Racconto dal Kurdistan
Sono partita per il Kurdistan
iracheno il 21 dicembre e sono ritornata il 14 gennaio.
Ho trascorso a Sulaymania
l'ultimo del nostro anno e millennio. Per il calendario curdo siamo nel 2699 ed
il 21 marzo (Newroz)) sarà il 2700.
Sono tornata nel nostro 2000 con
tanta amarezza dentro.
Amarezza per la situazione che ho ritrovato laggiù, nell'Iraq del Nord isolato ed inaccessibile, nella "no flying zone", ex giardino dell'Eden ed ora lager dove i Curdi vivono rinchiusi da quando è finita la Guerra del Golfo. Torno dalla terra dove ufficialmente dal '91 non c'è più guerra, protetta ed ispezionata dall'ONU, e da dove centinaia di profughi continuano a fuggire per tentare l’approdo sulle nostre difficili coste. Molti non ce la fanno, gettati in mare dai mercanti di vite, come quel curdo che l'anno scorso di questi tempi fu ritrovato tra le rocce del litorale calabrese, ultima pietra stretta dalle sue mani di giovane scultore. A Sulaymanya ho conosciuto un suo amico che ne piangeva la morte. Qui da noi questa notizia "non merita nemmeno due colonne su un giornale o una musica o parole un po' rimate" come dice una vecchia canzone di Guccini.
Come l'anno scorso anche
quest'anno abbiamo portato un po' di aiuti agli orfani di Duhok, Arbil e Sulaymania
ed ai bambini che vivono nei campi di rifugiati, adottati a distanza dal
Comitato di Solidarietà di Siena, di cui faccio parte. Gocce nel mare,
ma di queste gocce c’è davvero bisogno.
Rifugiati di vecchi e nuovi
esodi di un genocidio non detto. Si tratta dei Curdi che dall'Iraq scapparono
negli anni '80 e '90 dalle persecuzioni di Saddam Hussein, dalle armi chimiche,
dalle distruzioni dei loro
villaggi. Fuggirono allora in Iran ed in Turchia. Molti morirono durante
l'esodo. Finita la guerra sono ritornati e non hanno più trovato le loro
case ed i loro villaggi, rasi al suolo
con sistematicità agghiacciante dai soldati di Saddam. Ora vivono
accampati alle periferie di Duhok, Arbil e Sulamanya.
Ai vecchi rifugiati si aggiungono oggi quelli del nuovo
esodo: si tratta dei Curdi scacciati da Kirkuk, colpevoli di vivere nella
più grande riserva petrolifera del mondo. Scacciati via dalla milizia
irachena che continua la politica di “arabizzazione” di quel
territorio con il consenso degli
ispettori dell'ONU, pagati sui fondi degli aiuti umanitari al Kurdistan
iracheno. Si affollano in tendopoli nelle campagne tra Arbil e Sulaimanya.
Tanti i bambini in questi campi:
vittime dell'embargo perchè iracheni, di discriminazione, perchè
curdi, di emarginazione perchè profughi. E vittime delle mine antiuomo:
più di 18 milioni, per il 90% di produzione italiana (Valmara). Le
trovano nei campi, cercano di aprirle per curiosità, per vedere cosa
c’è dentro, come d'istinto farebbe ogni bambino del mondo e ne
rimangono uccisi o orrendamente mutilati. Centinaia ogni mese le vittime.
Questo mi racconta Susanne, infermiera svedese coordinatrice dei due centri di
riabilitazione di Emergency, mia compagna di viaggio per dodici ore di deserto
siriano. In questi ospedali si curano i sopravvissuti, vengono loro
applicate protesi alle mani ed
alle braccia e si insegna poi come usarle al meglio, come
condurre una vita normale in sedia a rotelle, come continuare a giocare,
lavorare o sognare con un paio di stampelle. Susanne è fiera del lavoro
che svolge per conto di questa organizzazione fondata da un medico italiano
amato in tutto il Kurdistan: Gino Strada.
“Complimenti alla tecnologia italiana”, ci ha
detto Christopher, il responsabile della
NPA (Norwegian People Aid), una delle 3 ONG presenti in Kurdistan per lo
sminamento: “molte di queste mine sono qui dal 1975: non ce n'è
una che non funzioni”!
Ferisce il cuore come un coltello questa frase, sentirla la mattina del primo gennaio del 2000, nell'azzurro
quasi irreale del cielo di
Sulaimanya. Quando nel 1975 l'Italia vendeva mine all'Iraq si sapeva che queste
mine sarebbero state usate per l'etnocidio dei Curdi: la guerra tra Iraq e Iran
cominciò dopo. L’Occidente vendeva mine ed armi chimiche a Saddam
Hussein, per poi dichiarare ufficialmente l’etnocidio dei Curdi un affare
di politica interna irachena, dove non sarebbe stato corretto intervenire.
L'Italia oggi non ha alcun
progetto di cooperazione nel Kurdistan Iracheno, in nessun campo, tantomeno per
lo sminamento. A seguito degli accordi di Ottawa probabilmente la Valmara si
sta riconvertendo e non produce più mine antiuomo. Ma i venti milioni di
mine antiuomo made in Italy continuano a colpire i bambini nei campi di
rifugiati, i figli dei pastori che conducono le greggi al pascolo, i contadini
che seminano il grano. Il responsabile della NPA ci dice anche che nel 2000
il budget per lo sminamento in
Kurdistan verrà ridotto: il Kossovo sembra abbia dirottato molte delle
risorse internazionali, ed il Kurdistan non è più considerato
ufficialmente "zona di emergenza". Anche la solidarietà, si
sa, segue logiche di commercio e va verso i mercati più promettenti.
Purtroppo a risentire del taglio
ai fondi per lo sminamento sono soprattutto le campagne di prevenzione anti mine
che in questi anni MAG e NPA avevano intrapreso nelle scuole: se si decide di
sminare a ritmi sempre più lenti ed assolutamente irrisori (meno di
diecimila mine/anno) insegniamo almeno
ai bambini ed alle persone che ci convivono ogni giorno come salvarsi
dal massacro!
Spero di riuscire ad avere tempo
ed energie sufficienti per promuovere alcune iniziative su questi temi. Vorrei riuscire a dire che queste
cose esistono su questa terra,
anche se TV e giornali non ne parlano, e riguardano il nostro paese
altrettanto da vicino quanto le sfilate di moda, la Luna Rossa e Roberto Baggio
(peraltro amatissimo dai bambini curdi, insieme a Maldini).
Vorrei riuscirlo a fare a nome
di tutti i bambini e la gente che abbiamo incontrato lì, che ci ha
accolto con gioia, offrendoci quel
che poteva per antica usanza dell’ospitalità, con la voglia di cancellare anche se per un
solo momento quella sensazione di assoluto isolamento che oggi devasta
il popolo curdo ancor di più del doppio embargo e delle sue miserie.
Iole Pinto
Comitato Iniziative di Solidarietà verso il popolo Curdo
Via Martiri di Scalvaia 15
– 53100 Siena
La campagna di adozioni a
distanza dei bambini del Kurdistan iracheno condotta dal Comitato di Siena
continuerà nel 2000 con l’adozione degli orfani di Arbil,
Sulaimanya e Duhok. Contiamo sulla solidarietà di voi tutti.
Siena, 24/1/2000