AFFARI COSTITUZIONALI (1)

MARTEDI' 27 NOVEMBRE 2001
56 Seduta

Presidenza del Presidente
PASTORE


Intervengono il Sottosegretario di Stato per l'interno Taormina e, ai sensi dell'articolo 48 del Regolamento, il Presidente dell'Autorit per le garanzie nelle comunicazioni, professor Cheli.


La seduta inizia alle ore 14,35.


SULLA PUBBLICIT DEI LAVORI

Il presidente PASTORE rammenta il regime di pubblicit dei lavori gi adottato nelle precedenti audizioni dell'indagine conoscitiva sulla riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, mediante trasmissione audiovisiva a circuito interno, che propone di estendere a quella che sta per iniziare, avendo acquisito in proposito il consenso preventivo del Presidente del Senato.

La Commissione consente.

PROCEDURE INFORMATIVE

Seguito dell'indagine conoscitiva sugli effetti nell'ordinamento delle revisioni del Titolo V della Parte II della Costituzione: audizione del Presidente dell'Autorit per le garanzie nelle comunicazioni.

Dopo una breve introduzione del Presidente PASTORE, ha la parola il professor Cheli che svolge le sue considerazioni sul tema oggetto dell'indagine.

Seguono gli interventi dei senatori FISICHELLA, MANCINO, MAGNALBO' e VILLONE, nonch del Presidente PASTORE, ai quali replica il professor Cheli.

Il PRESIDENTE ringrazia quindi il professor Cheli e lo congeda, dichiarando conclusa l'audizione.

Il seguito dell'indagine conoscitiva infine rinviato.


IN SEDE CONSULTIVA

(884) Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 ottobre 2001, n. 374, recante disposizioni urgenti per contrastare il terrorismo internazionale, approvato dalla Camera dei deputati.
(Parere alla 2 Commissione, ai sensi dell'articolo 78, comma 3, del Regolamento. Esame. Parere favorevole).

Il relatore MALAN ricorda i recenti episodi sui quali si fondano la necessit e l'urgenza del provvedimento emanato dal Governo, teso a rafforzare gli strumenti di prevenzione e contrasto nei confronti del terrorismo internazionale, prevedendo l'introduzione di adeguate misure sanzionatorie e di idonei dispositivi operativi.

Accertata la presenza del prescritto numero di senatori, la Commissione approva la proposta di parere favorevole.


(884) Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 ottobre 2001, n. 374, recante disposizioni urgenti per contrastare il terrorismo internazionale, approvato dalla Camera dei deputati.
(Parere alla 2 Commissione. Esame e rinvio).

Il relatore MALAN illustra nel dettaglio le disposizioni del decreto-legge n. 374 e le modifiche approvate dalla Camera dei deputati soffermandosi, in particolare, sulle disposizioni integrative del codice penale, attraverso le quali si introduce la punibilit di coloro che compiono atti di violenza su persone o cose, con finalit di terrorismo, anche all'estero, o comunque ai danni di uno Stato estero, di una istituzione o di un organismo internazionale, e su quelle che escludono la punibilit di alcune attivit sotto copertura compiute dagli ufficiali di polizia giudiziaria al fine di acquisire elementi di prova in ordine ai delitti commessi con finalit di terrorismo anche internazionale.
Con riferimento all'articolo 4, comma 1, osserva che la formulazione del testo non sembra escludere che gli ufficiali di polizia possano consentire l'utilizzo di armi al fine di acquisire elementi di prova. Inoltre, all'articolo 5, per sciogliere l'ambiguit della attuale formulazione del comma 2, ritiene che si potrebbe sostituire la parola "salvo" con la parola "sempre".
Si riserva quindi di formulare un parere favorevole con le osservazioni da lui svolte e con le altre che emergeranno nel corso dell'esame.

Il presidente PASTORE, ricordando che la Camera dei deputati ha apportato rilevanti modifiche al testo del decreto-legge emanato dal Governo, con riguardo all'articolo 1, capoverso articolo 270-bis, al comma 1, osserva che il riferimento all'eversione dell'ordine democratico rende ambigua la portata del precetto ed equipara, ai fini di una medesima sanzione penale, fattispecie non omogenee: gli atti con finalit di terrorismo e gli atti di eversione dell'ordine democratico. Riguardo all'articolo 1, capoverso articolo 270-ter, comma 1, poi, si dovrebbe precisare la necessit della ricorrenza di una condizione di dolo specifico. Infine, si dovrebbe precisare che il provvedimento in titolo entra in vigore il giorno successivo alla data della sua pubblicazione, al fine di evitare, a causa dei tempi necessari per la materiale pubblicazione e conseguente conoscibilit del decreto, che le previsioni in esso contenute possano avere un impropria efficacia retroattiva, in violazione di quanto previsto dell'articolo 25 della Costituzione.

Il senatore BOSCETTO condivide le osservazioni esposte dal Presidente. Il senatore VILLONE, rilevando che il testo con le modifiche apportate dalla Camera dei deputati in pi parti differisce sostanzialmente rispetto a quello originario del Governo, fa notare come la formulazione del comma 1 dell'articolo 270-bis risultante da dette modifiche, potrebbe far sorgere il dubbio che la precisazione secondo la quale viene punito il proposito di compiere atti di violenza sia riferita ai soli atti con finalit di terrorismo e non a quelli di eversione dell'ordine democratico.

Il presidente PASTORE ritiene opportuno proseguire l'esame in presenza di un rappresentante del Governo competente per materia.

La Commissione conviene.

Il seguito dell'esame quindi rinviato.


IN SEDE REFERENTE

(795) Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo.
(55) EUFEMI e altri. - Norme in difesa della cultura italiana e per la regolamentazione dell'immigrazione.
(770) CREMA. - Nuove norme in materia di immigrazione.
(Seguito dell'esame congiunto e rinvio).

Prosegue l'esame congiunto, sospeso nella seduta pomeridiana del 21 novembre.

