Text Box:  NOTA ALLA STAMPA

 

Roma, 25 luglio 2001

 

I cinquant’anni della

Convenzione di Ginevra

relativa allo status dei rifugiati

 

Il prossimo 28 luglio ricorre il cinquantesimo anniversario della Convenzione di Ginevra, a tutt’oggi il principale strumento giuridico relativo alla protezione e all’assistenza dei rifugiati, a disposizione della comunità internazionale. Il 28 luglio del 1951, una conferenza speciale dell’ONU approvò la Convenzione relativa allo Status dei Rifugiati. La Convenzione detta in chiare lettere chi può essere considerato un rifugiato e le forme di protezione legale, altra assistenza e diritti sociali che il rifugiato dovrebbe ricevere dagli stati aderenti al documento. Al contempo, la Convenzione definisce anche gli obblighi del rifugiato nei confronti dei governi ospitanti e alcune categorie di persone, ad esempio i criminali di guerra, che non possono accedere allo status di rifugiati.

 

Alcuni mesi prima dell’approvazione della Convenzione, il 1° gennaio 1951, aveva cominciato ad operare l’appena costituito Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR). Nei decenni che seguirono la Convenzione è rimasta il pilastro normativo sul quale si è basata l’opera intrapresa dall’agenzia per assistere e proteggere circa 50 milioni di rifugiati.

 

Questo primo strumento era inizialmente limitato a proteggere i rifugiati perlopiù europei provocati dalla seconda guerra mondiale, ma un Protocollo del 1967 ne ha esteso il raggio d’azione sulla spinta delle dimensioni globali assunte dal problema dello sradicamento delle popolazioni. Il documento originario ha anche ispirato la stesura di strumenti regionali quali la Convenzione Africana sui Rifugiati del 1969 e la Dichiarazione di Cartagena del 1984 nell’ambito dell’America Latina.

 

Complessivamente, sono 140 gli Stati che hanno aderito ad uno o ambedue gli strumenti normativi dell’ONU. Ma con il mutare delle tendenze globali della migrazione e con l’aumento drammatico dei flussi di popolazione verificatisi negli ultimi anni sono emersi alcuni dubbi sull’attualità ed efficacia della Convenzione del 1951, in particolar modo in Europa, per ironia della sorte il luogo di nascita della stessa Convenzione.

 

L’UNHCR attualmente assiste oltre 21 milioni di persone e la Convenzione, che si è dimostrata eccezionalmente flessibile di fronte ad un mondo in rapida evoluzione, continua ad essere l’architrave dell’attività di protezione dei rifugiati. 

 

 

La Convenzione del 1951 relativa allo Status dei Rifugiati e il Protocollo del 1967

 

Data di entrata in vigore: 22 aprile 1954 (Convenzione), 4 ottobre 1967 (Protocollo)

 

Al 1° maggio 2001:

Numero complessivo di Stati aderenti alla Convenzione del 1951: 137

Numero complessivo di Stati aderenti al Protocollo del 1967: 136

Stati aderenti sia alla Convenzione che al Protocollo: 133

Stati aderenti ad uno o ad ambedue gli strumenti: 140

Stati aderenti alla sola Convenzione del 1951: Madagascar, Monaco, Namibia, S. Vincent e Grenadine

Stati aderenti al solo Protocollo del 1967: Capo Verde, Stati Uniti d’America e Venezuela

 

 

I 140 stati aderenti alla Convenzione del 1951 e/o al Protocollo del 1967

relativi allo status dei rifugiati (al 1° maggio 2001)

 

 



Albania

Algeria

Angola

Antigua e Barbuda

Argentina

Armenia

Australia

Austria

Azerbaigian

Bahamas

Belgio

Belize

Benin

Bolivia

Bosnia-Erzegovina

Botswana

Brasile

Bulgaria

Burkina Faso

Burundi

Cambogia

Camerun

Canada

Capo Verde

Ciad

Cile

Cina

Colombia

Congo

Corea (Rep. di)

Costa Rica

Costa d’Avorio

Croazia

Cipro

Danimarca

Dominica

Ecuador

Egitto

El Salvador

Estonia

Etiopia

Federazione Russa

Figi

Filippine

Finlandia

Francia

Gabon

Gambia

Georgia

Germania

Ghana

Giamaica

Giappone

Gibuti

Grecia

Guatemala

Guinea

Guinea-Bissau

Guinea Equatoriale

Haiti

Honduras

Islanda

Iran (Rep. Islamica dell’)

