(Sergio Briguglio 13/3/2001)

 

 

NOTA SULLA COMUNICAZIONE AL CONSIGLIO E AL PARLAMENTO EUROPEO SU UNA POLITICA COMUNITARIA IN

MATERIA DI IMMIGRAZIONE

 

 

Premessa

 

La recente Comunicazione al Consiglio e al Parlamento europeo su una politica comunitaria in materia di immigrazione rappresenta una tappa di grande rilievo nel percorso di armonizzazione tracciato dal Trattato di Amsterdam. In particolare, e' da salutare come novita' estremamente positiva l'impostazione della Comunicazione, laddove si sottolinea come la creazione di vie di immigrazione legale effettivamente percorribili sia un elemento fondamentale di una equilibrata politica dell'immigrazione e rappresenti una conditio sine qua non per il contrasto delle forme di immigrazione illegale.

 

In quest'ottica, l'elaborazione di un quadro giuridico comune per l'ammissione di cittadini di paesi terzi - in particolare di coloro che chiedono di entrare nel territorio di uno Stato membro dell'Unione per motivi economici - puo' costituire il fondamento per la creazione di una siffatta politica.

 

Con questa nota si intende presentare, alla luce dell'esperienza italiana, alcuni elementi che possono contribuire ad una definizione adeguata e lungimirante dei criteri per l'ammissione di migranti economici.

 

 

L'esperienza italiana

 

La normativa sull'immigrazione per lavoro in Italia ha limitato, per tutti gli anni '90, le possibilita' di ingresso legale al caso dei lavoratori assunti previamente da un datore di lavoro. Non consentendo, sul piano formale, un incontro diretto sul territorio italiano tra il datore di lavoro e il lavoratore che rendesse possibile la naturale costituzione di un rapporto di lavoro, questa possibilita' di ingresso e' stata assai scarsamente sfruttata dagli immigrati, a dispetto del fatto che il mercato del lavoro italiano fosse interessato ad assorbire contingenti significativi di lavoratori stranieri (nell'ordine delle centomila unita' per anno) e che la legge non ponesse limiti superiori al numero di ingressi per lavoro.

 

La maggior parte dei lavoratori immigrati sono cosi' pervenuti ad una condizione di soggiorno legale beneficiando di provvedimenti di sanatoria - la regolarizzazione, cioe', di situazioni di soggiorno nate o prolungatesi in condizioni illegali. Anche coloro che formalmente sono entrati in Italia in seguito alla previa assunzione da parte di un datore di lavoro hanno trascorso, nella maggior parte dei casi, un periodo di soggiorno illegale, reperendo sul posto l'opportunita' di impiego che ha consentito loro di fare il successivo ingresso legale, a seguito di un rimpatrio di fatto non ostacolato dalle autorita’.

 

Una stima della percentuale - sul totale -  di immigrati oggi regolarmente soggiornanti per lavoro che siano transitati attraverso un soggiorno illegale prima di approdare alla condizione di legalita' indicherebbe un valore non inferiore all'ottanta per cento.

 

 

L'ingresso sponsorizzato

 

L'entrata in vigore della nuova legge organica sull'immigrazione e del suo regolamento di attuazione hanno consentito, dall'anno scorso, una nuova modalita' di ingresso: l'ingresso "per inserimento nel mercato del lavoro" di un lavoratore per il quale un soggetto legalmente operante in Italia (cittadini italiani o stranieri, enti o associazioni) offra garanzie di mantenimento per un soggiorno di un anno che consenta la ricerca di occupazione sul posto.

 

Questa forma di ingresso e' stata considerata con grande interesse, e il tetto massimo fissato dal Governo (invero piuttosto basso: quindicimila unita' per l'intero anno 2000) e' stato raggiunto in poche settimane.

