Camera dei Deputati
Kessler alla Presidenza del Consiglio dei Ministri
per sapere - premesso che:
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in Trentino
trovano esecuzione decreti di rimpatrio emessi ai sensi dell’art. 33 del
d. lgs. 25.07.1998, n. 286 (“testo unico delle disposizioni concernenti
la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello
straniero”) dal Comitato per i Minori Stranieri presso la Presidenza del
Consiglio dei Ministri nei confronti di minori stranieri non accompagnati con modalità che pregiudicano
l’interesse degli stessi;
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tali
provvedimenti, adottati dall’organo governativo centrale a distanza di
almeno un anno dal loro ingresso in Italia, trovano esecuzione immediata a
livello locale ed hanno l’effetto di interrompere bruscamente il
programma di accoglienza e formazione scolastica o professionale attuato
secondo legge , senza alcun coordinamento con i soggetti che partecipano
attivamente al programma (direzione e educatori del centro di accoglienza,
insegnanti, datori di lavoro), causando il traumatico sradicamento dai legami
sociali ed affettivi sorti durante la lunga permanenza del minore nel
territorio, a fronte del parere negativo del minore e della famiglia al rientro
in patria,
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le conseguenze
dannose dell’emissione di tali provvedimenti e della loro immediata
esecuzione sono di tutta evidenza, se si considera che, come riportato anche
dalla stampa locale, alcuni minori si sono dati alla fuga per sottrarsi
all’esecuzione del provvedimento a mezzo della forza pubblica, comunicata
all’ultimo momento, a ciò aggiungendosi le reazioni di sconcerto
della comunità locale, di enti e associazioni per la mancanza di
rispetto delle condizioni psicologiche del minore, del lavoro e delle risorse
messe in campo anche dall’ente pubblico, dei diritti fondamentali previsti
dalla legge quanto all’ammissibilità della sospensione del
provvedimento, del differimento della sua esecuzione, del diritto
all’impugnazione;
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questa
situazione si pone in contrasto con le stesse previsioni del regolamento
concernente i compiti del Comitato per i Minori Stranieri (d.P.C.M. 09.12.1999,
n. 535), secondo il quale “il rimpatrio deve svolgersi in condizioni tali
da assicurare costantemente il rispetto dei diritti garantiti al minore dalle
convenzioni internazionali, dalla legge e dai provvedimenti
dell’autorità giudiziaria, e tali da assicurare il rispetto e
l’integrità delle condizioni psicologiche del minore, fino al
riaffidamento alla famiglia o alle autorità responsabili” (art. 7,
c. 1);
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l’ordinamento
del nostro Stato riconosce la tutela dell’interesse del minore quale
valore preminente, cui devono tendere tutte le decisioni relative ai minori, di
competenza sia delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei
tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi
(art. 3, c. 1, Convenzione sui diritti del fanciullo 20.11.1989, ratificata con
legge del 27.05.1991, n. 176; art. 28, c. 3, d. lgs. 25.07.1998, n. 286),
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le disposizioni
in materia nulla indicano in ordine alle modalità concrete del rimpatrio
nel rispetto delle citate garanzie, né prevedono alcunché con
riguardo alle modalità di impugnazione del provvedimento o a forme di
controllo sull’attività del Comitato per i Minori Stranieri,
rendendo la condizione del minore peggiore di quella dello straniero adulto
che, in caso di espulsione o respingimento gode di un minimo di garanzie
giurisdizionali formalizzate (tempi e modi certi per l’impugnazione);
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il rimpatrio
disposto dal Comitato per i Minori Stranieri, organo governativo, ed eseguito
dall’Autorità di Pubblica Sicurezza senza che vi sia un
provvedimento dell’Autorità giudiziaria costituisce una violazione
dell’art. 13 della Costituzione della Repubblica in quanto provvedimento
di limitazione della libertà personale adottato in mancanza di atto
motivato dell’autorità giudiziaria;
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la scelta tra
l’accoglienza definitiva del minore straniero presente nel territorio
nazionale avviene in tempi eccezionalmente lunghi, contrariamente a quanto
raccomandato nella Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea (26.06.1997,
art. 3, c. 3), circostanza che non può non pregiudicare
l’interesse del minore sottoposto ad un lungo periodo di
instabilità e incertezza, durante il quale si svolge un programma di
accoglienza e inserimento socio-educativo;
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le
modalità di comunicazione e di esecuzione descritte violano in
particolare il diritto alla difesa del minore, da esercitarsi attraverso il
tutore, sia quando affidatario/tutore del minore è il Comune che, almeno
nei casi di queste settimane in territorio Trentino, omette di comunicare al
minore l’adozione del provvedimento di rimpatrio fino al momento della sua esecuzione, per
assicurare che la stessa vada a buon fine, senza valutare la legittimità
del provvedimento o l’opportunità di un differimento
dell’esecuzione nell’interesse del minore;
per sapere se
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è a
conoscenza delle gravi conseguenze dell’attuazione dei provvedimenti di
rimpatrio di minori stranieri a livello locale, in violazione delle suddette
norme;
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se non ritiene
opportuno promuovere l’adozione di misure atte a garantire il rispetto
dei principi fissati dalla legge (in considerazione della riserva di legge
stabilita all’art. 10, c. 2 della Costituzione della Repubblica) nella scelta tra l’accoglienza o
il rimpatrio del minore straniero e nell’attuazione di
quest’ultimo;
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se intende
promuovere l’adozione di norme legislative che prevedano in modo chiaro
quali diritti siano ricollegati alla condizione di minore straniero non
accompagnato titolare di permesso di soggiorno per minore età (art. 19
d. lgs. 286/98 cit. e art. 28 d.P.R. 31.08.1999, n. 394), le modalità
concrete e i tempi brevi e certi del procedimento di adozione della decisione
di accoglienza o rimpatrio del minore straniero, le forme di controllo
giurisdizionale dell’azione amministrativa e di tutela del diritto di
difesa, nel rispetto dei suddetti principi di legge.