Irlanda

Isole Salomone

Israele

Italia

Jugoslavia

Kazakistan

Kenya

Kirghizistan

Lettonia

Lesotho

Liberia

Liechtenstein

Lituania

Lussemburgo

Macedonia (Rep. ex Jug. di)

Madagascar

Malawi

Mali

Malta

Mauritania

Messico

Monaco

Marocco

Mozambico

Namibia

Nuova Zelanda

Nicaragua

Niger

Nigeria

Norvegia

Paesi Bassi

Panama

Papua Nuova Guinea

Paraguay

Perù

Polonia

Portogallo

Regno Unito

Repubblica Ceca

Repubblica Centrafricana

Rep. Dem. del Congo

Rep. Dominicana

Romania

Ruanda

Saint Vincent e Grenadine

Samoa

Santa Sede

Sao Tomé e Principe

Senegal

Seychelles

Sierra Leone

Slovacchia

Slovenia

Somalia

Spagna

Stati Uniti d’America

Sudafrica

Sudan

Suriname

Svezia

Svizzera

Swaziland

Tagikistan

Tanzania (Rep. Unita di)

Togo

Trinidad e Tobago

Tunisia

Turchia

Turkmenistan

Tuvalu

Uganda

Ungheria

Uruguay

Venezuela

Yemen

Zambia

Zimbabwe

 


 


Domande & risposte

 

Cosa è contenuto nella Convenzione del 1951?

La Convenzione fornisce una definizione del termine ‘rifugiato’, elenca i diritti dei rifugiati, comprese le libertà di religione e di movimento, il diritto al lavoro, all’istruzione all’accesso a documenti di viaggio, ma stabilisce anche gli obblighi dei rifugiati nei confronti del paese ospitante. Un postulato chiave stabilisce che i rifugiati non possono essere rimpatriati, il non-refoulement, in un paese dove corrono rischi di persecuzione. Identifica inoltre le persone e i gruppi di persone non coperti dalla Convenzione.

 

Cosa dispone il Protocollo del 1967?

Il Protocollo rimuove le limitazioni temporali e geografiche fissate dal testo originario della Convenzione, che essenzialmente consentiva di fare richiesta per lo status di rifugiato esclusivamente ai cittadini europei coinvolti in eventi antecedenti il 1° gennaio 1951.

 

Chi è un rifugiato?

L’Articolo 1 della Convenzione definisce rifugiato colui che “temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori dal paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo paese; oppure che, non avendo una cittadinanza e trovandosi fuori dal paese in cui aveva residenza abituale a seguito di siffatti avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra”.

 

Cos’è la protezione?

I governi sono responsabili di imporre l’osservanza della legge. Quando non sono in grado o non sono disponibili a far ciò, situazione che solitamente si verifica durante i conflitti e le guerre civili, le persone che si vedono minacciate nei propri diritti umani abbandonano le proprie case, spesso per recarsi in un altro paese dove potranno essere classificate come rifugiati ed avere salvaguardati i propri diritti fondamentali.

 

Chi protegge i rifugiati?

I paesi ospitanti sono i principali responsabili della protezione dei rifugiati ed i 140 firmatari della Convenzione e/o del Protocollo sono obbligati a rispettarne il disposto. L’UNHCR esercita una funzione di controllo su questi obblighi ed interviene, se necessario, per garantire che i veri rifugiati ottengano l’asilo e non vengano rimpatriati forzatamente in paesi dove le loro vite potrebbero essere a rischio. L’agenzia cerca anche di assistere i rifugiati a ricostruirsi una nuova vita, sia attraverso l’integrazione locale, che il ritorno volontario nella propria terra natale o, se questo dovesse essere impossibile, attraverso il loro reinsediamento in un paese terzo.

 

Quali sono gli obblighi del rifugiato?

Ai rifugiati è richiesto il rispetto delle leggi e delle regole dei propri paesi d’asilo.

 

La Convenzione mantiene la propria rilevanza nel nuovo millennio?

Sì. E’ stata originariamente adottata per affrontare le conseguenze della seconda guerra mondiale in Europa e le crescenti tensioni politiche est-ovest. Ma anche se la natura dei conflitti e le tendenze migratorie sono cambiate nei decenni successivi, la Convenzione ha dato prova di una notevole resistenza nell’assistere nella protezione di circa 50 milioni di persone venutesi a trovare nelle condizioni più disparate. Finché esisteranno le persecuzioni di persone e gruppi di popolazione la Convenzione continuerà ad essere necessaria.

