Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro

Organismo Nazionale di Coordinamento per le politiche di integrazione

Sociale degli stranieri

 

 

 

Gruppo di lavoro

"Politiche per l’abitazione"

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Politiche abitative sociali e per immigrati - (2) -

"Casa: uno spazio privato per un progetto di vita"

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Roma, 20dicembre 2000

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PRESENTAZIONE

 

 

In questa relazione sono state riprese e riesaminate le problematiche già individuate dal gruppo di lavoro "politiche abitative" dell’Organismo Nazionale di Coordinamento per le politiche d’integrazione sociale degli stranieri", nel precedente documento "Politiche abitative sociali e per immigrati", presentato all’Organismo Nazionale di Coordinamento stesso, il 3 aprile 2000, presso il CNEL.

Il lavoro svolto ha teso ad approfondire i percorsi e gli aspetti che, anche in questi mesi, hanno maggiormente caratterizzato l’agire locale nel campo dell’abitazione per le fasce svantaggiate ed inoltre ha inteso aggiornare le conoscenze delle politiche e delle esperienze in corso.

Per queste ragioni, molti sono gli elementi comuni trattati dalle due relazioni, fatto salvo alcune integrazioni e approfondimenti, in particolare sulle indicazioni relative alla tipologia delle strutture abitative, al reperimento delle risorse, alle caratteristiche del soggetto operatore nonché al necessario coinvolgimento dei datori di lavoro (con nuove proposte relative a possibili modifiche da apportare alle vigenti disposizioni fiscali volte ad incrementare sensibilmente l’offerta di abitazioni in affitto, a basso costo, per i lavoratori dipendenti e per le loro famiglie, in stato di bisogno, siano essi italiani o immigrati).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

INDICE

Pagina

1. LA SITUAZIONE ABITATIVA DEGLI IMMIGRATI 4

1.1. Casa: uno spazio privato per un progetto di vita 4

1.2. Alloggi a canoni accessibili ai redditi 5

bassi: un problema non solo degli immigrati

1.3. Legge n. 431/98 — Disciplina delle locazioni e del rilascio

degli immobili adibiti ad uso abitativo. 5

1.4. Le Regioni e gli Enti locali in primo piano 6

2. DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ALLOGGI PER GLI IMMIGRATI 6

2.1. La normativa nazionale sull’immigrazione in materia abitativa. 6

2.2. Alloggi sociali, collettivi o privati e altre strutture alloggiative 7

2.3. Contributi regionali per opere di risanamento igienico-sanitario di alloggi 7

2.4. Il concorso dei datori di lavoro 8

2.5. Utilizzare tutte le risorse disponibili sul territorio 8

3. ALLOGGI SOCIALI E ALTRE STRUTTURE ALLOGGIATIVE (proposte) 9

3.1. Strutture alloggiative organizzate in forma di pensionato o alberghiera 9

3.2. Alloggi sociali a carattere residenziale 10

3.2.1. Tipologia 10

3.2.2. Destinazione degli alloggi alla locazione permanente e a termine 10

4. IL CONCORSO DEI DATORI DI LAVORO (proposte) 11

4.1. Problemi e percorsi possibili 11 4.1.1. Finanziamento dei datori di lavoro, da restituire in modi e

tempi stabiliti, per la realizzazione di strutture alloggiative

da destinare alla locazione ai propri dipendenti. 11

4.1.2. Realizzazione o reperimento di strutture abitative da parte

dei datori di lavoro da concedere in locazione a lavoratori

dipendenti, anche non propri. 12

4.1.3. Contributo del datore di lavoro per il pagamento dell’affitto

dell’alloggio occupato dal proprio dipendente. 13

5. REALIZZAZIONE INTERMEDIAZIONE E GESTIONE

DEGLI ALLOGGI: QUALE "SOGGETTO OPERATORE" 14

5.1. Soggetti operatori senza finalità di lucro — "Agenzie immobiliari sociali" 14

5.2. Società di scopo 14

5.3. Coop di abitazione, coop sociali e ONLUS insieme in un unico soggetto operatore 15

5.4 Ex Istituti Autonomi delle Case Popolari 16

6. UNA POLITICA PER LA CASA EFFICACE

HA BISOGNO DI SCELTE CONCRETE 16

6.1. Privilegiare l’offerta in affitto 16

6.2. Creare le condizioni per consentire agli immigrati anche l’acquisto della prima casa 17

6.3. Ruolo insostituibile delle Istituzioni 18

6.4. Partire dalle esperienze positive per costruire meglio il futuro 18

ALLEGATI 19

 

 

 

1. LA SITUAZIONE ABITATIVA DEGLI IMMIGRATI

 

 

 

1.1. Casa: uno spazio privato per un progetto di vita

La ricerca di una casa in affitto a un costo accessibile è da sempre la prima preoccupazione dei cittadini immigrati. Il soddisfacimento di questo bisogno primario irrinunciabile è, assieme al lavoro, l’elemento fondamentale per un positivo inserimento nella società d’arrivo.

Allo stesso modo, anche il successo dei progetti finalizzati all’integrazione sociale, fra cittadini immigrati e autoctoni, dipende in grande parte dalla possibilità per l’immigrato di poter disporre di un alloggio, inteso come uno spazio privato in cui sia concretamente possibile superare le condizioni che permettono la sola sopravvivenza e ostacolano il percorso verso la costruzione di un effettivo progetto di vita.

La situazione dei cittadini immigrati, è purtroppo ancora dominata dal disagio abitativo che si presenta quasi sempre sotto le forme dello sfruttamento, del sovraffollamento, delle convivenze difficili e della precarietà, forme che portano in sostanza all’esclusione dal bene casa di una quantità tuttora rilevante di persone e famiglie immigrate nonostante il loro positivo inserimento nel mondo del lavoro.

Infatti, la realtà abitativa degli immigrati, per quanto riguarda gli alloggi reperiti dagli stessi direttamente sul mercato, che sono la maggior parte, presenta purtroppo in modo diffuso, le tipiche situazioni dell’esclusione o del forte disagio abitativo.

Si tratta spesso di alloggi affittati in nero e a canoni sensibilmente più alti di quelli normalmente applicati ai cittadini italiani; di monolocali abitati da famiglie di 3 o 4 persone; di alloggi degradati o comunque non rispondenti alle normative di sicurezza e d’igiene ma non per questo a basso prezzo; di convivenze, anche di nuclei famigliari, diffuse e ad alto rischio soprattutto per i minori coinvolti.

La possibilità per gli immigrati di accedere all’alloggio pubblico in parità di condizioni con il cittadino italiano, stabilita anche dal T.U. 286/98 e le numerose iniziative locali, attivate prevalentemente da comuni, cooperative, associazioni di volontariato, si sono rivelate utili ma purtroppo insufficienti rispetto ad una domanda molto ampia sul piano quantitativo e proveniente da situazioni molto diverse sul piano sociale.

L'intervento diretto dei datori di lavoro, attraverso la messa a disposizione di alloggi o posti letto per i propri dipendenti, poco rilevante fino ad ora sul piano della quantità, spesso costituisce un vincolo di fatto tra il posto di lavoro e l'abitazione per cui, per il lavoratore immigrato, cambiare il posto di lavoro o rimanere anche solo temporaneamente disoccupato, in generale comporta anche la perdita della possibilità di continuare ad usufruire dell'alloggio.

Inoltre la permanente carenza di alloggi pubblici disponibili e le note difficoltà ad accedere al mercato libero dell'alloggio a prezzi accessibili dalla maggior parte degli immigrati, hanno anche impedito un'effettiva turnazione nei centri di accoglienza creando pertanto situazioni insostenibili e per alcuni aspetti anche difficilmente controllabili.

1.2. Alloggi a canoni accessibili ai redditi bassi: un problema non solo degli immigrati.

La forte domanda di alloggi in affitto, proveniente dal mondo dell’immigrazione, incrementata dall’aumento rapido dei ricongiungimenti famigliari intervenuti in particolare negli ultimi anni, è andata ad aggiungersi ad altre domande di alloggi in affitto di cittadini italiani, rimaste insoddisfatte, proveniente in parte da nuove marginalità e povertà e in parte alimentate dal processo, in atto ormai da molto tempo, di scomposizione dei nuclei famigliari e di maggiore mobilità per motivi di lavoro e studio. Tutto questo determina in generale un aumento dei nuclei famigliari a basso reddito, italiani e immigrati, in cerca di alloggio a prezzi accessibili.

E’ noto che il quadro abitativo italiano presenta caratteristiche molto diverse rispetto a molti altri Paesi europei, soprattutto per quanto riguarda la quantità di alloggi in proprietà e gli alloggi destinati all’affitto, pubblici e privati. Inoltre l’offerta di abitazioni in affitto, già molto carente complessivamente (25% circa), evidenzia anche una bassa dotazione di alloggi di ERP in locazione (non oltre 5 unità ogni 100 famiglie mentre in Europa , mediamente, ogni 100 famiglie si contano 19 abitazioni sociali in affitto) e una differenza notevole fra il costo del canone e le possibilità concrete di pagarlo per chi ha un basso reddito.

Alla grande diffusione della proprietà, ha contribuito fortemente l’intervento pubblico che , in questi decenni, ha supportato l’attività degli operatori (contributi in conto capitale e in conto interessi per l’edilizia agevolata). Questa politica abitativa, da un lato, ha consentito di rispondere adeguatamente alle esigenze delle famiglie delle fasce intermedie, spesso non in grado di accedere direttamente all’offerta del libero mercato, dall’altro lato però, ha creato anche quella forte rigidità nel mercato dell’affitto per cui, ormai da molti anni, l’edilizia residenziale pubblica ha costituito il canale principale, se non unico, per accedere all’abitazione in locazione per le fasce meno abbienti.

Una nuova politica per la casa deve quindi individuare sistemi e strumenti che, in maniera coordinata fra di loro, siano in grado di produrre un’offerta abitativa in affitto, necessariamente differenziata, nella quale trovi una risposta idonea, oltre alla domanda sociale, anche quella proveniente da chi, pur non essendo considerato povero, in ogni caso, non può pagare gli affitti del libero mercato, anche se concertati come previsto dalla Legge 431/98.

1.3. Legge n. 431/98 — Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo.

La nuova legge sui contratti di locazione, che prevede fra l’altro un contributo per consentire anche alle famiglie a basso reddito, italiane o straniere, di pagare i canoni applicati in regime di libero mercato, ridurrà la necessità di ricorrere all’alloggio pubblico ma non sarà in grado, da sola, di rispondere alla quantità e qualità della domanda.

Gli obiettivi generali della legge sono certamente condivisibili. Infatti, favorire l’immissione di abitazioni in affitto sul mercato della casa creando un mercato "regolato" attraverso un sistema di norme contrattate tra le parti, facilitare un calo medio (intorno al 15%) del costo degli affitti, agevolare la lotta all’evasione fiscale, incentivando la registrazione dei contratti d’affitto, sono elementi innovativi importanti.

In particolare i contratti a canone concertato, disciplinati da specifici accordi in sede locale tra le parti, per i quali sono previsti incentivi e disincentivi per il locatario in riferimento all’applicazione dell’ICI, dell’IRPEF e dell’Imposta di Registro ed aiuti economici alle famiglie in difficoltà attraverso detrazioni IRPEF e l’istituzione del Fondo nazionale, hanno senza dubbio le potenzialità per rispondere ad una domanda di alloggio in affitto a canoni ridotti per i meno abbienti e non speculativi per gli altri, ma i risultati concreti dipenderanno, in grande parte, dal grado effettivo delle agevolazioni applicabili e dei contributi concedibili ma anche dall’accettazione di regole che a volte vengono vissute dalle proprietà come troppo vincolanti.

1.4. Le Regioni e gli Enti locali in primo piano

Il conferimento alle Regioni e agli Enti locali delle funzioni amministrative inerenti la programmazione delle risorse finanziarie destinate al settore dell’edilizia residenziale pubblica, se da un lato apre più possibilità (flessibilità dell’offerta, tempi più brevi) dall’altro lato deve però misurarsi con la tendenza al calo delle risorse pubbliche disponibili.

Il problema sta quindi nell’individuazione di modelli d’intervento che, pur in presenza di una diminuzione delle risorse pubbliche, siano in grado di abbassare la parte del costo dell’intervento al quale dovrà riferirsi il calcolo del canone affinchè il suo costo sia tale da permettere una gestione a pareggio e al tempo stesso l’accessibilità all’alloggio anche a chi dispone di un reddito basso.

Stabilito che il problema dell’alloggio, per chi ha un reddito basso, non riguarda solo gli immigrati ma anche una parte non irrilevante di italiani, non vi è dubbio che per gli immigrati questo problema è molto maggiore a causa della accertata indisponibilità di molti privati ad affittare agli immigrati.

Le politiche devono quindi tendere ad eliminare le ben note condizioni di svantaggio che caratterizzano gli immigrati agendo su tutte le leve collegate a tutte le possibili risposte nella consapevolezza che l’offerta abitativa dovrebbe essere funzionale ad un progetto migratorio che si modifica necessariamente nel tempo.

Per queste ragioni è importante che le Regioni e gli Enti locali, oltre a programmare gli interventi finalizzati a rispondere alla domanda generalmente espressa, si attivino affinchè sia possibile realizzare anche interventi capaci di rispondere al bisogno di alloggio di stranieri e italiani in particolare stato di bisogno (nella consapevolezza che fra questi gli immigrati sono la maggioranza), siano essi: single (uomo o donna), gruppi, famiglie piccole o numerose, lavoratori stagionali od anche solo temporanei e situazioni particolari.

 

2. DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ALLOGGI PER GLI IMMIGRATI

 

2.1. La normativa nazionale sull’immigrazione in materia abitativa.

La nuova legge nazionale sull'immigrazione (T.U. 286/98) oltre a finanziare i centri di prima accoglienza, le cui caratteristiche strutturali e gestionali sono stabilite dalle Regioni, prevede anche diverse possibilità d'intervento per le situazioni abitative di più lunga permanenza assegnando un ruolo fondamentale, anche in questo campo, alle Regioni, agli Enti locali e al settore "non profit".

Particolarmente rilevanti nel T.U. 286/98 sono certamente i commi 4 e 5 dell’art. 40 relativamente alle possibilità d’intervento degli enti pubblici e privati tesi a realizzare spazi abitativi a prezzi calmierati e il comma 2 dell’art. 22 che riguarda il coinvolgimento dei datori di lavoro nel reperimento di alloggi per i propri dipendenti.