Il senatore EUFEMI ritiene che il disegno di legge n. 795, presentato dal Governo, si muove nella direzione di correggere i gravi squilibri che si sono determinati nel Mediterraneo e che contribuiscono ad aggravare i problemi nei rapporti Nord-Sud. Dal momento che l'immigrazione, come si presentata nel nostro Paese, rappresenta un fattore di debolezza, piuttosto che di ricchezza, opportuno far prevalere i vincoli europei, in particolare quelli derivanti dagli accordi di Schengen che impongono responsabilit ai singoli Stati e una azione previsiva capace di governare il fenomeno e di valorizzarlo nelle sue potenzialit.
Occorre tenere conto, fra l'altro, dei princpi affermati dall'articolo 10 della Costituzione, in base al quale la condizione giuridica dello straniero regolata dalla legge in conformit delle norme e dei trattati internazionali, privilegiando i flussi migratori dai paesi che abbiano firmato specifici trattati bilaterali internazionali.
Il provvedimento governativo offre un'ottima base di partenza, ma necessario soffermare l'attenzione sulla regolarizzazione dei lavoratori gi presenti in Italia (articolo 4) e sull'inserimento degli stranieri nel mercato del lavoro (articolo 16). A tale riguardo, se si intende consentire l'emersione del lavoro clandestino, non ha senso limitare la durata del permesso di soggiorno di coloro i quali sono entrati nel nostro Paese per motivi turistici o di studio e che successivamente hanno trovato lavoro. Non si tratterebbe in ogni caso di una sanatoria indiscriminata, bens della concessione di un periodo limitato (per esempio, sei mesi) per stipulare un regolare contratto di lavoro. L'esclusione della possibilit di regolarizzazione, del resto, con tutta probabilit non eviterebbe la permanenza di queste persone sul territorio dello Stato in posizione clandestina.
L'istituto dello sponsor, soppresso dal testo governativo, ove mantenuto rappresenterebbe una corsia preferenziale per quegli stranieri che si sono formati all'estero sulla base di programmi proposti da enti pubblici, consentendo la permanenza in Italia per il tempo necessario alla ricerca di lavoro, per un periodo comunque non superiore a sei mesi.
Suggerisce infine di considerare positivamente la posizione di quei minori che, avendo trovato accoglienza nei centri sostenuti anche con risorse pubbliche, hanno trovato lavoro prima di raggiungere la maggiore et, e la possibilit del ricongiungimento dei figli dello straniero in presenza di altri figli che possano provvedere al proprio sostentamento.
In conclusione, annuncia la presentazione di alcuni emendamenti in relazione alle questioni test illustrate.

Il seguito dell'esame viene quindi rinviato.


SULL'ESAME DEL DISEGNO DI LEGGE ANNUALE DI SEMPLIFICAZIONE

Il PRESIDENTE propone di organizzare l'esame del disegno di legge n. 776 in modo da garantire la pi ampia compartecipazione delle Commissioni industria e lavoro, competenti in sede consultiva, data la particolare configurazione del testo. Ci si potrebbe realizzare, fra l'altro, fissando termini per emendamenti anche differenziati per i diversi gruppi di articoli, cos che essi vengano a scadere, per le parti di rispettivo interesse, solo dopo che le Commissioni 10 e 11 avranno reso il proprio parere. Inoltre, il meccanismo di sostituzione dei membri della Commissione, ai sensi dell'articolo 31 del Regolamento, potr essere utilizzato, in accordo con le commissioni interessate, fino agli sviluppi pi estesi, in particolare attribuendo l'incarico di relatore in 1 Commissione (e quindi in Assemblea), per gli articoli di competenza, a senatori appartenenti a quelle commissioni, che potrebbero essere gli estensori dei rispettivi pareri.

La Commissione accoglie la proposta del Presidente.

INTEGRAZIONE DELL'ORDINE DEL GIORNO

Il PRESIDENTE annuncia, in conformit alle decisioni assunte nella riunione odierna dell'Ufficio di Presidenza, che l'ordine del giorno sar integrato sin dalle sedute successive, con i seguenti disegni di legge: 863, "Norme per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero"; 892, "Conversione in legge del decreto-legge 23 novembre 2001, n. 411, recante proroghe e differimenti di termini"; 428, "Modifica della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, in materia di ordinamento delle anagrafi della popolazione residente e del nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223".

La Commissione prende atto.

VARIAZIONE DI ORARIO DELLA SEDUTA POMERIDIANA DI GIOVEDI'

Il PRESIDENTE avverte che la seduta pomeridiana di gioved avr inizio alle ore 15 anzich alle ore 15,30.

La Commissione prende atto.


CONVOCAZIONE DELLA SOTTOCOMMISSIONE PARERI

Il PRESIDENTE annuncia la convocazione di una ulteriore riunione della Sottocommissione pareri, domani, mercoled 28 novembre, alle ore 13,50.
La Commissione prende atto.

La seduta termina alle ore 16,30.



SENATO DELLA REPUBBLICA
XIV LEGISLATURA


BOZZE NON CORRETTE



1 COMMISSIONE PERMANENTE
(Affari costituzionali, affari della Presidenza del Consiglio e dell'interno,
ordinamento generale dello Stato e della Pubblica Amministrazione)


INDAGINE CONOSCITIVA SUGLI EFFETTI NELL'ORDINAMENTO DELLE REVISIONI DEL TITOLO V DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE



9 RESOCONTO STENOGRAFICO




SEDUTA DI MARTEDI' 27 NOVEMBRE 2001


Presidenza del presidente PASTORE






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I testi contenuti nel presente fascicolo - che anticipa ad uso interno l'edizione del Resoconto stenografico - non sono stati rivisti dagli oratori
IC 0161

INDICE

Audizione del Presidente dell'Autorit per le garanzie nelle comunicazioni


        PRESIDENTE
        FISICHELLA (AN)
        MAGNALBO' (AN)
        MANCINO (Mar-DL-U)
        VILLONE (DS-U)
        CHELI




N.B: Sigle dei Gruppi parlamentari: Alleanza Nazionale: AN; CCD-CDU:Biancofiore: CCD-CDU:BF; Forza Italia: FI; Lega Nord Padania: LNP; Democratici di Sinistra-l'Ulivo: DS-U; Margherita-DL-l'Ulivo: Mar-DL-U; Verdi-l'Ulivo: Verdi-U; Gruppo per le autonomie: Aut; Misto: Misto; Misto-Comunisti italiani: Misto-Com; Misto-Rifondazione Comunista: Misto-RC; Misto-Socialisti Democratici Italiani-SDI: Misto-SDI; Misto-Lega per l'autonomia lombarda: Misto-LAL; Misto-Libert e giustizia per l''Ulivo: Misto-LGU; Misto-Movimento territorio lombardo: Misto-MTL; Misto-Nuovo PSI: Misto-NPSI; Misto-Partito repubblicano italiano: Misto-PRI; Misto-MSI-Fiamma Tricolore: Misto-MSI-Fiamma.







Interviene il Presidente dell'Autorit per le garanzie nelle comunicazioni, professor Enzo Cheli.

I lavori hanno inizio alle ore 14,40.


PROCEDURE INFORMATIVE


Audizione del Presidente dell'Autorit per le garanzie nelle comunicazioni


PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'indagine conoscitiva sugli effetti nell'ordinamento delle revisioni del Titolo V della Parte II della Costituzione, sospesa nella seduta di gioved 22 novembre.
E' in programma per oggi l'audizione del Presidente dell'Autorit per le garanzie nelle comunicazioni, professor Enzo Cheli, che coinvolto, come altre Autorit indipendenti, da questa riforma costituzionale che vede tra l'altro, nel comma terzo dell'articolo 117 della Costituzione, come materia di legislazione concorrente fra Stato e Regioni quella relativa all'ordinamento della comunicazione. Dopo aver audito al riguardo anche altre voci autorevoli, che ci hanno fornito delle visioni assai ampie delle vere problematiche, sarebbe a mio avviso opportuno entrare ora un po' pi nel dettaglio quanto alle materie trasferite alla competenza delle regioni, su cui possono sorgere anche alcuni problemi e perplessit.
Cedo pertanto la parola al professor Cheli per una esposizione introduttiva.

