Sentenza della Corte di Giustizia Europea 11.10.2001

"Previdenza sociale - Art. 51 del Trattato CEE (divenuto art. 51 del Trattato CE, divenuto a sua volta, in seguito a modifica, art. 42 CE) - Art. 2, n. 1, del regolamento (CEE) n. 1408/71 - Apolidi - Profughi"

Nei procedimenti riuniti da C-95/99 a C-98/99 e C-180/99,

aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), dal Bundessozialgericht (Germania), nelle cause dinanzi ad esso pendenti tra

Mervett Khalil (C-95/99),
Issa Chaaban (C-96/99),
Hassan Osseili (C-97/99)

e

Bundesanstalt für Arbeit,

tra

Mohamad Nasser (C-98/99)

e

Landeshauptstadt Stuttgart

e tra

Meriem Addou (C-180/99)

e

Land Nordrhein-Westfalen,

domande vertenti sulla validità e sull'interpretazione del regolamento (CEE) del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408/71, relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità, nella versione modificata e aggiornata dal regolamento (CEE) del Consiglio 2 giugno 1983, n. 2001 (GU L 230, pag. 6),

LA CORTE,

composta dal sig. G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, dal sig. P. Jann, dalle sig.re F. Macken e N. Colneric, e dal sig. S. von Bahr, presidenti di sezione, dai sigg. C. Gulmann, D. A. O. Edward, A. La Pergola, J.-P. Puissochet, L. Sevón (relatore), M. Wathelet, R. Schintgen e V. Skouris, giudici,

avvocato generale: F.G. Jacobs


cancelliere: R. Grass

viste le osservazioni scritte presentate:

- per la sig.ra Addou, dall'avv. A. S. Iven, Rechtsanwalt (procedimento C-180/99);

- per il governo svedese, dal sig. A. Kruse (procedimenti da C-95/99 a C-98/99) e dalla sig.ra L. Nordling (procedimento C-180/99), in qualità di agenti;

- per il governo del Regno Unito, dalla sig.ra R. V. Magrill, in qualità di agente, assistita dal sig. N. Paines, QC (procedimenti da C-95/99 a C-98/99 e C-180/99);

- per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. P. Hillenkamp (procedimenti da C-95/99 a C-98/99 e C-180/99) e J. Sack (procedimento C-180/99), in qualità di agenti,

vista la relazione d'udienza,

sentite le osservazioni orali della sig.ra Khalil, dei sigg. Chaaban, Osseili e Nasser, rappresentati dall'avv. J. Lang, Rechtsanwalt, del governo spagnolo, rappresentato dalla sig.ra N. Díaz Abad, in qualità di agente, del governo del Regno Unito, rappresentato dal sig. N. Paines, e della Commissione, rappresentata dal sig. J. Sack, all'udienza del 10 ottobre 2000,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 30 novembre 2000,