2.2 Alloggi sociali, collettivi o privati e altre strutture alloggiative

Nel comma 4 dell’art. 40 del T.U. 286/98 sono previsti alloggi sociali collettivi, privati e strutture alloggiative per persone e famiglie italiane e straniere in attesa di un alloggio ordinario.

Con questa tipologia di alloggi si intende offrire una pronta risposta abitativa, anche se non completamente risolutiva a chi, essendone privo, è alla difficile e spesso lunga ricerca di. alloggio adeguato alle proprie necessità.

Essa può comprendere opportunamente pensionati o simili e alloggi sociali a prezzi calmierati, come previsto dalla norma con la quale si definiscono gli "alloggi sociali", intesi come: "…..alloggi sociali, collettivi o privati, predisposti secondo i criteri previsti dalle leggi regionali, dai comuni di maggiore insediamento degli stranieri o da associazioni, fondazioni o organizzazioni di volontariato ovvero da altri enti pubblici o privati, nell'ambito di strutture alloggiative, prevalentemente organizzate in forma di pensionato, aperte a italiani e stranieri, finalizzate ad offrire una sistemazione alloggiativa dignitosa a pagamento, secondo quote calmierate, nell'attesa del reperimento di un alloggio ordinario in via definitiva".

Con la predisposizione di questi "alloggi sociali" è possibile aumentare progressivamente, quella riserva di alloggi di cui ogni comune dovrebbe disporre sia per rispondere all’esigenza di un’abitazione, meno precaria possibile, per gli immigrati che abbiano deciso di rimanere in Italia, sia per essere, in ogni momento, nella condizione di poter far fronte anche alle esigenze temporanee e alle emergenze che si possono sempre determinare, per tante e diverse ragioni e riguardare cittadini immigrati e italiani.

2.3. Contributi regionali per opere di risanamento igienico-sanitario di alloggi

Nel comma 5 dell'art. 40 del T.U. 286/98 sono previsti contributi regionali per opere di risanamento igienico-sanitario di alloggi da destinare a stranieri. Stabilito che le risposte devono essere necessariamente rapide, tante e differenziate, questa norma appare interessante anche per la sua flessibilità e praticità di applicazione.

La norma sopra richiamata stabilisce che "Le regioni concedono contributi a comuni, province, consorzi di comuni, o enti morali pubblici o privati, per opere di risanamento igienico-sanitario di alloggi di loro proprietà o di cui abbiano la disponibilità legale per almeno quindici anni, da destinare ad abitazioni di stranieri titolari di carta di soggiorno per lavoro subordinato, per lavoro autonomo, per studio, per motivi famigliari, per asilo politico o asilo umanitario. I contributi possono essere in conto capitale o a fondo perduto e comportano l'imposizione, per un numero determinato di anni, di un vincolo sull'alloggio all'ospitalità temporanea o alla locazione a stranieri regolarmente soggiornanti. L'assegnazione e il godimento dei contributi e degli alloggi così strutturati è effettuata sulla base dei criteri e delle modalità previsti dalla legge regionale".

Questo tipo di contributo può risultare particolarmente efficace per la realizzazione di progetti finalizzati ad utilizzare quel patrimonio esistente che per essere reso abitabile necessita soltanto di interventi leggeri, limitati al risanamento igienico-sanitario e pertanto poco costosi e di rapida realizzazione.

Si tratta per il comune di individuare pertanto gli alloggi, anche di proprietà privata, sui quali poter intervenire concordando con il proprietario le condizioni necessarie al fine di poterli destinare, dopo averli resi idonei, per un determinato numero di anni, agli stranieri immigrati regolarmente soggiornanti o ai richiedenti asilo.

Le risorse necessarie alla realizzazione degli interventi di risanamento igienico-sanitario, generalmente provenienti da enti pubblici, (Regione, Provincia, Comune) potrebbero essere anche private.

In questo secondo caso, ad esempio, il datore di lavoro che fosse interessato a favorire l’accesso all’alloggio al proprio dipendente e alla sua famiglia, potrebbe anticipare la somma necessaria all’intervento, ottenendone successivamente la restituzione in alcuni anni attraverso la riscossione parziale o totale del canone, con il Comune, direttamente o attraverso un soggetto operatore, garante delle parti.

Nell’ambito delle indicazioni sopra esposte, appare interessante l’impostazione contenuta nell’ultimo bando "per la promozione di programmi innovativi di edilizia abitativa" della Regione Emilia-Romagna, attualmente in discussione in Consiglio Regionale, relativamente a una particolare tipologia d’intervento di recupero "leggero". Si tratta dell’edilizia rurale, finalizzata al riutilizzo abitativo delle case coloniche, per concederle in affitto, in particolare ai lavoratori immigrati, fatta salva l’intesa con le amministrazioni pubbliche competenti per territorio. Per la presentazione di proposte di questo tipo, si prevede quale condizione necessaria la formazione di consorzi o aggregazioni tra le singole proprietà, patrocinate dalle relative associazioni o dalle stesse amministrazioni comunali e supportate da un impegno finanziario di gestione complessiva degli alloggi.

2.4. Il concorso dei datori di lavoro

Con il T.U. 286/98 è stata introdotta anche una norma che determina il coinvolgimento, non solo dei singoli o degli enti che prestano garanzia per nuovi ingressi, ma anche dei datori di lavoro che devono rivolgersi direttamente all’estero per trovare lavoratori disponibili.

Infatti, il comma 2 dell’art. 22 del T.U. 286/98 (lavoro subordinato a tempo determinato e indeterminato) prevede che "contestualmente alla domanda di autorizzazione al lavoro, il datore di lavoro deve esibire idonea documentazione indicante le modalità della sistemazione alloggiativa per il lavoratore straniero". Questa disposizione è ripresa anche dal Regolamento all’art. 30, comma 2, lett.e).

Occorre inoltre considerare, in questo campo, il numero crescente di datori di lavoro che dichiarano di voler concorrere, in un ambito di concertazione con le istituzioni e le forze sociali locali, anche con quote di finanziamento diretto (con modalità da definire), alla realizzazione di alloggi da destinare agli immigrati e alle loro famiglie.

Questo rappresenta indubbiamente una novità importante che richiede però l'individuazione di nuovi modelli d'intervento in grado di accrescere l'offerta complessiva di alloggi in godimento o in locazione temporanea e permanente.

2.5 Utilizzare tutte le risorse disponibili sul territorio

La normativa nazionale sembra fornire complessivamente un quadro sufficientemente ampio per l’attivazione di percorsi diversi finalizzati alla predisposizione di alloggi per gli immigrati e per gli italiani aventi le stesse necessità e tali da comprendere anche gran parte delle esperienze, anche innovative per alcuni aspetti, che in questi anni sono state condotte localmente con impegno e inventiva.

E’ necessario pertanto combinare le risorse finanziarie pubbliche e private disponibili, con le capacità progettuali e di realizzazione già presenti e operanti sul territorio nonché individuare nuovi strumenti e percorsi che possano affiancarsi con più efficacia ai "percorsi normali" per migliorare sensibilmente la capacità di risposta a questo fondamentale problema della casa.

Appare inoltre opportuno promuovere a livello locale anche ambiti di concertazione tra le istituzioni, le organizzazioni sociali e i soggetti operatori nel campo dell’edilizia residenziale e sociale, volti a sollecitare interventi che, nell’interesse dei lavoratori immigrati e delle loro famiglie e delle imprese, siano in grado di utilizzare al meglio tutte le risorse presenti nel territorio, compresa l’eventuale disponibilità dei datori di lavoro a concorrere, anche con proprie risorse, alla soluzione del problema abitativo per i loro dipendenti immigrati.

 

3. ALLOGGI SOCIALI E ALTRE STRUTTURE ALLOGGIATIVE

(proposte)

3.1. Strutture alloggiative organizzate in forma di pensionato o alberghiera

Le strutture esistenti, con le caratteristiche di pensionato, sono poche e in generale di tratta di strutture preesistenti al fenomeno immigratorio alle quali è consentito l’accesso anche agli immigrati.

Sono attualmente in corso di elaborazione, in alcune realtà territoriali, progetti di nuove strutture alloggiative, organizzate in forma di pensionato o alberghiera, secondo le indicazioni contenute nel comma 4 dell’art. 40 del T.U. 286/98. La loro prevista realizzazione in tempi ravvicinati consentirà, speriamo presto, di valutare anche concretamente tutti gli aspetti economici e più complessivamente gestionali connessi alla vita di strutture di questo tipo.

Si tratta di strutture che dovranno necessariamente rispondere ad un bisogno temporaneo (uno o due anni), di dimensioni medio-piccole, sia per la qualità dell’abitare, che occorre ovviamente preservare ad un buon livello, per chi le utilizzerà, sia per la percezione che di questi immobili si potrà avere dall’esterno, soprattutto da parte della residenza preesistente.

La realizzazione di progetti come questi vedranno coinvolti, in relazione ai ruoli e agli interessi rappresentati, diversi soggetti pubblici e privati (Regione, Enti locali, altri enti pubblici, organizzazioni del terzo settore, fondazioni, associazioni di categoria, sindacati, ecc.).

Per abbassare i costi sui quali si dovranno calcolare le quote ("calmierate" come indica il comma 4 dell’art. 40 del T.U. 286/98) che l’utente dovrà pagare è necessario che l’area urbanizzata o l’eventuale edificio da recuperare siano disponibili ad un costo molto basso e che non manchi anche un significativo contributo a fondo perduto.

In caso contrario, se cioè nella realizzazione dell’intervento non fosse stato possibile ridurre i costi effettivamente sostenuti, la strada per fare in modo che gli utenti paghino quote calmierate, potrebbe essere solo quella di un concorso al pagamento della quota necessaria a garantire il rientro dei costi di gestione e l’ammortamento dell’investimento, attraverso un contributo finalizzato. Tale contributo potrebbe essere concesso dal datore di lavoro che usufruisce della struttura per alloggiare temporaneamente i propri dipendenti o dall’Ente pubblico nel caso invece si tratti di un cittadino in stato di bisogno.

Il successo di iniziative di questo tipo dipende molto dal tipo di gestione. La miglior soluzione appare quella di mettere in campo una gestione di tipo alberghiero o pensionato, a carico di un soggetto economico (eventualmente anche senza scopo di lucro) che curi i rapporti con i finanziatori pubblici e privati del progetto, le modalità di accesso alla struttura nonchè l’attività di accompagnamento dell’utenza straniera, garantendo il rispetto delle regole stabilite e la massima utilizzazione dell’immobile.

3.2. Alloggi sociali a carattere residenziale

3.2.1. Tipologia

Si propone di favorire la realizzazione di alloggi economici, in assegnazione a singoli, piccoli gruppi e a nuclei familiari. Questi alloggi sono infatti necessari per soddisfare il bisogno abitativo non solo degli immigrati, anche se in modo inevitabilmente prevalente, ma anche degli italiani che presentino le stesse condizioni di necessità.

Gli "alloggi sociali" quindi non dovranno avere tutti lo stesso numeri di vani in considerazione della necessità di ospitare prevalentemente: persone singole (uomo o donna), coppie senza figli, coppie con almeno uno o due figli, donne sole con minori, piccoli gruppi di persone singole (in rapporto alla dimensione dell’alloggio disponibile).

Le dimensioni degli alloggi proposte sono medio—piccole innanzitutto per contenere i costi e in secondo luogo per limitare il più possibile le permanenze negli stessi a tempo indeterminato.

Infatti, per quanto riguarda questo secondo elemento, si ritiene che la dimensione ridotta dell’alloggio possa, rispondere adeguatamente al bisogno casa iniziale e al tempo stesso costituire anche un incentivo alla ricerca di un alloggio ordinario, in via definitiva, che sia meglio in grado di rispondere ad esigenze che nel tempo, per molti nuclei famigliari, saranno certamente cambiate.

Inoltre appare necessario prevedere la loro accorpabilità al fine di poter rispondere anche al caso della famiglia numerosa da ospitare con urgenza.

Gli alloggi di questo tipo che fossero eventualmente realizzati anche con finanziamenti dei datori di lavoro sarebbero logicamente destinati agli immigrati provenienti sia dall’estero sia da altre province italiane per migrazione interna.

Gli alloggi realizzati senza il concorso del finanziamento dei datori di lavoro potrebbero, invece, essere destinati, oltre che agli immigrati di cui sopra, anche ai richiedenti asilo e ad altri cittadini che si trovino in situazione contingenti di esclusione dal bene casa e in assenza di soluzioni alternative in breve tempo (coabitazioni non più procrastinabili, sgombri urgenti, sistemazioni temporanee necessarie per la realizzazione di progetti di carattere sociale, alternativa reale all’occupazione di alloggi impropri).

3.2.2 Destinazione degli alloggi alla locazione permanente e a termine

La proposta è riferita a interventi finalizzati alla realizzazione di alloggi sociali in locazione permanente e a termine sia disponendo di una quota di finanziamento da parte di datori di lavoro sia non disponendo di tale finanziamento. Si ritiene utile evitare di condizionare totalmente la realizzabilità degli alloggi al finanziamento dei datori di lavoro perché questo tipo di finanziamento, naturalmente, non è sempre ed ovunque possibile.

Locazione permanente. Costruzione o recupero di alloggi destinati, in modo permanente, alla locazione e quindi da considerarsi compresi esclusivamente nell'ambito dell'edilizia residenziale pubblica. Pertanto le aree o gli edifici da recuperare saranno di proprietà pubblica (comunale) e dopo 20 anni gli alloggi saranno consegnati, dal soggetto operatore, gratuitamente, al Comune.

Potranno essere realizzati dai comuni, altri enti pubblici ovvero da operatori privati, tra cui le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, individuate dall'art. 10 del DLgs 4/12/97, n. 460, i quali, dopo 20 anni, o in caso di cessazione o cambiamento di attività, siano tenuti, in base all'atto costitutivo ovvero per esplicito impegno assunto nella convenzione a devolvere il proprio patrimonio o gli immobili oggetto dei contributi, al Comune.

Locazione a termine. Costruzione o recupero di alloggi per i quali si prevede anche la possibilità della vendita dopo 10 anni a chi vi risiede da almeno 3 e dopo almeno 15 anni al libero mercato però con diritto di prelazione, nell'ordine, a favore di chi vi abita, del comune e del datore di lavoro che abbia finanziato parzialmente l'intervento.

Potranno essere realizzati da soggetti privati a condizione che si convenzionino con i comuni.