CHELI. Signor Presidente, onorevoli senatori, anche a nome dell'Autorit per le garanzie nelle comunicazioni vi ringrazio per questo invito, che mi d la possibilit di esporre qualche considerazione sulla recente riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione. Si tratta di una riforma destinata ad incidere profondamente sugli equilibri della nostra forma di Stato, data anche l'ampiezza del riassetto delle competenze fra centro e periferia che con questa nuova disciplina si inteso realizzare.
Prima di accennare ai profili che pi direttamente interessano la sfera delle competenze assegnate all'Autorit che qui rappresento, vorrei svolgere qualche considerazione di carattere generale, traendo spunto dai primi commenti che la riforma ha suscitato, anche in sede scientifica, tra i soggetti che pi sono interessati alla sua attuazione. Il primo dato da rilevare che questi commenti appaiono tutti ispirati ad una grande prudenza, che facile spiegare ove si pensi all'assoluta novit del modello che con questa riforma si voluto adottare. A ben guardare, non sembra, infatti che la disciplina introdotta con la riforma possa trovare punti di riferimento sicuri sul piano comparatistico n nella esperienza confederale tedesca - che quella pi richiamata - n nella esperienza regionale spagnola n tantomeno in quella statunitense.
In realt mi sembra che il modello di Stato di cui oggi disponiamo dopo la revisione del Titolo V si presenti come un modello del tutto inedito, almeno per due ordini di ragioni. In primo luogo, perch il modello viene a combinare una forma di Stato a regionalismo forte con alcuni elementi molto pronunciati di federalismo, combinazione che tende a collocare il risultato di forma di Governo derivante da questa riforma in una dimensione che non pi regionale n federale, ma che forse potrebbe essere una dimensione intermedia prefederale o quasi federale. In secondo luogo, mi sembra che il modello sia inedito perch non nato come il frutto di una scelta contestuale e unitaria, ma come il risultato di un lungo processo incrementale che nell'arco di oltre cinquant'anni ha finito per sovrapporre modelli diversi, spesso ispirati ad esperienze diverse. Modelli che partono da quello adottato dalla Carta Costituzionale del 1948 e dagli statuti speciali, passano attraverso l'attuazione del regionalismo ordinario all'inizio degli anni '70 per poi giungere, attraverso una lunga e complessa elaborazione della giurisprudenza costituzionale, alle riforme ordinarie del 1997 e del 1998, per poi approdare alle riforme costituzionali del 1999 e di quest'anno.
Siamo perci in presenza di un modello che la risultante di molti modelli che si sono sovrapposti nel tempo e che occorre adesso sforzarsi di combinare e ricomporre in un disegno ordinario. Ma proprio la complessit di questo percorso storico che induce anche a ritenere che la definitiva messa a regime di questa riforma potr richiedere tempi non brevi, data la necessit, da un lato, di procedere al varo di varie leggi di completamento previste dalla stessa riforma, dall'altro, di far maturare nuovi indirizzi nella giurisprudenza costituzionale, in grado di accompagnare il processo attuativo.
Da qui anche la preoccupazione che molti manifestano in ordine ai rischi di conflittualit che questa fase di avvio, ove si dovesse prolungare a lungo, potrebbe comportare. Questi rischi indubbiamente esistono, data anche l'assenza di una disciplina transitoria che mai come in questo caso forse sarebbe stato opportuno introdurre; ma sono rischi che potrebbero essere contenuti e limitati ove si adottasse nella prassi una condotta ispirata a criteri di ragionevolezza e proporzionalit, una condotta diretta a sviluppare, attraverso un confronto costante nelle sedi istituzionali di raccordo tra Stato, regioni e autonomie locali (le cosiddette cabine di regia), un confronto costante sulle modalit attuative della riforma. Ora, mi sembra indubbio che in questo contesto dovrebbe essere valorizzato al massimo il ruolo della Commissione bicamerale per le questioni regionali, da integrare subito, senza indugi, con i rappresentati dei poteri locali, cos come previsto dall'articolo 11 della legge della riforma.
Detto questo vorrei solo accennare a quelli che, a mio avviso, possono considerarsi i punti salienti di questo nuovo disegno. Come stato pi volte sottolineato, l'asse centrale della riforma va sicuramente ricercato nel nuovo assetto delle competenze legislative e in particolare nel rovesciamento del principio di residualit relativo all'esercizio di queste competenze fra Stato e regioni, secondo quanto disposto, in base ad un criterio che tipico degli Stati federali, dal quarto comma del nuovo articolo 117 della Costituzione. Ma, sempre sul piano della legislazione, un rilievo notevole assume anche l'elencazione delle competenze esclusive e concorrenti, che presenta, rispetto al passato, aspetti di notevole novit, e viene comunque a spostare un carico consistente di poteri dalla sfera statale a quella regionale.
Al di fuori di quanto previsto per la funzione legislativa, i profili di maggior interesse della nuova disciplina possono essere a mio avviso individuati, in primo luogo nel riconoscimento di una autonomia di rango costituzionale a favore non soltanto delle regioni, che gi ne disponevano, ma anche dei Comuni, delle province e delle citt metropolitane. In secondo luogo, nella previsione di una maggiore flessibilit del modello regionale mediante l'individuazione di un tertium genus tra regionalismo ordinario e regionalismo speciale: nasce una terza categoria. In terzo luogo, nell'ampiezza del trasferimento del potere regolamentare verso le regioni, regioni che presumibilmente verranno in futuro ad occupare, o per competenze proprie o per competenze delegate, quasi l'intero spazio della normazione secondaria (anche questo un punto molto significativo della riforma). In quarto luogo, nel superamento del principio del parallelismo dell'esercizio delle funzioni amministrative, che la riforma viene ad incentrare in prevalenza sui comuni, pur nel rispetto dei princpi di sussidiariet, differenziazione ed adeguatezza gi richiamati nella riforma Bassanini. In quinto luogo, nell'attribuzione alle regioni e a tutti gli enti locali di un potere impositivo autonomo, che si affianca alla compartecipazione al gettito erariale riferibile ai rispettivi territori, cos da garantire agli stessi enti - anche questo un profilo di notevole novit - il finanziamento integrale delle proprie funzioni. Infine, nell'eliminazione dei controlli, del controllo preventivo sulle leggi regionali e di tutti i controlli preventivi e successivi sugli atti amministrativi delle regioni e degli enti locali, cui si aggiunge la scomparsa del commissario di Governo. Eliminazione dei controlli peraltro compensata dall'introduzione di un generale potere di sostituzione affidato al Governo nei casi in cui le azioni, o le omissioni, dei soggetti di autonomia possano comportare rischi gravi per gli interessi unitari dello Stato. Quest'ultima previsione, che contenuta nella nuova formulazione dell'articolo 120, segna a mio avviso un passaggio importante, oltre che nuovo, dal momento che tende a rappresentare la norma di chiusura dell'intero sistema. Da qui l'esigenza che si avverte di procedere rapidamente anche all'approvazione della legge destinata a definire l'attuazione di questo istituto, nel rispetto dei princpi di sussidiariet e di leale collaborazione che vengono richiamati dallo stesso articolo 120.
Se dai profili di maggior rilievo si passa poi agli aspetti problematici della riforma, tra i temi caratterizzati da maggiore incertezza vorrei ricordare: in primo luogo, il richiamo agli obblighi internazionali come limite generale contrapposto alla legislazione statale e regionale, limite che va oggi interpretato e coordinato con quanto gi espresso nell'articolo 10 della Costituzione; in secondo luogo, la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, definizione che potrebbe, se interpretata estensivamente, sottrarre notevoli spazi alla legislazione concorrente regionale; in terzo luogo, il futuro delle leggi di delegificazione e dei regolamenti delegati, leggi e regolamenti sinora limitati alla sola sfera delle fonti statali, ma la situazione qui cambia; in quarto luogo, l'individuazione dei presupposti e delle condizioni per l'esercizio dei poteri sostitutivi assegnati al Governo, come prima si ricordava, dalla nuova formulazione dell'articolo 120.
