Desta preoccupazione la decisione del Ministero del lavoro, annunciata dagli organi di stampa in questi giorni, di escludere dalla ripartizione delle quote previste dal decreto di programmazione dei flussi migratori le province di diverse regioni del meridione. In attesa della pubblicazione del testo della circolare approntata dal Sottosegretario Guerrini, la cui lettura consentira’ di valutare se tale esclusione sia assoluta o se riguardi solo il lavoro stagionale, occorre far notare come una tale esclusione, apparentemente motivata dagli alti tassi di disoccupazione presenti in quelle regioni, danneggi, in realta’, il disoccupato italiano.

 

A dispetto, infatti, dell’enfasi retorica con cui spesso viene presentata dalle forze politiche la programmazione dei flussi, la previsione di quote di ingressi per lavoro riguarda per la stragrande maggioranza lavoratori che sono gia’ presenti in Italia, occupati in nero. La loro presenza, lungi dall’essere segno di una perversa volonta’ di violazione delle leggi, e’ resa necessaria dall’impossibilita’ di conquistare per altra via la fiducia di un imprenditore, indispensabile per la costituzione del rapporto di lavoro.

 

Una volta pubblicato il decreto di programmazione dei flussi, gli imprenditori intenzionati a regolarizzare i rapporti di lavoro venutisi cosi’ a creare, intraprendono la procedura di richiesta di autorizzazione al lavoro come se il lavoratore fosse ancora residente all’estero. Una volta ottenuta l’autorizzazione, il lavoratore torna temporaneamente in patria, rientrando successivamente in Italia munito di visto di ingresso per lavoro.

 

Naturalmente, questa procedura all’italiana potrebbe essere evitata se si desse maggiore spazio a strumenti alternativi che consentono al lavoratore straniero di cercare legalmente lavoro in Italia. Tuttavia, i posti riservati agli ingressi per “sponsorizzazione” (ingresso tutelato da un garante) sono, anche per il 2001, solo quindicimila, e andranno esauriti verosimilmente nel giro di un paio di giorni; l’ingresso per “auto-sponsorizzazione”, poi, per il lavoratore che dimostra di sapersi mantenere da se’, e’ ancora impraticabile, a piu’ di tre anni dall’enrata in vigore della legge, per la mancata istituzione di liste di prenotazione nei consolati italiani.

 

In un contesto del genere, negare ad alcne province la possibilita’ di utilizzazione del decreto flussi, sia pure con la modalita’ all’italiana, significa costringere lavoratore e imprenditore a mantenere il carattere illegale del rapporto di lavoro, dando luogo a una condizione di concorrenza sleale nei confronti del disoccupato italiano, certamente peggiore del male che si vuole evitare.

 

Sergio Briguglio

(Gruppo di Riflessione dell’Area Religiosa)