ha pronunciato la seguente

Sentenza 1. Con ordinanze 15 ottobre 1998, pervenute in cancelleria in data 17 marzo 1999 (procedimenti da C-95/99 a C-98/99) e in data 17 maggio 1999 (procedimento C-180/99), il Bundessozialgericht (Corte federale per la legislazione in materia sociale) ha sottoposto a questa Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE [1] (divenuto art. 234 CE), diverse questioni pregiudiziali vertenti sulla validità e sull'interpretazione del regolamento (CEE) del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408/71, relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità, nella versione modificata e aggiornata dal regolamento (CEE) del Consiglio 2 giugno 1983, n. 2001 (GU L 230, pag. 6; in prosieguo: il "regolamento n. 1408/71"). 2. Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di controversie tra la sig.ra Khalil, i sigg. Chaaban e Osseili e la Bundesanstalt für Arbeit (Ufficio federale del lavoro), tra il sig. Nasser e la Landeshauptstadt Stuttgart (Amministrazione provinciale di Stoccarda) nonché tra la sig.ra Addou e il Land Nordrhein-Westfalen, in ordine al diritto degli apolidi e dei profughi, ovvero dei loro coniugi, agli assegni familiari per i figli a carico e per l'educazione. Ambito normativo 3. L'art. 51 del Trattato CEE (divenuto art. 51 del Trattato CE, divenuto a sua volta, in seguito a modifica, art. 42 CE) così recita: "Il Consiglio, con deliberazione unanime su proposta della Commissione, adotta in materia di sicurezza sociale le misure necessarie per l'instaurazione della libera circolazione dei lavoratori, attuando in particolare un sistema che consenta di assicurare ai lavoratori migranti e ai loro aventi diritto: a) il cumulo di tutti i periodi presi in considerazione dalle varie legislazioni nazionali, sia per il sorgere e la conservazione del diritto alle prestazioni sia per il calcolo di queste, b) il pagamento delle prestazioni alle persone residenti nei territori degli Stati membri". 4. L'art. 1, lett. d), del regolamento n. 1408/71 dispone che, ai fini dell'applicazione del medesimo regolamento, "il termine 'profugo' ha il significato che gli è attribuito dall'articolo 1 della Convenzione relativa allo statuto dei profughi, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 [Raccolta dei Trattati delle Nazioni unite, vol. 189, pag. 150, n. 2545 (1954), in prosieguo la 'convenzione di Ginevra']". 5. L'art. 1, lett. e), del regolamento n. 1408/71 precisa d'altronde che, ai fini dell'applicazione del medesimo regolamento, "il termine 'apolide' ha il significato che gli è attribuito dall'articolo 1 della Convenzione relativa allo statuto degli apolidi firmata a New York il 28 settembre 1954 [Raccolta dei Trattati delle Nazioni unite, vol. 360, pag. 130, n. 5158 (1960), in prosieguo: la 'convenzione di New York']". 6. L'art. 2, n. 1, del regolamento n. 1408/71 dispone quanto segue: "Il presente regolamento si applica ai lavoratori salariati o non salariati che sono o sono stati soggetti alla legislazione di uno o più Stati membri e che sono cittadini di uno degli Stati membri, oppure apolidi o profughi residenti nel territorio di uno degli Stati membri, nonché ai loro familiari e ai loro superstiti." 7. Ai sensi dell'art. 3, n. 1, del regolamento n. 1408/71: "Le persone che risiedono nel territorio di uno degli Stati membri ed alle quali sono applicabili le disposizioni del presente regolamento, sono soggette agli obblighi e sono ammesse al beneficio della legislazione di ciascuno Stato membro alle stesse condizioni dei cittadini di tale Stato, fatte salve le disposizioni particolari del presente regolamento." Le cause principali e le questioni pregiudiziali 8. La ricorrente nella causa C-95/99, la sig.ra Khalil, e suo marito sono palestinesi originari del Libano. Profughi della guerra civile in Libano, la sig.ra Khalil e suo marito sono giunti in Germania rispettivamente nel 1984 e nel 1986. Da allora essi hanno vissuto ininterrottamente in Germania. Il riconoscimento dello status di profugo politico è stato loro negato. 9. Il ricorrente nella causa C-96/99, il sig. Chaaban, e sua moglie sono curdi originari del Libano. Profughi della guerra civile in Libano, essi sono giunti in Germania nel 1985 e da allora vi hanno abitato ininterrottamente. Il riconoscimento dello status di profugo politico è stato loro negato. Il signor Chaaban è in possesso, come i suoi figli, della cittadinanza libanese. 10. Il ricorrente nella causa C-97/99, il sig. Osseili, e sua moglie sono giunti in Germania nel 1986. Il sig. Osseili è in possesso di un documento di viaggio libanese per profughi palestinesi. La sua domanda di asilo non è stata accolta. 11. Il ricorrente nella causa C-98/99, il sig. Nasser, è in possesso di un documento di viaggio libanese per profughi palestinesi. Esso risiede in Germania con la sua famiglia dal 1985. Il riconoscimento dello status di profugo politico gli è stato negato. E' in possesso di un permesso di soggiorno dal 30 aprile 1998. 12. Dalle ordinanze di rinvio relative a tali cause risulta che la sig.ra Khalil e suo marito, la moglie del sig. Chaaban nonché i sigg. Osseili e Nasser devono essere considerati, in forza del diritto tedesco, apolidi. 13. Nel corso del periodo compreso tra il mese di dicembre 1993 e il mese di marzo 1994, a tutti i ricorrenti in tali cause è stata revocata la concessione degli assegni familiari per il fatto che, in forza della nuova versione dell'art. 1, n. 3, del Bundeskindergeldgesetz (legge federale sull'assegno per i figli), soltanto agli stranieri in possesso di una carta o di un permesso di soggiorno sarebbe stato riconosciuto il diritto agli assegni familiari. La modifica di tale disposizione è dovuta all'Erste Gesetz zur Umsetzung des Spar-, Konsolidierungs- und Wachstumsprogramms (prima legge di trasposizione del programma di risparmio, di consolidamento e di sviluppo), del 21 dicembre 1993 (BGB1. 1993 I, pag. 2353), entrata in vigore il 1° gennaio 1994. 