Al di l di questi punti, che mi pare siano gi stati ripetutamente toccati nel corso delle precedenti audizioni, vorrei soltanto accennare a due aspetti destinati, a mio avviso, ad assumere un rilievo preminente proprio nella fase di avvio della riforma che sta iniziando. Il primo aspetto riguarda la legislazione concorrente e investe, in particolare, il rapporto che corre tra determinazione dei princpi fondamentali, riservata allo Stato, e formulazione della disciplina attuativa di tali princpi, riservata alle regioni. Il dubbio che a questo proposito sorge, anche in relazione alla formulazione ora adottata, che sensibilmente diversa da quella espressa nella precedente formulazione dell'articolo 117, se i criteri seguiti in passato per individuare il rapporto e la linea di confine tra le due competenze possano ritenersi tuttora validi o siano invece superati, anche alla luce del rovesciamento del principio di residualit. In altre parole, si potrebbe pensare, nel nuovo impianto, che proprio lo spostamento del peso preminente delle competenze normative in direzione regionale, tenda di contro a rafforzare il ruolo e l'importanza dei princpi fondamentali riservati allo Stato. Il punto viene ad assumere un rilievo particolare in questa fase di avvio, nell'ipotesi in cui lo Stato dovesse tardare ad adottare le leggi quadro e le regioni intendessero invece avviare immediatamente l'esercizio delle loro competenze. In passato, come sappiamo, il problema stato risolto ricorrendo, in assenza delle leggi quadro, ai princpi generali desumibili in via interpretativa dall'insieme dalla legislazione statale di settore, ma tale soluzione viene oggi a suscitare dubbi non lievi, proprio con riferimento al nuovo quadro, basti solo considerare l'indeterminatezza della sfera dei princpi fondamentali rispetto a talune nuove materie richiamate nel terzo comma, quali il governo del territorio, l'ordinamento della comunicazione - di cui poi vorrei parlare -, l'armonizzazione dei bilanci pubblici e il coordinamento della finanza pubblica; ovvero ove si tenga presente il fatto che l'espansione della competenza legislativa regionale in tutte le materie residuali, con il superamento del carattere originario di questa legislazione (da interstiziale a generale), render sempre pi problematica la ricerca in via di mera interpretazione dei princpi fondamentali. Dal che la conseguenza che, almeno con riferimento alle materie di nuovo impianto, l'individuazione dei princpi attraverso specifiche leggi-quadro dovrebbe assumere un rilievo essenziale e forse anche condizionante per l'esercizio effettivo della competenza concorrente. Ma anche questo un tema che andrebbe affrontato, pi che facendo riferimento a parametri astratti, in via pragmatica, distinguendo materia da materia e concordando in via convenzionale, appunto nelle cosiddette cabine di regia, che almeno in talune materie di nuovo impianto il varo della legge-quadro debba ritenersi, per il rilievo e la novit della materia, pregiudiziale all'esercizio e all'avvio concreto della competenza.
Il secondo aspetto che vorrei richiamare riguarda la scomparsa del limite dell'interesse nazionale, che in precedenza risultava enunciato negli articoli 117 e 127 della Costituzione. In conseguenza di ci sorta la domanda se questo limite, spesso utilizzato nella giurisprudenza costituzionale, debba ritenersi tuttora in vigore in assenza di un richiamo. La risposta che in prevalenza si tende a dare che questo limite tuttora sussista, sia pure implicitamente, in quanto strettamente correlato al principio dell'unit e dell'indivisibilit della Repubblica, posto dall'articolo 5. Su questo piano si potrebbe anzi rilevare che, in base alla nuova formulazione adottata dall'articolo 120, il limite dell'interesse nazionale abbia finito per assumere un contenuto pi preciso, una consistenza maggiore, con il richiamo espresso sia all'unit giuridica sia all'unit economica sia ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.
Resta comunque aperto il problema, forse il maggiore, se il potere sostitutivo introdotto dal nuovo articolo 120 possa essere riferito, oltre che alle attivit amministrative, anche all'attivit legislativa regionale. Considerata la natura ed il livello degli interessi richiamati in questa norma, personalmente propenderei per una risposta positiva, pur senza sottovalutare i problemi che tale soluzione pu comportare sul piano delle procedure. Anche questo aspetto induce a sottolineare la necessit e l'urgenza di procedere in tempi stretti al varo della legge sulle procedure relative all'esercizio dei poteri sostitutivi.
Per concludere, vorrei infine spendere poche parole sui profili della riforma che maggiormente interessano le funzioni dell'Autorit che qui sono chiamato a rappresentare. Come sappiamo, la nuova formulazione dell'articolo 117 assegna all'ambito della competenza concorrente la materia relativa all'ordinamento della comunicazione. Questa norma pone tre ordini di problemi, cui vorrei in via preliminare soltanto accennare. Il primo concerne la definizione dell'esatto contenuto di una materia che stata individuata con un'espressione, "ordinamento della comunicazione", mai usata in passato nella nostra legislazione. Per definire tale contenuto, l'esame dei lavori preparatori non sembra d'altro canto offrire risposte sicure, o un aiuto sicuro, mentre dalla legislazione recente si pu rilevare che il termine "comunicazione", al singolare, stato impiegato con riferimento alla comunicazione politica nella legge n. 28 del 2000 e con riferimento alla comunicazione istituzionale nella legge n. 150 del 2000.
Probabilmente in questo vuoto di riferimenti, quello pi diretto alla materia che stata cos indicata nella riforma pu essere ricercato nella legge n. 249 del 1997. Quest'ultima, nell'istituire l'Autorit per le garanzie nelle comunicazioni e nel modificare la denominazione del Ministero delle poste e telecomunicazioni in Ministero delle comunicazioni, ha adottato il termine "comunicazioni" al plurale, riferendolo sia al settore delle telecomunicazioni che a quello radiotelevisivo.
Se cos , l'espressione "ordinamento della comunicazione" potrebbe ritenersi coincidente con quel sistema delle comunicazioni che stato posto ad oggetto della legge n. 249 del 1997 e delle successive modifiche.
Il secondo problema riguarda l'incidenza che possono avere i limiti richiamati nel primo comma del nuovo articolo 117 su questa particolare materia.
E' appena il caso di ricordare che una componente molto consistente della disciplina in tema di comunicazioni (e precisamente di telecomunicazioni) passa oggi attraverso l'attuazione di norme comunitarie e internazionali. La stessa presenza, nel settore, di un'autorit di regolazione indipendente discende – com' noto- da un vincolo imposto da una direttiva comunitaria, segnatamente dall'articolo 7 della direttiva n. 388 del 1990. A ci si aggiunga che la materia della comunicazione viene ad incidere direttamente nell'esercizio di due diritti fondamentali di natura civile, quali quelli enunciati negli articoli 15 e 21 della Costituzione. Profilo questo che pone in gioco anche l'individuazione di quei livelli essenziali di godimento di tali diritti che l'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, riserva alla competenza dello Stato.
Il terzo ed ultimo problema investe la definizione dei princpi fondamentali della materia "ordinamento della comunicazione". L'assenza in materia di una legge quadro o, comunque, di una disciplina organica recente (i vecchi codici postali ormai li abbiamo lasciati alle spalle) riferita all'intero comparto della comunicazione (comprendente telecomunicazione e radiotelevisione) rende oggi particolarmente complessa e delicata la soluzione del problema dell'individuazione dei principi fondamentali. E' vero che sia la legge n. 249 del 1997 (la cosiddetta legge Maccanico) sia il decreto del Presidente della Repubblica n. 318 del 1997 pongono alcuni princpi di carattere generale sia per la radiotelevisione sia per le telecomunicazioni; princpi che, tra l'altro, sono l'esatta traduzione di quelli enunciati nelle direttive comunitarie di settore. Ma – ripeto – l'assenza di una legge quadro, unita alla naturale mobilit di questa materia (che in continua evoluzione sotto la spinta delle nuove tecnologie), rende oggi veramente difficile individuare in via interpretativa (cio prescindendo da una specifica legge) la linea di confine tra norme di principio e norme di dettaglio. Certo che in una materia come questa i principi fondamentali tendono in gran parte a coincidere con i vincoli comunitari. Esiste, infatti, una sostanziale sovrapposizione tra il vincolo comunitario e il principio fondamentale.
Emerge, dunque, ancora una volta in questo settore la necessit di una legge quadro o di sistema (vi erano molti motivi per affermarla e questo solo l'ultimo) in grado di ricomporre, secondo princpi unitari ispirati a processi di convergenza in atto tra i vari mezzi, l'intero comparto delle comunicazioni.