 

4. IL CONCORSO DEI DATORI DI LAVORO

(proposte)

4.1. Problemi e percorsi possibili

Il concorso dei datori di lavoro alla soluzione del problema abitativo per i propri dipendenti immigrati fino ad ora non ha potuto produrre effetti molto significativi, soprattutto sul piano quantitativo, anche perché manca tuttora un modello o più modelli di riferimento che siano in grado di rispondere ai problemi complessi che questo tipo di iniziativa comporta. Si tratta di problemi connessi principalmente al fatto che le imprese sono chiamate, in questo caso, ad investire in un campo a loro estraneo (escluso naturalmente le imprese edili) e a rendere più complicato il rapporto con il dipendente diventando, quest’ultimo, anche inquilino del datore di lavoro.

Peraltro appare sempre più evidente che per incentivare la realizzazione di interventi da parte dei datori di lavoro, in questo settore, sia necessario agire sulla leva fiscale individuando quei percorsi che più di altri siano in grado di produrre risultati concreti e diffusi sul territorio.

Di seguito sono indicate alcune proposte relative a possibili modifiche da apportare alle vigenti disposizioni fiscali volte ad incrementare sensibilmente l’offerta di abitazioni in affitto, a basso costo, per i lavoratori dipendenti e per le loro famiglie, in stato di bisogno, siano essi italiani o immigrati.

4.1.1. Contributo del datore di lavoro per il pagamento dell’affitto dell’alloggio occupato dal proprio dipendente.

Questo percorso, che appare il più interessante soprattutto perché non crea vincoli tra impresa e dipendente rispetto all’obbligo del rilascio dell’alloggio in caso di cessazione del rapporto di lavoro, contiene però oneri sul piano fiscale, sia a carico del datore di lavoro sia a carico del dipendente, tali da limitare la espressione della sua potenzialità effettiva.

Peraltro anche la disposizione contenuta nell’art. 6, commi 9 e 11, della legge n. 488/99 (finanziaria 2000), pur volendo agevolare l’offerta dell’alloggio da parte dei datori di lavoro ai propri dipendenti in stato di necessità, non appare adeguata a rimuovere con efficacia gli oneri fiscali prima citatati e quindi a raggiungere i risultati auspicati.

Infatti il contenuto della norma sopra esposta disciplina l’attribuzione di un credito d’imposta limitatamente a favore degli imprenditori individuali, società ed enti che assumono, dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2002, soggetti che si trovano in particolari condizioni fra i quali anche coloro che trasferiscono per esigenze di lavoro la residenza anagrafica e a cui il datore di lavoro concede l’alloggio in uso, comodato o locazione.

Inoltre, poiché il credito d’imposta spettante, è determinato nella misura del 19% del valore del suddetto compenso in natura calcolato con i criteri di cui all’art. 48, comma 4, lettera c), del Tuir, nella pratica, il datore di lavoro accede all’agevolazione solo se concede l’alloggio in uso o in comodato.

Emerge pertanto l’esigenza di modificare la disciplina fiscale di determinazione dei redditi d’impresa e di lavoro dipendente, nonché quella relativa agli obblighi contributivi, senza condizionare le agevolazioni fiscali all’incremento della base occupazionale e incentivando concretamente la concessione di contributi al dipendente per il pagamento dell’affitto, quale forma d’intervento finalizzata a consentire al lavoratore di usufruire di un alloggio o posto letto a canone calmierato.

In particolare, relativamente alle modifiche più significative, si ritiene utile allo scopo, ad esempio, consentire al datore di lavoro di dedurre questi contributi dal reddito d’impresa a titolo di spese per prestazioni di lavoro e nella determinazione del valore netto della produzione ai fini dell’IRAP, di prevedere la natura non retributiva delle erogazioni e di fissare necessariamente una limitazione quantitativa delle somme ammesse a beneficio.

del canone.

4.1.2. Finanziamento dei datori di lavoro, da restituire in modi e tempi stabiliti, per la realizzazione di strutture alloggiative da destinare alla locazione ai propri dipendenti.

L’elemento innovativo in questo tipo d’intervento consiste nella previsione che il finanziamento del datore di lavoro, pari ad una percentuale del costo complessivo dell’alloggio, sia restituito, dal soggetto operatore al datore di lavoro, in un determinato numero di anni.

Questo tipo di finanziamento, dovrebbe preferibilmente essere finalizzato ad incrementare il numero degli alloggi realizzabili nell’ambito di un intervento per il quale sia già stata stabilita la quota di contributo pubblico complessivo, senza aumentare la quota stessa.

Al fine di consentire a questa modalità d’intervento di produrre gli effetti desiderati nella misura maggiore possibile occorre che il finanziamento del datore di lavoro, da un lato, si combini con altre risorse provenienti da soggetti diversi, pubblici e privati e dall’altro lato, possa godere di un minimo di remunerazione attraverso un’adeguata agevolazione fiscale.

Infatti se il datore di lavoro potesse usufruire di un risparmio fiscale non irrilevante, la somma versata dallo stesso potrebbe essere restituita solo in parte determinando, in questo modo, un abbassamento del costo della struttura effettivamente sostenuto dal soggetto operatore.

Nel caso in cui il datore di lavoro trovandosi invece nell’impossibilità (come nel regime fiscale vigente) di usufruire di un vantaggio fiscale, ritenga di contribuire ugualmente con un finanziamento, da restituire però totalmente, limitandosi eventualmente a non chiedere il pagamento degli interessi, il costo del canone sarebbe inevitabilmente maggiore rispetto alla situazione precedentemente ipotizzata.

In relazione all’opportunità e utilità di assicurare un risparmio fiscale al datore di lavoro che si attivi per finanziare, anche solo parzialmente, la realizzazione di alloggi "sociali" a favore dei propri dipendenti, si reputa idonea ed anche di più semplice e chiara applicazione, l'ipotesi dell'attribuzione di un credito d'imposta determinato applicando all'ammontare del finanziamento una percentuale (uguale per tutti) tale da abbassare sensibilmente la somma che il soggetto operatore sarebbe tenuto a restituire al datore di lavoro.

Una percentuale pari a circa il 40% di credito d'imposta calcolato sulla somma finanziata dal datore di lavoro, consentirebbe da un lato di remunerare il finanziamento stesso e dall’altro contribuirebbe in modo significativo all'abbassamento.

 

4.1.3. Realizzazione o reperimento di strutture abitative da parte dei datori di lavoro da concedere in locazione a lavoratori dipendenti, anche non propri.

Questo percorso, se da un lato presenta certamente il vantaggio della riduzione dei tempi di assegnazione dell’alloggio o del posto letto, dall’altro lato però, contiene il rischio di uno sfavorevole condizionamento, almeno di fatto, per il lavoratore immigrato, derivante da una situazione in cui il datore di lavoro, in questo caso, è anche locatore dell’alloggio occupato dal proprio dipendente. Inoltre costringe il datore di lavoro ad occuparsi di una materia spesso estranea all’attività dell’impresa stessa.

Soltanto attraverso l’offerta al datore di lavoro di un contributo pubblico o in alternativa di un vantaggio fiscale è possibile, da un lato, ottenere interventi significativi dei datori di lavoro e dall’altro lato perseguire: sia l’eliminazione o almeno l’attenuazione del condizionamento negativo suddetto del dipendente sia la garanzia dell’applicazione di un canone concordato. Per quanto riguarda il vantaggio sul piano fiscale, si tratta di prevedere, fra le possibili norme incentivanti, in primo luogo, l’assimilazione ai fini fiscali di questi alloggi a quelli strumentali dell’impresa e attraverso questa previsione consentire alle imprese un mix di agevolazioni fiscali.

In particolare si potrebbe consentire alle imprese di far concorrere, in termini negativi, alla determinazione del reddito d’impresa, nonché del valore netto della produzione ai fini dell’Irap: le quote annue (congruamente aumentate) di ammortamento commisurate al costo di acquisto o di realizzazione della struttura immobiliare, i canoni di locazione finanziaria, le spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione.

Inoltre si potrebbe non attribuire rilevanza fiscale, in tutto o in parte, alla plusvalenza eventualmente realizzata in occasione della cessione degli alloggi, condizionatamente al rispetto di una durata definita di messa a disposizione della struttura per fini di locazione a canone convenzionato e ridotto. Un’altra fattispecie agevolativa, anch’essa da collegare alla durata dell’uso specifico della struttura, potrebbe riguardare l’eventualità di rendere inapplicabile l’I.c.i. per questi immobili.

Nell’allegato "B" sono riportate le principali specificazioni di carattere tecnico nonchè le simulazioni su un ipotetico edificio di 12 alloggi, relative alle tre proposte sopra indicate.

 

 

 

5. REALIZZAZIONE INTERMEDIAZIONE E GESTIONE DEGLI ALLOGGI:

QUALE "SOGGETTO OPERATORE"

 

5.1. Soggetti operatori senza finalità di lucro — "Agenzie immobiliari sociali"

E’ indispensabile che il soggetto operatore sia dotato di esperienza e capacità operativa sufficiente per gestire patrimonio proprio e di terzi, realizzare nuovi alloggi attraverso l’accesso ai finanziamenti pubblici e privati (fondazioni, datori di lavoro, altri soggetti privati), il tutto preferibilmente con finalità sociali e svolgendo contemporaneamente anche un’azione di accompagnamento dell’utenza sul piano sociale e culturale.

Occorre favorire la nascita o il rafforzamento di soggetti operatori senza finalità di lucro (agenzie "sociali" per la casa o agenzie immobiliari "sociali"), che abbiano tra le loro finalità non solo la realizzazione di alloggi ma anche l’azione d’intermediazione e la gestione di alloggi per l’affitto, da individuare soprattutto nel mercato privato.

E’ necessario sostenere ed estendere le esperienze più innovative in questo campo, attraverso le quali si è localmente operato puntando su obiettivi, senza dubbio, totalmente condivisibili, quali: la promozione del recupero del patrimonio esistente pubblico e privato, l’aumento dell’offerta privata di alloggi in locazione, la combinazione tra risorse pubbliche e private e tra intervento immobiliare e opportuna azione di accompagnamento dell’utenza, lo sviluppo di un coordinamento e di una effettiva concertazione a livello territoriale.

Occorre comunque tenere sempre presente che si tratta di organismi esposti a rischi molto alti soprattutto sul piano economico (difficoltà di mobilità, morosità, cattivo uso degli immobili, ecc.) e che pertanto le specifiche politiche regionali e locali rivolte a questi soggetti hanno influito significativamente sui risultati qualitativi e quantitativi conseguiti.

E’ chiaro che con queste "Agenzie immobiliari sociali" non si risolve certamente il problema nella sua interezza ma è certo che possono dare un consistente contributo per ridurlo. Per questo bisogna che si superi ogni eventuale e residua incertezza da parte di Regioni, Province e Comuni, si riconosca la validità di questi soggetti, la loro potenzialità e si assicuri pertanto ai medesimi le risorse e le garanzie necessarie per poter efficacemente operare.

Le esperienze che hanno conseguito i maggiori risultati sono state quelle che hanno potuto accedere ai diversi finanziamenti avendo dimostrato capacità d’intervento su ambiti territoriali provinciali o almeno intercomunali e in tutte le direzioni utili (realizzazione, intermediazione, gestione e accompagnamento). Alcune di questi soggetti, scegliendo la strada di associarsi creando un organismo di "2° livello", hanno potuto accrescere la loro capacità operativa e la loro affidabilità. (ved. Allegato "A": la "Associazione Casa Amica" di Bergamo o il "Coordinamento Veneto Accoglienza (C.V.A.): una rete di organizzazioni non-profit).

E’ evidente che maggiore è il numero degli alloggi che sono nella disponibilità gestionale del soggetto operatore più alto è il livello di mobilità possibile da casa a casa. Peraltro questo dato è di fondamentale importanza non solo per quanto attiene alla qualità dell’abitare (la modifica del percorso migratorio richiede anche la possibilità di modificare la risposta alloggiativa) ma anche per favorire l’accesso alle risorse finanziarie pubbliche e private necessarie per incrementare il parco alloggi da affittare a canoni calmierati che rimane l’obiettivo di fondo da perseguire.

5.2. Società di scopo

Si tratta in sostanza di un "soggetto operatore" che, in quanto società di economia mista, gestisce e affitta il patrimonio che le è stato conferito da Enti locali e altri Enti pubblici e privati (che ne conservano la proprietà), lo rinnova e lo aumenta attraverso il prelievo degli affitti e le necessarie integrazioni costituite da finanziamenti pubblici e/o privati, svolge attività di intermediazione e riceve un compenso per i servizi effettivamente erogati.

Sotto il profilo giuridico questo "soggetto operatore" si presenta come una società di capitale assoggettata alle regole del diritto privato (una società per azioni o una società a responsabilità limitata) che opera nel settore dei servizi e con compiti anche di società immobiliare e si presenta perciò come un soggetto che gode di ampia libertà d’azione.

Non sfuggono però anche i limiti di una soluzione di questo tipo soprattutto se il fine è sociale e non lucrativo.

Evidentemente questo "soggetto operatore" non può usufruire delle stesse agevolazioni sul piano fiscale di cui sono beneficiarie le ONLUS, data la sua finalità, secondo il Codice Civile, tesa alla creazione di utili o all’incremento del capitale, anche se, nei fatti, operasse senza fini di lucro.

E’ inoltre molto difficile, per una società di questo tipo, ipotizzare che possa erogare anche un servizio relativo agli aspetti sociali e culturali legati alla difficile integrazione sul territorio. Infatti, questi aspetti richiedono, come l’esperienza ha dimostrato, un’azione di accompagnamento complessiva che è più facile incontrare nell’ambito del privato sociale.

Per queste ragioni, soprattutto, alcuni soggetti, in particolare: "La Cooperativa La Casa per gli Extracomunitari s.c.a r.l." di Verona, e "La Società Cesenate per l’Affitto s.r.l." di Cesena sono impegnate a trovare le forme e i modi legittimi e più idonei per operare come ONLUS al fine di beneficiare dei vantaggi derivanti sia dalla possibilità di accedere a diversi tipi di finanziamento e di fruire delle erogazioni liberali sia dalle agevolazioni fiscali e contabili. (ved. allegato "A")

5.3. Coop di abitazione, coop sociali e ONLUS insieme in un unico soggetto operatore

Lo strumento da individuare per condurre a soluzioni veramente efficaci e che risolvano un problema senza crearne altri (di rifiuto, emarginazione, ecc., ), deve essere capace di affiancare solidarietà ed attività immobiliare. Questi due aspetti, tra l’altro, fanno oggi riferimento a due diverse competenze, anche di sostegno pubblico:

- l’edilizia residenziale sociale (che richiede soluzioni e professionalità specifiche del settore edilizio), oggi è di competenza delle regioni, alla quale possono avere accesso le cooperative di abitazione iscritte all’Albo specifico presso il Ministero del Lavoro;

- l’assistenza e i servizi sociali (entro cui si svolge l’azione di accompagnamento degli utenti, intesa come il complesso di tutte quelle attività che, non necessarie per un utente abitativo usuale, sono però indispensabili per chi non conosce le leggi, gli usi e le consuetudini del luogo dove va ad abitare), che le regioni e gli enti locali, attuando le leggi sull’immigrazione, assicurano, avvalendosi frequentemente di cooperative sociali o di associazioni non profit.