14. A sostegno dei propri ricorsi avverso le decisioni che li hanno privati in tal modo del beneficio degli assegni familiari, tali ricorrenti nelle cause principali hanno sostenuto che essi stessi e/o i loro coniugi dovevano essere qualificati come apolidi. Conseguentemente avrebbero dovuto essere equiparati, in conformità degli artt. 2, n. 1, e 3, n. 1, del regolamento n. 1408/71, ai cittadini tedeschi e agli altri cittadini degli Stati membri dell'Unione europea ai fini della concessione delle prestazioni familiari. Pertanto, non si sarebbero dovute subordinare le suddette prestazioni dal possesso di un particolare titolo di soggiorno. 15. I giudici nazionali aditi in primo grado e poi in appello hanno respinto i suddetti ricorsi. 16. I ricorrenti nelle cause da C-95/99 a C-98/99 hanno allora proposto ricorsi per "Revision" (cassazione) dinanzi al Bundessozialgericht. 17. La ricorrente nella causa C-180/99, la sig.ra Addou, è una cittadina algerina. Al pari dei suoi figli, suo marito era in possesso, nel corso del periodo rilevante per la causa principale, della cittadinanza marocchina. Successivamente egli è divenuto cittadino tedesco per naturalizzazione. La signora Addou e suo marito sono immigrati in Germania nel 1988 provenienti, rispettivamente, dall'Algeria e dal Marocco. Da allora essi vivono ininterrottamente in Germania. Il riconoscimento del diritto d'asilo è stato loro negato ma, nel febbraio 1994, essi hanno ottenuto un'autorizzazione di soggiorno e, nel maggio 1996, un permesso di soggiorno. 18. Dal 13 gennaio 1994 il marito della sig.ra Addou ha beneficiato, in qualità di "altro perseguitato politico" e per effetto del cosiddetto "piccolo diritto d'asilo", dello status di profugo ai sensi dell'art. 1 della convenzione di Ginevra. Egli ha mantenuto tale status fino al momento in cui ha acquisito la cittadinanza tedesca. 19. A partire dal 13 gennaio 1994, il Land Nordrhein-Westfalen ha negato alla sig.ra Addou la concessione dell'assegno per l'educazione che essa aveva richiesto per il suo ultimogenito, per il fatto che essa non era in possesso né della carta né del permesso di soggiorno, condizione imposta dall'art. 1, n. 1a, del Bunderserziehungsgesetz (legge federale sull'indennità di educazione), nel testo risultante in forza dell'art. 4 del Gesetz zur Umsetzung des Föderalen Konsolidierungsprogramms (legge di attuazione del programma di consolidazione federale), del 23 giugno 1993 (BGB1. 1993 I, pag. 944). 20. Il ricorso proposto dalla sig.ra Addou avverso tale decisione di diniego veniva respinto in primo grado ma accolto in appello. Il giudice dell'appello ha infatti dichiarato che il possesso di un titolo di soggiorno era privo di rilevanza in quanto la sig.ra Addou, quale familiare di un profugo giuridicamente riconosciuto, doveva essere equiparata ai cittadini tedeschi ed agli altri cittadini degli Stati membri dell'Unione europea, ai sensi del regolamento n. 1408/71. 21. Il Land Nordrhein-Westfalen ha proposto un ricorso per "Revision" dinanzi al Bundessozialgericht avverso la suddetta decisione del giudice d'appello. 22. Il Bundessozialgericht chiede, relativamente a ciascuna delle cause principali, se l'inclusione degli apolidi e dei profughi nell'ambito di applicazione ratione personae del regolamento n. 1408/71, come risulta dai suoi artt. 2, n. 1, e 3, n. 1, sia prevista da una norma autorizzativa del Trattato CE. A tale riguardo, il giudice di rinvio osserva che gli apolidi ed i profughi non beneficiano espressamente di un diritto alla libera circolazione all'interno della Comunità ai sensi del Trattato CE. L'art. 51 del Trattato CE e l'art. 235 del Trattato CE (divenuto art. 308 CE), che sarebbero indicati quale fondamento giuridico nel preambolo del regolamento n. 1408/71, riguarderebberotuttavia, rispettivamente, le misure necessarie per l'instaurazione della libera circolazione dei lavoratori e quelle necessarie per raggiungere uno degli scopi della Comunità. 23. Ammettendo che il Trattato CE consenta il regime di equiparazione previsto agli artt. 2, n. 1, e 3, n. 1, del regolamento n. 1408/71, il giudice di rinvio ritiene che occorrerebbe inoltre determinare se tale regime sia applicabile non soltanto nel caso in cui un apolide o un profugo lasci uno Stato membro per spostarsi in un altro Stato membro, ma anche nel caso in cui l'apolide o il profugo sia entrato nel territorio di uno Stato membro, in provenienza direttamente da un paese terzo, e vi sia rimasto senza essersi spostato all'interno della Comunità. 24. Se così fosse, il Bundessozialgericht rileva che è necessario stabilire se possa essere applicata alle controversie di cui trattasi nelle cause C-96/99 e C-180/99 la sentenza 10 ottobre 1996, cause riunite C-245/94 e C-312/94, Hoever e Zachow (Racc. pag. I-4895), con la quale la Corte ha dichiarato che il diritto comunitario non subordina il beneficio degli assegni familiari all'accertamento di quale membro della famiglia possa, secondo la normativa nazionale, pretendere la concessione di tali prestazioni. 25. Sulla base di tali considerazioni, il Bundessozialgericht ha deciso di sospendere il giudizio e di proporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: - Nelle cause C-95/99, C-97/99 e C-98/99: "1) Se il regolamento (CEE) del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408 [2], relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità, sia applicabile agli apolidi e ai loro familiari, qualora questi non abbiano alcun diritto alla libera circolazione ai sensi del Trattato 25 marzo 1957, che istituisce la Comunità economica europea, nella versione risultante dal Trattato sull'Unione europea del 7 febbraio 1992. 