PRESIDENTE. Ringrazio il professor Cheli per la sua esposizione. Tra l'altro, egli ci ha dimostrato come, partendo da un'analisi generale della legge, si arrivi a prospettare (sebbene in maniera problematica), se non la soluzione, quanto meno l'approccio a problemi specifici in tema di ordinamento delle comunicazioni.

FISICHELLA (AN) Ringrazio, innanzi tutto, il professor Enzo Cheli per le lucidissime considerazioni offerte alla riflessione della Commissione affari costituzionali.
Intendo porre, in una prospettiva essenzialmente logica, una questione riferita al tema dell'interesse nazionale. Se ho ben inteso stato affermato che, in fondo, il riferimento all'interesse nazionale permane, in qualche modo anche richiamato dai concetti di unit giuridica ed economica citati in un altro articolo della Costituzione. Per mi chiedo, anzi chiedo ad un eminente giurista quale il professor Cheli, se di fronte ad una manifestazione di volont espressa del legislatore, il quale in ben due passaggi ha cancellato il riferimento all'interesse nazionale, si possa ancora leggere come presente il riferimento all'interesse nazionale nei due articoli sopra richiamati. Tutto questo – ripeto - a dispetto della duplice cancellazione, derivante da una manifestazione di volont legislativa ben precisa. D'altra parte, se vero che il tema dell'unit giuridica ed economica attiene anche alla nozione di interesse nazionale, mi chiedo se, tuttavia, esso la esaurisca. Non vi dubbio, infatti, che il riferimento esplicito a quei due momenti unitari costituisce un fattore che ci permette di riferirci ad esso anche sotto il profilo interpretativo; ho l'impressione, per, che la nozione di interesse nazionale sia pi ampia, includendo il riferimento all'unit, ma non esaurendosi in essa. Vale a dire che altre materie possono costituire oggetto dell'interesse della nazione. Allora, in questo contesto la cancellazione espressa del riferimento all'interesse nazionale in due passaggi forse ha un significato tale da rendere difficile una lettura in via interpretativa che faccia sussistere questo riferimento.