Esperienze significative indicano la cooperazione dei due settori, edilizio e sociale, come uno strumento molto adatto ad affrontare in modo integrato il problema, in quanto può operare ed agire in modo sinergico ed efficace, coniugando solidarietà ed attenzione alla tipologia dell’offerta abitativa e sviluppando iniziative immobiliari finalizzate alle esigenze raccolte dalla cooperazione sociale.

Il soggetto operatore prefigurato potrebbe scaturire da un accordo stretto, definito ad esempio con un protocollo d’intesa, tra cooperative di abitazione, cooperative sociali e associazioni "no profit". Questo consentirebbe di estendere le possibilità per l’azione di accompagnamento, di rafforzare l’associazionismo che già opera in questo campo e di conservare per ogni singola organizzazione la titolarità per accedere ai relativi finanziamenti pubblici e privati eventualmente disponibili.

Un’altra soluzione, in prospettiva, potrebbe essere rappresentata dalla stretta collaborazione, anche societaria, tra un consorzio di cooperative di abitazione (che curerebbe l’intervento edilizio, ricercando le fonti di sostegno nel finanziamento pubblico per l’edilizia economica e sociale e nelle disponibilità eventualmente presenti nell’ambito privato) ed una cooperativa sociale (che si occuperebbe dell’accompagnamento, attingendo al sostegno dei servizi sociali e delle fondazioni bancarie).

Questa collaborazione potrebbe prevedere la partecipazione della cooperativa sociale alla compagine societaria del consorzio che, con le norme attuali, non potrebbe però essere iscritto (in quanto diventerebbe misto) all’Albo delle cooperative di abitazione. Sarebbe pertanto molto utile modificare il regolamento in modo da consentire l’iscrizione all’Albo in questa fattispecie.

5.4. Ex Istituti Autonomi delle Case Popolari

Gli attuali organismi (ex IACP), che costituiscono tuttora gli essenziali strumenti di gestione e di incremento del patrimonio ERP, continuano a rappresentare un soggetto sul quale poter contare anche in questa fase di transizione che li riguarda, verso una loro trasformazione in società per azioni al servizio, in primo luogo, degli enti locali territoriali. Questo soprattutto per la loro specializzazione sia sul piano delle realizzazione degli alloggi sia su quello della gestione patrimoniale e di fornitura di sevizi tecnici in generale.

Il caso dell’IACP della Provincia di Bologna (richiamato più estesamente nell’allegato "A"), quale soggetto operatore nell’accordo di programma stipulato tra la Provincia di Bologna, molti Comuni della provincia stessa, la Fondazione Cassa di Risparmio e l’IACP, nella realizzazione di alloggi per l’affitto, dimostra ampiamente che questo strumento operativo, conserva tuttora la sua piena validità.

 

6. UN’ EFFICACE POLITICA PER LA CASA HA BISOGNO DI SCELTE CONCRETE

6.1. Privilegiare l’offerta in affitto

Il disagio abitativo degli immigrati è dunque solo parte di un problema più complessivo e che interessa una fascia ampia di popolazione italiana e immigrata a basso reddito.

L’offerta, in Italia, di alloggi privati in affitto a canoni accessibili anche ai bassi redditi è talmente inadeguata rispetto alle esigenze da non costituire nemmeno quella pur minima funzione calmieratrice che, soprattutto nell’ambito di questo specifico e importante mercato, sarebbe molto utile, se non indispensabile. Peraltro, non ci sono in questa fase, e non si prevedono nemmeno per il prossimo futuro, risparmiatori disposti ad investire in immobili da destinare all’affitto perché la rendita non è competitiva rispetto ad altri tipi d’investimento.

Nelle proposte avanzate, fino ad ora, dalle imprese di costruzione, prevalgono modalità d’intervento che privilegiano in generale la vendita e non l’affitto degli alloggi di nuova realizzazione. Infatti, anche per la maggior parte degli alloggi, offerti dalle imprese di costruzione in affitto a prezzo concordato, realizzati nell’ambito degli interventi comprendenti alloggi da vendere e in locazione, ne è prevista la vendita, dopo un determinato numero di anni.

In questa particolare situazione abitativa in Italia, le persone e le famiglie immigrate vivono una realtà ancora più grave, in quanto, alla carente dotazione di alloggi pubblici e alla grave insufficienza di alloggi privati di nuova realizzazione in affitto a canoni ridotti, si aggiungono le barriere che, nel mercato privato, i proprietari degli alloggi esistenti, continuano ad innalzare.

Prevale, ancora oggi, in particolare, da un lato, il timore dei proprietari di dover affrontare problemi derivanti da scarsa cura dell’alloggio, da sovraffollamento, da morosità, da difficoltà nel rilascio dello stesso alla scadenza, che condiziona i proprietari stessi facendoli optare spesso per il rifiuto ad affittare agli immigrati o alcuni a farlo solo a fronte dell’applicazione di canoni molto alti e dall’altro lato, una diffidenza diffusa anche rispetto alle garanzie offerte da Enti pubblici e da privati.

Il cuore del problema sta dunque nella elaborazione di nuove politiche capaci di ampliare e rendere più accessibile il settore dell’affitto, privilegiando, quando possibile, il recupero del patrimonio inutilizzato, anche cambiandone la destinazione d’uso, se necessario.

Per far fronte a tutto questo occorre però che la questione casa sia assunta come priorità a tutti i livelli istituzionali. Senza operare questa svolta nelle politiche abitative anche le pur lodevoli iniziative attivate localmente sarebbero costrette a continuare a produrre effetti certamente positivi ma purtroppo ben lontani dalle reali esigenze.

6.2. Creare le condizioni per consentire agli immigrati anche l’acquisto della prima casa

Il versante dell’acquisto dell’alloggio da parte degli immigrati è tuttora da scoprire. Indubbiamente l’acquisto della casa produrrebbe un effetto molto positivo sul processo d’inserimento e d’integrazione della famiglia immigrata nel contesto residenziale territoriale.

Questa è certamente una delle ragioni che maggiormente sollecitano un impegno anche in questa direzione. Peraltro, per una parte di famiglie di lavoratori immigrati, con una presenza consolidata sul territorio, si sta effettivamente prospettando la possibilità di acquistare l’alloggio a condizione che le rate del mutuo non superino le 7/800.000 Lire mensili e coprano l’intero costo dell’alloggio.

Di fronte al fatto che il mutuo ipotecario copre solo fino all’80%, diventa necessario che si trovi il modo di garantire, in caso di insolvenza, il 20% eccedente la garanzia ipotecaria. Anche in questa fattispecie la capacità, la qualità e le finalità del soggetto operatore sono quindi gli elementi che più degli altri possono garantire il successo di questo percorso. (Ved. L’esperienza in corso della "Cooperativa La Casa per gli Extracomunitari" di Verona).

6.3. Ruolo insostituibile delle Istituzioni

In questo quadro, le iniziative, tese ad affrontare la questione abitativa in un’ottica non di emergenza ma di inserimento e di integrazione di singoli e famiglie, potranno anche differenziarsi, territorialmente, nelle forme e nei percorsi ma tutte dovranno poter contare su alcuni punti fondamentali.

- I comuni singoli o associati devono svolgere il ruolo principale. Senza l’ente locale impegnato in primo piano ad individuare aree ed edifici da recuperare non è possibile andare da nessuna parte. Inoltre, solo l’ente locale può, con più efficacia di altri, promuovere e coordinare gli interventi sul proprio territorio, scegliendo gli strumenti più idonei.

- Le Regioni hanno tutti i poteri necessari per definire le politiche abitative di cui c’è bisogno. Alle Regioni occorre chiedere fortemente di favorire soprattutto l’offerta abitativa in affitto a canoni calmierati, sapendo che per ottenere questo risultato occorre concedere i contributi indispensabili ad abbassare significativamente il costo, effettivamente sostenuto dai soggetti operatori, di realizzazione degli alloggi.

Per realizzare questo obiettivo non è necessario che gli alloggi siano finanziati completamente con risorse pubbliche (come è avvenuto in passato con l’edilizia sovvenzionata) ma è sufficiente un contributo parziale capace però di abbassare il costo sul quale si calcola il canone.

- Stabilito che l’obiettivo del canone ridotto è raggiungibile solo con il concorso di un contributo, di fronte alle difficoltà oggettive dell’Ente pubblico, potrebbero rispondere a questa esigenza le fondazioni bancarie, come alcune esperienze in corso stanno positivamente a dimostrare.

- Il trasferimento di tutte le competenze, relative alle politiche abitative, alle Regioni, contiene, oltre ai tanti aspetti positivi, anche il rischio che, in alcune realtà territoriali (sia pure soltanto per ragioni derivanti da una differente disponibilità di risorse), l’area dell’esclusione dal bene casa, o comunque quella maggiormente svantaggiata, continui a non trovare risposte adeguate alle necessità.

Per questa ragione si ritiene necessario che lo Stato valuti in concreto l’opportunità di riservarsi di destinare fondi propri mirati a questa finalità, cioè alla realizzazione di "alloggi sociali" per le persone e le famiglie svantaggiate, italiane e straniere, su tutto il territorio nazionale, in funzione dei bisogni, rimasti eventualmente insoddisfatti per carenza effettiva di risorse.

- Favorire l’accesso all’affitto significa porre grande attenzione anche alla gestione degli alloggi e quindi individuare i soggetti operatori che più sono in grado di svolgere bene anche questo compito o crearli dove non ci sono. Non si deve sottovalutare l’importanza di questa attività soprattutto sapendo che per una parte dell’utenza destinataria di questi alloggi può essere utile un periodo di accompagnamento e che può essere necessario anche intervenire con attività di mediazione fra tutti i protagonisti (inquilini, proprietari, vicini di casa , quartiere, ecc.).

6.4. Partire dalle esperienze positive per costruire meglio il futuro

La strada maestra per affrontare il problema del disagio abitativo per tutti, italiani e immigrati, accomunati dalle stesse difficoltà, guardando alle esperienze compiute fino ad ora, non può dunque che essere costituita da una politica abitativa che privilegi l’edilizia agevolata promossa e concertata in sede locale e sostenuta attraverso contributi a parziale copertura degli investimenti, da parte dell’Ente pubblico e/o delle fondazioni bancarie.

A fianco di questa via principale, da ritenersi valida in generale, possono e debbono essere percorse anche altre vie, con caratteristiche più specificamente locali, al fine di costituire un più ampio ventaglio di possibili risposte a bisogni che si presentano spesso con caratteri diversi.

Occorre coinvolgere tutti gli attori locali, svolgere un’azione di concertazione e di coordinamento, cogliendo e sollecitando ogni occasione per sviluppare anche un’utile collaborazione fra tutti i livelli istituzionali interessati.

In tante realtà locali non si parte certo da zero, occorre nella maggior parte dei casi, partire dalle esperienze positive in corso per svilupparle ulteriormente.

Appare opportuno, infine, sottolineare che alla base di tutto questo ci deve però essere la piena consapevolezza del carattere strutturale del fenomeno immigratorio e quindi della necessità inderogabile di governarlo bene se si vuole contribuire davvero a costruire un futuro di convivenza fra culture diverse fatto da reciproco rispetto.

Gli arrivi che affluiscono continuamente nel nostro Paese, provenienti in particolare da zone rese invivibili da guerre, calamità naturali o estrema povertà, non devono alimentare comportamenti dettati da un’idea di un’emergenza senza fine, perché il fenomeno migratorio presenta sempre più una tendenza di fondo verso la sua stabilizzazione (ricongiungimenti famigliari, percorsi d’integrazione in atto nelle scuole, nei luoghi di lavoro e d’incontro, ecc.).

Pertanto, se da un lato occorre predisporre anche progetti tesi ad affrontare situazioni di emergenza, dall’altro lato è però indispensabile che questi siano soltanto una parte e non la più importante, dei programmi riguardanti le politiche più complessive che devono essere soprattutto in grado di rispondere all’ampia e principale richiesta di stabilità che proviene dagli immigrati.

L’accesso ad un’abitazione, sia pure modesta, rappresenta per l’immigrato il punto di partenza per realizzare il progetto migratorio proprio e della sua famiglia. La possibilità di condurre una vita dignitosa sta anche alla base di una positiva evoluzione dei rapporti con la popolazione locale che costituisce un elemento di fondamentale importanza per il successo di ogni percorso d’inserimento e d’integrazione sociale fra cittadini autoctoni e nuovi cittadini immigrati.

ALLEGATI

Allegato "A" — Alcune esperienze positive locali

Allegato "B" - Interventi finalizzati all’aumento dell’offerta di abitazioni in affitto per lavoratori

Dipendenti - Partecipazione dei datori di lavoro - Soluzioni ipotizzate - simulazioni

 

Allegato "A"

POLITICHE ABITATIVE SOCIALI E PER IMMIGRATI — 2 -

"Casa: uno spazio privato per un progetto di vita"

 

ALCUNE POSITIVE ESPERIENZE LOCALI

 

Si tratta di iniziative locali, attivate prevalentemente da comuni, cooperative, associazioni di volontariato, che si sono sviluppate in questi anni per aumentare l’offerta abitativa agli immigrati, in affitto o in forme analoghe, attraverso l’utilizzazione di tutte le risorse pubbliche e private disponibili (finanziamenti pubblici nazionali e locali, contributi da fondazioni bancarie e altre istituzioni, volontariato, intermediazione con prestazioni di garanzie nel mercato dell’affitto privato, recupero di patrimonio edilizio in disuso di proprietà dei comuni o altri enti pubblici e privati, ecc.).

Queste iniziative, nate per contribuire ad aumentare l’offerta abitativa meno precaria possibile, anche se non hanno potuto raggiungere alti livelli quantitativi, hanno però introdotto, soprattutto nella pratica, alcuni elementi di innovazione importanti.

Di seguito si riportano sinteticamente alcune di queste esperienze positive locali.

 

CESENA: DA "SOCIETA’ CESENATE PER L’AFFITTO S.R.L." A O.N.L.U.S.

