Prego il Signore che mi faccia morire

 

 

“Voi mi chiedete se sto bene, ed io vi dico di no. Adesso voglio che voi mi chiediate perché non sto bene ”.

 

Così ci ha accolto Avdì, un anziano di 72 anni, oggi pomeriggio quando siamo andati a trovarlo con Ettore e Jakup (coordinatore di Caritas Kosova).

“Come posso stare bene- ha continuato con una voce commovente, - mi hanno bruciato la casa, mi è morta la moglie, non mi è rimasto più nulla, neanche un soldo per un pezzo di pane. È meglio che muoia, così finiscono tutte le mie sofferenze. Prego sempre Dio di farmi morire, non posso continuare a sopportare tutto questo all’età di 72 anni.”

Avdì vive in un posto misero, che si chiama “alle baracche”. Abbiamo incontrato oggi anche le altre famiglie che vivono li, ma Avdì sembrava il più disperato di tutti. Come una “vox clamantis in deserto”, aveva bisogno di essere ascoltato, di sfogare tutta l’angoscia che teneva dentro.

Vive in una stanza delle baracche. Veramente non credo che si possa chiamare stanza: un tugurio con un tappetino sporco per terra ed in un angolo un giaciglio, dove la sera il povero Avdì faceva riposare le sue membra stanche. Sul muro, in un sacchetto di plastica attaccato su un chiodo, era un pezzo di pane. Mi ha raccontato che l’aveva diviso a metà, quella era la sua cena. Il pane glielo aveva dato uno degli ex-soldati d’UÇPMB (Esercito Liberatorio di Preshevo, Medvexha e Bujanovc) – che dopo aver consegnato le armi vivono in condizioni disagiate nei container vicino alle baracche.

Avdì e gli altri mangiavano nella mensa del comune fino ad un mese fa, adesso hanno interrotto i pasti per loro; non sono riuscita a capire come vivono. Ogni tanto un po’ di cibo da qualche organizzazione, ma niente di serio. Nessuno delle persone che abitano alle baracche lavora. Avdì non ha una pensione. Il comune aveva “lavato le mani” sostenendogli che aveva il figlio che si poteva occupare di lui.

Avdì però era triste e disperato. Il figlio l’aveva abbandonato, gli aveva detto “papà arrangiati” ed era andato ad abitare altrove. Era stato un colpo duro per lui, si vedeva che ne soffriva molto. Il capitano di une delle brigate d’UÇPMB, che portava una collana dove era appeso un proiettile, è intervenuto rivoltoso ed ha detto: “Suo figlio ha fatto una cosa vergognosa, solo una pallottola in testa può fargliela pagare”.

Non voleva più vivere Avdì, era stanco della vita che faceva. Erano passati due anni che viveva in quel posto, aveva perso la moglie otto mesi fa, nessuno si prendeva cura di lui, neanche suo figlio. Stanco e disperato, ma protestava. Protestava contro l’ingiustizia della vita, contro la gente che passava a visitarli e faceva promesse che non manteneva, contro gli stessi albanesi, quelli che diventati ricchi, con tanti di ristoranti, alberghi e bar, se ne fregavano del prossimo che aveva bisogno di aiuto. E ripeteva ancora: “Prego il Signore che mi faccia morire, non voglio più vivere questa vita”.