2) In caso di soluzione affermativa della questione sub 1): se il regolamento (CEE) n. 1408/71 sia applicabile anche ai lavoratori apolidi e ai loro familiari che migrano direttamente da uno Stato terzo verso uno Stato membro e non hanno migrato nell'ambito della Comunità". - Nella causa C-96/99: "1) Se il regolamento (CEE) del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità, sia applicabile agli apolidi e ai loro familiari, qualora questi non abbiano alcun diritto alla libera circolazione ai sensi del Trattato 25 marzo1957, che istituisce la Comunità economica europea, nella versione risultante dal Trattato sull'Unione europea del 7 febbraio 1992. 2) In caso di soluzione affermativa della questione sub 1): se il regolamento (CEE) n. 1408/71 sia applicabile anche qualora l'apolide e il coniuge, che possiede la cittadinanza di uno Stato terzo, e gli altri membri della famiglia, siano immigrati direttamente da uno Stato terzo in uno Stato membro e non siano migrati all'interno della Comunità. 3) In caso di soluzione affermativa della questione sub 2): se una prestazione familiare, come l'assegno per il figlio (Kindergeld) ai sensi della legge federale sull'assegno per i figli (Bundeskindergeldgesetz) debba essere concessa anche nel caso in cui solo il coniuge che è in possesso della cittadinanza di un paese terzo sia un lavoratore, mentre l'altro coniuge, apolide, dal quale egli deriva il suo diritto, e non è egli stesso un lavoratore". - Nella causa C-180/99: "1) Se il regolamento (CEE) del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità, sia applicabile ai profughi e ai loro familiari cittadini di un paese terzo, qualora non abbiano alcun diritto alla libera circolazione ai sensi del Trattato 25 marzo 1957, che istituisce la Comunità economica europea, nella versione risultante dal Trattato sull'Unione europea del 7 febbraio 1992. 2) In caso di soluzione affermativa della questione sub 1): se il regolamento (CEE) n. 1408/71 sia applicabile anche ai profughi occupati come lavoratori e ai loro familiari che migrano direttamente da uno Stato terzo verso uno Stato membro e non hanno migrato nell'ambito della Comunità. 3) In caso di soluzione affermativa della questione sub 2): se una prestazione familiare, come l'indennità di educazione ai sensi del Bundeserziehungsgeldgesetz debba essere riconosciuta anche al coniuge di un siffatto lavoratore, neppure lui in possesso della cittadinanza di uno Stato membro e al quale neppure è stata riconosciuta la qualità di lavoratore o di profugo". 26. Con ordinanza del Presidente della Corte 2 luglio 1999 le cause da C-95/99 a C-98/99 e C-180/99 sono state riunite, conformemente all'art. 43 del regolamento di procedura, ai fini della fase scritta del procedimento, della trattazione orale e della sentenza. 27. Con ordinanza 11 maggio 2000 la sig.ra Khalil, i sig.ri Chaaban, Osseili, Nasser e la sig.ra Addou sono stati ammessi al gratuito patrocinio. Osservazioni preliminari 28. Preliminarmente, occorre rilevare, da una parte, che dall'ordinanza di rinvio nella causa C-180/99 risulta che il marito della ricorrente nella causa principale è cittadino marocchino e, dall'altra, che la Comunità economica europea e il Regno del Marocco hanno firmato il 27 aprile 1976 a Rabat un accordo di cooperazione, che è stato approvato a nome della Comunità con il regolamento (CEE) del Consiglio 26 settembre 1978, n. 2211 (GU L 264, pag. 1). L'art. 41, n. 1, di tale accordo dispone che, fatte salve talune condizioni, i lavoratori di cittadinanza marocchina ed i loro familiari conviventi godono, in materia di sicurezza sociale, di un regime caratterizzato dall'assenza di qualsiasi discriminazione basata sulla cittadinanza rispetto ai cittadini degli Stati membri nei quali essi sono occupati. Tuttavia, poiché il Bundessozialgericht non ha sollevato questioni a tale riguardo, la Corte non può pronunciarsi sull'interpretazione del detto accordo. Sulla prima questione nelle cause da C-95/99 a C-98/99 e C-180/99 29. Come risulta dalle ordinanze di rinvio, con la sua prima questione nelle cause da C-95/99 a C-98/99 e C-180/99, il giudice di rinvio dubita della validità del regolamento n. 1408/71 nella parte in cui esso include nel suo ambito di applicazione ratione personae gli apolidi o i profughi che risiedono nel territorio di uno degli Stati membri nonché i loro familiari, sebbene tali persone non siano titolari, ai sensi del Trattato CE, del diritto alla libera circolazione. Argomenti formulati nelle osservazioni presentate alla Corte 30. Il governo del Regno Unito e la Commissione sottolineano l'importanza del contesto storico della problematica ricordando che, già prima della creazione della Comunità, gli Stati membri avevano contratto, tra di loro così come nei confronti dei paesi terzi, obblighi internazionali nei riguardi degli apolidi e dei profughi non solo nell'ambito delle convenzioni di Ginevra e di New York[3], ma anche in quello dell'accordo interinale europeo riguardante i regimi di sicurezza sociale relativi alla vecchiaia, all'invalidità ed ai superstiti, dell'accordo interinale europeo riguardante la sicurezza sociale esclusi i regimi relativi alla vecchiaia, all'invalidità ed ai superstiti (in prosieguo, nel complesso, gli "accordi interinali europei") nonché della convenzione europea di assistenza sociale e medica, che erano stati firmati a Parigi in data 11 dicembre 1953 dai membri del Consiglio d'Europa (Serie dei Trattati europei, nn. 12, 13 e 14). I protocolli addizionali a tali accordi, firmati lo stesso giorno (Serie dei Trattati europei, nn. 12A, 13A e 14A), prevederebbero che le loro disposizioni sianoapplicabili ai profughi, ai sensi della convenzione di Ginevra, alle condizioni previste per i cittadini delle parti contraenti. 