"FONDAZIONE PER LO SVILUPPO E LA PROMOZIONE DEI

CONTRATTI DI AFFITTO DI ALLOGGI ECONOMICI"

La "Società Cesenate per l’Affitto S.r.l.", è nata con lo scopo di favorire la locazione di alloggi nell’area cesenate, ponendosi come punto d’incontro fra proprietari ed inquilini nella salvaguardia degli interessi e dei diritti delle parti.

Per raggiungere tale scopo, la Società Cesenate ha preso in locazione direttamente gli immobili dai proprietari, stipulato contratti di locazione in deroga e garantito il pagamento del canone e delle spese accessorie.

La durata dei contratti di locazione che la Società ha stipulato con il proprietario è stata di quattro anni con citata rinnovazione per altri quattro. Il subconduttore doveva rispettare la data di scadenza fissata nel contratto stipulato tra la Società e il proprietario, indipendentemente dalla data in cui ha avuto inizio la sublocazione.

L’attuale struttura societaria è la seguente:

Comune di Cesena Capitale Sociale di Lire 82.000.000 pari al 43,16%; Fondazione Cassa di Risparmio Capitale Sociale Lire 82.000.000 pari al 43,16%; Diocesi di Cesena — Sarsina Capitale Sociale Lire 5.000.000 pari al 2,63%, Associazione delle Imprese Edili della Provincia di Forlì — Cesena Capitale Sociale Lire 19.000.000 pari al 10%; Associazione Sindacale Piccoli Proprietari Immobiliari Capitale Sociale Lire 2.000.000 pari all’1,05%.

Il Capitale Sociale è pari a circa 190.000.000, gli appartamenti gestiti sono circa 93, per il 70% sono occupati da famiglie italiane e per il 30% da famiglie straniere, il fatturato annuo è pari a circa Lire 660.000.000, alle dipendenze della Società vi è una sola unità a part-time e tutti i membri del Consiglio di Amministrazione prestano la loro opera non retribuita al solo scopo di aderire ad una iniziativa socialmente utile. Il bilancio 1999 si è chiuso sostanzialmente in pareggio e l’attività della Società è stata sempre in crescita.

Con l’entrata in vigore del Decreto Legislativo 4.12.97 n. 460 e Circolare del Ministero delle Finanze 26.6.98 n. 168/E, si è constatato come la creazione di una ONLUS possa portare notevoli benefici sia fiscali sia di semplificazione amministrativa anche relativamente alla gestione dei contributi erogati da terzi (erogazioni liberali). Infatti, la Società a.r.l., dovendo stipulare per ogni appartamento oggetto d’intermediazione, almeno due contratti di affitto con relativa imposta di bollo e di registro, l’aggravio dei costi è evidente

Pertanto a Cesena si sta decidendo la trasformazione della Società a.r.l. denominata "Società per l’Affitto" in "Fondazione per lo sviluppo e la promozione dei contratti di affitto di alloggi economici". Rispetto alle figure giuridiche ammesse, quali Associazioni riconosciute e non e Società Cooperative, si preferisce la Fondazione come l’unica forma che limita la responsabilità al patrimonio versato.

I vantaggi derivanti dalla scelta di costituire una Fondazione non riguardano soltanto i benefici fiscali ottenibili attraverso la riduzione dei costi relativi ai bolli e alle registrazioni dei doppi contratti per ogni appartamento, ma anche da agevolazioni fiscali nel campo dell’Iva, dalla diversa gestione dei contributi e degli eventuali utili d’esercizio nonché dalla possibilità di beneficiare di speciali provvedimenti nel campo dell’ICI (esenzioni) e di finanziamenti Regionali e Statali connessi all’applicazione della Legge 431/98. Infine risulta che anche altri Comuni siano interessati a partecipare alla Fondazione.

VERONA: "COOPERATIVA LA CASA PER GLI EXTRACOMUNITARI"

La "Cooperativa La Casa per gli Extracomunitari" è il principale strumento operativo dell’Associazione, costituita nel 1991, denominata "Gruppo d’iniziativa LA CASA PER GLI EXTRACOMUNITARI che lavorano a Verona".

Un’Associazione nata con lo scopo di dare un fattivo contributo al problema abitativo degli immigrati presenti in città. Il Gruppo d’iniziativa era composto dal "Comitato cittadino per la casa agli extracomunitari" formato da professionisti, operatori sociali e culturali veronesi; dal CESTIM (Centro Studi Immigrazione, nato nel 1990 come associazione ed ora O.N.L.U.S.) e da MAG SERVIZI che svolge attività di promozione e consulenza a favore di Cooperative o Associazioni di autogestione nel settore del lavoro e della solidarietà sociale.

Il fine della Cooperativa, retta dai principi della mutualità e senza fini di lucro, era l’acquisto di appartamenti da assegnare ai soci extracomunitari in proprietà individuale o in affitto. In particolare l’obiettivo iniziale era l’acquisto, possibilmente entro lo stesso anno 1991, di 20 appartamenti da utilizzare come foresteria per immigrati senza tetto.

Per raggiungere l'obiettivo si riteneva sufficiente la raccolta, sotto forma di risparmio sociale, di un miliardo (un milione di lire per mille soci): questo avrebbe permesso di contrarre un mutuo di pari entità, che sarebbe stato restituito grazie ad entrate dei canoni di locazione. Di fatto poi la cooperativa ha operato sia acquistando immobili sia stipulando contratti di locazione passivi.

Fin dall’inizio un elemento caratterizzante dell’attività della cooperativa è stata la collaborazione con le realtà straniere. Già all’interno del primo Consiglio d’Amministrazione gli immigrati erano rappresentati dal vicepresidente e da un consigliere, immigrati erano anche due sindaci supplenti. Una delle modalità operative per favorire la partecipazione ed il coinvolgimento diretto degli immigrati nelle attività della cooperativa è stata la promozione della costituzione di gruppi di immigrati e la collaborazione con le organizzazioni già esistenti nel territorio.

Lo scopo era quello di affidare loro la gestione diretta degli appartamenti che la cooperativa otteneva in locazione. Tuttavia questa strada si è rivelata poco praticabile: le realtà fondate si sono lentamente dissolte in breve tempo per difficoltà interne (mancanza di leadership in grado di gestire situazioni complesse di tipo economico e a mantenere fede agli impegni assunti). La cooperativa si è vista costretta a mantenere rapporti con immigrati disponibili a dare la loro collaborazione a titolo personale (2 sono ancora in Consiglio d’Amministrazione) e ad intrattenere rapporti diretti con gli ospiti degli appartamenti.

Dei 20 appartamenti previsti inizialmente, la cooperativa è riuscita ad acquistarne 14. Gli appartamenti avuti invece in locazione nel corso degli anni sono stati 17.

La situazione al 20 maggio 2000 era la seguente: i soci erano 622 con capitale sociale di L. 245.960.000. Gli appartamenti in dotazione alla Cooperativa e assegnati agli immigrati erano 28 e gli immigrati che hanno fruito di un posto alloggio per periodi più o meno lunghi negli appartamenti gestiti dalla cooperativa sono stati 506. Il prezzo medio pagato per posto alloggio è di L. 164.000 al mese escluse le spese per consumi interni ai vari alloggi (acqua, luce, gas, riscaldamento, ecc.).

E’ in corso a partire da quest’anno una nuova attività tesa a facilitare l’acquisto di case da parte degli immigrati tramite mutui bancari, prendendo accordi con le banche locali e con la Banca Etica di cui la Cooperativa è socia.

ACQUISTO PRIMA CASA PER LAVORATORI STRANIERI

Gli attori dell’operazione sono:

IL LAVORATORE STRANIERO:

che, anche in relazione alla nuova legge sull’immigrazione n°40/1998

- acquista la prima casa

- apre un mutuo con l’Istituto di Credito rilasciando ipoteca di 1° grado sull’immobile a favore della BANCA

- rilascia una procura notarile a favore della COOPERATIVA che potrà disporre della casa in caso di insolvenza o inadempienza dello straniero.

LA BANCA:

- fa la convenzione con la Cooperativa,

- apre un conto di servizio per immigrati con delega per l’accredito dello stipendio e l’addebito delle rate di mutuo

- concede i mutui ipotecari agli immigrati alle condizioni previste dall’accordo..

LA COOPERATIVA "LA CASA PER GLI EXTRACOMUNITARI" :

- facilita l’accesso alla prima abitazione indirizzando gli immigrati verso questo tipo di operazione,

- tiene una banca dati delle famiglie di immigrati che chiedono abitazioni, e delle possibilità offerte dal mercato,

- effettua un primo esame di merito delle richieste,

- assiste l’immigrato nelle pratiche di acquisto dell’abitazione

- assicura la banca del buon esito dell’operazione attraverso uno stretto rapporto con la famiglia dell’immigrato nella gestione dell’appartamento, nel pagamento delle rate,

- in caso di abbandono dell’immobile da parte dell’immigrato, si impegna a trovare un nuovo proprietario alle medesime condizioni, utilizzando la procura notarile.

NB. Il mutuo bancario copre al massimo l’80% del valore dell’immobile che l’immigrato intende acquistare, ma per coloro che non hanno risparmi adeguati, la Cooperativa presta alla banca una fidejussione che garantisce, in caso di insolvenza, il 20% eccedente la garanzia ipotecaria. Questa garanzia è a scalare e si estingue quando il capitale residuo sia rientrato, con il versamento delle prime rate, nel valore dell’80% dell’immobile.

In questo modo si può arrivare a finanziare anche il 100% del costo dell’immobile, sempre salve le capacità di reddito dell’acquirente.

Con queste modalità sono già state fatte una decina di operazioni.

La Cooperativa è in contatto con Banca Etica per una convenzione analoga.

PADOVA: "COOPERATIVA NUOVO VILLAGGIO S.C. A R.S.L."

La Cooperativa Nuovo Villaggio è sorta nel 1993 per impulso di: ACLI - sezione provinciale di Padova, MOVI — Federazione provinciale di Padova, Ass. Unica Terra e Ass. Popoli Insieme (Associazioni di volontariato locale). Obiettivo dichiarato e condiviso era di dare una risposta efficace al problema abitativo di molti immigrati che non riuscivano a trovare casa nei pochi centri di accoglienza del territorio.

Il principale ambito di azione della Cooperativa è quello dell’immigrazione extracomunitaria: dal disagio abitativo all’aggregazione etnica e culturale, dall’informazione all’inserimento lavorativo, dalla formazione alla sensibilizzazione interculturale della popolazione autoctona.

Nonostante gli aspetti sociali degli scopi statutari, è iscritta alla sezione mista del Registro Prefettizio delle Cooperative e non nella sezione delle Cooperative Sociali, come aveva richiesto.

Gestisce 215 posti letto così suddivisi: un centro di prima accoglienza per donne con minori a Selvazzano (PD); 2 centri di prima accoglienza per famiglie, a Padova e a S. Giustina in Colle (PD); 41 alloggi per la seconda accoglienza, di cui 6 di proprietà, sparsi nel territorio della Provincia di Padova, ma anche di Vicenza e Venezia. Gli ospiti sono soprattutto cittadini immigrati e loro famiglie.

Tra i servizi offerti dalla Cooperativa vi sono: la ricerca, contrattazione ed assegnazione di nuovi alloggi ai soci in lista di attesa; l’accompagnamento ai servizi del territorio, educazione alla cittadinanza e formazione all’autonomia abitativa dei soci alloggiati; l’amministrazione e manutenzione degli alloggi in disponibilità della Cooperativa.

Di particolare interesse il Progetto Miriam rivolto alla promozione e all’assistenza di donne immigrate vittime dello sfruttamento sessuale. Si tratta di due strutture una di prima accoglienza e l’altra, attiva da alcuni anni, utilizzata come luogo di passaggio per le donne che hanno già fatto una parte del percorso di reinserimento, aveva già ospitato, a giugno 98, oltre 60 donne e circa 20 minori.

Attualmente la Cooperativa Nuovo Villaggio conta circa 500 soci di cui il 60% sono immigrati. Sono oltre 40 gli organismi (enti locali, associazioni, parrocchie) che vi hanno aderito.

Sono in corso di progettazione due strutture alloggiative organizzate a forma di pensionato.

VENETO: COORDINAMENTO VENETO ACCOGLIENZA (C.V.A.)

L’esistenza di un Coordinamento Veneto tra le associazioni e cooperative sul tema dell’accoglienza, in particolare di immigrati, non è un fatto casuale, ma al contrario è "il risultato di un percorso relativamente lungo, che ha portato diverse realtà presenti sul territorio ad una conoscenza reciproca e ha fatto intravedere la possibilità e per certi aspetti, la necessità della creazione di una rete di relazioni che andasse oltre al semplice incontro occasionale".

Il C.V.A., si è costituito in associazione, ritenendo, con questa forma giuridica, di corrispondere in modo più adeguato sia alla necessità di costruire una forma di coordinamento "snella" e senza aggravio di costi fra strutture non omogenee sia di creare un soggetto politico in grado di porsi quale elemento di mediazione "credibile" e "visibile" rispetto ai soggetti istituzionali pubblici e privati.

Dei 26 organismi non profit che erogano servizi abitativi esclusivamente a favore di cittadini o anche a beneficio di fasce deboli (donne, minori, detenuti in semilibertà) della popolazione autoctona, partecipano all’iniziativa 6 cooperative e 3 associazioni di volontariato.

Le direttrici di sviluppo del Coordinamento Veneto Accoglienza sono essenzialmente due:

- l’implementazione dell’integrazione interna (creazione di una rete informatica, adozione di una modulistica comune, perseguimento di forme di collaborazione maggiormente vincolanti);

- la definizione di un "modello veneto di accoglienza" centrato sulla differenziazione delle soluzioni abitative in relazione ai diversi stadi del percorso migratorio, sulla valorizzazione del terzo settore e sulla partecipazione interistituzionale.

Per quanto riguarda gli aspetti organizzativi e gestionali del "modello veneto di accoglienza" si ipotizza:

- il consolidamento del C.V.A. con funzioni di rappresentanza unitaria delle organizzazioni regionali maggiormente impegnate sul fronte dell’accoglienza;

- la creazione, a livello provinciale, della fondazione, come ente deputato al mantenimento e all’incremento del patrimonio immobiliare da utilizzare per finalità sociali,

- la valorizzazione delle cooperative e delle associazioni di volontariato quali soggetti attuatori e gestori del rapporto locativo con l’utilizzatore finale, la cui partecipazione alla gestione dell’ente locatore è aperta. Esse saranno titolari del rapporto di convenzione con i comuni.

Il percorso di accoglienza proposto è realizzabile solo potendo contare sulla combinazione delle risorse pubbliche e private, che insieme convergono per un comune obiettivo: da un lato, le risorse pubbliche vengono investite per la realizzazione di immobili da destinare all’accoglienza, dall’altro lato, le imprese sociali, nelle forme più idonee, operano per la gestione degli immobili, recuperando dalla gestione stessa le risorse per il servizio sociale.