MANCINO (Mar-DL-U). Saluto il presidente Cheli e lo ringrazio per le acute riflessioni svolte poc'anzi.
Tratter un argomento un po' per derivazione, per cos dire. Mentre non stato per caso che il legislatore, nell'esercizio di un suo potere costituente, abbia cancellato il riferimento all'interesse nazionale, siamo di fronte ad un sistema che dovrebbe essere organizzato in modo tale che l'uno possa influenzare l'altro, sia in senso ascendente che in senso discendente. Il sistema avrebbe bisogno di un punto di equilibrio sia nel caso in cui il legislatore nazionale si renda responsabile di omissioni o ritardi sia in quello in cui legislatore regionale, soprattutto nella distinzione delle attivit amministrative, non esplichi le sue funzioni. Il punto di equilibrio dovrebbe essere ricavato dalla tempestivit dell'intervento del legislatore nazionale. Se, soprattutto nella legislazione concorrente, il legislatore nazionale non detta i princpi attraverso leggi quadro, non possiamo immaginare che il legislatore regionale se ne stia con le braccia conserte, perch interverr. Del resto, non inutile richiamare il precedente, anche se questo non aiuta a risolvere completamente la questione: sia prima che durante l'attuazione delle regioni, soprattutto negli anni 1970-1972, si sempre parlato delle leggi quadro, delle leggi cornice, che non ci sono state o sono state poche e comunque irrilevanti. Nell'ipotesi di assenza di un criterio dettato dal legislatore nazionale, a cosa fa riferimento il legislatore regionale? Fa riferimento alla prudenza, a una legislazione del buon padre di famiglia - se si pu coniugare - in tema di produzione legislativa.
Credo che l'interesse nazionale prevarr e, poich per prevalere c' bisogno di una legislazione in positivo, anche in quelle leggi in materia di legislazione concorrente il vincolo deve diventare di carattere generale per rendere omogeneo il sistema. Per tutto dipende dalla volont del legislatore nazionale e dalla persuasione da parte della maggioranza - qualunque essa sia - che esercita sempre un ruolo produttivo costituente.
Seconda questione: il legislatore regionale non distingue fra le attivit amministrative che deve lasciare alle regioni - diciamo l'alta amministrazione - e quelle che devono essere attribuite a comuni e province; in che modo ai comuni, in che modo alle province. Ho forti dubbi sul fatto che il legislatore nazionale possa sostituirsi, in assenza di una legislazione regionale, alla legislazione regionale stessa. In questi casi, ci possiamo trovare di fronte a regioni che legiferano ed attribuiscono le materie alle funzioni amministrative e a regioni che non le attribuiscono affatto, per inerzia, per carenza di volont, per decisioni di carattere politico, per paralisi dell'attivit politica sul piano generale. Cosa avverr in questa "pelle di leopardo" che verrebbe a realizzarsi nell'ordinamento regionale rispetto ai comuni che non hanno alcuna colpa proprio in relazione all'inerzia regionale?

MAGNALBO' (AN). Anch'io ringrazio il professor Cheli per la sua lucidissima relazione. Alcuni dubbi sono simili a quelli espressi dal presidente Mancino per quanto riguarda il rovesciamento del principio di residualit, ossia se lo Stato potr o meno sostituire le regioni in determinate materie che non siano quelle proprio dell'incolumit e sicurezza, trattati internazionali, affari comunitari, unit giuridica ed economica, quindi quelle materie che riguardano l'interesse nazionale cui lei ha fatto riferimento.
La mia domanda un'altra, professor Cheli, su un aspetto ancor pi inquietante in questo territorio delicatissimo. La lettera a) dell'articolo 117 fino a che punto incide sulla potest di legislazione concorrente e sul rovesciamento del principio di residualit? Quasi tutta la nostra legislazione oggi trae fondamento dai rapporti dello Stato con l'Unione europea, dai rapporti internazionali dello Stato. Anche le parole "rapporti dello Stato con l'Unione europea" vanno lette come "comunicazione"-"comunicazioni", cio con questa delicatezza, oppure riguardano tutto quello che proviene dalla Comunit europea? In questo caso l'intera disposizione dell'articolo 117 subirebbe un ripiegamento all'indietro. Se la lettera a) viene applicata, se non si stabilisce bene in una legge quadro, in una legge di sistema, la terminologia "rapporti dello Stato con l'Unione europea", praticamente tutto ritorna nella potest legislativa dello Stato. Questo il dubbio che chiedo di chiarire.

VILLONE (DS-U). Aggiungo a quello dei colleghi il mio ringraziamento al presidente Cheli, che mi pare abbia illustrato con molta efficacia il quadro di quella che una innovazione importante e complessa che abbiamo prodotto con questa riforma, certo non priva di elementi di difficolt per l'interprete. Probabilmente dovremo sviluppare anche qualche nuova categoria, come lo stesso presidente Cheli suggeriva.
Vorrei riprendere alcuni concetti da lui illustrati. Intanto vorrei sottolineare che condivido l'analisi del processo lungo ed articolato che ha prodotto questa riforma e riprendo uno dei quesiti che ho gi posto in precedenza ad alcuni nostri ospiti, considerata la giusta notazione che in realt noi non avremmo pi due categorie, non pi solo le regioni speciali e quelle ordinarie, ma anche un tertium genus. Probabilmente vero, perch vi la possibilit del regionalismo differenziato che uno dei punti significativi della riforma.
La domanda che pongo la seguente: non c' una peculiarit in questo tertium genus? Le regioni a statuto ordinario e quelle a statuto speciale sono definite e costituzionalmente garantire nella loro dimensione, mentre, per quanto concerne il regionalismo differenziato (almeno questo il punto cui non riesco ancora a dare una risposta), mi chiedo se abbia la stessa garanzia di rigidit degli altri due tipi. Una volta che una regione - questa la domanda che ho posto anche ad altri ospiti - si avviata sulla strada del regionalismo differenziato, quest'ultimo, quale che sia la sua entit e la sua qualit, viene ad avere la pienezza della copertura costituzionale, quindi diventa un elemento non reversibile a favore di quella regione, oppure (considerando che il limite a quel regionalismo differenziato si rinviene nell'articolo 119, che invece un elemento chiaramente di immobilit nel sistema perch attiene alla realt socio-economica del Paese, in sostanza alle condizioni nel momento storico) dobbiamo ritenere che non sia cos, che quindi l'elemento di diversificazione di quel tertium genus sia non pi assimilabile alla copertura costituzionale, e quindi alla rigidit degli altri due, ma diventi un elemento in qualche modo elastico, che pu essere acquisito in un certo momento e pu essere anche perduto in un momento successivo, in relazione alle condizioni definite con riferimento all'articolo 119?
Mi pare una questione importante in quanto penso che qualche regione far dei passi in quella direzione e quindi noi concretamente avremo il problema se, come e fino a quando quei passi sono compatibili con i princpi di solidariet e di perequazione di cui all'articolo 119, che sono princpi intrinsecamente mobili in relazione alla condizione socio-economica del Paese. Questa la prima domanda che pongo al presidente Cheli.
Anche sull'interesse nazionale condivido l'impostazione del presidente Cheli. Mi pare di capire che il collega Fisichella ritenga invece che l'interesse nazionale sia scomparso.

FISICHELLA (AN). Vi stata una manifestazione di volont nel senso della sua cancellazione.

VILLONE (DS-U). Ma le categorie elaborate dai giuristi sono talmente numerose che possiamo anche sostenere che non sia cos.

FISICHELLA (AN). Tuttavia, quando si determina il conflitto interpretativo, di fronte ad una manifestazione espressa di volont da parte del legislatore mi chiedo cosa prevalga. Questo un dato che va considerato.
Ho posto un quesito perch mi sembrava che dietro una manifestazione espressa di volont, pur conoscendo abbastanza bene le capacit dei colleghi giuristi di elaborare categorie concettuali in grado di offrire interpretazioni di vario ordine a diverse norme, fosse evidente l'esistenza di determinate forze. La cancellazione di quel principio non avvenuta senza alcuna ragione, ma perch dietro vi sono delle forze che poi si faranno sentire sul terreno dell'interpretazione.

