OSSERVAZIONI SULLA BOZZA DI DOCUMENTO PROGRAMMATICO APPROVATA IL 15/12/2000

 

La bozza di Documento programmatico per il triennio 2001-2003 e' certamente caratterizzata da un'impostazione lungimirante e da un'analisi assai ricca del fenomeno migratorio in Italia.

Non puo', tuttavia, ad un esame attento, non essere rilevata una preoccupante contraddizione tra l'impostazione di fondo e alcune affermazioni contenute nel Capitolo V, relativo alle linee generali per la definizione dei flussi di ingresso nel territorio italiano.

Con la presente nota il Gruppo di Riflessione intende segnalare tali contraddizioni, ma anche suggerire alcuni possibili miglioramenti del Documento - in parte di carattere sostanziale, in parte di carattere metodologico.

 

Flussi per lavoro

1. Nell'analisi della programmazione dei flussi per gli anni 1998-2000 non si fa cenno al Decreto del Ministro del lavoro 8 giugno 2000, relativo all'ingresso di 20000 lavoratori stagionali, quale anticipazione di un successivo DPCM di programmazione dei flussi mai emanato. L'adozione dello stesso Decreto viene definita nel Capitolo V "pienamente rispondente alla richiesta del mercato del lavoro stagionale". Fermo restando che non e' chiaro in base a quale fondamento giuridico sia stato adottato quel Decreto, e' probabilmente vero che fosse pienamente rispondente alle esigenze del mercato. Perche' allora non e' stato tempestivamente adottato un piu' appropriato DPCM che consentisse anche altre modalita' di ingresso? Perche' si insiste a destinare quote rilevanti al mercato stagionale, limitando cosi' le quote relative a rapporti di lavoro di piu' lunga durata, quando si potrebbe lasciare che sia il mercato stesso a definire la ripartizione?

2. La spiegazione piu' ovvia del mancato esaurimento delle quote programmate, per esempio, per il 1998 e 1999 consiste nel fatto che l'unica modalita' di ingresso consentita dai rispettivi decreti di programmazione fosse la chiamata nominativa di un lavoratore ancora residente all'estero. Questa modalita', se privata di una possibilita' di incontro diretto (regolare o irregolare) tra datore di lavoro e lavoratore, e' del tutto inefficace (quando non si consideri il caso di chiamata di lavoratori ad alta specializzazione), come dimostrano dodici anni di applicazione della legge 943 del 1986.

3. L'opportunita' di consentire tale incontro diretto tra domanda e offerta di lavoro e' riconosciuta oggi a tutti i livelli. Si veda, ad esempio, la recente Comunicazione della Commissione europea, in cui si auspica l'istituzione di un visto di ingresso per ricerca di lavoro sul posto; ma si veda anche quanto affermato nella Bozza in esame, nella parte introduttiva del paragrafo "Emigranti economici: la gestione dei flussi di lavoratori extracomunitari". Anche nel Capitolo V, che non appare in linea con il resto della Bozza da questo punto di vista (tanto da auspicare - deprecabilmente - la restrizione dello strumento della sponsorizzazione ai soli paesi con quote riservate), si riconosce come "gli imprenditori cerchino attraverso contatti personali quelle competenze non osservabili direttamente o non desumibili da un curriculum". Dal momento che la legge italiana prevede gli strumenti atti a favorire l'ingresso per ricerca di lavoro, a questa modalita' di ingresso dovrebbe corrispondere il nucleo principale della programmazione dei flussi, sia per la versione "con garante", sia per quella "autogarantita" (art. 23, co. 4, T.U.). A sostegno di questa linea milita l'osservazione che la quota di 15000 sponsorizzazioni prevista dal decreto di programmazione per il 2000 e' andata immediatamente esaurita (precludendo la possibilita' di ingressi "autogarantiti"), a dispetto delle difficolta' incontrate da utenti e amministrazioni in sede di prima applicazione della normativa.