Il caso del C.V.A. ci permette di sottolineare l’esigenza delle organizzazioni non profit di disporre di soggetti di secondo livello in grado di valorizzare le economie di rete e di assicurare una presenza unitaria nelle sedi istituzionali.

BERGAMO: ASSOCIAZIONE "CASA AMICA"

Casa amica ha lo scopo di favorire l’accesso ad una abitazione dignitosa a cittadini italiani e immigrati in stato di bisogno e necessità.

La carta d’identità

Casa Amica, associazione senza fini di lucro, promossa dalla Consulta Provinciale dell’immigrazione, costituita il 15 luglio 1993, riconosciuta dalla Regione Lombardia in data 4 gennaio 1994 con delibera n. 47236, ha lo scopo di favorire l’accesso ad un’abitazione dignitosa di soggetti migranti e di cittadini italiani in stato di bisogno e disagio.

Iscritta nel Registro del Regionale del Volontariato in data 17/4/1996 con decreto n. 1860).

Iscritta nel Registro nazionale degli Enti e Associazioni che svolgono attività a favore degli stranieri immigrati (art. 52 — DPR 31/8/99 n. 394.

Soci fondatori

- Provincia di Bergamo

- Comune di Bergamo

- Comune di Albino

- Comune di Albano S. Aless.

- Comune di Costa Volpino

- Comune di Dalmine

- Comune di Lovere

- Comune di Osio Sotto

- Assoc. Burkinabè Lombarda

- Assoc. Ivoriani a Bergamo

- Associazione Senegalesi Bergamaschi

- Società Mutuo Soccorso tra Senegalesi a Bergamo

- Assoc. Costruttori edili Bergamo

- Assoc. Diakonia della Caritas Diocesana

- Assoc. NordSud di CGIL, CISL, UIL Bergamo

- Opera Pia Misericordia Maggiore Bergamo

Soci ordinari

- 15 Associazioni e gruppi di volontariato (associazioni sindacali, Unione degli Industriali, Confcooperative e varie associazioni di categoria, gruppi di volontariato, sindacati inquilini, ecc…)

- 36 persone fisiche impegnate con Casa Amica a livello di volontariato.

Attività svolta

Dall’inizio dell’operatività dell’Associazione, gennaio 1994, molti immigrati e alcuni cittadini italiani in stato di bisogno si sono rivolti a "Casa Amica" per trovare una soluzione ai propri problemi abitativi. La grande maggioranza di dette domande è costituita da:

- nuclei familiari con bambini, attualmente divisi;

- persone e nuclei familiari in possesso di notifica di sfratto;

- persone e nuclei familiari dimoranti in case affittate come seconda abitazione e/o foresteria che, conseguentemente, non possono richiedere regolare residenza.

-

In questi anni l’associazione ha provveduto:

- ad investire il capitale di costituzione e consolidare il rapporto con gli Enti e le Agenzie che operano sul tema dell’immigrazione e che hanno fondato l’associazione;

- ad inoltrare domande di finanziamento ex legge 39/90 (contributo assegnato L. 1miliardo), FRISL (fondo ristrutturazione immobili per fini sociali - Lombardia per un totale di L. 695 milioni) e L.N. 40/98 (per un totale di L. 396.000.000);

- a stipulare accordi con sei Istituti di credito locali per la concessione di fidi ipotecari ad interessi particolarmente convenienti (3,5% inferiori al prime-rate) per un totale di 3 miliardi;

- a creare una rete di riferimento in gruppi di volontari presenti nel territorio della provincia;

- all’assegnazione delle abitazioni disponibili per un totale di n° 81 alloggi:

- n° 25 alloggi acquisiti in affitto o in comodato e subaffittati: 22 a famiglie di immigrati, 3 a cittadini italiani in stato di bisogno

- n° 36 alloggi di proprietà dell’Associazione acquistati tramite contributo ex legge 39/90, donazioni, mutui ipotecari e autofinanziamento, Frisl

- n° 13 alloggi in convenzione con il Comune di Bergamo (n. 10) e con l’Aler (n. 3) n° 9 alloggi di proprietà dell’Associazione ristrutturati tramite finanziamenti FRISL/accoglienza e assegnati a famiglie di immigrati

- n° 5 alloggi assegnati a famiglie immigrate con affitto/riscatto

- n° 2 alloggi in affitto riscatto con una cooperativa edilizia del consorzio ACLI-Casa

- dicembre 1997: conclusione della ricerca-azione "Le forme dell’abitare" riguardanti l’inserimento abitativo dei soggetti migranti in provincia di Bergamo, realizzata con il Centro Stranieri del Comune di Bergamo.

Progetti in fase di esecuzione

- Recupero della mansarda in Bergamo — via Morali e realizzazione di n. 4 appartamenti con finanziamento L.N. 40/98 sull’immigrazione

- Recupero del sottotetto in Cenate Sopra e realizzazione di un appartamento con finanziamento L.N. 40/98 sull’immigrazione

- Acquisto di un immobile in Telgate e progetto di ristrutturazione per la realizzazione di un pensionato di n. 36 posti letto

- Realizzazione del progetto di housing sociale "dare un tetto al bisogno" in partnership con il Comune di Bergamo e un contributo della Fondazione Cariplo, per la realizzazione di n. 8 alloggi.

- Partnership con il Comune di Bergamo e l’Associazione Api-Colf nel progetto "sostegno ed azioni di intermediazione e garanzia per l’accesso al mercato del lavoro e della casa" finanziato dalla legge sull’immigrazione.

-

Attività programmate

Oltre alla consueta attività di ascolto e di mediazione nella ricerca di alloggi per immigrati, e l’utilizzo delle opportunità offerte dalle Leggi sull’immigrazione (regionale e nazionale), l’Associazione intende allargare la propria azione attraverso:

- convenzioni con Comuni della provincia di Bergamo per l’acquisizione di aree edificabili o immobili da ristrutturare da inserire nel mercato dell’abitazione in locazione a prezzi calmierati

- disponibilità a collaborare con Comuni della Provincia di Bergamo nell’applicazione e gestione dell’art. 11 legge 431/98 (Promozione della mobilità locativa) che istituisce un apposito fondo cui possono accedere gli Enti locali in modo autonomo e/o in convenzione con associazioni senza fini di lucro.

L’Associazione ha contattato sei Comuni della Provincia e ha iniziato un confronto con il Comune di Treviglio e di Osio Sotto.

Le oltre 350 domande di alloggio depositate da immigrati presso l’Associazione attestano la lungimiranza dei fondatori, motivano l’impegno dei soci e dei volontari, giustificano la puntigliosità con cui il Consiglio direttivo "va a caccia" dei contributi e opportunità esistenti.

Le consulenze e l’immagine

Casa Amica è progressivamente diventata un punto di riferimento per Organismi e Comuni della provincia di Bergamo che operano sul fenomeno dell’immigrazione. In alcuni casi ha assunto un ruolo di consulenza.

Significativo e di buon auspicio la donazione di un privato di tre appartamenti in Grumello del Monte.

Possibilità di sviluppo si prospettano con cooperative edilizie attraverso la forma dell’affitto riscatto.

Le risorse

Le entrate dell’associazione derivano da canoni di locazione, dalle rette degli alloggi in convenzione, dai contributi dei soci e da erogazioni liberali.

Recentemente l’associazione ha ricevuto un contributo dall’unione industriali di L. 70.000.000 e dalla Fondazione Cariplo di L. 420.000.000 quale prima trance di un programma triennale.

L’unione industriali solleciterà le imprese associate a sostenere l’associazione con erogazioni liberali detraibili dal reddito, ricordando loro che:

Per ogni erogazione fino ad un massimo di L. 4.000.000 l’associazione rilascerà ricevuta valida per la detrazione dal reddito della somma versata ai sensi dell’art. 13-bis, comma 1, lettera i-bis, T.U.I.R. (*)

(*) - Per le persone fisiche è prevista la detrazione dell’IRPEF lorda nella misura del 19% dell’onere sostenuto non superiore a 4 milioni di lire

- Per le società la detrazione va effettuata sul reddito d’impresa dichiarato.

BOLOGNA: LA PROVINCIA STIPULA UN ACCORDO DI PROGRAMMA PER LA COSTRUZIONE DI ALLOGGI DA LOCARE A CANONE CONTENUTO.

 

La Provincia di Bologna, la Regione Emilia-Romagna, i Comuni di : Bologna, Bazzano, Casalecchio di Reno, Marzabotto, Medicina, Minerbio, Pianoro, San Pietro in Casale, l’Istituto Autonomo per le Case Popolari della Provincia di Bologna e la Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, convengono e pattuiscono la costruzione di venticinque edifici entro presumibilmente l’anno 2001. Le clausole più significative sono le seguenti.

Gli edifici saranno realizzati in base ai progetti tecnici formulati dallo I.A.C.P.. Ciascun Comune partecipa alla realizzazione dell’intervento, individuando un’area di propria esclusiva proprietà, compresa nel proprio territorio sulla quale verranno edificati gli immobili. I comuni cedono all’I.A.C.P. della provincia di Bologna a titolo gratuito, con apposita convenzione, il diritto di superficie relativo all’area per la durata indicata nei piani finanziari.

Il contratto d’appalto, il direttore dei lavori sono a cura dell’I.A.C.P. La proprietà degli edifici sarà dell’I.A.C.P. per la durata del diritto di superficie e al termine passeranno gratuitamente ai Comuni. Le opere di urbanizzazione sono a carico dei comuni i quali rinunciano a chiedere all’I.A.C.P. il rimborso degli oneri di urbanizzazione secondaria. Gli alloggi saranno assegnati dai Comuni tramite appositi bandi.

La Provincia di Bologna s’impegna a coordinare tutti gli enti interessati.

La Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna s’impegna a finanziare l’intera operazione in parte con un contributo a fondo perduto di Lire 3.750.000.000 e per la restante parte con un mutuo.

MODENA: UNA "PARTECIPAZIONI IMMOBILIARI S.P.A." A PREVALENTE PARTECIPAZIONE DEI COMUNI

A Modena è stata costituita una Società per Azioni sotto la denominazione " Partecipazioni Immobiliari S.p.A." che ha per oggetto:

"l’acquisto, la vendita, la permuta, la locazione anche finanziaria dei beni mobili ed immobili in genere, la partecipazione quale associante od associato ad affari aventi ad oggetto l’acquisto, la vendita, la permuta, la locazione anche finanziaria di beni mobili ed immobili in genere; l’assunzione di partecipazioni in altre Società od Imprese nonché ogni operazione relativa a titoli, a partecipazioni societarie ed a finanziamenti, purchè consentita dalla normativa che regola l’attività della società e nei limiti da questa fissati.

Essa potrà compiere qualsiasi altra operazione commerciale, industriale, mobiliare, immobiliare e finanziaria, anche mediante emissione di titoli di credito, ritenuta utile o necessaria dall’Organo di Amministrazione ed assumere o ricevere finanziamenti.

La Società potrà inoltre prestare fidejussioni e garanzie reali per obbligazioni di terzi, anche non soci, a Istituti bancari od a terzi in genere ed in quelle forme (avallo, pegno, ipoteca, ecc.) che l’Organo di Amministrazione riterrà più opportuno".

I soci attualmente sono i comuni di: Modena, Campogalliano, Soliera, Castelfranco Emilia, Ravarino mentre i comuni di Nonantola, e S. Cesario si sono impegnati ad acquistare delle azioni entro l’anno in corso. Sono inoltre soci le Cooperative di Abitazione della Provincia di Modena.

Allo stato attuale la Società non ha ancora effettuato o promosso interventi. La definizione del programma, nel quale è prevista la realizzazione di una struttura alloggiativa organizzata in forma di pensionato, è ancora in corso unitamente alla ricerca di nuovi soci e di interlocutori interessati a sperimentare anche nuovi modelli d’intervento in questo campo.

MILANO:FONDAZIONE S. CARLO

La Fondazione S. Carlo ha la natura di Fondazione giuridicamente riconosciuta dalla Giunta Regionale della Lombardia (D.G.R. n. 64254/95) e successivamente riconosciuta come ONLUS (D.G.R. n. 37833/98). L’art. 3 dello Statuto afferma: Lo scopo della Fondazione è l’apprestamento e la gestione di strutture e servizi rivolti ad accogliere, in ambienti che consentano di soddisfare esigenze di socializzazione, soggetti in stato di bisogno anche stranieri; la realizzazione , in proprio o in collaborazione con enti con analoghe finalità, di Centri/Servizi che si propongono di offrire effettive possibilità di miglioramento di vita autonoma e sociale e che, in particolare, garantiscono forme di sostegno alla formazione professionale ed all’avviamento al lavoro oltre ad attività di supporto nella ricerca di soluzioni abitative stabili. E’ intenzione della Fondazione S. Carlo dar vita ad una vera esperienza innovativa di "terzo settore, che integri risorse materiali e patrimoniali, tipiche della Fondazione, con quelle personali proprie del volontariato.

Il Consiglio di Amministrazione è costituito da 7 componenti: il Presidente, nominato direttamente dall’Arcivescovo di Milano; 3 componenti nominati dalla Caritas Ambrosiana; 3 componenti nominati dalla Curia Arcivescovile. La Fondazione S. Carlo ha 11 dipendenti, 2 collaboratori e diversi volontari. Il rapporto con i volontari si realizza principalmente attraverso una convenzione con l’Associazione di Volontariato "Comunità e lavoro".

La Fodazione S. Carlo gestisce anche due strutture di accoglienza, con capienza di un centinaio di posti ciascuna: Pensionato Belloni e Casa Albergo Don Sandro Mezzanotti.

Vi possono accedere lavoratori italiani e stranieri che giungono a Milano o nel suo hinterland per un regolare rapporto di lavoro e che non dispongono ancora di soluzioni di alloggi stabili. Vengono accolti, per un numero limitato, anche studenti in condizioni economiche bisognose. I lavoratori extracomunitari devono possedere regolare permesso di soggiorno. L’accesso alla struttura avviene dopo un colloquio con il direttore, che verifica la documentazione dell’ospite e la sua disponibilità ad accettare e rispettare le regole previste. L’accoglienza è possibile indicativamente per il periodo di un anno e comunque per una durata massima di due anni.

