Att.ne Redazione Interni

 

 

 

NAUFRAGIO NEL CANALE DI SICILIA: FRISULLO (SENZACONFINE):

TUTTO ERA NOTO AL GOVERNO PRODI GIA' QUATTRO ANNI FA

 

 

 

In riferimento alla vicenda del tragico naufragio di Natale del '96, e al programma di Rai3 "Elmo di Scipio" in onda ieri e oggi, Dino Frisullo, segretario di Senzaconfine, ha dichiarato:

 

"Ciò che hanno raccontato la sen. De Zulueta e la Ps di Reggio Calabria è frutto di un'inchiesta avviata in Grecia e in Italia, all'indomani del naufragio, dai familiari delle vittime pakistane, insieme alla Rete antirazzista ed a Senzaconfine.

Un dossier, poi pubblicato nel n.9/'97 del mensile "Narcomafie" del Gruppo Abele, fu consegnato all'inizio del '98 agli inquirenti reggini, all'allora Capo della polizia Masone, a diversi parlamentari fra cui De Zulueta, e per il governo ai sottosegretari Sinisi (Interno) e Toia (Esteri) e al premier Prodi.

Conteneva l'individuazione precisa del tratto di mare in cui poi "Repubblica" ha individuato il relitto, la storia dell'odissea che condusse al naufragio, e centinaia di nomi: l'intero organigramma della mafia turca, greca, pakistana e maltese organizzatrice di quello e molti altri trasporti.

Conducemmo anche due superstiti a deporre alla Procura di Reggio Calabria ed a riconoscere la Yohan e, nelle foto, il suo capitano, latitante allora come oggi. Furono queste testimonianze ad avviare l'istruttoria poi in parte trasferita a Siracusa, e trascinatasi stancamente fino ad oggi.

E' importante rilevare che furono gli immigrati stessi, a cominciare dal presidente della Comunità pakistana in Italia Shabir Khan e dal rappresentante delle famiglie (padre di una delle vittime) Zabiullah, a rompere l'omertà e denunciare i trafficanti assassini e i loro mandanti (indisturbati titolari di agenzie ad Istanbul, Atene e Karachi), chiedendo non solo il recupero del relitto e delle salme, ma una nuova politica dell'immigrazione e dell'asilo che prevenisse altre tragedie offrendo un'alternativa ai trafficanti.

Fra l'altro molti dei naufraghi non erano "clandestini", ma avevano la ricevuta della richiesta di soggiorno in Italia, le cui lungaggini, a fronte di lutti familiari, li costrinsero a rimpatriare e ritornare in quel modo.

Fra pochi giorni Zabiullah e il giovane testimone Shaqoor torneranno dal Pakistan, e insieme ai compagni di sventura srilankesi e indiani chiederanno conto alla magistratura e soprattutto ai politici italiani di quattro anni di silenzio e di omissione. Chiederemo che riemergano gli scheletri non solo dal mare, ma dagli armadi di tutti coloro che avrebbero dovuto muoversi e non vollero".

 

Roma, 25.6.01