31. I governi svedese e del Regno Unito nonché la Commissione osservano inoltre a tale riguardo che gli apolidi ed i profughi residenti in uno Stato membro erano altresì inclusi nell'ambito di applicazione ratione personae del regolamento del Consiglio 25 settembre 1958, n. 3, per la sicurezza sociale dei lavoratori migranti (GU 1958, n. 30, pag. 561), e che il fondamento giuridico di quest'ultimo era costituito dall'art. 51 del Trattato CEE. Il governo svedese e la Commissione aggiungono che gli apolidi ed i profughi erano già contemplati dalla convenzione europea della sicurezza sociale dei lavoratori migranti, firmata il 9 dicembre 1957 dai governi degli Stati che costituivano a quel tempo la Comunità europea del carbone e dell'acciaio e basata sull'art. 69 del Trattato CECA, in particolare il suo n. 4 (in prosieguo: la "convenzione europea del 1957"). Secondo la Commissione, tale convenzione integrava gli accordi interinali europei. 32. In questa stessa prospettiva, il governo spagnolo sostiene che l'art. 51 del Trattato CE costituisce un fondamento giuridico sufficiente per l'inclusione degli apolidi e dei profughi nell'ambito di applicazione ratione personae del regolamento n. 1408/71. Il coordinamento delle disposizioni di previdenza sociale degli Stati membri dovrebbe infatti necessariamente tenere conto degli obblighi di diritto internazionale pubblico, relativi agli apolidi ed ai profughi, che discendono per gli Stati membri dalla ratifica delle convenzioni di Ginevra e di New York. Tale conclusione sarebbe avvalorata dalla sentenza 12 novembre 1974, causa 35/74, Rzepa (Racc. pag. 1941), in cui la Corte aveva applicato il regolamento n. 3 nei confronti di un profugo. 33. Il governo svedese precisa che dalla giurisprudenza della Corte risulta che l'art. 51 del Trattato CE ed il regolamento n. 1408/71 hanno, oltre all'obiettivo principale di promuovere la libera circolazione, quello di coordinare le norme nel settore della previdenza sociale sia per i lavoratori che non beneficiano della libera circolazione, sia per quelli che non se ne avvalgono, ma la cui situazione richieda un coordinamento dei regimi di previdenza sociale (v. sentenze 31 maggio 1979, causa 182/78, Pierik, Racc. pag. 1977; 5 marzo 1998, causa C-194/96, Kulzer, Racc. pag. I-895, punto 31, nonché sentenza 12 maggio 1998, causa C-85/96, Martínez Sala, Racc. pag. I-2691, punto 31). 34. Secondo tale governo, non v'è dubbio che la situazione particolarmente precaria degli apolidi e dei profughi, spesso caratterizzata dalla incertezza giuridica e da un regime di assistenza poco chiaro, richieda un coordinamento dei sistemi nazionali di previdenza sociale. Tale necessità sarebbe apparsa particolarmente importante in occasione della ricostruzione dell'Europa dopo la Seconda Guerra mondiale. 35. Il governo del Regno Unito fa valere che lo scopo dell'inclusione degli apolidi e dei profughi residenti nel territorio di uno Stato membro nell'ambito di applicazione ratione personae del regolamento n. 1408/71 era semplicemente quello di permettere agli apolidi ed ai profughi, a cui sia stato concesso il diritto di risiedere in uno Stato membro, di beneficiare delle disposizioni di tale regolamento tramite aggregazione oesportazione delle prestazioni in situazioni che rientrano nell'ambito di applicazione ratione materiae del detto regolamento. 36. Il governo del Regno Unito ritiene che, tenuto conto del contesto storico, l'art. 51 del Trattato CE debba essere interpretato nel senso che esso consente l'inclusione degli apolidi e dei profughi residenti in uno Stato membro nell'ambito di applicazione ratione personae del regolamento n. 1408/71, malgrado il fatto che essi non beneficino della libera circolazione delle persone. 37. La Commissione sostiene che, al momento dell'adozione della normativa comunitaria nel settore della previdenza sociale, era importante, da una parte, non porsi al di sotto degli standard europei riconosciuti e, dall'altra, prevedere, per motivi di semplificazione amministrativa, una normativa comune applicabile sia ai cittadini degli Stati membri che agli apolidi ed ai profughi, categorie di scarsa rilevanza numerica, piuttosto che istituire o mantenere in vigore regolamentazioni separate. Un'estensione tanto ridotta della competenza comunitaria a materie extracomunitarie oppure a settori che non posseggono un fondamento giuridico determinato del diritto comunitario sarebbe consentita per il fatto che essa riguarderebbe una competenza accessoria della Comunità. 38. In particolare, l'inclusione degli apolidi e dei profughi nell'ambito di applicazione del regolamento n. 1408/71 per ragioni di connessione ratione materiae sarebbe giustificata per il fatto che, al momento dell'adozione della normativa comunitaria nel settore della previdenza sociale, il legislatore comunitario avrebbe dovuto tenere conto di una situazione già regolata da accordi internazionali che stabiliscono un livello minimo di tutela, livello che gli Stati membri, in caso di interpretazione restrittiva della normativa internazionale, non avrebbero potuto disattendere senza denunciare i suddetti accordi. Giudizio della Corte 39. In limine, è necessario ricordare che gli apolidi ed i profughi erano inclusi nell'ambito di applicazione ratione personae del regolamento n. 1408/71 nella sua versione originale, adottata il 14 giugno 1971. Pertanto, occorre riferirsi alla suddetta data per valutare il fondamento giuridico di tale inclusione. Dal preambolo di tale versione del detto regolamento risulta che il suo fondamento giuridico era costituito dall'art. 7 del Trattato CEE (divenuto, in seguito a modifica, art. 6 del Trattato CE, divenuto a sua volta, in seguito a modifica, art. 12 CE) e dall'art. 51 del Trattato CEE. 40. Occorre rilevare immediatamente che l'art. 7 del Trattato CEE, che vieta per i cittadini comunitari qualsiasi discriminazione in ragione della cittadinanza (v. sentenza 15 marzo 1994, causa C-45/93, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-911, punto 10), è irrilevante nella causa in esame. 41. Per quanto riguarda l'art. 235 del Trattato CEE (divenuto art. 235 del Trattato CE), esso costituisce uno dei fondamenti giuridici del regolamento del Consiglio 12 maggio 1981, n. 1390/81, che estende ai lavoratori non salariati e ai loro familiari il regolamento (CEE) n. 1408/71 (GU L 143, pag. 1). Soltanto a partire dall'adozione del regolamento n. 1390/81 l'art. 235 del Trattato CEE è stato compreso tra i fondamenti giuridici del regolamento n. 1408/71. Ne consegue che tale disposizione non può essere considerata il fondamento giuridico delle disposizioni del regolamento n. 1408/71 che sono precedenti al regolamento n. 1390/81. 