Pensionato Belloni

Prezzi per italiani: L.665.000 mensili in camera doppia e L. 765.000 mensili in camera singola

(Oltre i 12 mesi di permanenza aumentano le tariffe)

Prezzi per stranieri di Paesi sottosviluppati: L. 410.000 mensili in camera doppia e L. 530.000 mensili in camera singola (Oltre i 12 mesi di permanenza aumentano le tariffe)

Casa Albergo Don Sandro Mezzanotti

Prezzi per italiani: L. 550.000 mensili in camera doppia e L. 650.000 mensili in camera singola

(Oltre i 12 mesi di permanenza aumentano le tariffe)

Prezzi per stranieri di Paesi sottosviluppati: L.350.000 mensili in camera doppia e L. 410.000 mensili in camera singola (Oltre i 12 mesi di permanenza aumentano le tariffe).

E’ prevista la pulizia della camera due volte la settimana e il cambio delle lenzuola una volta la settimana. Sono a disposizione degli ospiti lavatrici, asciugatrici e ferri da stiro. Inoltre gli ospiti potranno utilizzare le cucine per preparasi i pasti, i frigoriferi e gli armadietti per la dispensa.

----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

NUOVE STRUTTURE ORGANIZZATE IN FORMA DI PENSIONATO O ALBERGHIERE

Relativamente alla realizzazione di nuove strutture organizzate in forma di pensionato o alberghiera, per quanto di conoscenza di questo gruppo di lavoro, si rimanda alla conclusione della progettazione delle stesse in corso nei Comuni di Padova e di Tiene a cura della "Cooperativa Nuovo Villaggio", a Modena da parte della "Partecipazioni Immobiliari S.p.A." e nel comune di Brescia.

 

 

Allegato "B"

 

 

POLITICHE ABITATIVE SOCIALI E PER IMMIGRATI — 2 —

"Casa: uno spazio privato per un progetto di vita"

 

INTERVENTI FINALIZZATI ALL’AUMENTO DELL’OFFERTA DI ABITAZIONI IN AFFITTO PER LAVORATORI DIPENDENTI — PARTECIPAZIONE DEI DATORI DI LAVORO-

SOLUZIONI IPOTIZZATE

 

Nell’ambito della problematica in argomento, si possono individuare 3 tipologie di intervento:

 

  1. Concessione di contributi, da parte del datore di lavoro, per il pagamento dei canoni di locazione dei propri dipendenti.
  2. Realizzazione di strutture abitative da parte dei datori di lavoro, da concedere in locazione a lavoratori dipendenti, anche non propri.
  3. Finanziamento dei datori di lavoro, da restituire in modi e tempi stabiliti, per la realizzazione di strutture alloggiative da destinare alla locazione ai propri dipendenti.

La previsione di diverse fattispecie, risponde all’esigenza di consentire lo svolgimento di un ruolo attivo sia all’impresa di dimensione medio-grande, sia all’impresa piccola o piccolissima.

L’effettuazione degli interventi sopracitati, che si presume debbano essere realizzati essenzialmente o prevalentemente con risorse private, deve necessariamente essere stimolata attraverso la previsione di benefici a favore del datore di lavoro e del lavoratore dipendente, consistenti (per quanto in questa sede si vuole porre in evidenza) in sensibili vantaggi fiscali.

Pure ritenendo che tutte le tipologie d’intervento sopra esposte potrebbero contribuire a perseguire l’obiettivo principale, vale a dire l’aumento dell’offerta di abitazioni in affitto per lavoratori dipendenti a basso costo per questi ultimi, l’intervento di tipo 1) appare di più semplice applicazione e gestione e pertanto si valuta opportuno considerarlo al primo posto in ordine di preferenza.

ASPETTI TECNICI DELLE PROPOSTE

  1. Concessione di contributi, da parte del datore di lavoro, per il pagamento dei canoni di locazione dei propri dipendenti.

L’iniziativa, realizzabile anche dai datori di lavoro titolari di piccole o piccolissime imprese e che presenta soprattutto il vantaggio di non creare vincoli, tra impresa e dipendente rispetto all’uso dell’alloggio, ulteriori e diversi dal pagamento del contributo da parte del datore di lavoro, è caratterizzata dai seguenti principali elementi:

 

  1. Finanziamento dei datori di lavoro, da restituire in modi e tempi stabiliti, per la realizzazione di strutture alloggiative da destinare alla locazione ai propri dipendenti.
  2. Con riferimento a questo tipo d’intervento si prevede la restituzione del finanziamento, da parte del soggetto operatore, solo in parte, compensando la "perdita" complessiva gravante sul datore di lavoro, attraverso l’attribuzione di un credito d’imposta.

    Attribuzione di un credito d’imposta a favore del datore di lavoro

    In relazione all’opportunità e utilità di assicurare un risparmio fiscale al datore di lavoro che si attivi per finanziare, anche solo parzialmente, la realizzazione di alloggi "sociali" a favore dei propri dipendenti, si reputa idonea ed anche di più semplice e chiara applicazione, l'ipotesi dell'attribuzione di un credito d'imposta determinato applicando all'ammontare del finanziamento una percentuale (uguale per tutti), corrispondente alla quota di finanziamento di cui sia convenuta l’esclusione della restituzione.

    In questo modo, il soggetto finanziatore rientrerà in possesso, ancorchè con modalità diverse, dell’intera somma versata. tale da abbassare sensibilmente la somma che il soggetto operatore sarebbe tenuto a restituire al datore di lavoro.

    Detto credito d'imposta potrà essere utilizzato, indipendentemente dalla forma giuridica del soggetto finanziatore (imprenditore, società di persone, società di capitale), per il pagamento di tributi e contributi da questi dovuti, attraverso la compensazione di cui al D. Lgs. 241/97.

    Necessariamente questa proposta comporta la previsione di un'ulteriore condizione fiscale, rappresentata dall'esclusione del credito d'imposta dalla determinazione del reddito d'impresa e dell'inapplicabilità, con riferimento allo stesso credito d'imposta, delle disposizioni di cui agli artt. 63, c.1 e 75, c. 5 del Tuir.

    Le indicate modalità, hanno il pregio di essere trasparenti, di semplice applicazione e di rispondere alle finalità dell'iniziativa.

  3. Realizzazione di strutture abitative da parte dei datori di lavoro

L’iniziativa può essere caratterizzata dai seguenti principali elementi:

 

Attraverso la predetta previsione di assimilazione, potrebbe essere consentito alle imprese, in deroga alle disposizioni attualmente vigenti, di far concorrere alla determinazione del reddito d’impresa, nonché del valore netto della produzione ai fini dell’Irap, i seguenti componenti negativi:

Al procedimento di ammortamento, si renderebbero in ogni caso applicabili le disposizioni di cui all’art. 67, comma 2 (ammortamento ridotto alla metà per il primo esercizio) e comma 3 (ammortamento anticipato), del T.U.I.R..

In sostanza, nell’ipotesi di acquisto o di realizzazione di una costruzione nuova, supponendo che la quota annua ordinaria di ammortamento fosse elevata al 6%, l’impresa potrebbe portare in deduzione:

A questo proposito si ricorda che, attualmente, la deduzione dei canoni è ammessa a condizione che la durata del contratto di locazione finanziaria non sia inferiore a otto anni.

A questo proposito si ricorda che la disciplina fiscale vigente prevede che dette spese, riferite a tutti i beni, sono deducibili nella misura corrispondente al 5% del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili quale risulta all’inizio dell’esercizio, e che l’eccedenza è deducibile per quote costanti nei cinque esercizi successivi.

Si potrebbe prevedere l’adozione di una disciplina speciale, come peraltro già prevista per alcuni settori produttivi, con la quale innalzare, limitatamente alle sole strutture immobiliari in argomento, la predetta percentuale (per il settore dell’autotrasporto è il 25%, per le industrie estrattive è il 15%, per le industrie manifatturiere metallurgiche e meccaniche è l’11%).

Naturalmente, l’assimilazione in discorso dovrebbe comportare anche l’assenza di qualsiasi ipotesi di limitazione alla detrazione dell’IVA assolta sugli acquisti di beni e servizi relativi ai fabbricati in questione.

Un’ulteriore fattispecie agevolativa, strettamente collegata al rispetto di una durata definita di messa a disposizione della struttura per fini di locazione, può essere individuata nel non concorso alla determinazione del reddito d’impresa (nonché della base imponibile Irap), di tutta o di parte della plusvalenza patrimoniale, determinata ai sensi dell’art. 54 del T.U.I.R., anche con riferimento alla singola unità immobiliare, che fosse realizzata nelle forme previste alle lettere a), b) e d) del comma 1 dello stesso articolo 54 (cessione a titolo oneroso, risarcimento, destinazione al consumo personale o familiare dell’imprenditore, assegnazione ai soci, destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa).

Proseguendo nella ricerca di ulteriori agevolazioni, si potrebbe citare quella relativa all’eventualità di rendere inapplicabile l’I.c.i. agli immobili in questione.

Si può pertanto concludere che, avendo quale obiettivo quello di mettere a disposizione di famiglie di lavoratori dipendenti, alloggi ad un costo contenuto (canone "convenzionale" ridotto), la successiva fase di lavoro consiste nel determinare il giusto equilibrio tra riduzione praticabile sul canone, e mix di agevolazioni a favore del datore di lavoro, secondo lo schema in precedenza indicato.

Al fine di scoraggiare premature "uscite" dall’operazione da parte del datore di lavoro, nonché evitare manovre elusive dal punto di vista fiscale, potrebbe essere previsto che la messa a disposizione della struttura immobiliare debba durare almeno un certo numero di anni (15-20?).

Il mancato rispetto di questa condizione, oltre a rendere inoperante l’eventuale previsione di non concorso alla determinazione del reddito delle plusvalenze, come sopra indicato, potrebbe essere causa di cessazione retroattiva dell’applicazione dello speciale regime fiscale (ammortamenti, leasing, ecc.), consistente, nella pratica, nel sottoporre a tassazione, nell’esercizio in cui cessa l’utilizzo vincolato del fabbricato, una sopravvenienza attiva determinata dai maggiori costi dedotti in precedenza, rispetto a quelli che sarebbero stati deducibili in una situazione ordinaria.

In sostanza si applicherebbero retroattivamente le disposizioni di cui all’art. 57 del T.U.I.R. (tassazione dei canoni ridotti del 15%, e indeducibilità di ogni costo afferente gli immobili (ammortamenti, leasing, spese di manutenzione ecc.).

 

 

 

 

 

 

 

 

SIMULAZIONI APPLICATE SU UN IPOTETICO EDIFICIO DI 12 ALLOGGI

- tipologie d’intervento 2) e 3) -

 

Edificio (ipotetico) di 12 alloggi "sociali"

Al fine di poter meglio valutare il merito della proposta relativa a possibili modelli d'intervento per la realizzazione di alloggi "sociali", si prenderà in esame, di seguito, un ipotetico edificio di nuova costruzione oppure di edificio esistente soggetto a recupero.

  1. Tipologia degli alloggi: relativamente alle caratteristiche costruttive degli alloggi si dovrà rispettare il criterio dell'economicità dell'intervento e della garanzia della buona qualità di tutti i materiali impiegati mentre per quelle abitative si propone di suddividere gli alloggi in tre categorie in funzione del numero dei vani utili, come prima indicato.
  2. Caratteristiche principali dell'edificio in ipotesi.

Edificio di 12 alloggi, 3 piani e P.T (per cantine e servizi condominiali),costituito da 3 alloggi di tipo A, 6 alloggi di tipo B e 3 alloggi di tipo C, come di seguito indicati:

Tutti gli alloggi indicati in questa proposta sono dotati di cantina ma non di garage.

  1. Costi di costruzione

  1. Gestione

Il valore del canone, riportato dalle tabelle che seguono, tiene conto:

 

TIPO D’INTERVENTO N. 2) — SIMULAZIONE

Finanziamento dei datori di lavoro, da restituire in modi e tempi stabiliti, per la realizzazione di strutture alloggiative da destinare alla locazione ai propri dipendenti.

L’elemento innovativo in questo tipo d’intervento consiste nella previsione che il finanziamento del datore di lavoro, pari ad una percentuale del costo complessivo dell’alloggio, da combinare con altre risorse provenienti da soggetti diversi, pubblici e privati, sia restituito, possibilmente remunerato, dal soggetto operatore al datore di lavoro, in un determinato numero di anni. Questo tipo di finanziamento, dovrebbe preferibilmente essere finalizzato ad incrementare il numero degli alloggi realizzabili nell’ambito di un intervento per il quale sia già stata stabilita la quota di contributo pubblico complessivo, senza aumentare la quota stessa.

Destinazione degli alloggi

Destinazione alla sola locazione

Caratteristica principale

Gli alloggi non possono essere venduti ma soltanto dati in locazione o in godimento, il soggetto operatore s’impegna a consegnarli gratuitamente al Comune, dopo un determinato numero di anni preventivamente concordato con il Comune stesso.

Soggetto operatore

Possono essere realizzati dai Comuni, altri enti pubblici ovvero da operatori privati, tra cui le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, individuate dall'art. 10 del DLgs 4/12/97, n. 460 i quali, dopo 20 anni, o in caso di cessazione o cambiamento di attività, siano tenuti, in base all'atto costitutivo ovvero per esplicito impegno assunto nella convenzione a devolvere il proprio patrimonio o gli immobili oggetto dei contributi, al Comune.

Area o edificio da recuperare

L'immobile è di proprietà del Comune che lo cede in uso o diritto di superficie per il tempo stabilito dalla convenzione e con il vincolo permanente della locazione a cittadini immigrati o italiani in stato di bisogno secondo quanto previsto da apposito regolamento.

Finanziamenti: (due ipotesi)

  1. Con un contributo pubblico (Stato, Regione, Ente Locale), per ogni alloggio, pari al 50% del costo, predeterminato, complessivo dell’intervento (compreso quindi anche il costo dell’area o dell'edificio da recuperare) e con un mutuo ad un tasso, ipotizzato, del 4,50% per 15 anni, per il completamento del finanziamento necessario a coprire i soli costi di costruzione.
  2. Con contributo pubblico e con finanziamenti dei datori di lavoro. In questa seconda ipotesi il contributo pubblico per ogni alloggio, determinato come al punto 1, può ridursi al 40%.

Il finanziamento del datore di lavoro, dovrà essere pari al 20% del costo complessivo dell’alloggio e sarà restituito, dal soggetto operatore, al datore di lavoro, in 5 anni, totalmente ma senza interessi oppure, se possibile, solo in parte. Per il completamento del finanziamento necessario a coprire i soli costi di costruzione si prevede l’utilizzazione di un mutuo ad un tasso, ipotizzato, del 4,50% per 15 anni.