4. L'ingresso "autogarantito" risulta uno strumento imprescindibile per dare una chance di migrazione legale a quanti, privi di elevata qualificazione professionale e di contatti con possibili garanti in Italia, risulterebbero esclusi da qualunque altro canale di ingresso. Una tale chance e' l'unico deterrente efficace rispetto alla prospettiva di una migrazione illegale, ed e' quindi, molto piu' di qualunque strumento repressivo, un'arma poderosa nella lotta contro gli aspetti deteriori dell'immigrazione clandestina.

Oggi, pero', tale strumento risulta praticamente inutilizzabile, non solo per il sottodimensionamento delle quote ammesse per inserimento nel mercato del lavoro (vedi punto precedente), ma anche per la mancata istituzione delle liste di prenotazione nelle Rappresentanze diplomatiche o consolari italiane. Tali liste - da non confondere con quelle previste dall'art. 21 T.U. - devono essere fondate non sulla qualificazione professionale, ma solo sulla anzianita' di iscrizione. Non sono destinate, infatti, ad una immigrazione altamente qualificata, che possa avvalersi dello strumento della chiamata nominativa, ma piuttosto a quel bacino di migranti privi di particolare qualificazione che potrebbero trovare adeguato inserimento nel campo - per esempio - dei servizi alla persona, a condizione di poter fruire di un incontro diretto con il datore di lavoro.

L'aver surrogato, in sede di prima applicazione della normativa, le liste ex art. 23 con quelle istituite, in base all'art. 21, nei Paesi che abbiano stipulato accordi con l'Italia e' cosa da valutare positivamente come esperimento, ma non puo' costituire una soluzione adeguata a regime. Le esperienze relative alle liste definite dal Governo tunisino o a quelle raccolte in collaborazione tra OIM, Ministero del lavoro albanese e Ambasciata italiana a Tirana, seppur interessanti, non risultano caratterizzate, per definizione, e a dispetto della buona volonta' degli attori, dai criteri di trasparenza e pubblicita' stabiliti dall'art. 23. Nell'impossibilita' di dare piena attuazione al dettato della legge (cosa censurabile, a quasi tre anni dalla data di entrata in vigore della legge stessa), sarebbe opportuno istituire una lista centralizzata (presso il Ministero del lavoro, per esempio), alla quale il lavoratore possa accedere, a seguito di una adeguata informazione, per posta o per via telematica.

5. In alternativa al meccanismo dell'ingresso "autogarantito" ex art. 23, co.4, T.U., potrebbe essere positivamente utilizzata la conversione di un permesso di breve durata (ad esempio, per turismo) in un permesso per lavoro, quando risultino soddisfatti i requisiti sostanziali per il rilascio di un tale permesso (certificata opportunita' di lavoro e rispetto del limite stabilito dal decreto di programmazione dei flussi). Tale conversione e' gia' prevista dall'art.5, co.9, T.U., anche se di fatto non e' contemplata dalla prassi vigente. Il Documento programmatico, cosi' come auspica un'applicazione non rigida delle norme sul rinnovo del permesso di soggiorno, potrebbe stimolare una lettura piu' aperta di quella disposizione, anche in virtu' della recente approvazione da parte della Camera dei deputati di una esplicita integrazione, in materia, del Testo unico.

6. Riguardo alle liste basate sull'art. 21, invece, contrariamente a quanto affermato alla fine del paragrafo "Confronto delle analisi con i dati previsionali relativi all'andamento dell'economia italiana", non vi e' alcuna disposizione nel Testo Unico che impedisca che l'attivita' di formazione nei paesi d'origine ad opera di soggetti privati si traduca in una selezione dei lavoratori. Ne' alcuna disposizione obbliga gli imprenditori ad effettuare la propria selezione a valle della "preselezione rappresentata dall'istituzione delle liste di implementazione dell'anagrafe". Il meccanismo di ingresso essendo quello della chiamata nominativa, non puo' essere stabilito alcun limite alle modalita' di selezione adottate dall'imprenditore.

 

Contrasto dell'immigrazione illegale

7. E' discutibilissimo (vedi punti precedenti) che "solo il contenimento dei flussi irregolari … puo' consentire la regolare gestione del fenomeno migratorio" (paragrafo "Centri di permanenza temporanea ed assistenza"). E' quindi estremamente improbabile che si possa avere, come invece auspicato nella Bozza, un coinvolgimento delle forze sociali interessate all'immigrazione nella gestione di tali centri. Una presenza di tali forze puo' invece essere finalizzata alla piena attuazione della la Direttiva del Ministro dell'interno con la quale si e' definita la cosiddetta "Carta dei diritti e dei doveri" relativa ai CPT. Di tale Direttiva, tuttavia, nella Bozza in esame non si fa cenno.