42. Occorre pertanto verificare se il regolamento n. 1408/71, nella parte in cui include nel suo ambito di applicazione ratione personae gli apolidi o i profughi residenti nel territorio di uno degli Stati membri nonché i loro familiari, sebbene tali persone non dispongano, ai sensi del Trattato CEE, del diritto alla libera circolazione, sia contrario all'art. 51 del Trattato CEE. 43. A tale riguardo, occorre in primo luogo ricordare il contesto storico dell'inclusione degli apolidi e dei profughi nell'ambito di applicazione ratione personae del regolamento n. 1408/71. 44. Nell'ambito delle Nazioni unite, la convenzione di Ginevra, di cui i sei Stati membri fondatori della Comunità economica europea sono tutti parti contraenti, è stata firmata il 28 luglio 1951. Essa prevede, al suo art. 7, n. 1, che, con riserva delle disposizioni più favorevoli previste dalla convenzione, "ciascuno Stato Contraente deve concedere ai rifugiati il trattamento concesso agli stranieri in generale". 45. Dall'art. 24, n. 1, lett. b), della convenzione di Ginevra risulta che gli Stati contraenti concedono ai rifugiati che risiedono regolarmente sul loro territorio lo stesso trattamento concesso ai loro cittadini per ciò che concerne la "sicurezza sociale (le disposizioni legali in materia di infortuni del lavoro, di malattie professionali, di maternità, di malattie, d'invalidità, di vecchiaia e di morte, di disoccupazione, di oneri familiari, nonché quelle relative a tutti gli altri rischi che, conformemente alla legislazione nazionale, sono coperti da un sistema di sicurezza sociale)", con riserva in particolare delle disposizioni riguardanti le prestazioni o le prestazioni parziali pagabili esclusivamente con fondi pubblici. 46. In data 11 dicembre 1953, i membri del Consiglio d'Europa hanno firmato gli accordi interinali europei, ratificati dai sei Stati membri fondatori della Comunità economica europea. L'art. 2 di tali due accordi prevede che, fatte salve alcune eccezioni, i cittadini di una delle Parti contraenti beneficiano delle leggi e dei regolamenti di sicurezza sociale alle medesime condizioni che ogni altra parte Contraente riserva ai propri cittadini. 47. I protocolli addizionali agli accordi interinali europei, firmati in pari data, fanno riferimento nei loro preamboli alle disposizioni della convenzione di Ginevra e alla volontà dei firmatari di estendere ai profughi il beneficio delle disposizioni dei detti accordi. Essi prevedono, al loro art. 2, che le disposizioni di tali accordi sonoapplicabili ai profughi, come definiti nella convenzione di Ginevra, alle condizioni previste per i cittadini delle parti degli stessi accordi. 48. La convenzione di New York è stata firmata il 28 settembre 1954. I sei Stati fondatori della Comunità economica europea sono parti contraenti anche in tale convenzione che, ai suoi artt. 7 e 24, prevede per gli apolidi disposizioni analoghe a quelle applicabili ai profughi ai sensi degli artt. 7 e 24 della convenzione di Ginevra. 49. In via di principio, dunque, ciascuno dei sei Stati membri fondatori si era impegnato a livello internazionale a consentire in generale che gli apolidi ed i profughi beneficiassero delle leggi e dei regolamenti di previdenza sociale alle condizioni previste per i cittadini di altri Stati. 50. E' in tale contesto che, il 9 dicembre 1957, prima dell'entrata in vigore del Trattato CEE, tali Stati membri hanno firmato la convenzione europea del 1957, redatta in collaborazione con l'Ufficio internazionale del lavoro, il cui settimo considerando enuncia "il principio della parità di trattamento di tutti i cittadini di ogni Parte Contraente nonché delle persone apolidi e dei profughi, che risiedono nel territorio di una delle Parti contraenti, per ciò che concerne l'applicazione delle normative nazionali di sicurezza sociale". 51. La convenzione europea del 1957 è basata, ai sensi del suo secondo considerando, sull'art. 69, n. 4, del Trattato CECA, in forza del quale gli Stati membri "ricercheranno tra loro ogni accomodamento che appaia necessario affinché le disposizioni concernenti le disposizioni sociali non siano d'ostacolo agli spostamenti della manodopera". La convenzione precisa, all'art. 4, n. 1, che le sue disposizioni "sono applicabili ai lavoratori subordinati o assimilati che sono o sono stati sottoposti alla legislazione di uno o più Parti Contraenti, e che sono cittadini di una delle Parti Contraenti, ovvero apolidi o rifugiati residenti nel territorio di una delle Parti Contraenti, come pure ai loro familiari e superstiti". 52. Il 25 settembre 1958, il Consiglio della Comunità economica europea adottava il regolamento n. 3 che, al suo art. 4, n. 1, riprendeva il contenuto della disposizione dell'art. 4, n. 1, della convenzione europea del 1957. 53. L'art. 2, n. 1, del regolamento n. 1408/71 è, per quanto riguarda gli aspetti rilevanti per le cause in esame, identico in sostanza all'art. 4, n. 1, del regolamento n. 3 e della convenzione europea del 1957. 54. In secondo luogo, occorre ricordare che l'instaurazione della più completa possibile libertà di circolazione dei lavoratori, che rientra tra i fondamenti della comunità, costituisce lo scopo ultimo dell'art. 51 del Trattato CEE e, di conseguenza, condiziona l'esercizio dei poteri che esso attribuisce al Consiglio (sentenza 9 dicembre 1965, causa 44/65, Singer, Racc. pag. 951, pag. 959). 