VILLONE (DS-U). Probabilmente la mia lettura di questo punto coincide con quella del presidente Cheli. Certamente qualcosa cambiato, ma cosa? Probabilmente non soltanto non possiamo pi sostenere che esiste implicitamente l'interesse nazionale - come stato riferito - ma nemmeno possiamo pi dare una lettura gerarchica dell'interesse nazionale stesso. Tuttavia se guardiamo allo Stato come ad un elemento inserito in un sistema equiordinato, come al pi grande degli enti territoriali, non c' alcun dubbio che presupposto ultimo della statualit sia l'esistenza di un interesse nazionale, altrimenti per quale ragione esisterebbe lo Stato?
Non credo quindi sia possibile ritenere che non vi sia l'interesse nazionale semplicemente perch non pu non esserci. Infatti, capovolgendo l'argomento, si perviene ad una conclusione che palesemente assurda.

FISICHELLA (AN). E' una logica debole. In questo caso perch non hanno mantenuto il principio?

VILLONE (DS-U). Nei miei interventi ho esplicitamente affermato che stato un errore aver cancellato l'interesse nazionale. Non sostengo tale cancellazione, che giudico erronea in quanto crea pi problemi di quanti ne voglia risolvere.
In ogni caso quella lettura dell'articolo 120 - e anche su questo sono d'accordo con il presidente Cheli - utile in via di semplificazione, ma non necessariamente esaustiva per la strumentazione che noi possiamo collegare all'interesse nazionale. Anch'io tendo a ritenere che vi sia un'implicita e necessaria previsione dell'esistenza di questo interesse ed anche una sua capacit espansiva. Mi sembrano elementi di sistema senza i quali il sistema stesso non tiene e quindi dobbiamo ritenere che sia necessariamente cos. Poi la questione dovr essere affrontata tenendo conto dei rapporti tra legislazione statale, regionale e della Corte costituzionale. Probabilmente si dovr avviare un processo non breve di assestamento di questa realt. Si scriveranno monografie e ne discuteremo con il collega Fisichella in una serie di convegni.

FISICHELLA (AN). Lei sa bene, senatore Villone, che una delle ragioni per le quali stata cancellata la nozione di interesse nazionale proprio il fatto che la Corte costituzionale vi faceva riferimento con una certa frequenza.

VILLONE (DS-U). La Corte costituzionale dava una lettura del principio di interesse nazionale coerente con quel sistema. Tuttavia, gi allora il principio veniva criticato. Oggi quella lettura non pi possibile, ma ci non significa che non ve ne possano essere delle altre.
L'ultima considerazione che svolgo in parziale dissenso rispetto al presidente Cheli. Egli sostiene che alcuni punti possano essere superati soltanto mettendo insieme delle persone di buona volont, per dirla con parole molto semplici. Temo purtroppo che non ci troviamo in un contesto che favorisca questo tipo di soluzione e che invece ci dobbiamo preparare ad un'ipotesi nella quale una certa misura di conflittualit sar inevitabile. Quindi, dobbiamo pensare piuttosto ai modi in cui detta conflittualit potr essere riassorbita (dalla Corte costituzionale all'elaborazione di categorie giuridico-formali utili a consentire il funzionamento del sistema).
L'unica cosa che oggi si pu ragionevolmente sostenere in materia di princpi che in ogni caso questi devono poter essere desumibili, salvo poi vedere l'interpretazione data dalla Corte costituzionale, altrimenti il sistema non si chiude. Non credo sia possibile fornire risposte di altro genere, perch non mi pare che il contesto attuale favorisca ipotesi di soluzioni pi efficienti per il sistema nel suo complesso.

CHELI. Tentare di dare risposta ai molti quesiti posti non assolutamente facile. Vorrei pertanto usare quel criterio di prudenza, richiamato all'inizio, che tutte le persone audite in questa Commissione hanno giustamente adottato.
Seguendo l'ordine delle domande, rilevo che il primo tema toccato stato quello dell'interesse nazionale. Certamente non va sottovalutato il fatto che il richiamo specifico all'interesse nazionale stato intenzionalmente cancellato in sede di approvazione della riforma. Questa cancellazione ha certamente una spiegazione storica, vale a dire che da ricercare nel fatto che in passato lo strumento dell'interesse nazionale stato utilizzato per determinare dei vulnus, anche consistenti, nell'ambito dell'autonomia regionale.
Questo per non significa che la categoria sia scomparsa. E' scomparso un richiamo letterale che aveva legittimato un uso improprio del mezzo, ma il principio dell'interesse nazionale un principio sotteso a qualunque forma di decentramento statale o di tipo regionale o di tipo federale. Anche nelle forme pi avanzate di federalismo esiste un principio di unit, di indivisibilit che, nella nostra Costituzione, espresso all'articolo 5, il quale, anche alla luce della giurisprudenza costituzionale, un principio supremo sottratto alla revisione costituzionale.
Quando si afferma un principio di unit, un principio di indivisibilit, che sotteso a qualunque forma di decentramento (anche la pi avanzata), emerge l'elemento dell'interesse nazionale. Il fatto che tale elemento abbia un'enunciazione espressa ovvero soltanto implicita certamente conta.
Credo che tale cancellazione vada letta nel senso di una censura storica al modo in cui questo strumento stato usato in passato. Ci comporta l'esigenza, specialmente in sede di giustizia costituzionale, di ricostruire il principio alla luce del nuovo sistema, ma non di considerare l'impossibilit di utilizzare questo strumento. A tal fine, il richiamo all'articolo 120 della Costituzione utile per fornire alcuni elementi di contenuto, anche se certamente questi non possono esaurire gli strumenti attraverso cui realizzare il principio di unit e indivisibilit.
La caratteristica dell'interesse nazionale, implicito o esplicito che sia, sta proprio nell'impossibilit di prevedere in anticipo tutte le possibili forme di manifestazione, che possono mettere in discussione il principio stesso.
Perci, l'articolo 120 utile come prima pista per individuare alcune categorie riferibili all'interesse nazionale, in particolare l'unit giuridica o quella economica, ma certamente non le esaurisce. Per forza di cose, queste dovranno essere messe a regime, in quanto implicite, ma a mio avviso ineliminabili, attraverso gli svolgimenti futuri della giurisprudenza costituzionale.
Un secondo aspetto toccato dal presidente Mancino riguarda le possibili omissioni. Ho citato quelle dello Stato che non emana le leggi quadro; c' l'ipotesi inversa, delle omissioni delle regioni che non approvino leggi che consentano di decentrare poteri amministrativi a livello comunale o di altri enti locali.
In questo caso, possibile configurare un intervento dello Stato che si sostituisca alla regione? Anche se, come dicevo nell'intervento introduttivo, personalmente sono favorevole alla lettura dell'articolo 120 non limitata ai soli aspetti amministrativi ma in grado di incidere anche su quelli legislativi, salvo per una legge di completamento che preveda procedure adeguate, che per il momento non ci sono; credo comunque che un potere sostitutivo dello Stato nei confronti di regioni che non decentrano poteri amministrativi non sia configurabile, almeno nell'attuale modello.
Una situazione di questo genere, che possa dar luogo a diversit di livelli di decentramento amministrativo, pu essere censurata a livello politico, nelle cabine di regia di cui si diceva, nelle sedi di raccordo tra Stato e Regioni, nella Commissione parlamentare, ma una censura specifica che porti la legge dello Stato a scendere negli aspetti organizzativi di distribuzione delle funzioni tra Stato e poteri locali, con tutta la cautela che la risposta deve avere, come dicevo all'inizio, molto problematica, quasi impossibile.
Credo di avere gi accennato una risposta, con riferimento alla domanda del presidente Mancino, circa l'analogo quesito del senatore Magnalb su come comportarsi se le regioni non fanno quel che devono, se pu intervenire lo Stato.
Il senatore Magnalb ha posto un'altra domanda riguardante i limiti comunitari previsti dal primo comma dell'articolo 117: sono cos ampi da azzerare la competenza concorrente? Come ho gi detto, penso che tali limiti vadano presi sul serio. Nel momento in cui si raddoppia il carico dei poteri normativi decentrati, devono funzionare e devono essere considerati seriamente, per un conto il limite, un conto il principio di adeguamento. Il primo opera esternamente rispetto alla competenza, non si sostituisce ad essa o la cancella.
Perci, nonostante questi limiti siano seri, pi ampi e precisi di quelli della precedente formulazione dell'articolo 117, sono per esterni, non sono obblighi di adeguamento rispetto ai contenuti. Questo un punto su cui forse la futura giurisprudenza costituzionale si dovr soffermare.
A parte l'interesse nazionale, su cui credo di avere fornito una sia pure sommaria risposta, il senatore Villone ha posto una domanda sul tertium genus regionale. Esso esiste, ma a mio avviso non ha la stessa garanzia costituzionale del regionalismo speciale e di quello ordinario; non ha la stessa rigidit, come dimostra il modello introdotto. un elemento di flessibilit all'interno di due forme di autonomia con piena garanzia costituzionale, ma ha la sua base in una legge rinforzata. La norma costituzionale legittima il meccanismo di attivazione del tertium genus ma, una volta attivato, non vedo una copertura costituzionale equivalente per la regione che si collocata nel tertium genus.