8. I dati relativi agli effettivi rimpatri di stranieri trattenuti nei CPT (prima tabella dell'Appendice 2) inducono a considerare gli stessi CPT sostanzialmente inutili, a meno che non sia dimostrato che l'esigua percentuale di stranieri rimpatriati includa precipuamente i soggetti socialmente pericolosi. Considerazioni e dati al riguardo sarebbero benvenuti.

9. La citata Comunicazione della Commissione europea individua nel rimpatrio volontario lo strumento privilegiato di allontanamento dal territorio del Paesi membri degli stranieri in posizione illegale. Una tale forma di allontanamento non sarebbe gravata da un divieto di reingresso. Sarebbe opportuno che una modifica in tal senso della normativa vigente venisse prospettata dal Documento programmatico, allo stesso modo in cui altre modifiche vengono opportunamente auspicate (es.: la riforma del diritto d'asilo).

10. Non e' chiaro, e sarebbe opportuno spiegarlo, nella nota alla fine del paragrafo citato, a che cosa sia imputabile il passaggio dai CPT di 2422 stranieri "per accertamenti", senza che si sia dato luogo al trattenimento.

11. Un dato di notevole interesse, perche' correlato con il problema dell'efficacia dell'intimazione a lasciare il territorio dello Stato entro quindici giorni, e' costituito dal numero di espulsioni con accompagnamento immediato motivate dalla permanenza dell'intimato oltre il limite dei quindici giorni. Sarebbe opportuna una disaggregazione di tale componente dal dato complessivo.

 

Protezione sociale e contrasto della tratta di esseri umani

12. E' opportuno che siano definite in modo non equivoco le linee cui si ispira la politica di applicazione dell'art. 18. Se il rilascio del permesso deve costituire premio alla collaborazione con la giustizia, non ci si puo' accontentare di un "breve permesso di soggiorno" (paragrafo "Lotta alla tratta degli esseri umani e al traffico dei migranti"), rinnovabile e prorogabile con estrema difficolta'. Si deve piuttosto favorire un pieno inserimento del destinatario della misura e l'eventuale ricongiungimento facilitato, laddove vi sia rischio in patria per l'incolumita' dei familiari.

Se invece il permesso e' da rilasciare senza eccessivo riguardo al livello di collaborazione con la giustizia, e' opportuno che lo strumento non si trasformi in un meccanismo di aggiramento delle norme sui flussi, e che quindi il permesso rilasciato resti finalizzato a un successivo rimpatrio assistito.

In entrambi i casi, l'elemento piu' rilevante alla base della adozione della misura deve restare la necessita', per lo straniero, di sottrarsi alla condizione di pericolo. Non puo' quindi essere considerata conditio sine qua non l'esistenza concreta di un progetto di protezione attuato da uno dei soggetti iscritti nell'apposito albo. Il permesso deve cioe' essere rilasciato anche quando tale progetto non sia localmente disponibile.

13. Dovrebbe essere affermata l'opportunita' di dare piena approvazione della disposizione, recentemente approvata dalla Camera dei deputati, che definisce e sanziona il reato di favoreggiamento del soggiorno (anziche' dell'ingresso) illegale finalizzato allo sfruttamento della prostituzione.

 

Previdenza ed assistenza sociale

14. A dispetto di quanto dichiarato in merito all'equiparazione, stabilita dall'art. 41 del T.U., dello straniero titolare di permesso di soggiorno di durata non inferiore a un anno al cittadino italiano, ai fini della fruizione di tutte le prestazioni di assistenza sociale (paragrafo "Lo stato di realizzazione del modello di integrazione adottato e gli obiettivi prioritari per il futuro"), l'art. 19 della Legge Finanziaria ha limitato ai titolari di carta di soggiorno la possibilita' di fruire di alcune di queste prestazioni. Occorre spiegare questa contraddizione.