55. L'art. 51 del Trattato CEE prevede a tale effetto il ricorso alla tecnica del coordinamento dei regimi nazionali in materia di previdenza sociale. L'efficacia del coordinamento non sarebbe garantita se occorresse riservare la sua applicazione ai soli lavoratori che si spostano nella Comunità per lo svolgimento del proprio lavoro. Come la Corte ha già dichiarato relativamente al regolamento n. 3 (sentenza 12 novembre 1969, causa 27/69, Compagnie belge d'assurances généralés sur la vie et contre les accidents, Racc. pag. 405, punto 4; v., altresì, sentenze Singer, citata, pag. 959, e 30 giugno 1966, casua 61/65, Vaassen-Göbbels, Racc. pag. 407, 428), il regolamento n. 1408/71 tende ad applicarsi a qualsiasi lavoratore, ai sensi del suo art. 1, avente la cittadinanza di uno Stato membro, che si trovi in una delle situazioni di carattere internazionale contemplate dal detto regolamento, come pure ai loro familiari. 56. Non si può contestare al Consiglio il fatto di avere, nell'esercizio delle competenze che gli sono state conferite ai sensi dell'art. 51 del Trattato CEE, considerato anche gli apolidi ed i profughi residenti nel territorio degli Stati membri, al fine di tenere conto degli obblghi internazionali di questi ultimi, sopra menzionati. 57. Come sottolineato dall'avvocato generale al paragrafo 59 delle sue conclusioni, un coordinamento che escludesse gli apolidi ed i profughi avrebbe portato gli Stati membri, al fine di garantire il rispetto dei loro obblighi internazionali, a dover instaurare un secondo regime di coordinamento destinato unicamente a tale categoria molto limitata di persone. 58. Alla luce delle considerazioni che precedono occorre risolvere la prima questione pregiudiziale nelle cause da C-95/99 a C-98/99 e C-180/99 nel senso che dal suo esame non sono emersi elementi atti ad inficiare la validità del regolamento n. 1408/71 per il fatto che esso include nel suo ambito di applicazione ratione personae gli apolidi o i profughi residenti nel territorio di uno degli Stati membri nonché i loro familiari. Sulla seconda questione nelle cause da C-95/99 a C-98/99 e C-180/99 59. Con la sua seconda questione nelle cause da C-95/99 a C-98/99 e C-180/99, il giudice di rinvio chiede, in sostanza, se i lavoratori che siano profughi o apolidi residenti nel territorio di uno degli Stati membri, nonché i loro familiari, possano fare valere i diritti conferiti dal regolamento n. 1408/71 qualora essi siano immigrati in tale Stato membro direttamente da un paese terzo e non si siano spostati all'interno della Comunità. Argomenti formulati nelle osservazioni presentate alla Corte 60. I ricorrenti nella causa principale nei procedimenti da C-95/99 a C-98/99 fanno valere che il rifiuto di riconoscere un criterio di collegamento con il diritto comunitario nel caso della situazione di un apolide o di un profugo che immigra in un Stato membro direttamente da un paese terzo condurrebbe a risultati assurdi, soprattutto alla luce della sentenza Kulzer, citata. Infatti, sulla base di tale sentenza, se tali ricorrentilasciassero la Germania e immigrassero in Francia per lavorare, essi avrebbero diritto alle prestazioni familiari non soltanto ai sensi del diritto francese, ma altresì, in caso di rientro in Germania, in forza del diritto tedesco. Allo stesso modo, essi avrebbero diritto agli assegni familiari se i loro figli studiassero in Francia. 61. Secondo il governo spagnolo, il regolamento n. 1408/71 si applica anche agli apolidi e ai profughi che sono immigrati in uno Stato membro direttamente da un paese terzo. Ciò risulterebbe prima di tutto dal dettato dell'art. 2, n. 1, del suddetto regolamento. Inoltre, se l'applicazione del regolamento n. 1408/71 fosse limitata alle situazioni che presentano un nesso con la libera circolazione dei lavoratori, i cittadini di uno Stato membro residenti da sempre in un altro Stato membro e che vi svolgono la loro attività professionale non rientrerebbero, neanche loro, nell'ambito di applicazione del regolamento. Infine, dalla giurisprudenza della Corte risulterebbe che un siffatto nesso con la libera circolazione non è necessario per l'applicazione di tale regolamento (v. sentenza Kulzer, citata). 62. I governi svedese e del Regno Unito sostengono che dalla giurisprudenza della Corte risulta che il regolamento n. 1408/71 - e dunque il principio di parità di trattamento enunciato al suo art. 3, n. 1 - non si applica ai casi che non abbiano alcun nesso con una qualsiasi delle situazioni considerate dal diritto comunitario (v. sentenze 22 settembre 1992, causa C-153/91, Petit, Racc. pag. I-4973, punti 8-10; 5 giugno 1997, cause riunite C-64/96 e C-65/96, Racc. pag. I-3171, punti 16 e 17, e Kulzer, citata, punto 31). Pertanto, tale principio non si applicherebbe nemmeno ad un apolide o ad un profugo che si trova in una situazione in cui tale nesso di collegamento non sussiste. 63. La Commissione fa valere che dall'art. 2 dei protocolli addizionali agli accordi interinali europei risulta che i profughi devono essere inclusi esclusivamente qualora i cittadini delle parti contraenti possano beneficiare dei diritti che derivano dai suddetti accordi. Tali accordi non sarebbero applicabili nelle relazioni puramente interne tra una parte contraente ed i suoi propri cittadini che svolgono un'attività all'interno del paese. I profughi potrebbero pertanto beneficiare di tali diritti soltanto nell'ambito delle relazioni transfrontaliere tra le parti contraenti, e non all'interno del paese ospitante. 64. Tale analisi sarebbe confermata dal fondamento giuridico dei regolamenti n. 3 e n. 1408/71. Gli apolidi ed i profughi sarebbero stati inclusi nell'ambito di applicazione di tali regolamenti per ragioni di connessione ratione materiae con una competenza del legislatore basata sull'art. 51 del Trattato CEE. Il regolamento n. 1408/71 non sarebbe applicabile nei confronti di apolidi o di profughi che non sono hanno mai avuto relazioni, di qualsiasi natura, con un Stato membro diverso da quello ospitante e che si trovano pertanto in una situazione in cui manca qualsiasi nesso con il diritto comunitario. Giudizio della Corte 65. Per quanto riguarda gli apolidi ed i profughi, nonché i loro familiari, che sono immigrati in uno Stato membro direttamente da un paese terzo e che non si sono spostati all'interno della Comunità, occorre, da una parte, ricordare che è necessario interpretare il regolamento n. 1408/71 alla luce dell'art. 51 del Trattato CEE, che ne costituisce uno dei fondamenti giuridici. 