per normativa sul lavoro domestico.

Consulenza legale per vittime di molestie sessuali.

Formazione sul diritto di famiglia.

Mediatori culturali nei consultori

Bambini

Supporto all’apprendimento della lingua

Facilitazioni per l’accesso agli asili-nido

Soggetti svantaggiati

Assistenza malati lungo degenti.

Assistenza e gratuito patrocinio per i detenuti.

Misure di protezione per le vittime della tratta e dello sfruttamento sessuale.

Adulti e bambini stranieri

Programmi per l’apprendimento della lingua italiana per minori e adulti.

Certificazione ufficiale.

Tutela della cultura d’origine.

Tutti gli stranieri

Istituzione di sportelli informativi.

Servizi pubblici

Formazione specifica degli operatori che si trovano a contatto con l’utenza immigrata.

Favorire l’accesso ai servizi anche attraverso la valorizzazione dell’attività dei mediatori culturali.

Definizione del ruolo e dell’ambito di intervento dei mediatori culturali.

Amministrazioni e operatori pubblici

Semplificazione delle procedure amministrative.

Sostegno alle rappresentanze delle comunità degli stranieri al fine di favorire la partecipazione alla vita della realtà locale.;

Informazione

Tutti gli immigrati e in particolare i nuovi arrivati

Informazione-Orientamento sui servizi pubblici, le procedure burocratiche, le istituzioni italiane

Tutti gli stranieri, ma anche i cittadini di origine straniera, le associazioni

Diffusione delle informazioni relative alla tutela anti-discriminazione

Italiani e stranieri soggiornanti in Italia

Favorire relazioni a basso conflitto tra immigrati e italiani sfatando luoghi comuni e promuovendo la conoscenza reciproca

Famiglie immigrate

Campagna di informazione e sensibilizzazione contro le mutilazioni genitali sulle bambine

Immigrati lungo residenti

Informazione sulla carta di soggiorno e sui diritti e doveri di cittadinanza

Cittadini italiani

Informazione su immigrazione e altre culture

Paesi di provenienza dei maggiori flussi di immigrazione

Informazione sulle procedure di ingresso e soggiorno in Italia

Tutti (immigrati, operatori, amministrazioni)

Campagna informativa sul T.U. sull’immigrazione e sulle leggi regionali di adeguamento