326  COMUNICATO sul DIRITTO al RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE

 

IL DIRITTO DEGLI STRANIERI A VIVERE IN FAMIGLIA

RIMESSO IN DISCUSSIONE DALL’UNIONE EUROPEA?

 

Conformemente alle conclusioni del Consiglio europeo tenutosi a Tampere, volte a “ fare dell’Unione Europea uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia ” (…) “ fondato sui diritti umani ”, che affermavano che sarebbe “ contrario alle tradizioni europee negare questa libertà a coloro che spinti dalle circostanze chiedono legittimamente di poter accedere al nostro territorio ”, e che mirano ad “ assicurare un trattamento equo alle persone originarie da paesi terzi che risiedono legalmente sul territorio degli Stati membri ”, la Commissione Europea ha elaborato una proposta di direttiva sul diritto al Ricongiungimento familiare le cui disposizioni essenziali sono state approvate dal Parlamento Europeo.

 

Spetta ora al Consiglio dell’Unione approvare questa direttiva per permettere a ciascun Stato di dotarsi di una legislazione nazionale sul ricongiungimento delle famiglie straniere che rispetti i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali nel quadro di una politica di immigrazione e di asilo comune agli Stati europei.

 

Sembra tuttavia che alcuni governi dell’Unione, protetti dal segreto delle deliberazioni intergovernative, vogliano portare modifiche importanti alle disposizioni proposte dalla Commissione e approvate dal Parlamento.

 

In particolare si proporrebbe:

-       di prolungare ad oltre un anno il tempo di attesa richiesto prima di autorizzare i cittadini di Stati terzi a chiedere il ricongiungimento delle loro famiglie ;

-       di limitare le categorie dei membri della famiglia autorizzati a beneficiare del ricongiungimento (esclusione degli ascendenti, delle coppie non sposate, dei figli maggiorenni a carico) ;

-       di non riconoscere ai membri della famiglia il diritto al lavoro fin dal momento del loro arrivo ;

-       di autorizzare gli Stati, nei due anni successivi al ricongiungimento, a ritirare il permesso di soggiorno ai membri delle famiglie ricongiunte, qualora le condizioni richieste fossero venute meno.

 

Ravvisiamo in queste proposte da parte di alcuni governi la volontà di perseguire una politica di precarizzazione degli immigrati regolarmente residenti nello spazio dell’Unione. Ora, questa politica non solo ha già mostrato la sua totale inefficacia per quanto riguarda il controllo dei flussi migratori, ma ha anche provocato evidenti e gravi effetti perversi: aumento degli ingressi illegali (nelle situazioni in cui il ricongiungimento diventa urgente e necessario) e separazioni forzatamente disumane o incentivazione a entrare in clandestinità (se il permesso di soggiorno viene revocato proprio quando la famiglia è provata dalla disoccupazione o dalla malattia). Tutto questo comporta costi umani, economici e sociali assurdi e intollerabili per società che si vogliono fondate sul rispetto dei diritti umani.

 

Affermiamo con forza che i migranti regolarmente presenti nei nostri paesi non devono essere discriminati nel diritto fondamentale di formare una famiglia, di vivere con essa e di esercitare la loro responsabilità verso quei membri della propria famiglia che da loro dipendono. Se le modifiche chieste da alcuni Stati venissero adottate, il diritto a vivere in famiglia verrebbe ad essere deliberatamente e gravemente violato.

 

Coordinamento europeo per il diritto degli stranieri a vivere in famiglia

Organismo che mobilita alcune centinaia di associazioni del movimento familiare, dei migranti,

di difesa dei diritti umani e di solidarietà

(coordeurop@skynet.be)