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COMUNICATO sul DIRITTO al RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE
IL DIRITTO DEGLI STRANIERI A
VIVERE IN FAMIGLIA
RIMESSO IN DISCUSSIONE
DALL’UNIONE EUROPEA?
Conformemente alle conclusioni del
Consiglio europeo tenutosi a Tampere, volte a “ fare
dell’Unione Europea uno spazio di libertà, di sicurezza e di
giustizia ” (…) “ fondato sui diritti
umani ”, che affermavano che sarebbe “ contrario alle
tradizioni europee negare questa libertà a coloro che spinti dalle
circostanze chiedono legittimamente di poter accedere al nostro
territorio ”, e che mirano ad “ assicurare un trattamento
equo alle persone originarie da paesi terzi che risiedono legalmente sul
territorio degli Stati membri ”, la Commissione Europea ha elaborato
una proposta di direttiva sul diritto al Ricongiungimento familiare le cui
disposizioni essenziali sono state approvate dal Parlamento Europeo.
Spetta ora al Consiglio
dell’Unione approvare questa direttiva per permettere a ciascun Stato di
dotarsi di una legislazione nazionale sul ricongiungimento delle famiglie
straniere che rispetti i diritti dell’uomo e le libertà
fondamentali nel quadro di una politica di immigrazione e di asilo comune agli
Stati europei.
Sembra tuttavia che alcuni governi
dell’Unione, protetti dal segreto delle deliberazioni intergovernative,
vogliano portare modifiche importanti alle disposizioni proposte dalla
Commissione e approvate dal Parlamento.
In particolare si proporrebbe:
-
di prolungare ad oltre un anno il tempo di attesa richiesto prima di
autorizzare i cittadini di Stati terzi a chiedere il ricongiungimento delle
loro famiglie ;
-
di limitare le categorie dei membri della famiglia autorizzati a
beneficiare del ricongiungimento (esclusione degli ascendenti, delle coppie non
sposate, dei figli maggiorenni a carico) ;
-
di non riconoscere ai membri della famiglia il diritto al lavoro fin dal
momento del loro arrivo ;
-
di autorizzare gli Stati, nei due anni successivi al ricongiungimento, a
ritirare il permesso di soggiorno ai membri delle famiglie ricongiunte, qualora
le condizioni richieste fossero venute meno.
Ravvisiamo in queste proposte da parte di alcuni governi la volontà di perseguire una politica di precarizzazione degli immigrati regolarmente residenti nello spazio dell’Unione. Ora, questa politica non solo ha già mostrato la sua totale inefficacia per quanto riguarda il controllo dei flussi migratori, ma ha anche provocato evidenti e gravi effetti perversi: aumento degli ingressi illegali (nelle situazioni in cui il ricongiungimento diventa urgente e necessario) e separazioni forzatamente disumane o incentivazione a entrare in clandestinità (se il permesso di soggiorno viene revocato proprio quando la famiglia è provata dalla disoccupazione o dalla malattia). Tutto questo comporta costi umani, economici e sociali assurdi e intollerabili per società che si vogliono fondate sul rispetto dei diritti umani.
Affermiamo con forza che i migranti
regolarmente presenti nei nostri paesi non devono essere discriminati nel
diritto fondamentale di formare una famiglia, di vivere con essa e di
esercitare la loro responsabilità verso quei membri della propria
famiglia che da loro dipendono. Se le modifiche chieste da alcuni Stati
venissero adottate, il diritto a vivere in famiglia verrebbe ad essere
deliberatamente e gravemente violato.