66. Ora, l'art. 51 del Trattato CEE riguarda principalmente il coordinamento dei regimi di previdenza sociale degli Stati membri ed il pagamento delle prestazioni nell'ambito di tali regimi così coordinati. 67. Dall'altra parte, secondo la giurisprudenza della Corte il regolamento n. 1408/71 ha essenzialmente lo scopo di garantire l'applicazione, secondo criteri uniformi e comunitari, dei regimi previdenziali riguardanti, in ciascuno Stato membro, i lavoratori che si spostano nell'ambito della Comunità. A tale scopo esso fissa un complesso di norme basate in particolare sul divieto di discriminazioni a causa della nazionalità o della residenza e sulla conservazione a favore del lavoratore dei diritti acquistati in forza del o dei regimi previdenziali che gli sono stati applicati (v. sentenza 10 gennaio 1980, causa 69/79, Jordens-Vorsters, Racc. pag. 75, punto 11). 68. Certo, la Corte ha dichiarato che il fatto che l'art. 4, n. 1, del regolamento n. 3 - che è identico in sostanza all'art. 2, n. 1, del regolamento n. 1408/71 - riguardi anche persone che sono, o sono state, sottoposte alla legislazione di un solo Stato membro dimostra che, lungi dal riguardare solo i lavoratori migranti in senso stretto, il regolamento n. 3 si applica a tutti i lavoratori che si trovino in una delle situazioni di carattere internazionale da esso contemplate, come pure ai loro superstiti (v. sentenza Compagnie belge d'assurances générales sur la vie et contre les accidents, citata, punto 4). 69. Tuttavia essa ha poi precisato che le norme del Trattato in materia di libera circolazione delle persone e gli atti emanati in esecuzione delle dette norme non possono essere applicati ad attività che non abbiano alcun nesso con una qualsiasi delle situazioni considerate dal diritto comunitario ed i cui elementi si collocano tutti all'interno di un solo Stato membro (v., in particolare, sentenze Petit, citata, punto 8; 2 luglio 1998, cause riunite da C-225/95 a C-227/95, Kapasakalis e a., Racc. pag. I-4239, punto 22, nonché 26 gennaio 1999, causa C-18/95, Terhoeve, Racc. pag. I-345, punto 26). 70. Per quanto riguarda la previdenza sociale, la Corte ha dichiarato che l'art. 51 del Trattato CEE e il regolamento n. 1408/71, ed in particolare il suo art. 3, non si applicano a situazioni che, in tutti i loro elementi, si collocano all'interno di un solo Stato membro (v. sentenza Petit, citata, punto 10). 71. Questo è, in specie, il caso che si verifica quando la situazione di un lavoratore presenta esclusivamente dei nessi con un paese terzo e un solo Stato membro (v., in tal senso, sentenza 20 ottobre 1993, causa C-297/92, Baglieri, Racc. pag. I-5211,punto 18, e sentenza 29 giugno 1999, causa C-60/93, Aldewereld, Racc. pag. 1-2991, punto 14). 72. Di conseguenza, occorre risolvere la seconda questione nelle cause da C-95/99 a C-98/99 e C-180/99 nel senso che i lavoratori apolidi o profughi che risiedono nel territorio di uno degli Stati membri, nonché i loro familiari, non possono fare valere i diritti conferiti dal regolamento n. 1408/71 se si trovano in una situazione i cui elementi si collochino tutti all'interno di questo solo Stato membro. Sulla terza questione pregiudiziale nelle cause C-96/99 e C-180/99 73. Tenuto conto della risposta data alla seconda questione nelle cause da C-95/99 a C-98/99 e C-180/99, non occorre risolvere la terza questione sollevata nelle cause C-96/99 e C-180/99. Sulle spese 74. Le spese sostenute dai governi spagnolo, svedese e del Regno Unito, nonché dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nelle cause principali il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Per questi motivi, LA CORTE pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Bundessozialgericht con ordinanza 15 ottobre 1998, dichiara: 1) L'esame della prima questione pregiudiziale non ha messo in luce elementi tali da inficiare la validità del regolamento (CEE) del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità, nella versione modificata e aggiornata dal regolamento (CEE) del Consiglio 2 giugno 1983, n. 2001, per il fatto che include nel suo ambito di applicazione ratione personae gli apolidi e i profughi residenti nel territorio di uno degli Stati membri nonché i loro familiari. 2) I lavoratori apolidi o profughi residenti nel territorio di uno degli Stati membri, nonché i loro familiari, non possono fare valere i diritti attribuiti dal regolamento n. 1408/71, nella versione modificata e aggiornata dal regolamento n. 2001/83, qualora si trovino in una situazione i cui elementi si collochino tutti all'interno di questo solo Stato membro. (Firme) Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l'11 ottobre 2001.

 

[1] Il 2° comma dell’articolo espressamente consente di rivolgersi alla Corte di Giustizia tutte le volte in cui determinate questioni sollevate innanzi i giudici degli Stati membri necessitano dell’interpretazione della Corte di Giustizia per l’emanazione della sentenza.

[2] La Corte con sentenza del 29/10/1998 aveva già chiarito che l’esclusione dei lavoratori (per via della cittadinanza) dalla concessione degli assegni familiari costituiscono per gli Stati membri violazione agli obblighi previsti dal Trattato.

[3] La Cassazione con sentenza 2674797 ha specificato che la categoria dei rifugiati politici è più ristretta di quella degli aventi diritto all’asilo, poiché la Convenzione di Ginevra sui rifugiati presuppone quale elemento determinante per l’individuazione dei rifugiati, un fondato timore di essere perseguitato, cioè un requisito che non è considerato necessario dall’art.10 comma 3° della Costituzione, né prevede un vero e proprio diritto di asilo in favore dei rifugiati.