VILLONE (DS-U). Questo un punto delicato. Poich il tornare indietro condizionato al consenso delle regioni, pu accadere che ciascuna regione, una volta avuto di pi, eserciti un potere di veto su tutte le altre. Infatti, in questo si sostanzia il meccanismo.

CHELI. E' vero, per bisogna tener conto che, almeno in base alla teoria delle fonti, una distinzione tra fonti costituzionali e leggi rinforzate in questo caso evidente. Naturalmente, possono cambiare le situazioni regionali per cui, un consenso che non era configurabile in una fase storica, lo pu diventare in un'altra.
Il senatore Villone ha avanzato una critica sulla necessit di ricorrere all'applicazione continua del principio di ragionevolezza, cio, pi che regole rigide, ci vuole pragmatismo e bisogna trovare la soluzione dei problemi giorno per giorno, nella prassi. Ho accennato a questo aspetto non per buttare tutto in politica, un modello costituzionale di questo genere non si pu risolvere solo quotidianamente, ma va trattato con la seriet e l'importanza di ogni modello costituzionale, ma perch, in assenza di norme transitorie e di fronte alla straordinaria novit del modello, anche rispetto a quelli che si possono rinvenire sul terreno del diritto comparato, la inevitabile lunghezza del processo attuativo (basti solo pensare alle leggi di completamento, alla giurisprudenza costituzionale) pu essere sopperita non tanto dalla trattativa politica pura, quanto dalla costruzione, nelle sedi di raccordo, di norme convenzionali integrative del disegno costituzionale. Le abbiamo usate molte volte a livello di organi e di sedi istituzionali per cui previsto il confronto tra sfera statale, sfera regionale e sfera dell'autonomia: si tratti di Commissioni bicamerali o di Conferenza Stato-Regioni. Non escluderei la possibilit di accordi di carattere politico, ma con una traduzione in norma convenzionale, cio direttamente integrativa, attraverso l'interpretazione del testo costituzionale.

VILLONE (DS-U). Una forma di intesa.

CHELI. E' cos. Una categoria intermedia come ne abbiamo sviluppate tante, ad esempio per Presidenza della Repubblica, in mancanza di alcuni istituti; nel corso di cinquant'anni sono emerse varie norme, anche a livello parlamentare.
Si tratta di regole che hanno una sostanza politica, perch nascono da un accordo tra soggetti politici, ma che hanno una valenza che non meramente politica bens integrativa di una normazione di tipo costituzionale, perci una valenza che, almeno, i costituzionalisti tendono ad assimilare alle norme costituzionali.
In attesa che il modello sia messo a regime attraverso il giusto sviluppo, che richiede tempo, di una giurisprudenza costituzionale, il ricorso allo strumento dell'intesa, della norma convenzionale nelle sedi opportune (ad esempio, per individuare le materie di legislazione concorrente che comunque richiedono prima la fissazione dei princpi fondamentali, altrimenti la situazione diventa a rischio), credo sia materia che possa trovare risposta proprio con riferimento a quel principio di pragmatismo che richiamavo, che va orientato e pilotato nelle sedi istituzionali appropriate.

PRESIDENTE. Ringrazio nuovamente il professor Cheli, anche perch in qualche modo ha prospettato un modello verso il quale ci stiamo avviando, per colmare le lacune della normativa costituzionale attraverso prassi e norme di prima attuazione che abbiano a fondamento soprattutto il principio della ragionevolezza, in un sistema che indubbiamente ha subto delle modifiche di grande rilievo.
La ringrazio ancora una volta, professor Cheli, anche a nome della Commissione per la chiarezza espositiva, per avere toccato tutti i temi e per avere risposto a tutte le domande. Invito i colleghi a tener sempre presente i temi trattati, con i quali avremo a che fare in ogni momento dei lavori della nostra Commissione.
Oggi ci stata prospettata un'importante visione delle problematiche costituzionali, e di questo, professor Cheli, le siamo grati.
Dichiaro conclusa l'audizione e rinvio il seguito dell'indagine conoscitiva ad altra seduta.

I lavori terminano alle ore 15,40.