NOTIZIARIO SPECIALE GIOVANI)

   (ANSA) - ROMA, 14 FEB - La Cassazione amplia nettamente il

diritto al ricongiungimento familiare per gli immigrati. La

Suprema Corte ha, infatti, stabilito che non solo gli

extracomunitari che sono in Italia per motivi di lavoro possono

farsi raggiungere da un parente, ma che il 'ricongiunto', una

volta arrivato nel nostro Paese, ha diritto a chiedere l'

ingresso in Italia di un altro familiare.

  In sostanza il ricongiungimento familiare puo' essere

richiesto - come una sorta di catena di Sant' Antonio - anche da

chi e' venuto senza permesso di lavoro ma con il solo permesso

per motivi familiari. Il principio affermato dai supremi giudici

e' nato dal ricorso presentato da una donna marocchina -

Maitnate H., nata nel 1948 - contro il Ministero degli Esteri,

il Ministero dell'Interno e la Corte di Appello di Bologna che

le avevano negato il diritto di poter far venire in Italia la

sua ultima figlia rimasta in Marocco. Maitnate infatti era

venuta in Italia nel maggio '98 con permesso di soggiorno

ottenuto per motivi familiari al fine di ricongiungersi col

figlio Abdelaziz che ha trovato lavoro in Emilia. L'anno

successivo - nel giugno del '99 - la donna presento' a sua volta

domanda di ricongiungimento familiare con la figlia Birdaha

rimasta nel paese d'origine. La Questura di Bologna rilascio' il

nulla osta ma l'Ambasciata d'Italia a Rabat rifiuto' il visto di

ingresso in Italia motivando la decisione col fatto che la

richiedente (ovvero la madre, signora Maitnate) non era

legittimata ad avanzare questa richiesta giacche' aveva un

permesso familiare e non un permesso per motivi di lavoro.     

Ma il Tribunale di Bologna (ottobre '95) annullo' il

provvedimento dell'ambasciata e ordino' di rilasciare il visto

di ingresso dato che ''il rifiuto era ingiustificato perche' chi

ha il permesso di soggiorno per motivi familiari e' posto dalla

legge nelle stesse condizioni del titolare del permesso dovuto a

motivi di lavoro''.     Contro la sentenza del Tribunale insorse

in Ministero dell' Interno sostenendo che ''la legge non

consente alcuna discrezionalita' - il riferimento e' al Testo

unico Turco-Napolitano sull'immigrazione - ne' puo' essere

interpretata mediante aggiunte o integrazioni, mentre l'unita'

familiare va intesa in senso stretto'' limitatamente al possesso

del permesso per motivi di lavoro. E la Corte di Appello di

Bologna (febbraio 2000) accolse l'istanza del Viminale e

confermo' il diniego del visto di ingresso in Italia per la

figlia di Maitnate.

   Adesso contro questa sentenza Maitnate ha avanzato ricorso

innanzi alla Suprema Corte. E i magistrati di legittimita' le

hanno dato ragione e hanno deciso nel merito - come gli e'

consentito in questi casi - confermando il decreto del Tribunale

di Bologna che aveva ordinato di dare il visto a sua figlia per

farla venire in Italia. Sottolinea infatti la Cassazione che le

norme in questione non vanno interpretate ''letteralmente'' ma

con una ''lettura coordinata'' del quadro normativo. Pertanto

''fermo il punto che il legislatore ha inteso consentire il

ricongiungimento come modo per realizzare il diritto all'unita'

familiare non e' ragionevole, e conduce a conseguenze

discriminatorie, riconoscere il diritto a chiedere il

ricongiungimento allo straniero titolare di permesso di

soggiorno, rilasciato per lavoro subordianto o per lavoro

autonomo (ovvero per ASILO, per studio o per motivi religiosi),

e negarlo allo straniero in possesso di permesso di soggiorno

per motivi familiari''.

''In altre parole - sintetizza la Cassazione (n. 1714) - si vuol

dire che i due permessi di soggiorno (per motivi di lavoro o

familiari) attribuiscono facolta' analoghe se non identiche,

onde un trattametno giuridico differenziato non sarebbe neppur

costituzionalmente legittimo''. A suffragio di questo

orientamento i supremi giudici ricordano che la legge

Turco-Napolitano ''concede allo straniero regolarmente

soggiornante in Italia i diritti in materia civile attribuiti al

cittadino italiano, nel cui novero va compreso anche il diritto

all'eguaglianza di trattamento desumibile dall'articolo 3 della

Costituzione (tutti i cittadini hanno pari dignita'

sociale...senza distinzione di sesso, razza...)''.

   Adesso la signora Maitnate potra' farsi raggiungere dalla sua

ultimogenita. E questo e' solo la prima conseguenza di un nuovo

diritto riconosciuto agli immigrati. (ANSA).