 

Trasparenza della Pubblica amministrazione

15. L'intero corpo di circolari ministeriali relative alla condizione dello straniero dovrebbe essere messo a disposizione (almeno su Internet, e in tempo reale) di tutti gli interessati, in modo analogo a quanto fatto ottimamente dal Ministero del lavoro.

16. Dovrebbe essere istituito uno sportello (telematico) al quale possano accedere tutti gli interessati (stranieri, amministrazioni periferiche, associazioni, sindacati, etc.) per ottenere informazioni, proporre quesiti, segnalare abusi o contraddizioni insite nella normativa. Allo sportello dovrebbe corrispondere un'Autorita', con poteri di coordinamento delle amministrazioni interessate, che sia in grado di sollecitare la correzione di comportamenti illegittimi e di proporre in sede politica le opportune riforme legislative.

 

Istruzione

17. A fronte delle difficolta' di comunicazione tra la Scuola e i genitori degli alunni stranieri iscritti in condizioni di soggiorno illegale, dovrebbe essere auspicato un piu' frequente ricorso alla misura prevista dall'art. 31, co. 3, T.U., che consente al Tribunale per i minorenni di autorizzare il soggiorno del genitore, in deroga alle altre disposizioni di legge, laddove questo sia richiesto dalle esigenze di tutela dello sviluppo psicofisico del minore presente in Italia.

18. Sarebbe opportuno, per una migliore conoscenza del fenomeno dell'evasione scolastica, disaggregare dal dato complessivo i dati relativi ai minori in eta' compresa tra i sei e i quattordici anni, come pure registrare i dati relativi alle iscrizioni "con riserva" dei minori in posizione di soggiorno illegale.

 

Universita' e professioni

19. Devono assolutamente essere corrette le disposizioni adottate con nota del MURST del 26/10/2000, in base alle quali l'accesso ai corsi di specializzazione medica di cittadini non comunitari sarebbe consentito solo in relazione a posti in soprannumero (a differenza, ad esempio, dei cittadini comunitari, che concorrono ai posti ordinari, a parita' di condizioni con i cittadini italiani).

La norma cui fa riferimento - erroneamente - la nota del MURST e' l'art. 1, comma 7, della legge 4/99, che prevede la possibilita' che le scuole di specializzazione mediche ammettano - in soprannumero, appunto - stranieri non comunitari dotati di borsa di studio del Governo del proprio Paese.

Mentre questa disposizione non contraddice il Testo unico sull'immigrazione e il suo Regolamento di attuazione, giacche' non esclude che sia consentito l'accesso in altri casi e ad altre condizioni, la nota del MURST va contro l'art. 39, co. 5, T.U., che consente l'accesso ai corsi universitari, a parita' di condizioni con i cittadini italiani, a tutti gli stranieri titolari di determinati permessi di soggiorno ovvero regolarmente soggiornanti in Italia e in possesso di titolo di studio conseguito o riconosciuto in Italia. I corsi in questione non sono solo quelli di laurea, ma - come chiarito dal comma 2 dello stesso art. 39 - tutti i corsi universitari di cui all'art. 1 della legge 341/90. Sono cioe' inclusi i corsi di specializzazione.

Questa impostazione, che consente l'accesso (a parita' con i cittadini italiani) ai corsi di specializzazione per lo straniero soggiornante in Italia nelle condizioni appena menzionate, si ritrova - per inciso - nelle disposizioni sulle immatricolazioni di studenti stranieri diramate dallo stesso MURST in data 8/6/2000 (Prot. 2612). In quell'ambito, pero', viene trattato, per quanto riguarda le scuole di specializzazione, solo il caso delle scuole non mediche.

La nota MURST del 26/10/200 sembra colmare la lacuna, in un modo, pero' che contraddice la disposizione del Testo unico, richiedendo, anche allo straniero di cui al comma 5 dell'art. 39 del Testo unico, di dimostrare la disponibilita' di borsa di studio del proprio Governo.

20. Dovrebbero essere facilitate le procedure per il riconoscimento dei tioli professionali, soprattutto in vista della possibilita' di ingressi, condizionati a tale riconoscimento, di infermieri professionali.