N.B. Nelle tabelle dimostrative che seguono, il calcolo del canone tiene conto della possibilità di restituire solo parzialmente la somma al datore di lavoro. E’ stata infatti prevista una riduzione del 20% che potrebbe essere effettuata agevolmente in presenza ad esempio di un risparmio fiscale complessivo per il datore di lavoro, sotto forma di credito d’imposta, pari al 36%. La differenza pari al 16% potrebbe essere destinata alla remunerazione del finanziamento stesso.

Con la restituzione totale (ancorchè senza interessi), al datore di lavoro, della somma finanziata dal medesimo, si ha un aumento del canone di circa il 7%.

Tabelle dimostrative con dati di valore medio

Locazione permanente

Solo contributo pubblico più mutuo a completamento

Tipo alloggio

 

Costo di costruzione

Costo complessivo

Contributo Regione

50%

 

Canone mensile

A — 46 mq

78.200.000

101.660.000

 

 

50.830.000

429.000

B — 60 mq

 

102.000.000

132.600.000

66.300.000

504.000

C — 70 mq

 

119.000.000

154.700.000

77.350.000

558.000

 

Contributo pubblico più finanziamento datore di lavoro (senza interessi e da restituire interamente in 5 anni) più mutuo a completamento

Tipo alloggio

 

Costo di costruzione

Costo complessivo

Contributo Regione

40%

 

Finanziamento datore di lavoro

25%

Canone mensile

A — 46 mq

78.200.000

101.660.000

 

 

40.640.000

25.415.000

430.000

B — 60 mq

 

102.000.000

132.600.000

53.040.000

33.150.000

505.000

C — 70 mq

 

119.000.000

154.700.000

61.880.000

38.675.000

559.000

Destinazione alla locazione temporanea con successiva vendita

Caratteristica principale

Ciò che differenzia questo tipo d'intervento dalla locazione permanente è la possibilità per il soggetto operatore di poter vendere l'alloggio dopo 10 anni a chi lo abita da almeno tre e dopo 15 anni al libero mercato però con diritto di prelazione rispettivamente e nell'ordine a chi vi abita da almeno tre anni, al Comune ed infine al datore di lavoro che abbia attivato un finanziamento per la realizzazione di quell'alloggio.

Soggetto operatore

Possono essere realizzati da soggetti operatori privati che si convenzionino con i comuni.

Area o edificio da recuperare

Il soggetto operatore dovrà essere proprietario dell'immobile (area o edificio), nel caso in cui l'operatore acquisti l'immobile dal comune è possibile stabilire anche che il pagamento possa avvenire non immediatamente ma dopo un determinato numero di anni, fissandone naturalmente le condizioni nella convenzione.

Finanziamenti:

1. Con un contributo pubblico (Stato, Regione, Ente Locale), per ogni alloggio, pari al 20% del costo complessivo, predeterminato, dell’intervento (compreso quindi anche il costo dell’area o dell'edificio da recuperare) e con un mutuo ad un tasso, ipotizzato, del 4,50% per 15 anni, per il completamento del finanziamento necessario a coprire il costo complessivo dell’intervento.

  1. Con contributo pubblico e con finanziamenti dei datori di lavoro. In questa seconda ipotesi il contributo pubblico per ogni alloggio, determinato come al punto 1, può ridursi al 15%.

Il finanziamento del datore di lavoro, dovrà essere pari al 25% del costo complessivo dell’alloggio e sarà restituito, dal soggetto operatore, al datore di lavoro, in 5 anni: solo in parte, se possibile, oppure totalmente, in caso contrario, ma senza interessi. Per il completamento del finanziamento necessario a coprire il costo complessivo dell’intervento si prevede l’utilizzazione di un mutuo ad un tasso, ipotizzato, del 4,50% per 15 anni.

N.B. Nelle tabelle dimostrative che seguono, il calcolo del canone tiene conto della possibilità di restituire solo parzialmente la somma al datore di lavoro. E’ stata infatti prevista una riduzione del 20% che potrebbe essere effettuata agevolmente in presenza ad esempio di un risparmio fiscale complessivo per il datore di lavoro, sotto forma di credito d’imposta, pari al 36%.

Con la restituzione totale, al datore di lavoro, della somma finanziata dal medesimo, si ha un aumento del canone di circa il 7%.

Tabelle dimostrative con dati di valore medio

Locazione temporanea e futura vendita

Contributo pubblico più mutuo a completamento

 

Tipo alloggio

 

Costo di costruzione

Costo complessivo

Contributo Regione

20%

 

Canone mensile

A — 46 mq

78.200.000

101.660.000

 

 

20.320.000

437.000

B — 60 mq

 

102.000.000

132.600.000

26.520.000

503.000

C — 70 mq

 

119.000.000

154.700.000

30.940.000

551.000

Contributo pubblico più finanziamento datore di lavoro (senza interessi e da restituire interamente in 5 anni) più mutuo a completamento.

Tipo alloggio

 

Costo di costruzione

Costo complessivo

Contributo Regione

15%

 

Finanziamento datore di lavoro

25%

Canone mensile

A — 46 mq

78.200.000

101.660.000

 

 

15.249.000

25.415.000

426.000

B — 60 mq

 

102.000.000

132.600.000

19.890.000

33.150.000

502..000

C — 70 mq

 

119.000.000

154.700.000

23.205.000

38.675.000

549.000

(Il modello per il calcolo dei canoni è stato realizzato da Lodi - Abitcoop - Mo)

 

CONSIDERAZIONI

1. Effetti del credito d’imposta

Il credito d’imposta a favore del datore di lavoro che abbia versato una somma per finanziare l’intervento, con riferimento alla somma da lui stesso finanziata, è necessario sia per incentivare il datore di lavoro sia per abbassare il costo dell’intervento.

L’aliquota quindi dovrà essere compresa tra il 36 e il 40%, tale cioè da consentire al datore di lavoro di ottenere un risparmio fiscale pari a circa il 15-16% della somma finanziata e al soggetto operatore di restituire, al datore di lavoro, la somma ridotta di circa il 20%.

2. Effetti senza credito d’imposta

Con la normativa fiscale attualmente in vigore, che non prevede alcun risparmio fiscale per i datori di lavoro che decidessero di finanziare interventi di questo tipo, la conseguenza più probabile è quella della restituzione totale, al datore di lavoro, della somma finanziata dal medesimo, necessariamente senza interessi e pertanto si deve considerare un canone con valori medi superiori del 7% circa a quelli riportati nelle tabelle.

3. Vantaggi derivanti dal concorso dei datori di lavoro al finanziamento degli interventi

Nel caso della locazione permanente, mantenendo invariato il canone, con la stessa quantità di finanziamento pubblico, l’intervento ipotizzato di 12 alloggi può essere ampliato a 15 alloggi e precisamente un alloggio in più per ogni tipologia, A,B,C.

Nel caso della locazione temporanea con futura vendita, mantenendo invariato il canone e con la stessa quantità di finanziamento pubblico, l’intervento ipotizzato di 12 alloggi può essere ampliato a 16 alloggi e precisamente: 1 di tipologia A, 2 di tipologia B e 1di tipologia C.

4. Vantaggi derivanti dalla destinazione a locazione temporanea con futura vendita

Con questa modalità d’intervento è possibile contenere il finanziamento pubblico entro limiti molto ridotti rispetto alla destinazione a locazione permanente, infatti:

 

LOCAZIONE PERMANENTE

 

 

 

 

LOCAZ IONE TEMPORANEA

CON SUCCESSIVA VENDITA

solo contributo pubblico

contributo pubblico e finanziamento dei datori di lavoro

 

solo contributo pubblico

contributo pubblico e finanziamento dei datori di lavoro

50%

 

 

contr. pubblico = 40%

finanz. dat. lav. = 25%

 

 

20%

contr. pubblico = 15%

finanz. dat. lav. = 25%

 

5. Obiettivo di fondo: ridurre nella misura maggiore possibile il costo dell’intervento

Per ridurre sensibilmente il costo dell’intervento, mantenendo a un buon livello la qualità dei materiali utilizzati, è indispensabile il concorso di risorse sotto forma di contributi a fondo perduto o donazioni. Nella generalità dei casi queste risorse, per effetto del trasferimento delle competenze alle regioni, sono rese disponibili dalle regioni stesse, questo però non esclude che anche altri, come per esempio le fondazioni, possano contribuire allo stesso modo. Alcune esperienze interessanti di questo tipo sono in corso a Milano e Bologna e altre, in altre città, sono allo studio.

Un altro elemento indispensabile e insostituibile, anche in questo campo, è la presenza del comune con le proprie risorse e nel suo specifico ruolo di ricerca, unione, valorizzazione e coordinamento di tutte le risorse finanziarie, materiali, ed umane disponibili.

 

 

 

------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

 

 

 

TIPO D’INTERVENTO N. 3) - SIMULAZIONE -

Realizzazione della struttura abitativa da parte del datore di lavoro

Questo tipo di intervento consiste nel prevedere l'attivazione diretta del datore di lavoro, il quale procede a realizzare, oppure ad acquisire, la struttura abitativa da destinare alla locazione.

Al fine di poter meglio valutare il merito della proposta si prende in esame l’ipotetico edificio già considerato in altra simulazione.

L'ipotesi prospettata contempla un costo complessivo così determinato:

Alloggi di tipo A: n. 3 x 101.600.000 = 304.800.000

Alloggi di tipo B: n. 6 x 132.600.000 = 795.600.000

Alloggi di tipo C: n. 3 x 154.700.000 = 464.100.000 per un totale di lire 1.564.500.000

Ipotizzando un periodo minimo di vincolo alla locazione di 15 anni, sulla base dell'indicato ammontare relativo alle spese di gestione, il datore di lavoro dovrebbe sostenere ulteriori spese per complessive lire 504.000.000.

Sulla base della proposta formulata, secondo la quale tutti i costi sostenuti dovrebbero trovare integrale deduzione ai fini della determinazione del reddito d'impresa, nonché del valore netto della produzione ai fini dell'Irap, la rilevanza fiscale di detti elementi può essere così riassunta:

 

 

 

ANNO

IMPORTI DEDUCIBILI

Ammortamento

Spese di

Gestione

Spese di

Manutenzione

Parti comuni

Quota ideale di spese per

Manutenzione straordinaria

 

TOTALE

1

93.870.000

9.600.000

12.000.000

12.000.000

127.470.000

2

187.740.000

9.600.000

12.000.000

12.000.000

221.340.000

3

187.740.000

9.600.000

12.000.000

12.000.000

221.340.000

4

93.870.000

9.600.000

12.000.000

12.000.000

127.470.000

5

93.870.000

9.600.000

12.000.000

12.000.000

127.470.000

6

93.870.000

9.600.000

12.000.000

12.000.000

127.470.000

7

93.870.000

9.600.000

12.000.000

12.000.000

127.470.000

8

93.870.000

9.600.000

12.000.000

12.000.000

127.470.000

9

93.870.000

9.600.000

12.000.000

12.000.000

127.470.000

10

93.870.000

9.600.000

12.000.000

12.000.000

127.470.000

11

93.870.000

9.600.000

12.000.000

12.000.000

127.470.000

12

93.870.000

9.600.000

12.000.000

12.000.000

127.470.000

13

93.870.000

9.600.000

12.000.000

12.000.000

127.470.000

14

93.870.000

9.600.000

12.000.000

12.000.000

127.470.000

15

62.580.000

9.600.000

12.000.000

12.000.000

96.180.000

Totali

1.564.500.000

144.000.000

180.000.000

180.000.000

2.068.500.000

Si supponga ora che l'impresa sia una società di capitali, per la quale, in base alle previsioni contenute nella Legge Finanziaria in corso di approvazione, l'aliquota dell'Irpeg sia fissata dal 2003 nella misura del 35%.

Si consideri inoltre l'eventualità che allo scadere del 15° anno, la stessa provveda a cedere le unità immobiliari al prezzo convenzionale, così come previsto nell'ipotesi prospettata, corrispondente al costo iniziale rivalutato dell'1,2 annuo con l'applicazione di un deprezzamento del 5%.

La società conseguirebbe un corrispettivo pari a lire 1.753.804.000, realizzando ai fini fiscali una plusvalenza patrimoniale di pari importo.

Applicando il criterio della non rilevanza agli effetti fiscali di detta plusvalenza, per una quota, ad esempio, del 30%, si realizzerebbero i presupposti per la tassazione di lire 1.227.663.000.

In conclusione, l'impresa realizzatrice della struttura abitativa otterrebbe complessivamente, nei 15 anni, il seguente risultato:

COMPONENTI NEGATIVI

COMPONENTI POSITIVI

Realizzazione struttura

1.564.500.000

Risparmio fiscale 39,25% *

614.066.000

Spese di gestione

144.000.000

Risparmio fiscale 39,25% *

56.250.000

Spese di manutenzione parti comuni

180.000.000

Risparmio fiscale 39,25% *

70.650.000

Spese di manutenzione straordinaria

180.000.000

Risparmio fiscale 39,25% *

70.650.000

Imposte su plusvalenza 39,25% *

481.858.000

Corrispettivo vendita

1.753.804.000

       

Totale

2.550.358.000

Totale

2.565.420.000

* Irpeg 35% + Irap 4,25%

Sulla base del modello prospettato, l'operazione si chiude, in termini nominali, in sostanziale pareggio per l'impresa.

In realtà, essa sopporta un costo, rappresentato dall'onere finanziario dell'operazione, parzialmente alleviato dal risparmio fiscale annuo.

In sostanza, il costo netto dell'operazione, è recuperato solo dopo il decorso dei 15 anni.

Detto onere finanziario potrà trovare la propria contropartita nei canoni di locazione, al netto delle imposte dovute sugli stessi.

Si consideri che su detti canoni sono dovute le imposte Irpeg e Irap, per un ammontare corrispondente al 39,25% degli stessi.

Ipotizzando un rendimento netto del 3% annuo sul costo di costruzione della struttura abitativa, il complesso dei canoni annuali, al netto delle imposte, dovrebbe ammontare a lire 46.935.000. Ne consegue che i canoni lordi dovrebbero ammontare a lire 77.259.000.

Considerando le tipologie di alloggi che compongono la struttura ipotizzata (totale mq. 708), i singoli canoni potrebbero essere così determinati:

Alloggio di tipo A: lire 5.020.000, pari a lire 418.000 mensili

Alloggio di tipo B: lire 6.547.000, pari a lire 545.000 mensili

Alloggio di tipo C: lire 7.639.000, pari a lire 637.000 mensili

(5.020.000 x 3) + (6.547.000 x 6) + (7.639.000 x 3) = 77.259.000

Dicembre 2000 Interpreta srl - Fabrizio Sassi