GRUPPO DI RIFLESSIONE

di  organismi ed associazioni di ispirazione religiosa attivi nel campo delle migrazioni

 

ACLI

ACSE

ADRA

AGESCI

Caritas Italiana

Comunità di S. Egidio

CSER

Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia

Fondazione Migrantes della CEI

Gruppo Martin Buber - Ebrei per la pace

Jesuit Refugee Service

UCSEI

 

 

 

MATERIA DI IMMIGRAZIONE

Premessa

La recente Comunicazione al Consiglio e al Parlamento europeo su una politica comunitaria in materia di immigrazione rappresenta una tappa di grande rilievo nel percorso di armonizzazione tracciato dal Trattato di Amsterdam. In particolare, è da salutare come novità estremamente positiva l'impostazione della Comunicazione, laddove si sottolinea come la creazione di vie di immigrazione legale effettivamente percorribili sia un elemento fondamentale di una equilibrata politica dell'immigrazione e rappresenti una conditio sine qua non per il contrasto delle forme di immigrazione illegale. In quest'ottica, l'elaborazione di un quadro giuridico comune per l'ammissione di cittadini di paesi terzi - in particolare di coloro che chiedono di entrare nel territorio di uno Stato membro dell'Unione per motivi economici - può costituire il fondamento per la creazione di una siffatta politica. Con questa nota si intende presentare, alla luce dell'esperienza italiana, alcuni elementi che possono contribuire ad una definizione adeguata e lungimirante dei criteri per l'ammissione di migranti economici.

 

 

L'esperienza italiana

La normativa sull'immigrazione per lavoro in Italia ha limitato, per tutti gli anni '90, le possibilità di ingresso legale al caso dei lavoratori assunti previamente da un datore di lavoro. Non consentendo, sul piano formale, un incontro diretto sul territorio italiano tra il datore di lavoro e il lavoratore che rendesse possibile la naturale costituzione di un rapporto di lavoro, questa possibilità di ingresso è stata assai scarsamente sfruttata dagli immigrati, a dispetto del fatto che il mercato del lavoro italiano negli ultimi anni, anche con lo strumento delle regolarizzazioni, ha assorbito contingenti significativi di lavoratori stranieri (nell'ordine delle centomila unità per anno) e che la legge non ponesse limiti superiori al numero di ingressi per lavoro. Ad ogni modo non sono state tutelate sufficientemente le necessità sociali dei lavoratori stranieri. La maggior parte dei lavoratori immigrati sono cosi' pervenuti ad una condizione di soggiorno legale beneficiando di provvedimenti di sanatoria - la regolarizzazione, cioè, di situazioni di soggiorno nate o prolungatesi in condizioni illegali. Molti di coloro che sono entrati in Italia in seguito alla previa assunzione da parte di un datore di lavoro sono prima entrati nel paese irregolarmente in ricerca di un lavoro, reperendo sul posto l'opportunità di impiego che ha consentito loro di fare il successivo ingresso legale, a seguito di un rimpatrio di fatto non ostacolato dalle autorità.

Una stima della percentuale - sul totale - di immigrati oggi regolarmente soggiornanti per lavoro che siano transitati attraverso un soggiorno illegale prima di approdare alla condizione di legalità indicherebbe un numero molto alto.

 

 