 

Vi e' da dire che, per l'esistenza di un bacino di presenze illegali giacente, e per l'esiguita' dei numeri fissati in sede di prima utilizzazione di questo strumento, e' da ritenersi che gran parte del contingente sia stato utilizzato da lavoratori stranieri gia' presenti in Italia, anche in questo caso a seguito di un rimpatrio non intercettato da controlli. Queste condizioni dovrebbero ripetersi per il 2001, dato che - stando almeno alla bozza di decreto di programmazione presentato dal Governo al Parlamento italiano - il tetto non e' stato innalzato e il bacino di presenze illegali in Italia si e' probabilmente accresciuto negli ultimi dodici mesi (a dispetto di una significativa intensificazione dei controlli alle frontiere).

 

Lo strumento della prestazione di garanzia, se non mortificato dalla definizione di tetti numerici troppo bassi, puo' certamente dar luogo, per il futuro, a un canale di ingresso percorribile e - quindi - di rilievo per una discreta percentuale di coloro che aspirano a migrare in Italia per lavoro. Tuttavia, la necessita' di avere legami con soggetti ("sponsor") gia' presenti in Italia (siano essi cittadini italiani o associazioni o enti, siano immigrati stranieri gia' stabilizzati) esclude a priori quanti non possano fruire di tali legami, ovvero li induce a cercare di crearne attraverso - ancora una volta - un periodo di soggiorno illegale.

 

E' necessario, quindi, allargare il ventaglio di strumenti utilizzabili, per evitare che esistano larghe fasce di migranti "obbligati" a percorrere vie illegali per poter conquistare una posizione legale.

 

 

L'ingresso per ricerca di lavoro autogarantito

 

La normativa italiana offre, in realta', uno strumento ulteriore, capace di dare risposta a questo problema; e' previsto infatti che, ove il tetto fissato per gli ingressi protetti da sponsor non sia raggiunto in un tempo prefissato (due mesi), possano essere autorizzati ingressi di lavoratori di paesi terzi che siano capaci di garantire da se' il proprio mantenimento nell'anno di ricerca di lavoro. A questo scopo, la legge prevede che il lavoratore debba essere iscritto in "liste di prenotazione" tenute dalle rappresentanze diplomatiche italiane nei paesi di emigrazione, e debba dimostrare di disporre di un ammontare in denaro di poco superiore a meta' dell'importo annuale del sussidio sociale (in tutto, circa duemilacinquecento euro).

 

La definizione di tetti assai limitati per gli ingressi protetti da sponsor e, soprattutto, la mancata istituzione delle liste di prenotazione nelle ambasciate e nei consolati italiani hanno impedito per l'anno 2000 - e, verosimilmente, impediranno per tutto il 2001 - l'utilizzazione di questo meccanismo (che indicheremo nel seguito come "ingresso per ricerca di lavoro autogarantito"). E' auspicabile pero' che in Italia si arrivi presto, quanto meno, ad una sperimentazione in materia, e che la stessa strada sia considerata con interesse in ambito europeo. Questa possibilita' di ingresso corrisponde, infatti, piu' di ogni altra alle modalita' effettivamente adottate da chi entri e soggiorni illegalmente in Italia, ma e' priva, rispetto a tale caso, di tutte le caratteristiche negative (elusione delle norme sull'immigrazione e sul lavoro, ricorso ai trafficanti, nascondimento forzato ed esposizione al rischio di contaminazione criminale) che rendono l'immigrazione illegale un problema sociale.