 

Qual è la differenza tra rifugiati e migranti economici?

Un migrante economico generalmente abbandona un paese volontariamente per cercare una vita migliore. Dovesse decidere di tornare in patria continuerebbe ad usufruire della protezione del proprio governo. I rifugiati fuggono a causa di minacce di persecuzione e non possono tornare in sicurezza alle proprie case nelle circostanze allo stato dei fatti.

 

La Convenzione serve a regolare i movimenti migratori?

No. Milioni di migranti economici e di altro tipo hanno beneficiato dei progressi nelle comunicazioni degli ultimi decenni per cercare di una nuova vita migliore in altri paesi, perlopiù occidentali. Tuttavia non vanno confusi, come a volte avviene, con i veri rifugiati che fuggono da persecuzioni che minacciano le loro vite, e non da mere difficoltà economiche. Le moderne tendenze migratorie possono essere estremamente complesse e fondere migranti economici, rifugiati ed altre persone. I governi affrontano un compito molto difficile nel distinguere tra i diversi gruppi e trattare i rifugiati nel modo appropriato attraverso procedure di asilo eque e certe.

 

La Convenzione copre anche gli sfollati interni?

Non specificamente. I rifugiati sono persone che hanno attraversato una frontiera internazionale per entrare in un secondo paese alla ricerca di un rifugio. Le persone sfollate internamente (Internally Displaced Persons, IDPs) sono fuggite per ragioni analoghe, ma rimangono all’interno del proprio territorio e sono quindi ancora soggette alle leggi di quello stato. In alcune crisi specifiche l’UNHCR assiste milioni di sfollati interni, ma non tutti i circa 20-25 milioni stimati nel mondo. Un ampio dibattito internazionale è attualmente in corso su come meglio proteggere e da chi far proteggere questa categoria di persone sradicate.  

 

Un paese firmatario della Convenzione è tenuto a concedere asilo permanente a tutti i rifugiati?

La Convenzione non fornisce una protezione automatica o permanente. Vi saranno situazioni in cui i rifugiati saranno permanentemente integrati nel proprio paese d’asilo, ma può anche succedere che una persona cessi di essere un rifugiato quando le basi sulle quali è stato concesso lo status di rifugiato cessano di esistere. Il rimpatrio volontario dei rifugiati nei propri paesi d’origine è la soluzione ‘preferita’ dall’UNHCR, ma solo quando le condizioni nello stato consentono un ritorno in condizioni di sicurezza.

 

Chi non rientra nell’ambito della Convenzione?

Le persone che hanno commesso crimini contro la pace, crimini di guerra, crimini contro l’umanità o gravi crimini di natura non politica al di fuori del paese dove viene chiesto rifugio.

 

Può un soldato essere un rifugiato?

Il rifugiato è per definizione un civile. Ex soldati possono essere qualificati come rifugiati, ad esempio, ma una persona che continua a prendere parte ad attività militari non può essere presa in considerazione per la concessione dell’asilo.

 

Possono i paesi non aderenti alla Convenzione negare l’ingresso ai richiedenti asilo?

Il principio del non-refoulement – il divieto del rimpatrio forzato di persone dove queste rischiano persecuzioni - rientra nell’ambito del diritto internazionale consuetudinario ed è vincolante per tutti i paesi. Nessun governo può quindi espellere una persona in tali circostanze.

 

Cos’è la protezione temporanea?

Le nazioni a volte offrono protezione temporanea quando devono gestire un improvviso afflusso di persone, come avvenne durante il conflitto nell’ex Jugoslavia nei primi anni ‘90, che rischia di travolgere i propri normali sistemi di asilo. In queste circostanze le persone possono essere celermente ammesse in paesi sicuri, ma senza alcuna garanzia di asilo permanente. Quindi la protezione temporanea può operare a vantaggio sia dei governi che dei richiedenti asilo in circostanze specifiche. Ma si tratta di uno strumento che si aggiunge, e non si sostituisce, alle più generali misure di protezione offerte dalla Convenzione, tra cui l’asilo per i rifugiati.

 

L’adesione alla Convenzione mina la sovranità dello stato? 

La sovranità non è mai assoluta. Le relazioni internazionali impongono un livello ragionevole ed accettabile di compromesso. Gli strumenti a favore dei rifugiati conciliano gli interessi dello stato con l’esigenza della protezione. La concessione dell’asilo, ad esempio, non è parte integrante degli strumenti a favore dei rifugiati, ma viene lasciata alla discrezione dei singoli governi. 

 

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UNHCR

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