L'ingresso sponsorizzato

L'entrata in vigore della nuova legge organica sull'immigrazione e del suo regolamento di attuazione hanno consentito, dall'anno scorso, una nuova modalità di ingresso: l'ingresso "per inserimento nel mercato del lavoro" di un lavoratore per il quale un soggetto legalmente operante in Italia (cittadini italiani o stranieri, enti o associazioni) offra garanzie di mantenimento per un soggiorno di un anno che consenta la ricerca di occupazione sul posto. Questa forma di ingresso è stata considerata con grande interesse, e il tetto massimo fissato dal Governo (invero piuttosto basso: quindicimila unità per l'intero anno 2000) è stato raggiunto in poche settimane. Vi è da dire che, per l'esistenza di un bacino di presenze illegali giacente, e per l'esiguità dei numeri fissati in sede di prima utilizzazione di questo strumento, è da ritenersi che gran parte del contingente sia stato utilizzato da lavoratori stranieri già presenti in Italia, anche in questo caso a seguito di un rimpatrio non intercettato da controlli. Queste condizioni dovrebbero ripetersi per il 2001, dato che - stando almeno alla bozza di decreto di programmazione presentato dal Governo al Parlamento italiano - il tetto non è stato innalzato e il bacino di presenze illegali in Italia si è probabilmente accresciuto negli ultimi dodici mesi (a dispetto di una significativa intensificazione dei controlli alle frontiere).Lo strumento della prestazione di garanzia, se non mortificato dalla definizione di tetti numerici troppo bassi, può certamente dar luogo, per il futuro, a un canale di ingresso percorribile e - quindi - di rilievo per una discreta percentuale di coloro che aspirano a migrare in Italia per lavoro. Tuttavia questo strumento si trova ancora in fase di sperimentazione.

 

È necessario, quindi, allargare il ventaglio di strumenti utilizzabili, per evitare che esistano larghe fasce di migranti "obbligati" a percorrere vie illegali per poter conquistare una posizione legale.

 

 

L'ingresso per ricerca di lavoro autogarantito

La normativa italiana offre, in realtà, uno strumento ulteriore, capace di dare risposta a questo problema; è previsto infatti che, ove il tetto fissato per gli ingressi protetti da sponsor non sia raggiunto in un tempo prefissato (due mesi), possano essere autorizzati ingressi di lavoratori di paesi terzi che siano capaci di garantire da sè il proprio mantenimento nell'anno di ricerca di lavoro. A questo scopo, la legge prevede che il lavoratore debba essere iscritto in "liste di prenotazione" tenute dalle rappresentanze diplomatiche italiane nei paesi di emigrazione, e debba dimostrare di disporre di un ammontare in denaro di poco superiore a metà dell'importo annuale del sussidio sociale (in tutto, circa duemilacinquecento euro).

La definizione di tetti assai limitati per gli ingressi protetti da sponsor e, soprattutto, la mancata istituzione delle liste di prenotazione nelle ambasciate e nei consolati italiani hanno impedito per l'anno 2000 - e, verosimilmente, impediranno per tutto il 2001 - l'utilizzazione di questo meccanismo (che indicheremo nel seguito come "ingresso per ricerca di lavoro autogarantito"). È auspicabile però che in Italia si arrivi presto, quanto meno, ad una sperimentazione in materia, e che la stessa strada sia considerata con interesse in ambito europeo. Questa possibilità di ingresso potrebbe corrispondere, infatti, più di ogni altra alle modalità effettivamente adottate da chi entri e soggiorni illegalmente in Italia, ma è priva, rispetto a tale caso, di molte  caratteristiche negative (elusione delle norme sull'immigrazione e sul lavoro, ricorso ai trafficanti, nascondimento forzato ed esposizione al rischio di contaminazione criminale) che rendono l'immigrazione illegale un problema sociale.


Elementi essenziali per il funzionamento del canale di ingresso per ricerca di lavoro autogarantito sono dunque

a) l'istituzione di una lista di prenotazione accessibile (anche per posta o per via telematica, se questo contribuisce ad evitare forme inutili di burocratizzazione), con graduatoria fondata, più che sul possesso di particolari qualificazioni professionali, sull'anzianità di iscrizione (l'obiettivo è quello di dare chances
anche a un'immigrazione a bassa qualificazione che, altrimenti, sarebbe indotta a percorrere vie illegali);

b) la definizione di requisiti patrimoniali non eccessivamente restrittivi e, in ogni caso, tali da rendere l'ingresso legale più vantaggioso, per il migrante, di un ingresso illegale che faccia ricorso ai servizi dei trafficanti;

c) la definizione di tetti numerici annuali non eccessivamente bassi (chi aspiri a migrare deve veder progredire con ragionevole rapidità la propria posizione in graduatoria; un progresso troppo lento, che faccia presagire un'attesa di molti anni prima che si verifichi la possibilità di ingresso legale, induce, ancora una volta, il lavoratore a tentare le vie illegali) comunque da abbinare a strumenti che garantiscono effettivamente un corretto inserimento sociale.