 

Elementi essenziali per il funzionamento del canale di ingresso per ricerca di lavoro autogarantito sono dunque

 

a) l'istituzione di una lista di prenotazione accessibile (anche per posta o per via telematica, se questo contribuisce ad evitare forme inutili di burocratizzazione), con graduatoria fondata, piu' che sul possesso di particolari qualificazioni professionali, sull'anzianita' di iscrizione (l'obiettivo e' quello di dare chances anche a un'immigrazione a bassa qualificazione che, altrimenti, sarebbe indotta a percorrere vie illegali);

 

b) la definizione di requisiti patrimoniali non eccessivamente restrittivi e, in ogni caso, tali da rendere l'ingresso legale piu' vantaggioso, per il migrante, di un ingresso illegale che faccia ricorso ai servizi dei trafficanti;

 

c) la definizione di tetti numerici annuali non inutilmente bassi (chi aspiri a migrare deve veder progredire con ragionevole rapidita' la propria posizione in graduatoria; un progresso troppo lento, che faccia presagire un'attesa di molti anni prima che si verifichi la possibilita' di ingresso legale, induce, ancora una volta, il lavoratore a tentare le vie illegali);

 

d) una moderata opera di orientamento del migrante nella fase precaria di ricerca del lavoro (chi oggi migra illegalmente trova comunque, con le proprie forze e in tempi rapidi, opportunita' di inserimento; un sostegno puo' comunque rendere piu' rapido ed efficace tale inserimento).

 

 

L'ingresso per breve soggiorno prolungabile

 

Nell'ipotesi che non si voglia percorrere, in sede europea, la via (attualmente in auge in Italia) della definizione di tetti numerici sugli ingressi, e che si voglia invece lasciare piu' spazio alle dinamiche di mercato (pur con una adeguata attenzione alle situazioni di tensione sociale che possono verificarsi), e' possibile pensare ad un meccanismo lievemente (ma significativamente) modificato di ingresso per ricerca di lavoro autogarantito.

 

Il meccanismo in questione potrebbe consistere in un ingresso per breve soggiorno (ad esempio, per tre mesi), condizionato al soddisfacimento dei seguenti criteri:

 

a) disponibilita' di mezzi di sostentamento, proporzionati all'importo del sussidio sociale e alla durata del soggiorno (requisito piu' facile da dimostrare, per via della breve durata del soggiorno, rispetto a quello descritto al paragrafo precedente);

 

b) deposito, all'atto dell'ingresso, di un titolo di viaggio per l'eventuale rimpatrio o dell'ammontare in denaro necessario per acquistarlo;

 

c) rilevamento delle impronte digitali.

 

Non sarebbe piu', invece, rilevante il rispetto di un tetto numerico.

 

Il cittadino di un paese terzo cosi' ammesso sarebbe autorizzato a cercare lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro, come pure a svolgere attivita' occasionali di lavoro autonomo (si tratterebbe, per cosi' dire, di una forma di "turismo per lavoro").

 

L'autorizzazione al soggiorno potrebbe, a richiesta, essere prorogata per un analogo periodo, previa dimostrazione del possesso di mezzi corrispondenti (segno di un certo inserimento nel tessuto economico). Potrebbe poi - ed e' il punto piu' rilevante - essere tramutata in una autorizzazione di lungo periodo (analoga a quella rilasciata a chi faccia oggi ingresso legale per lavoro subordinato o autonomo) in presenza di una opportunita' di impiego, ovvero dopo un numero sufficiente di proroghe dell'autorizzazione originale, che testimoni un inserimento adeguato (sia pure frutto di attivita' autonome o saltuarie).

 

Il deposito delle impronte digitali e del titolo di viaggio consentirebbe l'immediata identificazione e l’eventuale allontanamento dello straniero che, eluse le disposizioni relative al soggiorno di breve durata, sia sottoposto a successivi controlli.

 

Un meccanismo di questo genere, pur non potendosi considerare una completa liberalizzazione dei movimenti migratori, corrisponderebbe a un quadro normativo capace di tener conto in modo assai realistico di quanto oggi succede in fatto di immigrazione - spesso a dispetto di normative formalmente restrittive. Resterebbe agli Stati la possibilita' di evitare che si creino tensioni intollerabili associate a forme di inserimento eccessivamente precario, mentre certamente verrebbe sottratta alle organizzazioni di trafficanti tutta la porzione di utenza costituita da migranti desiderosi di inserimento in attivita' economiche lecite.