d) una efficace opera di orientamento del migrante nella fase precaria di ricerca del lavoro.



L'ingresso per breve soggiorno prolungabile

Nell'ipotesi che non si voglia percorrere, in sede europea, la via (attualmente in auge in Italia) della definizione di tetti numerici sugli ingressi, e che si voglia invece lasciare più spazio alle dinamiche di mercato (pur con una adeguata attenzione alle situazioni di tensione sociale anche a causa della mancanza di strutture di accoglienza sufficienti che possono verificarsi), è possibile pensare ad un meccanismo lievemente (ma significativamente) modificato di ingresso per ricerca di lavoro autogarantito.

Il meccanismo in questione potrebbe consistere in un ingresso per breve soggiorno (ad esempio, per sei mesi), condizionato al soddisfacimento dei seguenti criteri:

a) disponibilità di mezzi di sostentamento, proporzionati all'importo del sussidio sociale e alla durata del soggiorno (requisito più facile da dimostrare, per via della breve durata del soggiorno, rispetto a quello descritto al paragrafo precedente);

b) deposito, all'atto dell'ingresso, di un titolo di viaggio per l'eventuale rimpatrio o dell'ammontare in denaro necessario per acquistarlo;

c) rilevamento delle impronte digitali.

Non sarebbe più, invece, rilevante il rispetto di un tetto numerico.

Il cittadino di un paese terzo cosi' ammesso sarebbe autorizzato a cercare lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro, come pure a svolgere attività occasionali di lavoro autonomo (si tratterebbe, per cosi' dire, di una forma di "turismo per lavoro").

L'autorizzazione al soggiorno potrebbe, a richiesta, essere prorogata per un analogo periodo, previa dimostrazione del possesso di mezzi corrispondenti (segno di un certo inserimento nel tessuto economico). Potrebbe poi - ed è il punto più rilevante - essere tramutata in una autorizzazione di lungo periodo (analoga a quella rilasciata a chi faccia oggi ingresso legale per lavoro subordinato o autonomo) in presenza di una opportunità di impiego, ovvero dopo un numero sufficiente di proroghe dell'autorizzazione originale, che testimoni un inserimento adeguato (sia pure frutto di attività autonome o saltuarie).

Il deposito delle impronte digitali e del titolo di viaggio consentirebbe l'immediata identificazione e l'eventuale allontanamento dello straniero che, eluse le disposizioni relative al soggiorno di breve durata, sia sottoposto a successivi controlli.

Un meccanismo di questo genere, pur non potendosi considerare una completa liberalizzazione dei movimenti migratori, corrisponderebbe a un quadro normativo capace di tener conto in modo assai realistico di quanto oggi succede in fatto di immigrazione - spesso a dispetto di normative formalmente restrittive. Resterebbe agli Stati la possibilità di evitare che si creino tensioni intollerabili associate a forme di inserimento eccessivamente precario, mentre certamente verrebbe sottratta alle organizzazioni di trafficanti tutta la porzione di utenza costituita da migranti desiderosi di inserimento in attività economiche lecite.

 

 

 

ACLI

ACSE

ADRA  (Seventh Day Adventist Church)

Caritas Italiana

Comunità di S. Egidio

CSER  (Scalabrinianan Fathers)

Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (FCEI)

Fondazione Migrantes della CEI

Jesuit Refugee Service

UCSEI  (Ufficio Centrale Studenti Esteri in Italia)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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